LA REGOLAZIONE L’ESERCIZIO DEL METABOLISMO DEI CARBOIDRATI DURANTE L’alimentazione di un atleta, cioè di un soggetto che pratica quotidianamente attività sportiva per più di 1 ora con un’intensità pari o superiore al 65% di VO2max, differisce sensibilmente da quella di un soggetto sedentario e anche da quella di uno sportivo cosiddetto “amatoriale”, il quale non raggiunge stabilmente tali livelli d’esercizio. In questi ultimi soggetti le caratteristiche della dieta non dovrebbero differire da quelle della cosiddetta “piramide del mangiar sano” o “dieta mediterranea”, comunemente raccomandata per la popolazione generale. In questi casi una perdita di peso corporeo dovrebbe essere soprattutto valutata in relazione ad un’eventuale perdita idrica per il sudore e dovrebbe essere raccomandato un adeguato apporto di acqua all’incirca con un quantitativo di circa 236 ml ogni 20 minuti (15). La sensazione di fatica (cioè l’incapacità di mantenere un desiderato livello di prestazione) sopraggiunge, con un esercizio ad intensità ≤ 60% VO2max, come risultato della mancanza di interesse, della disidratazione, dell’ipertermia o di traumi ortopedici; con un esercizio ad elevata intensità (≥ 90% VO2max), la fatica è collegata alle conseguenze della contrazione muscolare e all’aumento della lattacidemia; con un esercizio al 65-85% di VO2max la fatica compare parallelamente alla deplezione del glicogeno muscolare ed è direttamente proporzionale all’iniziale concentrazione muscolare dello stesso. I meccanismi responsabili della sensazione di fatica sono poco chiari, anche se si ammette il concorso di molteplici fattori collegati alla contrazione muscolare, a processi metabolici e a influenze ormonali, neurologiche e psicologiche (15). I carboidrati alimentari costituiscono il principale substrato energetico dell’atleta e dovrebbero rappresentare il 55-60% dell’intero apporto calorico giornaliero, con una quota di amido pari al 40-50% del totale (fig.1). L’apporto energetico supplementare deve essere calcolato per singolo soggetto, adoperando eventualmente le tabelle di consumo energetico (2) (fig.2,3), anche se frequentemente si indica nella pratica quotidiana che un atleta necessita orientativamente di 1500 kcal/h, generalmente per 2-2,5 h, ed un “amatoriale” di 750 kcal/h. I carboidrati (glucosio plasmatico e glicogeno muscolare), insieme ai grassi (acidi grassi plasmatici e trigliceridi intramuscolari), rappresentano per i muscoli le fonti energetiche primarie, mentre le proteine intervengono in maniera significativa soltanto quando le riserve glucidiche sono ridotte a basso livello ed, in queste condizioni, non è possibile indurre un effetto “allenante” (15). L’energia glucidica è depositata, come glicogeno, nei muscoli (150-300 g) (79% del totale) e nel fegato (70-100 g) (14% del totale) e, come glucosio, nel sangue (7% del totale) (15). Nel caso che i glucidi rappresentino la sola fonte energetica metabolizzata durante un 1 esercizio di moderata intensità, le riserve glucidiche sarebbero svuotate in circa due ore (15). Il tessuto adiposo rappresenta il maggior deposito di riserva energetica (in media 15 kg, circa 140.000 Kcal, in un uomo-tipo di 70 kg, normopeso) con una disponibilità di rifornimento molto prolungata nel tempo, raggiungendo teoricamente le 70 ore nel caso di esercizi di moderata intensità. I principali fattori, che determinano quale tipo di substrato è utilizzato dai muscoli durante l’esercizio, comprendono l’intensità dell’esercizio, la durata dell’esercizio, il grado di allenamento e la composizione della dieta. INTENSITÀ Il contributo di carboidrati e grassi varia secondo l’intensità dell’esercizio. Gli sport di sprint, che prevedono utilizzazione energetica per via anaerobia, non sono abitualmente limitati dalla deplezione di glicogeno muscolare, almeno per tempi ≤90 s (15). La + ++ fatica durante gli sprint è attribuita in gran parte all’accumulo di H , P inorganico e forse Mg o alla deplezione di creatinfosfato. Gli sprinter potrebbero comunque beneficiare di una dieta iperglucidica perché esisterebbe un diretto collegamento tra la concentrazione di glicogeno muscolare e l’accumulo di acido lattico durante l’esercizio (15). Il meccanismo che collega i due fenomeni non è ancora chiaro (15). Negli esercizi ad elevata intensità, di breve durata (ad esempio 400m), la fonte energetica è rappresentata soltanto dal glucosio proveniente dal torrente ematico e dalla glicogenolisi muscolare mediante la via glicolitica (acido lattico) con produzione di ATP. L’utilizzazione della via glicolitica comporta una glicogenolisi muscolare 18 volte più veloce rispetto a quella della completa ossidazione del glucosio. Negli esercizi intermittenti aerobici-anaerobici, di durata notevole, come calcio, basket, ecc., la