Trimestrale di analisi economica Luglio 2015 Documento preparato per i collocatori di . Non può essere distribuito alla clientela. UN ENORME CONTO IN PARTITA DOPPIA LA REFLAZIONE Il mondo degli investimenti è attualmente un enorme conto in p E se le ambizioni delle banche centrali dovessero avverarsi? L’inflazione — dove ogni credito ottimismo èÈcontrobilanciato dal aumenta edoppia la disoccupazione scende a livellidi“ragionevoli”. lo scenario un debito Unairipresa dell’economia globale guidat reflazionistico: questodistruttivo. rapporto esamina vari modi in cui può verificarsi, ognuno dei quali ha un impatto del tutto allocation.dalla possibil settore manifatturiero può diverso essere sull’asset controbilanciata stretta fiscale sulla crescita dell’economia statunitense dai tagli Nel nostro quadro della ripresa contempliamo quattro scenari (Figura 1). alle spese (“sequester”). Inoltre, lada fine in Eu Il più probabile sembra essere quello caratterizzato unadella debolerecessione ripresa miglioramento degli squilibri economici all’interno dell’area Eur sia della domanda che dell’offerta. Ma in seguito alla scarsa produttività del lavoroessere il calosoppesati della disoccupazione viene assorbito rapidamente, rispetto al rischio di una rinnovata crisi dell’Eu incrementando i costi unitari del lavoro. proveniente da Italia, Spagna dopo la crisi Cipriota.. La questione diventa allora se le aziende riescono a ricaricarli; se ci riescono, l’inflazione aumenta e i mercati obbligazionari crollano, se Lacirisoluzione del baratro invece non riescono, crollano gli utili. fiscale americano, il cosiddetto “fisca rinvio del confronto finale in relazione al tetto del debito ha per Supponiamo che la di banche centrali riescano nelloMa scopo di faraaumentare mercati respirare più a lungo. dietro ciò vi è il rischio l’inflazione e far scendere la disoccupazione a livelli “ragionevoli”. che alla i prelievi fiscali potrebbero aumentare l’impatto fis Potremmotermine mettere fine tesi dell’impatto della reflazione affermando a 2,5 puntitutti percentuali del Prodotto Lordo (PIL). Sare che il valore di quasi gli asset diminuirà perché Interno il costo del capitale aumenteràcolpo e il valore attuale di delcrescita reddito futuro scenderà. Inoltre, una alle ipotesi americana e globale. Questo è il p conseguenza ancora più netta sarebbe che la rivalutazione del debito, problema con il potenziale di sabotare l’ottimismo. che è aumentato dall’inizio della crisi nel 2007, penalizzi i debitori (che consumano e investono) a beneficio dei risparmiatori (che non sono tempo ci vorra affrontare l’aritmetica fatale(nel del dilemm altrettantoPiù attivi su questi due ad fronti) causando un vacillamento migliore dei casi) o un peggioramento dellasarà ripresa economica. americano, più improbabile qualsiasi soluzione radicale. C risultato che gli Stati Uniti avrebbero davanti la loro crisi del de Ma non è un’analisi esaustiva. Per cominciare, il “successo” della sovrano. politica monetaria nella creazione di inflazione e posti di lavoro non si verificherebbe simultaneamente ovunque. Gli USA partirebbero per primi e l’Eurozona per ultima, con il Giappone in intrappolato in mezzo. L’ottimismo Europa rimane connesso allo Net balances with the Eurosystem/Target 2 (€ bn) Ma dobbiamo entrare maggiormente nel dettaglio. Lo spauracchio dell’attività economica. Da lì partono le rifo della deflazione è causato dall’eccesso di capacità e di lavoro sul mercato e dell’austerità che portano notevol miglioramenti della competitività e degli squi paesi periferici. 1200 Germany, Netherlands, Luxembourg, Finland 800 Figure 1. Source: Eurocrisis Monitor Sep‐12 Jan‐12 May‐12 Sep‐11 May‐11 Jan‐11 Sep‐10 May‐10 Jan‐10 Sep‐09 Jan‐09 May‐09 Sep‐08 May‐08 Jan‐08 Sep‐07 Jan‐07 May‐07 Disclaimer ARCA SGR SpA. Via Disciplini 3, 20123, Milano. La presente 400 pubblicazione è prodotta da Independent Strategy e distribuita da ARCA SGR. 