nota congiunturale - Politica delle riforme

NOTA CONGIUNTURALE
Maggio 2014
1. ECONOMIA INTERNAZIONALE - Sommario
1.1
Quadro congiunturale
1.2
Evoluzione per Paese
1.3
Area €uro
News dal mondo
Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE)
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2. Economia Internazionale – Sommario
Pericolo recessione vicino allo zero, la probabilità di una recessione globale nel corso del
2014 è di appena lo 0,1%, contro il 6% di probabilità dello scorso ottobre, e il rischio è sempre
dello 0,1% nel 2015. E' quanto ha detto il Fondo Monetario Internazionale nel World
Economic Outlook, sottolineando che la forte ripresa in paesi come gli Stati Uniti e il Regno
Unito ha ridotto in modo sostenuto il rischio di un'altra recessione globale.
USA. L'economia americana è migliorata in gran parte del Paese grazie a un clima più
favorevole. E' quanto si legge nel Beige Book, il rapporto sullo stato di salute dell'economia
americana che la Federal Reserve pubblica ogni sei settimane. Il documento spiega che il
settore manifatturiero "è migliorato in molte aree complici meno interruzioni provocate dal
maltempo" che ha colpito gli Stati Uniti tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014.
Giappone. Il Governo giapponese ha annunciato un outlook più modesto, per la prima volta dal
novembre 2012, quando fu varato l'Abenomics, il piano di rilancio dei consumi e dell'economia
messo a punto dal Premier Shinzo Abe.
Nell'ultimo rapporto mensile, il governo ha preventivato un rallentamento dei consumi
privati e del mercato immobiliare, indicando che l'economia sta segnando un trend di
"moderato recupero" e che, di tanto in tanto, emergono ancora "segnali di debolezza".
Area euro. La ripresa dell'Eurozona dovrebbe aver registrato un'accelerazione nel primo
trimestre del 2014, con una crescita media del PIL dello 0,4% in termini congiunturali,
anche se è prevista poi una decelerazione allo 0,3% nei due trimestri successivi. Nel quarto
trimestre 2013, la crescita è stata dello 0,3%. E' quanto emerge dal rapporto Eurozone
Economic Outlook stilato dall'IFO tedesco, dall'INSEE francese e dall'ISTAT.
Germania. Nonostante l’esposizione delle aziende tedesche all’Europa centrale e alla Russia, la
Germania sembra saldamente sul sentiero di una ripresa. Nessun tentennamento sulla
crescita: quest’anno il Pil dovrebbe espandersi dell’1,8% per poi irrobustirsi ulteriormente del
2% nel 2015.
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Economia Internazionale
Quadro congiunturale
Pericolo recessione vicino allo zero, la probabilità di una recessione globale nel corso del
2014 è, infatti, di appena lo 0,1%, contro il 6% di probabilità dello scorso ottobre, e il
rischio è sempre dello 0,1% nel 2015. E' quanto ha detto il Fondo Monetario Internazionale nel
World Economic Outlook, sottolineando che la forte ripresa in paesi come gli Stati Uniti e il
Regno Unito ha ridotto in modo sostenuto il rischio di un'altra recessione globale.
Detto questo, anche se le stime per il 2014 sulla crescita del Pil mondiale sono a +3,6%, e a
+3,9% per il 2015, il'Fmi ha avvertito che, a meno di riforme strutturali, il Pil globale fa
ancora fronte a "anni di crescita lenta" e al di sotto del potenziale.
La ripresa globale si e' rafforzata ma resta comunque ''fragile'' e restano ''significativi i
rischi al ribasso''. I rischi di bassa crescita e stagnazione restano una preoccupazione,
soprattutto nell'area euro e in Giappone.
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), esorta l'area euro a riparare i bilanci delle banche, a
ricapitalizzare quelle deboli, a completare l'unione bancaria, a sostenere la domanda e a portare
avanti riforme strutturali.
Per gli Stati Uniti, la previsione nel 2014 è di una crescita +2,8%, per il Giappone +1,4%.
Il Fmi ha rivisto al rialzo l'outlook sugli UK più che in qualsiasi altra economia dei paesi
avanzati, portando le stime di crescita a +2,9% quest'anno (sebbene abbia messo in guardia il
paese dai consumi delle famiglie che continuano a essere sostenuti in modo eccessivo dal ricorso
al credito).
Nell'area euro ''il rischio di deflazione'' resta ''relativamente alto, e pari circa al 20% e
necessita, ora, per essere superato, di un maggiore allentamento monetario, incluse misure
non convenzionali. Il Fondo stima per l'area euro prezzi al consumo allo 0,9% e quest'anno e
all'1,2% nel 2015.
"Ulteriori azioni per far ripartire il credito in Francia, Irlanda, Italia e Spagna potrebbero far
aumentare il pil del 2% o oltre" dice ancora il Fondo. "L'offerta di credito ai livelli pre-crisi
porterebbe a un aumento del pil, relativamente al primo trimestre del 2008", del 2,2% in Francia,
2,5% in Irlanda, 3,9% in Italia, 4,7% in Spagna.
''La contrazione dei prestiti bancari alle imprese non finanziarie nell'area euro solleva
preoccupazioni sul fatto che le condizioni rigide di credito potrebbero ancora agire come
resistenza alla crescita economica'' e come una stretta dell'offerta di credito ha
statisticamente un effetto negativo sul pil.
''Al terzo trimestre del 2013, l'impatto di shock di credito in Francia, Germania e Stati Uniti ha
generato una riduzione del pil relativa all'inizio del 2008 rispettivamente del 2,2%, 0,9% e 0,4%.
L'impatto sul pil e' stato considerevolmente maggiore in Irlanda e Spagna, e sotto alcuni aspetti
in Italia''.
Relativamente all’Italia, l’ economia torna a crescere quest'anno: dopo il -1,9% del 2013, il pil
salira' dello 0,6% nel 2014, per accelerare nel 2015 all'1,1%. Il tasso di disoccupazione si
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attestera' al 12,4% quest'anno e all'11,9% il prossimo, dopo il 12,2% del 2013. Ma nelle previsioni
del Fondo, l'anno prossimo la Grecia avrà una performance di crescita al 2,6%, partendo dallo
0,6% come l'Italia quest'anno.
La Banca mondiale per il 2014, segnala che la crescita delle economie asiatiche sarà del
7,1%, invariata rispetto al 2013. Certamente, questo sarà un tasso di crescita inferiore alla
media dell'8% realizzata fra il 2009 ed il 2012. A supportare l'espansione sarà la ripresa della
domanda presso le maggiori economie e industrializzate (in primis Stati Uniti), che consentirà di
migliorare il saldo delle economie dipendenti dall'export.
La Cina crescerà nel 2014 del 7,6%, meno del 7,7% registrato lo scorso anno, ma più di
quanto ormai si temesse: gli ultimi deludenti dati macroeconomici cinesi avevano alimentato i
timori di una crescita al di sotto del 7,5%, che costituisce il target fissato dal governo di
Pechino.
La Banca mondiale ha anche affrontato il nodo "tapering", sottolineando che il minor
acquisto di bond da parte degli Stati Uniti non sembra aver prodotto perdite nei mercati
asiatici.
Fonte:FMI
Le aspettative a breve termine
OCSE (CLI)
L'OCSE continua a mostrare segnali di stallo nel panorama dell'economia mondiale dopo
alcuni tentativi di recupero, almeno secondo il superindice elaborato dall'Organizzazione, un
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indicatore composito anticipatore del trend congiunturale. Nel report di febbraio, l'OCSE ha
evidenziato una generale staticità, con l'indicatore dell'intera area a 100,7 punti, stesso valore di
gennaio e dicembre. Il superindice dell'Eurozona registra invece un miglioramento a 101,1 da
101. In particolare il leading indicator risulta stabile in Germania (100,8) e Francia (100,3), in
miglioramento in Italia (101,4), in calo nel Regno Unito (101,1).
Fermo il superindice in Giappone a 101,1 punti, in discesa negli Stati Uniti a 100,5 punti.
Leading indicator Ocse
USA
Fonte: Ocse
In lieve calo l'attività manifatturiera in USA nel mese di aprile rispetto al mese precedente
pur restando in zona espansione. La stima flash sull'indice PMI manifatturiero indica un livello
di 55,4 punti, in flessione rispetto ai 55,5 del mese di marzo. Il dato, pubblicato da Markit,
risulta inferiore alle attese del mercato che erano per un valore pari a 56,3 punti.
L'indice si conferma comunque ampiamente al di sopra della soglia chiave dei 50 punti,
denotando una espansione del settore manifatturiero.
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In aumento il superindice USA relativo al mese di marzo. L'indice si è attestato a 100,9 punti,
mostrando un incremento dello 0,8% rispetto al +0,5% di febbraio. Lo comunica il Conference
Board. Il dato è migliore delle attese degli analisti che erano per un +0,7%. L'indice coincidente
nello stesso periodo è salito dello 0,2% a 108,3 punti dopo il +0,4% del mese precedente. L'indice
differito sale dello 0,6% a 123 punti dopo il +0,3% di febbraio.
Area Euro
Migliora, ma non quanto ci aspettasse, l'indice della fiducia dei consumatori dell'Eurozona
del mese di aprile che si porta a -8,7 da -9,3.
Il dato delude le attese che avevano previsto un miglioramento più marcato a -8,3 punti. Il dato è
reso noto la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG
ECFIN). Nel complesso dell'Unione Europea, l'indice del sentiment è salito a -5,8 punti dai
6,6 precedenti.
L'indice di fiducia della zona euro ad aprile ha segnato il quarto mese consecutivo di
crescita toccando i massimi degli ultimi tre anni, sostenuto dalla visione ottimistica degli
investitori sulle condizioni attuali nonostante aspettative meno brillanti sul futuro del blocco dei
paesi della moneta unica.
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OMC
Non siamo ancora ai livelli pre-crisi, quando cresceva ad un ritmo doppio rispetto al Pil globale.
Ma gli scambi internazionali di merci cominciano a dare segnali di irrobustimento. Parola
dell’Organizzazione mondiale del commercio, che ha rivisto al rialzo le sue previsioni per
quest’anno. Rispetto all’ultimo rapporto rilasciato a settembre, l’espansione degli scambi prevista
tocca ora il 4,7% e sarà seguita, l’anno prossimo, da un’ulteriore accelerazione del 5,3%.
Merito del ritorno alla crescita dei Paesi del Vecchio Continente, il cui calo della domanda
interna, negli anni scorsi, avevano pesato sugli scambi.
Ma, secondo il direttore generale Roberto Azevedo, non è ancora il caso di rilassarsi: “Un ritorno
ad una crescita sostenuta nei flussi commerciali dell’Unione europea darà un contributo molto
importante all’espansione del commercio globale, dato che l’Unione europea rappresenta circa i
due terzi del commercio mondiale”, ha detto in conferenza stampa. “Per cui, continueremo a
tenere d’occhio la situazione per capire se la ripresa europea sarà deludente”.
L’allarme dell’Omc è anche sulle misure protezionistiche messe in campo dagli Stati dopo la crisi.
L’80% di esse sono ancora attive, dicono: un fenomeno di minore entità ma comunque paragonabile
a quanto accaduto dopo la crisi del ’29.
Il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza un pacchetto di norme che
completano l'unione bancaria.
Il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza un pacchetto di norme che completano
l'unione bancaria con le quali viene spostato innanzitutto sul settore privato (cioè azionisti e
creditori degli istituti di credito) l'onere di intervenire per risanare e gestire in modo
ordinato il fallimento (risoluzione). «Adesso disponiamo di un sistema effettivamente europeo
per vigilare su tutte le banche della zona euro e gestire gli eventuali fallimenti», ha indicato il
francese Michel Barnier che per l'esecutivo di Bruxelles ha presentato tutte le proposte per la
riforma complessiva del sistema finanzario e bancario negli anni della crisi finanziaria.
Ora toccherà al Consiglio adottare i testi in via formale.
Sono tre le misure che assicurano che le banche sosterranno i rischi di fallimento sulla base
di un certo ordine per il cosiddetto "bail-in" che non si applicherà ai depositi protetti dal
sistema di garanzia (fino a 100mila euro), ai finanziamenti interbancari a breve termine o ai
crediti vantati dalle clearing house dai sistemi di pagamenti e regolazione (con scadenza di 7
giorni), agli asset dei clienti o passività come salari, pensioni o tasse. In casi eccezionali le
autorità possono scegliere di escludere certe passività se strettamente necessario per
assicurare la continuità dei servizi critici della banca o per prevenire contagi rischiosi in altre
parti del sistema finanziario o se non possono essere "chiamate" (cioè usate) in tempi ragionevoli.
Quanto all'ordine di questa "chiamata", uno degli aspetti più controversi del difficile
negoziato fra governi, Parlamento ed esecutivo di Bruxelles:
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- gli azionisti saranno in prima posizione per assorbire le perdite,
- seguiranno i possessori debito subordinato,
- poi quelli di debito senior.
I depositi di pmi e persone naturali, inclusi quelli di ammontare superiore a 100mila euro,
arriveranno dopo i creditori senior. Il grado di distribuzione degli oneri degli interventi privati
dipenderanno dalla banca, dall'ammontare delle perdite e della situazione economica generale.
In casi eccezionali e se necessario per preservare la stabilità finanziaria, il "bail-in" potrebbe
essere concluso una volta raggiunto l'8% delle passività della banca capitale incluse o
alternativamente il 20% degli asset ponderati per il rischio in situazioni specifiche. Dopodiché
scatta l'intervento del fondo di risoluzione che può assumere fino al 5% delle perdite.
Fondi pubblici nazionali possono essere utilizzati per sostenere il fondo di risoluzione per coprire
direttamente le perdite oltre il 5%. Solo in situazioni di stress sistemico severo i fondi pubblici
possono essere rimpiazzati direttamente dal fondo di risoluzione ma solo dopo che c'é stato
l'intervento privato fino all'8%.
Le regole del "bail-in" si applicheranno dal primo gennaio 2016 al più tardi a tutto il debito
esistente come al nuovo. Gli Stati possono decidere se applicare tale strumento prima. Per
quanto concerne la risoluzione, il meccanismo unico europeo sarà operativo dal 2016: fino ad
allora le crisi bancarie saranno gestite sulla base delle regole nazionali. Le risorse nazionali per la
gestione dei fallimenti (sulla base di un prelievo sugli istituti di credito pari all'1% dei depositi
garantiti) saranno mutualizzate in otto anni gradualmente e a termine avrà a disposizione 55
miliardi di euro.
Per quanto concerne la garanzia dei depositi in caso di fallimento della banca, attualmente i fondi
possono essere risarciti dopo venti giorni lavorativi. I tempi ora vengono accorciati: 15 giorni
lavorativi dal primo gennaio 2019, 10 dal primo gennaio 2021, 7 dal primo gennaio 2024. La legge
europea stabilisce il livello minimo di finanziamento effettivo allo 0,8% dei depositi garantiti. Il
tetto può scendere a 0,5% sulla base di certe condizioni e dopo il via libera della Commissione
europea. Le risorse finanziarie includono cash, depositi, asset a basso rischio che possono essere
liquidati rapidamente. Gli impegni di pagamento devono essere pienamente 'collateralizzatì. Il
testo segue l'accordo raggiunto fra Governi, esecutivo di Bruxelles ed Europarlamento.