glicogenolisi muscolare è più rapida durante le prime fasi ed è esponenzialmente collegata all’intensità dell’esercizio. Durante un esercizio prolungato a bassa intensità (25% VO2 max) (fig.4), ad esempio camminare, l’energia è fornita principalmente dall’ossidazione degli acidi grassi plasmatici di provenienza adipocitaria (5). Se l’intensità dell’esercizio aumenta dal 25% al 65% di VO2max, in soggetti allenati all’endurance (fig.4), si riduce il ruolo degli acidi grassi plasmatici e si accresce la quota di energia derivata dall’ossidazione dei trigliceridi intramuscolari, fino a pareggiare il contributo tra queste due fonti (14). Pur essendo aumentata la quantità totale, l’energia ossidativa da grassi non è in grado di provvedere a tutto il fabbisogno energetico e circa la metà del totale energetico deriva simultaneamente dall’ossidazione dei carboidrati (14). Durante l’esercizio, è stimolato il sistema nervoso simpatico e sono secrete le catecolamine (epinefrina e norepinefrina) dalle midollari surrenali ed il GH dall’anteroipofisi, mentre è bloccato il rilascio di insulina dal pancreas. Queste variazioni neuro-ormonali promuovono una maggiore ossidazione 2 lipidica e spingono il tessuto adiposo a rilasciare acidi grassi nel sangue. Se l’intensità dell’esercizio aumenta ulteriormente fino all’85% di VO2max (fig.4) (a questi livelli lo sforzo non può essere protratto oltre 30-60 min. nei soggetti allenati), si riduce la mobilizzazione e l’utilizzazione di acidi grassi, mentre è molto stimolata la glicogenolisi e l’ossidazione glucidica, con aumentata produzione di acido lattico, che si accumula nel muscolo e nel sangue ed inibisce la lipolisi dal tessuto adiposo. In queste condizioni l’ossidazione da carboidrati fornisce più dei due terzi dell’energia necessaria, mentre il rimanente proviene dai grassi (14). A questi livelli di esercizio l’utilizzazione dei grassi non è conveniente, perché la lipolisi è un processo lento e non apporta ATP in modo sufficientemente veloce e perché, inoltre, il consumo di ossigeno è più vantaggioso per i carboidrati. Infatti il glucosio fornisce 5,10 kcal per litro di ossigeno, mentre i grassi 4,62 kcal per litro di ossigeno (10). Il glucosio (6 atomi di carbonio) produce 36 ATP, mentre l’acido stearico (18 atomi di carbonio) 147 ATP, con un rapporto apparentemente favorevole all’acido grasso (1,3 volte maggiore). Per ossidare la molecola di glucosio sono necessarie 6 molecole di ossigeno contro le 26 per l’acido stearico; quindi la richiesta di ossigeno per il glucosio è del 77% inferiore rispetto a quella dell’acido stearico (17). E’ ovvio che, durante gli esercizi intensi, quando l’ossigeno scarseggia, l’utilizzazione del glucosio risulta più conveniente per il muscolo. DURATA Maggiore è la durata dell’esercizio, maggiore sarà il contributo dei grassi come combustibile. Dopo almeno 20 min., nell’atleta l’ossidazione glucidica si riduce come conseguenza di una deplezione del glicogeno muscolare e di una diminuzione dell’apporto di glucosio ematico al muscolo. L’atleta è incapace di ossidare grassi a ritmo sufficiente per soddisfare le necessità energetiche di un esercizio a moderata intensità (60-75% di VO2max) ed è costretto a ridurre l’intensità dell’esercizio a livello più basso (30-50% di VO2max), livello dove l’ossidazione da grassi è predominante, sempre che siano presenti alte concentrazioni di acidi grassi plasmatici (6). Un livello minimo di ossidazione glucidica è indispensabile per poter utilizzare i grassi come fonte energetica (“i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”). Sono stati ipotizzati vari meccanismi per spiegare il motivo della limitata capacità del muscolo di ossidare grassi e della sua dipendenza dai glucidi. Uno dei più accettati si riferisce alla parziale inibizione del trasporto degli acidi grassi attraverso la membrana mitocondriale, condizionato dall’attività dell’enzima carnitin-palmitoiltransferasi (8). Negli atleti di endurance (ad esempio ciclisti) che praticano esercizi continui a moderata intensità (60-80% di VO2max) (fig.5) circa il 50% dell’energia proviene dai grassi, inizialmente con uguale contributo dagli acidi grassi plasmatici e dai trigliceridi intramuscolari e tardivamente con una moderata prevalenza degli acidi grassi plasmatici. Il rimanente 50% proviene dai carboidrati, inizialmente con prevalenza del glicogeno muscolare e tardivamente del glucosio 3 ematico. Se i ciclisti assumono bevande zuccherate, ritardano di 1 ora la sensazione di fatica nei confronti di quelli che assumono solo acqua (rispettivamente 4 vs 3 ore di attività) (fig.6). Poiché nell’ultima parte il rifornimento energetico del glicogeno muscolare è molto modesto, ne consegue che l’assunzione di carboidrati rifornisce il glucosio ematico (6). Infatti durante un esercizio costante a circa 75% di VO2max la glicemia rimane costante per circa 2 ore perché la glicogenolisi epatica garantisce il rilascio in circolo di glucosio epatico in quantità equivalente alla sua captazione muscolare; successivamente il declino del glicogeno epatico non è compensato a sufficienza dall'incremento della neoglucogenesi epatica con possibile riduzione della glicemia (15). ALLENAMENTO L’allenamento di endurance facilita l’utilizzazione dei grassi con un possibile risparmio del glicogeno muscolare (10). Sono stati indicati almeno 3 meccanismi mediante i quali l’atleta allenato può migliorare la sua prestazione. a) Il primo meccanismo si riferisce all’incremento della densità capillare e mitocondriale con aumento dell’ossidazione lipidica; b) il secondo alla possibilità di accumulare acido lattico fino a circa il 70% di VO2max; c) il terzo al miglioramento della gittata cardiaca e della capacità di estrazione dell’ossigeno in periferia da parte dei muscoli. Infine l’allenamento aumenta la capacità del muscolo di depositare glicogeno nei muscoli (10). DIETA Una dieta iperglucidica incrementa l’utilizzazione dei carboidrati come fonte energetica, una dieta iperlipidica favorisce l’ossidazione dei grassi (1). Considerato che gli atleti molto spesso svolgono la loro prestazione con un’intensità di esercizio superiore al 70% di VO2max, il rifornimento energetico non può essere garantito da grassi o proteine, ma soltanto dai carboidrati (15). E’ ovvio che per preservare le limitate scorte di glucidi corporei è necessario rifornire l’organismo di carboidrati prima, durante e immediatamente dopo l’esercizio. CARBOIDRATI PRIMA DELL’ESERCIZIO Nel periodo di allenamento è preferibile rispettare la suddivisione energetica secondo lo schema già illustrato precedentemente (fig.1), cercando di incrementare l’apporto glucidico nei pasti precedenti l’esercizio fisico (ad esempio colazione-pranzo nell’allenamento pomeridiano) e di ridurlo nei pasti seguenti (cena) (fig.7-8-9). Alcuni giorni prima dell’esercizio (generalmente sette) gli atleti modificano la quantità di glucidi alimentari consumati, allo scopo di migliorare la prestazione (fig.10). Questo regime dietetico, più conosciuto come “supercompensazione alla svedese” (fig.11), prevede nei primi quattro giorni una dieta nettamente ipoglucidica (fig.12- 4 13)e negli ultimi tre giorni una dieta nettamente iperglucidica(fig.14-15), nell’intento di aumentare i depositi di glicogeno muscolare del 20-40% (5). Attualmente consigliamo di seguire eventualmente una forma più attenuata (nelle 48h precedenti: 70% delle kcal da CHO - pasta, riso, pane, crostate, ecc.) per evitare un’alimentazione squilibrata, spesso non gradita e mal tollerata dall’atleta, che può provocare disturbi gastrointestinali (nausea, diarrea, crampi), particolarmente dannosi nei giorni di gara e pregara (2). La quantità di carboidrati da consumare prima di una gara di endurance varia in funzione della durata, oscillando da 1 a 4,5 g pro kg di peso corporeo (16,18). L’assunzione di 200-300 g di carboidrati (maltodestrine, glucosio, saccarosio) nelle 4 ore pre-esercizio può significativamente migliorare le prestazioni di endurance. In pochi casi è stato riscontrato un asintomatico e non significativo calo della glicemia durante i primi 15 min. di esercizio, verosimilmente collegato ad una più elevata risposta insulinica, seguito comunque da livelli glicemici più elevati per tutta la durata dell’esercizio. Questa risposta suggerisce che i glucidi continuano ad essere assorbiti ad un livello più elevato della captazione di glucosio a livello muscolare (15). In definitiva noi consigliamo un pasto a base di glucidi a basso indice glicemico (spaghetti) a distanza di 3-4 ore dalla gara e assumere bevande zuccherine (4-6% di glucosio, saccarosio, maltodestrine) nell’attesa della gara (2). CARBOIDRATI DURANTE L’ESERCIZIO E’ ormai ampiamente dimostrato che la supplementazione glucidica durante l’esercizio può migliorare le prestazioni di endurance che sono limitate dalla deplezione di carboidrati corporei. Condizione per un’effettiva efficacia sono che l’esercizio deve essere più lungo di 90 minuti e deve essere praticato a ≥70% di VO2max (12). Particolarmente utile è il rifornimento degli atleti allenati alla endurance e più sensibili al calo glicemico (fig.16) (15). Gli atleti di ultraendurance (almeno 4 ore di gara) hanno il maggior fabbisogno di carboidrati e, nel caso di apporti molto elevati (600 g/die), circa il 20-30% del totale energetico deve essere fornito come bevande glucidiche, perché è difficile coprire il fabbisogno energetico con i cibi convenzionali (8). Recenti studi indicano che gli alimenti glucidici possono essere efficaci anche in esercizi intensi (80-90% VO2max) con una durata di 1 ora, mentre non ci sono dati che sia utile la supplementazione glucidica con esercizi a bassa-moderata intensità (40-70% VO2max) di durata inferiore ad 1 ora (5). Alimenti glucidici sono anche utili negli sport intermittenti ad alta intensità, come calcio ed hockey su ghiaccio, che causano fatica per deplezione di glicogeno (5). L’ingestione di carboidrati durante la gara e nell’intervallo portano ad una più alta concentrazione di glicogeno muscolare e a migliorare l’abilità di sprintare nelle fasi finali della partita. Il motivo per cui gli alimenti glucidici migliorano la prestazione in esercizi inferiori alle 2 ore e superiori ad 1ora di durata non è chiaro. Si considera comunemente che il glicogeno muscolare sia depleto dopo circa 2-3 ore di continuo esercizio ad intensità 60-80% VO2 max (5), 5 ma un esercizio ad alta intensità (90-130 VO2 max) ad intervalli di 1-5 minuti seguiti da intervalli di riposo provoca la deplezione dopo solo 15-30 minuti (12). Questo tipo di esercizio è tipico di molti sport. Glucosio, saccarosio e maltodestrine appaiono essere ugualmente efficaci nel mantenere la glicemia e l’ossidazione glucidica e nel migliorare la prestazione (5). La scelta dovrebbe essere basata sulla tolleranza individuale (5). I liquidi sono ovviamente più facili da ingerire durante la prestazione rispetto ai solidi e permettono il rifornimento anche dell’acqua con ulteriore miglioramento della prestazione (3). Le maltodestrine sono particolarmente gradite perché poco dolcificanti e palatabili anche a concentrazioni ≥ 100 g/L (5). Considerando che sono necessari almeno 30 min. per assorbire i glucidi, con tempi di assorbimento inversamente proporzionali alle concentrazioni glucidiche delle bevande (fig.17), è sufficiente quindi un apporto precoce(dopo 15-20 min), ad intervalli regolari (15-20 min), di 600-1000 ml/h, a piccole dosi (150-200 ml), di una bevanda, già utilizzata durante gli allenamenti, appetibile e ad alta digeribilità, contenente il 4-10% di zuccheri, con l’obiettivo di assicurare un rifornimento di circa 1 g/min. (5). Il fruttosio non si è dimostrato ugualmente efficace comparato con glucosio e saccarosio, perché verosimilmente la sua più lenta utilizzazione ed ossidazione come glucosio non è sufficientemente rapida per il rifornimento di carboidrati nella fase tardiva dell’esercizio e per i possibili effetti gastrointestinali (5). Allo stesso modo tutti i cibi a basso indice glicemico apportano scarso beneficio durante l’esercizio. CARBOIDRATI DOPO L’ESERCIZIO La resintesi del glicogeno muscolare alle normali alte concentrazioni è favorita da un adeguato apporto di CHO (fig.18) e si verifica con un ritmo di solo circa 5 mmol ⋅ Kg muscolo ⋅ -1 -1 h , che corrisponde un ritmo del 5% l’ora (5,15). Dunque circa 20 ore sono richieste per ricostituire i depositi muscolari di glicogeno se la dieta è ottimale (5,15). La quantità di zuccheri ad elevato indice glicemico (glucosio o maltodestrine) ottimale è di circa 50-60 g ingeriti nelle prime 2h (5,15). Durante le prime due ore dopo l’esercizio il grado di resintesi muscolare di glicogeno è del 7-8%/h (5,15). Sono preferibili le bevande contenenti glucosio, saccarosio e maltodestrine ad una concentrazione del 6%, con presenza anche di sodio e cloro (30-40 mEq) per compensare le principali perdite saline. La rimozione dell’acido lattico dal muscolo e dal sangue, tramite conversione in glicogeno epatico e muscolare, in glucosio ematico e in acido piruvico, si velocizza, se si effettuano esercizi a bassa intensità. Due ore dopo consigliamo un pasto con almeno 200 g di CHO, anche se non sembrano esserci sostanziali differenze tra pasti piccoli e frequenti e pochi grandi pasti (5). Gli atleti non hanno fame immediatamente dopo un esercizio faticoso e spesso preferiscono bere bevande più che mangiare cibi solidi. Nelle successive 24 ore gli atleti dovrebbero consumare circa 600 g di carboidrati a moderato o alto indice glicemico (5). 6 Nella fig.19 sono riportati alcuni possibili schemi di assunzione di CHO (glucosio, saccarosio, maltodestrine) in funzione della durata dell’esercizio (11). Nella fig.20 sono riportati i contenuti in CHO ed elettroliti di alcune bevande (9). I CARBOIDRATI Ritengo opportuno, dopo avere esaminato i complessi rapporti tra esercizio fisico e carboidrati, illustrare brevemente le caratteristiche chimiche e fisiologiche (struttura, digeribilità, digestione ed assorbimento) di questo grande e complesso gruppo di nutrienti, perché evidentemente gli effetti metabolici degli zuccheri variano a secondo di queste caratteristiche. Gli zuccheri alimentari possono essere suddivisi (fig.21) in monosaccaridi e disaccaridi (per convenzione definiti zuccheri), oligosaccaridi (grado di polimerizzazione