RICORDI San Berillo, mon amour Lino Serrano Se ne parla qualche volta. Quando solle citata delle ricorrenti situazioni di allarme sociale m onta la polemica se riaprire le case chiuse orealizzar e eros center o cooperativedi lavoro autono mo o quando gli amministratori cittadini, giustamente preoccupati de l degrado e dell’abbandono, rielaboranoposs ibili progetti di recupero civile di questa sorta di appendice orm ai in necrosi nel cuore della città, s i tor na a parlare del vecchio San Berillo. Cos ì ris polverate dalla memoria emozionanti e im pacciati battes im i di fuoco, addii al celibato, feste della matricolae interm inabili pomeriggi di …flanella riemer gonod alle cronache le antiche e gloriose “ ragioni sociali” e le “regine” tornano ad amm iccare nei vicoli tra effluvi di ammoniaca e permanganato. Quasi che il ve cchio quartiere nell’es alare gli ultimi respiri s ottoi colpi di benna delle ruspe voraci del risanam ento degli anni 50 avesse consegnato alla memoria coltiva e uf ficiale di Catania soltantoliste di “case autorizzate” e l’archiviocompleto della “buon costume”. Sarà certo contento, se un po’ di anim a gli è ancora rimasta, nell’apprendere che l’A rchivio centrale dello Stato, m assimo tempio che custodisce la m em oria della s tor ia civile della Nazione, si è ricordatoproprio del quartiere di San Berillo. Riordinandoed esponendo(la ras segna è stata curata da una equipe guidata da P aola Pozzuoli) , una selezione di im portanti documenti tratti dal fondo archivistico della Società generale I mmobiliare, l’Istituto ha riesumato dal s uo capacissimo caveau, oltre 120 chilom etri di corridoi, di scafali e di contenitori, di buste e di faldoni, alcuni significati esempi dell’attività della storica im presa di costruzioni. Era s tata costituita a Torino al tempo dell’unità d’Italia, poi trasferita a Roma, protagonista nel bene e nel male, dellosviluppo e della ricostruzione del Paes e tra le due guerre, fiore all’oc chiello del lavoro italiano nel mondo, era poi finita negli anni Ottanta nel tritacarne fallimentare delle attività i Michele Sindona. Così insieme alle imm agini della costruzione del palazzo delle as sicurazioni in piaz za Venezia a Roma, dei grandi risanamenti pos t bellici di Brescia o di Livorno dei grattacieli del World trade center di New Yorke di quartieri residenziali di Città del Messicoe di Bogotà uno spazio è dedicato a quella che si puòconsiderare, con la liber azione della città dalla cosiddetta “cintura di ferro” eall’apertura del lungom are, l’opera pubblica più importante realizzata dal dopoguerr a a Catania. Pochi pezzi, si intende; qualche lucido, la planimetria del nuovo corso Sicilia, l’originale dell’attodi costituzione dell’ISTICA redatto negli anni Cinquanta dal notaio Mirone alcune fotografie di stradine, vicoli ed angoli di particolare degrado ma tanto da sus citare ricordi in chi c’ era, inchi ha vissuto in quel quartiere anticoche era certogaglioffo, sfrontatoe malandrino ma era soprattuttovivace, attivo e laborioso. S o n o convinto che i suoi abitanti, ed erano all’incirca 30.000, quando lo abbandonarono a par tire dalla metà degli anni cinquanta lasciandotoponimi strani e s cos cesi come Francalanza, tes sitore, pis trello, roc ca del vento o pastore o mas sarello per piùimpegnativi e altisonanti indirizzi quali Risorgim ento, Aurora, Indipendenzasi portaronovia un po’ del cuore del vecchio San Be rillo in cui ci sarà s tatoc ertamente posto per la s torica “zia” Mattia Abram oola Diana Mascali, per Grazia “a’ piluc ca” o“Alida Valli ma c’era soprattutto per lef armac ie di Benanti, Novelloe Gulis ano, le pasticcerie di Me lardi o di La Rosa, il pastificio Pettinatoe la glutineria di Di Giovanni, letipografie di Gulli e di Leone, le cucine “econom iche” Zappalà e “ l’opera dei pupi” del teatrino Garibaldi del com mendator Nino I nsanguine dove cantava M ario Abbate, sgambettavano le sisters Romeo e il mattatore era CiccinoSineri tra “anello e fede” e“ zi monacella”. E poi ancora il vecchio parroco m onsignor Re ale, padre Bonaccorsi e ungiovanissimopadre Guerrer a, il gigantesco infermiereP ercolla della Croce Ross adi via Ventim iglia, il venditoredi “sponze”di gelsominodell’arena Archim ede, Vittorio “cocco fresco” e Nino il gelataio e poi m ille opifici, magazzini, botteghe di artigiani tra vicoli e cortili nel cuore della città tra piaz za Stes icoro e le scogliere dell’Armisi. Mi las ciavo alle s palle il solenneedific iodi stile imperial-piac entiniano dell’Eur sorpres o dell’omaggio postumo alla grande vicenda cittadina che era stato il risanamento (sognato fin dal tempodi De Felic e e pr evisto anche dal Piano regolatore del 34) e mentr e provavo ad aggiungere qualche didascalia alle immagini che mi tornavano alla mem oria ripens avo alle polemiche, alle battaglie, ai dibattiti, ai contenzios i, alla dolorosa diaspora che loavevanopertantotempoaccompagnat o . Fu allora che sulla lama asfaltata di viale Europa, si ricompose d’un tratto, come in un mosaico il mio q u a r t i e r e . Le stradine contorte, le piaz zette sghembe, i muri diroccati le luci fiochedei lampioni, i palazzotti dignitosi, levoci, le gr ida di mille mestieri, i volti noti e sconosciuti della mia lontana stagione giovanile. Dalla radiodi una autoun Antonello Venditti d’antan s co priva che “c’è un cuore che batte nel cuore di Roma” e io imm aginai che un po’ del cuore del vecchio quartiere fosse rimasto a nche lì sotto i grandi palazzi di Corso Sicilia e battes se ancora tra la f olla indaffarata e distratta della city di quella M ilano del Sud che la Catania degli anni 50aveva sognato. Una mostra sui documenti della Generale Immobiliare all’Archivio centrale dello Stato