Deflazione: da allarme giallo ad allarme rosso
In realtà, nell'ambito della zona UE, la spia che monitora i dati sull'inflazione/deflazione si era
già accesa da almeno un semestre, tuttavia, con i dati di Marzo, il grado di allarme è stato
bruscamente innalzato dal livello giallo a quello rosso. E questo innalzamento della soglia di
allarme è derivato essenzialmente dal fatto che la BCE, a fronte di una ulteriore discesa dei
prezzi nei principali Paesi europei ha ammesso chiaramente la potenziale pericolosità della
situazione e la sua intenzione di scendere in campo anche con "armi non convenzionali".
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Posto che Spagna, Slovacchia, Portogallo, Grecia e Cipro sono già in zona "deflazione" e che
l'Italia non è messa molto meglio visto che a Marzo ha fatto registrare una inflazione allo 0,4%, è
forse opportuno riassumere alcuni dei motivi che rendono il problema deflazione così allarmante.
Innanzitutto la deflazione – quella "cattiva" che deriva da una stagnazione della domanda e dei
consumi – è pericolosa perché agisce sulle aspettative, sul sentiment degli operatori economici.
Qualsiasi imprenditore che si aspetti una riduzione dei prezzi dei macchinari tenderà, al
possibile, a rimandare l'acquisto di una nuova macchina per la propria azienda, come, del tutto
analogamente, un padre di famiglia, in un contesto deflazionistico, tenderà a rimandare l'acquisto
dell'auto confidando in un risparmio futuro. Il problema è che, così facendo, si interrompe la
catena di trasmissione economica e si genera una pericolosa reazione a catena. Il venditore di
macchinari, a seguito del rinvio dell'acquisto, proverà ad abbassare ulteriormente i suoi prezzi
alimentando così la spirale deflazionistica e poi finirà, inevitabilmente, per ridurre i propri
consumi o per licenziare un dipendente alimentando anche la stagnazione dell'economia.
In secondo luogo la deflazione è altamente pericolosa perché è subdola. Infatti la deflazione non
fa crollare l'economia, ma la narcotizza lentamente, senza shock e senza traumi, con la
conseguenza che la pericolosità del suo movimento strisciante viene spesso sottovalutato (come
oggi) e si corre ai ripari quando è poi troppo tardi.
Da non trascurare, oltretutto, che l'attuale minaccia deflazionistica non si manifesta dopo un
periodo di vacche grasse, ma dopo ben sette anni di profonda crisi, con la conseguenza che il
cloroformio deflazionistico ha facile gioco nel rallentare la ripartenza di un volano decisamente
arrugginito.
In quest'ottica, la situazione italiana appare ancor più delicata che altrove in quanto il
rischio deflazionistico è in grado di impedire che le nostre ferite, ancora aperte, riescano a
rimarginarsi. Più in particolare la deflazione (o una quasi deflazione) è perfettamente in
grado di rallentare il riassorbimento sia del nostro abnorme debito pubblico, sia della nostra
disoccupazione attestatasi ormai a quota 13%. Ma è anche in grado, comprimendo i consumi, di
ricacciare in territorio negativo la nostra crescita asfittica che verosimilmente non supererà, nel
2014, quota 0,5-0,7%.
Speriamo che la BCE inizi davvero a tirare fuori dai depositi queste "armi non convenzionali" e
che, anche qualora non abbia l'intenzione di usarle nell'immediato, le allinei in bella vista: anche le
aspettative ed il sentiment degli operatori, negli attuali scenari, hanno un peso per nulla
trascurabile.
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Il salario minimo in Germania è quasi realtà
Il salario minimo in Germania è quasi realtà. Il governo tedesco ha approvato il disegno di legge
del Ministro del Lavoro che fissa il compenso minimo a quota 8,50 euro l'ora. La misura
entrerà in vigore a partire dal 2015, ma sarà a regime nel 2017.
L'introduzione del salario minimo per tutte le tipologie di lavoro ha generato molti dissensi da
parte degli economisti, perché, spiegano questi ultimi, potrebbe causare la perdita di molti posti
di lavoro.
Un'eventualità, questa, considerata anche dal promotore dell'iniziativa, il Ministro
socialdemocratico Andrea Nahels, che tuttavia non ha desistito perché, come noto, il
"mindestlohn" (salario minimo) era una delle condicio sine qua non>/i> per la formazione delle
Grosse Koalition (socialdemocratici più Cdu e Spd) che ha permesso ad Angela Merkel di
governare in tranquillità dopo le elezioni di settembre.
Il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato il suo impegno definitivo a fornire il suo
pacchetto di salvataggio all'Ucraina per un ammontare che sarà fissato tra i 14 e i 18
miliardi di dollari.
Il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato il suo impegno definitivo a fornire il suo
pacchetto di salvataggio all'Ucraina per un ammontare che sarà fissato tra i 14 e i 18 miliardi di
dollari con l'obiettivo di aiutare il Paese a stabilizzare l'economia. La cifra esatta del pacchetto
dipenderà anche dall'ammontare che verrà corrisposto dagli altri aiuti internazionali promessi
all'Ucraina e vincolati al raggiungimento dell'accordo con il FMI e, quindi, allo sblocco del suo
pacchetto di sostegno.
Il sostegno economico complessivo dovrebbe, dunque, ammontare a 27 miliardi di dollari
distribuiti in un arco di due anni.
L'UE ha riconfermato il suo contributo di 1,6 miliardi di euro di aiuti finanziari, ma ha ribadito
che è fondamentale che il programma sia coordinato dal FMI. Anche gli Stati Uniti sono pronti
a contribuire, seppure il progetto di legge sia ancora in discussione, Repubblicani e Democratici
si stanno confrontando, infatti, sulla possibilità che i loro aiuti passino o meno attraverso il Fondo
o agiscano in maniera indipendente. Persino, il Giappone ha annunciato di voler partecipare con 1,5
miliardi di dollari. Il programma di salvataggio del Fondo è, però, ancora in una fase definita
"accordo di standby" e dovrà essere approvato definitivamente dal consiglio direttivo entro il
mese prossimo, dato che sta aumentando la paura che l'Ucraina non riesca a rimborsare i propri
debiti.
Nel frattempo, infatti, le riserve di moneta straniera sono scese talmente tanto che sono a
malapena sufficienti a coprire due mesi di importazioni e le previsioni per l'ultima settimana di
marzo riportano una contrazione dell'economia pari al 3%. In ogni caso, il Fondo Monetario ha
rassicurato l'Ucraina affermando che le riforme attuate dal Governo nei mesi di febbraio e
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marzo hanno, comunque, sortito degli effetti positivi sui mercati finanziari, garantendo al Paese
la possibilità di soddisfare i suoi impegni di bilancio.
Tuttavia, anche il FMI, ha sottolineato che le previsioni degli outlook per il 2014 e il 2015
sono negative e vedono l'economia del Paese crollare inesorabilmente verso un periodo di
recessione, senza possibilità di accesso al mercato e un enorme debito estero che incombe sui
prossimi anni. Inoltre, il prezzo del gas naturale, da corrispondere alla Russia, aumenterà del 79%
a partire dal primo aprile, causando di conseguenza, come dichiarato dal Presidente del Consiglio
Arseniy Yatseniuk, un incremento del tasso di inflazione di 2 punti percentuali, dal 12 al 14%.
Chiaramente, il pacchetto di salvataggio del FMI non arriva da solo, ma con vari allegati. Le
richieste principali riguardano: lo spostamento verso un tasso di cambio flessibile, che si allontani
il più possibile dal sistema a molla che ha mantenuto l'hyrvinia, la moneta nazionale ucraina, per
molti anni ancorata al dollaro con cambi eccessivamente elevati. La seconda richiesta si focalizza
su obiettivi di bilancio pubblico, stabilendo che bisogna ridurre il rapporto deficit/Pil del 2,5%
entro il 2016. Infine, l'Ucraina ha anche dato la sua piena disponibilità ad implementare riforme
economiche e finanziare per migliorare il grado di trasparenza e per favorire i nuovi business,
includendo anche nuove leggi per la regolamentazione degli appalti pubblici con lo scopo di
prevenire le frodi.
Il Presidente del Consiglio ha rassicurato che tutte le riforme verranno eseguite il prima
possibile evitando così che il Paese finisca in bancarotta. La Banca Centrale ha, già, fatto sì che la
moneta si svalutasse di 35 punti percentuali rispetto al dollaro, eseguendo a pieno la condizione
sui cambi flessibili. In realtà, la riforma più complessa da attuare per l'Ucraina sarà quella
energetica, in quanto il Fondo già dal primo incontro con il Presidente Yanukovich ha
esplicitamente richiesto l'abolizione dei sussidi alle famiglie per il pagamento delle bollette del
gas che dovranno essere a prezzi di mercato, poiché l'onere di questi sussidi pesa
eccessivamente sul bilancio dello Stato. Dal 1 maggio, quindi, il prezzo al consumo del gas sarà
aumentato del 50%, ma contemporaneamente le nuove entrate generate da questo aumento
permetteranno al governo comunque di fornire quantomeno un sostegno economico alle famiglie
più povere.
I giorni del 'Super-euro' potrebbero presto volgere al termine.
(fonte:ibtimews)
Quel cross a 1,3965 con il dollaro statunitense potrebbe essere uno degli ultimi picchi
raggiunti dalla moneta unica del Vecchio Continente. Dopo le due, lunghe, ondate al rialzo
partite dal luglio 2012 (1,2042), l'euro potrebbe finalmente invertire la sua rotta e tornare verso
livelli più contenuti, più 'fisiologici' potremmo dire.
Cosa è cambiato? Cosa potrebbe finalmente aver dato il via al deprezzamento della valuta?
Capita, per dire, che un certo Mario Draghi - numero uno della Banca centrale europea - venga
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invitato in quel di Vienna per la cerimonia legata al premio in memoria del noto economista Joseph
Schumpeter. Capita che a margine dell'evento, ovviamente, venga data la parola all'importante
ospite. Capita, quindi, che le parole pronunciate dal numero uno della BCE, a margine della
cerimonia, risultino addirittura più 'influenti' di quelle pronunciate al - deludente - ultimo
impegno ufficiale dell'istituto centrale.
Ai mercati non serve molto, sono sufficienti poche - giuste - parole per agire di conseguenza."[La
forza dell'euro] sta diventando sempre più rilevante nella valutazione [della BCE]". Ecco le
parole magiche, firmate da Mario Draghi, che hanno destato tutti dal torpore. Poche parole che
aprono le porte su un 'lato' del mondo di politica monetaria fino ad ora osservato solo attraverso
'il buco della serratura'. Che l'euro forte fosse scomodo (si può dire anche 'un problema') non
era di certo un mistero.
Ma la BCE non è la FED, il modus operandi mostrato dalle due istituzioni è stato sempre piuttosto - divergente. Tutti gli attori dell'economia, quindi, cominciavano a convincersi che la
convivenza con l'euro (almeno) sopra quota 1,30 dollari sarebbe stata decisamente lunga. Il
consiglio direttivo della BCE non sembrava in grado, tra falchi e colombe, di prendere - in maniera
decisa - una decisione a tal proposito. L'euro continuava a correre e ciò comportava tutte le
complicazioni del caso (chiedere all'export extra-Unione, ad esempio). Un primo spiraglio,
tuttavia, è emerso a margine dell'altro grande interrogativo europeo: l'inflazione. Anemica,
oscillante e tendente (quasi) alla deflazione, era stato lo stesso Draghi - recentemente ad affermare come la forza della moneta unica avesse corroso circa 0,4 punti percentuali di
inflazione. Eppure i tassi ufficiali sono rimasti fermi, immutati. Con una promessa, tuttavia, in
grado di cambiare le carte in tavola. Nel momento stesso in cui l'Eurozona ricomincerà,
concretamente, a crescere, la forward guidance annunciata in questi giorni assicurerà che la
politica economica accomodante resti tale "anche se vedremo un miglioramento nell'economia".
"Dopo 5 anni di crisi e di incertezza - spiega Draghi - il 2012 e il 2013 sono stati anni di
stabilizzazione per l'area euro, con un ritorno della fiducia sulle prospettive dell'Unione. Il 2014
e il 2015 saranno anni di ripresa". La crescita tanto desiderata, insomma, è dietro l'angolo: il
prosieguo delle politiche "che hanno riportato fiducia" sarà indispensabile per continuare su
questo percorso. Anche la 'messa in ordine' del sistema finanziario, quel "comprehensive
assessment" guidato dalla BCE, sarà funzionale alla causa: "facendo pulizia e riparando i bilanci
delle banche, creiamo le condizioni necessarie perché le risorse tornino a scorrere verso le quelle
aziende che le usano nel modo più produttivo". Una sorta di 'distruzione creatrice', insomma
(argomento decisamente in tema vista l'occasione del "Premio Schumpeter").
L'inflazione, quindi, tornerà a crescere gradualmente abbandonando l'attuale 0,8% per avviarsi
verso il dichiarato target del 2%. Questo, insieme alla forward guidance, porterà
necessariamente ad un "abbassamento dei tassi di interesse reali". Se ai tassi, promessi fermi a
questi livelli anche quando le cose cominceranno ad andare meglio, si toglie l'inflazione in ripresa insomma - i tassi reali non potranno che virare verso il basso. Ma non solo: "il differenziale reale
dei tassi tra l'area euro e il resto de mondo probabilmente si ridurrà, creando pressioni
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ribassiste sui cambi" ha spiegato Draghi. Ecco allora che l'euro tornerebbe su livelli normali,
magari quella fisiologica quotazione nei dintorni di un dollaro e venti centesimi.
E se l'inflazione scendesse ulteriormente? Se la corsa dell'euro continuasse ancora? Molte
domande, molteplici scenari ed una sola, plausibile, risposta: la BCE sarebbe a quel punto
costretta ad intervenire attivamente sullo scenario economico del Vecchio Continente. I rischi di
deflazione vengono definiti ancora come "piuttosto limitati" (espressione, questa usata a
Vienna da Draghi, che si allontana sensibilmente dalla quasi assoluta esclusione di tale eventualità
espressa nel recente passato). Draghi e compagni sanno perfettamente che più durerà questa
(attuale) bassa inflazione, più i rischi diventeranno sostanziali. Saranno, ancora una volta,
fondamentali le aspettative degli attori dell'economia: una generale attesa per futuri cali dei
prezzi da parte del pubblico sarebbe il definitivo campanello d'allarme.
Oltre l'inflazione, poi, resta il capitolo euro. Siamo davvero sicuri che quanto prospettato fino ad
ora riuscirà a ridimensionare (sufficientemente) la moneta unica? Le alte sfere della BCE
osservano, attendiste e nervose. Il fatto che persino Jens Weidmann, a capo della Bundesbank,
abbia lasciato intendere che futuri (non graditi) apprezzamenti dell'euro potrebbero giustificare
la Banca centrale europea ad ammorbidire ulteriormente la sua linea, la dice lunga sulla situazione
che stiamo vivendo. Riassumendo: l'euro scenderà (e il post-Vienna ha già portato la moneta a
1,3846 dollari). E potrà, volendo, farlo con 'le buone', come riflesso dell'andamento dell'economia
europea, della ripresa dell'inflazione e della forward guidance dell'istituto centrale. Oppure lo
potrà fare con le 'cattive', con il direttivo della BCE che - sperabilmente - capirà (unanimemente)
la necessità di un suo intervento diretto in materia.