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E naturalmente il risparmio è superiore alle esigenze di investimento, motivo per cui la domanda totale è troppo scarsa. Dobbiamo concettualizzare la possibilità di uscire da questo impiccio, che si verifica traducendo il risparmio eccessivo in domanda. Come potrebbe accadere? Per la risposta, esaminiamo il quadro della ripresa economica (Figura 1). Figura 1. Fonte: Independent Strategy Se la ripresa avvenisse attraverso una rapida reazione sul versante dell’offerta e della domanda, i tassi di interesse aumenterebbero ma i rischi di inflazione sarebbero relativamente bassi, quindi le Banche Centrali (BC) farebbero salire meno i tassi e la sostenibilità della crescita sarebbe buona. Così alcuni mercati debitori (come l’Europa periferica e i mercati emergenti (EM)) vedrebbero migliorare la sostenibilità del loro debito. Questo potrebbe influire sugli spread creditizi ma i principali mercati obbligazionari investment grade assisterebbero a rendimenti superiori. Le BC “normalizzerebbero” la politica ma solo gradualmente. L’azionario andrebbe bene perché i multipli potrebbero contrarsi (con l’aumento del costo del capitale), ma i guadagni futuri sarebbero buoni. Se la domanda dovesse riprendersi rapidamente ma l’offerta solo lentamente in termini di produttività e capacità di espansione, emergerebbe un quadro completamente diverso. I rischi di inflazione sarebbero decisamente superiori. Le BC dovrebbero aumentare la stretta. La sostenibilità del debito peggiorerebbe perché la crescita futura diventerebbe estremamente ciclica e il costo del capitale attuale sarebbe in aumento. E le azioni verrebbero schiacciate a causa del rischio che l’aumento dei costi unitari del lavoro intacchi i margini e l’inflazione e il costo più alto del capitale riduca il valore degli utili futuri. Se tuttavia l’offerta dovesse esplodere senza una risposta adeguata della domanda, le BC rimarrebbero in standby o qualcosa del genere. I rischi di inflazione rimarrebbero molto bassi. Le azioni reggerebbero al cambiamento perché la produttività del lavoro e del capitale aumenterebbe, quindi i margini non ne risentirebbero troppo. Ma, considerata la scarsa crescita della domanda e l’inflazione bassissima, la sostenibilità del debito non migliorerebbe molto. 2 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment Infine, (ed è quello che abbiamo in questo preciso momento) se la domanda e l’offerta continuano con una ripresa insufficiente, che cosa accade? L’offerta supplementare di lavoro viene assorbita, perché la produttività del lavoro rimane scarsa. In ultima analisi, questo fa aumentare i salari. L’inflazione da costi erode i margini. Le azioni soffrono. Si tenta una normalizzazione della politica monetaria ma vi sono frequenti inversioni di rotta. Questo scenario non aiuta affatto la sostenibilità del debito perché la crescita reale e nominale è troppo scarsa. E la normalizzazione della politica monetaria rischia in qualsiasi momento di farci crollare addosso la montagna di debiti. Quindi ad ogni tentativo di aumentare i tassi corrisponde un calo delle speranze economiche, che causa molti tentennamenti e indecisioni da parte dei comitati preposti alle politiche monetarie. Per inciso, traduciamo questa scenario con lenta crescita della domanda e scarsa produttività dell’offerta in un quadro azionario - con ramificazioni macroeconomiche. Supponiamo che un’azienda sia riuscita a sopravvivere alla crisi finanziaria internazionale conservando un operaio specializzato che produce un’unità al giorno e viene pagato 100. Adesso che la domanda è migliorata, la direzione vuole raddoppiare la produzione portandola a due unità al giorno. Per fare questo deve assumere forza lavoro (ha mezzi sufficienti). La nuova forza lavoro è molto meno produttiva di quella vecchia (per inesperienza o perché è specializzata in un lavoro diverso o semplicemente è stata per troppo tempo senza lavoro). Così l’azienda deve assumere altre due persone per produrre l’unità supplementare. La direzione però può pagare ai due neoassunti un salario inferiore a quello del vecchio dipendente (diciamo il 70%). Così la produzione è