pari a 3-9 residui monosaccaridici) e polisaccaridi (≥ 10 residui monosaccaridici). I principali monosaccaridi sono glucosio, fruttosio e galattosio (proveniente dal lattosio), mentre i disaccaridi comprendono saccarosio, lattosio e maltosio. Fra i monosaccaridi alcuni includono gli zuccheri alcolici (sorbitolo, maltitolo, ecc.), presenti in alcuni frutti e, soprattutto, nell’industria alimentare. Gli oligosaccaridi comprendono soprattutto raffinosio e stachiosio (legumi), scarsamente digeribili nel piccolo intestino e attaccati dai batteri colici con produzione di gas, fruttoligosaccaridi (aglio, cipolla, cicoria) in grado di fermentare e favorire lo sviluppo dei bifido-batteri colici, e le destrine derivate dall’amido. Gli amidi sono la maggiore fonte di polisaccaridi vegetali e sono costituiti da amilopectina (grandi molecole fatte da oltre diecimila residui di glucosio con legami α-1-4 e α-16 glicosidici) (70-80% del totale) e da amilosio (molecola più piccola con solo legami α-1-4 glicosidici) (20-30% del totale) (7). La struttura parzialmente cristallina dell’amido, dovuta soprattutto all’amilopectina, determina la suddivisione in tre tipi: l’amido A è termodinamicamente molto stabile e si trova nei cereali, il tipo B è caratteristico di banane, patate e altri tuberi, il tipo C è presente nei legumi (7). La taglia e la natura cristallina dei granuli di amido influenzano la loro suscettibilità agli enzimi idrolitici. In generale i tipi B e C tendono ad essere più resistenti all’amilasi pancreatica (7). Gli amidi (fig.22) sono insolubili in acqua fredda, ma con la cottura si rigonfiano, si rompono e perdono la loro cristallinità, diventando rapidamente attaccabili dagli enzimi. Questo processo, legato alla cottura, è conosciuto come gelatinizzazione; con il raffreddamento l’amido gelatinizzato ricristallizza (retrogradazione) (7). L’amido retrogradato, particolarmente l’amilosio, è più resistente all’attacco enzimatico. Una quantità variabile sfugge alla digestione a causa dell’intervento di fattori intrinseci ed estrinseci: quelli intrinseci dipendono o dalla presenza di una parete cellulare rigida (legumi), o di una struttura granulare (cereali), o dalla preparazione industriale (spaghetti); quelli estrinseci sono la masticazione, il tempo di transito, la concentrazione di amilasi, la quantità di amido e la presenza di altri cibi. L’amido non digerito raggiunge il grosso intestino, dove è fermentato e in parte passa nelle feci. In definitiva si osserva (fig.23) la presenza di un amido rapidamente 7 digeribile (pane, patate e cornflakes), di uno lentamente digeribile (spaghetti e legumi) e di uno resistente (legumi e patate raffreddate). La diversa digeribilità dell’amido sembra altamente correlata con l’indice glicemico degli alimenti. I polisaccaridi non-amido comprendenti cellulosa, emicellulosa, pectine, gomme (gomma arabica), mucillagini (ispagula), polisaccaridi batterici (xantani) e composti sintetici (polidestrosio) sfuggono in gran parte alla digestione nel piccolo intestino e sono attaccati nel colon dalla flora anaerobica, fermentando e producendo acidi grassi a corta catena (7). La prima digestione dei carboidrati inizia nella bocca grazie alla triturazione degli alimenti durante la masticazione e all’azione della α-amilasi salivare (ptialina). Nello stomaco i movimenti peristaltici mescolano gli alimenti e tendono a portare i componenti liquidi verso il piloro, in modo che passino nel duodeno prima dei componenti solidi (7). La velocità di svuotamento dello stomaco è regolata dal grado di riempimento, dall’osmolarità, dall’acidità, dalla presenza di grassi (7). La digestione per via idrolitica è necessaria per l’assorbimento nel piccolo intestino e la successiva utilizzazione dei monosaccaridi (in gran parte glucosio proveniente da amido e saccarosio). L’amido è idrolizzato prima dall’α-amilasi salivare (ptialina) e poi da quella pancreatica, che può rompere i legami α-1-4 glicosidici, presenti nell’amilosio e parzialmente nell’amilopectina, ma non le ramificazioni α-1-6 glucosidiche dell’amilopectina, residuando il maltosio dall’amilosio e una miscela di maltosio, isomaltosio e destrine dall’amilopectina (13). Le destrine sono successivamente idrolizzate dall’enzima saccarosioisomaltasi (7,13). I disaccaridi (lattosio, maltosio e soprattutto saccarosio) sono rapidamente idrolizzati, ad eccezione del lattosio, ed assorbiti più velocemente del solo glucosio. L’assorbimento dei monosaccaridi si verifica sia per semplice diffusione sia con l’intervento di carriers. Mentre (fig.24) il trasportatore del glucosio (Glut 1), sodio dipendente, è responsabile del trasporto attivo del glucosio e del galattosio con quantità equimolari di sodio, contro un gradiente di concentrazione, nel citoplasma