Cina
Nel periodo gennaio-marzo 2014, secondo i dati ufficiali, la seconda economia mondiale ha visto
una crescita tendenziale del 7,4%, in rallentamento del 7,7% del trimestre precedente. Le
stime degli economisti convergevano su un'espansione del 7,3%.
In termini congiunturali Pechino nel primo trimestre ha registrato una crescita dell'1,4%.
Il 7.5 è l'obiettivo che il premier cinese ha consegnato nella relazione sull'attività di governo
fatta ai 3mila componenti del Parlamento. Li Keqiang ha parlato non del 7.5 ma quasi del 7.5 per
cento perché come l'anno scorso.
Il governo cinese ha lanciato nuove misure di stimolo economico.
13
È il primo di questo 2014 e, seppur più modesto rispetto agli anni passati, il nuovo pacchetto
dimostra che Pechino non ha intenzione di sacrificare troppo l’obiettivo del 7,5% di crescita
sull’altare del cambiamento strutturale.
La Cina sta cercando di aumentare i consumi interni con una serie di riforme, ma i segnali di
rallentamento arrivati dall’industria avevano spaventato i mercati.
Le nuove misure comprenderanno investimenti per nuove linee ferroviarie e sgravi fiscali alle
piccole aziende.
La Banca Centrale ha fatto un'iniezione di denaro nel sistema bancario, una mossa che ha
contribuito a compensare la crescente domanda di contanti e segnalata politica monetaria
leggermente più flessibile.
L'iniezione arriva in vista della stagione esattoriale quando gli individui e le aziende in genere
bisogno di fondi extra, ma secondo molti la mossa è da attribuire anche al crollo inaspettato delle
esportazioni registrato dalla bilancia commerciale cinese che a marzo ha evidenziato a marzo un
surplus di 7,71 miliardi di dollari, contro il deficit di 22,99 miliardi del mese prima. Le
esportazioni sono diminuite del 6,6% su base annuale contro il calo del 18,1% del mese precedente
, mentre le importazioni sono diminuite dell'11,3% dopo il balzo del 10,1% di febbraio.
L'obiettivo principale della Banca Popolare Cinese, secondo alcuni analisti rimane quello di
mantenere le condizioni di finanziamento relativamente ampie e prestiti costi bassi, questo per
poter innescare la ripresa per l'economia", dopo che negli ultimi tempi il Dragone ha mostrato
segnali di rallentamento della crescita economica che fa tremare l'intero globo.
Anticipatori
La stima flash dell'indice HSBC PMI di aprile infatti è salito leggermente a 48,3 punti, dai
48 punti del mese precedente. Il dato è lievemente più basso delle stime che erano a 48,4
punti.
Tuttavia il valore ancora al di sotto dei 50 punti indica che l'attività manifatturiera è ancora in
contrazione visto che i 50 punti sono lo spartiacque tra contrazione ed espansione dell'attività
economica
La persistente debolezza nel settore manifatturiero cinese rafforza i timori di un rallentamento
della crescita più consistente delle attese per l'inizio di quest'anno.
Elementi congiunturali
I prezzi al consumo sono cresciuti a marzo a causa dell'aumento a doppia cifra degli
alimentari freschi; prosegue tuttavia la deflazione nel settore industriale che potrebbe essere
interpretata come un nuovo segnale del rallentamento della crescita della seconda economia
mondiale.
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Secondo i dati pubblicati dall'ufficio nazionale di statistica, l'indice dei prezzi al consumo
(Cpi) è salito del 2,4% annuo a marzo, appena sotto le attese degli analisti e dal 2% di febbraio.
I prezzi alla produzione sono calati per il 25mo mese consecutivo, segnando -2,3%.
La bilancia commerciale cinese a marzo ha evidenziato un surplus di 7,71 miliardi di dollari,
contro il deficit di 22,99 miliardi del mese prima. Le esportazioni sono diminuite del 6,6% su
base annuale contro il calo del 18,1% del mese precedente , mentre le importazioni sono diminuite
dell'11,3% dopo il balzo del 10,1% di febbraio.
Produzione industriale leggermente inferiore alle attese degli analisti. La produzione
industriale a marzo ha registrato una crescita pari all'8,8%, di poco sotto il +9% stimato
dagli analisti.
Le vendite al dettaglio a marzo sono salite del 12,2%, rispetto al +12,1% previsto dagli
analisti ed al +11,8% registrato nei 2 primi mesi dell'anno.
Petrolio
La produzione di petrolio dei Paesi esportatori è scesa a marzo portandosi sui livelli più bassi da
inizio anno. E' quanto ha rilevato l'Opec, l'Organizzazione che raggruppa i Paesi esportatori di
greggio, nel report mensile sul greggio, sottolineando che la produzione è diminuita soprattutto in
Iraq, ma anche in Angola, Libia e Arabia Saudita.
Guardando ai numeri, l'output è calato di oltre mezzo milione di barili al giorno, a 29,6 milioni di
barili.
Per quest'anno, l'Organizzazione stima una domanda mondiale di petrolio in crescita di 1,14
milioni di barili al giorno, a circa 91 milioni di barili. Nel 2013, la domanda di petrolio era
cresciuta di 1,05 milioni di barili al giorno a quota 90,01 milioni di barili.
15
1.2 Evoluzione per Paese
Stati Uniti
L'economia americana è migliorata in gran parte del Paese grazie a un clima più favorevole.
E' quanto si legge nel Beige Book, il rapporto sullo stato di salute dell'economia americana che la
Federal Reserve pubblica ogni sei settimane. La precedente edizione risale a fine febbraio.
Frutto dell'analisi condotta nei 12 distretti in cui opera la banca centrale americana, il documento
spiega che il settore manifatturiero "è migliorato in molte aree complici meno interruzioni
provocate dal maltempo" che ha colpito gli Stati Uniti tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014.
Non a caso, riferisce lo studio, "le spese al consumo sono cresciute e i negozi hanno visto più
traffico".
Il rapporto - che verrà utilizzato nella prossima riunione della banca centrale americana in
calendario i prossimi 29 e 30 aprile - aggiunge inoltre che il settore immobiliare vede un
andamento "vario" a livello nazionale con la domanda "rallentata dai prezzi e da scorte
limitate".
Dal Beige Book della Fed di aprile, emerge come in otto dei dodici distretti americani
durante le scorse settimane sia stata registrata “un'espansione ad un ritmo tra il modesto e
il moderato". A marzo il Cpi sale all’1,5% a/a e la produzione industriale avanza dello 0,7% m/m.
Contrastati i leading indicators di aprile: la Manifattura dello Stato di New York scende a 1,29
punti mentre il Philadelphia Fed balza a 16,6 punti. Positive le vendite al dettaglio anticipate di
marzo (+1,1% m/m).
Fonte:FED
Il Fomc ha rilasciato le nuove stime macro. Il Pil è previsto in miglioramento del 2,8% /
3,0% quest’anno e del 3,0% / 3,2% nel 2015, la disoccupazione dovrebbe toccare a fine
anno il 6,1% / 6,3% e il 5,6% / 5,9% l’anno successivo, l’inflazione resterà sotto il target
16
per tutto il prossimo triennio (1,5% / 1,6% quest’anno e 1,7% / 2,0% nel biennio
successivo).
In termini di consuntivo, la stima finale del PIL del 4° trimestre colloca la crescita
dell'economia americana al 2,6%, più del 2,4% stimato in precedenza. Lo ha affermato il
Dipartimento del commercio, comunicando la terza stima sul pil (+3,2% la prima, +2,4% la
seconda). Nonostante la revisione al rialzo, il +2,6% del pil è leggermente inferiore alle attese
degli analisti che scommettevano su una crescita del 2,7%.
A spingere la crescita americana sono i consumi saliti del 3,3%, la velocità maggiore dal
2010. Riviste al rialzo anche le esportazioni, salite del 9,5%.
A rallentare la corsa americana il calo degli investimenti nell'immobiliare, calati del 7,9%, e la
riduzione delle spese del governo.
Fonte: Bea.gov.
Il presidente Obama ha presentato il budget per l’a.f. 2015. Il piano dell’Amministrazione
include misure già proposte in passato, fra cui rialzi di imposte per le famiglie con redditi elevati
e società petrolifere, e aumenti di spesa per istruzione e infrastrutture, mentre la spesa per la
difesa continuerebbe a scendere nel prossimo decennio Il budget include anche una proposta di
riforma della tassazione delle imprese attraverso una riduzione dell’aliquota sugli utili e
l’eliminazione di molte deduzioni.
Il sentiero del deficit sarebbe in costante riduzione; nel 2024, il deficit/PIL è proiettato al
2,5%, con la spesa al 22,5% del PIL e le entrate al 20% del PIL circa 2 pp al di sopra della media
storica. Nelle proposte dell’Amministrazione ci sono elementi che potrebbero trovare supporto
bipartisan. Tuttavia, alla luce dell’accordo siglato a fine 2013 sulla spesa discrezionale, il 2014
potrebbe proseguire senza l’approvazione di un budget 2015 e senza rischi di blocchi del governo.
17
Pertanto il dibattito si aprirà in Congresso sul budget, ma è improbabile che prima delle elezioni
midterm si approvino misure rilevanti.
Anticipatori
In lieve calo l'attività manifatturiera in USA nel mese di aprile rispetto al mese precedente
pur restando in zona espansione. La stima flash sull'indice PMI manifatturiero indica un livello di
55,4 punti, in flessione rispetto ai 55,5 del mese di marzo. Il dato, pubblicato da Markit, risulta
inferiore alle attese del mercato che erano per un valore pari a 56,3 punti.
L'indice si conferma comunque ampiamente al di sopra della soglia dei 50 punti, denotando una
espansione del settore manifatturiero.
Balza a 7 punti l'indice Fed Richmond sul settore manifatturiero relativo al mese di aprile
dai -7 punti di marzo. Lo comunica il Distretto FED di Richmond. Le attese degli analisti erano
per un indice pari a 0 punti.
In aumento il superindice USA relativo al mese di marzo. L'indice si è attestato a 100,9 punti,
mostrando un incremento dello 0,8% rispetto al +0,5% di febbraio. Lo comunica il Conference
Board degli Stati Uniti. Il dato è migliore delle attese degli analisti che erano per un +0,7%.
L'indice coincidente nello stesso periodo è salito dello 0,2% a 108,3 punti dopo il +0,4% del mese
precedente. L'indice differito sale dello 0,6% a 123 punti dopo il +0,3% di febbraio. "Il
superindice ha registrato una nuova forte salita per il terzo aumento mensile consecutivo" ha
detto Ataman Ozyildirim economista presso il Conference Board aggiungendo che dopo una pausa
invernale, gli indicatori principali stanno "guadagnando slancio" e di conseguenza "la crescita
economica sta avanzando".
Oltre le attese l'indice relativo all'attività economica del distretto FED di Philadelphia. A
marzo il dato è salito a 16,6 punti dai 9 punti della lettura di gennaio. Lo comunica il Distretto
FED di Philadelphia. Il dato risulta decisamente migliore delle attese degli analisti che stimavano
una ripresa meno ampia a 10 punti.
Peggiora il dato sull'attività manifatturiera americana. L'indice Empire State di aprile,
infatti, si è attestato a 1,29 punti dai 5,61 di marzo. Gli analisti stimavano un dato più forte
a +8 punti. L'indice che misura le condizioni del settore manifatturiero è stato elaborato dalla
FED di New York. Si ricorda che un livello del dato superiore/inferiore allo 0 indica che la
maggior parte delle compagnie riportano miglioramenti/peggioramenti delle condizioni.
La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan ad aprile (prel.) sale più delle
attese toccando 82,6 (consenso: 81) da 80 della lettura finale di marzo; il livello di aprile è il
massimo da luglio 2013. Le aspettative sono in aumento a 73,3 (massimo da agosto 2013) da
70 di marzo, la situazione corrente sale a 97,1 (massimo da dicembre 2013) da 95,7 del mese
18
precedente. I dati sono coerenti con la previsione di ampio rialzo della dinamica dei consumi a
marzo e nel 2° trimestre.
Sale l'indice ISM non manifatturiero americano, che però non ha pienamente soddisfatto le
attese. Il dato di marzo, elaborato dall'Institute for Supply Management (ISM), si è attestato a
53,1 punti dai 51,6 del mese precedente, risultando così al di sotto delle stime degli analisti che
attendevano un dato a 53,5 punti. l'indice si conferma comunque in zona espansione, visto che se
risulta superiore a 50 punti. Per quanto riguarda le principali componenti, in salita l'indice sui
nuovi ordini che si porta a 53,4 da 51,3 punti. In forte recupero l'indice relativo all'occupazione
che si porta a 53,6 da 47,5 punti.
Sale inoltre quello relativo ai prezzi pagati, che si porta a 58,3 da 53,7, mentre calano quello sulla
produzione a 53,4 da 54,6 e quello sulle scorte a 48 da 50,5 punti.
La crescita dell'attività del settore manifatturiero statunitense ha accelerato per il secondo
mese consecutivo a marzo. E' quanto emerge dell'indice Ism elaborato dall'Institute for Supply
management, che il mese scorso è salito a 53,7% da 53,2 di febbraio. Le attese degli analisti,
tuttavia, erano per una salita più sostanziosa a 54,0. Una lettura sopra i 50 punti segnala
espansione dell'attività.
Elementi congiunturali
Rimbalzano ancora gli ordinativi di beni durevoli americani. Il dato di marzo ha segnato un
incremento del 2,6% a 234,8 miliardi di dollari dopo il rialzo del 2,1% del mese precedente. Il
dato risulta migliore delle attese degli analisti che erano per un decremento dello 0,1%. La
statistica è stata comunicata dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the
Census). Se si esclude il settore dei trasporti il dato (core) ha registrato un aumento del 2%
mentre escludendo il settore della difesa gli ordini registrano un progresso dell'1.8%.
In rialzo i prezzi delle case in USA nel mese di febbraio. L'indice FHFA, reso noto dalla
Federal Housing Finance Agency, che misura appunto i prezzi delle abitazioni statunitensi, è
cresciuto dello 0,6% rispetto al +0,4% rivisto di gennaio (da +0,5%). Su base annua si è verificato
un incremento dei prezzi del 6,9%
In calo dello 0,2% le vendite di case esistenti in USA nel mese di marzo che arrivano a 4,59
milioni di unità, dai 4,60 milioni del mese scorso. Si tratta del livello del più basso da luglio 2012.
Il dato, comunicato dall'Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari (NAR) USA.. Su base
annua le vendite risultano in calo del 4,5% contro il 4,8% delle attese.
