Raffreddare componenti elettronici con termosifoni bifase operanti

trasmissione
del calore
di S. Filippeschi,
G. Salvadori
Raffreddare componenti
elettronici con termosifoni
bifase operanti
periodicamente
Un prototipo da laboratorio
Parte prima
I
n molti settori della tecnica il raffreddamento dei componenti elettronici, sia singoli che raggruppati in volumi dedicati (armadi server,
centrali dati, centraline elettroniche ecc) è diventato vincolante per lo
sviluppo dell’applicazione stessa. I sistemi di raffreddamento classici
sfruttano la convezione forzata dell’aria dell’ambiente che viene movimentata con piccoli ventilatori direttamente sul componente da raffreddare. Tuttavia l’incremento della potenza da dissipare e la riduzione
delle dimensioni del componente rendono questo sistema inefficiente.
In molti casi infatti, si deve ricorrere all’impiego di gruppi frigo per raffreddare l’aria movimentata, con ingenti incrementi nella richiesta energetica. In tale ambito si inseriscono i sistemi a trasferimento di calore
che sfruttano fluidi bifase [1].
Essi permettono, con basse resistenze termiche, di trasferire passivamente il calore dal componente elettronico verso altri punti dello spazio, dove le superfici di scambio a disposizione sono maggiori. Questi
sistemi derivano dal tubo di calore [2], [3] e sono riconducibili a sistemi costituiti da circuiti chiusi a condensazione remota. Una loro possibile classificazione è riportata schematicamente in Figura 1. Essi sono
principalmente di due tipi: quelli a circolazione capillare [4], per i quali la prevalenza necessaria alla circolazione del fluido vettore è fornita
dall’azione capillare esercitata da una matrice porosa, e quelli a circolazione naturale, per i quali la prevalenza è fornita dall’azione gravitazionale (termosifoni) [5], [6]. Negli ultimi anni è stato fatto un grande sforzo da parte della ricerca verso la drastica riduzione delle dimensioni di entrambi i tipi di dispositivi, senza peraltro influenzare le loro
prestazioni. Come emerge dalla letteratura tecnica dedicata, i circuiti
bifase maggiormente investigati sono i circuiti a circolazione capillare
(Loop Heat Pipes LHP e Capillary Pumped Loops CPL) [5], [7]. Il limite
principale di tali dispositivi è quello di una lenta risposta dinamica alle
variazioni sia del flusso termico esterno che delle temperature delle sorgenti di scambio [8]. I circuiti a circolazione naturale hanno suscitato
recentemente un rinnovato interesse, soprattutto per la possibilità di
operare, con particolari configurazioni, in regimi di funzionamento
non-stazionari caratterizzati da oscillazioni periodiche delle temperature operative. Proprio queste particolari configurazioni dei circuiti bifase a circolazione naturale manifestano la possibilità di poter operare
anche variando la posizione mutua delle sorgenti di scambio termico
fino ad operare persino in controgravità (sorgente ad alta temperatuIng. Sauro Filippeschi, ricercatore universitario, ing. Giacomo Salvadori, borsista di ricerca, Dipartimento di Energetica “Lorenzo Poggi”, Università di Pisa.
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ra posta a quote superiori rispetto alla sorgente di bassa temperatura).
Fra questi particolari dispositivi annoveriamo i Pulsating Heat Pipes
(PHP), per i quali le oscillazioni delle temperature operative si presentano spontaneamente, ed i Periodic Two-Phase Thermosyphons (PTPT)
[9], [10], per i quali tali oscillazioni sono indotte forzatamente
dall’esterno tramite l’apertura e la chiusura di valvole di controllo. Nei
circuiti bifase a PTPT, il fluido vettore viene trasferito tra due serbatoi
principali: l’evaporatore, posto a contatto con il componente da raffreddare e l’accumulatore, dove la massa liquida, precedentemente condensata, viene accumulata. La circolazione del fluido dall’evaporatore
all’accumulatore viene garantita per squilibri di pressione tra i due serbatoi, che si ripetono regolarmente ed a bassa frequenza (10-2 ÷ 10-2
Hz), per questo le variazioni dei parametri operativi della macchina
assumono caratteristiche di periodicità. L’interesse verso i termosifoni a
funzionamento periodico nasce intorno agli anni settanta del secolo scorso, nell’ambito dello sviluppo di tecniche passive per lo sfruttamento
dell’energia solare. Come riportato in [10], essi infatti possono essere
utilizzati: come trasferitori molari di calore (ad esempio nel riscaldamento e raffrescamento ottenuti con energia solare oppure nello sfruttamento di sorgenti termiche a basso contributo entalpico), come dispositivi di controllo termico per applicazioni terrestri o spaziali, come sistemi di sollevamento di liquido senza spesa di lavoro meccanico.