raddoppiata ma i costi del lavoro sono saliti da 100 a 240, per cui i costi unitari del lavoro sono aumentati del 20% (ossia la produzione raddoppia ma i salari aumentano del 140%). Il motivo per cui usiamo questa semplificazione è che contiene due messaggi per gli investimenti. Primo, in una situazione di scarsa ripresa sul fronte dell’offerta, a cui corrisponde una debole crescita della domanda, non occorre l’inflazione dei salari per avere inflazione, in termini di costi unitari del lavoro. Secondo, se questo accade, due sono i possibili risultati: o le aziende ricaricano questi costi e d’improvviso aumenta l’inflazione da produzione o i margini di profitto diminuiscono e con loro i prezzi delle azioni. Ci sarà probabilmente un insieme delle due 3 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment cose: un’inflazione sufficiente a costringere le BC ad agire e un’erosione dei margini di profitto sufficiente a preoccupare chi investe nell’azionario. Ma si può altrettanto razionalmente scegliere un altro quadrante del “quadro della ripresa”? Questo è un mondo caratterizzato da una notevole volatilità, è evidente. Ma è anche un mondo in cui è tempo di assicurarsi contro i movimenti del costo del capitale. LA DISUGUAGLIANZA E LA TRANSIZIONE RIVOLUZIONARIA Negli ultimi tre decenni molto è stato scritto sull’aumento della disuguaglianza e il dibattito ha raggiunto il culmine l’anno scorso con la pubblicazione del saggio di Thomas Piketty “Il capitale nel XXI secolo”, che fondamentalmente delinea come la crescita di ricchezza del primo 1% della popolazione sia avvenuta a spese del normale lavoratore e propone una semplice conclusione, ossia che si tratta di un fatto negativo. E questa disuguaglianza non è un caso, bensì una caratteristica del capitalismo che si può invertire soltanto attraverso l’intervento dello stato. La soluzione: la ricchezza dovrebbe essere ridistribuita attraverso una qualche sorta di tassa internazionale. Il dibattito viene affrontato da una prospettiva equilibrata di uguaglianza o, secondo alcuni, da una posizione di invidia. Eviteremo completamente la polemica della discussione per esaminare un punto che in genere Piketty e la maggior parte di coloro che prevedono un disastro imminente non considerano affatto. Ossia che i cambiamenti della distribuzione della ricchezza sono in realtà una componente essenziale dell’evoluzione dell’economia, parte di un ciclo del tutto naturale. Si tratta di un meccanismo di riequilibrio attraverso il quale l’economia può passare allo stadio successivo, più avanzato, senza le perdite che la società subirebbe se la ricchezza fosse più equamente distribuita. È una cassaforte per il PIL o un meccanismo di risparmio a lungo termine per la società, anche se esiste in termini generazionali, non nell’arco di una carriera o di un ciclo elettorale. Una netta disuguaglianza è stata una dei segni distintivi della rivoluzione industriale. Quasi tutti si concentrano sul modo in cui questo periodo ha trasformato il tenore di vita, come in effetti ha fatto. Ma il contadino non è passato immediatamente dal campo al telaio manuale e al comando della macchine nella fabbrica alimentata a vapore. In tutto questo periodo ci fu un notevole sconvolgimento della forza lavoro. La rivolta luddista e 4 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment i ricoveri di mendicità vittoriani ci ricordano questa evoluzione spesso scomoda. E le grandiose case costruite dagli industriali durante questa trasformazione, con decine di servitori a disposizione, evidenziano come i ceti superiori godessero di una notevole prosperità. La forza lavoro ha gradualmente sviluppato nuove competenze per svolgere i ruoli necessari nella nuova economia industriale urbanizzata. E le pessime condizioni sopportate dai poveri nelle baraccopoli cittadine hanno portato alla creazione di infrastrutture (per esempio servizi igienici) e alle reti di sicurezza sociale che oggi diamo per scontati. Figura 2. Fonte: Independent Strategy Figura 3. Fonte: BLS, Independent Strategy Questa teoria