Aumentano a marzo le costruzioni di nuove abitazioni negli Stati Uniti a 946 mila unità con
una salita del 2,8% rispetto ai 920mila unità riviste del mese precedente. Le attese degli
analisti erano per un aumento dello 0,1% a 941 mila unità. Il dato è comunicato dal Dipartimento
del Commercio del Census Bureau degli USA. Su anno si è registrato un calo del 5,9%. I permessi
19
edilizi rilasciati invece sono scesi del 2,4% mensile a 990 mila unità, contro le 1,014 mln del mese
precedente e il +0,1% stimato dagli analisti. Su anno si è registrato un incremento dell'11,2%.
In salita dello 0,7% la produzione industriale americana di marzo, dopo il +1,2% rivisto del
mese precedente. Il dato sorprende visto che le attese degli analisti erano per un +0,1%. Su base
annua si è evidenziato un aumento del 3,8%. La produzione manifatturiera è salita dello 0,5%
contro il +1,4% evidenziato a febbraio con un aumento tendenziale del 2,8%. Nello stesso periodo
la capacità di utilizzo relativa a tutti i settori industriali si è attestata al 79,2%, in aumento
rispetto al 78,8% del mese precedente. Sale al 76,7% la capacità di utilizzo nell'industria
manifatturiera contro il 76,5% del mese precedente.
Cresce l'inflazione americana nel mese di marzo. Il dato, comunicato dal Bureau of Labour
Statistics (BLS) americano, ha registrato un salita dello 0,2% contro il +0,1% del mese
precedente. Il dato è più alto delle stime degli analisti, che si aspettavano un +0,1%. Su
base annua l'indice è salito dell'1,5%. Il core rate, l'indice dei prezzi al consumo depurato
delle componenti più volatili quali cibo ed energia, ha evidenziato un aumento dello 0,2% contro il
+0,1% del mese precedente e del consensus. Il dato tendenziale si attesta all'1,7%. In
particolare, i prezzi della componente energetica hanno registrato un calo dello 0,1% dopo il 0,5% precedente mentre quelli della componente alimentare sono saliti dello 0,4% dopo il +0,4%
di febbraio
A febbraio i flussi netti di capitali in USA sono risultati positivi per 167,7 mld di dollari, a
fronte degli 87 mld rivisti di gennaio (+83,6 mld la lettura preliminare). Il dato è stato
pubblicato dal Dipartimento del Tesoro americano. Nello stesso periodo gli acquisti netti di titoli
USA da parte di investitori esteri hanno evidenziato un saldo netto positivo pari a +76,5 mld di
dollari rispetto ai -2,1 mld del mese precedente. Le transazioni nette di lungo termine hanno
evidenziato un saldo positivo di 85,7 mld dai 7,7 mld del mese precedente.
In rialzo dello 0,4% le scorte di magazzino in USA nel mese di febbraio a 1,715 mld di
dollari, poco sotto le attese degli analisti che erano per un +0,5%.
Il dato, comunicato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, su base tendenziale è
salito del 4,2%. Nello stesso periodo le vendite hanno registrato un progresso dello 0,8% a 1,311
mld di dollari, mostrando un aumento annuo dell'1,8%. La ratio scorte/vendite è risultata pari a
1,31 rispetto a 1,32 del mese precedente. A febbraio 2013 il dato si era attestato a 1,28
Il PPI a marzo aumenta di 0,5% m/m (+1,4% a/a), sorprendendo verso l’alto le aspettative
di consenso (+0,1% m/m). Il core segna una variazione di 0,6% m/m (+1,4% a/a). I prezzi dei
beni sono invariati su base mensile, con un incremento degli alimentari di +1,1% m/m e un calo
dell’energia di -1,2% m/m. I prezzi delle materie prime sono poco variati. I prezzi dei servizi
aumentano di 0,7% m/m, la variazione più ampia da gennaio 2010, con rialzi particolarmente
marcati nel comparto del commercio (+1,4% m/m) e nei comparti dell’abbigliamento e
dell’oreficeria. I dati del PPI mettono rischi verso l’alto sulla previsione del CPI di marzo in uscita
la prossima settimana.
20
Maggior rialzo da un anno e mezzo a questa parte per le vendite al dettaglio Usa, un dato
che conferma come l'economia del paese stia uscendo dalla fase di debolezza legata alle cattive
condizioni atmosferiche di quest'inverno e sia pronta per un'accelerazione nel secondo trimestre.
Secondo i dati diffusi oggi dal dipartimento del Commercio le vendite al dettaglio sono
aumentate dell'1,1% su mese in marzo - l'incremento più consistente dal settembre del 2012 dopo il +0,7% di febbraio, dato quest'ultimo rivisto dallo 0,3% della prima rilevazione.
Le attese degli economisti, elaborate in un sondaggio Reuters, indicavano un incremento dello
0,8%. Le vendite al dettaglio rappresentano circa un terzo della spesa per consumi negli Usa.
Crescono dello 0,6% i prezzi alle importazioni in USA nel mese di marzo, dopo il -0,9% rivisto
di febbraio (+0,2% la prima lettura). Il dato, comunicato dal Bureau of Labour Statistics degli
Stati Uniti, è superiore alle attese degli analisti che avevano previsto una variazione positiva
dello 0,2%. Su base annua si è avuto un decremento dello 0,6%. Al netto delle importazioni di
petrolio i prezzi import sono saliti dello 0,3% su mese dopo il -0,1% di febbraio.
L'indice dei prezzi alle esportazioni ha segnato una salita dello 0,8% contro il +0,7% di
febbraio e il +0,3% del consensus. Su anno il dato ha segnato un +0,2%. Al netto dei prodotti
agricoli i prezzi alle esportazioni sono saliti dello 0,5% su mese rispetto al -0,6% precedente.
Crescono dello 0,5% nel mese di febbraio le scorte industriali statunitensi, attestandosi a
518,2 mld di dollari. Il dato, comunicato dal Bureau of Census statunitense, è in linea con le stime
degli analisti. Su base annua invece le scorte hanno evidenziato un aumento del 4,7%. Nello stesso
periodo le vendite sono migliorate dello 0,7 % a 436 mld di dollari. Su base annua si è avuto un
aumento del 3,1%. La ratio scorte/vendite si è attestata all'1,19, stesso livello di gennaio.
L’employment report di marzo conferma il continuo miglioramento del mercato del lavoro. Gli
occupati non agricoli a marzo aumentano di 192 mila; i dati dei due mesi precedenti sono rivisti
verso l’alto di 37 mila posti. Nel 1° trimestre la variazione mensile media è pari a 177670, la
media per febbraio-marzo è di 194500. La variazione registrata con l’indagine presso le famiglie,
a 503 mila, rimane molto elevata per il 3° mese consecutivo (media 3 mesi 385 mila).
Per settore, si registra un calo nel manifatturiero (-1000) probabilmente ancora per via del clima;
tutti gli altri settori registrano incrementi: costruzioni, +19 mila, servizi privati +167 mila.
All’interno della voce servizi, il commercio vede un aumento ancora modesto, in parte attribuibile
al clima e in parte alla stagionalità di Pasqua. I dipendenti pubblici sono invariati, con un aumento
a livello statale e locale e un calo di -9 mila a livello federale.
Il tasso di disoccupazione è invariato a 6,7%, per via di un nuovo ampio aumento della forza
lavoro (+503 mila) analogo all’aumento degli occupati (+476 mila). I disoccupati da più di 27
settimane sono circa invariati nel mese, e pari al 35,8% dei disoccupati totali. Il tasso di
partecipazione sale di 2 decimi, a 63,2%, sui massimi da settembre 2013.
Il tasso di occupazione finalmente segna un aumento, a 58,9%, il massimo da settembre
2009.
Le ore lavorate accelerano in misura significativa, con un incremento di +0,7% m/m,
segnalando un probabile forte aumento della produzione industriale nel mese, in recupero dopo
21
due mesi deboli per via del clima avverso. I salari orari sono invariati, dopo l’aumento di 0,4% m/m
di febbraio; i dati di febbraio-marzo sono viziati dall’effetto clima (salari orari più elevati a
febbraio per via della debolezza delle ore lavorate): il trend dovrebbe rimanere pari a 0,2% m/m.
Si allarga il deficit della bilancia commerciale americana, attestandosi nel mese di febbraio a
42,3 miliardi di dollari dai 39,3 mld rivisti di gennaio. Il dato, comunicato dal Bureau of Economic
Analysis (BEA) del Dipartimento del Commercio americano, risulta peggiore delle stime degli
analisti che erano per un calo del deficit a 38,5 miliardi. Le esportazioni di beni e servizi si sono
attestate a 192,5 mld usd, mentre le importazioni si sono portate a 231,7 mld di dollari.
La spesa personale a febbraio aumenta di 0,3% m/m, dopo +0,2% m/m (rivisto da +0,4%
m/m) a gennaio. Come atteso, i dati mostrano ancora debolezza nel comparto dei beni durevoli (0,18% m/m); i servizi crescono ancora (+0,3% m/m), anche se meno rapidamente che a gennaio
(+0,6% m/m), per via della forte domanda di utilities. In termini reali, i consumi sono su un
trend di miglioramento, con una variazione di 0,2% m/m a febbraio (+0,06% m/m a gennaio e
-0,1% m/m a dicembre); nel 1° trimestre la dinamica dei consumi sarà in rallentamento rispetto al
4° trimestre, ma è prevista una successiva accelerazione nel 2° trimestre, una volta eliminati i
freni legati al maltempo.
Il reddito personale aumenta di 0,3% m/m a febbraio, come a gennaio, grazie anche a
un’accelerazione del pagamento di dividendi. Il reddito disponibile è in crescita di 0,3% m/m,
sia in termini nominali sia in termini reali; su base tendenziale il reddito disponibile cresce di 3%
a/a in termini nominali, di 2,1% a/a in termini reali, dando indicazioni positive per la dinamica dei
consumi. Il tasso di risparmio a febbraio sale a 4,3% da 4,2%. Il deflatore dei consumi totale e
quello core segnano variazioni di 0,1% m/m, e di 0,9% a/a e 1,1% a/a, rispettivamente,
confermando ancora il quadro di inflazione ben al di sotto dell’obiettivo della Fed.
22
Giappone
Il Governo giapponese ha annunciato un outlook più modesto, per la prima volta dal novembre
2012, quando fu varato l'Abenomics, il piano di rilancio dei consumi e dell'economia messo a punto
dal Premier Shinzo Abe.
Nell'ultimo rapporto mensile, il governo ha preventivato un rallentamento dei consumi privati
e del mercato immobiliare, indicando che l'economia sta segnando un trend di "moderato
recupero" e che, di tanto in tanto, emergono ancora "segnali di debolezza".
Prospettive più grigie anche per l'impatto del calo dei consumi, causato dall'aumento dell'IVA dal
5% all'8% scattato il 1° aprile scorso.
Il primo aumento dell'IVA in 17 anni è stato però digerito con una certa difficoltà dal Premier,
che deve ancora dare il via libera al prossimo scatto al 10% atteso per ottobre 2015, consapevole
che il piano di rilancio varato a fine 2012 è stato un po' mitizzato.
L'aumento del prelievo sui consumi è stato imposto da una serie di fattori, la necessità di
reperire risorse per finanziare il sistema di sicurezza sociale e l'obiettivo di ridurre
l'indebitamento pubblico, dato che il Giappone vanta il più alto debito pubblico mondiale,
pari a due volte il suo PIL.
Secondo la Bank of Japan, il Giappone sta vedendo una ripresa economica moderata, che è
destinata a proseguire. Il Paese sembra essere finalmente sulla strada giusta nella guerra
contro la deflazione con l'inflazione che sembra essere in aumento.
I rischi per le prospettive arrivano dallo sviluppo delle economie emergenti, mentre rimane
all'orizzonte il problema del debito europeo e il ritmo della ripresa negli Stati Uniti.
In termini di aspettative, l’indagine Tankan relativa al 1° trimestre mostra un ulteriore
aumento della fiducia delle grandi imprese manifatturiere, a 17 da 16 di fine 2013; il consenso
prevedeva un aumento maggiore (a 19) ma le aspettative delle imprese nel 4° trimestre erano più
basse (14). Anche le grandi imprese non manifatturiere registrano un ampio rialzo della fiducia, a
24 da 20 di fine 2013. Gli indici di aspettativa per il prossimo trimestre, però, calano a 8 e a 13,
rispettivamente per le grandi imprese manifatturiere e non manifatturiere, anticipando gli
effetti restrittivi dell’aumento dell’imposta sui consumi che entra in vigore il 1° aprile.
Le imprese si stanno lentamente adattando a ritenere credibile il deprezzamento del
cambio, ma restano caute nelle loro previsioni: per l’a.f. 2014 si aspettano il cambio yen/dollaro
a 99,48, più forte rispetto a quanto visto da novembre in poi (media 102,5). I dettagli
dell’indagine confermano il proseguimento della riduzione dell’eccesso di offerta. L’indice dei
prezzi degli output è positivo nei servizi (a 6) e si sta avvicinando allo zero per il manifatturiero
(-3 da -4): le imprese stanno confermando, con le politiche di prezzo, la fine della deflazione. Per
quanto riguarda i piani di investimento, come sempre all’inizio dell’anno fiscale le imprese sono
caute e mostrano programmi di aumento degli investimenti di 0,1% (manifatturiero, 3,6%, non
manifatturiero -1,6%). La capacità in eccesso si sta riducendo; per quanto riguarda il mercato del
lavoro, le grandi imprese riportano occupazione insufficiente (-6), soprattutto per quanto
riguarda il settore dei servizi.
23
Nel complesso, l’indagine conferma le aspettative di ampio rallentamento nel 2° trimestre
per via del rialzo delle imposte. La previsione di ritorno a un tasso di crescita modesto, ma
positivo dopo la contrazione attesa per il 2° trimestre è anche supportata dall’atteggiamento
espansivo delle politiche economiche: il governo ha annunciato che anticiperà l’inizio dei nuovi
programmi di spesa ai prossimi trimestri e che la BoJ potrebbe intervenire con ulteriore stimolo
fra il 2° e il 3° trimestre.
A consuntivo, il Pil giapponese dell’ultimo trimestre 2013 è cresciuto di uno 0,7%
annualizzato, con la componente dei consumi delle famiglie in progresso di solo lo 0,4%. Si
contava in un neppure troppo virtuoso effetto di accelerazione dei consumi di beni durevoli da
parte delle famiglie (i cosiddetti big ticket items), per anticipare l’aumento delle imposte
indirette, ma pare che le cose non siano andate in questi termini.
Ora c’è una evidente preoccupazione per l’impatto depressivo dell’aumento Iva sui consumi,
dopo che il primo anno di vita della Abenomics ha mostrato una fiammata inflazionistica da costi
(sui prezzi dell’import), ed una sensibile riduzione della fiducia dei consumatori, che si sono
ritrovati col potere d’acquisto eroso dalla corsa dei prezzi. Il governo Abe ha quindi esercitato
una robusta moral suasion sulle imprese per giungere ad aumenti delle retribuzioni di base (e non
solo dei bonus), con risultati sinora non eclatanti.
Il mercato del lavoro giapponese appare sempre più duale, con un nucleo centrale di insider
protetti ed una schiera di outsider semi-precari, che hanno strutture retributive molto scarne.
Si calcola infatti che i lavoratori a tempo determinato o part time siano il 36% del totale.
Altro dualismo da sempre rilevante, in Giappone, è quello tra grandi imprese e PMI, con le
seconde che rappresentano oltre due terzi del totale e che non appaiono particolarmente ansiose
di alzare la componente fissa della retribuzione.
