nota congiunturale - Politica delle riforme

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NOTA CONGIUNTURALE
Aprile 2014
1. ECONOMIA INTERNAZIONALE - Sommario
1.1
Quadro congiunturale
1.2
Evoluzione per Paese
1.3
Area €uro
News dal mondo
Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE)
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2. Economia Internazionale – Sommario
Il Prodotto interno lordo mondiale, in rafforzamento dopo i turbinii della crisi, mostrerà
"un ulteriore miglioramento", (spiega la bozza del WEO firmata dal FMI). Le stime
evidenziano una attività economica globale che crescerà di 3,6 punti percentuali nel 2014
e del 3,9% nel 2015 (rispettivamente al 3,4 e 3,5% per la World Bank). Ritmi buoni,
seppur lontani da quei 5 punti percentuali del 2006-07, che tuttavia rimangono ancora ostaggio
di facili scivoloni.
USA. Più che Beige Book si dovrebbe parlare di "Frozen Book". Perché sono stati il gelo e
la neve i veri protagonisti dell'atteso report. La Banca Centrale statunitense, che raccoglie ed
elabora nel Libro Beige le analisi dei vari Distretti in cui è suddivisa, non è stata in grado di
giudicare le condizioni economiche del Paese nel periodo che va da gennaio ai primi di
febbraio a causa delle avverse condizioni meteorologiche.
Giappone. In termini di consuntivo è stato rivisto al ribasso il PIL giapponese del quarto
trimestre. Il dato definitivo pubblicato dall'Istituto di ricerca economica e sociale del
Cabinet Office giapponese, evidenzia una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre
precedente, dal +0,3% della stima preliminare e del consensus. Su base annua il PIL ha
registrato un aumento dello 0,7% contro il +1% della prima lettura e previsto dagli analisti
Area euro. La dinamica degli indicatori di fiducia basati sulle indagini congiunturali fino a
marzo è coerente con il perdurare di una crescita moderata anche nel primo trimestre di
quest’anno. In prospettiva, la ripresa in atto dovrebbe proseguire, seppure a un ritmo
contenuto. In particolare, si dovrebbe concretizzare un ulteriore miglioramento della domanda
interna, sostenuto dall’orientamento accomodante della politica monetaria.
Germania. Nel primo trimestre, l'economia tedesca e' prevista crescere dello 0,5% nel
primo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti. Lo stima l'Istituto tedesco di ricerca
economica Diw, affermando che "l'anno e' iniziato in modo piu' forte di quanto atteso di
recente". Per l'intero 2014 l'Istituto prevede un aumento dell'1,6% del Pil tedesco, anche se
rileva di stare valutando una possibile revisione al rialzo in quanto "stiamo diventando piu'
fiduciosi sul fatto che potrebbe esserci un maggiore spazio di crescita".
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Economia Internazionale
Quadro congiunturale
Il Prodotto interno lordo mondiale, in rafforzamento dopo i turbinii della crisi, mostrerà "un
ulteriore miglioramento", (bozza del WEO del FMI). Le stime evidenziano una attività
economica globale che crescerà di 3,6 punti percentuali nel 2014 e del 3,9% nel 2015
(rispettivamente al 3,4 e 3,5% per la World Bank).
Ritmi buoni, seppur lontani da quei 5 punti percentuali del 2006-07, che tuttavia rimangono
ancora ostaggio di facili scivoloni. Secondo il Fondo, in particolare, la ripresa mostra ancora un
accentuato profilo di fragilità che porge il fianco ad alcuni sostanziali rischi, alcuni
specificatamente europei (dalla "disoccupazione e debito elevati" ai "bassi investimenti",
passando per la "frammentazione finanziaria").
Uno su tutti, in particolare, attira l'attenzione sull'Eurolandia e prende il nome di
"deflazione" che rischia di modificare i piani ai banchieri centrali e le economie interessate. "Con
l'inflazione che corre ben sotto i target di molte Banche centrali - afferma Lagarde (presidente
del FMI), osserviamo crescenti rischi deflazionistici che potrebbero rivelarsi disastrosi per la
ripresa".
Il FMI lancia un chiaro messaggio: "I policymaker delle economie avanzate devono evitare di
abbandonare prematuramente l'accomodamento monetario", guai a fare il contrario. Guai a
cantare vittoria troppo presto: "In un ambiente di continuo consolidamento di bilancio, di divari
ancora ampi di produzione e di inflazione molto bassa, la politica monetaria dovrebbe rimanere
accomodante".
E allora ben vengano futuri allentamenti monetari da parte della BCE (per il caso specifico
europeo), ben venga un piano che "includa misure non convenzionali": si dovrà fare tutto il
possibile, in conclusione, per "sostenere l'attività" e - al contempo - "evitare i rischi da inflazione
bassa o deflazione".
In Europa, tuttavia, è in corso d'attuazione quell'ambizioso progetto che prende il nome di
"Unione bancaria". L'Asset Quality Review lanciato dalla Banca centrale europea (rafforzato
con gli stress test) concorrerà enormemente a quel risanamento di un sistema finanziario ora
troppo opaco e misterioso. Pulire i bilanci, ricapitalizzare le banche che ne avranno bisogno e così
via: un processo estremamente delicato per il quale, puntualizza il Fondo nella sua bozza del
WEO, "è anche essenziale progredire verso il completamento dell'Unione bancaria". Ecco allora
che gli ultimi progressi fatti a tal proposito non possono che essere visti positivamente.
La 'pulizia' del sistema bancario, a livello europeo, sarà di fondamentale importanza anche per la
'rinascita' delle singole economie, specie quelle della periferia dell'Eurozona. La pulizia del
sistema ripristinerà la fiducia e "farà ripartire il credito", fattore assolutamente indispensabile
nell'ottica della crescita dell'economia. Tanto importanti che, secondo il paper, "Ulteriori misure
locali per far ripartire l'offerta di credito (nei Paesi maggiormente toccati dalla crisi)
potrebbero far aumentare il PIL del 2,0% o oltre". Un'enormità, probabilmente poco aderente
alla realtà dei fatti, ma che ben rende l'idea circa l'importanza di quel fattore 'credito', cinghia
di trasmissione dell'economia reale.
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Anche secondo l’Interim Economic Assessment dell'Ocse (presentato a marzo 2014), vi è un
recupero in corso nelle economie avanzate del mondo, dovuto a condizioni finanziarie favorevoli
e alla ridotta resistenza da stretta di bilancio.
Per quanto riguarda l'Europa, il Regno Unito è destinato a crescere a tassi superiori al 3% nel
primo e nel secondo trimestre, ma il tasso di crescita della zona euro, migliorando nel
contempo, ritarda ancora quello di altre economie avanzate.
Le tre maggiori economie (Germania, Francia e Italia) cresceranno a una media ponderata
combinata di tasso di 1,9 % nel primo trimestre e a un ritmo di 1,4% nel secondo. La
Germania dovrebbe crescere di circa il 3,7% nel primo trimestre e del 2,5% nel secondo
trimestre, mentre l’Italia rimarrà al di sotto dell'1% per ciascuno dei primi due trimestri,
registrando modeste prospettive di crescita.
L’Ocse, ha sottolineato le fragilità dell’Eurozona. Secondo l’organizzazione parigina, nella zona
euro la disoccupazione continua a rimanere elevata nonostante i timidi segnali di crescita, mentre
per i Paesi più vulnerabili il rischio è quello di cadere nella spirale deflattiva.
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Fonte: Ocse
La BCE conferma che " l’economia mondiale registra una graduale espansione che riflette in
qualche misura la mutata dinamica della crescita nelle diverse regioni. Crescita che, in
particolare, si è rafforzata costantemente in gran parte delle economie avanzate grazie sia al
miglioramento dei bilanci del settore privato e all'orientamento accomodante delle politiche e si è
indebolita nei paesi emergenti a causa dei perduranti ostacoli di natura strutturale, delle
incertezze sul piano delle politiche e di condizioni finanziarie volatili che hanno riguardato
specificamente i paesi con vulnerabilità interne".
L’istituto centrale, tuttavia, mette in guardia sui "rischi per le prospettive economiche
dell'area dell'euro continuano a essere orientati al ribasso".
La Banca centrale europea si dice comunque pronta a dare il suo apporto all'economia, nel caso le
prospettive dovessero peggiorare, come confermato più volte dal numero uno della BCE (Mario
Draghi).
Le aspettative a breve termine
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OCSE (CLI)
La ripresa in corso nelle economie avanzate è contrastata da una riduzione delle grandi
economie emergenti. L’indice anticipatore Ocse suggerisce, infatti, “un nuovo indebolimento già
nel secondo trimestre 2014, anziché irrobustimento della crescita.
Leading indicator Ocse
Fonte: Ocse
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USA
Migliora la fiducia dei consumatori americani nel mese di marzo, portandosi a 82,3 punti dai
78,3 rivisti del mese precedente. Il dato, comunicato dal Conference Board degli Stati Uniti,
risulta superiore alle aspettative degli analisti che avevano previsto 78,6 punti.
Il sondaggio sulla fiducia dei consumatori è basato su un campione rappresentativo di 5.000
famiglie americane ed è condotto per il Conference Board dal NFO WorldGoup.
In espansione per il nono mese consecutivo l'attività manifatturiera americana nel mese di
febbraio. L'indice ISM manifatturiero si attesta a 53,2 punti dai 51,3 punti del mese di gennaio.
Lo comunica l'ISM, Insitute for Supply Management. Il dato sorprende in positivo gli analisti che
avevano stimato un aumento a 51,9 punti. Il risultato è al di sopra della soglia dei 50 punti, che
fa da spartiacque tra espansione e contrazione dell'attività.
Area Euro
Nel mese di marzo il clima affari nella Zona Euro si è attestato a +0,39 punti, risultando in
crescita rispetto al +0,36 di febbraio. Lo comunica la Commissione europea.
Continua a migliorare la fiducia dell'economia di Eurolandia. A marzo l'indice che la misura è
aumentato a 102,4 punti dai 101,2 punti di febbraio. Il dato è reso noto la Direzione Generale
degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG ECFIN). Nel complesso
dell'Unione Europea, l'indice del sentiment generale è salito a 105,3 da 105 punti. Per quanto
riguarda le componenti dell'indice per l'Eurozona, la fiducia dei consumatori si porta a -9,3 da 12,7. In peggioramento quella delle imprese che si attesta a -3,3 da -3,5 e quella delle costruzioni
a -28,8 da -28,5, mentre quella dei servizi sale a +4,2 da +3,3. Bene quella del commercio al
dettaglio a -2,6 da -3.
In marzo €-coin è salito a 0,38 da 0,35 in febbraio, ritornando su livelli analoghi a quelli
dell’estate 2011. L’indicatore è stato sospinto dall’aumento dei corsi azionari e dal
consolidamento della fiducia di famiglie e imprese.
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Fonte: Banca d’Italia
I giorni del 'Super-euro' potrebbero presto volgere al termine.
(fonte:ibtimews)
Quel cross a 1,3965 con il dollaro statunitense potrebbe essere uno degli ultimi picchi
raggiunti dalla moneta unica del Vecchio Continente. Dopo le due, lunghe, ondate al rialzo
partite dal luglio 2012 (1,2042), l'euro potrebbe finalmente invertire la sua rotta e tornare verso
livelli più contenuti, più 'fisiologici' potremmo dire.
Cosa è cambiato? Cosa potrebbe finalmente aver dato il via al deprezzamento della valuta?
Capita, per dire, che un certo Mario Draghi - numero uno della Banca centrale europea - venga
invitato in quel di Vienna per la cerimonia legata al premio in memoria del noto economista Joseph
Schumpeter. Capita che a margine dell'evento, ovviamente, venga data la parola all'importante
ospite. Capita, quindi, che le parole pronunciate dal numero uno della BCE, a margine della
cerimonia, risultino addirittura più 'influenti' di quelle pronunciate al - deludente - ultimo
impegno ufficiale dell'istituto centrale.
Ai mercati non serve molto, sono sufficienti poche - giuste - parole per agire di conseguenza."[La
forza dell'euro] sta diventando sempre più rilevante nella valutazione [della BCE]". Ecco le
parole magiche, firmate da Mario Draghi, che hanno destato tutti dal torpore. Poche parole che
aprono le porte su un 'lato' del mondo di politica monetaria fino ad ora osservato solo attraverso
'il buco della serratura'. Che l'euro forte fosse scomodo (si può dire anche 'un problema') non
era di certo un mistero.
Ma la BCE non è la FED, il modus operandi mostrato dalle due istituzioni è stato sempre piuttosto - divergente. Tutti gli attori dell'economia, quindi, cominciavano a convincersi che la
convivenza con l'euro (almeno) sopra quota 1,30 dollari sarebbe stata decisamente lunga. Il
consiglio direttivo della BCE non sembrava in grado, tra falchi e colombe, di prendere - in maniera
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decisa - una decisione a tal proposito. L'euro continuava a correre e ciò comportava tutte le
complicazioni del caso (chiedere all'export extra-Unione, ad esempio). Un primo spiraglio,
tuttavia, è emerso a margine dell'altro grande interrogativo europeo: l'inflazione. Anemica,
oscillante e tendente (quasi) alla deflazione, era stato lo stesso Draghi - recentemente ad affermare come la forza della moneta unica avesse corroso circa 0,4 punti percentuali di
inflazione. Eppure i tassi ufficiali sono rimasti fermi, immutati. Con una promessa, tuttavia, in
grado di cambiare le carte in tavola. Nel momento stesso in cui l'Eurozona ricomincerà,
concretamente, a crescere, la forward guidance annunciata in questi giorni assicurerà che la
politica economica accomodante resti tale "anche se vedremo un miglioramento nell'economia".
"Dopo 5 anni di crisi e di incertezza - spiega Draghi - il 2012 e il 2013 sono stati anni di
stabilizzazione per l'area euro, con un ritorno della fiducia sulle prospettive dell'Unione. Il 2014
e il 2015 saranno anni di ripresa". La crescita tanto desiderata, insomma, è dietro l'angolo: il
prosieguo delle politiche "che hanno riportato fiducia" sarà indispensabile per continuare su
questo percorso. Anche la 'messa in ordine' del sistema finanziario, quel "comprehensive
assessment" guidato dalla BCE, sarà funzionale alla causa: "facendo pulizia e riparando i bilanci
delle banche, creiamo le condizioni necessarie perché le risorse tornino a scorrere verso le quelle
aziende che le usano nel modo più produttivo". Una sorta di 'distruzione creatrice', insomma
(argomento decisamente in tema vista l'occasione del "Premio Schumpeter").
L'inflazione, quindi, tornerà a crescere gradualmente abbandonando l'attuale 0,8% per avviarsi
verso il dichiarato target del 2%. Questo, insieme alla forward guidance, porterà
necessariamente ad un "abbassamento dei tassi di interesse reali". Se ai tassi, promessi fermi a
questi livelli anche quando le cose cominceranno ad andare meglio, si toglie l'inflazione in ripresa insomma - i tassi reali non potranno che virare verso il basso. Ma non solo: "il differenziale reale
dei tassi tra l'area euro e il resto de mondo probabilmente si ridurrà, creando pressioni
ribassiste sui cambi" ha spiegato Draghi. Ecco allora che l'euro tornerebbe su livelli normali,
magari quella fisiologica quotazione nei dintorni di un dollaro e venti centesimi.
E se l'inflazione scendesse ulteriormente? Se la corsa dell'euro continuasse ancora? Molte
domande, molteplici scenari ed una sola, plausibile, risposta: la BCE sarebbe a quel punto
costretta ad intervenire attivamente sullo scenario economico del Vecchio Continente. I rischi di
deflazione vengono definiti ancora come "piuttosto limitati" (espressione, questa usata a
Vienna da Draghi, che si allontana sensibilmente dalla quasi assoluta esclusione di tale eventualità
espressa nel recente passato). Draghi e compagni sanno perfettamente che più durerà questa
(attuale) bassa inflazione, più i rischi diventeranno sostanziali. Saranno, ancora una volta,
fondamentali le aspettative degli attori dell'economia: una generale attesa per futuri cali dei
prezzi da parte del pubblico sarebbe il definitivo campanello d'allarme.
Oltre l'inflazione, poi, resta il capitolo euro. Siamo davvero sicuri che quanto prospettato fino ad
ora riuscirà a ridimensionare (sufficientemente) la moneta unica? Le alte sfere della BCE
osservano, attendiste e nervose. Il fatto che persino Jens Weidmann, a capo della Bundesbank,
abbia lasciato intendere che futuri (non graditi) apprezzamenti dell'euro potrebbero giustificare
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la Banca centrale europea ad ammorbidire ulteriormente la sua linea, la dice lunga sulla situazione
che stiamo vivendo. Riassumendo: l'euro scenderà (e il post-Vienna ha già portato la moneta a
1,3846 dollari). E potrà, volendo, farlo con 'le buone', come riflesso dell'andamento dell'economia
europea, della ripresa dell'inflazione e della forward guidance dell'istituto centrale. Oppure lo
potrà fare con le 'cattive', con il direttivo della BCE che - sperabilmente - capirà (unanimemente)
la necessità di un suo intervento diretto in materia.
I leader del G7, dopo una riunione a l'Aja, hanno sospeso la partecipazione della Russia al
comitato
I leader del G7, dopo una riunione a l'Aja, hanno sospeso la partecipazione della Russia al
comitato e spostato la sede della prossima riunione di giugno, in Belgio, cancellando Sochi, in
Russia, come sede del previsto incontro. Tutto questo finché Putin non cambierà le pretese
sull'Ucraina e le condizioni non torneranno verso la possibilità di avere discussioni significative
bilaterali.
Ferma in questo senso, l'intenzione dei leader del G7 nel voler condannare l'illegalità
dell'annessione della Crimea, seppur dopo un referendum e per la quale si dicono decisi a
intensificare le sanzioni in caso di destabilizzazione dell'area ucraina.
Il più deciso tra tutti, in tal senso, è il presidente Barack Obama, che vuole a tutti i costi
frenare le mire espansionistiche della Russia sulla Crimea. Gli Stati Uniti sono "allineati" con
l'Europa nel sostenere il governo di Kiev e il popolo ucraino, considerando un'opposizione
congiunta alle azioni compiute dalla Russia.
Lo stesso G7 si dice convinto che per la Russia, le sanzioni avranno un costo elevatissimo per la
propria economia.
In tutta risposta il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ha detto che la Russia non è
"attaccata" all'attuale format del G8, quanto al G20, dove si potrebbe discutere del problema in
maniera più equilibrata. Resta il fatto che anche a livello militare i movimenti delle truppe russe
continuano ad intensificarsi lungo il confine ucraino; così come l'Unione Europea e gli USA stanno
valutando l'iniziativa di un dispiegamento di forze aeree congiunte, Italia compresa, nelle
Repubbliche Baltiche.
Accordo del Parlamento europeo sui fallimenti delle banche
Il Parlamento europeo ha trovato la quadra con le controparti dei vari Paesi sugli elementi che
eviteranno nuovi casi Lehman, ossia che una banca in odore di fallimento possa innescare una crisi
a catena. L'accordo è ora destinato al voto finale in occasione della seconda sessione plenaria di
aprile.