Un PTPT risulta costituito, oltre che da un evaporatore ed un accumulatore, anche da un condensatore. Il condensatore può essere ubicato
indifferentemente a quote superiori o inferiori rispetto all’evaporatore.
I tre organi sono collegati da tre linee: una linea percorsa dal vapore
in moto dall’evaporatore verso il condensatore, una linea percorsa dal
liquido in moto dal condensatore verso l’accumulatore, ed infine una
linea che consente il ritorno del liquido accumulato verso l’evaporatore.
Nel PTPT del tipo “ad annullamento del salto di pressione” [10] è presente un’ulteriore linea che consente l’equilibrio delle pressioni tra
l’evaporatore e l’accumulatore durante un porzione del ciclo di trasferimento. Il ciclo operativo a regime periodico del PTPT può essere scomposto in due fasi, una fase detta di trasporto all’interno della quale si
ha il passaggio di fluido dall’evaporatore all’accumulatore, ed una fase
detta di ritorno nella quale avviene il passaggio contrario, le fasi sono
scandite dall’apertura e dalla chiusura delle valvole [9]. I dispositivi a
PTPT fino ad oggi studiati hanno tuttavia dimensioni notevoli e le masse di liquido accumulate per ogni periodo risultano generalmente molto grandi, se paragonate a quelle accumulate nel PHP. In questo contesto si inserisce il lavoro di ricerca che da anni viene condotto all’inter-
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trasmissione del calore
no del Dipartimento di Energetica dell’Università di Pisa,
il cui scopo principale è quello di ottenere una drastica
riduzione di scala degli apparati a PTPT finora studiati, per
poi valutarne comportamento
termico e potenzialità di raffreddamento quando applicati a componenti miniaturizzati [11], [12], [13]. Lo scopo
della presente indagine sperimentale è quello di caratterizzare il funzionamento di un
prototipo di PTPT di ridotte
dimensioni che utilizza FC72
come fluido di lavoro, al
variare dei principali parametri operativi e valutare la
sua attitudine ad essere impiegato nel controllo termico
di apparati di piccola scala.
L’articolo si divide in due parti. Nella prima viene illustrato
il prototipo studiato, l’attività
sperimentale svolta e la caratterizzazione teo-rica delle
prestazioni termiche aspettate. Nella seconda parte invece, vengono presentati i risultati di tale attività sperimentale e le prestazioni termiche
rilevate del dispositivo, con
riferimento ad un possibile
impiego nel settore del raffreddamento della componentistica elettronica.
FIGURA 1 - Genealogia dei principali circuiti bifase impiegati come sistemi di controllo termico
Descrizione dell’apparato sperimentale
L’apparato completo, oggetto dell’analisi sperimentale è schematizzato in Figura 2. Esso risulta composto dal prototipo PTPT di piccole dimensioni e da tutta la strumentazione necessaria alla conduzione delle prove ed dei rilievi sperimentali. Le scelte progettuali relative alla struttura
realizzata sono state tutte guidate dall’esigenza di avere caratteristiche
tecniche utili per l’impiego del PTPT come dispositivo di controllo termico per apparati elettronici di piccola scala.
Il prototipo realizzato opera in controgravità con le modalità classificabili tra le macchine dette “ad annullamento del salto di pressione” [10],
la fase di ritorno del fluido refrigerante avviene dunque per annullamento del salto di pressione tra evaporatore ed accumulatore, ottenuto
mettendo in comunicazione i due serbatoi attraverso l’apertura delle due
elettrovalvole H (figura 2). È opportuno notare che, una volta annullato
il salto di pressione, la spinta che movimenta il liquido viene generata
dall’accelerazione gravitazionale, per effetto delle differenti quote dei
due serbatoi. Dunque, in assenza di tale campo di forza, per ottenere
il ritorno del condensato in un PTPT così configurato, sarebbe necessario sostituire l’azione della forza peso con una differente forza (ad esempio una forza di tipo capillare ottenuta inserendo una matrice porosa
nella linea del ritorno del liquido). L’ingombro del prototipo realizzato
è tale da poter essere inserito all’interno di un case middle tower (dimen-
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sioni 340x180x320 mm) di un comune personal computer. L’evaporatore è costituito da un serbatoio di alluminio AISI 316S, di forma assialsimmetrica e con un volume di circa 0.25 l. Il componente da raffreddare viene simulato da una termoresistenza, disposta su di un piano
orizzontale e posta a contatto con la parte inferiore dell’evaporatore,
Figura 2. La parte inferiore dell’evaporatore, che separa fisicamente la
termoresistenza dal fluido vettore, è realizzata con una massa di rame
(definita nel lavoro come dissipatore).
