trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 60 L’evoLuzione deLLa trasmissione ottica TECNOLOGIE L’ Sergio Augusto, Valentina Brizi, Rossella Tavilla obiettivo di questo lavoro è quello di descrivere lo stato dell’arte delle tecnologie della trasmissione e di tracciarne un possibile scenario evolutivo. Per far questo si farà ricorso alla descrizione delle due dimensioni fondamentali dello sviluppo: la componente puramente tecnologica della trasmissione e quella dei rapporti complessi con gli strati di rete superiori ed in particolare con le reti a pacchetto. 1 Introduzione Nell’ultimo decennio le architetture, le tecnologie e le funzionalità della rete trasmissiva di Telecom Italia sono significativamente cambiate, a seguito dei nuovi requisiti dei servizi a pacchetto e della crescita del traffico. L’obiettivo è stato quello di modificare le piattaforme di rete ottimizzate per il trasporto di servizi a circuito in strutture innovative in grado di trasportare efficientemente i nuovi servizi IP. Questo processo evolutivo è stato ed è tuttora governato dai seguenti principi: fare un uso efficiente delle risorse di rete ottimizzando gli investimenti, rendere automatiche 60 alcune funzionalità di rete riducendo i costi e sfruttare i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie che consentono di realizzare maggiori capacità a minor costo. 2 Lo stato dell’arte e l’evoluzione delle tecnologie trasmissive ottiche Nel gergo delle trasmissioni c’e’ una sottile differenza semantica tra i termini “trasmissione ottica” e “trasmissione fotonica” o, più in generale, semplicemente “fotonica”. Entrambi si riferiscono alla trasmissione su fibra NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 61 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla ottica, ma quando si parla di fotonica si lascia intendere che non ci sia solo la trasmissione, ma qualcosa di più. Ed in effetti è vero. Ad esempio un apparato SDH è certamente un apparato ottico in quanto è equipaggiabile con trasmettitori (laser) e ricevitori (fotodiodi) per la trasmissione su fibra, ma la sua principale caratteristica è quella di trattare i segnali nel dominio elettronico: per svolgere le sue funzioni, come ad esempio la multiplazione TDM, l’instradamento dei circuiti, la loro protezione o l’ottimizzazione dell’uso della banda, deve, di necessità, trasformare il segnale da ottico a elettrico e poi in ottico per trasmetterlo nuovamente. Un apparato fotonico, al contrario, è un apparato che non solo è in grado di trasmettere segnali su fibra ottica, ma può svolgere le sue funzioni lasciando il segnale nel dominio ottico, o meglio, fotonico. Questa sottile ma essenziale distinzione è utile per ricordare velocemente i momenti fondamentali della storia della trasmissione fotonica e per cercare di identificare alcuni possibili scenari evolutivi. 2.1 Lo stato dell’arte delle tecnologie ottiche: il WDM Fin dalle sue prime applicazioni nei primi anni ’80 la trasmissione su fibra ottica, inizialmente a singolo canale, ha dimostrato tutti i suoi enormi vantaggi ed oggi la possibilità di trasmettere su una singola coppia di fibre decine di canali (tipicamente 80) ciascuno ad altissimo bitrate (40 Gbit/s già ora e 100 Gbit/s nei prossimi due o tre anni) fa sì che la trasmissione multicanale in fibra sia un elemento indispensabile per la realizzazione di qualunque infrastruttura di rete per le telecomunicazioni. L’obiettivo principale dell’evoluzione dei sistemi di trasporto su fibra ottica è stato inizialmente quello di superare i limiti fisici della trasmissione su cavo coassiale in termini di NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 massimo bitrate applicabile ed è poi diventato quello di ridurre, quanto più possibile, il costo del singolo bit trasportato. Questo obiettivo lo si è raggiunto su tutte le sezioni di rete: dapprima sulla lunga distanza e poi nelle aree regionali e metropolitane. Le reti di lunga distanza sono state le prime a beneficiare dei vantaggi offerti dalla trasmissione a multi-lunghezza d’onda (WDM-Wavelength Division Multiplexing): un singolo amplificatore ottico bidirezionale sostituiva una molteplicità di rigeneratori elettro-ottici (indicati spesso come rigeneratori 3R 1). Non solo quindi si risparmiavano costose e rare fibre tra una città e l’altra, ma si riduceva drammaticamente il numero di apparati. Già alla fine degli anni ’90 i sistemi DWDM (Dense WDM) rappresentavano quindi la scelta obbligata per la realizzazione delle reti trasmissive di lunga distanza. In ambito regionale e metropolitano la ricerca di fibre libere era meno critica e, date le distanze in gioco, la rigenerazione elettroottica meno necessaria: i sistemi DWDM raggiunsero quindi questa sezione di rete con qualche anno di ritardo. Nei primi anni del nuovo millennio il ridotto costo dell’amplificazione ottica, ma anche la possibilità di trasportare segnali altrimenti non trasportabili dai sistemi tradizionali SDH (ad esempio quelli originati dai sistemi di Storage per il Disaster Recovery) furono l’impulso principale per l’introduzione dei sistemi DWDM anche nelle aree regionali e metropolitane. Da ultimo, la sezione più periferica della rete, quella nota come Metro-Access, è diventata il palcoscenico dove si esibisce l’ultima nata delle tecnologie di trasporto in fibra multi canale: il CWDM. Nonostante sia la più semplice, perché in grado di trasportare un numero limitato di canali a bitrate ridotto (massimo 16 canali a 10 Gbit/s) per distanze limitate (massimo 50 km), in quanto non fa uso di amplificazione ottica, il suo grande 1 Le 3 R significano: Ri-Amplificazione, Ri-Costruzione della forma dell’impulso e Ri-Sincronizzazione. 61 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 62 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla successo deriva dal suo bassissimo costo. Il CWDM è diventato quindi la soluzione trasmissiva primaria adottata dagli Operatori per raccogliere e proteggere le grandi quantità di traffico dati (tipicamente sotto forma di segnali ethernet) generate sia dalla clientela di rete fissa (ADSL, IPTV) sia da quella di rete mobile divenendo uno degli elementi della convergenza fisso-mobile. 2.2 Le evoluzioni previste: l’aumento del bitrate e della flessibilità Le due principali strade ad oggi prevedibili per l’evoluzione della trasmissione WDM sono la crescita del bitrate di ciascun segnale, con associata la crescita delle prestazioni in termini di massima distanza raggiungibile senza rigenerazione elettro-ottica, e l’introduzione di funzionalità di commutazione dei circuiti a livello fotonico senza conversioni elettro-ottiche. 2.2.1 Verso la trasmissione multicanale a 100 Gbit/s Il passaggio da canali ottici a 2,5 Gbit/s a canali ottici 10 Gbit/s, avvenuto alla fine degli anni '90, è stato giustificato da due esigenze: aumentare la capacità trasmissiva della rete e ridurre i costi. In quel passaggio vi erano due sfide tecniche da superare: la compensazione della dispersione e l'effettuazione di misure per la caratterizzazione delle fibre prima della progettazione dei singoli collegamenti [8]. A questo si aggiungeva la complessità della tecnologia ed il maggior costo (circa cinque volte quello del 2,5 Gbit/s). Nonostante queste difficoltà iniziali i sistemi con canali a 10 Gbit/s sono decollati e oggi costituiscono la quasi totalità della rete nazionale. Questi progressi della tecnologia ed il 62 numero sempre maggiore di sistemi venduti ha portato gradualmente a limitare a 2,5 volte il maggior costo dei 10 Gbit/s rispetto quello dei 2,5 Gbit/s. Attualmente sulla rete nazionale di Telecom Italia tutti i nuovi canali sono realizzati con trasmissione di linea a 10 Gbit/s. Un’evoluzione simile a quella sopra descritta per il passaggio da 2,5 Gbit/s a 10 Gbit/s è stata finora pronosticata per quello da 10 Gbit/s a 40 Gbit/s. Dopo il consolidamento della tecnologia e dei progetti, durato circa 10 anni, il sistema a 40 Gbit/s è oggi commercialmente disponibile. Le problematiche tecniche associate all'impiego della tecnologia a 40 Gbit/s sembrano quindi oramai ben comprese e risolte. La dispersione di polarizzazione (PMD), che è sicuramente il fattore limitante di maggiore importanza per i 40 Gbit/s e condiziona la massima distanza raggiungibile senza rigenerazione elettrica, porta ad escludere la possibilità di realizzare canali a 40 Gbit/s su fibre che hanno una PMD>0,5 ps/√km. Le fibre con PMD<0,2 ps/√km possono essere in generale considerate adatte, mentre non pongono alcun problema quelle con PMD<0,1 ps/√km. In effetti, con i nuovi formati di modulazione sempre più sofisticati si possono usare tutte le fibre ed è quello che stanno facendo tutti gli Operatori nord-americani (i primi a utilizzare in modo massiccio canali a 40 Gbit/s). Nel dicembre 2006 l'IEEE 802.3 Higher Speed Study Group ha votato una mozione per l'adozione della frequenza di cifra 100 Gbit/s come la prossima velocità per Ethernet e l’ITU-T ha già definito la struttura del segnale digitale per il suo trasporto, ampliando la Raccomandazione G.709 con la definizione di un contenitore a 112 Gbit/s. L’IEEE dovrebbe terminare la specifica a giugno 2010. E’ interessante osservare che per la prima volta nella storia delle trasmissioni il salto gerarchico (da 10 a 100) corrisponda a una decuplicazione e non ad una quadruplicazione: è l’Ethernet che domina gli sviluppi anche sulle reti di trasporto. NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 63 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla In linea di principio le difficoltà per passare da una trasmissione a 40 Gbit/s ad una a 100 Gbit/s si dovrebbero presentare simili a quelle incontrate per passare da 10 Gbit/s a 40 Gbit/s. Tuttavia l'innovazione tecnologica potrebbe consentire di ridurle ulteriormente con l'adozione di formati di modulazione ottica multilivello (che modulano non solo l’ampiezza del segnale emesso dai laser ma anche la sua fase istantanea), come il DQPSK. Un formato di questo tipo dimezza la frequenza di simbolo (ogni simbolo DQPSK rappresenta infatti 2 bit) e riporta le problematiche legate alle degradazioni dovute alla trasmissione su fibra ad un livello simile a quello del 40 Gbit/s (si passa da 100 Gbit/s a 50 Gbaud/s). Il formato di modulazione più promettente, anche se il più costoso, è però quello che sfrutta anche la diversità di polarizzazione detto DP-DQPSK (Dual Polarization DQPSK), che riduce