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Ecco i punti salienti:
- La Banca Centrale Europea stabilirà se una banca è sull'orlo del fallimento. Ma il Board
unico di risoluzione (SRB), composto dalle autorità nazionali, può entrare in azione se la BCE sarà
riluttante o esiterà ad agire.
- La Commissione europea adotterà iniziative per la risoluzione della crisi delle banche. Il
Consiglio europeo sarà coinvolto solo su espressa richiesta della Commissione per evitare
l'interferenza politica.
- Ridotte le tempistiche per adottare una decisione. Uno schema di risoluzione di una crisi può
essere adottato anche nel lasso di tempo di un week end, ossia dalla chiusura dei mercati
statunitensi alla riapertura delle contrattazioni in Asia.
- Prima che il regolamento entri in vigore, sarà istituito un sistema che permetterà al fondo
di risoluzione unico, anche detto "fondo salva banche" (finanziato con prelievi dalle banche),
di concedere prestiti.
- Stabilita poi una rapida implementazione delle dotazioni del fondo derivanti dalle singole
Nazioni (inizialmente questo fondo sarà a "compartimenti nazionali", poi nel giro alcuni anni sarà
completato progressivamente e le quote verranno messe in comune, diventando così un grande e
unico serbatoio a livello transnazionale).
Il fondo avrà a regime risorse per 55 miliardi che dovranno essere reperite entro 8 anni (10 anni
nella bozza iniziale). Entro 8 anni le risorse saranno completamente mutualizzate e dunque non più
in capo ai singoli ai Paesi.
Ue- Russia: si rischia una guerra fredda commerciale?
A Vilnius l’Unione Europea si prepara a firmare accordi di associazione e libero mercato con
diversi Paesi dell’Europa dell’Est, suscitando l’ira della Russia. Questi accordi potrebbero
contrastare gli sforzi di Mosca che vuole creare una ‘‘Unione Eurasiatica’‘ sulla base
dell’Unione doganale dei paesi dell’ex Unione Sovietica.
Siamo di fronte al rischio di una guerra fredda commerciale? Qual è la posta in gioco del vertice
per il partenariato orientale di Vilnius? Chris Burns ne discute in questa puntata con i suoi ospiti:
Hrant Kostanyan, analista di politica estera presso il Centro per gli Studi Politici Europei (CEPS),
Hryhoriy Nemyria, membro del Parlamento ucraino e presidente del Sottocomitato per l’
integrazione europea e Tevan Poghosyan, membro del Parlamento armeno, esponente del partito
‘‘Heritage.’‘
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Il Parlamento europeo boccia la Troika: “Ha aumentato povertà e disoccupazione”
Il Parlamento europeo rinnega la troika, almeno nella sua forma attuale. E per il futuro vota
il suo superamento, che dovrà andare nella direzione della creazione di un Fondo monetario
europeo. È questo l’esito della votazione dell’assemblea di Strasburgo, in sessione plenaria,
che ha approvato con ampia maggioranza (rispettivamente 448 e 408 sì su 615 voti) le due
relazioni a firma di Othmar Karas, vicepresidente del Parlamento e membro del Partito
popolare europeo, e del socialista spagnolo Alejandro Cercas. Si chiude così il percorso di
inchiesta sull’operato della troika negli ultimi anni, che era stato avviato a fine 2013.
O meglio, si apre adesso veramente: perché il Parlamento, insieme alle mozioni, ha approvato
anche le linee guida di riforma dell’organismo. “Nel breve periodo – ha spiegato Karas – la troika
dovrà dotarsi di precise regole di procedura interna, in modo da incrementare la trasparenza su
come vengono prese le decisioni”. Il primo passo, dunque, sarà l’elaborazione di una sorta di
statuto: in particolare, verranno regolamentate le sfere di competenza dei vari organismi che
compongono la troika (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione
europea), anche rispetto alle istituzioni nazionali dei Paesi, che dovranno essere più coinvolti.
Questo al fine di rafforzare il processo di controllo democratico e la credibilità del lavoro della
troika. Ma anche per ribadire l’importanza della sovranità nazionale degli Stati.
Poi si dovrà agire a livello di immagine: “A causa della scarsa chiarezza nei processi decisionali, le
misure della troika sono state spesso percepite in maniera negativa”, spiega il rapporto. Per
questo verrà sviluppata anche una diversa strategia di comunicazione. Ci saranno però
cambiamenti sostanziali d’approccio sin da subito, perché di recente “è stata prestata troppa
poca attenzione all’impatto sociale dei provvedimenti”. In particolare, il Parlamento chiede alla
troika di ridiscutere le misure che riguardano il debito pubblico del Paese.
Ma è soprattutto nel lungo periodo che dovrebbero esserci novità strutturali: “Le tre istituzioni
indipendenti hanno una distribuzione di responsabilità squilibrata e non definita”, spiega il
rapporto. Per questo la riforma riguarderà soprattutto i compiti all’interno della troika: la Bce
dovrà essere presente solo come “osservatore silenzioso” durante i processi di negoziazione;
l’Fmi dovrà essere coinvolto “solo se strettamente necessario”; mentre il ruolo della Commissione
europea verrà preso da un nuovo Fondo monetario europeo, creato in base alla normativa Ue, in
cui confluiranno le risorse del fondo salva-Stati Esm. Il risultato dovrà essere una nuova troika,
in grado di assistere i Paesi in difficoltà in maniera democratica e soprattutto giuridicamente
legittimata.
“Perché è vero – riconosce Karas – che la troika non dev’essere considerata come capro
espiatorio”. Che l’Europa “stava affrontando la più grande crisi economica dal dopo guerra”, e che
“senza la troika alcuni Paesi oggi sarebbero falliti”. Ma tante decisioni sono state prese in
maniera poco chiara e vessatoria, aumentando in certi casi povertà e disoccupazione. E – come
aveva denunciato Cercas il mese scorso nella sua relazione in Commissione – gli esperti della
troika “hanno lavorato come macellai, non come chirurghi”. La conferma sembra arrivare dal
disagio sociale in Grecia che continua a peggiorare, al punto che un teatro di Atene offre biglietti
in cambio di pane e pasta per fare partecipare anche chi non può permetterselo.
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Giappone, la generosità apparente del governo: “Le imprese alzino i salari”
Le imprese che non aumenteranno i salari, come più volte “suggerito” dal governo, verranno
punite. Parola di Akira Amari, ministro dell’Economia del Giappone, la cui caricatura che lo
raffigura come un boss mafioso ha subito campeggiato sul più diffuso dei tabloid locali, il Nikkan
Gendai. Accanto al titolo “Governo peggio della yakuza”.
Da quando qualcuno ha ricordato al premier che al feretro dell’Abenomics mancava una quarta
freccia, quella dell’aumento dei salari, il governo giapponese ha cominciato a recitare un vero e
proprio mantra che prima invitava, poi suggeriva e infine, con l’improvvida uscita del ministro
Amari, ordina alle imprese di “fare il proprio dovere”. Finalmente, si sarebbe portati a pensare:
era ora che il governo, in assenza di sindacati degni di questo nome, imponesse alle imprese di
pagare di più i loro dipendenti, provocando un aumento dei redditi e dunque dei consumi.
Ma non è tutto ora ciò che luccica, e dietro questa apparente “generosità” del governo può
nascondersi il primo segnale di sostanziale fallimento dell’Abenomics. Intendiamoci, non occorre
aver imparato a memoria le teorie keynesiane, alle quali l’Abenomics sostiene di ispirarsi, per
convenire che senza aumento dei salari non c’è aumento dei consumi dunque aumento della
domanda dunque aumento della produzione e infine dei profitti. Questo lo sanno bene le grandi
multinazionali, che infatti hanno immediatamente accettato il “suggerimento” del governo. Dal
prossimo marzo, senza nemmeno bisogno della ridicola e umiliante (per un paese che ha espresso
nel recente passato una grande ed efficace tradizione sindacale) pantomima della shunto (la
“vertenza di primavera”, periodo in cui in Giappone si rinnovano i contratti) i lavoratori della
Nissan, della Toyota, della Sony e delle (poche) altre grandi aziende giapponesi riceveranno
l’agognato aumento.
Poca roba: dai 20 ai 30 euro al mese in media, un onere minuscolo per aziende che hanno ottenuto
riduzioni fiscali da capogiro. Aziende che denunciano enormi profitti ma che rappresentano
sempre di meno l’economia reale del paese. Meno del 10 per cento degli occupati giapponesi lavora
per queste aziende, che a loro volta rappresentano appena lo 0,3 per cento delle imprese. Una
situazione molto simile a quella italiana e aggravata che per le piccole e medie aziende giapponesi,
da anni in crisi di commesse e di cashflow, l’Abenomics non è stata generosa come con le grandi
aziende.
Il risultato è che sotto il peso della recessione e dei carichi fiscali, migliaia di piccole e medie
aziende sono state costrette a chiudere. Chiedere a quelle che a fatica stanno sopravvivendo di
aumentare i salari non è certo uno stimolo, e un incentivo al suicidio. Soluzione alla quale ricorrono
sempre più piccoli imprenditori, grazie al fatto che il Giappone è forse l’unico Paese al mondo
dove le compagnie di assicurazione liquidano le polizze vita anche in caso di suicidio. Il numero è
costante da alcuni anni, circa 34mila l’anno, una novantina al giorno, uno ogni 20 minuti: ma mentre
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diminuisce il numero degli anziani che si tolgono la vita, è in forte aumento la fascia compresa tra
i 50 e 60 anni, l’età nella quale è difficile, se non impossibile, ripartire. E allora il suicidio è spesso
l’unico modo per un imprenditore o un commerciante fallito e sommerso dai debiti, o per un
manager rimasto senza lavoro, di garantire alla famiglia un’esistenza agiata. Le polizze infatti
sono molto generose e consentono di conservare lo stesso livello di vita, evitando alle mogli e ai
figli, ad esempio, di dover cambiare casa, scuola, contesto sociale.
La quarta freccia di Abe, insomma, rischia di essere avvelenata. Non solo rischia di essere
scoccata contro la famosa ma sempre più malmessa “classe media”, ma rischia di avvelenare anche
il tradizionalmente timido, ma che negli ultimi mesi, grazie al balzo della Borsa, aveva cominciato
a muoversi, mondo dei piccoli azionisti. Ai quali si sa, poco importa delle politiche sociali e della
redistribuzione della ricchezza. A loro importa che le aziende facciano profitti, aumentino la
quotazione dei titoli e possibilmente (anche se in Giappone succede di raro) distribuiscano
dividendi. E anche qui, dopo l’ubriacatura iniziale, la Borsa di Tokyo ha cominciato ad arretrare,
perdendo buona parte di quello che aveva guadagnato l’anno scorso. Al punto che qualcuno parla
già, anziché di circolo virtuoso, di circolo vizioso. E di Abecomics, al posto di Abenomics. Sì,
perché aldilà della sua applicabilità ed eventuale efficacia, l’idea di “punire” i “padroni” che non
aumentano i salari è, quanto meno, divertente. Chissà se a qualcuno, in Italia, non viene in mente
di copiarla.
La BCE ha reso note le regole per la seconda fase dell’AQR
La BCE ha reso note le regole per la seconda fase dell’AQR (Asset quality review). Tale fase
prevede l’ispezione in loco dei portafogli bancari (selezionati con la prima fase) e della
qualità degli attivi, incluse le attività “di terzo livello” (derivati complessi la cui valutazione
dipende da parametri non osservabili).
La seconda fase durerà fino ad agosto 2014. La conclusione del processo è prevista per
ottobre 2014, quando i risultati dell’AQR saranno resi noti, contestualmente a quelli degli stress
test dell’EBA. Questa seconda fase è indicata dalla BCE “come una componente chiave del
processo di valutazione degli attivi, il cui obiettivo è quello di accrescere la trasparenza”. Le
attività ponderate per il rischio che sono state selezionate per la valutazione ammontano a 3,72
trilioni di euro circa il 58% del totale delle attività ponderate delle banche che rientrano nel
processo di valutazione. Il totale delle attività delle istituzioni monetarie e finanziarie ammonta
a 25 trilioni di euro, come da bilancio consolidato. Il comunicato specifica che rimane
responsabilità delle autorità di supervisione nazionale assicurare la qualità del processo, mentre
la BCE si occuperà soltanto di assicurare la consistenza del processo all’interno del sistema. Il
bilancio 2014 dovrà incorporare eventuali modifiche relative ad accantonamenti per eventuali
sofferenze individuali derivanti da: 1) riclassificazioni; 2) inadeguatezza del modello di gestione
del rischio di credito della banca (in questo caso sarà richiesta una revisione del modello e delle
politiche interne); 3) creazione di un credit valuation adjustment per i derivati. Le regole
prevedono anche l’aggiornamento del valore delle garanzie, se la valutazione è più vecchia di un
anno.
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Constancio (membro del comitato esecutivo BCE) ha sostenuto che la comunicazione della BCE non
è stata correttamente interpretata dagli operatori: la BCE voleva rafforzare la guidance sui
tassi, indicando che questi rimarranno bassi anche quando la crescita sarà accelerata e
l’inflazione sarà vicina alla soglia del 2% (fine 2016), per dato l’ampio margine di risorse
inutilizzate nell’economia.
Cina
Per il 2014 Governo cinese ha messo in preventivo una crescita annua del 7,5% ma molte
banche di investimento, da ultima Goldman Sachs, si sono mostrate più pessimiste.
Goldman Sachs ha ridimensionato le sue previsioni di crescita economica per la Cina, ultima tra
numerose banche a mostrare maggiore cautela sulle prospettive della potenza asiatica la cui
frenata contribuisce a innervosire i mercati finanziari.
L'economia di Pechino, stando agli analisti della societa' di Wall Street, dovrebbe crescere
al passo del 7,3% nel corso del 2014, meno del 7,6% finora ipotizzato e anche del target
ufficiale del governo cinese, pari al 7,5 per cento. La revisione e' stata attribuita a recenti
dati deludenti sia sul fronte dell'interscambio che dei consumi domestici. Per il 2015 Goldman
prevede una crescita del 7,6% anziche' del 7,8 per cento. L'inflazione dovrebbe attestarsi
al 2,6% quest'anno, meno del 3% in precedenza stimato, mentre l'anno prossimo dovrebbe
marciare al 3%, un pronostico invariato.
La ricetta per rivitalizzare la spenta economia cinese? Più concorrenza nel settore finanziario,
apertura delle frontiere ai capitali esteri e maggior ruolo delle banche domestiche a livello
internazionale. A consigliarla è il Direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine
Lagarde, nel discorso preparato per la sessione odierna del China Development Forum, il simposio
annuale di leader governativi e societari del Dragone.
Secondo la Lagarde, Pechino deve prepararsi ad una " nuova trasformazione" da economia basata
su export, spese per le infrastrutture e industrie ad intenso uso di capitali, a economia
maggiormente basata su servizi, innovazione, spesa dei consumatori e politiche orientate
all'ecologia.
Sarà il settore finanziario a giocare il ruolo più importante, ha poi sottolineato il Direttore,
spiegando che le banche cinesi sono molto criticate sia in patria che all'estero perché troppo
dipendenti dalle banche statali. Questo fa sì che la maggior parte dei prestiti finisca a società
statali, cosa che sta danneggiando il vivace settore privato.
Che la Cina si trovi in un momento di impasse viene confermato dalla perdita di slancio
della seconda economia al mondo giunta dal PMI manifatturiero.
Anticipatori
Nessun segnale di ripresa per il settore manifatturiero cinese, che a marzo peggiora il ritmo di
contrazione visto nei mesi precedenti portandosi ai minimi di otto mesi.
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La stima flash del PMI manifatturiero elaborato da HSBC indica per il periodo in esame un valore
di 48,1 punti, in discesa rispetto ai 48,5 di febbraio e ancora al di sotto dei 50 punti, la soglia che
separa l'espansione dalla contrazione.
Il dato delude anche le attese degli analisti, che erano per un lieve miglioramento a 48,7 punti.
In ulteriore peggioramento anche i sottoindici relativi a output e nuovi ordini, mentre quello
sull'occupazione ha rallentato il ritmo di declino. Bene solo i nuovi ordini all'export che invece
hanno mostrato segnali di ripresa.
Secondo Hongbin Qu, capo economista presso HSBC Cina, questi dati confermano il
"rallentamento della dinamica di crescita del Paese" e potrebbero spingere il Governo a varare
nuovi stimoli quali ad esempio una riduzione delle barriere all'ingresso di investimenti privati,
investimenti nelle aree metropolitane e nell'edilizia residenziale, misure contro l'inquinamento
atmosferico e un calo dei tassi di prestito.
Hongbin non è il solo a presagire nuove misure da parte di Pechino. Anche la maggior parte degli
analisti stima che queste misure deludenti (che si sommano agli altri dati macroeconomici diffusi
di recente) possano essere l'inizio di una svolta.
Il PMI dei servizi, secondo l'ultimo report di HSBC, è salito a 51 punti dai 50,7 di gennaio,
rafforzandosi oltre la soglia critica dei 50 punti, dalla quale scatta l'espansione dell'attività.
Parallelamente, le statistiche ufficiali, sempr3e più generose, hanno indicato un rafforzamento
dell'indice PMI servizi a 55 punti dai 53,4 precedenti.
C'è da tener conto, però, del fatto che il settore terziario è sempre stato una trainante della
crescita, evidenziando tassi di espansione ben più ampi del manifatturiero, che recentemente è
caduto sotto la soglia dei 50 punti. Leggendo i due dati parallelamente, il capo economista di
HSBC, Qu Homgbin, ha sottolineato che "la crescita economica sta rallentando e questo sta
iniziando a pesare sulla crescita dell'occupazione
Elementi congiunturali
I prezzi al consumo hanno evidenziato a febbraio una crescita annuale del 2%, come da
consensus, mentre su base mensile si è verificata un aumento dello 0,5% (+0,8% le attese degli
analisti).
Sotto pressione anche i prezzi alla produzione, scesi per il 24° mese consecutivo al 2%. Il dato
è superiore alle stime che erano per una discesa dell'1,9%.
L'export è crollato inaspettatamente del 18,1% dopo il +10,6% di gennaio, mandando il saldo
in negativo per 23 miliardi di dollari dopo il surplus di 32 miliardi messo a segno a gennaio.
L'import è invece salito del 10,1%.
Gli analisti stimavano una crescita delle esportazioni del 7% e un attivo commerciale di 14,5
miliardi di dollari. Da rilevare comunque che spesso le statistiche di gennaio e febbraio sono
distorte dai lunghi festeggiamenti del Capodanno cinese.
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Frena la produzione industriale e sull'Assemblea nazionale del popolo cinese in chiusura di lavori
parlamentari piombano i dati negativi dell'Ufficio nazionale di statistica. La produzione è
cresciuta dell'8,6% nei primi due mesi dell'anno, ai minimi dall'aprile 2009.
In calo le vendite al dettaglio, +11,8% a gennaio e febbraio, ai minimi da tre anni e contro un
atteso +13,5%. Gli investimenti fissi crescono del 17.9% ma incassano il peggior risultato da 11
anni a questa parte (l'attesa era +19,4%).
Petrolio
L'Agenzia Internazionale dell'Energia, ha, inaspettatamente alzato le sue previsioni sulla
domanda petrolifera mondiale per il 2014.
