Salento: idrogeologia
Scritto da Marisa Grande
Martedì 14 Aprile 2009 00:00
L'insieme della serie di sistemi idrici che solcano il territorio salentino in superficie o che
circolano nel sottosuolo dipende dalla configurazione geologica, dalla composizione litologica,
dal diverso grado di permeabilità delle rocce e dal loro assetto strutturale.
La complessa rete idrografica si sviluppa a più livelli, in superficie e nel sottosuolo.
I sistemi di superficie si distinguono in esoreico e in endoreico. Si dice ‘esoreico’ quando,
raggiunta la costa, il deflusso avviene in mare; si dice ‘endoreico’ quando il deflusso delle acque
di superficie avviene nel sottosuolo nelle aree interne distanti dal mare.
La circolazione d’acqua nel sottosuolo si può ricondurre a due ambienti idrogeologici prevalenti:
la falda acquifera profonda e la falda acquifera superficiale, che scorrono a livelli distinti entro le
rocce carbonatiche carsificabili. L’acquifero profondo principale si sviluppa nelle formazioni dei
Calcari di Altamura, dei Calcari di Castro e delle Calcareniti di Porto Badisco.
L’acquifero superficiale secondario si sviluppa a livelli più elevati nella Pietra Leccese, nelle
Calcareniti di Gravina, nei Depositi Marini Terrazzati quaternari e nei depositi di duna.
La conoscenza dei sistemi idrici sotterranei risulta complessa per i caratteri litologici e
geologico-strutturali profondi, essendo il Salento interessato alla base dall’intrusione di acqua
marina.
Là dove la falda profonda incontra l’acqua marina, per la sua minore densità, galleggia su di
essa. Teoricamente, scorrendo sull’acqua salina, l’acqua dolce dovrebbe essere nettamente
separata da questa ed essere naturalmente preservata dalla contaminazione. In pratica, si crea
una fascia di transizione a diffusione molecolare più o meno spessa e densa, nella quale le
acque si mescolano.
Recenti studi effettuati presso il Dipartimento delle Scienze Geologiche dell’Università della
Basilicata (http://www.inea.it/otris/salinita/delprete_txt.htm) hanno messo in evidenza nel
Salento la tendenza all’alterazione dell’equilibrio di galleggiamento dell’acqua dolce sulla salina
nella falda profonda, a causa dell’apertura di un numero stragrande di pozzi, che interferiscono
con tale equilibrio naturale, miscelando le acque e rendendo questa interfaccia sempre meno
netta.
In uno studio del Politecnico di Bari -Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale-,
pubblicato in “Giornale di Geologia Applicata 3” nel 2006, si è presa in particolare
considerazione la Piana di Brindisi, dove le due falde di acqua dolce sono separate da uno
strato argilloso. Sono state messe in evidenza le incaute penetrazioni in profondità per la
costruzione di pozzi, insieme al pericolo più immediato dovuto all’insorgere di inquinamento
della falda superficiale, derivato dallo sfruttamento intensivo del suolo e dall’uso di sostanze
inquinanti che inevitabilmente vi penetrano.
Le due allarmanti problematiche interessano in special modo le aree interne del Salento a
vocazione tendenzialmente agricola, ma l’orientamento a sviluppare una migliore conoscenza
delle risorse idriche di superficie vale per tutto il territorio, ai fini di un loro impiego più razionale.
Nelle possibili vie indicate per un migliore approvvigionamento delle acque dolci sono incluse la
manutenzione e l’organizzazione dei corsi d’acqua di superficie, tanto dei sistemi reticolari delle
aree interne, quanto delle numerose sorgenti costiere che incrementano le aste di deflusso, le
cui acque oggi defluiscono in mare senza essere adeguatamente impiegate.
1/4
Salento: idrogeologia
Scritto da Marisa Grande
Martedì 14 Aprile 2009 00:00
Aree idrografiche endoeriche
Zone spartiacque, spesso dunose, separano le aree interne solcate da sistemi idrografici
reticolari endoreici dalle aree costiere esoteriche, attraversate da aste idriche di superficie.