ulteriormente il ritmo di trasmissione dei simboli. In sostanza in trasmissione il flusso a 100 Gbit/s viene suddiviso in due flussi a 50 Gbit/s ciascuno dei quali modula in DQPSK due portanti ottiche con polarizzazioni ortogonali. Le difficoltà trasmissive (non certo quelle della realizzazione dei trasmettitori e dei ricevitori che crescono notevolmente) si riducono quindi a quelle incontrate per trasportare Figura 1 - Crescita della capacita` del singolo canale ottico e le principali tecnologie utilizzate (Fonte: alcatel-Lucent) un segnale di “soli” 25 Gbaud/s. In figura 1 e figura 2 si riportano alcuni dati relativi alle prestazioni dei sistemi di trasmissione. Si osservi che un elemento fondamentale per la crescita del bitrate dei segnali è il meccani- Figura 2 - Esempi di massime prestazioni trasmissive di sistemi multicanale (Fonte: alcatel-Lucent) NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 63 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 64 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla smo di correzione di errore noto come Forward Error Correction (FEC). Negli apparati WDM, la funzione FEC è realizzata da un codificatore nel trasmettitore che “legge” i bit di dati e aggiunge bit/simboli di ridondanza opportunamente calcolati, producendo un flusso a più alto bitrate e da un decodificatore FEC nel ricevitore che attua la correzione d’errore, estraendo la ridondanza ed elaborando i bit di dati come previsto dall’algoritmo. Il codificatore (encoder) e decodificatore (decoder) FEC sono integrati nei transponder, rispettivamente, di trasmissione e di ricezione. 2.2.2 La flessibilità: le reti “All Optical” e i nodi ROADM Multidegree In ogni rete trasmissiva la componente di costo più significativa è quella associata ai trasmettitori e ai ricevitori ottici, i cosiddetti transponder, i cui elementi principali sono i laser sintonizzabili in lunghezza d’onda e i fotodiodi di ricezione. Ad esempio in una rete trasmissiva a multilunghezza d’onda, come quella italiana, la quota parte destinata ai trasmettitori e ai ricevitori può raggiungere il 6070% del costo dell’intera rete (70-80% per le Figura 3 - Confronto tra rete Opaca (a) e rete trasparente aON (b). I quadratini indicano la rigenerazione elettro-ottica (3r). Il canale rosso nel caso di rete Opaca deve essere rigenerato in un nodo dove non e` terminato. 64 reti più vecchie). Esistono due modi per ridurre questo costo: utilizzare solo i transponder strettamente necessari e cioè quelli equipaggiati al bordo della rete, riducendo il più possibile quelli necessari alla rigenerazione intermedia del segnale, oppure ridurre il costo dei transponder stessi. Il primo obiettivo è quello che i costruttori cercano di raggiungere, migliorando le prestazioni trasmissive dei sistemi ed approssimando la realizzazione di reti tutte ottiche, le All Optical Network (AON). In figura 3 è rappresentata schematicamente la differenza fondamentale tra una rete AON e una Rete Opaca [7]. Le reti AON garantiscono la trasparenza sia al contenuto digitale del segnale, sia alla forma d’onda analogica (il segnale emesso dai laser), mentre le Reti Opache garantiscono la sola trasparenza al contenuto digitale: la rigenerazioni elettro-ottica (schematizzata dai quadratini neri di figura 3) interrompe la continuità dei segnali emessi dai laser, ricostruendone la forma ed eliminando il rumore introdotto dagli amplificatori ottici e tutte le degradazioni dovute alla propagazione in fibra ottica lungo il percorso. Nel seguito descriveremo brevemente lo stato dell’arte delle tecnologie per la realizzazione delle reti di tipo AON. Per poter garantire la trasparenza totale (forma d’onda analogica del segnale e contenuto digitale) è necessario aggiungere, NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.53 Pagina 65 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura 4 - Schema funzionale di un WSS in grado di commutare i segnali luminosi in base alla loro lunghezza d`onda (frequenza) (Fonte: Huawei) oltre al semplice trasporto DWDM, anche la funzione di commutazione delle singole lunghezze d’onda e introdurre quindi le cosiddette matrici fotoniche, note come Wavelenght Selective Switch (WSS), il cui schema funzionale è riportato in figura 4. I WSS sono in grado di permutare una singola lunghezza d’onda da una fibra di in- Figura 5 - Il cuore di una matrice ottica: struttura di uno WSS basato su specchi mEmS (Fonte: Huawei) NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 gresso ad una qualunque fibra di uscita o viceversa e in generale si parla di WSS 1xN o Nx1 a seconda del verso dei segnali (da una fibra di ingresso a N fibre di uscita o viceversa). Esistono diverse tecnologie per la realizzazione dei WSS; le più diffuse sono la tecnologia MEMS 2 (Micro-Electro Mechanical Systems), quella dei Cristalli Liquidi (Liquid Crystal – LC), dei Cristalli Liquidi su Silicio (LCoS) e dei Planar Lightwave Circuit (PLC). 2 http://www.memsnet.org/mems/what-is.html 65 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 66 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura 6 - Un array di specchi mEmS fabbricati in silicio con processi litografici (a). L`orientamento di ciascuno specchio (b) determina la direzione, e quindi la fibra, di uscita del segnale l’elemento base per la realizzazione di nodi fotonici, o meglio di veri e proprio cross-connect, in grado di instradare e reinstradare singoli canali ottici indipendentemente dal bitrate e dal loro contenuto digitale. L’elemento di rete necessario a costruire una rete AON che sfrutta le funzionalità messe a disposizione dai WSS è il cosiddetto ROADM, Reconfigurable Optical Add Drop Multiplexer. In figura 7 è rappresentata l’architettura semplificata di un nodo ROADM. Si osservi che è stato indicato un solo verso di trasmisAttualmente la tecnologia utilizzata per i prodotti commerciali più performanti è quella dei MEMS. La figura 5 e la figura 6 descrivono il funzionamento di una matrice ottica basata sui MEMS. I WSS, ormai commercialmente disponibili, sono 66 Figura 7 - architettura semplificata di un generico rOaDm NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 67 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla sione ed inoltre, per semplicità grafica, non compaiono i collegamenti a maglia completa tra tutti i WSS. L’utilizzo di transponder e filtri (all’interno dei demultiplatori – demux in figura 7) sintonizzabili garantisce che il nodo sia in grado di instradare qualunque canale verso qualunque direzione; si parla in questo caso di nodi “colourless” e “directionless”. Ad oggi i WSS basati su MEMS commercialmente disponibili sono del tipo 1x9: è possibile quindi costruire ROADM con 8 vie o gradi uscenti. Si osservi che su ciascuna delle vie possono viaggiare fino ad 80 canali (in alcuni casi 160) a 40 Gbit/s: la capacità totale gestita da ciascun nodo è quindi enorme (nel caso dei 160 canali si raggiungono i 50 Tbit/s). 2.3 La fotonica integrata: un’opportunità tecnologica Come detto, in ogni rete trasmissiva la componente di costo più significativa è quella associata ai trasmettitori e ai ricevitori ottici. Un modo alternativo alla realizzazione di reti AON è quello di ridurre il costo dei transponder e più in generale della conversione elettro-ottica. Tale obiettivo è uno tra i tanti che si prefigge la nascente e molto promettente tecnologia della fotonica integrata o dei cosiddetti Photonic Integrated Circuit (PIC). In questo paragrafo descriveremo la tecnologia dei PIC e la sua applicazione alla realizzazione di Reti Opache o come sempre più spesso sono indicate Digital Optical Network (DON). Il termine “ottica integrata” compare per la prima volta nel 1969 in un articolo apparso su The Bell System Technical Journal intitolato “Integrated Optics: an introduction”, ma ci sono voluti più di trenta anni perché le sue prime applicazioni vedessero la luce. La prima legge di Moore 3 per la fotonica sta infatti iniziando ad essere applicabile adesso: NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 i fornitori di sistemi e sottosistemi sono lì dove erano, nel 1968, Gordon Moore e Robert Noyce quando fondarono l’Intel ed iniziarono a costruire i primi circuiti integrati. Nel 1971 il microprocessore 4004 dell’Intel conteneva già 2300 transistor, mentre oggi il più sofisticato PIC contiene al più 100 elementi o funzioni fotoniche. Il motivo principale di questo ritardo è dovuto al fatto che le applicazioni per la fotonica integrata erano all’epoca molto rare. Inoltre per integrare oggetti in grado di manipolare fotoni ed elettroni anziché solo elettroni, come nel caso dei circuiti integrati tradizionali, sono necessari molti materiali diversi e non solo il silicio. Oggi il mercato dei PIC sta crescendo velocemente e tutti i maggiori fornitori di sistemi e di sottosistemi stanno lavorando in questo campo, aprendo la strada ad un gran numero di applicazioni. Intel stessa ha dichiarato recentemente 4 che la fotonica integrata sarà l’elemento fondante di qualunque chip costruito in futuro. Gli elementi integrabili in un PIC sono le sorgenti laser, le guide d’onda, i filtri, gli accoppiatori, i modulatori, i rivelatori, i substrati per l’assemblaggio e, ovviamente, l’intelligenza dei microprocessori, come indicato nella figura 8. L’applicazione principale della fotonica integrata e quella che più ci interessa per gli scopi di questo articolo è ormai commercialmente disponibile da qualche anno. Essa consiste nella realizzazione di PIC che integrano la funzione di multiplazione, demultiplazione, trasmissione e ricezione multicanale a 10 Gbit/s (e a breve anche a 40 Gbit/s e a 100 Gbit/s). Per avere un’idea qualitativa del risparmio ottenibile si osservi che i due circuiti integrati in figura 10 implementano le funzioni fotoniche equivalenti a quelle dei 10 3 Prima Legge di Moore: la complessità e la potenza dei circuiti integrati sono destinate a raddoppiare a intervalli regolari, tipicamente 18 mesi. 4 http://www.intel.com/go/sp/ 67 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 68 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura 8 - Elementi fotonici (e non solo) integrabili su silicio (Fonte: Intel) Figura 9 - Ogni transponder e` composto attualmente da molti elementi non integrati. 