La scelta del rame è stata fatta grazie alla sua elevata conducibilità termica, visto che deve trasferire il calore dalla termoresistenza al fluido.
Il condensatore è il componente nel quale, se correttamente dimensionato, viene dissipata la quasi totalità della potenza termica fornita dalla termoresistenza al fluido vettore. Esso può essere posizionato indifferentemente a quote superiori o inferiori all’evaporatore. Il condensatore è costituito da un parallelepipedo in alluminio le cui dimensioni risultano 80x70x40 (WxLxH) mm e possiede una superficie alettata attraverso la quale fluisce un flusso d’aria movimentato da un ventilatore. Sul
lato opposto del parallelepipedo, rispetto alla superficie alettata, è stata invece ricavata una serpentina a sezione quadrata 4x4 mm, attraverso la quale fluisce il fluido vettore. La lunghezza complessiva della
serpentina è di circa 500 mm. Grazie all’utilizzo di una superficie in
policarbonato Lexan, che sigilla la serpentina, è possibile osservare il
tipo di moto all’interno del condensatore. Il terzo organo che costituisce
67
trasmissione del calore
FIGURA 2 - Schema complessivo dell’apparato sperimentale
il termosifone è l’ accumulatore. Esso è posto ad una quota superiore
all’evaporatore, in modo tale da consentire il ritorno del condensato
accumulato. Questo serbatoio è realizzato in alluminio AISI 316S con
volume di circa 0,08 l. Esternamente all’accumulatore è posizionato un
indicatore di livello a colonna graduato, direttamente connesso, che ne
rivela costantemente il livello di riempimento.
Nella parte superiore dell’accumulatore sono alloggiati i dispositivi per
consentire il collegamento con condensatore ed evaporatore. Sempre
sulla parte superiore del serbatoio, utilizzando lo stesso foro di uscita
del collegamento con evaporatore, è posizionato un rubinetto utilizzato per il riempimento dell’apparato sperimentale e per l’evacuazione dei
gas incondensabili. Sulla parte inferiore del serbatoio è invece presente il dispositivo per collegare la linea di ritorno del condensato.
L’accumulatore non è termicamente isolato rispetto all’ambiente esterno, quindi non ha funzione di semplice accumulo ma di fatto può operare come terzo elemento di scambio. Il sistema di alimentazione di
potenza è rappresentato schematicamente in Figura 2, la tensione alternata, prelevata dalla rete elettrica a 220 V, viene utilizzata per alimentare tre dispositivi: una pompa a vuoto e due alimentatori di tensione
continua. La pompa a vuoto è collegata al prototipo di PTPT come indicato nella Figura 2. Essa viene impiegata esclusivamente durante la fase
di preparazione alla prova, per rimuovere i gas incondensabili presenti all’interno del PTPT. L’alimentatore di tensione continua stabilizzata è
il modello Agilent 6575A, che è in grado di fornire tensione continua
nell’intervallo 0÷120 V con un limite sulla massima corrente erogabile
di 18 A. L’alimentatore ha un voltmetro ed un amperometro integrati
che consentono la visualizzazione in tempo reale della tensione e della
corrente erogate. Esso può inoltre essere programmato controllando i
valori della tensione continua con accuratezza di ±4 mV e quelli della
corrente con accuratezza di ±1 mA.