dell’enterocita, il fruttosio utilizza il trasportatore Glut 5 e dipende dalla presenza di altri carboidrati dentro il lume intestinale; glucosio, galattosio, saccarosio, amido ne facilitano l’assorbimento, mentre sorbitolo e destrine non hanno nessun effetto (13). Il meccanismo del suo assorbimento non è del tutto chiaro, è più lento e sembra influenzato dal glucosio e dall’aminoacido glicina (fig.25) (13). Risulta comunque evidente che il vecchio concetto che gli zuccheri complessi sono sempre assorbiti più lentamente degli zuccheri semplici è superato, perché i vari tipi di amido possono essere digeriti e assorbiti più o meno velocemente degli zuccheri semplici, e tutto questo condiziona la scelta degli alimenti prima, durante e dopo l’attività sportiva. 8 §-§-§-§-§ Con lo scopo di fornire un’ulteriore e, speriamo, gradita informazione per una maggiore conoscenza in questo campo, riportiamo integralmente il capitolo, dedicato all’alimentazione del calciatore, del nostro volume (2). LINEE GUIDA PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE DEL CALCIATORE Si è tenuto recentemente a Castel Ivano, nel Trentino, un Convegno di Studio su "L'Alimentazione del Calciatore", sotto la presidenza dei Proff. P. CERRETELLI e A. STRATA e con l'attiva partecipazione di numerosi e qualificati studiosi e medici sportivi. I partecipanti, suddivisi in quattro gruppi di studio, hanno provveduto a formulare per la prima volta "Le Linee Guida per una corretta alimentazione del calciatore", che verranno diffuse in forma di documento ufficiale dalla Federazione Italiana Gioco Calcio alle Società affiliate. L'alimentazione del calciatore è stata analizzata nelle varie fasi e cioè nel periodo di allenamento, nella fase pre-gara, durante e immediatamente dopo la partita, nel giorno successivo. Sulla base della considerazione che il calcio rappresenta lo sport più seguito e più praticato in Italia, tanto da essere considerato lo sport nazionale, ci è sembrato opportuno riferire una sintesi degli elaborati dei gruppi di studio, approvati nella seduta plenaria dopo un approfondito e proficuo dibattito. 1 -ALIMENTAZIONE DURANTE L'ALLENAMENTO a) Fase di precampionato L'apporto energetico deve essere personalizzato e può arrivare per elevati carichi di lavoro fino a 50 Kcal/kg peso corporeo/die. La quota proteica, a causa dell'aumento del 9 fabbisogno proteico per l'incremento delle masse muscolari ed il maggior turnover aminoacidico durante gli elevati carichi di lavoro, va innalzata sino a raggiungere un massimo di 2g/kg/die, pari a circa il 15% dell'apporto calorico complessivo. Qualora si decidesse di fare ricorso a supplementazione con aminoacidi ramificati (che comunque non devono superare la dose di 5 g/die), è opportuno ridurre contemporaneamente la quota proteica a 1,5 g/kg/die e somministrare carnitina per favorirne l'utilizzazione. E' indispensabile, in tali circostanze, un attento controllo della funzionalità renale ed epatica. La quota lipidica va mantenuta intorno al 25% delle calorie giornaliere, possibilmente con un rapporto di 1/3 di acidi grassi saturi, 1/3 di monoinsaturi e 1/3 di poli-insaturi. Lo scopo della limitazione della quota lipidica è di controllare e ridurre la massa adiposa e di privilegiare l'assunzione di glucidi, che rappresentano la parte quantitativamente più importante della razione calorica e non devono mai scendere al di sotto del 60% delle calorie totali, con una quota del 15-2O% rappresentata da zuccheri semplici. La preferenza fra gli alimenti glucidici va data a quelli contenenti zuccheri complessi (amido), a più lenta metabolizzazione, quali pasta, riso, pane, ecc. L'apporto di fibre alimentari deve essere assicurato da una abbondante presenza di ortaggi e frutta ed anche da alimenti integrali. Come grasso da condimento va preferibilmente usato olio d'oliva extravergine. Il numero dei pasti deve essere di almeno tre (prima colazione, pranzo, cena), eventualmente integrati con uno o due spuntini (a metà mattino e/o metà pomeriggio), a seconda delle sedute di allenamento. La prima colazione deve essere consumata nelle prime ore del mattino secondo i principi dell'alimentazione all'italiana: - latte o yogurt, preferibilmente scremati, dolcificati con zucchero o miele; in caso di intolleranza al latte, succhi o spremute di frutta. 