Il motivo di questa revisione al rialzo è da ricercare nell'accelerazione delle economie sviluppate,
come per esempio, le forti consegne negli Stati Uniti che hanno sollevato la domanda globale di
petrolio per l'ultimo trimestre dello scorso anno a 135 000 barili al giorno.
Le riduzioni registrate in Cina e altrove sono state compensare in parte dall'aumento registrato
negli States.
Su queste motivazioni, il report mensile dell'AIE si attende un consumo globale di greggio pari a
oltre 92,23 milioni di barili al giorno agli oltre 92 mln di barili al giorni stimati lo scorso
dicembre.
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1.2 Evoluzione per Paese
Stati Uniti
Più che Beige Book si dovrebbe parlare di "Frozen Book". Perché sono stati il gelo e la neve i
veri protagonisti dell'atteso report sullo stato di salute dell'economia statunitense che viene
diffuso due settimane prima della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC), il
braccio della Federal Reserve.
La Banca Centrale statunitense, che raccoglie ed elabora nel Libro Beige le analisi dei vari
Distretti in cui è suddivisa, non è stata in grado di giudicare le condizioni economiche del Paese
nel periodo che va da gennaio ai primi di febbraio a causa delle avverse condizioni
meteorologiche. Come noto, nel periodo in esame quasi tutti gli States sono stati investiti da
temperature glaciali, tempeste di neve e ghiaccio.
"Settore dopo settore, Regione dopo Regione, il meteo ha creato caos nell'economia", si legge nel
Report, dove la parola "meteo" compare ben 119 volte.
In generale, comunque, otto Distretti su dodici hanno segnalato un'espansione tra il
"modesto" e il "moderato" grazie soprattutto al miglioramento del mercato del lavoro e del
settore immobiliare, confermando così il trend riportato nel precedente Beige Book.
Chi si attendeva qualche indicazione in più sulle future mosse di politica monetaria della Fed,
dunque, è rimasto deluso.
Fonte:FED
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Il Fomc ha rilasciato le nuove stime macro. Il Pil è previsto in miglioramento del 2,8% /
3,0% quest’anno e del 3,0% / 3,2% nel 2015, la disoccupazione dovrebbe toccare a fine
anno il 6,1% / 6,3% e il 5,6% / 5,9% l’anno successivo, l’inflazione resterà sotto il target
per tutto il prossimo triennio (1,5% / 1,6% quest’anno e 1,7% / 2,0% nel biennio
successivo).
In termini di consuntivo, la stima finale del PIL del 4° trimestre dovrebbe essere rivista verso
l’alto a +2,7% t/t ann. da 2,4% t/t ann. La crescita dei consumi dovrebbe essere rivista a
+2,8% t/t ann., da +2,6% t/t ann., per via di una dinamica più sostenuta dei servizi e di una
variazione più contenuta della spesa per i beni rispetto alla seconda stima del PIL.
L’altra voce di rilievo nella revisione sono le scorte, il cui contributo dovrebbe essere in
rialzo a 0,3pp da 0,1pp della seconda stima.
La spesa pubblica dovrebbe segnare una contrazione meno marcata rispetto alla stima
precedente (-5,6% t/t ann.).
Modeste revisioni verso il basso sono attese per gli investimenti fissi non residenziali. I dati non
modificano lo scenario previsto per il 2014, con un rallentamento iniziale dovuto al clima
avverso, seguito da un’accelerazione con tassi di crescita in media intorno a 3,3% t/t ann.
nel resto dell’anno.
Fonte: Bea.gov.
Il presidente Obama ha presentato il budget per l’a.f. 2015. Il piano dell’Amministrazione
include misure già proposte in passato, fra cui rialzi di imposte per le famiglie con redditi elevati
e società petrolifere, e aumenti di spesa per istruzione e infrastrutture, mentre la spesa per la
difesa continuerebbe a scendere nel prossimo decennio Il budget include anche una proposta di
riforma della tassazione delle imprese attraverso una riduzione dell’aliquota sugli utili e
l’eliminazione di molte deduzioni.
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Il sentiero del deficit sarebbe in costante riduzione; nel 2024, il deficit/PIL è proiettato al
2,5%, con la spesa al 22,5% del PIL e le entrate al 20% del PIL circa 2 pp al di sopra della media
storica. Nelle proposte dell’Amministrazione ci sono elementi che potrebbero trovare supporto
bipartisan. Tuttavia, alla luce dell’accordo siglato a fine 2013 sulla spesa discrezionale, il 2014
potrebbe proseguire senza l’approvazione di un budget 2015 e senza rischi di blocchi del governo.
Pertanto il dibattito si aprirà in Congresso sul budget, ma è improbabile che prima delle elezioni
midterm si approvino misure rilevanti.
Anticipatori
La stima flash del PMI servizi Markit a marzo registra un aumento a 55,5 da 53,3. Lo
spaccato dell’indagine è positivo ma non dà indicazioni di accelerazione dell’attività nel brevissimo
termine. La componente occupazione è invariata a 51,9, e la componente di nuova attività scende a
53,9 da 56 di febbraio (probabilmente per via del clima avverso). Si rileva però un aumento delle
aspettative a 78,1 da 73,4, e l’incremento dell’indice prezzi ricevuti, a 53,5 da 52,9. L’indice
composito Markit aumenta a 55,8 da 54,1 di febbraio.
Migliora la fiducia dei consumatori americani nel mese di marzo, portandosi a 82,3 punti dai
78,3 rivisti del mese precedente. Il dato, comunicato dal Conference Board degli Stati Uniti,
risulta superiore alle aspettative degli analisti che avevano previsto 78,6 punti. Il sondaggio sulla
fiducia dei consumatori è basato su un campione rappresentativo di 5.000 famiglie americane ed
è condotto per il Conference Board dal NFO WorldGoup.
L'indice sul morale dei consumatori Usa come elaborato dall'Università di Michigan e
Thomson Reuters si ferma nella lettura preliminare di marzo al di sotto delle attese. Il risultato
è di 79,9 da 82,0 del consensus e 81,6 finale di febbraio. La componente relativa alle aspettative
si porta al minimo da novembre.
Si è attestato a -7 punti l'indice Fed Richmond sul settore manifatturiero relativo al mese
di marzo dai -6 punti di febbraio. Lo comunica il Distretto FED di Richmond. Le attese degli
analisti erano per un indice pari a +4 punti.
Scende la fiducia degli operatori borsistici nel mese di febbraio, secondo l'indagine
condotta da State Street sul sentiment degli investitori e sulla loro attitudine al rischio.
L'indicatore globale si è attestato a 120,2 punti, rispetto ai 123 del mese precedente.
L'attività economica Usa a febbraio ha registrato un tasso di crescita più elevato rispetto
alle attese. Secondo quanto comunicato dal Conference Board, l'indice leading economic il mese
scorso è salito dello 0,5%, a 99,8. Gli economisti interpellati da Reuters stimavano un incremento
dello 0,2%. Il dato di gennaio è stato rivisto a +0,1% da +0,3%.
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L'indice che misura le condizioni delle imprese a cura della Federal Reserve di Filadelfia è
salito a 9,0 a marzo dal -6,3 di febbraio, oltre le stime degli economisti di 3,8 raccolte da
Reuters. Una lettura sopra zero segnala espansione nell'attività manifatturiera delle imprese
nella Pennsylvania dell'est, nel sud del New Jersey e in Delaware. L'indice relativo ai nuovi ordini
è salito a 5,7 da -5,2. La componente occupazione è tuttavia cresciuta ad un ritmo più lento a 1,7,
i minimi da giugno, rispetto al 4,8 del mese precedente. L'indicatore relativo alle previsioni sulle
condizioni di business nei prossimi sei mesi è sceso a 35,4 da 40,2.
Il cosiddetto "Philly Fed" è considerato uno dei primi indicatori mensili dela salute del settore
manifatturiero Usa in vista del rapporto a cura dell'Institute for Supply Management (Ism).
L'indice sul morale dei consumatori Usa come elaborato dall'Università di Michigan e
Thomson Reuters si ferma nella lettura preliminare di marzo al di sotto delle attese. Il
risultato è di 79,9 da 82,0 del consensus e 81,6 finale di febbraio. La componente relativa alle
aspettative si porta al minimo da novembre.
L'attività manifatturiera dello stato di New York è cresciuta in marzo ma a un tasso
inferiore rispetto alle attese con un balzo soprattutto per i nuovi ordini e le scorte. L'indice
Empire State elaborato dalla Fed di New York che misura le condizioni generali è salito a 5,61 dal
4,48 di febbraio a fronte di un consensus che però indicava 6. Il sottoindice dei nuovi ordini è
cresciuto a 3,13 da -0,21, mentre quello delle scorte è salito a 7,06 da 5.
In espansione per il nono mese consecutivo l'attività manifatturiera americana nel mese di
febbraio. L'indice ISM manifatturiero si attesta a 53,2 punti dai 51,3 punti del mese di gennaio.
Lo comunica l'ISM, Insitute for Supply Management. Il dato sorprende in positivo gli analisti che
avevano stimato un aumento a 51,9 punti. Il risultato è al di sopra della soglia dei 50 punti, che fa
da spartiacque tra espansione e contrazione dell'attività.
Scende più del previsto l'indice ISM non manifatturiero americano. Il dato di febbraio, elaborato
dall'Institute for Supply Management (ISM), si è attestato a 51,6 punti dai 54 del mese
precedente, risultando così al di sotto delle stime degli analisti che attendevano un dato a 53,5
punti. L'indice si conferma comunque in zona espansione, visto che se risulta inferiore a 50
mostra una contrazione del settore servizi e se superiore indica una crescita.
Per quanto riguarda le principali componenti, in salita l'indice sui nuovi ordini che si porta a 51,3
da 50,9 punti. In forte ribasso, oltre che in zona contrazione, l'indice relativo all'occupazione
che si porta a 47,5 da 56,9 punti. Scendono inoltre quello sulla produzione a 54,6 da 56,3 e quello
relativo ai prezzi pagati, che si porta a 53,7 da 57,1. Quello sulle scorte resta invariato a 50,5
punti.
In salita e sopra le attese il PMI di Chicago di febbraio. L'indice destagionalizzato si è
attestato infatti a 59,8 punti dai 59,6 del mese precedente, risultando superiore alle attese
degli analisti che erano per un livello di 58,2 punti. Il dato, che è stato comunicato dall'ISM di
Chicago, resta ancora al di sopra della soglia critica della contrazione: il livello dell'indice al di
sotto dei 50 punti indica una contrazione del settore manifatturiero statunitense mentre un
livello al di sopra di 50 denota un'espansione.
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Elementi congiunturali
I redditi personali in USA, a febbraio, segnano una variazione dello 0,3% come il mese
precedente. Il dato, comunicato dal Bureau of Economic Analysis (BEA) degli Stati Uniti, risulta
superiore alle attese degli analisti (+0,2%). Nello stesso periodo anche i redditi disponibili sono
aumentati dello 0,3% in linea con il mese precedente. Salgono dello 0,3% i consumi personali
(PCE), che nel mese precedente avevano registrato un aumento dello 0,2%. Il dato risulta in linea
con le attese degli analisti. Il PCE index, una misura dell'inflazione, segna una variazione di
+0,3%, in aumento rispetto al +0,2% di gennaio.
Gli ordini di beni durevoli a febbraio aumentano più delle attese, segnando una variazione di
2,2% m/m (consenso: 0,8% m/m), spinti soprattutto dal settore trasporti. Il dato di gennaio è
rivisto verso il basso a -1,3% m/m da -1,1% m/m. Gli ordini di beni di trasporto crescono di 6,9%
m/m (auto +3,6% m/m, aerei civili +13,6% m/m), più che compensato il calo di gennaio. Al netto
dei trasporti, gli ordini sono in crescita di solo +0,2% m/m (consenso, +0,2% m/m). Gli ordini di
beni capitali sono però in calo di -1,5% m/m, nonostante un rimbalzo di +13,5% m/m nella difesa;
al netto di difesa e aerei, il calo è di -1,3% m/m e dà indicazioni deboli per la dinamica degli
investimenti nel 2° trimestre. Le consegne aumentano di 0,9% m/m, e nel comparto dei beni
capitali al netto della difesa l’aumento è di +1% m/m, il primo aumento dopo due cali consecutivi. I
dati sulle consegne risollevano modestamente il quadro degli investimenti fissi delle imprese nel
1° trimestre, che però dovrebbero essere in aumento contenuto. Le scorte crescono di +0,8%
m/m e dovrebbero dare un contributo positivo al PIL a inizio anno.
In rialzo i prezzi delle case in USA nel mese di gennaio. L'indice FHFA, reso noto dalla
Federal Housing Finance Agency, che misura appunto i prezzi delle abitazioni statunitensi, è
cresciuto dello 0,5% rispetto al +0,7% rivisto di dicembre (da +0,8%). Su base annua si è
verificato un incremento dei prezzi del 7,4%.
Le vendite di case esistenti a febbraio calano da 4,62 mln di gennaio a 4,6 mln di unità,
toccando il minimo da luglio 2012 e proseguendo sul trend di dati deboli per il settore in atto da
metà 2013. Sul dato di febbraio pesa anche l’effetto negativo del clima: le vendite crollano nelle
due aree più colpite dal maltempo (Nord-Est -11,3% m/m), mentre aumentano nell’Ovest e nel
Sud, dove il clima è stato normale a febbraio. I prezzi sono in aumento di 9,1% a/a. La
scarsità di case in vendita, sia nuove che esistenti, ha portato a un’accelerazione dei prezzi che
sta frenando in misura significativa la dinamica delle transazioni. Per vedere una ripresa
sostanziale delle vendite occorre che le costruzioni nuove accelerino e che il mercato del lavoro
migliori ulteriormente (con rialzi salariali).
A gennaio i flussi netti di capitali in USA sono risultati positivi per 83 mld di dollari, a
fronte dei -126,7 mld rivisti di dicembre e (-119,6 mld la lettura preliminare). Il dato è stato
pubblicato dal Dipartimento del Tesoro americano
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Cresce lievemente l'inflazione americana nel mese di febbraio. Il dato, comunicato dal Bureau
of Labour Statistics (BLS) americano, ha registrato un salita dello 0,1% come il mese precedente.
Il dato è in linea con le stime degli analisti. Su base annua l'indice è salito dell'1,1%. Il core rate,
l'indice dei prezzi al consumo depurato delle componenti più volatili quali cibo ed energia, ha
evidenziato un aumento dello 0,1% come stimato dal consensus e si confronta con il +0,1% del
mese precedente. Il dato tendenziale si attesta all'1,6%. In particolare, i prezzi della
componente energetica hanno registrato un calo dello 0,5% dopo il +0,6% precedente mentre
quelli della componente alimentare sono saliti dello 0,4% dopo il +0,1% di gennaio.
A febbraio le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono salite oltre le attese dello 0,3%
rispetto a gennaio (quando erano calate dello 0,4%). Lo comunica il Dipartimento del Commercio
Usa. Il dato e' superiore al consensus degli esperti, che stimavano una crescita dello 0,2%. (
Calano a febbraio le costruzioni di nuove abitazioni negli Stati Uniti a 907 mila unità con un
calo dello 0,2% rispetto ai 909 mln rivisti del mese precedente (-11,2% rivisto da -16%). Le
attese degli analisti erano per un aumento del 3,4% a 910 mila unità. Il dato è comunicato dal
Dipartimento del Commercio del Census Bureau degli USA. Su anno si è registrato un progresso
del 6,4%. I permessi edilizi rilasciati invece sono saliti del 7,7% mensile a 1,018 mila unità, contro
le 945 mln rivisti del mese precedente e il +1,6% stimato dagli analisti. Su anno si è registrato un
incremento del 6,9%.
In rialzo dello 0,4% le scorte di magazzino in USA nel mese di gennaio a 1,715 mld di
dollari, in linea con le attese degli analisti. Il dato, comunicato dal Dipartimento del Commercio
degli Stati Uniti, su base tendenziale è salito del 3,9%. Nello stesso periodo le vendite hanno
registrato un calo dello 0,9% a 1,302 mld di dollari, mostrando un aumento annuale del 2,5%. La
ratio scorte/vendite è risultata pari a 1,32 rispetto a 1,30 del mese precedente. A gennaio 2013
il dato si era attestato a 1,30.
In calo dello 0,3% la produzione industriale americana di gennaio, dopo il -0,3% del mese
precedente. Il dato sorprende visto che le attese degli analisti erano per un +0,3%. Su base
annua si è evidenziato un aumento del 2,9%. La produzione manifatturiera è scesa dello 0,8%
contro il +0,3% evidenziato a dicembre, con un aumento tendenziale del 3,4%. Nello stesso
periodo la capacità di utilizzo relativa a tutti i settori industriali si è attestata al 78,5%, in calo
rispetto al 78,9*% del mese precedente e contro il 79,3% atteso dagli analisti. Scende al 76% la
capacità di utilizzo nell'industria manifatturiera contro il 76,7% del mese precedente.
Si allarga il deficit della bilancia commerciale americana, attestandosi nel mese di gennaio a
39,1 miliardi di dollari dai 39 mld rivisti di dicembre. Il dato, comunicato dal Bureau of
Economic Analysis (BEA) del Dipartimento del Commercio americano, risulta lievemente peggiore
delle stime degli analisti che erano per un deficit di 39 miliardi. Le esportazioni di beni e servizi
si sono attestate a 191,3 mld usd (+2,2%), mentre le importazioni si sono portate a 230,3 mld di
dollari.
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Il mercato del lavoro americano continua a dare segnali contrastanti, ma la crescita degli
occupati ha sorpreso positivamente i mercati, provocando un'accelerazione dei derivati sugli
indici statunitensi, a meno di un'ora dalla partenza di Wall Street. Secondo il Job Report, il
numero degli occupato del settore non agricolo è salito di 175 mila unità a febbraio, risultando
superiore ai 149 mila previsti dagli analisti, mentre l'occupazione del settore privato ha mostrato
un incremento di 162 mila unità. Il tasso di disoccupazione è aumentato al 6,7% dal 6,6% del
mese precedente, risultando peggiore delle stime di consensus che avevano indicato un tasso
stabile al 6,6%.
Il numero di disoccupati totali, secondo il Bureau of Labour Statistics (BLS) degli Stati Uniti, si
attesta a 10,46 milioni, in aumento di 223 mila unità rispetto al mese precedente. Le retribuzioni
medie orarie infine sono salite nello stesso periodo dello 0,4% a 24,31 dollari (+9 cents).
La produttività del settore non agricolo in USA nel 4° trimestre del 2013 è stata rivista al
+1,8% dal +3,2% della stima preliminare. Il dato, comunicato dal Bureau of Labour Statistics
(BLS) americano, risulta sotto le attese che avevano previsto un +2,5%. Per quanto riguarda
invece il costo per unità di lavoro il dato è risultato in calo dello 0,1, rispetto alla stima
preliminare di un calo dell'1,6% e del -0,9% del consensus.
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Commissione europea-febbraio 2014
Previsioni Commissione europa
25
Giappone
Il primo aprile, con il nuovo anno fiscale giapponese entra in vigore l’aumento dell’imposta
sulle vendite, l’equivalente della nostra Iva, che si porterà dal 5 all’8%. E’ il primo rialzo da
diciassette anni, ed è stato pensato per contribuire ad avviare verso l’equilibrio (o almeno un
minore disequilibrio) il deficit di bilancio pubblico, che viaggia poco sotto il 10% di Pil.