L’alimentatore in questione fornisce la potenza elettrica alla termoresistenza, la quale, per effetto Joule, genera calore simulando la presenza di un componente elettronico. La termoresistenza utilizzata è il modello MICA HM6807. Essa ha forma circolare di diametro pari a 38 mm,
dissipa calore sulla sua superficie superiore, mentre sulla superficie inferiore è dotata di uno strato di materiale termicamente isolante. La sua
resistenza elettrica nominale è di 3,9 Ω. Con la configurazione scelta è
possibile dissipare flussi termici variabili nell’intervallo 0-60 W/cm2,
con temperatura massima di esercizio pari a 225 °C. Il secondo alimentatore, eroga una tensione continua a 12 V. Esso possiede due linee
in uscita, una delle quali continuamente alimentata ed utilizzata per fornire la potenza elettrica necessaria al funzionamento dei trasduttori di
68
pressione. L’altra linea in uscita serve invece per fornire la potenza utile all’apertura delle elettrovalvole. L’alimentazione di questa linea è dunque intermittente e può essere regolata manualmente, attraverso un
interruttore, oppure automaticamente, grazie alla presenza di un timer
digitale. Il timer può essere programmato al fine di stabilire gli intervalli di tempo di alimentazione o meno della suddetta linea. Le principali
misure effettuate durante l’attività sperimentale sono misure di temperatura e pressione. La pressione all’interno dell’evaporatore e del serbatoio di accumulo vengono misurate attraverso l’impiego di traduttori
di pressione. I trasduttori sono del tipo a sensore piezoresistivo al silicio, della ditta Druck. Il sensore è integrato in un corpo in acciaio inox
con saldature laser ed è isolato dal mezzo di misura da una membrana in Hastelloy. L’intervallo di temperatura operativo, per questo strumento, va da -40 a +100 °C, il segnale di uscita è in corrente continua
variabile tra 4 e 20 mA. L’intensità di tale corrente è direttamente proporzionale alla pressione assoluta. Il tempo di risposta alle variazioni
di pressione è di circa 1 ms.
L’intervallo di pressioni misurate va da -1 a +2,5 bar relativi. La sua
accuratezza è pari allo 0.25% del valore di fondo scala. Una serie di 5
termocoppie viene utilizzata per misurare le temperature nei punti specificati nella Figura 2. Le termocoppie impiegate sono di tipo T (ramecostantana) del diametro di 0,5 mm rivestite con acciaio. In particolare
le termocoppie misurano le seguenti temperature:
- temperatura della massa in rame 1.5 mm al di sotto della superficie
di scambio con il fluido vettore (termocoppia T1);
- temperatura del fluido vettore, fase liquida, all’interno dell’evaporatore (termocoppia T2);
- temperatura del fluido vettore, fase aeriforme, all’interno dell’evaporatore (termocoppia T3);
- temperatura del fluido vettore, fase liquida, all’interno dell’accumulatore (termocoppia T4);
- temperatura del fluido vettore, fase aeriforme, all’interno dell’accumulatore (termocoppia T5).
Una ulteriore termocoppia, di caratteristiche analoghe alle precedenti,
viene impiegata per misurare la temperatura dell’ambiente di prova. I
dati rilevati dai trasduttori di pressione e dalle termocoppie vengono
inviati ad una scheda di acquisizione programmabile la AGILENT
modello 34997 OA, che possiede una frequenza di acquisizione massima di 3 Hz. La scheda di acquisizione opera automaticamente la compensazione del giunto freddo delle termocoppie. L’accuratezza complessiva (sonda più algoritmo di conversione da tensione a temperatura) con cui vengono effettuati i rilievi di temperatura è pari a ±0,5 °C.
La frequenza di acquisizione impostata durante l’attività sperimentale,
sia per i rilievi di pressione che per quelli di temperatura, è pari a 1/3
Hz. Infine un indicatore di livello viene utilizzato per monitorare il volume di liquido presente all’interno dell’accumulatore. L’indicatore di livello è collegato direttamente al serbatoio e possiede una scala graduata
con intervallo di graduazione pari a 1 mm.
Analisi del ciclo di trasferimento
Per effettuare l’indagine sperimentale è stata definita una configurazione di riferimento del prototipo di PTPT. La configurazione assunta come
riferimento prevede:
- un dislivello percorso dal fluido in controgravità Htot pari a 0,5 m;
- un dislivello tra l’ingresso del condensatore ed il piano orizzontale
della superficie dissipante HC pari a -0,2 m (il segno negativo indica
che il condensatore è situato più in basso rispetto alla superficie dissipante dell’evaporatore);
- un coefficiente di riempimento iniziale Ø dell’apparato pari al 15%
(il volume interno complessivo dell’apparato risulta circa 344 ml);
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- un volume di liquido VT presente all’interno dell’evaporatore, e quindi trasferito all’accumulatore durante il ciclo, pari a 25 ml (misurato
a temperatura ambiente).
A partire da questa configurazione, sono state effettuate una serie di
prove volte a caratterizzare il comportamento del prototipo in 35 differenti condizioni operative. Esse saranno descritte in dettaglio nella
seconda parte di questo lavoro.