Sul versante che dovrebbe rappresentare la “terza freccia” della Abenomics, quella delle riforme
dal lato dell’offerta, per liberalizzare i mercati del lavoro e dei prodotti, tutto tace.
Abe ha deciso di controbilanciare la stretta fiscale del primo aprile con misure compensative
(cioè espansive) di origine anch’essa fiscale. Come segnala il Financial Times, senza trovare nella
vicenda alcunché di singolare o più propriamente ridicolo, «Il governo Abe ha stanziato 5.500
miliardi di yen di un pacchetto fiscale di spesa – più dei 4.500 miliardi di yen attesi come gettito
aggiuntivo dalla tassa sui consumi il prossimo anno – per controbilanciare l’impatto dell’aumento»
Nel frattempo tutti guardano alla Bank of Japan, che dovrebbe fornire nuovo stimolo per
compensare a sua volta l’aumento Iva ma la tempistica è incerta, dopo che le ultime previsioni del
governatore Kuroda vedono l’inflazione stabile all’1,25% almeno sino all’estate. Tensioni
internazionali permettendo, visto che queste ultime di solito portano con sé un rafforzamento
dello yen.
Per il primo trimestre solare 2014 le stime di Pil giapponese prevedono un balzo del 4,1%
annualizzato, realizzato soprattutto sulla “presa in prestito del futuro”, cioè sui consumi per
evitare l’aumento Iva (se ci saranno). Ma già sul secondo trimestre solare, il primo dell’anno
fiscale giapponese, si prevede una crescita annualizzata del 3,7%.
24
Pil reale var.%
Fonte: Cabinet Office
25
Nuova manovra
Il governo del primo ministro giapponese Shinzo Abe ha approvato una manovra aggiuntiva di
5.460 miliardi di yen, pari a 53,3 miliardi dollari, per l'anno fiscale in corso per finanziare
altre misure di stimolo .
La nuova manovra, che fa seguito a quella da 1.300 miliardi di yen varata lo scorso gennaio per
stimolare l'economia, porterà la spesa pubblica per l'anno fiscale 2013/14, che termina il
prossimo marzo, a circa 98.100 miliardi di yen.
Ciò si confronta con i 100.500 miliardi stanziati l'anno precedente.
La spesa pubblica del Giappone resta espansiva e per Abe nasce la necessità di trovare un
equilibrio tra rilancio della crescita economica a breve termine e contenimento dell'enorme
debito pubblico.
L'attenzione passa ora alla bozza di bilancio annuale per il prossimo anno fiscale che partirà ad
aprile, che dovrebbe essere compilata il 24 dicembre.
"Il nostro obiettivo principale è da una parte la ricostruzione delle finanze pubbliche, dall'altra il
rilancio dell'economia. I paesi OCSE e del G20 si stanno muovendo in questa direzione" ha detto
il ministro delle Finanze Taro Aso.
Il governo non ha bisogno di emettere altro debito per finanziare la nuova manovra perché
utilizzerà le entrate provenienti sia dal gettito fiscale dell'anno in corso atteso maggiore del
previsto, sia dalla vendita di una parte delle sue azioni in Nippon Telegraph and Telephone Corp.
Tokyo ha intenzione di aumentare l'imposta sulle vendite a partire dal prossimo aprile, portandola
all'8% dall'attuale 5%, per poi alzarla al 10% nell'ottobre 2015.
Debito pubblico
Un milione e diciassettemila miliardi di yen, ovvero circa 7.200 miliardi di euro. È la cifra
astronomica raggiunta dal debito pubblico giapponese nel mese di dicembre: l’ennesimo record
per un Paese il cui indebitamento è più del doppio del prodotto interno lordo (il 236/pil).
I dati sono quelli rilasciati dal governo di Shinzo Abe. E non sorprende che, per la fine del 2013, il
ministero delle finanze preveda un nuovo aumento a un milione e trentottomila miliardi di yen.
È stato proprio il premier giapponese a dare il via alla stagione delle politiche ultra-espansive per
combattere la deflazione (ribattezzate “Abenomics” in suo onore).
Secondo il rapporto, i soli titoli di Stato hanno superato i seimila miliardi di euro. Circa tre volte
il debito pubblico italiano.
Ma nessuna crisi all’orizzonte, almeno nel breve termine: il debito, per quanto mastodontico,
è infatti detenuto per la maggior parte dalle stesse famiglie giapponesi.
Anticipatori
Il leading indicator del Giappone relativo al mese di febbraio è stato confermato a 108,5
punti rispetto alla lettura preliminare e contro i 113 di gennaio. Lo rende noto il Cabinet Office
del Giappone nella sua lettura definitiva. Nello stesso periodo l'indice coincidente è sceso a 109,8
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punti dai 113,4 della lettura preliminare e dai 111,6 del mese precedente, mentre l'indice
differito (lagging index) si è portato a 113,5 punti dai 116,7 della stima preliminare e dai 112,6
punti del mese precedente.
E' sceso dello 1% a 100,6 punti l'indice sull'attività del settore terziario in Giappone
relativo al mese di febbraio rispetto al +1,6% registrato il mese precedente. Su base tendenziale
l'indice grezzo registra una variazione positiva dello 0,9% rispetto al +2,1% precedente. Lo
comunica il Ministero dell'economia e dell'industria.
Scende anche a marzo la fiducia dei consumatori giapponese. Il dato, comunicato dall'Istituto
di ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese, si è attestato a 37,5 punti dai 38,5
punti (rivisti) del mese precedente, registrando un calo di 1 punto. L'indice resta così al di sotto
dei 50 punti, evidenziando un clima ancora negativo. Il dato è anche sotto le attese degli analisti
che si attendevano un recupero a 40,2 punti
L’indice PMI Markit del settore manifatturiero cala a 53,9 a marzo da 55,5 di febbraio.
Tutti i sotto-indici sono in modesto calo, ma rimangono in territorio chiaramente espansivo. Gli
ordini scendono a 54,9 da 56,2, ma gli ordini dall’estero danno un segnale positivo, con un aumento
a 52,3 da 51,8; la produzione cala a 54,2 da 58,4, l’occupazione a 52,6 da 53,7. I dati
congiunturali giapponesi stanno entrando nella fase di elevata volatilità collegata al rialzo
dell’imposta sui consumi: fino alla parte centrale dell’anno sarà difficile valutare i trend
sottostanti dell’economia.
Migliora l'indice Tankan giapponese, la statistica che misura la fiducia delle grandi imprese
manifatturiere in Giappone conferma il miglioramento dell'economia nipponica. Il dato,
comunicato dalla Banca del Giappone (BOJ), risulta a marzo pari a 21 punti dai 16 della lettura
precedente ed appare migliore delle attese degli analisti che erano per un aumento a 18 punti.
Ricordiamo che un valore superiore allo zero segnala che le imprese ottimiste sono più numerose
di quelle pessimiste. L'indice non manifatturiero per le grandi imprese sale a 21 punti dai 18
precendenti. Bene anche l'indice relativo alle medie imprese che passa a 14 da 9 punti, mentre
quello relativo alle piccole imprese sale a 7 da 3 punti. L'indice relativo a tutte le imprese si
attesta a 12 da 8 punti
Elementi congiunturali
In rialzo l'indice dei prezzi al consumo (CPI) del Giappone nel mese di marzo, che ha
registrato un incremento dell'1,6% su base tendenziale rispetto all'1,5% del mese precedente.
Lo comunica l'ufficio nazionale di statistica. Il dato, al netto delle componenti più volatili, quali i
cibi freschi ed energia, ha registrato una variazione positiva dello 0,3% su base mensile con un
+0,7% su base annua. Il dato preliminare dell'indice dei prezzi al consumo dell'area di Tokyo,
relativo al mese di aprile, ha segnato un balzo del 2% a livello congiunturale e una salita del
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2,9% su base tendenziale. L'indice core è salito dell'1,9% su base congiunturale e del 2%
rispetto allo scorso anno.
I dati di Tokyo sono ritenuti un ottimo anticipatore del trend di prezzi nazionale.
Nessuna variazione per i prezzi alla produzione giapponesi di marzo, che nel mese di febbraio
sono scivolati dello 0,1% rivisto (mentre la prima lettura indicava una salita dello 0,2%). Lo
comunica la Bank of Japan. Su base annua il dato ha mostrato una salita dell'1,7% dal +1,8% di
gennaio. I prezzi export hanno registrato un calo dello 0,3% su base mensile mentre su anno
hanno evidenziato un decremento del 2,7%. I prezzi import sono scesi invece dello 0,4% su mese
e dell'1,5% tendenziale.
Scivolano gli ordini dei macchinari del settore privato in Giappone, nel mese di febbraio. Il
dato core, al netto delle componenti volatili, ha registrato un calo dell'8,8% dopo il +13,4% del
mese prima. Il dato è ben al di sotto delle atese degli analisti che stimavano una salita del 2%. Il
dato complessivo che include anche queste componenti registra invece un calo del 15,3% dopo il
+18,3% precedente. L'indicatore è stato pubblicato dall'Istituto di Ricerca Economica e Sociale
del Giappone (ESRI). Anche il totale degli ordinativi, che include anche quelli governativi ed
esteri, ha registrato un calo del 5,9% dopo il +12,6% precedente
Torna in attivo la bilancia delle partite correnti in Giappone, dopo quattro mesi consecutivi
in rosso. A marzo il dato si è attestato a 612,7 miliardi di yen, rispetto al passivo di 1.589
miliardi di yen del mese precedente. Il dato, comunicato dal Ministero delle Finanze (MOF),
risulta leggermente al di sotto delle attese che erano per un attivo di 630 miliardi.
Per quanto riguarda le esportazioni sono salite su anno del 15,7%, mentre le importazioni sono
aumentate del 14,1%, portando il saldo della bilancia commerciale in passivo per 726 miliardi di
yen.
Calo inatteso per la produzione industriale giapponese che, in febbraio, è arretrata del
2,3% su mese, il ritmo più intenso da otto mesi, dopo il +3,8% di gennaio, su stime per una
crescita dello 0,3%. Numeri che, a detta degli analisti, alla vigilia dell'aumento dell'imposta
nazionale sulle vendite, costringeranno probabilmente la banca nazionale giapponese ad ampliare
la portata del maxi stimolo all'economia per proteggerla dal recente affaticamento dello slancio.
Le rilevazioni compiute presso le aziende manifatturiere del paese indicano una previsione di
crescita dell'output dello 0,9% in marzo e un calo dello 0,6% in aprile. Gli ordini alle costruzioni
hanno invece segnato un incremento del 12,3% annuo in febbraio, mentre l'avvio di cantieri
residenziali segna una crescita dell'1% annuo, contro stime per un +4,9%.
Frenano le spese delle famiglie giapponesi. A febbraio il dato ha segnato infatti un decremento
dello 0,6% in termini nominali e del 2,5% in termini reali, attestandosi a 266.610 yen. Lo ha
comunicato l'Ufficio statistico nazionale del Giappone. I redditi delle famiglie operaie sono saliti
dello 0,6% in termini nominali mentre sono scesi dell'1,3% in termini reali a 479.268 yen.
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Scende a febbraio il tasso di disoccupazione giapponese, che si attesta al +3,6%, rispetto a
gennaio e rispetto a una variazione nulla degli analisti. Il dato è comunicato dal Ministro degli
Affari interni delle poste e telecomunicazioni del Giappone. Il tasso destagionalizzato scende al
3,6%. Il numero dei disoccupati si è attestato a 2,32 milioni, risultando in calo di 450 mila unità
rispetto allo scorso anno. Gli occupati sono pari a 62,83 milioni, in aumento di 410 mila unità pari
allo 0,7% rispetto di un anno prima.
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Germania
Nonostante l’esposizione delle aziende tedesche all’Europa centrale e alla Russia, la
Germania sembra saldamente sul sentiero di una ripresa.
Quest’anno il Pil dovrebbe espandersi dell’1,8% per poi irrobustirsi ulteriormente del 2% nel
2015.
Molle principali la crescita della domanda interna e i consumi, grazie alla combinazione di
bassa inflazione, tassi di interesse moderati e stipendi in crescita.
Unica ombra all’orizzonte, la crisi geopolitica tra Mosca e l’Occidente: ad aprile l’umore di
analisti e investitori è peggiorato ancora una volta.
Le nuove stime cono contenute nel rapporto annuale elaborato dal Ministero dell'Economia che
segnala come la ripresa sia trainata soprattutto dalla domanda interna, favorita dal recupero
di fiducia di consumatori ed imprese a dall'applicazione del salario minimo di 8,50 euro l'ora.
Sarà la domanda interna infatti a fungere da traino, mentre quella estera, motore di un'economia
tradizionalmente orientata all'export, per il secondo anno consecutivo darà un contributo
negativo. Le esportazioni saliranno del 4,1% dopo una performance sottotono nel 2013, ma le
importazioni aumenteranno ancora di più, intorno al 5%. Ciò, significa che il commercio con
l'estero sottrarrà lo 0,1% al Pil, si legge nel report annuale del ministero dell'Economia. Questo
dovrebbe ridurre l'elevatissimo avanzo commerciale, per il quale la Germania è stata criticata
dalla Commissione europea, ma anche dagli Stati Uniti.
Il tasso di disoccupazione medio annuo dovrebbe ridursi al 6,8% dal 6,9% del 2013,
guadagnando 240 mila posti di lavoro e portando l'occupazione a 41,1 milioni. Nello stesso tempo,
la crescita dei profitti delle imprese dovrebbe garantire anche aumenti salariali.
Le stime formulate dal Governo tedesco si mostrano più ottimistiche di quelle formulate
congiuntamente dalla Bundesbank e dalla Commissione europea, che indicano un aumento del
PIL dell'1,7% nel 2014 dopo il +0,4% de 2013.
Nel primo trimestre, l'economia tedesca e' prevista crescere dello 0,5% rispetto ai tre
mesi precedenti. Lo stima l'Istituto tedesco di ricerca economica Diw, affermando che "l'anno
e' iniziato in modo piu' forte di quanto atteso di recente". Per l'intero 2014 l'Istituto prevede
un aumento dell'1,6% del Pil tedesco, anche se rileva di stare valutando una possibile revisione
al rialzo in quanto "stiamo diventando piu' fiduciosi sul fatto che potrebbe esserci un maggiore
spazio di crescita".
In termini di consuntivo la lettura finale del PIL per il 4° trimestre 2013 conferma
l’accelerazione a sorpresa a 0,4%, dopo lo 0,3% t/t del trimestre precedente.
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Dal dettaglio emerge una crescita straordinariamente forte delle esportazioni (+2,6% t/t), a
fronte di import in aumento di 0,6% t/t; i consumi sono in lieve calo (-0,1% t/t), mentre gli
investimenti fissi sono in rialzo di 1,4% t/t.
La variazione annua del PIL accelera a 1,4% a/a da 0,6% del 3° trimestre. In termini di
contributi, la parte del leone è fatta dalle esportazioni nette (1,1pp), seguite dagli investimenti
fissi (0,2pp), a fronte di un contributo nullo dei consumi. In media annua il PIL tedesco è atteso
crescere dell’1,8% quest’anno, dopo lo 0,5% del 2013.