trova la più semplice espressione nella curva di Kuznets (Figura 2), che ipotizza che man mano che l’economia si sviluppa, le forze di mercato inizialmente incrementano e poi riducono la disuguaglianza. Tutto questo è accaduto nel corso di varie generazioni e, malgrado l’iniqua distribuzione della ricchezza, l’economia è cresciuta a un ritmo senza precedenti durante tutto il periodo. L’economia degli anni ’30, prima della Depressione, aveva caratteristiche simili (una rapida crescita sostenuta dall’elettrificazione, accompagnata da elevati livelli di disuguaglianza) e l’economia di oggi non è molto diversa. I lavoratori vengono nuovamente rimpiazzati; questa volta dall’automazione man mano che computer sempre più sofisticati soppiantano il lavoro manuale e i servizi. Questo passaggio a un’economia automatizzata ad alta tecnologia ha pesato sulla crescita dei salari dall’inizio degli anni ‘80. In effetti, il salario medio del lavoratore maschio USA ha raggiunto il livello massimo alla fine degli anni ’70 e, in termini reali, si colloca il 9,6% al di sotto di quel livello (Figura 3). E il ritmo di sovvertimento non dà segni di rallentamento. 5 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment Secondo uno studio della Oxford University, nei prossimi due decenni il 47% circa dell’occupazione USA sarà vulnerabile all’automazione. Questo dovrebbe frenare il potere di definizione dei prezzi della forza lavoro, con i lavoratori che si ritrovano ancora una volta usurpati. Tutta questa innovazione creerà nel tempo nuovi servizi e settori con nuove tipologie di occupazione ma il ritmo dello sconvolgimento renderà la vita difficile a milioni di persone che dovranno adattarsi. Chi è in cima alla catena alimentare dell’istruzione dovrebbe avere le competenze per sfruttare sin dall’inizio questi progressi. Tuttavia, per il lavoratore medio, si prospetta una paga ancora inferiore (ammesso che ve ne sia una). Per molti aspetti, l’attuale scenario è ancora peggiore che durante la prima rivoluzione industriale. Il ritmo del cambiamento tecnologico è così rapido che l’acquisizione di una nuova formazione è come correre sul posto. I lavori di routine diventano obsoleti, con una maggior focalizzazione su doti cognitive e artigianali. Ma è possibile che anche queste possano essere usurpate da algoritmi sempre più complessi e da insiemi di dati quasi infiniti che formeranno una loro “creatività”, prevedendo quello che le persone vogliono ancor prima che lo sappiano. Thomas Piketty È chiaramente uno scenario in cui la disuguaglianza peggiorerà, come prevede Piketty. Ma la vera domanda è: quale sarebbe lo stato dell’economia se non ci fosse stato alcun cambiamento della distribuzione del reddito in seguito agli sconvolgimenti avviati da queste tecnologie? L’economia sarebbe meglio posizionata per sostenere periodi prolungati di cambiamento? La tesi istintiva di Piketty porterebbe naturalmente a rispondere di “sì”. Sarebbe più giusto nel classico senso di “uguaglianza dell’uomo”, ma in realtà metterebbe a rischio una proporzione molto più elevata della ricchezza economica, con conseguenze a lungo termine potenzialmente disastrose per il benessere di tutti. La ricchezza individuale viene rapidamente erosa dalla mancanza di posti di lavoro, che esaurisce la ricchezza nazionale e la capacità di ripresa. Questo rende più difficile e lungo il percorso di adattamento. Per contro, con la ricchezza concentrata in meno mani, forse più capaci (a causa di fattori sistemici o in altro modo) c’è proporzionalmente meno margine per la distruzione permanente, in particolare se è concentrata tra coloro che possono adattarsi più facilmente (grazie a ragioni cognitive invece 6 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment che partendo semplicemente da una posizione di relativa ricchezza). Naturalmente, le condizioni di recessione hanno effetti devastanti anche sui valori degli asset e l’effetto leva (altro vizio dei ricchi) può ampliare i problemi molto più rapidamente di quanto farebbe qualsiasi lavoratore