Nel Salento, oltre ai due importanti canali Cillarese e Reale nell’area di Brindisi, si versano
nell’Adriatico molti altri corsi d’acqua. I più significativi della provincia di Lecce sono l’Idume
presso Torre Chianca e l’Idro a Otranto, sul versante adriatico. Si versano nello Ionio i rii della
piccola baia di Leuca e alcuni corsi d’acqua a carattere temporaneo, come i Canali Fano e
Muscio, presso la località marina Pesculose e il Canale de lu Forcatu presso capo San
Gregorio. Si distinguono per una maggiore portata d’acqua il canale dei Samari, a sud di
Gallipoli e il Tara, presso San Pietro in Bevagna, a sud di Taranto.
Secondo l’analisi svolta nel 2004 presso il Dipartimento di Scienze dei Materiali -Università degli
Studi di Lecce- sulla “Caratterizzazione geomorfologica degli inghiottitoi carsici (vore) della
Provincia di Lecce” il sistema a deflusso endoreico che caratterizza il Salento è costituito da
otto zone distinte e generalmente separate da spartiacque. Si tratta di aree interne solcate da
letti fluviali reticolari poco profondi, incisi sulle rocce non carbonatiche dei Depositi Marini
Terrazzati del Pleistocene medio e superiore. La non-permeabilità di tali coperture del territorio
favorisce la circolazione delle acque in superficie, le quali scorrono verso le rocce carsificabili e
s’immettono in inghiottitoi carsici (vore).
- La prima zona presa in considerazione si trova a sud della Piana tarantino-brindisina,
attraversata dai due importanti canali esoreici Reale e Cillarese.
Si tratta di un’area interna, costituita da rocce non carbonatiche del Pleistocene
medio-superiore, dove vi sono 14 solchi fluviali non gerarchizzati e di modesto sviluppo,
orientati verso una depressione posizionata ai piedi della scarpata del Limitone dei Greci. Qui
le acque defluiscono in vari inghiottitoi carsici, aperti nelle Calcareniti di Gravina del Pleistocene
inferiore o nei punti di roccia carsificabili del cretaceo.
- La seconda area è costituita da un reticolo gerarchizzaro di brevi flussi fluviali, ma con
incisioni evidenti, i cui principali sono i canali Lamia, Iaia e 14 Bocche. Scorrono sui depositi
non carbonatici del Pleistocene medio-superiore, ai piedi di una scarpata che si pone in
continuità morfologica con il Limitone dei Greci, nel territorio compreso tra San Donaci e Villa
Baldassarri.
Un canale principale termina nella Palude Balsamo, mentre altri solchi rettilinei defluiscono in
inghiottitoi carsici allineati con la direttrice del Canale 14 Bocche, che probabilmente si sviluppa
lungo una linea tettonica. - La terza area si compone di quattro lunghi reticoli poco gerarchizzati, dei quali il più importante
è il canale della Lacrima, e alcuni brevi solchi che si sviluppano sulle rocce non carbonatiche
del Pleistocene medio e superiore. Hanno deflusso in direzione dei quadranti orientali verso una
lunga ed evidente scarpata arcuata di probabile origine tettonica, compresa tra Cellino San
Marco e San Cesario di Lecce. Il tratto settentrionale della scarpata è modellato sui Depositi
Marini Terrazzati e il tratto meridionale sulle unità cretacee, oligoceniche, mioceniche e del
Pleistocene inferiore.
I punti di defluenza dei corsi più brevi corrispondono a inghiottitoi carsici, di quelli più lunghi ai
punti assorbenti che si aprono lungo il limite definito dal contatto tra le unità del Pleistocene
medio e superiore e le rocce calcaree del Cretaceo e del Pleistocene inferiore. - La quarta area, compresa tra San Pancrazio e Salice Salentino, ha un’idrografia costituita da
2/4
Salento: idrogeologia
Scritto da Marisa Grande
Martedì 14 Aprile 2009 00:00
brevi solchi poco gerarchizzati, che affluiscono verso inghiottitoi carsici e verso il bacino
idrografico della “Vora Madre”. - La quinta area comprende il sistema idrico Asso e altri brevi corsi che si sviluppano verso est,
fino a confluire in inghiottitoi, come il canale Sirgole verso Vora Marsellona e il solco che
affluisce alla Vora di Seclì. Il reticolo idrografico Asso si sviluppa dall’area di Collepasso verso
Aradeo e Noha, sui sedimenti sabbioso limosi del Pleistocene medio, inizialmente con numerosi
solchi erosivi ben incisi dalle scarpate alte fino a 10 metri e poi con due canali separati. Questi
confluiscono in un unico solco, con scarpate fluviali alte fino a 6-7 metri incise tra i sedimenti del
Pleistocene medio e le Calcareniti del Pleistocene inferiore. Il Canale Paduli, che rappresenta
l’ultimo tratto rettilineo dell’Asso, scorre infine nell’area di Nardò, verso un bacino idrografico e
verso i punti assorbenti perimetrali, nei quali defluisce.