Il Pil giapponese dell’ultimo trimestre 2013 è cresciuto di uno 0,7% annualizzato, con la
componente dei consumi delle famiglie in progresso di solo lo 0,4%. Si contava in un neppure
troppo virtuoso effetto di accelerazione dei consumi di beni durevoli da parte delle famiglie (i
cosiddetti big ticket items), per anticipare l’aumento delle imposte indirette, ma pare che le cose
non siano andate in questi termini.
Ora c’è una evidente preoccupazione per l’impatto depressivo dell’aumento Iva sui consumi,
dopo che il primo anno di vita della Abenomics ha mostrato una fiammata inflazionistica da costi
(sui prezzi dell’import), ed una sensibile riduzione della fiducia dei consumatori, che si sono
ritrovati col potere d’acquisto eroso dalla corsa dei prezzi. Il governo Abe ha quindi esercitato
una robusta moral suasion sulle imprese per giungere ad aumenti delle retribuzioni di base (e non
solo dei bonus), con risultati sinora non eclatanti.
Il mercato del lavoro giapponese appare sempre più duale, con un nucleo centrale di insider
protetti ed una schiera di outsider semi-precari, che hanno strutture retributive molto scarne.
Si calcola infatti che i lavoratori a tempo determinato o part time siano il 36% del totale.
Altro dualismo da sempre rilevante, in Giappone, è quello tra grandi imprese e PMI, con le
seconde che rappresentano oltre due terzi del totale e che non appaiono particolarmente ansiose
di alzare la componente fissa della retribuzione.
Sul versante che dovrebbe rappresentare la “terza freccia” della Abenomics, quella delle riforme
dal lato dell’offerta, per liberalizzare i mercati del lavoro e dei prodotti, tutto tace.
Abe ha deciso di controbilanciare la stretta fiscale del primo aprile con misure compensative
(cioè espansive) di origine anch’essa fiscale. Come segnala il Financial Times, senza trovare nella
vicenda alcunché di singolare o più propriamente ridicolo, «Il governo Abe ha stanziato 5.500
miliardi di yen di un pacchetto fiscale di spesa – più dei 4.500 miliardi di yen attesi come gettito
aggiuntivo dalla tassa sui consumi il prossimo anno – per controbilanciare l’impatto dell’aumento»
Nel frattempo tutti guardano alla Bank of Japan, che dovrebbe fornire nuovo stimolo per
compensare a sua volta l’aumento Iva ma la tempistica è incerta, dopo che le ultime previsioni del
governatore Kuroda vedono l’inflazione stabile all’1,25% almeno sino all’estate. Tensioni
internazionali permettendo, visto che queste ultime di solito portano con sé un rafforzamento
dello yen.
Per il primo trimestre solare 2014 le stime di Pil giapponese prevedono un balzo del 4,1%
annualizzato, realizzato soprattutto sulla “presa in prestito del futuro”, cioè sui consumi per
evitare l’aumento Iva (se ci saranno). Ma già sul secondo trimestre solare, il primo dell’anno
fiscale giapponese, si prevede una crescita annualizzata del 3,7%.
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In termini di consuntivo è stato rivisto al ribasso il PIL giapponese del quarto trimestre. Il
dato definitivo pubblicato dall'Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office
giapponese, evidenzia una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, dal +0,3% della
stima preliminare e del consensus.
Su base annua il PIL ha registrato un aumento dello 0,7% contro il +1% della prima lettura e
previsto dagli analisti
.
Pil reale var.%
Fonte: Cabinet Office
I primi commenti degli esperti sottolineano che la ripresa delle esportazioni (che avrebbero
dovuto essere rilanciate alla grande dal forte indebolimento dello yen) è risultata assai
inferiore alle aspettative, mentre la forte domanda per beni di importazione ha finito per
pesare sulla performance dell'economia. I maggiori timori riguardano ora gli effetti del rialzo
dell'imposta sui consumi.
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Nuova manovra
Il governo del primo ministro giapponese Shinzo Abe ha approvato una manovra aggiuntiva di
5.460 miliardi di yen, pari a 53,3 miliardi dollari, per l'anno fiscale in corso per finanziare
altre misure di stimolo .
La nuova manovra, che fa seguito a quella da 1.300 miliardi di yen varata lo scorso gennaio per
stimolare l'economia, porterà la spesa pubblica per l'anno fiscale 2013/14, che termina il
prossimo marzo, a circa 98.100 miliardi di yen.
Ciò si confronta con i 100.500 miliardi stanziati l'anno precedente.
La spesa pubblica del Giappone resta espansiva e per Abe nasce la necessità di trovare un
equilibrio tra rilancio della crescita economica a breve termine e contenimento dell'enorme
debito pubblico.
L'attenzione passa ora alla bozza di bilancio annuale per il prossimo anno fiscale che partirà ad
aprile, che dovrebbe essere compilata il 24 dicembre.
"Il nostro obiettivo principale è da una parte la ricostruzione delle finanze pubbliche, dall'altra il
rilancio dell'economia. I paesi OCSE e del G20 si stanno muovendo in questa direzione" ha detto
il ministro delle Finanze Taro Aso.
Il governo non ha bisogno di emettere altro debito per finanziare la nuova manovra perché
utilizzerà le entrate provenienti sia dal gettito fiscale dell'anno in corso atteso maggiore del
previsto, sia dalla vendita di una parte delle sue azioni in Nippon Telegraph and Telephone Corp.
Tokyo ha intenzione di aumentare l'imposta sulle vendite a partire dal prossimo aprile, portandola
all'8% dall'attuale 5%, per poi alzarla al 10% nell'ottobre 2015.
Debito pubblico
Un milione e diciassettemila miliardi di yen, ovvero circa 7.200 miliardi di euro. È la cifra
astronomica raggiunta dal debito pubblico giapponese nel mese di dicembre: l’ennesimo record
per un Paese il cui indebitamento è più del doppio del prodotto interno lordo (il 236/pil).
I dati sono quelli rilasciati dal governo di Shinzo Abe. E non sorprende che, per la fine del 2013, il
ministero delle finanze preveda un nuovo aumento a un milione e trentottomila miliardi di yen.
È stato proprio il premier giapponese a dare il via alla stagione delle politiche ultra-espansive per
combattere la deflazione (ribattezzate “Abenomics” in suo onore).
Secondo il rapporto, i soli titoli di Stato hanno superato i seimila miliardi di euro. Circa tre volte
il debito pubblico italiano.
Ma nessuna crisi all’orizzonte, almeno nel breve termine: il debito, per quanto mastodontico,
è infatti detenuto per la maggior parte dalle stesse famiglie giapponesi.
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Anticipatori
Scende anche a febbraio la fiducia dei consumatori giapponese. Il dato, comunicato
dall'Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese, si è attestato a 38,3
punti dai 40,5 punti del mese precedente, registrando un -2,2%. L'indice resta così al di sotto dei
50 punti, evidenziando un clima ancora negativo. Il dato è anche sotto le attese degli analisti che
si attendevano una discesa più contenuta a 40,3 punti.
Sale l'indice dell'attività complessiva in Giappone, che a gennaio segna una salita dell'1%
dopo il -0,3% rivisto di dicembre . (-0,1% la prima lettura) Il dato è al di sotto delle attese
degli analisti che avevano previsto una salita dell'1,3%. Lo comunica il Ministero dell'economia e
dell'industria.
Il leading indicator del Giappone relativo al mese di gennaio è stato rivisto al rialzo a 113,1
punti dai 112,2 della lettura preliminare e contro i 111,9 di dicembre. Lo rende noto il Cabinet
Office del Giappone nella sua lettura definitiva. Nello stesso periodo l'indice coincidente è salito
a 115,2 punti dai 114,8 della lettura preliminare e dai 112,2 del mese precedente, mentre l'indice
differito (lagging index) si è portato a 116 punti dai 115,6 della stima preliminare e dai 114,8 punti
del mese precedente.
Migliora dello 0,9% nel mese di gennaio l'indice dell'attività dell'industria terziaria in
Giappone, attestandosi a 100,6 punti. Lo comunica il Ministero dell'economia e dell'industria. Il
dato risulta superiore alle attese degli analisti, che erano per un +0,6%. Tra i settori che hanno
registrato l'incremento maggiore ci sono quelli dei servizi per la persona, le vendite al dettaglio e
all'ingrosso e il settore finanziario e assicurativo. Tra i settori in calo va segnalato invece quello
relativo alla fornitura di elettricità, acqua, gas e riscaldamento.
Elementi congiunturali
Frenano le spese delle famiglie giapponesi. A febbraio il dato ha segnato infatti un decremento
dello 0,6% in termini nominali e del 2,5% in termini reali, attestandosi a 266.610 yen. Lo ha
comunicato l'Ufficio statistico nazionale del Giappone. I redditi delle famiglie operaie sono saliti
dello 0,6% in termini nominali mentre sono scesi dell'1,3% in termini reali a 479.268 yen.
Scende a febbraio il tasso di disoccupazione giapponese, che si attesta al +3,6%, rispetto a
gennaio e rispetto a una variazione nulla degli analisti. Il dato è comunicato dal Ministro degli
Affari interni delle poste e telecomunicazioni del Giappone. Il tasso destagionalizzato scende al
3,6%. Il numero dei disoccupati si è attestato a 2,32 milioni, risultando in calo di 450 mila unità
rispetto allo scorso anno. Gli occupati sono pari a 62,83 milioni, in aumento di 410 mila unità pari
allo 0,7% rispetto di un anno prima.
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Stabile l'indice dei prezzi al consumo (CPI) del Giappone nel mese di febbraio, registrando
un incremento dell'1,5% su base tendenziale. Lo comunica l'ufficio nazionale di statistica. Il
dato è in linea con le attese degli analisti. Il dato, al netto delle componenti più volatili, quali i cibi
freschi ed energia, ha registrato una variazione positiva dello 0,1% su base mensile con un +0,8%
su base annua. Il dato preliminare dell'indice dei prezzi al consumo dell'area di Tokyo, relativo al
mese di marzo, ha segnato un rialzo dello 0,4% a livello congiunturale e una salita dell'1,3% su
base tendenziale. L'indice core è salito dello 0,5% su base congiunturale e dello 0,4% rispetto
allo scorso anno. I dati di Tokyo sono ritenuti un ottimo anticipatore del trend di prezzi
nazionale.
Balzano a gennaio le vendite al dettaglio in Giappone, segnando un aumento del 4,4% dopo il
+1,6% registrato a gennaio. Lo ha comunicato il Ministero del Commercio Internazionale e
dell'Industria (METI). Il dato batte nettamente le attese degli analisti che erano per un
decremento dello 0,1%. Su base tendenziale l'aumento è stato del 3,6% rispetto al +4,4% di
gennaio. Le attese degli analisti erano per una crescita del 3,2%.
Diminuisce il negativo della bilancia commerciale giapponese nel mese di febbraio. Il dato
diffuso dal Ministero delle Finanze del Giappone (MOF) si è attestato a -800 mld di yen, in calo
rispetto ai 2,790 miliardi precedenti. Il dato risulta peggiore delle attese degli analisti che
stimavano un deficit di 590 miliardi yen. Nello stesso periodo le esportazioni sono salite del 9,8%
a/a contro attese per un incremento del 12,4%, mentre le importazioni hanno segnato un aumento
del 9% e superiore alle stime di consensus (+7,4%).
La produzione industriale giapponese si è attestata a 103,9 punti nel mese di gennaio,
registrando un incremento del 3,8% rispetto al mese precedente.
Il dato è stato rivisto al ribasso rispetto alla stima preliminare, che aveva previsto un aumento
dell'attività industriale del 4%. Lo comunica il Ministero del Commercio Internazionale e
dell'Industria giapponese (METI) che ha pubblicato i dati rivisti. Su base annua la produzione
ha evidenziato una variazione positiva del 10,4% (+10,6% la stima preliminare).
Sempre nel mese di gennaio le consegne sono state indicate in crescita del 5,1%, come nella prima
lettura, mentre le scorte sono in calo dello 0,9%, esattamente come indicato a fine febbraio. La
ratio delle scorte è pari a -5,4 (-5,6 nella stima precedente).
Si chiude ancora in deficit la bilancia delle partite correnti in Giappone, per il quarto mese
consecutivo. A gennaio il dato si è attestato al livello record di -1.589 mld di yen, rispetto ai -638
mld di yen del mese precedente. Il dato, è stato comunicato dal Ministero delle Finanze (MOF).
Per quanto riguarda le esportazioni sono salite su anno del 16,7%, mentre le importazioni sono
aumentate del 30,3%, portando il saldo della bilancia commerciale in passivo per 2.812 mld.
Scendono dello 0,2% a febbraio i prezzi alla produzione in Giappone, contro una crescita dello
0,2% rivisto registrata il mese precedente. Lo comunica la Bank of Japan. Su base annua il dato
ha mostrato una salita dell'1,8% dal 2,5% di gennaio.
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I prezzi export hanno registrato un calo dello 0,2% su base mensile mentre su anno hanno
evidenziato un decremento del 2,6%. I prezzi import sono scesi invece dello 0,4% su mese e dello
0,4% tendenziale.
In forte calo gli ordini dei macchinari del settore privato in Giappone nel mese di dicembre
che conferma il trend ribassista avviato a novembre. Il dato core, al netto delle componenti
volatili, ha registrato un decremento del 15,7% dopo il +9,3% del mese prima. Il dato complessivo
che include anche queste componenti registra invece un calo del 9,2% dopo il -1,3% precedente.
L'indicatore è stato pubblicato dall'Istituto di Ricerca Economica e Sociale del Giappone (ESRI).
Anche il totale degli ordinativi, che include anche quelli governativi ed esteri, ha registrato
un peggioramento del 3,1% dopo il -5,8% precedente.
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Commissione europea-febbraio 2014
Fonte: Commissione europea
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Germania
Berlino ha rivisto al rialzo le prospettive di crescita della Germania per quest'anno,
indicando una crescita del PIL nel 2014 dell'1,8% dall'1,7% segnalato in precedenza,
mentre per l'anno venturo conferma una crescita del 2%.
Le stime formulate dal Governo tedesco si mostrano più ottimistiche di quelle formulate
congiuntamente dalla Bundesbank e dalla Commissione europea, che indicano un aumento del PIL
dell'1,7% nel 2014 dopo il +0,4% de 2013.
Le nuove stime cono contenute nel rapporto annuale elaborato dal Ministero dell'Economia che
segnala come la ripresa sia trainata soprattutto dalla domanda interna, favorita dal recupero
di fiducia di consumatori ed imprese a dall'applicazione del salario minimo di 8,50 euro l'ora.
Sarà la domanda interna infatti a fungere da traino, mentre quella estera, motore di un'economia
tradizionalmente orientata all'export, per il secondo anno consecutivo darà un contributo
negativo. Le esportazioni saliranno del 4,1% dopo una performance sottotono nel 2013, ma le
importazioni aumenteranno ancora di più, intorno al 5%. Ciò, significa che il commercio con
l'estero sottrarrà lo 0,1% al Pil, si legge nel report annuale del ministero dell'Economia. Questo
dovrebbe ridurre l'elevatissimo avanzo commerciale, per il quale la Germania è stata criticata
dalla Commissione europea, ma anche dagli Stati Uniti.
Il tasso di disoccupazione medio annuo dovrebbe ridursi al 6,8% dal 6,9% del 2013,
guadagnando 240 mila posti di lavoro e portando l'occupazione a 41,1 milioni. Nello stesso tempo,
la crescita dei profitti delle imprese dovrebbe garantire anche aumenti salariali.
Nel primo trimestre, l'economia tedesca e' prevista crescere dello 0,5% nel primo
trimestre rispetto ai tre mesi precedenti. Lo stima l'Istituto tedesco di ricerca economica
Diw, affermando che "l'anno e' iniziato in modo piu' forte di quanto atteso di recente". Per
l'intero 2014 l'Istituto prevede un aumento dell'1,6% del Pil tedesco, anche se rileva di
stare valutando una possibile revisione al rialzo in quanto "stiamo diventando piu' fiduciosi sul
fatto che potrebbe esserci un maggiore spazio di crescita".
In termini di consuntivo la lettura finale del PIL per il 4° trimestre 2013 conferma
l’accelerazione a sorpresa a 0,4%, dopo lo 0,3% t/t del trimestre precedente.
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Dal dettaglio emerge una crescita straordinariamente forte delle esportazioni (+2,6% t/t), a
fronte di import in aumento di 0,6% t/t; i consumi sono in lieve calo (-0,1% t/t), mentre gli
investimenti fissi sono in rialzo di 1,4% t/t.
La variazione annua del PIL accelera a 1,4% a/a da 0,6% del 3° trimestre. In termini di
contributi, la parte del leone è fatta dalle esportazioni nette (1,1pp), seguite dagli investimenti
fissi (0,2pp), a fronte di un contributo nullo dei consumi. In media annua il PIL tedesco è atteso
crescere dell’1,8% quest’anno, dopo lo 0,5% del 2013.
Nel 3° trimestre Il PIL aveva evidenziato un rialzo dello 0,3% su base trimentrale, evidenziando
invece un progresso dell'1,3% su anno.
La Germania chiude il 2013 in bellezza presentando un PIL leggermente superiore alle
attese degli analisti, anche se in rallentamento rispetto al periodo precedente.
Fonte: Destatis
Budget 2014
Il ministro delle finanze Schauble ha presentato il Budget 2014 ed il piano fiscale per il
periodo 2015-18. Il saldo strutturale sarà in pareggio a partire da quest’anno. Dal 2015 in
avanti il fabbisogno da finanziare sarà nullo. Nel 2014 il fabbisogno è stimato a 6,5 miliardi di
euro, il più basso in assoluto degli ultimi 40 anni. Il saldo strutturale è stimato in pareggio. La
spesa complessiva dovrebbe viaggiare sui 298,5 miliardi di euro e salirà a 327,2 miliardi di euro
nel 2018. Le misure prioritarie previste dall’accordo di coalizione prevedono un aumento di spesa
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per 23 miliardi, che dovrebbero essere coperte per lo più tramite maggior gettito per effetto
del recupero ciclico e di aumenti di accise.
Il piano fiscale prevede un aumento della spesa per investimenti in infrastrutture a 27
miliardi di euro, circa il 10% al di sopra del livello attuale. Si prevede, inoltre, un aumento
della spesa pensionistica di circa 2 miliardi di euro entro il 2017, un aumento della spesa
per istruzione di 6 miliardi di euro e di 3 miliardi di euro per la ricerca.
Misure sociali della grosse Koalition guidata dalla cancelliera Angela Merkel
Salario minimo e poi calmiere sui fitti nelle città più care. Ecco le misure sociali che la grosse
Koalition guidata dalla cancelliera Angela Merkel (e composta dalla Cdu, cioè il suo partito, dai
cristianosociali bavaresi della Csu, dalla Spd) si accinge a varare. Sono entrambe iniziative volute
dalla Spd, nell'intento di sostenere il mercato interno e di aiutare i ceti meno abbienti.