disoccupato che dia fondo ai risparmi. Ma di sicuro viene lasciata intatta una quantità sufficiente di ricchezza per permettere all’economia di rimbalzare. I risparmi invece, una volta utilizzati, sono molto più difficili da ricostituire. Analogamente, una forza lavoro o una regione senza specializzazioni può rimanere depressa per sempre. Basta guardare luoghi come Detroit dopo il crollo dell’industria automobilistica o i vecchi villaggi minerari del Regno Unito per capire cosa può provocare l’eredità della deindustrializzazione. Se una distribuzione più equa della ricchezza avrebbe potuto contribuire a rendere più agevole il viaggio, non avrebbe però cambiato la destinazione. Avrebbe sottratto capitali da imprese più produttive in nuovi settori, o nel caso della spesa statale avrebbe dirottato fondi da spese discrezionali (spesso investimenti) a imprese improduttive (previdenza a scopo di sussistenza). Questo non significa che non si sarebbe potuto fare di più per evitare i problemi sociali che hanno rovinato luoghi come Detroit. Ma questo presuppone un intervento competente e lungimirante delle classi politiche, i cui esempi sono rarissimi. I cambiamenti tecnologici strutturali in corso riguardano tutti gli aspetti della vita e dell’economia per cui le sfide sono ancor più spaventose. La prospettiva di un intervento efficace è molto diversa dall’idea che una curva di tipo Kuznets faccia parte di un ciclo più lungo che aiuta a proteggere le economie in questi periodi di transizione. I cambiamenti della distribuzione dei redditi permettono alle economie di continuare a crescere, lasciando a lavoratori e settori di attività il compito di adattarsi a questi cambiamenti fondamentali. È un adeguamento non indolore, ma necessario. Fatto importante, significa che quando si trova un nuovo equilibrio e la forza lavoro si riattrezza con nuove competenze, c’è una ricchezza di cui può tornare a beneficiare. Può essere più difficile per una generazione o due, ma questi adeguamenti dei redditi fanno parte di un ciclo di sviluppo efficiente e naturale. Possiamo quindi prevedere quale potrebbe essere il livello massimo dell’attuale ciclo? Dato che è sostenuto dal progresso tecnologico, forse il livello massimo si raggiungerà quando la distribuzione dell’intelligenza diventerà più equa. Potrebbe accadere quando la capacità di elaborazione a basso costo (forse il moderno capitale) inizierà a superare la capacità di cognizione dell’uomo, eliminando il vantaggio comparativo di coloro che 7 UN ENORME CONTO IN PAR Il mondo degli investimenti è attualment Figura 4. Fonte: Ray Kurzweil, Independent Strategy stanno in cima alla catena alimentare intellettuale. Sulla base della legge di Moore, che non considera soltanto la capacità di elaborazione ma anche il suo costo, potrebbe avvenire già nel 2030 (Figura 4). Questa legge si focalizza però soltanto sull’aspetto cerebrale (capacità di elaborazione grezza), quando lo sconvolgimento in corso sembra appartenere più al genere forza bruta (“Big Data”). Potrebbe significare che il punto di superamento, combinando queste duplici capacità (pensate a Rain Man al casinò), arriverà molto prima. C’è naturalmente una visione più fosca, in cui il ritmo del cambiamento economico supera il ritmo al quale gli esseri umani riescono effettivamente ad adattare le loro capacità. Questo alimenterebbe un’ulteriore espansione della disuguaglianza, concentrando ancora di più la ricchezza nelle mani di coloro che controllavano il capitale (Figura 5). Ma forse anche questa situazione si correggerebbe da sola, almeno a livello umano, poiché l’unica entità capace di adattarsi sarebbero i nostri signori supremi robotizzati, il che determinerebbe alla fine una forma distopica di uguaglianza. Probabilmente non quella auspicata da Piketty. Figura 5. Fonte: Independent Strategy Documento preparato per i collocatori di ARCA SGR This memorandum is based upon information available to the public. No representation is made that it is accurate or complete. 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