Nel 3° trimestre Il PIL aveva evidenziato un rialzo dello 0,3% su base trimentrale, evidenziando
invece un progresso dell'1,3% su anno.
La Germania chiude il 2013 in bellezza presentando un PIL leggermente superiore alle
attese degli analisti, anche se in rallentamento rispetto al periodo precedente.
Fonte: Destatis
Budget 2014
Il ministro delle finanze Schauble ha presentato il Budget 2014 ed il piano fiscale per il
periodo 2015-18. Il saldo strutturale sarà in pareggio a partire da quest’anno. Dal 2015 in
avanti il fabbisogno da finanziare sarà nullo. Nel 2014 il fabbisogno è stimato a 6,5 miliardi di
euro, il più basso in assoluto degli ultimi 40 anni. Il saldo strutturale è stimato in pareggio. La
spesa complessiva dovrebbe viaggiare sui 298,5 miliardi di euro e salirà a 327,2 miliardi di euro
nel 2018. Le misure prioritarie previste dall’accordo di coalizione prevedono un aumento di spesa
per 23 miliardi, che dovrebbero essere coperte per lo più tramite maggior gettito per effetto
del recupero ciclico e di aumenti di accise.
Il piano fiscale prevede un aumento della spesa per investimenti in infrastrutture a 27
miliardi di euro, circa il 10% al di sopra del livello attuale. Si prevede, inoltre, un aumento
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della spesa pensionistica di circa 2 miliardi di euro entro il 2017, un aumento della spesa
per istruzione di 6 miliardi di euro e di 3 miliardi di euro per la ricerca.
Anticipatori
In miglioramento ad aprile l'indice IFO della Germania, un importantissimo indicatore sulla
situazione degli affari, attuale e prospettica, che segnala una ripresa dell'economia più solida
d'Europa.
Secondo i dati diffusi dall'IFO Institute, l'indicatore si è attestato a 111,2 punti dai 110,7 di
marzo, risultando al di sotto delle attese degli analisti che stimavano un livello di 110,5 punti.
Il settore privato tedesco ha accelerato il ritmo di crescita ad aprile, riprendendosi dal
lieve rallentamento segnato a marzo, grazie all'espansione maggiore delle attese sia del
comparto manifatturiero che di quello dei servizi.
E' quanto emerge dalla stima preliminare degli indici Pmi elaborati da Markit sulla base di
un'indagine congiunturale tra i direttori acquisti.
L'indice composito, sintesi di manifattura e servizi, è salito a 56,3 da 54,3 di marzo,
rimanendo per il dodicesimo mese consecutivo sopra la soglia dei 50 punti, spartiacque tra
crescita e contrazione, e un decimo sotto la lettura di febbraio - 56,4 - che rappresenta il
massimo da oltre due anni e mezzo.
L'indice Pmi servizi ha accelerato a 55,0 da 53,0, mentre la mediana delle stime raccolte da
Reuters in un sondaggio tra gli economisti si fermava a 53,4. Superiore alle attese anche il
ritmo di crescita del settore manifatturiero, passato a 54,2 da 53,7 del mese precedente,
contro previsioni a 54,0.
Investitori tedeschi sempre più pessimisti nei confronti dell'economia. Ad aprile l'indice
ZEW relativo al sentiment in Germania è scivolato a 43,2 punti rispetto ai 46,6 punti di
marzo. Il dato, elaborato dall'Istituto di ricerca tedesco Zew Institute, non solo scivola per il
secondo mese consecutivo ma delude anche le attese degli analisti che avevano previsto una
discesa più contenuta a 45 punti.
Le aspettative prudenti nel sondaggio di questo mese sono dovute alla situazione in Ucraina,
che crea ancora incertezza , spiega lo ZEW Institute.
Elementi congiunturali
Prezzi alla produzione in calo nel mese di marzo in Germania. Il dato, comunicato dall'Ufficio
Federale di Statistica della Germania, ha segnato un calo dello 0,3% rispetto al mese precedente,
dopo non aver evidenziato alcuna variazione a febbraio e contro un'attesa di aumento dello 0,1%.
Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente i prezzi hanno segnato una discesa dello 0,9%,
confermando la stessa variazione del mese precedente e contro un'attesa pari a -0,7%.
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Si riduce l’incremento annuo dell’inflazione con un +1% nel mese di marzo dopo il +1,2% di
febbraio e il +1,3% di gennaio. Il dato risulta in linea con la stima preliminare e con le attese degli
analisti.
Su base mensile, invece, si è registrato una salita dello 0,3%, come quello previsto nella stima
preliminare. Il dato è stato comunicato dall'Ufficio federale di statistica.
Rimane stabile al 6,7% il tasso di disoccupazione in Germania nel mese di marzo. Il dato
destagionalizzato è stato comunicato dal Federal Labour Office. A febbraio si è verificato un
calo dei disoccupati di 12.000 mila unità, contro il calo di 15mila rivistes del mese scorso
portando il totale dei senza lavoro a 2,9 milioni di unità. Il dato batte le attese degli analisti che
stimavano un calo di 10.000 unità. Il tasso di disoccupazione non destagionalizzato è risultato pari
al 7,1% contro il 7,3% di precedente.
Gli ordini all’industria sono cresciuti di 0,6% m/m a febbraio. Il dettaglio per origine
geografica mostra che la domanda dal resto della zona euro è accelerata sensibilmente a +5,9%
m/m dopo il -9,1% m/m, sostenuta in particolare dai beni capitali +12,2% m/m, da -18,1%m/m. Gli
ordini da paesi al di fuori della zona euro calano del 3,1% m/m, in larga misura per la correzione
degli ordinativi di beni capitali. Su base trimestrale gli ordini sono rallentati a 0,8% t/t da
+2,3% di dicembre, ma dovrebbe trattarsi di un fenomeno temporaneo legato alla pausa del
commercio mondiale.
E' aumentato anche a febbraio il surplus della bilancia commerciale tedesca, che si attesta a
a 16,3 mld di euro, rispetto all'avanzo di 15 mld di euro di gennaio ed ai 16,8 miliardi di febbraio
2013. Il saldo commerciale destagionalizzato e corretto per il calendario, secondo i dati
dell'ufficio di statistica tedesco Destatis, evidenzia un surplus di 15,7 miliardi, in calo dai 17,3
miliardi precedenti ed al di sotto dei 17,8 miliardi attesi.
Le esportazioni sono risultate in calo dell'1,3% rispetto al mese precedente mentre su base
tendenziale la variazione è stata positiva del 4,6%. Le importazioni hanno registrato un
incremento dello 0,4% m/m ed un aumento del 6,5% a/a.
In crescita dello 0,4% mensile la produzione industriale tedesca relativa al mese di
febbraio, contro l'incremento dello 0,7% rivisto del mese precedente. Lo comunica l'ufficio
nazionale di statistica tedesco. Il dato è migliore delle attese che avevano previsto un aumento
dello 0,3%. Rispetto allo stesso mese di un anno prima, il dato ha registrato una salita del 4,8%,
rispetto al +5% rivisto di un anno fa.
Le vendite al dettaglio sono balzate di 1,3% m/m in febbraio, ben oltre le previsioni,
portando la variazione tendenziale da 0,9 a 2,0% a/a. Le immatricolazioni auto sono cresciute
a febbraio di 1,4% m/m secondo le nostre stime. Il trend di recupero dei consumi tedeschi
dovrebbe proseguire nei prossimi mesi dato il morale tonico delle famiglie, condizioni finanziarie
ancora ampiamente espansive e la crescita sostenuta del reddito disponibile.
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Mantengono un buon tasso di crescita gli occupati in Germania, che nel mese di febbraio si
sono attestati a 41,7 milioni di unità, segnando un aumento di 315 mila rispetto allo stesso
periodo dell'anno precedente. La variazione percentuale degli occupati è pari a +0,8%, a fronte
del +0,7% registrato nel mese precedente. Lo comunica Destatis, l'ufficio federale di statistica.
Se paragonato con gennaio si è verificato un aumento degli occupati dello 0,1%. Il numero di
disoccupati è calato a 2,35 mln di unità, con un decremento di circa 198 mila unità rispetto allo
scorso anno. Il tasso di disoccupazione destagionalizzato sale al 5,1%.
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Francia
L'economia francese dovrebbe crescere dello 0,2% nel 1° trimestre del 2014. E' quanto
previsto dalla Banque de France nella terza stima sull'andamento della congiuntura domestica.
Nessun cambio di vedute, dunque, visto che si tratta della stessa stima emessa in precedenza. Da
rilevare che si tratterebbe comunque di una scalata di marce rispetto al 4° trimestre del
2013.
L'Istituto Centrale d'oltralpe ha inoltre fatto sapere di aver rilevato un generale miglioramento
della produzione industriale a marzo nella maggior parte dei settori, mentre il clima economico,
sempre nell'industria, è salito a 99 punti dai 98 di febbraio. Stabile invece il settore dei servizi.
Per il mese in corso la Banque de France prevede invece un aumento dell'attività.
Il PIL nel 2013 ha registrato un aumento dello 0,3% a fronte della stagnazione del 2012 e
al +0,2% del consensus. Nel quarto trimestre il dato è rimasto invariato dal +0,2% dei tre
mesi precedenti. A comunicarlo l'ufficio di statistica nazionale francese che ha diffuso i dati
preliminari.
Fonte: INSEE
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Fonte: INSEE
Indebitamento 2013
La Francia nel 2013 ha ridotto il deficit delle amministrazioni pubbliche meno di quanto
previsto dal governo.
Secondo i numeri diffusi dall'Istituto nazionale di Statistica Insee, il disavanzo è sceso al
4,3% del Pil dal 4,9%del 2012, mentre il governo si era impegnato con i partner europei a
ridurlo al 4,1%.
Il risultato peggiore delle attese significa che il governo dovrà fare manovre aggiuntive
quest'anno per rispettare l'impegno a portare il deficit al 3% del Pil l'anno prossimo.
Diversamente, il governo dovrà chiedere più tempo per centrare l'obiettivo, cosa che potrebbe
essere maldigerita dalla Commissione europea, la quale ha già concesso a Parigi una moratoria di
due anni anni.
La Francia non rientrerà nei limiti di deficit pubblico imposti da Bruxelles prima del prossimo
anno a causa della debole crescita.
L'anno in corso dovrebbe chiudersi con un PIL all'1%, mentre nel 2015 e nei due anni successivi
dovrebbe accelerare rispettivamente all'1,7% e al 2,25%.
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Di conseguenza, il rapporto deficit/PIL, che il Patto di Stabilità e crescita dell'Unione Europea
vuole non oltre il 3%, sarà del 3,8% nel 2014 e del 3% nel 2015. Si tratta di stime più
pessimistiche rispetto a quanto previsto in precedenza, quando il deficit pubblico era visto
rispettivamente al 3,6% e al 2,6%.
Il Programma ha ricevuto un giudizio in chiaroscuro da parte dell'Alto Consiglio delle Finanze
pubbliche, l'organismo che vigila sui conti pubblici francesi.
La Commissione Europa ha approvato il progetto di bilancio per il 2014.
Francia promossa dalla Commissione Europa che ha approvato il progetto di bilancio
d'oltralpe per il 2014. "Il piano di bilancio è considerato in linea con i requisiti del Patto di
stabilità e le raccomandazioni fornite in primavera da Bruxelles, secondo cui Parigi ha provveduto
a correggere il suo disavanzo nel 2013/2014". "Per la Francia portare avanti le riforme in modo
determinato è fondamentale" ha affermato il commissario europeo per gli Affari economici e
monetari, Olli Rehn, nella conferenza stampa di presentazione delle opinioni sui progetti di legge
di stabilità 2014 dei paesi dell'Eurozona.
Soddisfatto il ministro delle finanze francese, Pierre Moscovici secondo il quale "la serietà e la
credibilità" della politica francese è stata confermata oggi dal giudizio della Commissione
europea
Anticipatori
Peggiora leggermente ad aprile il sentiment del mondo degli affari francese. Nel mese in
esame l'indice generale è infatti sceso a 94 punti rispetto ai 95 di marzo. La fiducia delle
imprese scende invece da 101 a 100, come previsto dagli analisti. Lo comunica l'Ufficio Statistico
Nazionale francese (INSEE). Fra gli altri settori, il sentiment del commercio al dettaglio è salito
da 97 a 98 punti, quello dei servizi è invece peggiorato a 90 dai precedenti 93 punti. In discesa
anche il settore dell'edilizia che si porta a 93 punti dai 94 di marzo.
È tornato a crescere in marzo il settore servizi francese, segnando il passo di espansione
più forte dal gennaio del 2012, a conferma dei segnali del progressivo ritorno in salute della
seconda economia dell'area euro.
L'indice Pmi servizi francese si è attestato a 51,5 punti nella lettura finale di marzo, sopra i 47,2
di febbraio e leggermente sopra i 51,4 punti della lettura preliminare.
È la prima volta da ottobre che l'indice risale sopra la soglia dei 50 punti, che separa le
rilevazioni di contrazione da quelle di crescita del settore.
L'indice Pmi composito francese, che somma le indicazioni del manifatturiero e del settore
servizi, è salito a 51,8 in marzo (in miglioramento dai 51,6 della stima flash) dai 47,9 punti di
febbraio.
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Migliora a marzo la fiducia dei consumatori francesi. Il relativo indice, comunicato dall'Ufficio
Statistico Nazionale francese (INSEE), è salito infatti di ben 3 punti portandosi a 88 punti
rispetto agli 85 di febbraio. Risale anche l'indice relativo ai cambiamenti della situazione
economica generale degli ultimi 12 mesi che si porta a -69 punti dai -73 precedenti così come
quello relativo alle condizioni future, che passa a –47 dai –51 punti del mese precedente.
Elementi congiunturali
Il saldo delle partite correnti della Francia ha evidenziato a gennaio un disavanzo di 1,4
miliardi di euro, in calo rispetto al deficit di 3,9 miliardi precedenti e contro attese di 3,1 mld.
Lo si apprende dalla Banque de France.
La produzione industriale è cresciuta di 0,1% m/m in febbraio da -0,3% m/m in gennaio,
frenata dai comparti della raffinazione e della produzione di energia. La produzione
manifatturiera sale invece di +0,3 m/m, contro il +0,4% di gennaio (rivisto al ribasso). La
variazione tendenziale della produzione manifatturiera (media trimestrale fino a febbraio) è pari
a +1,1% a/a. Le indagini PMI nel mese avevano indicato un lieve miglioramento ma ancora al di
sotto della soglia di espansione, così come l’indicatore di fiducia delle imprese stagnante ormai da
tre mesi non suggerisce ancora un’accelerazione dell’attività.
In decelerazione l'inflazione in Francia nel mese di marzo. Il dato sui prezzi al consumo,
diffuso dall'Istituto Statistico Nazionale Francese (INSEE), è risalito dello 0,4% mensile, dopo
il +0,6% di febbraio.
Su base annua i prezzi al consumo hanno registrato un incremento dello 0,6%, mostrando una
battuta d'arresto rispetto al +0,9% di febbraio 2013.
L'indice dei prezzi depurato dei tabacchi registra un aumento dello 0,5% su mese e su anno).