Il salario minimo (Mindestlohn) sarà calcolato secondo una tariffa retributiva di 8,5 euro
l'ora, entrerà in vigore dal primo gennaio 2015, e sarà applicato a tutti i contratti di lavoro con
persone dai 18 anni in più. Le eccezioni cioè sono pochissime: riguardano solo le persone
disoccupate da lungo tempo - circa sedicimila cittadini, secondo le statistiche dell'Agenzia
federale per il lavoro - e i giovani che iniziano una Ausbildung, cioè un lavoro che è in realtà anche
un corso di qualificazione professionale. Del Mindestlohn profitteranno, calcola il governo, circa
3,7 milioni di lavoratori dipendenti. La maggior parte di loro risiedono nei Bundeslaender orientali,
cioè nell'ex Ddr, dove oltre un quarto dei lavoratori dipendenti attualmente deve accontentarsi
di paghe orarie inferiori agli 8,5 euro orari.
Molti economisti si sono schierati contro il salario minimo, temendo che aumentando i costi per le
aziende le spinga a licenziare o a non assumere. La maggioranza degli elettori, secondo un
sondaggio pubblicato stamane da Die Welt, non condivide questo timore.
Il salario minimo esiste attualmente per legge in ben ventuno dei ventotto Stati membri
dell'Unione europea. Naturalmente in ogni paese è applicato in modo diverso, sia per le tariffe
calcolate sia per i criteri di applicazione. La tariffa minima è in vigore in Bulgaria, il più povero dei
paesi della Ue, con 1,04 euro orari, quella più alta vige in Lussemburgo con 11,10 euro orari. Limiti
d'età al di sotto dei quali si possono offrire retribuzioni inferiori al salario minimo sono in vigore
ad esempio (25 anni) in Grecia, mentre in Olanda e nel Regno Unito vengono applicate paghe
inferiori rispettivamente sotto i 23 e sotto i 21 anni.
Nel frattempo il ministro della Giustizia federale, il socialdemocratico Heiko Maas, ha
approntato il disegno di legge per fermare la tendenza all'aumento del caro-casa. Il
calmiere sui fitti dovrebbe entrare in vigore, sempre dall'anno prossimo, nei centri abitati della
Repubblica federale dove la situazione sul mercato dei fitti è particolarmente tesa. La legge
imporrà ai nuovi contratti di fitto un limite di aumento del dieci per cento rispetto al contratto
precedente per l'appartamento o immobile, e stabilirà che le provvigioni delle agenzie immobiliari
andranno pagate da chi le ha ingaggiate. Cioè gli inquilini dovranno sobbarcarsele solo se hanno
preso loro l'iniziativa.
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Anticipatori
Resta alto l'umore dei consumatori tedeschi, con la propensione agli acquisti che ha
registrato un aumento considerevole, confermando l'ottimo stato di salute dell'economia più in
salute dell'UE.
L'indice GFK, un indicatore anticipatore del sentiment basato su un campione di 2.000
intervistati, stima per il mese di aprile un risultato di 8,5 punti, invariato rispetto al dato
rivisto di febbraio e perfettamente in linea con le attese degli analisti. Secondo i dati resi
noti mensilmente dal GFK Institute, le aspettative economiche sono migliorate ancora,
registrando un aumento di 1,3 punti a quota 33,2. Le attese sui redditi calano invece di 3 punti
attestandosi a 45,6. La propensione al consumo, infine, ha continuato a lievitare, crescendo di 6,6
punti a 55,5.
In peggioramento a febbraio l'indice IFO della Germania, un importantissimo indicatore sulla
situazione degli affari, attuale e prospettica, che segnala un rallentamento dell'economia più
solida d'Europa. Secondo i dati diffusi dall'IFO Institute, l'indicatore si è attestato a 110,7
punti dai 111,3 di gennaio, risultando al di sotto delle attese degli analisti che stimavano un livello
di 111 punti.
Il sottoindice relativo alle aspettative è sceso a 106,4 punti dai 108,3 precedenti (era
atteso a 107,6). L'indice sulla situazione corrente si è attestato invece a 115,2 punti rispetto ai
114,4 precedenti. In questo caso sono state superate le attese che erano per un valore di 114,6
punti.
L'indagine Pmi sulle condizioni di manifattura e terziario in Germania mostra nella stima
'flash' di marzo l'undicesimo mese consecutivo di espansione ma a ritmo decisamente inferiore
rispetto sia a febbraio sia alle attese. Si attesta a 55,0 l'indice composito, sintesi di manifattura
e servizi, da 56,4 finale di febbraio. I dati Markit mostrano l'indice sul settore dei servizi a 54,0
da 55,9 finale di febbraio, ampiamente al di sotto di 55,5 del consensus.
Elementi congiunturali
Prevista in lieve rialzo l'inflazione in Germania. Nel mese di marzo i prezzi al consumo hanno
registrato una variazione positiva dello 0,3% su base mensile e un incremento dell'1% su
base tendenziale. Il tasso di inflazione relativamente bassa - misurato attraverso l'indice dei
prezzi al consumo - è dovuto motivi differenti. Da un lato si attende un forte incremento del
prezzo dei cibi (+2,2%), dall'altro un netto calo di quelli energetici (-1,6%).
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Il dato preliminare sull'inflazione, diffuso dall'Ufficio Federale di Statistica (Destatis), sulla
base delle risultanze dell'indagine condotta sui Lander tedeschi, risulta poco sotto le attese che
erano per un +0,4% mensile e per un +1,1% annuo.
L'inflazione armonizzata si è attestata allo 0,9% annuale, mentre su mese ha registrato un
+0,3%.
In discesa i prezzi all'importazione in Germania nel mese di gennaio. Su base annua il dato ha
registrato una contrazione del 2,7% dal 2,3% di gennaio 2014 e di dicembre 2013. Lo comunica
l'Ufficio Federale di Statistica della Germania.
Rispetto a gennaio il calo è stato invece dello 0,1%. Al netto dei prodotti petroliferi e minerari si
è registrato un calo dell'1,8% su anno.
Per quanto riguarda i prezzi alle esportazioni, si è registrata una contrazione dello 0,7%
rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre rispetto al mese precedente il dato è
rimasto invariato.
Prezzi alla produzione stabili nel mese di febbraio in Germania. Il dato è rimasto invariato su
base mensile dopo il -0,1% registrato a gennaio. Lo comunica l'Ufficio Federale di Statistica della
Germania. Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente i prezzi hanno segnato una discesa
dello 0,9% dopo il -1,1% del mese precedente. Le attese degli analisti erano per un progresso
dello 0,1% su base mensile e per una flessione dello 0,9% su anno
Calano dell'1,8% tendenziale i prezzi all'ingrosso in Germania relativi al mese di febbraio. Lo
comunica l'Ufficio Federale di Statistica della Germania. La variazione congiunturale rispetto al
mese precedente è pari a -0,1%
Confermata all’1,2% l'inflazione annua in Germania nel mese di febbraio dopo il +1,3% di
gennaio e il +1,4% di dicembre. Il dato risulta in linea con la stima preliminare e con le attese
degli analisti.
Su base mensile, invece, si è registrato un calo dello 0,5%, come quello previsto nella stima
preliminare. Il dato è stato comunicato dall'Ufficio federale di statistica.
Aumenta a 15 mld di euro il surplus della bilancia commerciale tedesca nel mese di gennaio,
rispetto all'avanzo di 13,9 mld di euro di dicembre (dato rivisto da +14,2 mld) e ai 13,6 miliardi di
gennaio 2013. Lo comunica l'Ufficio Federale di Statistica (Destatis). Il dato è in linea con le
attese del mercato. Le esportazioni sono risultate in salita del 2,9% rispetto al mese precedente
mentre su base tendenziale la variazione è stata positiva del 2,2%. Le importazioni hanno
registrato un incremento dell'1,5% m/m e un aumento del 2,4% a/a.
In salita dello 0,8% mensile la produzione industriale tedesca del mese di gennaio, contro
l'incremento dello 0,1% rivisto del mese precedente. Lo comunica l'ufficio nazionale di
statistica tedesco. Il dato è in linea con le attese che avevano previsto una salita dello 0,7%.
Rispetto allo stesso mese di un anno prima, il dato ha registrato una salita del 5%, rispetto al
+3,4% rivisto di un anno fa.
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Accelerano a gennaio gli ordini all'industria della Germania. Il dato ha registrato una salita
dell'1,2% dopoil calo dello 0,5% del mese precedente. Il dato sorprende gli analisti che si
attendevano una crescita dello 0,7%. Lo rende noto l'Ufficio Nazionale di Statistica (Destatis).
Le vendite all'ingrosso in Germania hanno evidenziato nel quarto trimestre un aumento
tendenziale dello 0,7% in termini reali ed un calo dell'1,6% in termini nominali. Lo comunica
l'Ufficio federale di statistica tedesco, precisando che nel solo mese di dicembre, le vendite
all'ingrosso sono salite del 2,4% in termini reali e del 5% in termini nominali rispetto allo stesso
mese del 2012. Il turnover nell'arco di tutto il 2013 ha segnato un decremento dello 0,9% in
termini nominali, mentre è rimasto pressoché stabile in termini reali.
Le vendite al dettaglio nel mese di gennaio hanno registrato un incremento mensile pari al
2,5%. Un dato ampiamente superiore alle stime degli analisti che si attendevano una crescita
pari all'1% dopo il -2,5% registrato a dicembre. Su base annualizzata l'incremento è pari allo
0,9% contro il -1,7% stimato e il -2,4% della statistica precedente.
Resta fermo al 6,8% il tasso di disoccupazione in Germania nel mese di febbraio, mentre i
disoccupati sono scesi per il terzo mese consecutivo ai livelli più bassi da settembre del
2012. Nel dettaglio, i disoccupati sono calati di 14.000 mila unità, portando il totale dei senza
lavoro a 2,914 milioni di unità. Il dato batte le attese degli analisti che stimavano un calo di
10.000 unità. I dati destagionalizzati sono stati comunicati dal Federal Labour Office.
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Commissione europea-febbraio 2014
Fonte: Commissione europea
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Francia
La Banque de France, dopo aver annunciato previsioni ottimistiche per l'ultimo scorcio del
2013, stima una crescita del PIL nel primo trimestre dello 0,2% rispetto ai tre mesi
precedenti, grazie al miglioramento dell'attività industriale e dei servizi. Si tratta tuttavia di
un rallentamento rispetto allo 0,5% stimato dall'istituto transalpino in precedenza, per il
quarto trimestre.
La previsione è stata fornita in occasione dell'ultima indagine sulla fiducia delle imprese francesi;
quest'ultima ha evidenziato che il morale nel settore industriale è rimasto invariato nel mese di
gennaio a 99, appena sotto la media di lungo periodo di 100.
La fiducia nel settore dei servizi è al contempo marginalmente migliorata, salendo a 94 dal 93 di
dicembre. Le aziende hanno dichiarato che si aspettano gli affari migliorino questo mese.
Il PIL ha registrato un aumento dello 0,3% a fronte della stagnazione del 2012 e al +0,2%
del consensus. Nel quarto trimestre il dato è rimasto invariato dal +0,2% dei tre mesi
precedenti. A comunicarlo l'ufficio di statistica nazionale francese che ha diffuso i dati
preliminari.
Fonte: INSEE
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Fonte: INSEE
Una crescita dell'economia francese superiore all'1% è possibile a partire dal 2014 se tutti
gli attori economici si mobiliteranno per il "patto di responsabilità" proposto da Francois
Hollande.
Lo ha detto il ministro dell'Economia, Pierre Moscovici.
"A oggi la previsione è di una crescita dello 0,9% nel 2014 e dell'1,7% nel 2015", ha detto il
ministro in un'intervista a Le Monde per l'edizione del sabato.
"Se tutti gli attori, in questo grande compromesso sociale ed economico, saranno capaci di
mobilizzarsi, la fiducia ritornerà con un'accelerazione degli investimenti e, quindi, noi potremmo
fare più dell'1% dal 2014. E' la nostra volontà", ha detto facendo riferimento al patto annunciato
dal capo di Stato francese.
Commissione Europa ha approvato il progetto di bilancio per il 2014.
Francia promossa dalla Commissione Europa che ha approvato il progetto di bilancio
d'oltralpe per il 2014. "Il piano di bilancio è considerato in linea con i requisiti del Patto di
stabilità e le raccomandazioni fornite in primavera da Bruxelles, secondo cui Parigi ha provveduto
a correggere il suo disavanzo nel 2013/2014". "Per la Francia portare avanti le riforme in modo
determinato è fondamentale" ha affermato il commissario europeo per gli Affari economici e
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monetari, Olli Rehn, nella conferenza stampa di presentazione delle opinioni sui progetti di legge
di stabilità 2014 dei paesi dell'Eurozona.
Soddisfatto il ministro delle finanze francese, Pierre Moscovici secondo il quale "la serietà e la
credibilità" della politica francese è stata confermata oggi dal giudizio della Commissione
europea
Valutazione Corte dei Conti francese
La Corte dei Conti ha fatto sapere, nel suo rapporto annuale 2014, che sussiste un “rischio
significativo” che il debito pubblico sfori l’obiettivo già rimaneggiato del 4,1% nel 2013,
mentre per il 2014 l’obiettivo del 3,6% “appare incerto poiché non esiste alcun margine di
manovra in caso di spese impreviste”. Dal rapporto si evince che, nonostante l’obiettivo 2013 sia
stato abbassato dal 3,0% originario della Legge di programmazione 2012, la crescita deludente
sperimentata lo scorso anno (rispetto allo 0,8% inizialmente stimato) potrebbe ostacolarne il
raggiungimento, viste anche le previsioni troppo ottimiste sulle entrate fiscali, in particolare per
quanto riguarda le imposte sulle società e quelle sul reddito. Le entrate complessive potrebbero
alla fine essere inferiori alle attese per circa 3,5 mld di euro (pari a poco meno dello 0,2% del
PIL). Più in generale, la Corte sottolinea che sussistono “dubbi consistenti su numerosi elementi
dei conti dell’amministrazione pubblica” sulla base dei conti previsionali della spesa pubblica di
dicembre 2013, anche se non sono ancora stati ispezionati in dettaglio dalla Corte. Il dato finale
sul rapporto deficit/PIL sarà pubblicato dall’INSEE a fine marzo prossimo.
Anticipatori
Migliora a marzo la fiducia dei consumatori francesi. Il relativo indice, comunicato dall'Ufficio
Statistico Nazionale francese (INSEE), è salito infatti di ben 3 punti portandosi a 88 punti
rispetto agli 85 di febbraio. Risale anche l'indice relativo ai cambiamenti della situazione
economica generale degli ultimi 12 mesi che si porta a -69 punti dai -73 precedenti così come
quello relativo alle condizioni future, che passa a –47 dai –51 punti del mese precedente.
Migliora leggermente a marzo il sentiment del mondo degli affari francese, ma solo quello
complessivo. Nel mese in esame l'indice generale è infatti salito a 95 punti rispetto ai 94 di
febbraio, mettendo fine a tre mesi consecutivi di impasse. La fiducia delle imprese resta invece
immutata per il quarto mese consecutivo a quota 100, come previsto dagli analisti. Lo comunica
l'Ufficio Statistico Nazionale francese (INSEE). Fra gli altri settori, il sentiment del commercio
al dettaglio è salito da 95 a 97 punti, quello dei servizi a 93 da 92 punti. In miglioramento anche
il settore dell'edilizia che si porta a 94 punti dai 93 di febbraio.
L'attività economica francese è cresciuta a marzo al ritmo più intenso da oltre due anni e
mezzo smentendo le attese di un ulteriore calo. La lettura preliminare dell'indice composito
Pmi a cura di Markit è balzata a 51,6 da 47,9 di febbraio, massimo da agosto 2011 e
42
ampiamente sopra la soglia di 50 che separa contrazione da crescita. Tanto il settore servizi
quanto il manifatturiero hanno contribuito al recupero, con il Pmi servizi salito a marzo a 51,4 da
47,2 (sopra il consensus di 47,5) e il manifatturiero a 51,9 da 49,7, anche in questo caso sopra le
aspettative più ottimistiche (49,8 il consensus). A guidare il miglioramento sono stati i nuovi
ordini, tornati a crescere dopo cinque mesi di contrazione con una domanda particolarmente
forte dall'estero nel settore manifattura. La crescita si è però alimentata di un taglio dei prezzi,
a scapito dei margini delle società.
Elementi congiunturali
In ripresa le spese delle famiglie in Francia a febbraio, dopo il crollo di gennaio (-2,1%). Il
dato ha segnato infatti un rialzo mensile dello 0,1%. Su anno si evidenzia una discesa dello 0,3%.
Lo comunica l'Istituto di Statistica Nazionale francese (INSEE), specificando che il rimbalzo di
acquisti di auto è stato compensato da un calo nella maggior parte delle voci, in particolare dal
consumo di prodotti alimentari.
Accelera l'inflazione in Francia nel mese di febbraio. Il dato sui prezzi al consumo, diffuso
dall'Istituto Statistico Nazionale Francese (INSEE), è risalito dello 0,6% mensile, dopo il 0,6% di gennaio. Su base annua i prezzi al consumo hanno registrato un incremento dello
0,9%, mostrando un allungo rispetto al +0,7% dei due mesi precedenti. Recupera anche l'indice
dei prezzi depurato dei tabacchi, che registra un aumento dello 0,5% su mese (+0,8% su anno).
L'inflazione core sale dello 0,5% su mese (-0,4% il precedente), mentre su anno ha registrato
un'accelerazione allo 0,7%.
Disoccupati in aumento in Francia nel mese di febbraio. Il numero delle persone in cerca di
impiego ha evidenziato un aumento dello 0,9% (+31.500 unità) rispetto al mese precedente,
attestandosi a 3,347 milioni. Lo comunica il Ministero del lavoro francese, aggiungendo che su
anno la crescita della disoccupazione si attesta al 4,7%. A picco a gennaio le spese delle famiglie
in Francia, dopo il balzo di dicembre (+2,8%). Il dato ha segnato infatti un calo mensile del 2,1%.
Su anno si evidenzia una discesa dello 0,5%. Lo comunica l'Istituto di Statistica Nazionale
francese (INSEE).
Il saldo delle partite correnti ha evidenziato a gennaio un disavanzo di 3,9 miliardi di euro,
in aumento rispetto al deficit di 1,2 miliardi precedenti. Lo si apprende dalla Banque de France.
Nel 4° trimestre risale dello 0,1% il numero di occupati del settore non agricolo in Francia.
Lo ha comunicato l'Istituto di Statistica Nazionale francese (INSEE) che ha confermato oggi la
lettura preliminare dello scorso 14 febbraio. Confermato anche il dato su base annua, che segna
un decremento dello 0,4%.
Continua a contrarsi la produzione industriale in Francia. Anche nel mese di gennaio il dato
dell'output complessivo ha mostrato una variazione negativa dello 0,2% dopo il -0,6% di
43
dicembre, mentre su base annua si è registrato un rialzo dello 0,6%. La produzione
manifatturiera è invece migliorata dello 0,7% dopo la variazione nulla del mese precedente. A
livello tendenziale si è registrata una crescita dell'1,1%. Lo comunica l'Ufficio di statistica
nazionale (INSEE).
In netta discesa soprattutto la produzione di minerali, energia e alcuni servizi (acqua e rifiuti),
mentre si riprende quella di carbone e prodotti petroliferi dopo il crollo di dicembre.