68 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 69 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura 10 - a sinistra il PIC con il demultiplatore DWDm e 10 ricevitori a 10 Gbit/s, sotto il PIC con il multiplatore DWDm e 10 trasmettitori a 10 Gbit/s (10 laser e 10 modulatori), a destra le dimensioni (Fonte: Infinera) 2.4 transponder sintonizzabili in lunghezza d’onda di figura 9 più le funzioni di multiplazione e demultiplazione per tutti e 10 i canali a 10 Gbit/s. I due PIC insieme garantiscono quindi la trasmissione multicanale di 100 Gbit/s e si prevede che entro il 2020 saranno disponibili PIC in grado di gestire fino a 4 Tbit/s. Oltre all’indubbio vantaggio di ridurre il costo della rigenerazione e di facilitare quindi la realizzazione di reti fotoniche complesse, evitando di dover realizzare collegamenti molto lunghi non rigenerati, l’introduzione della fotonica integrata rende disponibili punti di accesso al segnale in transito per la verifica della qualità digitale (e non solo della potenza del segnale ottico come succede nelle reti AON) o per la realizzazione di funzioni più sofisticate. NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 La trasparenza al contenuto digitale: l’OTN Indipendentemente da come sia realizzata una rete ottica a multilunghezza d’onda (AON o Opaca), per realizzare la trasparenza al contenuto digitale, che, come detto precedentemente, è richiesta in tutte e due le architetture, è stato necessario standardizzare una nuova gerarchia numerica nota come Optical Transport Hierarchy (OTH). Le reti Opache e le AON5, che fanno uso di questa nuova gerarchia numerica si dicono Optical Transport Network (OTN) ed il loro modello astratto è definito nella Raccomandazione ITU G.872 "Architecture for the Optical Transport Network (OTN)” (in realtà in ITU-T è ancora in discussione se estendere la G.872, inizialmente pensata per le sole Reti Opache, anche alle AON o fare una nuova Raccomandazione). 5 Si osservi infatti che anche in una AON ai bordi è necessario raccogliere il segnale da trasportare (il segnale Cliente) e trattarlo in modo da renderlo compatibile con il trasporto ottico. 69 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 70 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla L’Optical Transport Network è poi completamente definita da un insieme di Raccomandazioni sviluppate in ambito ITU-T (le principali sono la G.872, G.709 e la G.798). L’obiettivo principale è quello di costruire una rete in grado di trasportare in modo trasparente segnali TDM a bitrate costante (Constant Bit Rate – CBR) garantendone al tempo stesso la gestione e il monitoraggio digitale (e non solo quello ottico). La storia di questo standard è abbastanza curiosa; il lavoro va avanti ormai da circa dieci anni, ma le applicazioni reali rimangono in numero molto ridotto. La causa principale è stata la forte riduzione degli investimenti che si è avuta a seguito dello scoppio della “bolla tecnologica” dal 2001 in poi. Negli ultimi due o tre anni le attività di specifica di questa tecnologia si sono nuovamente riavviate a causa del fatto che mancano nello standard originale metodi efficienti di trasporto dei segnali Ethernet, che saranno sicuramente in un futuro molto prossimo la maggior parte dei segnali cliente da trasportare (sia quelli esistenti a 1 Gbit/s e a 10 Gbit/s, sia quelli nuovi a 40 Gbit/s e a 100 Gbit/s ). Ad oggi la situazione non è completamente stabilizzata, ma tutti i fornitori stanno iniziando a proporre macchine in grado di permutare in modo trasparente, sfruttando matrici elettriche, segnali CBR a 1,25 Gbit/s, 2,5 Gbit/s, a 10 Gbit/s e a 40 Gbit/s indipendentemente dal loro contenuto sia esso Ethernet, SDH o Sonet. Per maggiori dettagli circa le logiche di funzionamento della gerarchia OTH definita nell’ambito OTN si rimanda all’articolo del Notiziario Tecnico dedicato [1]. 2.5 Un’opportunità per la convergenza delle reti: il Packet Transport Le ipotesi di evoluzione delle reti trasmissive in ambito metropolitano e regionale 70 traggono origine dalle previsioni di forte crescita del traffico IP legata alla diffusione dei nuovi servizi residenziali, dei servizi di Backhauling delle reti mobili di ultima generazione e all’incremento di banda per i servizi business. Come già detto, gli Operatori si trovano di fronte alla necessità di sciogliere tre nodi fondamentali per poter garantire un’offerta di qualità per i nuovi servizi e un significativo ritorno economico, minimizzando sia gli investimenti che le spese operative: adeguare le infrastrutture alla crescita della banda, garantire una buona scalabilità delle reti e far coesistere per un tempo ad oggi non prevedibile i nuovi servizi con quelli tradizionali. Per quanto riguarda l’adeguamento delle infrastrutture alla crescita della banda, per avere un’idea dell’impatto che i nuovi servizi potranno avere sulle attuali MAN Ethernet e sulle reti trasmissive di raccolta in termini di richiesta di banda, è sufficiente pensare che le reti di accesso in via di realizzazione permetteranno di offrire ai singoli utenti residenziali velocità medie tra i 50 e i 100 Mbit/s, ben superiori rispetto al tetto dei 20 Mbit/s oggi disponibili con tecnologie ADSL+. Per quanto riguarda la scalabilità si osservi che l’architettura fisica delle reti che oggi consentono l’erogazione dei servizi IP è a strati sovrapposti: la rete IP utilizza il servizio delle MAN Ethernet, che, a loro volta, richiedono il servizio di trasporto alla rete WDM (ed in alcuni casi anche SDH). La crescita del traffico IP implica quindi anche la necessità di espansione sia delle reti trasmissive sia della rete Ethernet. Le tecnologie SDH e WDM non hanno vincoli di scalabilità, al contrario invece del protocollo Ethernet usato nelle MAN. Ad esempio in una rete metro Ethernet esiste un limite fisico al numero massimo di servizi di Virtual LAN che possono essere offerti, legato al numero di bit del campo di identificazione dei servizi stessi (poco più di 4000 distinte Virtual LAN identificabili con un campo di 12 bit). NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 71 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Da ultimo il problema della coesistenza del nuovo e del vecchio: le nuove reti dovranno garantire il trasporto sia dei segnali Ethernet per nuovi servizi IP sia quello degli attuali servizi TDM e SAN. E questo fino a quando tutto non sarà stato ridotto a pacchetti. Negli ultimi cinque anni vari organismi di standardizzazione (come l’ITU-T e l’IEEE) hanno lavorato per dare soluzione ai problemi appena esposti, arrivando alla definizione di una “rete di trasporto ottica a pacchetto” (o Packet Optical Transport Network), in grado di integrare in un'unica architettura i benefici della tecnologia Ethernet e quelli delle tradizionali reti ottiche di trasporto SDH e WDM. Da un lato, infatti, l’Ethernet possiede le caratteristiche dell’economicità e della semplicità del protocollo: le interfacce Ethernet elettriche e ottiche sono usate estensivamente non solo nelle LAN, ma anche su PC, su svariati dispositivi elettronici, su apparati in ambienti enterprise e hanno permesso così una economia di scala che nel tempo si è riflessa sui prezzi dei singoli componenti. Dall’altro lato, le tecnologie SDH e WDM assicurano un livello di qualità del servizio “Carrier Grade” indispensabile in qualunque rete di trasporto, poiché offrono una connessione trasparente con schemi di protezione veloci, con latenza predefinita e basso tasso di errore ad una molteplicità di interfacce cliente; la rete possiede inoltre meccanismi che ne consentono una gestione remota semplice e sicura oltre ad avere il pregio di poter essere facilmente fatta crescere senza alcun degrado delle prestazioni. Tra le soluzioni presentate per una tecnologia innovativa di trasporto a pacchetto con connessione, le più significative sono indubbiamente il Transport-MPLS (T-MPLS) [6] e il Provider Backbone Bridging – Traffic Engineering (PBB-TE) [5]. Il T-MPLS è un’evoluzione dell’MPLS usato nelle reti a pacchetto ed è stato sviluppato dall’ITU-T mentre il PBB-TE detto NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 anche Provider Backbone Transport (PBT) è un’evoluzione degli standard Carrier Ethernet sviluppato dall’IEEE. L’idea di base comune ad entrambi gli approcci è quella di riuscire ad integrare in un unico strato di rete e quindi in un singolo apparato le funzionalità oggi svolte da nodi distinti, ma spesso colocati, della rete di trasporto e delle MAN Ethernet. Il T-MPLS è stato standardizzato nell’ITUT Study Group 15 a partire dal 2005, con l’obiettivo di identificare il sottoinsieme di funzionalità dell’MPLS necessarie e sufficienti a costruire una rete a pacchetto con connessione. La seguente equazione ben ne riassume le caratteristiche o almeno le intenzioni dei suoi estensori: T-MPLS = MPLS – “IP complexity” + OAM 6+ ”Protection Switching”. Muovendo dai principi dell’MPLS, l’ITU-T ha infatti sviluppato il T-MPLS, eliminando o modificando tutte quelle funzionalità e caratteristiche che, utili in una rete a pacchetto, complicano invece la gestione di una rete orientata alla connessione. L’entità base dell’MPLS, l’LSP (Label Switch Path) definito come un path monodirezionale, è stata mantenuta per garantire un servizio con connessione; in questo caso, però, gli LSP sono bidirezionali, eventualmente proteggibili, così come tutti i path di una rete trasmissiva. Relativamente al tentativo di ridurre la complessità operativa del protocollo MPLS, a titolo di esempio si possono citare le funzionalità che l’ITU-T ha deciso di non includere nel T-MPLS e che sono invece ritenute di grande importanza nella gestione di una rete dati, come l’elaborazione e il successivo scarto dell’header dei pacchetti nel penultimo nodo del percorso verso la propria destinazione, o come la fusione di LSP con destinazione comune su di un unico path (LSP Merging) o ancora l’instradamento del traffico di connessioni diverse su più di un path. 6 Con il termine OAM si intendono tutte le funzionalità di Operation Administration and Maintainance. 