10 - pane o fette biscottate con marmellata; biscotti, eventualmente merendine tipo frolla o pan di Spagna, oppure cereali soffiati. Il pranzo deve basarsi su un primo piatto di pasta o riso, condito con pomodori, olio d'oliva crudo, parmigiano grattugiato ed eventualmente altri condimenti ed aromi che non ne pregiudichino la digeribilità; carne o pesce; verdure cotte o crude; pane; frutta fresca di stagione. La cena deve seguire le caratteristiche del pranzo, cercando di variare gli alimenti. Lo spuntino deve essere costituito da succhi di frutta, frutta fresca, gelato, tè con biscotti o merendine tipo brioche o pan di Spagna. Con un'alimentazione varia ed equilibrata non si dovrebbero verificare carenze saline e vitaminiche e quindi non è opportuno il ricorso, in questa fase, a prodotti integratori. Questi possono essere invece previsti in casi particolari, in rapporto sia alle possibili perdite a cui vanno incontro gli alimenti con i processi di conservazione e cottura (vitamine idrosolubili e termolabili, minerali come potassio, rame, zinco, ferro, calcio, ecc.), che ad eccezionali condizioni climatiche e/o ambientali. Le bevande a bassa e media gradazione alcolica (vino e birra) possono essere concesse in quantità limitata e controllata (un bicchiere di vino o uno grande di birra, a pasto). Qualora, nel periodo immediatamente successivo al riposo estivo l'atleta presentasse un alterato rapporto massa grassa/massa magra, rispetto al valore "forma", bisogna intervenire con una restrizione dietetica piuttosto che con un incremento del lavoro aerobico di bassa intensità, perché gli attuali indirizzi di preparazione atletica nel calcio privilegiano, in questa fase, il lavoro di potenziamento (forza massimale -> forza veloce -> forza resistente) e il lavoro di potenza aerobica. Il tentativo di diminuire il peso attraverso l'incremento del lavoro di resistenza aerobica a bassa intensità, comporterebbe infatti un rallentamento del lavoro del preparatore atletico. b - Fase di campionato 11 Durante il campionato l'alimentazione deve tendere essenzialmente a mantenere stabile il "peso forma" raggiunto nella fase precampionato. In questa fase, risulta opportuno ridurre l'apporto proteico a quote di circa 1 g/kg/die ed aumentare la componente glucidica. Si dovrà tenere conto, per quanto possibile, della eventuale periodizzazione dell'allenamento. Infatti, gli allenatori di calcio tendono frequentemente a riservare una o due sedute di allenamento più impegnative a metà settimana, ed a diminuire l'intensità del carico (privilegiando cioè gli esercizi di rapidità) nell'approssimarsi della gara. Poiché è noto che il muscolo depleto di glicogeno è in grado di captare una maggiore quantità di carboidrati, può essere opportuno incrementare la quota proteica (entro i limiti prima indicati) a scapito di quella glucidica nei giorni di massima intensità di lavoro e, viceversa, di aumentare progressivamente, nei giorni successivi, la quota glucidica fino alla sera precedente la gara. Le caratteristiche generali dell'alimentazione (suddivisione dei pasti, tipi di alimenti, ecc.) in questo periodo non devono, comunque, discostarsi di molto da quelle del periodo di allenamento precampionato. L'ALIMENTAZIONE PRE-GARA Nel giorno della competizione l'alimentazione dovrà essere particolarmente curata. La PRIMA COLAZIONE è un momento importante per la preparazione alla gara. Deve terminare entro le ore 8,30. Gli orientamenti sono per un'alimentazione all'italiana secondo i seguenti esempi: a) latte (250 ml) con zucchero (20 g) e biscotti o cereali o pane (40-50 g) o 4-5 fette biscottate + pane (40 g) o 4-5 fette biscottate con marmellata (30 g) e burro (10 g) b) spremuta o succo di frutta (200 cc) con 1 fetta di crostata o ciambellone all'italiana e 4-5 fette biscottate con miele (20-30 g) e burro (10 g). 12 c) yogurt (250 g) con biscotti o cereali o pane (50 g) o 4-5 fette biscottate con marmellata o miele (20-30 g) e burro (10 g) e frutta fresca (300 g). Il PRANZO deve essere consumato tre ore prima della gara ed essere particolarmente ricco di carboidrati (non meno del 60%), soprattutto complessi, e con un moderato apporto proteico (non più del 10-12%). Vengono riportate di seguito due esemplificazioni: a) - 120 g di pasta o riso con sugo di pomodoro, 15 g di olio di oliva crudo e 10-15 g di parmigiano grattugiato; - frutta fresca o macedonia di frutta (g 300) e crostata di frutta; b) - 100 g di pasta o riso con sugo di pomodoro, 10 g di olio d'oliva crudo e 10 g di parmigiano grattugiato; - 40 g di formaggio parmigiano e 40 g di prosciutto crudo sgrassato o carne (100-120 g) (cotta alla griglia). - pane (60 g). - frutta fresca (200-300 g) o macedonia o crostata di frutta. L'unica bevanda consentita è l'acqua ed eventualmente una tazzina di caffè, mentre sono da evitare vino e birra. Varianti nel caso che la partita sia: - al mattino resta invariata la prima colazione sopra riportata, ma deve essere consumata due ore prima della gara. - alla sera (ore 20,30) la colazione sarà normale come sopra riportato, mentre il pranzo è preferibile che sia quello riferito nell'esempio b), seguito alle ore 17,30 dal seguente spuntino: - tè con biscotti (6-8) o crostata oppure succhi di frutta con pane (50 g) o 4-5 fette biscottate con miele oppure pane (50 g) con piccole porzioni di parmigiano (30 g) e prosciutto (20 g). 