Migliora la situazione dei conti con l'estero. A dicembre la bilancia commerciale ha registrato
un deficit pari a 5,73 mld di euro, in aumento dal rosso di 5,21 mld registrati nel mese
precedente. Lo comunica l'Ufficio doganale francese. Il dato delude le attese che erano per un
deficit più contenuto di 4,8 mld. Le esportazioni sono scese a 36,286 mld da 36,995 mld, mentre
le importazioni sono scese e 42,018 mld da 42,157 mld.
Il tasso di disoccupazione si stabilizza al 9,8% nel 4° trimestre 2013 dal 9,9% del 3°
(rivisto al ribasso da 10,5%). Sebbene anche il dato del 3° trimestre sia stato sostanzialmente
rivisto al ribasso a causa della modificazione dei questionari sull’occupazione (Enquête Emploi), la
disoccupazione a fine 2013 è comunque calata di un decimo e ciò si spiega, tuttavia, non con un
aumento della percentuale degli occupati, rimasta invariata al 64,0%, ma con il calo di un decimo
del tasso di partecipazione, come emerge dall’indagine INSEE. Il numero dei senza lavoro
diminuisce a 2,788 milioni di unità da 2,829 milioni. In media annua pertanto la disoccupazione
è stata pari al 9,9% nel 2013 dal 10,2% del 2012.
A picco a gennaio le spese delle famiglie, dopo il balzo di dicembre (+2,8%). Il dato ha segnato
infatti un calo mensile del 2,1%. Su anno si evidenzia una discesa dello 0,5%. Lo comunica
l'Istituto di Statistica Nazionale francese (INSEE).
I prezzi alla produzione in Francia sono scesi dello 0,6% su base mensile, con l'indicatore
che si attesta a 108,2 punti. Il dato si confronta con il +0,1% del mese precedente. Gli
analisti stimavano un decremento più contenuto dello 0,3%. Su base tendenziale si è registrato un
tonfo dell'1,2%. Lo comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica francese (INSEE).
I prezzi degli alimentari e del tabacco sono scesi dello 0,2% su base mensile, mentre su anno
hanno evidenziato un -0,7%. I prezzi dei prodotti energetici e delle commodities sono crollati del
2,1% su mese e dell'1,6% su anno.
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Commissione europea-febbraio 2014
Fonte: Commissione europea
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Regno Unito
Il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, è intervenuto alla Camera dei Comuni
presentando il bilancio pubblico 2014. A un anno dalle elezioni, per il Governo UK è tempo di parlare
approfonditamente di budget. Da una parte un consolidamento dei conti e dall’altra una
diminuzione per il carico fiscale delle famiglie, ricetta per una crescita che toccherà il 2,7%,
sostenuta dalla politica espansiva della Banca d’Inghilterra.
“Il Regno Unito cresce più velocemente di Germania, Giappone e Stati Uniti” ha dichiarato
Osborne, aggiungendo che nessuna al mondo, delle attuali economie avanzate, sta crescendo ai
ritmi di quella Britannica. Secondo le previsioni della Bank of England, la crescita sarà del
circa 3,4%, mentre il Fondo Monetario Internazionale pronostica un più contenuto 2,4%.
Fatto sta che entro la metà del 2014 il Pil UK sarà ritornato a livelli pre-crisi, la correzione alla
spesa pubblica ha cosí innescato un meccanismo di crescita e fiducia nello Stato. Nuove
agevolazioni per i pensionati, variazioni a favore dei risparmiatori e agevolazioni fiscali alle
imprese sotto forma di sconti fiscali sugli investimenti e di misure ad hoc per tagliare il costo
energetico, tallone d’achille della industria manifatturiera.
Tra i punti focali del budget si evidenzia anche che nel settore dei trasporti l’aumento previsto
per settembre è stato annullato e in più verrà estesa la linea Overground londinese, facilitando la
connessione al centro per diverse zone decentralizzate con tanto di 150.000£ in dote alle case
popolari che le rifiniscono. Nuove sovvenzioni anche per le ambulanze aeree e 200.000£ per
riparare le buche che danneggiano e rallentano il traffico.
Per il mercato enegetico, oltre alle già menzionate agevolazioni aziendali, vi sarà l’istituzione di un
cosidetto osservatorio di mercato, che vigilerà sui costi, al fine di garantire che le luci possano
rimanere accese al minore costo possibile.
Finanziamenti in vista anche per l’educazione e la ricerca: 42 milioni di Sterline per la
fondazione dell’Alan Turing Institue, organismo di eleborazione dati di Stato e una politica di
sostegno sempre più presente per la famiglie disagiate con bambini a carico ed entrambi i genitori
lavoratori, per permettere ai piccoli di non rimanere esclusi nel loro percorso d’istruzione.
Anche gli ISA, Individual Savings Account subiranno riforme.
Attualmente, gli aderenti a piani pensionistici privati (i cosiddetti schemi a contribuzione definita),
quando giungono al termine della vita lavorativa ed entrano in regime di pensionamento, sono
pressoché costretti a convertire il proprio montante pensionistico in una rendita, visto che il
prelievo del montante per contanti è soggetto ad una aliquota fiscale punitiva del 55%, al netto di
una piccola franchigia. Col regime proposto da Osborne, che ha specificato che “nessuno sarà più
obbligato a comprarsi una rendita”, ogni cittadino potrà tornare in possesso in ogni momento del
proprio montante contributivo, in esenzione di imposta per il 25%, e tassato con la propria aliquota
marginale per il restante 75%.
Con alta probabilità il numero di quanti si prenderanno i soldi sarà altissimo, ed è altrettanto
verosimile che in molti se li spenderanno ben prima di giungere al momento del pensionamento, per i
motivi più vari. Questo avrà delle ricadute di breve termine piuttosto evidenti: un impatto positivo
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pressoché immediato sui consumi, che a sua volta determinerà maggiore gettito fiscale attraverso
la VAT, l’equivalente britannica dell’Iva.
Il deficit-Pil resta molto elevato, quest’anno al 6,7%, tra i più alti del mondo sviluppato, e
dovrebbe scendere il prossimo anno al 5,5%.
La Banca d'Inghilterra ha ritoccato all'insù le sue stime sull'economia. La banca centrale
britannica stima ora un Prodotto Interno Lordo al 3,4% rispetto alla precedente proiezione
del 2,8%.
Nel rapporto trimestrale dedicato all'inflazione la Bank of England (BOE) conferma gli stimoli
monetari pari a 375 miliardi di sterline che saranno mantenuti fino al primo aumento dei tassi di
interesse, ora allo 0,5%. Un rialzo che non sembra poi così lontano. La BOE, infatti, ha detto che
il tasso di disoccupazione nel Regno Unito è sceso molto più velocemente del previsto e la
soglia del 7% potrebbe essere raggiunta già nella primavera di quest'anno.
In termini di consuntivo, l'economia britannica evidenzia una decisa accelerazione nel 4°
trimestre, confermando una ripresa in atto da inizio anno.
Pil reale
Fonte: Ons
Nel 4° trimestre del 2013, infatti, il PIL del Regno Unito ha evidenziato un incremento dello
0,7% su base trimestrale, dopo aver registrato un incremento dello 0,8%, nel trimestre
precedente. Il dato risulta in linea con le attese degli analisti. Secondo i dati dell'ONS (Office for
National Statistics), la crescita tendenziale accelera al 2,7% dall'1,9% precedente.
A livello settoriale ristagna il settore dei servizi, il cui output non ha segnato alcuna crescita,
mentre accelerano i settori agricolo +0,5% ed industriale +0,7%. Frenano le costruziuoni -0,3%.
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Anticipatori
Frenata inattesa per l'attività del settore servizi a dicembre in Gran Bretagna, la cui
economia dovrebbe comunque aver archiviato l'anno con l'espansione più consistente dal 2007. E'
quanto emerge dall'indice Pmi (Purchasing Managers'Index) elaborato da Markit sulla base di
un'indagine congiunturale tra i direttori acquisti di categoria, che ha rallentato a 58,8, invece di
mantenere quota 60 registrata a novembre, così come avevano stimato gli economisti condotti da
Reuters. L'indice rimane comunque ben oltre la soglia dei 50 punti che separa la crescita dalla
contrazione, mentre il sottoindice della fiducia è salito al massimo da marzo 2010, a 73,5. In
rallentamento anche il Pmi composito, sintesi di manifatturiero e servizi, a 59,5 da 60,4.
Alla luce di tali indicazioni, l'economia britannica, secondo gli analisti Markit, dovrebbe aver
chiuso il quarto trimestre con una crescita congiunturale dello 0,8%, mentre a perimetro
annuo il Pil dovrebbe aver registrato un incremento dell'1,9%, segnando l'espansione più
sostenuta dall'inizio della crisi finanziaria nel 2007.
L'attività manifatturiera in Gran Bretagna è cresciuta meno rapidamente delle attese a
dicembre ma il settore appare ancora sulla buona strada per segnare una crescita della
produzione di oltre 1% nel quarto trimestre.
L'indice Pmi elaborato da Markit è sceso a dicembre a 57,3 contro i 58,1 punti segnati a
novembre, massimo degli ultimi tre anni. Il dato è leggermente sotto le previsioni degli analisti
che convergevano su 58, ma sopra la soglia di 50 che separa l'espansione dalla contrazione. La
media degli ultimi tre mesi dell'anno è la più alta dal primo trimestre 2011.
Elementi congiunturali
Tornano a crescere le vendite al dettaglio britanniche. Nel mese di febbraio il dato ha
evidenziato un incremento dell'1,7% che si confronta con il -1,5% del mese precedente. Lo rende
noto l'Office for National Statistics (ONS) della Gran Bretagna. Le attese degli analisti erano
per un incremento più contenuto dello 0,5%. Su base annua c'è stata una variazione positiva nella
misura del 3,7%, che si confronta con il +4,3% di gennaio. La lettura anche in questo caso è
superiore alle stime di consensus che erano per un aumento del 2,5%. Le vendite al dettaglio
core, che escludono i carburanti, sono cresciute del 4,2% su anno a fronte del 2,8% atteso dal
mercato. La variazione su base mensile è positiva per l'1,8% (+0,3% le attese).
Decelera ancora l'inflazione nel Regno Unito. Nel mese di febbraio l'indice dei prezzi al
consumo è aumentato dell'1,7% su base tendenziale, contro l'aumento dell'1,9% registrato il
mese precedente. Il dato risulta perfettamente in linea con le stime deglianalisti. Su base
mensile i prezzi al consumo risultano invece in aumento dello 0,5%, dopo il -0,6% registrata a
gennaio. Anche questo dato è in linea con il consensus. Il dato è stato comunicato dall'Office for
National Statistics (ONS). Scende anche l'indice dei prezzi al dettaglio (RPI) che si porta al
+2,7% dal 2,8% registrato nel mese precedente. Su mese si è verificato un aumento al +0,6%
rispetto al -0,3% di gennaio.
48
Continuano a scalare le marce i prezzi alla produzione in Gran Bretagna. Nel mese di febbraio
l'indice dei prezzi alla produzione (output) è rimasto invariato a livello congiunturale dopo il
+0,3% di gennaio. Il dato è inferiore alle attese degli analisti che stimavano un incremento dello
0,7%. A livello tendenziale i prezzi hanno evidenziato una crescita dello 0,5%, contro il +0,9%
riportato a gennaio.
Lo comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica (ONS) del Regno Unito.
L'indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, risulta in salita dell'1,1% su anno
dopo il +1,2% del mese precedente, mentre su mese si registra un incremento dello 0,1% rispetto
+0,5% precedente.
Proseguono la corsa al rialzo i prezzi delle case. Lo rileva il rapporto mensile dell'Office for
National Statistics (ONS) che segue quelli degli Istituti privati Halifax e Nationwide. Il rapporto
segnala che a gennaio si è registrato un incremento dello 0,6% rispetto a dicembre, mentre su
anno il prezzo delle case è cresciuto del 6,8% dal 5,5% registrato il mese precedente.
Aumenta a gennaio il deficit della bilancia commerciale dei beni della Gran Bretagna,
attestandosi a 9,8 mld rispetto al passivo di 7,7 mld registrato nel mese precedente. Il dato,
reso noto dall'Office for National Statistics della Gran Bretagna (ONS), risulta peggiore delle
attese, che indicavano un rosso di 8,6 miliardi. In particolare, il commercio dei beni verso i Paesi
dell'UE ha generato in deficit di 5,8 miliardi dai 5,3 miliardi precedenti, mentre il disavanzo con i
Paesi terzi si è attestato a 4 miliardi dai 2,3 miliardi precedenti.
Per quanto riguarda la bilancia commerciale complessiva, il deficit balza a 2,6 miliardi dai
0,7 miliardi precedenti, dopo aver beneficiato di un surplus nei servizi di 7,2 miliardi (7 miliardi
nel mese precedente).
La produzione industriale ha segnato una ulteriore crescita a gennaio dopo quella di
dicembre. Gli ultimi dati diffusi dall'Istituto Nazionale di Statistica della Gran Bretagna (ONS)
segnalano che l'indice della produzione ha registrato un incremento dello 0,1% rispetto al mese
precedente. Il dato tendenziale mostra invece una salita del 2,9%. Gli analisti stimavano un
aumento più forte dello 0,2% su base mensile e del 3% tendenziale. Sale anche per la produzione
manifatturiera, che segna un aumento dello 0,4% su mese e del 3,3% su anno (le attese erano
+0,3% congiunturale e +3,3% tendenziale).
Nel mese di gennaio il numero dei senza lavoro richiedenti sussidi alla disoccupazione è
diminuito in Gran Bretagna di 27.600 unità a quota 1,22 milioni, livello più basso dal dicembre
del 2008, mentre rispetto all'anno prima la diminuzione è stata di 327.600 unità. In quest'ultimo
caso, si tratta del maggior calo annuale dal marzo del 1998.
Il relativo tasso è sceso al 3,6%, di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1 punto
rispetto allo scorso anno. Lo rende noto l'Office for National Statistics (ONS).
Nel trimestre settembre-dicembre il tasso di disoccupazione è sceso rispetto al trimestre
precedente di 0,4 punti al 7,2%, risultando in calo di 0,6 punti percentuali nei confronti dello
49
stesso periodo di un anno prima, con un totale di disoccupati pari a 2,34 mln di unità (-125 mila
rispetto al trimestre precedente e -161 mila rispetto al quarto trimestre del 2012). Nel solo
mese di dicembre il tasso di disoccupazione, pari al 7,2%, è risultato però in crescita rispetto al
7,1% di novembre. Nello stesso periodo il numero degli occupati si è attestato a 30,15 mln di
unità (+193 mila sul trimestre precedente). Infine, il tasso di crescita dei salari medi (esclusi i
bonus) è cresciuto dell'1% mentre quello che include i bonus è salito dell'1,1%.
50
Commissione europea- febbraio 2014
51
1.3 Area Euro
Nell’ultimo trimestre del 2013 il PIL in termini reali dell’area dell’euro è aumentato dello 0,3 per
cento sul periodo precedente, registrando quindi il terzo incremento consecutivo. La dinamica
degli indicatori di fiducia basati sulle indagini congiunturali fino a marzo è coerente con il
perdurare di una crescita moderata anche nel primo trimestre di quest’anno. In prospettiva, la
ripresa in atto dovrebbe proseguire, seppure a un ritmo contenuto. In particolare, si dovrebbe
concretizzare un ulteriore miglioramento della domanda interna, sostenuto dall’orientamento
accomodante della politica monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai
progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali.
Inoltre, i redditi reali beneficiano di prezzi dell’energia più contenuti.
L’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della
domanda di esportazioni dell’area. Al tempo stesso, seppure in fase di stabilizzazione, la
disoccupazione resta elevata nell’area dell’euro e i necessari aggiustamenti di bilancio nei settori
pubblico e privato continueranno a pesare sul ritmo della ripresa.
Tale valutazione trova sostanziale riscontro anche nelle proiezioni macroeconomiche per l’area
dell’euro formulate in marzo dagli esperti della BCE, che prevedono una crescita annua del
PIL in termini reali dell’1,2 per cento nel 2014, dell’1,5 nel 2015 e dell’1,8 nel 2016.
Rispetto alle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema di dicembre 2013,
l’espansione del PIL in termini reali indicata per il 2014 è stata rivista lievemente al rialzo.
I rischi per le prospettive economiche dell’area dell’euro continuano a essere orientati al
ribasso. Gli andamenti nei mercati finanziari mondiali e nelle economie emergenti, nonché i rischi
geopolitici, potrebbero essere in grado di influenzare negativamente le condizioni economiche.
Altri rischi al ribasso includono una domanda interna e una crescita delle esportazioni inferiori alle
attese e un’attuazione insufficiente delle riforme strutturali nei paesi dell’area dell’euro.
In termini di aspettative rallenta leggermente il ritmo di espansione dell'attività in Eurozona.
Secondo le stime preliminari diffuse da Markit, a marzo il PMI manifatturiero dell'intera
Area che adotta l'euro è sceso a 53 punti rispetto ai 53,2 di febbraio.
In calo da 52,6 a 52,4 anche il PMI servizi mentre quello composito si porta a quota 53,2 punti
rispetto ai 53,3 punti di febbraio.
In pausa di riflessione anche la Germania, con il PMI manifatturiero in discesa a 53,8 da
54,8 punti. Sorpresa Francia, dove invece il manifatturiero è balzato 51,9 dai 49,7 punti di
febbraio, uscendo così dalla zona contrazione. Gli analisti stimavano un valore a 49,8 punti.
Manca l'effetto positivo sull’occupazione, con un aumento dell’organico quasi insignificante rispetto
al mese precedente. Fattore chiave che condiziona la creazione di nuovi posti di lavoro, per le
aziende, resta la pressione concorrenziale. Molte sono quelle che hanno avvertito la necessità di
ridurre l’organico per compensare gli sconti finalizzati a stimolare le vendite, con un calo della
media delle tariffe che continua ormai da aprile 2012.
52
La ripresa economica nell’Area Euro si è estesa ora a nove mesi consecutivi, si tratta del periodo di
espansione più forte dalla prima metà del 2011. Tutti i Paesi membri hanno contribuito
positivamente al raggiungimento di questo risultato, con i maggiori apporti avuti dall’Italia e dalla
Germania.
A consuntivo è confermato in rialzo dello 0,3% il PIL di Eurolandia relativo al 4° trimestre
del 2013, rispetto al +0,1% registrato nel 3° trimestre. Lo rende noto l'Ufficio centrale di
statistica dell'Unione europea (EUROSTAT), che ha comunicato oggi la seconda ed ultima release,
perfettamente in linea con le attese del mercato. Rispetto al trimestre dell'anno precedente si
evidenzia un aumento dello 0,5%, come nella stima preliminare, rispetto al -0,3% riportato
nel 3° trimestre dell'anno.
Nell'intera Unione Europea (UE) il Prodotto Interno Lordo ha registrato un progresso dello 0,4%
congiunturale, mentre rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si è avuto uno scatto in
avanti dell'1,1%.
Anticipatori
In marzo €-coin è salito a 0,38 da 0,35 in febbraio, ritornando su livelli analoghi a quelli
dell’estate 2011. L’indicatore è stato sospinto dall’aumento dei corsi azionari e dal consolidamento
della fiducia di famiglie e imprese.