L'inflazione core sale dello 0,4% su mese mentre su anno ha registrato un'accelerazione allo
0,5%.
Migliora la situazione dei conti con l'estero della Francia. A febbraio la bilancia commerciale
ha registrato un deficit pari a 3,36 mld di euro, in deciso calo dal rosso di 5,61 mld registrati nel
mese precedente. Lo comunica l'Ufficio doganale francese. Le esportazioni sono scese a 36,241
mld da 36,310 mld, mentre le importazioni sono calate a 39,609 mld da 41,923 mld.
In ripresa le spese delle famiglie in Francia a febbraio, dopo il crollo di gennaio (-2,1%). Il
dato ha segnato infatti un rialzo mensile dello 0,1%. Su anno si evidenzia una discesa dello 0,3%.
Lo comunica l'Istituto di Statistica Nazionale francese (INSEE), specificando che il rimbalzo di
acquisti di auto è stato compensato da un calo nella maggior parte delle voci, in particolare dal
consumo di prodotti alimentari.
Disoccupati in aumento in Francia nel mese di febbraio. Il numero delle persone in cerca di
impiego ha evidenziato un aumento dello 0,9% (+31.500 unità) rispetto al mese precedente,
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attestandosi a 3,347 milioni. Lo comunica il Ministero del lavoro francese, aggiungendo che su
anno la crescita della disoccupazione si attesta al 4,7%. A picco a gennaio le spese delle famiglie
in Francia, dopo il balzo di dicembre (+2,8%). Il dato ha segnato infatti un calo mensile del 2,1%.
Su anno si evidenzia una discesa dello 0,5%. Lo comunica l'Istituto di Statistica Nazionale
francese (INSEE).
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Regno Unito
Il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, è intervenuto alla Camera dei Comuni
presentando il bilancio pubblico 2014. A un anno dalle elezioni, per il Governo UK è tempo di parlare
approfonditamente di budget. Da una parte un consolidamento dei conti e dall’altra una
diminuzione per il carico fiscale delle famiglie, ricetta per una crescita che toccherà il 2,7%,
sostenuta dalla politica espansiva della Banca d’Inghilterra.
“Il Regno Unito cresce più velocemente di Germania, Giappone e Stati Uniti” ha dichiarato
Osborne, aggiungendo che nessuna al mondo, delle attuali economie avanzate, sta crescendo ai
ritmi di quella Britannica. Secondo le previsioni della Bank of England, la crescita sarà del
circa 3,4%, mentre il Fondo Monetario Internazionale pronostica un più contenuto 2,4%.
Fatto sta che entro la metà del 2014 il Pil UK sarà ritornato a livelli pre-crisi, la correzione alla
spesa pubblica ha cosí innescato un meccanismo di crescita e fiducia nello Stato. Nuove
agevolazioni per i pensionati, variazioni a favore dei risparmiatori e agevolazioni fiscali alle
imprese sotto forma di sconti fiscali sugli investimenti e di misure ad hoc per tagliare il costo
energetico, tallone d’achille della industria manifatturiera.
Tra i punti focali del budget si evidenzia anche che nel settore dei trasporti l’aumento previsto
per settembre è stato annullato e in più verrà estesa la linea Overground londinese, facilitando la
connessione al centro per diverse zone decentralizzate con tanto di 150.000£ in dote alle case
popolari che le rifiniscono. Nuove sovvenzioni anche per le ambulanze aeree e 200.000£ per
riparare le buche che danneggiano e rallentano il traffico.
Per il mercato enegetico, oltre alle già menzionate agevolazioni aziendali, vi sarà l’istituzione di un
cosidetto osservatorio di mercato, che vigilerà sui costi, al fine di garantire che le luci possano
rimanere accese al minore costo possibile.
Finanziamenti in vista anche per l’educazione e la ricerca: 42 milioni di Sterline per la
fondazione dell’Alan Turing Institue, organismo di eleborazione dati di Stato e una politica di
sostegno sempre più presente per la famiglie disagiate con bambini a carico ed entrambi i genitori
lavoratori, per permettere ai piccoli di non rimanere esclusi nel loro percorso d’istruzione.
Anche gli ISA, Individual Savings Account subiranno riforme.
Attualmente, gli aderenti a piani pensionistici privati (i cosiddetti schemi a contribuzione definita),
quando giungono al termine della vita lavorativa ed entrano in regime di pensionamento, sono
pressoché costretti a convertire il proprio montante pensionistico in una rendita, visto che il
prelievo del montante per contanti è soggetto ad una aliquota fiscale punitiva del 55%, al netto di
una piccola franchigia. Col regime proposto da Osborne, che ha specificato che “nessuno sarà più
obbligato a comprarsi una rendita”, ogni cittadino potrà tornare in possesso in ogni momento del
proprio montante contributivo, in esenzione di imposta per il 25%, e tassato con la propria aliquota
marginale per il restante 75%.
Con alta probabilità il numero di quanti si prenderanno i soldi sarà altissimo, ed è altrettanto
verosimile che in molti se li spenderanno ben prima di giungere al momento del pensionamento, per i
motivi più vari. Questo avrà delle ricadute di breve termine piuttosto evidenti: un impatto positivo
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pressoché immediato sui consumi, che a sua volta determinerà maggiore gettito fiscale attraverso
la VAT, l’equivalente britannica dell’Iva.
Il deficit-Pil resta molto elevato, quest’anno al 6,7%, tra i più alti del mondo sviluppato, e
dovrebbe scendere il prossimo anno al 5,5%.
La Banca d'Inghilterra ha ritoccato all'insù le sue stime sull'economia. La banca centrale
britannica stima ora un Prodotto Interno Lordo al 3,4% rispetto alla precedente proiezione
del 2,8%.
Nel rapporto trimestrale dedicato all'inflazione la Bank of England (BOE) conferma gli stimoli
monetari pari a 375 miliardi di sterline che saranno mantenuti fino al primo aumento dei tassi di
interesse, ora allo 0,5%. Un rialzo che non sembra poi così lontano. La BOE, infatti, ha detto che
il tasso di disoccupazione nel Regno Unito è sceso molto più velocemente del previsto e la
soglia del 7% potrebbe essere raggiunta già nella primavera di quest'anno.
In termini di consuntivo, l'economia britannica evidenzia una decisa accelerazione nel 4°
trimestre, confermando una ripresa in atto da inizio anno.
Pil reale
Fonte: Ons
Nel 4° trimestre del 2013, infatti, il PIL del Regno Unito ha evidenziato un incremento dello
0,7% su base trimestrale, dopo aver registrato un incremento dello 0,8%, nel trimestre
precedente. Il dato risulta in linea con le attese degli analisti. Secondo i dati dell'ONS (Office
for National Statistics), la crescita tendenziale accelera al 2,7% dall'1,9% precedente.
A livello settoriale ristagna il settore dei servizi, il cui output non ha segnato alcuna crescita,
mentre accelerano i settori agricolo +0,5% ed industriale +0,7%. Frenano le costruzioni -0,3%.
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Anticipatori
Il settore servizi, dominante nel Regno Unito, ha continuato a espandersi nel mese di
marzo, preannunciando una robusta crescita economica nel primo trimestre, anche se il tasso
di espansione è stato il più lento da giugno dell'anno scorso e le assunzioni hanno rallentato.
L'indice dei direttori acquisti a cura di Markit/CIPS è sceso a 57,6 dal 58,2 di febbraio, sotto le
stime di consensus di 58,1 degli economisti raccolte in un sondaggio Reuters. L'indice resta
comunque ben al di sopra della soglia di 50 che separa l'espansione dalla contrazione e segnala
una robusta crescita del terziario, che rappresenta oltre tre quarti dell'economia britannica.
L'indice composito, che copre anche la manifattura e le costruzioni, è sceso a 58,1 a marzo, i
minimi da giugno 2013, da 58,6 di febbraio.
Per Chris Williamson, chief economist di Markit, nonostante la decelerazione della crescita dei
settori servizi, manifatturiero e costruzioni, tutte e tre le aree stanno espandendosi a "tassi
molto robusti" e suggeriscono che l'economia dovrebbe essere cresciuta di almeno lo 0,7% nel
primo trimestre.
L'indice relativo all'occupazione nel terziario è sceso a 53,5 da 55,6 e i nuovi ordini sono
aumentati al ritmo più lento degli ultimi dieci mesi. L'indice espressione delle aspettative di
business è arretrato ai minimi da novembre.
Elementi congiunturali
Inattesa crescita delle vendite al dettaglio britanniche. Nel mese di marzo il dato ha
evidenziato un incremento congiunturale dello 0,1%. Lo rende noto L'Office for National
Statistics (ONS) della Gran Bretagna. Le attese degli analisti erano per un calo dello 0,4%. Su
base annua c'è stata una variazione positiva nella misura del 4,2%.
Nel mese di febbraio il numero dei senza lavoro richiedenti sussidi alla disoccupazione è
diminuito in Gran Bretagna di 30.400 unità a quota 1,14 milioni, mentre rispetto all'anno prima
la diminuzione è stata di 386.100 unità.
Il relativo tasso claimant sceso al 3,4%, di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di
1,2 punti rispetto allo scorso anno. Lo rende noto l'Office for National Statistics (ONS).
Nel trimestre dicembre-febbraio il tasso di disoccupazione è sceso rispetto al trimestre
precedente di 0,2 punti al 6,9%, risultando in calo di 1 punto percentuale nei confronti dello
stesso periodo di un anno prima, con un totale di disoccupati pari a 2,24 mln di unità (-77 mila
rispetto al trimestre precedente e -320 mila rispetto al primo trimestre del 2013).
Nello stesso periodo il numero degli occupati si è attestato a 30,39 mln di unità (+239 mila sul
trimestre precedente). Infine, il tasso di crescita dei salari medi (esclusi i bonus) è cresciuto
dell'1,4% mentre quello che include i bonus è salito dell'1,7%.
Prosegue la corsa al rialzo dei prezzi delle case nel Regno Unito. Lo rileva il rapporto mensile
dell'Office for National Statistics (ONS) che segue quelli degli Istituti privati Halifax e
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Nationwide. Il rapporto segnala che a febbraio il prezzo delle case è cresciuto su base annua del
9,1% dal 6,8% registrato il mese precedente. La crescita dei prezzi delle case sta aumentando
fortemente in molte parti del Regno Unito, con prezzi a Londra che mostra ancora una volta la più
alta crescita.
Gli aumento annuali dei prezzi delle case in Inghilterra sono stati guidati dai rialzi di Londra
(17,7%), seguito dalle abitazioni del Sud-Est (+8%) e dall'Inghilterra orientale (+7,7%). A
febbraio 2014, i prezzi pagati dai compratori sono stati superiori del 10,5% in media rispetto a
febbraio 2013.
Salgono i prezzi alla produzione in Gran Bretagna. Nel mese di marzo l'indice dei prezzi alla
produzione (output) è salito dello 0,2% a livello congiunturale dopo il +0,6% di febbraio. Il dato è
di poco superiore alle attese degli analisti che stimavano una salita dello 0,1%. A livello
tendenziale i prezzi hanno evidenziato una salita dello 0,2%, contro il +0,6% rivisto di febbraio.
Decelera l'inflazione nel Regno Unito. Nel mese di marzo, l'indice dei prezzi al consumo è
aumentato dell'1,6% su base tendenziale, contro l'aumento dell'1,7% registrato il mese
precedente. Il dato risulta perfettamente in linea con le stime degli analisti. Su base mensile i
prezzi al consumo risultano invece in aumento dello 0,2%, dopo il +0,5% registrata a
febbraio. Anche questo dato è in linea con il consensus. Il dato è stato comunicato dall'Office
for National Statistics (ONS). Decelera anche l'indice dei prezzi al dettaglio (RPI) che si porta
al +2,5% dal 2,7% registrato nel mese precedente. Su mese si è verificato un aumento al +0,2%
rispetto al +0,6% di febbraio.
Cala a febbraio il deficit della bilancia commerciale dei beni della Gran Bretagna, attestandosi
a 9,1 mld rispetto al passivo di 9,5 mld registrato nel mese precedente. Il dato, reso noto
dall'Office for National Statistics della Gran Bretagna (ONS), risulta migliore delle attese, che
indicavano un rosso di 9,2 miliardi. In particolare, il commercio dei beni verso i Paesi dell'UE ha
generato in deficit di 6,2 miliardi dai 5,6 miliardi precedenti, mentre il disavanzo con i Paesi terzi
si è ridotto a 2,9 miliardi dai 3,9 miliardi precedenti.
Per quanto riguarda la bilancia commerciale complessiva, il deficit si attesta a 2,1 miliardi dai 2,2
miliardi precedenti, dopo aver beneficiato di un surplus nei servizi di 7 miliardi (7,3 miliardi nel
mese precedente).
L'industria del Regno Unito continua a mostrare segnali di vivacità anche a febbraio. Gli
ultimi dati diffusi dall'Istituto Nazionale di Statistica della Gran Bretagna (ONS) segnalano che
l'indice della produzione industriale ha registrato un incremento dello 0,9% rispetto al mese
precedente. Il dato tendenziale mostra invece una salita del 2,7%. Gli analisti stimavano un
aumento più contenuto dello 0,3% su base mensile e del 2,2% tendenziale.
Sale oltre le attese anche per la produzione manifatturiera, che segna un aumento dell'1% su
mese e del 3,8% su anno (le attese erano +0,3% congiunturale e +3,1% tendenziale).
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1.3 Area Euro
La ripresa dell'Eurozona dovrebbe aver registrato un'accelerazione nel primo trimestre del
2014, con una crescita media del PIL dello 0,4% in termini congiunturali, anche se è prevista
poi una decelerazione allo 0,3% nei due trimestri successivi. Nel quarto trimestre 2013, la crescita
è stata dello 0,3%.
E' quanto emerge dal rapporto Eurozone Economic Outlook stilato dall'IFO tedesco, dall'INSEE
francese e dall'ISTAT.
Rispetto ai mesi precedenti la crescita risulterà più diffusa fra settori e Paesi dell'Area
Euro, grazie al progressivo miglioramento della domanda interna, che si aggiungerà al
contributo ancora positivo delle esportazioni nette.
Gli investimenti privati continueranno a aumentare nell'orizzonte di previsione trainati
dall'evoluzione dell'attività economica e dalla necessita di ricostituire la capacita produttiva dopo
il brusco aggiustamento determinato dalla crisi finanziaria.
La situazione ancora negativa del mercato del lavoro e le politiche fiscali ancora restrittive in
alcuni Paesi determineranno però una lenta crescita del reddito disponibile e un conseguente
modesto incremento dei consumi.
Sotto l'ipotesi che il prezzo del petrolio si stabilizzi attorno ai 107 dollari al barile e che il tasso
di cambio euro-dollaro fluttui attorno a 1,38, l'inflazione totale dovrebbe crescere solo
marginalmente nei prossimi due trimestri, rimanendo ben al di sotto della soglia del 2%.
Una domanda estera più debole da parte delle economie emergenti, soprattutto dall'Asia, e
un aggravamento delle tensioni internazionali in Europa Orientale, che potrebbe determinare
un incremento brusco nel prezzo del gas europeo, sono i principali rischi a ribasso associati a
questo scenario
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In termini di aspettative, si confermano Segnali di ripresa per il PMI dell'Eurozona, dove
"l'occupazione torna a crescere con l'espansione delle attività che sfiora il record da tre anni a
questa parte.