- La sesta area si estende tra Galatina e Montesano Salentino ed è delimitata a est dalla
scarpata di faglia che borda la Dorsale Maglie-Castiglione d’Otranto e a ovest dalle linee
spartiacque dell’area cinque del canale Asso e dall’area sette, estesa tra Collepasso e Ruffano. Nella zona così delimitata vi sono sei reticoli gerarchizzati, che scorrono tra basse scarpate sui
depositi non carbonatici del Pleistocene medio o in valli alluvionali, diretti verso gli inghiottitoi
che si aprono nelle Calcareniti del Pleistocene inferiore. A valle di tali inghiottitoi, due aree
comprese tra Corigliano d’Otranto, Cutrofiano e Botrugno, e tra Sogliano Cavour e Galatina,
composte da Calcareniti mioceniche e del Pleistocene inferiore, coperte da limi sabbiosi
quarzosi di colore rossastro, sono dette “valli morte”, perché sono solcate da erosioni fluviali
inattive (o parzialmente attive) colmate, a loro volta, da alluvioni sabbioso-limose.
- La settima area idrografica è compresa tra Collepasso e Ruffano e si sviluppa, con andamento
centripeto, in una depressione tettonica dove affiorano i sedimenti poco permeabili e di
probabile origine colluviale. La depressione è contornata, a ovest dai calcari cretacei della Serra
di Supersano-Ruffano, a est e a nord da scarpate modellate sulle sabbie del Pleistocene medio,
che a sud perdono gradualmente la loro evidenza morfologica. I reticoli principali sono tre, di cui
uno, che termina nell’inghiottitoio detto Vora Fau, si sviluppa parallelamente alla scarpata di
faglia della Serra di Supersano-Ruffano, dove affiorano i calcari cretacei e le Calcareniti di
Gravina e ai cui piedi si aprono gli inghiottitoi carsici, nei quali defluisce la maggior parte dei
solchi endoreici di questa area.
- L’ottava zona è compresa tra la Serra di Sant’Eleuterio a est e la Serra di Castelforte a ovest.
È composta da reticoli idrografici poco organizzati, che si concludono in inghiottitoi e nel
perimetro di depressioni, come il solco principale che, modellato nel tratto iniziale sulle
Calcareniti del Pleistocene inferiore e nel tratto finale sulla sabbie del Pleistocene medio,
defluisce nel perimetro di un’area depressa a est di Melissano.
Sorgenti
L’acqua sorgiva in punti subaerei e subacquei proviene prevalentemente dalla falda profonda,
la cui acqua dolce, in parte proveniente dai sistemi endoreici, trova varchi per fuoriuscire tra le
3/4
Salento: idrogeologia
Scritto da Marisa Grande
Martedì 14 Aprile 2009 00:00
rocce carsiche carbonatiche formatesi nelle più antiche ere geologiche. Lungo la fascia costiera
salentina si registrano numerosi punti sorgentizi divisi in gruppi che alimentano corsi d’acqua
esoreici.
Per la costa adriatica vi è il Gruppo delle sorgenti Idume e il Gruppo delle sorgenti di Santa
Cesarea. Altre sorgenti, spesso sgorganti in grotta, interessano la costa sud fino a Leuca.
Per l’area ionica vi sono molti punti sorgentizi tra Capo San Gregorio, Gallipoli, Santa Maria al
Bagno e, risalendo lungo la costa verso Taranto, i gruppi delle sorgenti Chidro, Boraco, Riso e
Tara.
Negli ultimi anni, per l’incremento dell’estrazione idrica dalla falda profonda attraverso i pozzi, si
registra un aumento di salinità persino nelle acque di sorgente.
{jumi [javascript/copyleft.html]}
{sharethis} 4/4