Nel mese di marzo il clima affari nella Zona Euro si è attestato a +0,39 punti, risultando in
crescita rispetto al +0,36 di febbraio. Lo comunica la Commissione europea.
Continua a migliorare la fiducia dell'economia di Eurolandia. A marzo l'indice che la misura è
aumentato a 102,4 punti dai 101,2 punti di febbraio. Il dato è reso noto la Direzione Generale
degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG ECFIN). Nel complesso dell'Unione
Europea, l'indice del sentiment generale è salito a 105,3 da 105 punti. Per quanto riguarda le
componenti dell'indice per l'Eurozona, la fiducia dei consumatori si porta a -9,3 da -12,7. In
peggioramento quella delle imprese che si attesta a -3,3 da -3,5 e quella delle costruzioni a -28,8
da -28,5, mentre quella dei servizi sale a +4,2 da +3,3. Bene quella del commercio al dettaglio a 2,6 da -3.
Migliora a marzo la fiducia dei consumatori di Eurolandia. La stima flash del dato sul sentiment
dei consumatori indica un valore di -9,3 punti dai -12,7 punti di febbraio. Il dato risulta migliore
alle attese degli analisti che erano per un piccolo miglioramento a -12,3 punti. Anche nel complesso
dell'Unione Europea l'indicatore mostra un passo indietro, portandosi a -6,7 dopo il -9,3 di
febbraio. Lo rende noto la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità
europea (DG ECFIN).
Il sentiment della zona euro è salito a marzo al suo livello più alto dall'aprile 2011, guidato
dalla visione ottimistica degli investitori sulle attuali condizioni.
53
Il gruppo di ricerca Sentix riferisce che l'indice che traccia il morale nella zona euro è salito a
13,9 punti a marzo dai 13,3 di febbraio, mancando di pochissimo il consensus a 14 punti di un
sondaggio Reuters.
Il sotto indice sulle attuali condizioni a marzo è salito a 4,8 da 1,8, il più alto dal luglio 2011,
mentre l'indice sulle aspettative è sceso leggermente a 23,5 da 25,5.
La Zona Euro prosegue decisa la via della ripresa, complice il rafforzamento di tutti i
settori: quello manifatturiero e quello dei servizi. Il PMI dei servizi a febbraio è cresciuto a
52,6 punti dai 51,6 del mese prima, venendo rivisto al rialzo rispetto ad una stima preliminare di
51,7. Il dato, che appare ben oltre le attese del mercato, segna un record degli ultimi 32 mesi. La
ripresa economica nell’Area Euro si è estesa ora ad otto mesi consecutivi, si tratta del periodo di
espansione più forte dalla prima metà del 2011. Tutti i Paesi membri hanno contribuito
positivamente al raggiungimento di questo risultato, con i maggiori apporti avuti dall’Italia e dalla
Germania.
Elementi congiunturali
L'inflazione in Eurozona a febbraio ha frenato allo 0,7%, evidenziando un peggioramento
rispetto allo 0,8% anticipato dalla stima flash e rispetto allo 0,8% di gennaio. Il dato risulta
anche al di sotto delle attese degli economisti, che lo indicavano stabile allo 0,8%. L'inflazione è
cresciuta su base mensile dello 0,3% dopo aver registrato un -1,1 a gennaio, ma risulta inferiore al
+0,4% atteso dagli analisti. Il dato core sui prezzi al consumo - che esclude alimentati alcol e
tabacchi - segna un +0,5% su mese ed un +1% tendenziale (come atteso).
Nell'intera Unione Europea, l'inflazione è rallentata allo 0,8%, in calo rispetto allo 0,9% di gennaio.
La crescita mensile è pari allo 0,3%.
Sesto mese positivo per il settore europeo dell'auto, a conferma del graduale recupero del
mercato dopo la profonda crisi strutturale vissuta in questi ultimi tre anni. Nel mese di febbraio,
fa sapere l'Associazione europea dei produttori di auto (ACEA), le immatricolazioni nella UE (EU
28 + EFTA, l'Associazione europea del libero scambio) hanno segnato un aumento del 7,6% a
894.730 unità.
Tra i cinque principali mercati, si segnala il trend decisamente positivo di Spagna (+17,8%), Regno
Unito (+3%) e Germania (+4,3%). Migliora l'Italia (+8,6%) mentre la Francia scala le marce
segnando una flessione dell'1,4% dopo il boom registrato a dicembre.
In surplus la bilancia commerciale della Zona Euro nei confronti del resto del mondo. A gennaio
si è registrato un avanzo di 0,9 mld di euro, in forte calo rispetto ai 13,8 mld di dicembre e ai 6
mld attesi dagli analisti. Il dato si confronta con il disavanzo di 5,4 mld dello stesso periodo del
2013. Lo rende noto l'Istituto di statistica dell'Unione Europea (Eurostat). Le esportazioni su
base destagionalizzata sono cresciute dell'1% mentre le importazioni sono calate del 3%. Per
l'intera Unione Europea (EU-28) si è registrato un passivo di 13 mld di euro, rispetto al deficit di
54
17,7 miliardi dello scorso anno ed al surplus di 8,1 miliardi rivisti di dicembre. Le esportazioni sono
scese dell'1% mentre l'import ha segnato un calo del 4%.
E' risultato in aumento dell'1,4% tendenziale il costo del lavoro nella Zona Euro nel
4°trimestre 2013, rispetto al +1% registrato nel 3° trimestre. Lo comunica l'Eurostat. Anche per
l'intera Unione Europea c'è stata una crescita pari all'1,2% dal +1,1% registrato nel trimestre
precedente.
Torna a crescere a gennaio la produzione nel settore costruzioni dell'Eurozona.
Il dato ha evidenziato un incremento dell'1,5% su base mensile, mentre su anno ha registrato una
salita dell'8,8%. Lo comunica Eurostat. A dicembre l'output era salito dell'1,3% rispetto al mese
precedente. Nell'Europa dei 28 si è registrato un miglioramento dell'1,3% mensile, ancora in
aumento dopo il +1,2% registrato a dicembre, e una risalita del 7,3% su base annua. Sale dello 0,1% il tasso di occupazione della Zona Euro alla fine del quarto trimestre,
rispetto al trimestre precedente quando il dato è rimasto stabile. A livello tendenziale
l'occupazione è scesa dello 0,5%. Il dato è stato reso noto dall'Istituto di Statistica dell'Unione
Europea (Eurostat). Nell'intera Unione Europea il numero degli occupati è risultato in aumento
dello 0,1% su base trimestrale (+0,1% il dato precedente), registrando una variazione negativa
dello 0,1% su base tendenziale (-0,3% il dato precedente).
Prosegue anche a gennaio la contrazione della produzione industriale di Eurolandia. L'indice ha
registrato una flessione mensile dello 0,2% dopo il -0,4% rivisto di dicembre (-0,7% la lettura
preliminare). Il dato comunicato dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat) risulta
decisamente inferiore alle attese degli analisti che avevano previsto un incremento dello 0,5%.
Su base annua, la produzione ha mostrato invece un rialzo del 2,1% dopo il +1,2% rivisto di
dicembre (+0,5% il preliminare). In questo caso il dato batte il consensus che era per una crescita
dell'1,9%. Per quanto riguarda, l'Europa dei 28 il dato ha evidenziato un +0,1% congiunturale dopo il
-0,4% registrato il mese precedente. Su anno la produzione ha registrato invece un balzo del 2,4%
dopo il +1,4% di dicembre.
Boom delle vendite al dettaglio della Zona Euro a gennaio. Nel mese in esame il dato ha
registrato un incremento dell'1,6% rispetto al -1,3% del mese precedente. Il dato è stato
pubblicato dall'Eurostat.
Su base annua, le vendite al dettaglio mostrano, invece, una salita dell'1,3% rispetto al -0,4% del
mese precedente. Entrambi i dati sono decisamente migliori delle attese degli analisti, che erano
per un +0,8% mensile e un -0,4% annuale.
Le vendite nell'Europa dei 28 sono salite dello 0,9%, dopo il -0,7% del mese precedente. Su base
annua sono invece aumerntate dell'1,9% dal +0,5% precedente.
In frenata i prezzi alla produzione della Zona Euro, che registrano a gennaio un calo dello 0,3%
rispetto al +0,2% del mese precedente. Il dato è stato comunicato dall'Ufficio di Statistica
dell'Unione Europea (Eurostat). Su base annua si è registrato un calo dell'1,4% dopo il -0,8% di
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dicembre. Per l'intera Unione Europea (EU28) i prezzi sono scesi dello 0,4% dopo il -0,2% del mese
precedente. Su base annua si è registrata una variazione negativa dell'1,2% dopo il -0,5% segnato a
dicembre.
Stabile al 12%, a gennaio, il tasso di disoccupazione della Zona Euro. Il dato è perfettamente
in linea con le attese degli analisti. E' dal mese di ottobre che il tasso è fermo al 12%. La
disoccupazione, resa nota dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat), si confronta
anche con il 12% di gennaio 2013.
Nell'intera Unione Europea la percentuale dei senza lavoro si attesta al 10,8% , invariata da
ottobre del 2013, mentre nello stesso mese di un anno fa risultava pari all'11%.
Indicatori finanziari
M3
La massa monetaria M3 della zona euro relativa al mese di febbraio si è attestata all'1,3%
dall'1,2% del mese precedente e dall'1% di dicembre. Lo comunica la Banca Centrale Europea
(BCE). Nel trimestre dicembre-febbraio la variazione è stata pari in media all'1,2%. La massa
monetaria M1 si è attestata al 6,2% rispetto al 6,1% di gennaio e al 5,7% di dicembre, mentre sui
tre mesi la crescita media è stata pari al 6%. I prestiti al settore privato evidenziano un calo del
2,2%, in diminuzione rispetto al -2,3% del mese precedente e di dicembre, anche se il calo
tendenziale degli ultimi tre mesi è pari al -2,3%.
Fonte:BCE
Resta debole quindi la dinamica del credito bancario nell'area euro, mentre il calo dei prestiti
alle imprese registra ulteriore lieve aggravamento. Questo il quadro che emerge dall'indagine
mensile sugli aggregati monetari condotta dalla Banca centrale europea, relativa a febbraio.
I prestiti all'insieme del settore privato hanno registrato un meno 2,2 per cento su base annua, un
flebile miglioramento dal meno 2,3 per cento del mese precedente. Ma i dati depurati dagli effetti
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di cessioni e cartolarizzazioni mostrano un calo invariato al meno 2 per cento, sempre per l'insieme
del settore privato.
Dati che possono ulteriormente alimentare le attese di imminenti misure espansive da parte della
stessa Bce.
Questo in prospettiva favorisce calmieramenti dell'euro sul mercato dei cambi 1,3756 dollari,
consolidando il recente rientro ai minimi da oltre due settimane.
Più nel dettaglio, riporta la Bce, il credito bancario alle imprese non finanziarie ha visto aggravarsi
il calo al meno 3 per cento, dal meno 2,9 per centro di gennaio. In questo caso i dati depurati
segnano meno 3,1 per centro a febbraio, con un peggioramento più netto dal meno 2,8 per cento del
mese precedente. Flebili miglioramenti si sono invece registrati sui prestiti ai consumatori, al meno
0,1 per cento a febbraio dal meno 0,2 per cento del mese precedente. La principale componente di
questo canale, i mutui per l'acquisto di casa hanno segnato un più 0,6 per cento, in rafforzamento
dal più 0,5 per cento di gennaio. Infine, il generale aggregato monetario M3, rileva la Bce, si è
attestato al più 1,3 per cento dal più 1,2 per cento di gennaio, in linea con le attese medie
degli analisti.
Bilancia dei pagamenti – Partite correnti
La bilancia delle partite correnti della Zona Euro chiude con un attivo di 25,3 mld a gennaio,
contro l'avanzo di 20 mld rilevato a dicembre. Lo comunica la BCE. Nel dettaglio, la componente
dei servizi ha evidenziato un bilancio positivo per 11,8 mld e quella dei beni per 15,9 mld, mentre il
surplus dei redditi è a 6,8 mld. I trasferimenti correnti hanno generato invece un deficit di 9,3
mld, in calo rispetto al precedente rosso di 11,2 mld. Da inizio anno, la bilancia delle partite
correnti evidenzia un surplus di 227,9 mld di euro, pari a circa il 2,4% del PIL, che si confronta con
un avanzo di 135,4 miliardi, pari all'1,4% del PIL, nel pari periodo del 2013.
Il saldo delle partite correnti dell'intera Unione Europea (EU-28) relativo al 4° trimestre del 2013
ha evidenziato un surplus di 47,9 mld di euro, a fronte dell'avanzo di 22,9 mld dello stesso periodo
del 2012.
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Bollettino mensile BCE
Editoriale marzo 2014
Nella riunione del 6 marzo, sulla base della consueta analisi economica e monetaria il Consiglio
direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE. Le
informazioni più recenti confermano che la moderata ripresa economica dell’area dell’euro
procede in linea con la precedente valutazione del Consiglio direttivo. Allo stesso tempo le ultime
proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE, che ora coprono il periodo fino alla fine del
2016, confermano le precedenti attese di un prolungato periodo di bassa inflazione, seguito poi
da un graduale andamento al rialzo del tasso di inflazione misurato sullo IAPC verso livelli più
prossimi al 2 per cento. Conformemente con questo quadro, la dinamica della moneta e del credito
permane moderata. Le aspettative di inflazione per l’area dell’euro nel medio-lungo periodo
continuano a essere saldamente ancorate in linea con l’obiettivo del Consiglio direttivo di
mantenere i tassi di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento.
Per quanto riguarda le prospettive di medio periodo per l’evoluzione dei prezzi e la crescita, le
informazioni e l’analisi ora disponibili avvalorano appieno la decisione del Consiglio direttivo di
mantenere un orientamento accomodante di politica monetaria finché sarà necessario; ciò
sosterrà la graduale ripresa dell’economia nell’area dell’euro. Il Consiglio direttivo ribadisce con
fermezza le proprie indicazioni prospettiche (forward guidance). Esso continua ad attendersi che
i tassi di interesse di riferimento della BCE restino su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un
prolungato periodo di tempo. Tale aspettativa si fonda su prospettive di inflazione
complessivamente contenute anche nel medio termine, tenuto conto della debolezza generalizzata
dell’economia, del grado elevato di capacità inutilizzata e della modesta creazione di moneta e
credito.
Il Consiglio direttivo segue con attenzione gli andamenti nei mercati monetari ed è pronto a
prendere in considerazione tutti gli strumenti disponibili. Nel complesso, esso resta fermamente
determinato a mantenere l’elevato grado di accomodamento della politica monetaria e a
intervenire ulteriormente con azioni risolute, se necessario.
Per quanto riguarda l’analisi economica, nell’ultimo trimestre del 2013 il PIL in termini reali
dell’area dell’euro è aumentato dello 0,3 per cento sul periodo precedente, registrando quindi il
terzo incremento consecutivo. La dinamica degli indicatori di fiducia basati sulle indagini
congiunturali fino a febbraio è coerente con il perdurare di una crescita moderata anche nel
primo trimestre di quest’anno. In prospettiva, la ripresa in atto dovrebbe proseguire,
seppure a un ritmo contenuto. In particolare, si dovrebbe concretizzare un ulteriore
miglioramento della domanda interna, sostenuto dall’orientamento accomodante della politica
monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai progressi compiuti sul fronte del
risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali. Inoltre, i redditi reali beneficiano di
prezzi dell’energia più contenuti. L’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un
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graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell’area. Al tempo stesso, seppure in fase
di stabilizzazione, la disoccupazione resta elevata nell’area dell’euro e i necessari aggiustamenti
di bilancio nei settori pubblico e privato continueranno a pesare sul ritmo della ripresa.
Tale valutazione trova sostanziale riscontro anche nelle proiezioni macroeconomiche per
l’area dell’euro formulate in marzo dagli esperti della BCE, che prevedono una crescita annua
del PIL in termini reali dell’1,2 per cento nel 2014, dell’1,5 nel 2015 e dell’1,8 nel 2016. Rispetto
alle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema di dicembre 2013, l’espansione del
PIL in termini reali indicata per il 2014 è stata rivista lievemente al rialzo.
I rischi per le prospettive economiche dell’area dell’euro continuano a essere orientati al
ribasso. Gli andamenti nei mercati finanziari mondiali e nelle economie emergenti, nonché i rischi
geopolitici, potrebbero essere in grado di influenzare negativamente le condizioni economiche.
Altri rischi al ribasso includono una domanda interna e una crescita delle esportazioni inferiori
alle attese e un’attuazione insufficiente delle riforme strutturali nei paesi dell’area dell’euro.
Secondo la stima rapida dell’Eurostat, a febbraio l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC è
stata pari allo 0,8 per cento, livello invariato rispetto al dato di gennaio (rivisto al rialzo). In
confronto al mese precedente, in febbraio le quotazioni dell’energia hanno mostrato un calo più
accentuato, mentre sono aumentati in misura maggiore i prezzi dei beni industriali e dei servizi.
In base alle ultime informazioni disponibili e ai correnti prezzi dei contratti future per l’energia,
ci si attende che nei prossimi mesi l’inflazione al consumo si attesti in prossimità dei livelli
attuali. In seguito, i tassi di inflazione dovrebbero aumentare gradualmente e raggiungere livelli
più prossimi al 2 per cento, in linea con le aspettative di inflazione per l’area dell’euro nel mediolungo periodo.
Questa valutazione trova sostanziale conferma anche nelle proiezioni macroeconomiche per l’area
dell’euro formulate in marzo dagli esperti della BCE, secondo le quali l’inflazione misurata sullo
IAPC si collocherebbe, in media d’anno, all’1,0 per cento nel 2014, all’1,3 per cento nel 2015 e
all’1,5 per cento nel 2016, situandosi all’1,7 per cento nell’ultimo trimestre del 2016. Rispetto alle
proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema di dicembre 2013, il livello di
inflazione per il 2014 è stato rivisto lievemente al ribasso. A marzo le proiezioni
macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE sono pubblicate, per la prima volta, per un
orizzonte di tre anni; è quindi opportuno ricordare che tale esercizio è soggetto a una serie di
ipotesi tecniche, tra cui tassi di cambio invariati e quotazioni petrolifere in calo, e che il livello di
incertezza cresce all’aumentare dell’orizzonte temporale considerato.
In base alla valutazione del Consiglio direttivo, i rischi per le prospettive sull’andamento dei
prezzi, sia al rialzo che al ribasso, sono limitati e sostanzialmente bilanciati nel medio periodo.
Passando all’analisi monetaria, i dati di gennaio confermano la valutazione di una contenuta
espansione di fondo dell’aggregato monetario ampio (M3) e del credito. La crescita sui dodici
mesi di M3 è aumentata dall’1,0 all’1,2 per cento fra dicembre e gennaio. Il flusso mensile verso
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M3 è stato consistente in gennaio, a compensazione del marcato deflusso di dicembre.