Le condizioni operative si differenziano per il valore della potenza termica dissipata Q’E oppure per la variazione, rispetto alla configurazione di riferimento, di uno dei seguenti parametri:
- differenza di quota tra la superficie dissipante e l’ingresso del condensatore HC;
- volume del liquido trasferito dall’evaporatore all’accumulatore per
ogni ciclo VT.
Per tutti i test effettuati e descritti in questo lavoro, il prototipo di PTPT è
stato in grado di raggiungere il funzionamento a regime stabilizzato,
operando anche con quantità di fluido circolante molto esigue (VT=3 ml).
Il ciclo periodico tipico, una volta raggiunto il regime stabilizzato, è rappresentato nella figura 3, dove le temperature riportate sono quelle sperimentalmente misurate dalle 5 termocoppie inserite nell’apparato.
L’analisi degli andamenti delle temperature, ottenute per il ciclo a regime stabilizzato, evidenzia forti analogie qualitative rispetto agli stessi
andamenti ricavati per PTPT di grande scala [14]. All’interno di ogni singolo ciclo è possibile riconoscere un intervallo di tempo caratterizzato da
graduali variazioni dei parametri operativi (intervallo di tempo indicato
nella Figura 3 con il numero 2) ed un intervallo nel quale le variazioni
dei parametri sono brusche (intervalli indicati con i numeri 1 e 3). La durata degli intervalli di tempo con brusche variazioni dei parametri operativi risulta contenuta tra 0,01 τc e 0,35 τc per tutte le prove effettuate, dove
τc rappresenta la durata complessiva del ciclo a regime stabilizzato. Il
ciclo periodico comincia con la chiusura delle elettrovalvole, una volta
svuotato l’accumulatore. Il flusso termico fornito all’evaporatore produce il passaggio di stato del fluido vettore, che subisce una compressione
assimilabile ad una trasformazione isovolumica (intervallo di tempo
numero 1, Figura 3). Questa fase operativa viene definita fase di compressione. La fase di compressione termina quando il vapore a monte del
condensatore raggiunge la pressione data dall’equazione (1)
PE = PA + ρl·g·Htot + ∆PE→A
(1)
dove PE rappresenta la pressione di saturazione relativa alla temperatura dell’evaporatore TE, in questo lavoro ricavata come media aritmetica dei valori misurati dalle termocoppie T2 e T3; PA rappresenta la pressione di saturazione relativa alla temperatura dell’accumulatore TA
(media aritmetica dei valori misurati dalle termocoppie T4 e T5); PE A
rappresenta le perdite di carico legate al moto del fluido, che in controgravità viene spinto verso l’accumulatore.
Quando la condizione espressa dall’equazione (1) viene raggiunta, la
pressione PE è sufficiente a spingere il liquido nell’accumulatore, l’evaporatore viene gradualmente svuotato e l’accumulatore riempito. Questa
fase operativa (intervallo di tempo numero 2, Figura 3), nella quale avviene il vero e proprio trasferimento di fluido, termina con il completo svuotamento dell’evaporatore ed è definita come fase di trasferimento. Una
volta che l’evaporatore sia completamente svuotato, si osserva un brusco
aumento della temperatura della superficie del dissipatore a contatto con
il fluido, sperimentalmente misurata attraverso la termocoppia T1, e contemporaneamente una diminuzione della temperatura TE. Le elettrovalvole vengono dunque aperte, la pressione nell’accumulatore aumenta,
quella nell’evaporatore continua a diminuire ed avviene il ritorno del condensato (intervallo di tempo numero 3, Figura 3). Quest’ultima fase è detta di ritorno. Le fasi operative di compressione e trasferimento sono carat-
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FIGURA 3 - Andamenti delle temperature durante
il ciclo periodico a regime stabilizzato di un PTPT
terizzate dal funzionamento della macchina con valvole chiuse, la loro
durata complessiva viene indicata con il simbolo τt, che indica il tempo
complessivamente necessario per il trasporto del fluido. Al contrario la
fase operativa di ritorno è caratterizzata dal funzionamento con valvole
aperte, la sua durata è pari a τc- τt.
Caratterizzazione teorica
delle resistenze termiche
In dispositivi che funzionano a regime non stazionario è quantomai improprio pensare di schematizzare il processo termico attraverso analogie elettriche con circuiti esclusivamente resistivi. Tuttavia in dispositivi
che operano a regime periodico stabilizzato è possibile utilizzare
l’analogia elettrica con circuiti esclusivamente resistivi purché riferendosi alle temperature medie di ogni ciclo dei singoli componenti.