71 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 72 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Una caratteristica fondamentale da rimarcare è che, se nelle reti dati sono gli switch/router a scambiarsi informazioni per la costruzione delle tabelle di inoltro dei pacchetti, la nuova tecnologia prevede che la configurazione degli LSP sui singoli apparati della rete sia effettuata da un sistema di gestione remoto, che permette quindi la supervisione e la gestione della rete grazie alle funzionalità di OAM&P; tali funzionalità, mai introdotte nel mondo MPLS, sono state definite attingendo direttamente alle raccomandazioni ITU-T che specificano le medesime funzionalità per le reti di trasporto. Le funzionalità di switching associate al TMPLS sono, all’atto pratico, realizzate in una matrice a pacchetto che trova due possibili impieghi: uno nei sistemi che rappresentano l’evoluzione del NG-SDH e un altro nei sistemi che rappresentano invece l’evoluzione degli switch ethernet. Nel primo dei due impieghi, il T-MPLS può essere pensato come un ulteriore strato di rete le cui funzionalità vanno ad integrare quelle degli apparati SDH (figura 11) per una gestione più efficiente del traffico ethernet rispetto a quella sinora offerta dalle funzionalità della NG-SDH: a tendere tutto il traffico cliente sarà sottoposto a switching e forwarding come in una rete a pacchetto e ciò comporta che anche il traffico TDM debba essere “pacchettizzato” prima di avere accesso ad un’unica matrice con funzioni “universali” o “agnostiche". In questo caso il T-MPLS è pensato come una tecnologia che permette di sfruttare le reti di trasporto SDH già installate o almeno il know-how a queste associato e da tempo consolidato all’interno delle organizzazioni dei principali operatori. Si è supposto che questa possa essere una strada vantaggiosa affinché l’evoluzione dalle attuali architetture di trasporto verso nuove tecnologie integrate “all IP” possa avvenire gradualmente a partire dalle ampie basi di rete di trasporto esistenti, assicurando la continuità nell’offerta di servizi legacy, e evitando repentini cambiamenti di tecnologia. Nell’ottica dell’analisi dei costi associati ad un cambio di tecnologia, l’opportunità offerta dal “riutilizzo” del know-how acquisito ha sicuramente dei riflessi significativi sul contenimento dei costi operativi, intesi sia come capacità operativa nella gestione fisica della rete, sia come esperienza da mettere a frutto nello sviluppo dei nuovi sistemi di supporto associati. Il secondo impiego vede la matrice basata sul T-MPLS inserita in switch ethernet: in questo caso l’uso del protocollo ha l’obiettivo di aumentare le prestazioni cosiddette Carrier Grade dei sistemi impiegati nelle reti di livello 2. Nei primi mesi del 2008, l’ITU-T e l’IETF hanno concordato una ulteriore evoluzione del T-MPLS, l’MPLS-TP (MPLS - Transport Figura 11 - Lo stack protocollare in cui si inserisce il T-mPLS 72 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 73 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Profile). Quest’ultimo dovrebbe essere sviluppato in modo da mantenere tutte le funzionalità inserite dall’ITU-T nel T-MPLS e allo stesso tempo garantire una compatibilità certificata con lo standard MPLS. Nonostante il T-MPLS abbia ereditato i principi fondamentali dell’MPLS, la compatibilità tra le due tecnologie, indispensabile in un’ottica di completa integrazione delle reti, sembra infatti non fosse assicurata dallo standard ITU-T. Il PBB-TE trae origine dall’insieme di specifiche IEEE che definiscono l’Ethernet (802.1 e tutte le successive evoluzioni) ed è stato pensato come uno strato di rete intermedio da aggiungere ai nodi delle attuali reti ethernet per renderle più vicine al modello transport-oriented: il suo campo di applicazione è lo stesso descritto per il T-MPLS impiegato a bordo dei classici switch di livello 2. Ad esso si è giunti attraverso una serie di evoluzioni successive che negli anni hanno arricchito e migliorato la tecnologia Ethernet. L’impiego dell’802.1 nelle MAN è stato favorito dal basso costo e dalla semplicità d’uso della tecnologia, ma ha richiesto l’aggiornamento e l’arricchimento del set di specifiche disponibili per assicurare prestazioni qualitativamente superiori a quelle necessarie in una semplice LAN arrivando alla definizione del cosiddetto “Carrier Ethernet” o PBB: il massimo numero di VLAN in una rete è stato fatto crescere e ne è stata ottimizzata la gestione, ma soprattutto si è offerta una reale separazione tra la rete del cliente e quella del provider, poiché il PBB permette di effettuare il forwarding della trama basandosi esclusivamente sulle informazioni contenute in un nuovo frammento di overhead senza prendere in considerazione gli indirizzi MAC dei destinatari finali. La tappa successiva è stata quella del PBB-TE definito anche “Carrier Ethernet Transport”, che secondo gli sviluppatori promette di colmare le inefficienze che l’Ethernet ha sempre mostrato se confrontato con una tecnologia di puro trasporto. L’Ethernet infatti, come il PBB, non è in grado di offrire una latenza deterministica, una protezione rapida del traffico e, cosa fondamentale sia per garantire scalabilità sia per ridurre i costi operativi, una gestione remotizzabile. Per riassumere, l’approccio seguito dal T-MPLS e dal PBB-TE è evidentemente diverso ma le reti che entrambi promettono di realizzare hanno le stesse fondamentali caratteristiche: il piano di gestione e quello eventuale di controllo sono separati da quello del traffico dati che viaggia su connessioni bidirezionali protette (con tempi di scambio paragonabili a quelli delle attuali reti di trasporto) che possono accettare una molteplicità di segnali client con diversi requisiti di bitrate, latenza e jitter; inoltre il piano di gestione mette a disposizione delle funzioni previste da quanto stabilito in ITU-T ed in particolare le cosiddette funzioni FCAPS: Fault Management, Configuration Management, Accounting Management, Performance Management e Security Management. 2.6 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 Il Piano di controllo: quando è la Rete a decidere Da alcuni anni alle reti trasmissive sono state aggiunte, mediante l’impiego di un Piano di Controllo interessanti funzioni automatiche spesso indicate come “intelligenti”. Tali funzioni coprono una molteplicità di aspetti legati al funzionamento di una rete trasmissiva; tra questi la protezione dei circuiti è uno di quelli cha ha decretato il successo dell’applicazione di un Piano di Controllo alle reti trasmissive. Le reti tradizionali, ad esempio quelle basate sulla tecnologia SDH di prima generazione, prevedono meccanismi di protezione basati sostanzialmente sul raddoppio della banda. Per ciascun circuito è necessario un secondo circuito di protezione; a fronte di un 73 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 74 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla guasto sul circuito principale, il traffico è dirottato sul circuito di protezione precedentemente configurato. Questa modalità presenta alcuni svantaggi: il circuito di protezione deve essere disponibile anche se non utilizzato, la sopravvivenza del traffico non è garantita per guasti multipli e, a fronte di una variazione della rete o per esigenze di esercizio, è complesso modificare il percorso di un circuito stesso. Il Piano di Controllo, al contrario, “conosce” la rete e lo stato delle risorse ed è in grado di calcolare e condividere nuovi percorsi di protezione ad ogni guasto, come descritto in figura 12. I vantaggi che ne derivano sono: efficienza, tramite la condivisione delle risorse, affidabilità, grazie alla possibilità di garantire la sopravvivenza del traffico per guasti multipli e, infine, flessibilità, dovuta al fatto che il percorso di un circuito è calcolato automaticamente ma può essere modificato. Il Piano di Controllo mette a disposizione diversi parametri per stabilire le politiche di instradamento: è possibile, ad esempio, definire un costo diverso per ciascuna connessione in modo da privilegiare alcune direttrici, applicare algoritmi di Traffic Engineering per evitare la congestione nell’uso delle risorse o applicare criteri di priorità ai circuiti in modo da garantire il massimo grado di protezione a quelli più pregiati. In merito a quest’ultimo punto si osservi che il Piano di Controllo consente inoltre di confi- gurare diverse modalità di protezione in base alla qualità del servizio stabilita per ciascun circuito. 2.6.1 Il Piano di Controllo per Reti Opache e AON Molti Operatori, tra cui Telecom Italia [2], hanno in esercizio reti Opache (per ora SDH e non OTN) dotate di Piano di Controllo; al contrario, le reti AON in campo oggi sono ancora prive di funzionalità automatiche. Esistono alcune differenze sostanziali tra i due tipi di rete. Una prima differenza è che un Piano di Controllo in una rete AON, per garantire la fattibilità di un percorso, deve tenere conto delle caratteristiche fisiche della rete come ad esempio la tipologia della fibra ottica, lo stato degli amplificatori, l’attenuazione dovuta all’attraversamento di apparati ottici o ripartitori. Questi aspetti non sono rilevanti in una rete Opaca dove, come si ricorderà, il segnale è rigenerato in ogni nodo. L’insieme di parametri fisici si aggiunge quindi all’insieme dei parametri caratteristici di un Piano di Controllo: ne consegue una maggiore complessità degli algoritmi di calcolo. Alcuni di questi parametri sono statici, ad esempio la tipologia di fibra, altri possono cambiare, ad esempio l’attenuazione di un collegamento può aumentare a seguito del- Figura 12 - Protezione dei circuiti 74 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 75 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla l’inserzione di uno o più ripartitori ottici, situazione che può verificarsi a seguito di un ripristino di un guasto di cavo. Se il Piano di Controllo non conosce tali variazioni potrebbe giudicare fattibile un percorso che in realtà non lo è più. L’aggiornamento automatico di questi parametri implica però un incremento della segnalazione di rete e della complessità degli apparati. Un modo per risolvere questo problema è quello di aggiungere margini di sicurezza durante la fase di calcolo di un percorso, in modo da poter assorbire eventuali peggioramenti delle caratteristiche ottiche della rete. Questa scelta, per la sua semplicità, sembra essere preferita dai costruttori, anche se prevede, ovviamente, un incremento dei costi complessivi di rete. Un secondo aspetto tipico delle reti AON dotate di Piano di Controllo è il fatto che il numero di canali ottici in un aggregato di linea è tipicamente limitato a 40 o a 80 (in alcuni casi molto rari si arriva a 160). Quindi una connessione tra due apparati ottici deve essere realizzata con una sequenza di canali dello stesso colore oppure individuando un apparato