L’accelerazione di M3 ha rispecchiato il maggiore tasso di crescita sui dodici mesi di M1, passato
al 6,2 per cento dal 5,7 di dicembre. Come nei mesi precedenti, il fattore principale alla base
della crescita di M3 è rappresentato dall’aumento delle attività nette sull’estero delle IFM, che
seguita a rispecchiare il maggiore interesse degli investitori internazionali per le attività
dell’area dell’euro. Il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti al settore privato ha continuato
a ridursi. A gennaio il tasso di variazione dei prestiti alle società non finanziarie (corretto per
cessioni e cartolarizzazioni) si è collocato al ‑2,9 per cento, come a dicembre. La debole dinamica
dei prestiti osservata per le società non finanziarie continua a riflettere, con gli usuali ritardi, la
sua relazione con il ciclo economico e a rispecchiare il rischio di credito e l’aggiustamento in atto
nei bilanci dei settori finanziario e non finanziario. Il tasso di incremento dei prestiti alle
famiglie (corretto per cessioni e cartolarizzazioni) si è situato in gennaio allo 0,2 per cento,
sostanzialmente invariato dall’inizio del 2013.
Dall’estate del 2012 si sono compiuti notevoli progressi nel miglioramento della situazione della
provvista bancaria. Per assicurare un’appropriata trasmissione della politica monetaria alle
condizioni di finanziamento nei paesi dell’area dell’euro è essenziale ridurre ulteriormente la
frammentazione dei mercati creditizi dell’area e consolidare la capacità di tenuta delle banche
ove necessario. Questo è quanto si prefigge la valutazione approfondita in corso di svolgimento
da parte della BCE, mentre la tempestiva attuazione di interventi aggiuntivi per realizzare
l’unione bancaria contribuirà ulteriormente a ripristinare la fiducia nel sistema finanziario.
In sintesi, l’analisi economica conferma l’aspettativa del Consiglio direttivo riguardo a un
prolungato periodo di bassa inflazione, seguito poi da un graduale andamento al rialzo verso livelli
più prossimi al 2 per cento. La verifica incrociata con le indicazioni derivanti dall’analisi monetaria
conferma un quadro caratterizzato da contenute pressioni di fondo sui prezzi nell’area dell’euro a
medio termine.
Quanto alle politiche di bilancio, le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE indicano
continui progressi nella riduzione degli squilibri di bilancio nell’area dell’euro. Il disavanzo
aggregato delle amministrazioni pubbliche dell’area sarebbe diminuito al 3,2 per cento del PIL nel
2013 e dovrebbe ridursi ancora quest’anno al 2,7 per cento. Il debito pubblico in rapporto al PIL
raggiungerebbe nel 2014 un livello massimo del 93,5 per cento, per poi scendere lievemente nel
2015. In prospettiva, i paesi dell’area dell’euro non dovrebbero vanificare gli sforzi di
risanamento già compiuti e dovrebbero ricondurre i debiti pubblici elevati su un sentiero
discendente nel medio termine. Le strategie di bilancio dovrebbero essere in linea con il Patto di
stabilità e crescita e assicurare una composizione dell’aggiustamento favorevole alla crescita che
coniughi il miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi pubblici con la limitazione al
minimo degli effetti distorsivi dell’imposizione fiscale. È altresì opportuno che le autorità
nazionali procedano nella risoluta attuazione di riforme strutturali in tutti i paesi dell’area. Dette
riforme dovrebbero essere mirate, in particolare, ad agevolare l’attività imprenditoriale e a
promuovere l’occupazione, affinché aumenti il potenziale di crescita dell’area e si riduca la
disoccupazione nei paesi che ne fanno parte. A tale fine, il Consiglio direttivo accoglie con favore
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la comunicazione del 5 marzo della Commissione europea sulla prevenzione e correzione degli
squilibri macroeconomici nonché sulla procedura per i disavanzi eccessivi. In prospettiva, è
fondamentale che il quadro di sorveglianza macroeconomica nell’area dell’euro, significativamente
rafforzato in seguito alla crisi del debito sovrano, riceva una piena e uniforme attuazione.
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Commissione europea: febbraio 2014
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NEWS dal mondo
(fonti: varie, ICE, Farnesina)
Europa
Ucraina
Aiuti fino a 18 miliardi di dollari per l'Ucraina. E' quanto ha annunciato il Fondo Monetario
Internazionale dopo che una missione dell'agenzia di Washington ha visitato Kiev per fare il
punto sulla situazione economica del paese. Il piano di aiuti è stato concesso per evitare il rischio
d'insolvenza dell'Ucraina alle prese con l'escalation della crisi con la Russia.
Il capo della missione del Fondo a Kiev, Nikolai Georgiyev, ha spiegato che il piano di emergenza
sarà l'elemento principale di un pacchetto più ampio messo a punto dalla comunità internazionale
che, nel corso di due anni, potrà mobilitare fino a 27 miliardi di dollari. Il piano, ha sottolineato
Georgiyev, è condizionato ad un programma di riforme economiche concordato con le autorità
ucraine mentre l'ammontare dell'aiuto si riferisce a una forchetta tra i 14-18 miliardi.
Portogallo
Buone nuove per il Portogallo. La Banca centrale del Paese ha rivisto al rialzo le stime sul PIL
prevedendo per l'anno in corso una crescita dell'economia dell'1,2% contro il +0,8% delle
previsioni diffuse a dicembre.
Nel 2015, poi, il Prodotto Interno Lordo metterà a segno una ulteriore accelerazione
dell'1,4% a fronte del +1,3% stimato in precedenza. Per il 2016 l'istituto centrale si attende
un rialzo del PIL dell'1,7%.
Lo scorso febbraio, l'ufficio statistico portoghese, ha pubblicato i numeri sul PIL del 4°
trimestre, cresciuto dello 0,5%, ben più alto dello 0,3% indicato a novembre. Il maggior driver
della ripresa è stata la domanda interna, trainata dai consumi privati.
Spagna
Il Governo spagnolo prevede una crescita del Pil nel primo trimestre "almeno pari" a quello
ottenuto nel corso dell'ultimo trimestre del 2013, vale a dire lo 0,2 per cento: lo ha
annunciato il ministro dell'Economia Luis de Guindos. "Gli indicatori che abbiamo gia' dimostrano
che in effetti la ripresa c'e'" e il primo trimestre del 2014 "sara' il terzo trimestre consecutivo
di progresso, con una crescita che ci aspettiamo almeno pari a quella che abbiamo avuto
nell'ultimo trimestre dell'anno scorso", ha assicurato in un forum organizzato dall'agenzia Efe e
Kpmg. In contemporanea il Primo Ministro Spagnolo, Mariano Rajoy, ha appena annunciato la sua
proposta di riforma fiscale per dare nuova vita all'economia spagnola e soprattutto far ripartire
il mercato del lavoro. Purtroppo, anche questa volta nulla di nuovo bolle in pentola, e la Spagna,
come la Francia e gli Stati Uniti, sta optando per politiche fiscali che favoriscono le imprese
piuttosto che il rilancio dei consumi.
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In pratica, la riforma fiscale consiste nel taglio delle tasse sulle imprese e sui bassi salari,
in concomitanza con una riduzione del 75% dei contributi sociali per l'assicurazione sanitaria
e le pensioni che le imprese versano ai lavoratori tramite i salari ed infine un aumento dell'IVA
che ritornerà al 21%, valore standard della Spagna, dopo essere stata abbassata al 4% e al 10%.
L'obiettivo della riforma è abbastanza evidente e consiste nel trasferimento del carico fiscale
dal lavoro ai consumi, mantenendo un determinato livello di entrate per ridurre il deficit dello
Stato e spingendo le imprese, grazie a costi ridotti, ad assumere.
Questa tipologia di riforma fiscale è stata anche definita svalutazione fiscale, in quanto
alcuni economisti, tra cui tre Spagnoli Jose Boscà, Rafael Doménech e Javier Ferri, hanno
paragonato gli effetti di una riforma fiscale che sostanzialmente sposta il carico fiscale dalle
imposte dirette a quelle indirette all'impatto di una svalutazione della propria valuta. Nel lavoro
di questi tre economisti, inoltre, la simulazione era condotta proprio sull'economia spagnola ed il
risultato stabilisce che un contemporaneo aumento dell'IVA del 2% e una riduzione dei contributi
sociali del 3,5% è comparabile ad una svalutazione del tasso di cambio pari al 10%. Ma Boscà,
Doménech e Ferri concludono il loro studio affermando che se da un lato gli effetti sul
miglioramento delle esportazioni è simile, dall'altro lato non è così per la domanda interna, che
come risposta ad un aumento dell'IVA ridurrà i consumi. In particolar modo, a risentirne saranno
le fasce più povere che si troverebbero di fronte ad un aumento dei prezzi di beni e servizi e ad
una forte riduzione del welfare state, pertanto opteranno piuttosto per un risparmio di ciò che
ricavano dalla riduzione delle imposte sul salario che per il consumo. Dunque, per evitare questo
effetto ed altri effetti distorsivi, i tre studiosi, ricordano che la svalutazione fiscale, come
sostituto della svalutazione competitiva, deve essere accompagnata da un cambiamento nella
redistribuzione delle imposte.
In realtà, l'idea di svalutazione fiscale nasce da un economista indiana che studiò ad Harvard,
Gita Gopinath, la quale in uno studio in cui rivisitava le politiche economiche Keynesiane ha
affermato che in un'economia, dove i tassi di cambio sono bloccati, la politica economica con un
impatto più simile alla svalutazione competitiva consiste
nell'imposizione di dazi sulle
importazioni (non applicabile in UE date le regole del mercato unico). I dazi, però, sono un modo
molto più diretto di favorire la vendita di prodotti interni piuttosto che di quelli importati
rispetto ad un aumento dell'IVA: è vero che colpirà anche i beni di importazione, ma nel mondo
globale in cui viviamo un prodotto spagnolo non potrà mai competere con i beni provenienti dalle
economie dell'Est Europa o dei Paesi emergenti, in cui il costo del lavoro sarà comunque più basso,
rispetto a quello della Spagna, nonostante i tagli delle imposte sui salari e dei contributi sociali.
In poche parole, la Spagna come la Francia e l'Italia, che di questi tempi inizia ad avviarsi
verso una simile riforma fiscale, stanno optando per politiche economiche che vanno a
stimolare l'offerta ed alla fine continuano a deprimere la domanda, soprattutto quella
interna. Probabilmente, l'unico vero effetto positivo delle politiche spagnole potrebbe essere
quello di far riemergere, grazie ad una riduzione dei contributi per le imprese, una fetta del
lavoro nero. La crescita e l'abbattimento della disoccupazione, però, può avvenire solo se si
attuano riforme che possano rilanciare i consumi in maniera diretta e favorire un'equa
redistribuzione della ricchezza, possibilmente evitando tagli al welfare state.
Svizzera
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In una nota la Banca Centrale svizzera ha confermato la sua previsione di crescita per
l'economia del Paese, anticipando una incremento del prodotto interno lordo del 2% nel
2014. Invariato anche il tasso di cambio conl'euro, che rimane stabile a 1,20 franchi per 1 euro.
In questo contesto,la Banca deciso di mantenere invariato il tasso di riferimento chiave.Anche il
margine di fluttuazione sul Libor a tre mesi, resta invariato a 0%-0,25%.
Russia
Sempre meno ottimista, il Ministero dell'Economia dell'ex Repubblica socialista sovietica, sul
futuro della potenza economica europea, al punto che oggi le previsioni di crescita annua al 2030
sono state drasticamente ridotte dal 4,3% al 2,5%. "I fattori che hanno favorito il boom
economico negli anni precedenti alla crisi del 2008 sono ormai esauriti, al punto che la crescita
economica della Russia nel periodo in esame sarà inferiore alla media globale", ha dichiarato alla
stampa il Ministro dell'Economia Alexei Ulyukayev.
Le stime del Dicastero si dimostrano ancora una volta molto più pessimiste di quelle del
Presidente Vladimir Putin, che in precedenza aveva prospettato, per l'anno in corso, una crescita
annuale del 5%. Il forecast è stato successivamente abbassato all'1,8%.
Queste nuove previsioni di lungo periodo aprono inoltre molti scenari nella politica della Russia,
soprattutto per quanto riguarda Putin. Come noto, nei suoi primi due mandati presidenziali
l'economia del Paese (attualmente stimata a quota 2.000 miliardi di dollari) è letteralmente
volata, ma ora si sta dirigendo verso la stagnazione.
Secondo molti economisti la mancanza di riforme, assieme all'ostacolo della burocrazia, alla
corruzione e alla debolezza dell'apparato legislativo suggeriscono che difficilmente il governo
riuscirà a trovare la giusta ricetta per evitare lo stallo.
Asia e Oceania
Buone nuove arrivano dall'Australia. Il governatore della banca centrale Glenn Stevens ha
confermato un recupero della domanda interna, che dovrebbe contribuire a supportare la
crescita, a fronte del crollo della domanda globale dell'industria mineraria. Secondo
Stevens, vi sono "i primi segnali di un passaggio di consegne fra la domanda mineraria e quella per
consumi". frutto delle politiche volte a sostenere la spesa dei consumatori per supplire al crollo
degli investimenti minerari. Fra queste il mantenimento di bassissimi tassi di interesse, che
restano sul minimo storico del 2,5%, livello che, secondo gli economisti, dovrebbe essere
mantenuto per tutto l'anno. La Reserve Bank of Australia è fiduciosa sul rafforzamento della
crescita nel 2014, grazie anche ad un tasso di cambio del dollaro australiano più favorevole ed
alle migliorate condizioni economiche internazionali.
Malesia
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La Banca Centrale malese, prevede , per l'anno in corso , una crescita del PIL tra il 4,5%
e il 5,5% , rispetto al 4,7% conseguito nel 2013.
La crescita, secondo Bank Negara, sara’ legata al miglioramento della bilancia commerciale grazie
a previsioni incoraggianti circa le esportazioni malesi (+5,8%) che dovrebbero riflettere la
ripresa economica delle economie piu’ avanzate. Tale miglioramento bilancia la minore crescita
della domanda interna (sia pubblica che privata) di investimenti e consumo prevista per il 2014
che dovrebbe attestarsi intorno al 6,9% ( rispetto al 7,6% del 2013).
America latina
Colombia
La crescita economica della Colombia nel quarto trimestre 2013 ha superato le aspettative,
a seguito di un aumento del budget pubblico destinato al settore delle costruzioni e delle
opere pubbliche.
La locale agenzia nazionale di statistica ritiene che il prodotto interno lordo sia aumentato del
4,9% rispetto all'anno precedente, mentre altri analisti stimano che l'aumento sia stato del 4,7%.
Rispetto al trimestre precedente, il PIL è cresciuto dello 0,8%, portando ad un crescita
annuale del 4,3% rispetto al 4% dell'anno scorso.
La crescita del quarto trimestre è stata trainata dal settore delle costruzioni, con un aumento
del 18% dei progetti di opere pubbliche. Questo risultato potrebbe implicare una riduzione dello
stimolo monetario da parte della Banca Centrale. L'economia sembra più solida di prima,
circostanza che lascia prevedere un probabile aumento dei tassi di interesse, forse prima di
quanto il mercato aveva previsto. Il settore pubblico ha avuto un ruolo preponderante nella
seconda metà dell'anno.
L'espansione del quarto trimestre viene confrontata con il 5,2% di crescita in Perù e il
2,7% in Cile. La Banca Centrale lascerà il tasso di interesse invariato al 3,25% per il dodicesimo
mese consecutivo, mentre é previsto un suo innalzamento al 3,5% nel mese di agosto, secondo la
più recente indagine di economisti della banca.
Il settore delle costruzioni ha ottenuto i migliori risultati, raggiungendo un'espansione dell'8,2%
rispetto all'anno precedente. La costruzione residenziale è aumentata dell'11,5%, sostenuta dagli
incentivi governativi, tra i quali si citano i sussidi per l'acquisto, che hanno determinato un
aumento del 28% dei mutui stipulati. Il presidente Juan Manuel Santos ha affermato
ripetutamente che la Colombia può crescere fino al 6,5 o 7% l'anno, investendo in infrastrutture
e portando a compimento l'accordo di pace con i guerriglieri FARC, che permetta di porre fine al
conflitto civile nel paese. La produzione di petrolio e mineraria sono aumentate del 7,7%, mentre
i servizi sociali sono cresciuti del 6,3%. L'industria manifatturiera è l'unico settore che é
diminuito dello 0,1% rispetto all'anno precedente.
Brasile
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Era la colonna portante dell'economia sudamericana quando Stati Uniti ed Europa annaspavano
tra crisi finanziaria e debiti. Ora il Brasile è sempre più in impasse, come confermato
dall'ultimo intervento Standard & Poor's, che ha deciso di portare il rating del Paese a un
notch dal livello "spazzatura" a causa del peggioramento dei conti statali, del crescente
debito e della debole crescita economica. Il credito sovrano carioca passa dunque da "BBB-" a
"BBB" con outlook stabile. E' stato piuttosto repentino, il percorso discendente del Paese. Nel
2008, dunque agli albori della crisi finanziaria globale, i suoi bond avevano ricevuto lo status di
investment grade. Due anni dopo il Paese vantava una crescita del PIL del 7,5%.
Ora l'economia sta soffrendo il marcato rallentamento della manifattura e la perdita di
credibilità del governo, incapace di mettere mano al crescente indebitamento. Non solo:
nonostante lo stallo, il Brasile deve fronteggiare un'inflazione incandescente con misure di
politica monetaria restrittiva.
Proprio a fine febbraio il Banco Do Brasile ha alzato ancora i tassi di interesse per tenere sotto
controllo i prezzi, che lo scorso anno si erano spinti fino al 6,5%.
Si tratta di una situazione piuttosto complicata per la Presidente Dilma Roussef, che quest'anno
tenterà la rielezione.
Peru’
In una sua recentissima analisi dell’economia dei Paesi sud americani, la rivista Economist
considera estremamente positive le prospettive della economia peruviana stimando su valori
vicini al 6% l’aumento del PIL nel 2014 ed un andamento non discostante da questo per i
prossimi tre anni.
Il Paese resta estremamente attrattivo per investimenti esteri specialmente nel settore
minerario e turistico e la domanda interna continuerá ad essere uno dei volani principali dello
sviluppo senza creare tensioni inflazionistiche. Notevoli sono infine i vantaggi che si
manifesteranno per appartenere ad una area di forte sviluppo come l’Alleanza per il Pacifico.
Pasi avanti, sempre secondo la Rivista inglese, andranno comunque fatti nel settore del
miglioramento delle infrastrutture, nella innovazione tecnologica di numerosi settori produttivi,
nelle flessibilitá del mercato del lavoro.
Analoghe sono le previsioni del Banco Centrale e della Banca di Credito del Perú, il maggiore
Istituto bancario peruviano, che stima la crescita del PIL pari al 5,5% legata anche ad una forte
ripresa delle esportazioni nel secondo semestre.
68
69
Previsioni dei principali Istituti
(CE, FMI, OCSE, BCE)
70
BCE marzo 2014
71
FMI
Febbraio 2014
72
Banca mondiale
Gennaio 2014
73
BCE novembre 2013
74
OCSE previsioni novembre 2013
75
FMI ottobre 2013
Previsioni PIL reale
76
Ocse Interim assesment settembre 2013
BCE previsioni degli esperti settembre 2013
77
FMI
Luglio 2013
78
OCSE
Previsioni aprile 2013
79
FMI
Previsioni aprile 2013
80
Commissione europea febbraio 2013
81
World Economic Outlook - FMI gennaio 2013
82
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