13 3 -DURANTE E SUBITO DOPO LA GARA (FASE DI RECUPERO) Il periodo durante la gara è molto delicato e comprende varie fasi: una fase di riscaldamento, una fase intragara; l'intervallo e la fase immediatamente dopo la gara. a) Fase di riscaldamento: in caso di riscaldamento intenso bisogna integrare con quantità modeste di cibi, a base soprattutto di glucidi: Esempio: 1 o 2 fette biscottate con marmellata 1 fetta di crostata semplice alla frutta 3-4 biscotti a ridotto contenuto o senza grassi (confezionati allo scopo). La reintegrazione dei liquidi persi durante il riscaldamento (in particolare modo nella stagione estiva con clima caldo-umido) va realizzata con 1 o 2 bicchieri di acqua naturale o soluzioni saline isotoniche (glucosio e/o fruttosio o saccarosio o miele o maltodestrine e sali minerali); bevande nervine (tè o caffè). Nell'attesa della gara è consentita l'assunzione frazionata (ogni 15-20') di piccole quantità di acqua (50-70 ml eventualmente con piccole quantità di sali minerali) moderatamente zuccherata (3-4%). b) Durante la partita si può bere o acqua con succo di limone o soluzioni saline isotoniche, eventualmente zuccherate (3-4%). c) Intervallo: è necessaria l'assunzione di acqua e succo di limone, eventualmente addizionata con piccole quantità di zuccheri di facile digeribilità (miele, maltodestrine) ed in alcuni casi, in alternativa, crostata di frutta oppure di soluzioni saline isotoniche, blandamente alcaline e zuccherate (3-4%); se l'atleta e giù di tono, sono consentiti caffè o tè in quantità moderata. d) Dopo la gara : Immediatamente dopo la gara l'alimentazione è molto importante perché deve tendere a ripristinare le scorte energetiche e a smaltire le scorie metaboliche conseguenti allo sforzo fisico. Vanno reintegrate le perdite idrosaline utilizzando soluzioni isotoniche con aggiunta di carboidrati: - spremute e succhi di frutta nella quantità indicativa di 300-500 cc 14 - acqua e succo di limone - consigliabile il consumo di frutta, in particolare mele e banane, perché ricche in potassio e quindi alcalinizzanti. Il pasto dopo la gara deve essere consumato almeno tre ore dopo la competizione ed essere costituito da cibi facilmente digeribili e cucinati nel modo più semplice possibile, come ad esempio: - passati di verdura o minestrone con riso o pasta, con olio crudo e parmigiano grattugiato - carne (pollo, tacchino, vitello) o pesce (lessato o ai ferri) o prosciutto crudo magro - verdura cotta o cruda (e più facilmente digeribile quella cotta) - pane o fette biscottate - frutta - gelato alla frutta. In alternativa, il pasto dopo la gara può essere realizzato con una pizza tipo "margherita" accompagnata da un contorno di verdure, frutta e gelato. Come bevande, oltre ad un'abbondante assunzione di acqua, può essere consentito un bicchiere di vino o un bicchiere grande di birra. 4 - IL GIORNO DOPO LA GARA Il giorno dopo la gara può essere considerato come un giorno di transizione, sia dal punto di vista alimentare che dell'allenamento. Esso infatti rappresenta il passaggio dell'evento gara all'allenamento successivo e dall'alimentazione finalizzata all'ottimizzazione del rendimento, all'alimentazione del periodo di allenamento successivo. Esso deve consentire il recupero definitivo ed il ripristino completo del complesso delle energie, sia fisiche che psichiche, spese durante la gara. Le problematiche nutrizionali del giorno post-gara risentono delle differenti condizioni di orario e sede della gara stessa. E' opportuno indicare ugualmente linee generali di corretto comportamento nutrizionale senza privare del tutto l'atleta del necessario momento di scarico, anche psichico, dopo l'impegno agonistico. L'alimentazione del 15 giorno post-gara deve essere finalizzata al completamento del ripristino delle scorte di glicogeno muscolare ed al rifornimento della adeguata quota proteica e lipidica. A tale proposito può essere proposto una razione calorica giornaliera totale di 2.200/2.500 Kcal, quindi più ridotta rispetto al periodo dell'allenamento, suddivisa in quote percentuali del 15% per le proteine, del 20% per i lipidi e del 65% per i glucidi. La distribuzione della razione alimentare nell'arco della giornata deve rispettare i criteri già riferiti per l'alimentazione durante il periodo di allenamento. 16 BIBLIOGRAFIA 1) ARSENIO L.: Gli alimenti lipidici. Med Sport 49, 403-408, 1996. 2) ARSENIO L, STRATA A.: Alimentazione ed esercizio fisico. Ed. Barilla G. e R. F.lli, Parma, 1995 3) BELOW PR, COYLE EF: Fluid and carbohydrate ingestion indipendently improve performance during 1 hr of intense exercise. 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