intermedio dove è possibile realizzare una conversione elettro-ottica del segnale ed un cambio di frequenza, come descritto in figura 13 dove la connessione tra il nodo WSS-a ed il nodo WSS-e non può essere realizzata mediante la lunghezza d’onda 1 perchè nel sistema DWDM tra i nodi WSS-f e WSS-e questo canale è già occupato. È quindi necessario modificare la frequenza del canale da 1 a 2 nel nodo WSS-f, utilizzando ad esempio una coppia di transponder sintonizzabili in frequenza. In una rete di livello nazionale costituita da alcune decine di nodi, potrebbe risultare complesso trovare una sequenza di canali dello stesso colore per connettere due apparati: si potrebbe arrivare ad una situazione di blocco, cioè all’impossibilità di calcolare un nuovo percorso perché, pur essendoci canali disponibili, questi non hanno lo stesso colore. Aumentare il numero di nodi dove è possibile realizzare la conversione elettro-ottica ed il cambio di frequenza presenta ovviamente lo svantaggio di aumentare il costo complessivo della rete. L’efficienza del Piano di Controllo nella gestione delle frequenze è quindi un aspetto rilevante per le reti AON. 2.6.2 Architettura Centralizzata o Distribuita Un aspetto rilevante per un Piano di Controllo è la localizzazione dei processi di elaborazione. Questi possono essere concentrati in una singola entità fisica (Piano di Controllo Centraliz- Figura 13 - Funzionalita` di cambio di colore NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 75 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 76 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla zato) o distribuiti tra tutti i controllori di apparato (Piano di Controllo Distribuito) come descritto in figura 14. Questa ultima architettura è quella tipica delle reti dati (ad esempio una rete di Router IP). Nell’architettura centralizzata, ciascun apparato non conosce lo stato della rete e queste informazioni ed i processi per il calcolo dei percorsi risiedono in un server (o in un cluster di server) centralizzato al quale tutti fanno riferimento: gli apparati di conseguenza possono essere equipaggiati con controllori più semplici ed economici. In questa soluzione i server hanno un ruolo rilevante: dalla loro disponibilità, capacità di memoria e velocità di calcolo deriva infatti il buon funzionamento della rete. In genere la concentrazione delle informazioni di rete in un unico punto facilita la visibilità della rete offerta all’operatore che la gestisce. Nell’architettura distribuita, i processi del Piano di Controllo sono distribuiti su tutti gli apparati, che quindi conoscono lo stato della rete (topologia, stato della rete, allarmi, instradamento dei circuiti). Dalle prestazioni dei controllori equipaggiati in ciascun nodo e dal controllo delle scelte che gli apparati prendono in maniera autonoma dipende l’efficacia della soluzione distribuita. In questa soluzione, l’indisponibilità di un singolo apparato non comporta un degrado sull’intera rete, in quanto gli altri apparati mantengono inalterate le possibilità di proteggere il traffico. La distribuzione dei processi e delle informazioni porta in genere ad una maggiore complessità nella loro raccolta e distribuzione verso i sistemi di gestione. Tipicamente un Piano di Controllo su reti AON ha un’architettura centralizzata, mentre per le reti Opache si è partiti da soluzioni concentrate per arrivare, nella maggioranza delle ultime implementazioni, ad architetture distribuite o semidistribuite. Figura 14 - Localizzazione dei processi 76 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 77 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla 3 La rete trasmissiva di Telecom Italia: lo stato dell’arte e le sue possibili evoluzioni 3.1 La rete trasmissiva di lunga distanza La rete di trasmissiva di lunga distanza o Rete di Trasporto Nazionale (RTN) è la rete che interconnette le maggiori città italiane, i cosiddetti Nodi Nazionali (o ex nodi A1). E’ costituita da tre livelli sovrapposti: la fibra, i sistemi DWDM e le reti SDH. Per quanto riguarda la fibra ottica, in ambito nazionale si distinguono fondamentalmente tre tipologie di fibre: la fibra rispondente alla Raccomandazione ITU-T G.653 che è la fibra di vecchia generazione, ottimizzata per applicazioni singolo-canale SDH (bassissimi valori di attenuazione e dispersione cromatica nulla nella regione di lavoro dei trasmettitori laser SDH), ma non ottima per applicazioni WDM, la fibra ITU-T G.655 che è la fibra di posa recente ottimizzata per le nuove tecnologie WDM e la fibra ITU-T G.652 che è la fibra presente principalmente in ambito regionale; in alcuni casi è stata utilizzata anche per applicazioni in ambito nazionale. Questa fibra consente ottime prestazioni anche per la tecnologia WDM. Come già detto negli ultimi dieci anni la tecnologia WDM è stata utilizzata intensamente nell’ambito della RTN, consentendo la realizzazione di uno “strato ottico” estremamente capillare costituito da collegamenti punto-punto. Lo sviluppo di questo strato ottico ha avuto inizio nel 1999 con gli apparati DWDM di prima generazione (detti Long Haul - LH) in grado di trasportare 12 canali ottici a 2,5 Gbit/s su fibra G.653 e 16 canali ottici 2,5 Gbit/s su fibra G.652; questi sistemi, 75, sono tutti ancora in esercizio. Dalla seconda metà del 2001 ha avuto ini- NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 zio lo sviluppo dei sistemi DWDM di seconda generazione (detti Very Long Haul - VLH) in grado di trasportare fino a 40 canali ottici a 2,5 Gbit/s e/o a 10 Gbit/s. Tale salto tecnologico ha consentito di decuplicare la capacità trasmissiva di ogni singola coppia di fibre, che è così passata da 40 Gbit/s a 400 Gbit/s. Il duplice vantaggio della tecnologia WDM consiste proprio in questo: da un lato moltiplica la banda disponibile superando situazioni di saturazione o di scarsità di fibre ottiche; dall’altro consente di ridurre gli investimenti per unità di banda trasportata. Lo sviluppo dello strato ottico è quindi proseguito negli anni successivi seguendo l’innovazione tecnologica che, in sintesi, ha consentito di realizzare collegamenti sempre più lunghi tramite il miglioramento delle prestazioni trasmissive, di semplificare l’esercizio e la gestione dei collegamenti tramite l’automazione di alcune funzionalità (come ad esempio l’equalizzazione degli amplificatori ottici e la pre-enfasi delle potenze dei trasmettitori laser) e trasportare segnali di diversi formati (SDH, GbE, 10 GbE); tutto questo con l’inserimento in rete dei sistemi di terza generazione (noti anche come sistemi Ultra Long Haul - ULH). Ad inizio 2009 risultano attivi circa 170 sistemi DWDM, per un totale di quasi 40.000 km di collegamenti. Il grafico in figura 15 rappresenta la distribuzione delle lunghezze dei collegamenti in esercizio. Le lunghezze minori sono relative ai collegamenti meno recenti; dal 2006 in poi la tecnologia DWDM ULH di terza generazione ha consentito di realizzare sistemi con lunghezza fino a 1200 km senza rigenerazione elettrica. Inoltre, nei sistemi più recenti sono state inserite le funzionalità di Optical Add & Drop Multiplexing (OADM) lungo linea, ovvero la possibilità di inserire/terminare canali ottici in siti lungo linea e non solo nei siti terminali. I sistemi DWDM presenti nella Rete Nazionale di Telecom Italia sono principalmente forniti da Alcatel- Lucent e da Ericsson. 77 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 78 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura 15 - Distribuzione delle lunghezze dei sistemi DWDm Attualmente nello strato ottico non sono state implementate funzionalità di protezione e di commutazione delle lunghezze d’onda: i sistemi sono tutti realizzati in modalità punto – punto e tutti i meccanismi di protezione del traffico sono implementati dalle reti elettriche SDH Phoenix e Arianna. La rete Arianna, sviluppata dal 1999 al 2003, è una rete SDH che si basa su un’architettura ad anelli (su 4 o 6 nodi) aventi velocità di linea pari a 2,5 Gbit/s. Più dettagliatamente, la struttura della rete Arianna prevede un livello di Backbone ad altissima disponibilità concentrato sui 16 nodi nazionali principali ed un livello di raccolta regionale/nazionale. Le sezioni trasmissive degli anelli sono costruite utilizzando in alcuni casi direttamente la fibra ottica e, nella maggior parte dei casi, lunghezze ottiche a 2,5 Gbit/s dei sistemi DWDM sopra descritti. La Rete Arianna ha eccellenti prestazioni in termini di disponibilità; i meccanismi di protezione utilizzati sono quelli classici del mondo SDH: in particolare MSP - Ring a 4 fibre per gli anelli del Backbone di primo livello e SNCP per tutti gli altri anelli. Come sopra evidenziato la rete Arianna è nata per il trasporto del traffico tradizionale 78 di tipo voce tipicamente statico e con elevati requisiti in termini di disponibilità del servizio. Nel momento in cui traffico e servizio di tipo IP hanno iniziato a svilupparsi in maniera significativa, l’architettura di rete ha evidenziato limiti di flessibilità, scalabilità, efficienza ed integrazione con le tecnologie più innovative. La rete Arianna è tuttora in esercizio ed è principalmente utilizzata per i servizi basati su VC4 7 strutturati. Per superare i limiti sopra indicati e sviluppare una piattaforma di rete che consentisse di soddisfare le nuove esigenze del traffico garantendo contestualmente la riduzione dei costi associati, dalla fine del 2003 è iniziata la realizzazione della rete Phoenix i cui obiettivi principali erano l’ottimizzazione degli investimenti, la fornitura di nuovi servizi di connettività, la diversificazione della disponibilità dei servizi di trasporto offerti e la riduzione dei tempi di provisioning. La rete Phoenix [2] è una rete SDH organizzata su una maglia di 40 nodi di cross connessione con matrice elettrica ed interfacce ottiche. È in grado di proteggere i circuiti sia mediante meccanismi di protezione classica come l’SNCP 1+1, sia mediante sofisticati meccanismi di restoration. In particolare i nodi di Phoenix sono di tre tipologie, in base alla capacità equivalente implementata: 80 Gbit/s, 320 Gbit/s e 960 Gbit/s. Il cuore dei nodi è costituito da una matrice che opera cross-connessioni a livello di VC4. La tecnologia utilizzata per i nodi 7 VC4: è il payload della struttura digitale della gerarchia SDH STM-1 a 155 Mbit/s NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 79 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla della rete Phoenix ed il relativo piano di controllo sono forniti da Ericsson. Anche la rete Phoenix utilizza per le interconnessioni tra i vari nodi le lunghezze ottiche dei sistemi DWDM dello strato ottico; inizialmente tramite collegamenti di linea del tipo a 2,5 Gbit/s e, in seguito e tuttora, a 10 Gbit/s. Phoenix è stata una delle prime reti trasmissive al mondo ad implementare un piano di controllo GMPLS centralizzato, utilizzato sia per il provisioning sia per la protezione del traffico. Alla fine del 2008 la rete è composta da circa 40 nodi e trasporta circuiti dal 155 Mbit/s al 10 Gbit/s per una quantità di banda complessiva pari a quasi 4000 flussi a 155 Mbit/s equivalenti. Il layer ottico DWDM di lunga distanza costituisce, infine, l’infrastruttura di trasporto tramite la quale vengono forniti servizi di connettività nazionale ad alta velocità, sia per le infrastrutture proprietarie di Telecom Italia, quali la rete di BackBone IP (OPB [9]), sia per Clienti Wholesale (altri OLO o ISP) e Clienti Retail (Banche, Ministeri, grandi società). Questi servizi, denominati “lambda services” prevedono la fornitura di uno o più canali ottici nazionali (lambda) con consegna al Cliente finale di circuiti con terminazione di tipo SDH, con velocità dal 155 Mbit/s al 10 Gbit/s, e di tipo dati, con terminazioni quali GbE e 10 GbE. 3.2 Una possibile evoluzione della rete trasmissiva di lunga distanza Da un lato i progressi effettuati nel campo delle tecnologie nell’ultimo quinquennio descritti nelle sezioni precedenti, dall’altro le criticità attualmente presenti nel backbone nazionale attuale spingono a pensare a strategie evolutive che tengano in considerazione entrambi gli aspetti. NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 In particolare, la rete attuale presenta alcuni punti di debolezza sia tecnologici sia di scalabilità; la rete Phoenix è infatti realizzata con una tecnologia che risale al 2003 e non è facilmente modificabile per garantire il trasporto dei nuovi servizi ed il soddisfacimento delle nuove funzionalità che invece il mercato inizia a richiedere, quali il trasporto di segnali a 10 Gbe e del 40 Gbit/s, la possibilità di proteggere in canali ottici in maniera trasparente e la possibilità di offrire servizi del tipo banda a richiesta (BoD, Bandwidth on Demand). Inoltre, essendo una rete che lavora a livello di singolo VC4 (ad esempio un segnale GbE viene trasportato “smontandolo” in 7 VC4), presenta problemi di scalabilità dei nodi e di numerosità degli elementi di rete (circuiti) da gestire. D’altro canto, anche lo strato ottico per come costruito fino ad oggi presenta alcune limitazioni dovute fondamentalmente alla frammentazione dei vari link che, oltretutto, sono anche di fornitori differenti. Questo implica tempi di Creation (realizzazione) e di Provisioning (attivazione dei flussi end-toend) in molti casi lunghi. Infine, va considerata l’obsolescenza dei sistemi DWDM di prima generazione che sono oramai alla soglia dei 10 anni di vita. Risulta quindi necessario delineare una strategia evolutiva che tenga conto degli attuali punti di debolezza e che al contempo sia ispirata dalle seguenti linee guida: consolidamento delle piattaforme di rete mediante la razionalizzazione delle varie piattaforme di backbone e lo spegnimento delle reti obsolete, riduzione/difesa dei Total Cost of Ownership (TCO, CapEx e OpEx) e miglioramento della disponibilità dei servizi offerti. Il driver fondamentale rimane però l’evoluzione del traffico, in termini di matrice (da dove a dove), di banda (quanto), di granularità (come) e di requisiti di disponibilità richiesti. La difficoltà nell’avere indicazioni chiare in merito all’evoluzione del traffico (a parte il fatto che “aumenti”) aggiunge un ulteriore re- 79 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 80 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla quisito alla piattaforma di rete futura, che deve essere legata il meno possibile ad una prefissata matrice di traffico ma deve essere in grado di adattarsi a diversi possibili scenari. Tutte le considerazioni fin qui esposte, unite ad un’attività di scouting effettuata nel corso del 2008 con i principali fornitori di tecnologie trasmissive a livello mondiale, portano ad individuare come soluzione a tendere per la nuova piattaforma di trasporto un’architettura su due layer indipendenti: un layer completamente fotonico (Photonic Layer, PL) e un layer elettrico (Bandwidth Management Layer, BML). Il layer fotonico sarà realizzato con le nuove tecnologie disponibili descritte precedentemente, ovvero nodi ottici multidegree con tecnologia WSS, capacità di linea di 80 lunghezze d’onda a 40 Gbit/s e evolvibile verso applicazioni di restoration ottica con control plane GMPLS dedicato; il layer elettrico, dedicato al grooming ed alla gestione del traffico a bassa velocità (VC4 nativi e concatenati), con meccanismi di restoration, potrà costituire l’evoluzione dell’attuale rete Phoenix, con l’adozione della tecnologia OTN. 80 Nella figura 16 è schematizzata l’architettura appena descritta, con evidenza del PL, del BML, dello strato di sistemi DWDM esistenti (lo strato ottico di cui al paragrafo 2.1) e le modalità di interlavoro tra i vari layer di rete. Lo scouting tecnologico effettuato con tutti i maggiori fornitori ha evidenziato anche alcuni fatti interessanti. Innanzitutto le due tecnologie in gioco, l’OTN (Nodi Elettrici) e la Fotonica (Nodi Ottici WSS) non sono in competizione tra di loro, ma possono essere sviluppate indipendentemente, da un punto di vista temporale e architetturale, senza che ciò precluda una loro integrazione successiva. In secondo luogo, l’applicazione della tecnologia fotonica comporta dei benefici economici immediati sugli investimenti tale da suggerire la realizzazione di un PL esteso su tutti i nodi della rete nazionale. Infine, mentre la tecnologia Fotonica risulta effettivamente disponibile commercialmente ed è già in corso di sviluppo presso molti Operatori nel mondo, la tecnologia OTN risulta an- Figura 16 - Possibile architettura della nuova rete trasmissiva nazionale NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 81 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla cora in fase di consolidamento sia da un punto di vista degli standard, che delle applicazioni e di apprezzamento sul mercato. L’idea è quindi che la nuova rete trasmissiva nazionale preveda lo sviluppo da subito di una rete Fotonica estesa a tutti i nodi della Rete di Trasporto Nazionale ed utilizzo della rete Phoenix per il traffico con bitrate inferiore a 1 Gbit/s e, successivamente, lo sviluppo e l’integrazione di uno strato di rete OTN che affianchi e sostituisca gradualmente la rete Phoenix. La figura 17 illustra la struttura di un generico nodo della nuova piattaforma. È inoltre indicata anche l’eventuale interconnessione verso i sistemi DWDM attualmente esistenti. Va infine evidenziato che le funzionalità Fotonica e OTN possono essere sviluppate su apparati distinti (e di fornitori diversi) aventi Piani di Controllo indipendenti o possono essere integrate in un unico apparato con un Piano di Controllo unico sia per il livello elettrico sia per il livello ottico. 3.3 La rete trasmissiva regionale e metropolitana L’architettura della rete regionale prevede l’impiego di tecnologia DWDM (di fornitura Alcatel-Lucent, Ericsson, Huawei, Nokia Siemens Networks, Nortel) con una topologia caratterizzata da strutture ad anelli e puntopunto. Gli anelli tipicamente sono utilizzati NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 Figura 17 - architettura di un nodo della nuova rete trasmissiva nazionale per realizzare infrastrutture indipendenti per servizi a pacchetto (1GbE e 10GbE) su canali ottici protetti e non protetti e per il soccorso fibra, tipicamente per chiudere anelli SDH, su canali ottici non protetti. Le strutture lineari punto-punto protette e non protette sono dedicate in modo esclusivo a grandi clienti business o per soluzioni infrastrutturali per il soccorso fibra. Le dimensioni delle singole reti hanno un’elevata variabilità, partendo dai 50 km e arrivando a superare i 300 km, con un numero di nodi variabile da 3 a 9. La rete WDM regionale ha il triplice obiettivo di offrire una soluzione alternativa alla posa di nuova fibra utilizzata da apparati legacy SDH e NG-SDH (soccorso fibra), di connettere con collegamenti 10GbE non protetti tutte le sedi di Feeder dei capoluoghi minori ai due switch Metro di riferimento della rete OPM (trasporto OPM) e di offrire a clienti business di medie-grandi dimensioni soluzioni di trasporto integrate in progetti realizzati su base gara. 81 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 82 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla La rete ottica WDM in ambito metropolitano può essere distinta nelle sue sezioni di Metro-Core e di Metro-Access. La sezione di rete Metro-Core utilizza la stessa tecnologia DWDM impiegata in ambito regionale: è fisicamente realizzata da sottoreti con topologie ad anello di estensione massima di circa 80-100 km in corrispondenza dei principali capoluoghi. Tali sottoreti consentono il trasporto di 32/40 canali ottici con bitrate massimo di 10 Gbit/s con possibilità di rigenerazione elettro-ottica (3R) del singolo segnale ottico, compensazione della dispersione cromatica e amplificazione del segnale aggregato. La maggior parte degli anelli sono stati realizzati in concomitanza delle varie fasi di sviluppo del progetto IPTV dal 2004 al 2006 e sono oggi impiegati per trasportare il traffico aggregato dal primo livello di Feeder verso il secondo livello di Metro della rete OPM con collegamenti di tipo 10GbE non protetti. Gli anelli sono composti da nodi in parte colocati con gli switch della rete OPM, in parte strategicamente posizionati nelle centrali di Telecom Italia. La stessa infrastruttura infatti è dedicata anche alla fornitura di collegamenti protetti e non protetti, sempre in ambito urbano, di tipo SDH (STM1/4/16/64), Ethernet (1GbE, 10GbE) e SAN (ESCON, FC, FICON) per soccorso fibra e clientela business. La sezione di rete Metro-Access è realizzata con anelli di tipo CWDM (di fornitura Alcatel-Lucent, Pirelli-PGT, Nokia Siemens Networks) che prevedono un diametro massimo di circa 50 km, con un numero medio di 4 centrali collegate verso un nodo di raccolta, detto hub. Ciascun anello è in grado di trasportare fino a 