Il termosifone bifase operante periodicamente presenta una resistenza
termica globale, che prima di essere definita, merita alcune considerazioni preliminari. Il termosifone è una macchina termica a tre sorgenti
che dissipa il calore immesso ad alta temperatura verso due sorgenti;
una a bassa temperatura e una a temperatura intermedia. In molti casi
esse possono essere diverse [15], ma in questo caso temperatura intermedia e temperatura della sorgente fredda coincidono. In questo caso
si può quindi individuare una catena di resistenze del dispositivo così
come riportato nel disegno schematico proposto in Figura 4.
La prima resistenza termica RE rappresenta la resistenza legata allo
scambio termico tra la superficie del dissipatore ed il fluido vettore; esso
è generalmente uno scambio termico di tipo ebollitivo. La resistenza RC
rappresenta la resistenza termica legata allo scambio termico tra il fluido vettore e la sorgente fredda nella sezione del condensatore. Nel caso
in cui lo scambiatore presenti anche una sezione di sottoraffreddamento, la resistenza RC sarebbe composta da una serie numerica di piccole
resistenze, in quanto la temperatura decresce lungo l’asse dello scambiatore. Lo schema di Figura 4, per semplicità, si riferisce ad uno scambiatore con la sola sezione condensante.
La temperatura del fluido può decrescere a causa della differenza fra la
pressione di saturazione esistente nell’evaporatore e nell’accumulatore.
Tale differenza di pressione dipende, come già chiarito dall’equazione
(1), dalla lunghezza del tratto che il liquido percorre in controgravità e
dalle perdite di carico. In questo caso è possibile definire una resistenza
termica atipica Rg che mette in relazione la caduta di temperatura nel tratto in controgravità con la potenza termica dissipata Q’m. Infine il termine
69
trasmissione del calore
Dall’equazione (1) si nota inoltre che la temperatura e la pressione di
saturazione del fluido nell’evaporatore dipendono anche dalla densità
e dalla curva di tensione del fluido di lavoro e quindi con basse temperature dell’evaporatore a parità di altre condizioni. Nella seconda
parte di questo articolo saranno presentati i risultati dell’ampia indagine sperimentale eseguita e considerazioni quantitative della possibilità di impiego di un termosifone bifase come elemento di controllo termico di dispositivi elettronici.
Bibliografia
[1]
[2]
[3]
FIGURA 4 - Rappresentazione schematica dei termini
che compongono la resistenza termica globale di un PTPT
[4]
Rm rappresenta la resistenza che caratterizza lo scambio termico che
avviene nell’accumulatore tra il fluido vettore e la sorgente a temperatura
Tf. Nel caso di un PTPT che abbia raggiunto il regime periodico stabilizzato è possibile definire la resistenza termica globale con la formula:
[5]
[6]
(2)
[7]
Nella quale Tw rappresenta la temperatura della parete del dissipatore
e Tf la temperatura della sorgente termica verso la quale il calore viene
dissipato. Nel caso di un PTPT che abbia raggiunto il regime periodico
stabilizzato ed in accordo con lo schema di figura 4 la resistenza termica globale può essere posta nella forma:
[8]
(3)
[9]
[10]
Supponendo inoltre che la potenza termica smaltita dall’accumulatore
sia trascurabile rispetto alla quota dissipata nello scambiatore con la
sorgente fredda, per cui Qm sia circa zero e Rm sia molto maggiore delle altre resistenze termiche, l’equazione (3) diventa:
[11]
(4)
[12]
dove il secondo termine rappresenta la resistenza termica dello scambiatore con la sorgente fredda che può essere definita, nella sua globalità,
come la differenza di temperatura TE-Tf fratto la potenza termica Qf. e cioè:
[13]
(5)
Con le ipotesi sopra espresse la resistenza termica globale dipende
esclusivamente dalla resistenza termica ebollitiva e da quella dello
scambiatore con la sorgente fredda. Scambiatori più efficienti permettono di avere una temperatura di uscita del fluido molto prossima a
quella della sorgente fredda e quindi una temperatura dell’accumulatore più bassa. Il verificarsi di tale condizione permette all’evaporatore di operare con temperature più basse in virtù dell’equazione (1).
70
[14]
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La Termotecnica • Aprile 2009