8 canali ottici non amplificati con un bitrate, sino ad oggi, non superiore a 2,5 Gbit/s. Sono già disponibili e a breve saranno rilasciati in rete espansioni sino a 16 canali e fino a 16 canali DWDM a 2,5Gbit/s e 10Gbit/s. Anche questa sezione di rete ha avuto il massimo impulso durante lo sviluppo del pro- 82 getto IPTV e viene utilizzata per raccogliere il traffico originato da tutti i dispositivi che afferiscono alla OPM di TI, come i DSLAM Ethernet, i remote Feeder, i nodi Gateway A (GTW A) per il backhauling mobile e gli switch della clientela business, e diretto su collegamenti di tipo 1GbE verso i Feeder OPM colocati con il nodo hub. Non esiste, ad oggi, una struttura di interconnessione tra le varie sezioni di rete Metro e Regionale: gli anelli Metro-Access, gli anelli Metro-core e quelli Regional non hanno punti di interconnessione comuni. Per completezza di informazione, è doveroso aprire una breve parentesi sulla tecnologia NG-SDH usata nella rete Metro-Regional di Telecom Italia, a cui si è fatto cenno in precedenza. Apparati di questo tipo sono stati introdotti in rete per permettere il trasporto efficiente di flussi dati Ethernet su una rete sincrona, arricchendo i tradizionali nodi SDH con funzionalità per il mappaggio del flusso asincrono di trame/pacchetti dati in quello sincrono di container VC4 8, per l’utilizzo più efficiente della capacità SDH con la concatenazione virtuale degli n VC4 usati per trasportare i flusso dati 9 e con la possibilità di modulare dinamicamente la banda disponibile della connessione di trasporto 10. Viste le elevate capacità richieste dalle interfacce GbE e 10GbE della OPM e il progressivo approssimarsi del costo degli apparati WDM a quello degli apparati SDH, la scelta tecnologica si è però orientata verso una soluzione puramente fotonica mentre l’utilizzo del trasporto SDH si è rivelato conveniente in un numero di casi percentualmente limitato. La scelta della tecnologia WDM è stata influenzata anche da un altro fattore: oltre al trasporto trasparente di flussi SDH (da STM-1 a 8 Con il protocollo GFP specificato nella raccomandazione dell’ITU-T G7041 9 Con lo standard VCAT specificato nelle raccomandazioni dell’ITU-T G.707 e G.783 10 Con lo standard LCAS specificato nelle raccomandazioni dell’ITU-T G.7042 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 83 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla STM-64) e Ethernet (Fast Ethernet, 1 Gigabit-Ethernet e 10 Gigabit-Ethernet), gli apparati a multiplazione di lunghezza d’onda sono gli unici che offrono la possibilità di trasporto e garanzie di massima trasparenza temporale per i flussi di tipo di tipo ESCON, FICON e Fiber Channel, usati in applicazioni di Business Continuity (data mirroring per disaster recovery, storage remoto o interconnessione di Data Center): tutti i protocolli citati funzionano infatti con meccanismi di riscontro della singola trama e ogni eventuale ritardo nella propagazione si trasforma in una diminuzione del bitrate netto dell’applicazione. 3.4 L’evoluzione della rete trasmissiva regionale e metropolitana: gli impatti del Next Generation Access Per poter analizzare i possibili scenari evolutivi della rete trasmissiva regionale e metropolitana è necessario descrivere brevemente la rete che maggiormente ne sfrutta il servizio di trasporto: la rete OPM. La rete OPM [4] è stata pensata per l’offerta di servizi di livello 2 a clientela residen- ziale, affari e wholesale. I nodi OPM sono dislocati nei principali centri urbani del Paese e sono organizzati in una struttura a due livelli gerarchici (figura 18): un primo livello gerarchico inferiore rappresentato dai nodi Feeder ed un secondo livello gerarchico di nodi Metro. I Metro sono i nodi con funzioni di aggregazione e di connessione con il backbone di trasporto IP: sono di solito colocati con i nodi della rete OPB e ad essi connessi con collegamenti 10GbE. I nodi Feeder hanno il compito di raccogliere i flussi a bassa velocità (1G) e di aggregarli verso i Metro. La connessione Feeder-Metro si realizza con collegamenti fisici non protetti 10 GbE trasportati su rete ottica DWDM. Ogni feeder è connesso a due Metro: per questo si utilizzano collegamenti di trasporto in ambito urbano o regionale, in base alla dislocazione fisica della coppia di Metro di riferimento. I Feeder sono connessi con i nodi della rete di accesso (DSLAM ADSL, switch o router, Node B delle antenne UMTS): a questo livello, i collegamenti fisici sono di tipo 1GbE, in alcuni casi trasportati su fibra ottica o su rete NG-SDH, ma nella maggioranza dei casi il trasporto avviene su rete ottica DWDM e CWDM; una coppia di flussi 1GbE è di so- Figura 18 - La rete OPm NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 83 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 84 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla lito multiplata su un canale ottico a 2,5 Gbit/s protetto a livello ottico. Le connessioni fisiche a 10 Gbit/s e 2,5 Gbit/s sono realizzate da apparati di trasporto colocati con i nodi della OPM e della rete di accesso: tutte le interfacce ottiche 10GbE e 1GbE sono quindi duplicate sulla rete di switch, sulla rete di accesso e sulla rete di trasporto, con ovvie conseguenze in termini di costi legati alla scalabilità dell’architettura attuale. La rete OPM e la rete di trasporto che le offre servizio dovranno prevedere una crescita compatibile con le ipotesi di incremento del traffico IP del prossimo futuro. Infatti, l’offerta residenziale sarà legata ad una banda potenzialmente maggiore di quella attuale grazie alle reti di accesso di nuova concezione. In Telecom Italia la nuova rete di accesso, denominata NGN2 Figura 19 - Una possibile evoluzione della rete a strati con la Packet Optical Transport Network 84 [3] è realizzata con tecnologia FTTx secondo i concetti dettati dell’Ethernet First Mile (EFM): dispositivi GPON (Gigabitethernet Passive Optical Network) coprono l’ultimo miglio della rete di accesso con modalità FTTB/FTTCab (a tendere FTTH); l’ultimo tratto verso le singole utenze è ancora coperto con una connessione fisica in rame con tecnologie di raccolta VDSL. Il singolo utente residenziale avrà accesso alla rete di Telecom Italia attraverso una struttura ethernet, quella della GPON della NGN2, con una capacità di banda globale per la singola struttura GPON pari a 2,5 Gbit/s. Già sono disponibili sul mercato soluzioni come WDM-PON che permettono una capacità di banda almeno di un ordine di grandezza superiore. La tipologia di offerta rivolta alla clientela business dovrebbe invece rimanere invariata, con un incremento, però delle velocità di banda messe a disposizione. Le interfacce Ethernet a bassa velocità 10/100Mbit/S verranno progressivamente abbandonate per essere sostituite da interfacce a velocità minima di 1 Gbit/s. Infine, il backhauling delle reti mobili dovrebbe abbandonare a breve la tecnologia NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.54 Pagina 85 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla ATM e passare a quella Ethernet. I Node-B delle base station UMTS saranno infatti equipaggiati con interfacce GbE che sostituiranno le attuali interfacce ATM passando dagli nx2Mbit/s attuali ad una interfaccia 1GbE. La rete di trasporto WDM si troverà quindi a dover gestire un traffico in prevalenza a pacchetto di tipo Ethernet, e allo stesso tempo e per un periodo non facilmente prevedibile, dovrà continuare a garantire l’offerta attuale di servizi legacy TDM e di servizi SAN. Le richieste di servizi sincroni su rete SDH sono previste in calo, ma rappresenteranno ancora a lungo una quota consistente di mercato, mentre per i servizi SAN non si prevede alcuna riduzione. Ormai tutti i principali fornitori di apparati di trasporto (Alcatel-Lucent e Huawei) hanno reso disponibili nei loro listini linee di prodotto che realizzano il paradigma di integrazione in un solo sistema delle funzionalità di trasporto e di switching e forwarding del traffico di livello 2. L’elaborazione dei pacchetti è affidata al nuovo strato di rete, fisicamente realizzato con matrici elettriche che oggi possono coesistere con quelle tradizionali SDH: le matrici universali dovranno a tendere permettere di sostituire completamente le matrici TDM e garantire la possibilità di gestire indifferentemente e contemporaneamente strutture logiche a pacchetto e sincrone. Per questa classe di apparati è data anche la possibilità di integrare la tecnologia CWDM o DWDM per una maggiore efficienza anche nello sfruttamento delle risorse fisiche di rete come le fibre ottiche. La transizione dalla coesistenza delle matrici a pacchetto e SDH a quella esclusivamente a pacchetto sarà legata all’affermarsi di scenari con una netta prevalenza di traffico dati rispetto a quello legacy, contrariamente a quanto ancora si registra in rete. Per Operatori che, come Telecom Italia, hanno un’esperienza decennale con reti di trasporto sincrone, soluzioni come quelle appena descritte possono offrire convenienza, non tanto in termini di investimenti realizza- NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 tivi, quanto per la promessa di più semplice integrazione della nuova tecnologia nei processi aziendali. Molti costruttori di apparati dati hanno cominciato ad inserire nei loro cataloghi anche sistemi che implementano funzionalità di trasporto Carrier Grade anche per l’Ethernet: questo tipo di sistemi rappresenta un’evoluzione degli switch Ethernet oggi in commercio sui quali sono integrate le funzionalità previste dal PBB-TE (Nortel) o dal T-MPLS (Ericsson, Huawei), oltre a funzionalità di tipo CWDM o DWM passivo. Il pregio di questa tecnologia è da associare al costo che dovrebbe mantenersi contenuto rispetto a quello di apparati con funzionalità più complesse come quelli misti SDH/T-MPLS. Confrontando quanto oggi commercialmente disponibile per gli apparati basati su T-MPLS e quelli basati sul Carrier Ethernet, la differenza di costo delle due classi di sistemi sembra essere importante, tanto da suggerire, secondo alcuni fornitori, un loro utilizzo in sezioni di rete differenti. Rimanendo nell’ottica di una rete convergente di trasporto a pacchetto, e mantenendo la suddivisione in sezioni di rete Metro Access, Metro Core e Regional come nel caso della rete di Metro/Regional di Telecom Italia, un’ipotesi di implementazione potrebbe essere quella di impiego degli apparati Carrier Ethernet, meno costosi e a più bassa complessità, nelle sezioni periferiche della rete, e di inserimento nelle sezioni Metro-Core e Regional dei sistemi T-MPLS a maggiore complessità, trovando una valida motivazione da associare al loro maggior costo. Qualunque saranno le scelte sistemistiche e architetturali che verranno prese per l’evoluzione verso la Packet Optical Transport Network, un fattore chiave che non dovrà essere sottovalutato sarà la capacità degli organismi di standardizzazione di fornire un supporto per il network management, ovvero un object model dettagliato per i nuovi sistemi della rete integrata. 85 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.55 Pagina 86 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Quanto costa trasportare un bit su una fibra ottica? Nel seguito verranno esposte alcune considerazioni su quello che, nel corso degli ultimi anni, è stato l’andamento del costo del trasporto, focalizzandosi sugli aspetti di costo relativi agli investimenti sia per il trasporto di lunga distanza nazionale sia per il trasporto regionale e metropolitano. Gli aspetti che hanno determinato e determinano l’evoluzione dei costi sono ovviamente due: l’innovazione tecnologica e la competizione tra fornitori. Per quanto riguarda il trasporto DWDM i momenti di forte discontinuità tecnologica con conseguente riduzione dei costi si sono verificati al passaggio dalla prima alla seconda generazione dei sistemi DWDM, con incremento del numero di lunghezze d’onda su singola fibra da 16 a 40 e al passaggio della velocità di linea per singola lunghezza d’onda da 2,5 Gbit/s a 10 Gbit/s. Entrambi questi passaggi si sono verificati nei primi anni del 2000; successivamente, l’evoluzione della tecnologia ha consentito la realizzazione di sistemi sempre più lunghi e quindi con un minor numero di rigenerazioni elettriche, con un graduale e costante miglioramento delle prestazioni. Il grosso driver che ha però governato la riduzione di costo negli anni più recenti è stato la competizione economica tra Fornitori; il processo di individuazione di uno o più Fornitori per una determinata tipologia di apparati preveder infatti una fase di scouting tecnico ed economico ed una fase di vera e propria competizione economica. Figura a1 - andamento del costo del trasporto di un flusso 10Gbit/s tra roma e milano Tale modalità di individuazione dei Fornitori e l’aumentare della frequenza con cui questi meccanismi di selezione/competizione sono stati implementati hanno, soprattutto nell’ultimo periodo, consentito di traguardare livelli di compressione dei prezzi degli apparati decisamente rilevanti. I grafici illustrano l’andamento nel corso degli anni del costo (inteso come investimento associato per fornitura in opera degli apparati) previsto per trasportare una capacità equivalente di 10 Gbit/s rispettivamente sulla rete DWDM di lunga distanza (nel caso specifico l’esempio riguarda un collegamento da Roma a Milano) e sulla rete DWDM Metro (considerando un anello medio di 300 km). Il grosso salto tra il 2002 ed il 2003 tiene conto del passaggio dalla velocità di linea da 86 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.55 Pagina 87 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla Figura a2 - andamento del costo del trasporto di un flusso 10Gbit/s su un anello di riferimento in ambito metropolitano 2,5 a 10 Gbit/s; i delta del 2006 e 2007 sono invece l’effetto di competizioni economiche tra i Fornitori. Anche il comparto DWDM Metro/Regionale e CWDM metro ha beneficiato dei progressi tecnologici intervenuti nei primi anni di questo decennio, e la riduzione del costo degli apparati è sicuramente legata alle sempre migliori prestazioni dei sistemi in termini di rigenerazione e di multiplazione di flussi cliente a bassa velocità su canali ottici a 2,5 Gbit/s e soprattutto 10 Gbit/s, anche se il contributo più significativo alla costante discesa del prezzo delle voci di listino è indubbiamente quello legato alla competizione economica tra i fornitori, attuata con meccanismi analoghi a quelli esposti per i sistemi usati nella sezione del trasporto su lunga distanza. 4 Conclusioni Negli ultimi anni lo sviluppo delle tecnologie della trasmissione, maturato a fronte delle necessità di trasportare nuovi servizi, principalmente IP, con forte attenzione alla riduzione degli investimenti, ha creato le condizioni per poter modificare sostanzialmente il paradigma del trasporto. Le nuove tecnologie sono pronte per essere introdotte nelle reti degli Operatori e per rendere fruibili i vantaggi promessi. Tutti gli Operatori stanno definendo le proprie NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 strategie evolutive, anche se il contesto economico/finanziario ha rallentato tale processo. Di certo la questione più sfidante da risolvere è quella dell’integrazione dei processi aziendali e dei sistemi di gestione e di supervisione, che attualmente sono specializzati per reti diverse sia per concezione, sia per evoluzione e funzionamento: quelle di trasporto a circuito (SDH/WDM) e quelle dati (Ethernet). La capacità di risolvere quella che oggi si presenta come una dicotomia sarà decisiva per il successo di qualunque strategia si deciderà di seguire. 87 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.55 Pagina 88 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla A OAM Operation Administration and Maintenance OAM&P Operation Administration Maintenance and Protection ODU Optical Data Unit OLO Other Licensed Operator OPM Optical Packet Metro OTH Optical Transport Hierarchy OTN Optical Transport Network PBB Provider Backbone Bridges PBB-TE Provider Backbone Bridges Traffic Engineering PBT Provider Backbone Transport PMD Polarization Mode Dispersion ROADM Reconfigurable Optical Add Drop Multiplexer RTN Rete di Trasporto Nazionale SAN Storage Area Network SDH Synchronous Digital Hierarchy SNCP Sub Network Connection Protection TCO Total Cost of Ownership TDM Time Division Multiplexing T-MPLS Transport – Multi Protocol Label Switching ULH Ultra Long Haul UMTS Universal Mobile Telecommunications System VC4 Virtual Container 4 VDSL Very High Speed DSL VLH Very Long Haul WDM Wavelength Division Multiplexing WDM-PON WDM Passive Optical Network WSS Wavelength Selective Switch CRONIMI ATM CWDM Asynchronous Transfer Mode Coarse Wavelength Division Multiplexing DQPSK Differential Quadrature Phase Shift Keying DP-DQPSK Dual Polarization DQPSK DSLAM Digital Subscriber Line Access Multiplexer DWDM Dense Wavelength Division Multiplexing ESCON Enterprise Systems Connection FC Fiber Channel FEC Forward Error Correction FICON Fiber Connectivity FTTB Fiber To The Building FTTCab Fiber To The Cabinet FTTx Fiber To The x GBE GigaBit Ethernet GMPLS Generalized Multi Protocol Label Switching GPON Gigaethernet Passive Optical Network GTW-A Gateway-A IEEE Institute of Electrical and Electronic Engineers IETF Internet Engineering Task Force ISP Internet Service Provider ITU-T International Telecommunication Union - Telecommunication Standardization Bureau LAN Local Area Network LH Long Haul LSP Label Switched Path MAC Media Access Control MAN Metro Area Network MPLS Multi Protocol Label Switching MPLS-TP Multi Protocol Label Switching – Transport Profile MSP-RING Multiplex Section Protection Ring NGN2 Next Generation Network 2 NG-SDH New Generation – Synchronous Digital Hierarchy OADM Optical Add and Drop Multiplexer 88 B IBLIOGRAFIA [1] “La rete di trasporto ottico (OTN): stato dell’arte e prospettive evolutive” di G. Aureli e P. Pagnan, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 10, Nr. 1, Aprile 2001 [2] “Phoenix: la nuova rete di trasporto nazionale” di S. Augusto e P. Pagnan, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 13, Nr. 2, Dicembre 2004 NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 trasm_ottica:Layout_NT 06/03/2009 11.55 Pagina 89 L’evoluzione della trasmissione ottica - Sergio augusto, Valentina Brizi, rossella Tavilla [3] “NGN2:il case study Milano” di M. Monacelli, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 2007, Nr. 2. [4] “NGN2: la parte Metro” di M. Bianchetti, G. Picciano, L. Venuto, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 2008, Nr. 2. [5] “PBB-TE, PBT, Carrier Grade Ethernet Transport” TPACK, June 2007. [6] “T-MPLS A New route to carrier ethernet” TPACK, June 2007. [7] “Optical Switching Networks”, Ed. Cambridge University Press 2008, di M. Maier A [8] “I sistemi DWDM: problematiche trasmissive e loro impatto sul progetto dei collegamenti” di G. Aureli e P. Pagnan, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 9 n. 2, Ottobre 2000 [9] “Il Backbone IP di Telecom Italia Wireline” di A.M. Langellotti, S. Mastropietro, F.T. Moretti e A. Soldati, Notiziario Tecnico di Telecom Italia, Anno 13, Nr. 2, Dicembre 2004 [email protected] [email protected] [email protected] UTORI Sergio augusto Valentina Brizi rossella Tavilla diplomato in Telecomunicazioni, entra in Azienda nel 1983 per occuparsi di valutazioni tecnicoeconomiche di nuove tecnologie nella rete trasmissiva a lunga distanza. Dal 1990 si è occupato di nuove tecnologie e sistemi per la rete di accesso a larga banda. Dal 1997 opera nel gruppo di Ingegneria dove segue le attività di test, redazione specifiche e norme tecniche di apparati trasmissivi DWDM e reti GMPLS ■ laureata nel 1998 in Ingegneria delle Telecomunicazioni, nello stesso anno entra in Telecom Italia, dove ha seguito lo sviluppo della prima rete SDH di lunga distanza e dei primi sistemi DWDM in Italia. Da diversi anni opera nel gruppo di Ingegneria che segue l’industrializzazione degli apparati dedicati al Trasporto Ottico; in particolare segue le attività inerenti alle tecnologie ottiche per le reti di trasporto di backbone nazionale e le evoluzioni relative. È autrice e co-autrice di diversi articoli tecnici e contributi pubblicati su riviste scientifiche internazionali o presentati a workshop e conferenze internazionali ■ laureata nel 2000 in Ingegneria delle Telecomunicazioni, lo stesso anno entra in Telecom Italia. Dal 2001 lavora nel settore dell’Ingegneria della rete di trasporto. Si è inizialmente dedicata ai sistemi di Element Management e di Network Management della rete SDH e xWDM. Dal 2003 lavora nell’ingegneria della rete di trasporto dove segue le attività della rete Metro-Regional in tecnologia xWDM e dei relativi sistemi di Element Management ■ NOTIzIarIO TECNICO TELECOm ITaLIa - anno18 NumeroUNO2009 89