Nel mese di aprile, infatti le attività dell' Eurozona sono aumentate al tasso più rapido in
quasi tre anni, favorendo il ritorno alla creazione di posti di lavoro."
Questo quanto rivelato dalla stima flash dell'Indice Markit PMI Composito sulla Produzione
dell'Eurozona che è salito dai 53,1 punti di marzo a 54 punti di aprile. Lo rivela Markit che ha
diffuso i PMI della Zona Euro. La lettura di aprile è stata la più alta da maggio 2011.
Nello stesso mese, la stima flash dell'Indice Markit PMI servizi nell'Eurozona è salito dai 53,1 dai
52,2 di marzo, mentre la stima flash dell'Indice Markit PMI manifattura è salito a 53,3 dai 53 del
mese scorso.
Per quanto riguarda i singoli Paesi, in Francia, la stima dell'Indice Markit PMI Composito è sceso a
50,5 dai 51,8 di marzo, mentre il la stima flash dell'indice Markit PMI servizi passa a 50,3 dai 51,5
di marzo, mentre la stima flash dell'Indice Markit PMI scende e 50,9 da 52,1 punti.
In Germania la stima dell'Indice Markit PMI Composito mostra segnali di forza passando a 56,3
dai 54,3 di marzo, mentre il la stima flash dell'indice Markit PMI servizi aumenta a 55 punti dai 53
di marzo, mentre la stima flash dell'Indice Markit PMI si rafforza a 54,2 da 53,7 punti.
A consuntivo è confermato in rialzo dello 0,3% il PIL di Eurolandia relativo al 4° trimestre
del 2013, rispetto al +0,1% registrato nel 3° trimestre. Lo rende noto l'Ufficio centrale di
statistica dell'Unione europea (EUROSTAT), che ha comunicato oggi la seconda ed ultima release,
perfettamente in linea con le attese del mercato. Rispetto al trimestre dell'anno precedente si
evidenzia un aumento dello 0,5%, come nella stima preliminare, rispetto al -0,3% riportato
nel 3° trimestre dell'anno.
Nell'intera Unione Europea (UE) il Prodotto Interno Lordo ha registrato un progresso dello 0,4%
congiunturale, mentre rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si è avuto uno scatto in
avanti dell'1,1%.
Anticipatori
Migliora, ma non quanto ci aspettasse l'indice della fiducia dei consumatori dell'Eurozona del
mese di aprile che si porta a -8,7 da -9,3.
Il dato delude le attese che avevano previsto un miglioramento più marcato a -8,3 punti. Il dato è
reso noto la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG
ECFIN). Nel complesso dell'Unione Europea, l'indice del sentiment è salito a -5,8 punti dai
6,6 precedenti.
L'indice di fiducia della zona euro ad aprile ha segnato il quarto mese consecutivo di crescita
toccando i massimi degli ultimi tre anni, sostenuto dalla visione ottimistica degli investitori sulle
46
condizioni attuali nonostante aspettative meno brillanti sul futuro del blocco dei paesi della
moneta unica.
L'indice Sentix che sintetizza l'andamento del 'sentiment' degli investitori della zona euro è salito ad aprile a 14,1, il livello più alto da aprile 2011, rispetto a 13,9 di marzo. La lettura ha
mancato di un soffio le previsioni di un sondaggio Reuters che convergevano su un aumento a 14,2.
Il miglioramento è guidato esclusivamente dalla crescita del sotto-indice sulle condizioni
attuali, salito da 4,8 a 5,8 punti, massimo da luglio 2011. La componente relativa alle
aspettative è scesa per il secondo mese di fila a 22,8 da 23,5 di marzo.
L’indice di fiducia economica elaborato dalla Commissione Europea per l’Eurozona aumenta più
del previsto a marzo, a 102,4 da 101,2 di febbraio, tornando ai massimi da luglio 2011. Il
miglioramento del morale è diffuso a quasi tutti i paesi dell’Eurozona, con i livelli più alti registrati
in Germania (107,5), Spagna (102,5) e Austria (101,3); l’indice langue invece in Francia (96,6) e a
Cipro (93,5). Anche a livello settoriale il miglioramento è piuttosto omogeneo, con la fiducia in lieve
miglioramento a sorpresa nell’industria a -3,3 da -3,5 (rivisto al ribasso), e in salita più marcata nei
servizi (a 4,2 da 3,3); l’indice è sopra la media storica nel primo caso e sotto nel secondo. Nelle
costruzioni invece il clima peggiora leggermente a -28,8 da -28,5, ben al di sotto della media di
lungo periodo di -18,1, mentre nel commercio al dettaglio si registra un nuovo miglioramento a -2,6
da -3,0. Infine, la seconda lettura dell’indice di fiducia dei consumatori conferma la prima stima a 9,3, in aumento dal -12,7 di febbraio. In sintesi, il dato conferma che la tendenza al recupero
dell’attività produttiva nell’Eurozona è destinata a continuare.
Elementi congiunturali
Nuovo allarme deflazione nell'Area Euro, dove la crescita dei prezzi ha registrato una nuova
battuta d'arresto, allontanandosi ancora di più dal target fissato dalla BCE al 2%. Secondo i dati
dell'Eurostat, l'inflazione in Eurozona a marzo ha frenato allo 0,5% annuale, come da attese,
confermando la stima flash.
A febbraio il dato si era attestato allo 0,7%.
Il Presidente della BCE Mario Draghi ha peraltro ribadito che non c'è rischio deflazione nell'Area
Euro. L'ennesima rassicurazione sull'intenzione della Banca Centrale Europea di evitare con ogni
mezzo la deflazione, Draghi l'ha rivolta espressamente al Fondo Monetario Internazionale, che
ultimamente aveva sollecitato l'Eurotower ad attuare un ulteriore ammorbidimento della politica
monetaria, innescando un botta e riposta tra il Direttore Lagarde e lo stesso Draghi. Il dato core
sui prezzi al consumo - che esclude alimentati alcol e tabacchi segna un +0,7% su mese ed un +1%
tendenziale (+0,8% il dato atteso).
In surplus la bilancia commerciale della Zona Euro nei confronti del resto del mondo. A
febbraio si è registrato un avanzo di 13,6 mld di euro, in aumento dai 9,8 mld dello stesso periodo
del 2013 e agli 8,5 mld attesi dagli analisti. Lo rende noto l'Istituto di statistica dell'Unione
Europea (Eurostat).
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Le esportazioni su base destagionalizzata sono cresciute dell'1,2% mentre le importazioni sono
salite dello 0,6%. Per l'intera Unione Europea (EU-28) si è registrato un attivo di 4,4 mld di euro,
rispetto al surplus di 1,2 miliardi dello stesso periodo dello sorso anno. Le esportazioni sono salite
dello 0,9 % mentre l'import ha segnato un calo del 0,5%.
In salita le vendite al dettaglio della Zona Euro a febbraio. Nel mese in esame il dato ha
registrato un incremento dello 0,4% rispetto al +1% del mese precedente. Il dato è stato
pubblicato dall'Eurostat. Su base annua, le vendite al dettaglio mostrano, invece, una salita dello
0,8% come nel mese precedente. Le attese degli analisti erano per un -0,6% mensile e un +0,8%
annuale. Le vendite nell'Europa dei 28 sono salite dello 0,5%, dopo il +0,6% del mese precedente.
Su base annua sono invece aumentate dell'1,5% stessa variazione precedente
In lieve risalita a febbraio la produzione industriale di Eurolandia. L'indice registra un aumento
mensile dello 0,2% dopo il dato invariato di gennaio (-0,2% la lettura preliminare). Il dato
comunicato dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat) risulta inferiore alle attese
degli analisti che avevano previsto un incremento dello 0,4%. Su base annua, la produzione ha
mostrato invece un rialzo dell'1,7% dopo il +1,6% rivisto di gennaio (+2,1% il preliminare). Anche im
questo caso il dato è inferiore al consensus che era per una crescita dell'1,8%. Per quanto
riguarda,l'Europa dei 28 il dato ha evidenziato un +0,4% congiunturale dopo il +0,2% registrato il
mese precedente. Su anno la produzione ha registrato invece un balzo del 2,1% dopo il +1,9% di
gennaio.
L'Eurostat ha comunicato che il tasso di disoccupazione è rimasto nella zona euro a febbraio
invariato all'11,9%. Gli economisti avevano previsto un tasso di disoccupazione al 12%. Il dato
di gennaio è stato rivisto leggermente al ribasso, dal 12% all'11,9%. Il numero totale dei senza
lavoro è sceso a febbraio, rispetto a gennaio, di circa 35.000 unità a 18,97 milioni.
Tra i singoli Paesi il più elevato tasso di disoccupazione lo hanno registrato la Grecia (27,5%)
e la Spagna (25,6%), il più basso l'Austria (4,8%) e la Germania (5,1%). Nell'intera Unione
Europea il tasso di disoccupazione è sceso a febbraio, rispetto a gennaio, dal 10,7% al 10,6%.
In discesa i prezzi alla produzione della Zona Euro che registrano a febbraio un calo dello 0,2%
rispetto al -0,3% del mese precedente. Il dato è stato comunicato dall'Ufficio di Statistica
dell'Unione Europea (Eurostat). Su base annua si è registrato un calo dell'1,7% dopo il -1,4% di
gennaio Per l'intera Unione Europea (EU28) i prezzi sono scesi dello 0,2% dopo il -0,3% del mese
precedente. Su base annua si è registrata una variazione negativa dell'1,6% dopo il -1,1% segnato a
gennaio.
Indicatori finanziari
M3
I dati di febbraio indicano una contenuta espansione di fondo dell’aggregato monetario ampio
(M3). Il tasso di incremento sui dodici mesi di M3, pari a gennaio all’1,2 per cento, è
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rimasto pressoché stabile a febbraio, collocandosi all’1,3 per cento. La crescita dell’aggregato
monetario ristretto M1 si è mantenuta vigorosa a febbraio, al 6,2 per cento, dopo il 6,1 di gennaio.
Il fattore principale alla base dell’espansione di M3 resta l’aumento delle attività nette sull’estero
delle IFM, di riflesso al forte interesse degli investitori internazionali per le attività dell’area
dell’euro.
I prestiti delle IFM al settore privato hanno continuato a diminuire a febbraio. Il tasso di
variazione sui dodici mesi dei prestiti alle società non finanziarie (corretto per cessioni e
cartolarizzazioni) si è collocato al -3,1 per cento, rispetto al -2,8 di gennaio. Tale debole dinamica
seguita a riflettere, con gli usuali ritardi, la sua relazione con il ciclo economico e a rispecchiare il
rischio di credito e l’aggiustamento in atto nei bilanci dei settori finanziario e non finanziario. Il
tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie (corretto per cessioni e
cartolarizzazioni) si è situato a febbraio allo 0,4 per cento, ancora sostanzialmente invariato
dall’inizio del 2013.
Dall’estate del 2012 si sono compiuti notevoli progressi nel miglioramento della situazione
della provvista bancaria. Per assicurare un’appropriata trasmissione della politica monetaria alle
condizioni di finanziamento nei paesi dell’area dell’euro è essenziale ridurre ulteriormente la
frammentazione dei mercati creditizi dell’area e consolidare la capacità di tenuta delle banche ove
necessario. Questo è quanto si prefigge la valutazione approfondita attualmente condotta dalla
BCE.
Fonte:BCE
Bilancia dei pagamenti – Partite correnti
Il saldo delle partite correnti dell'intera Unione Europea (EU-28) relativo al 4° trimestre del 2013
ha evidenziato un surplus di 39,4 mld di euro, a fronte dell'attivo di 34,4 mld del 3° trimestre del
2013 e dal surplus di 24,4 mld del 4° trimestre 2012. Lo comunica l'Ufficio statistico centrale
della comunità europea (Eurostat), che ha diffuso la seconda release.
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Bollettino mensile BCE
Editoriale aprile 2014
Nella riunione del 3 aprile, sulla base della consueta analisi economica e monetaria il Consiglio
direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE. Le nuove
informazioni confermano che la moderata ripresa economica dell’area dell’euro prosegue in linea
con la precedente valutazione del Consiglio direttivo. Allo stesso tempo le recenti informazioni
restano coerenti con l’aspettativa del Consiglio direttivo di un prolungato periodo di bassa
inflazione seguito da un graduale andamento al rialzo dello IAPC. Le indicazioni derivanti
dall’analisi monetaria confermano un quadro caratterizzato da contenute pressioni di fondo sui
prezzi nell’area dell’euro a medio termine. Le aspettative di inflazione per l’area nel medio-lungo
periodo continuano a essere saldamente ancorate in linea con l’obiettivo del Consiglio direttivo di
mantenere i tassi di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento.
In prospettiva, il Consiglio direttivo seguirà gli andamenti con molta attenzione e prenderà in
considerazione tutti gli strumenti disponibili. Esso è fermamente determinato a mantenere un
elevato grado di accomodamento della politica monetaria e a intervenire con prontezza, se
necessario. Pertanto, non esclude un ulteriore allentamento della politica monetaria e ribadisce
con fermezza che continua ad attendersi tassi di interesse di riferimento della BCE su livelli pari
o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Tale aspettativa si fonda su
prospettive di inflazione complessivamente contenute anche nel medio termine, tenuto conto
della debolezza generalizzata dell’economia, del grado elevato di capacità inutilizzata e della
modesta creazione di moneta e credito. Allo stesso tempo il Consiglio direttivo segue con
attenzione gli andamenti nei mercati monetari. Esso è unanime nel suo impegno a ricorrere anche
a strumenti non convenzionali nell’ambito del suo mandato per far fronte con efficacia ai rischi di
un periodo troppo prolungato di bassa inflazione.
Per quanto riguarda l’analisi economica, il PIL in termini reali dell’area dell’euro è aumentato sul
periodo precedente dello 0,2 per cento nell’ultimo trimestre del 2013, dopo lo 0,1 del terzo e lo
0,3 del secondo. I dati delle indagini congiunturali estese al primo trimestre di quest’anno
sono coerenti con il procedere di una crescita moderata, confermando la precedente
aspettativa che la ripresa in atto è sempre più sostenuta dal consolidamento della domanda
interna. In prospettiva, si dovrebbe concretizzare un ulteriore incremento della domanda
interna, favorito dall’orientamento accomodante della politica monetaria, dai continui
miglioramenti delle condizioni di finanziamento che si trasmettono all’economia reale e dai
progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali.
Inoltre, i redditi reali beneficiano di un andamento moderato dei prezzi, in particolare di
quotazioni dell’energia più contenute. L’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da
un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell’area. Nel contempo, sebbene dai
mercati del lavoro provengano i primi segnali di miglioramento, la disoccupazione resta elevata
nell’area dell’euro, unitamente a una capacità produttiva inutilizzata nel complesso considerevole.
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Inoltre, gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato seguiteranno a
gravare sul ritmo della ripresa economica.
I rischi per le prospettive economiche dell’area dell’euro continuano a essere orientati al
ribasso. Gli andamenti nei mercati finanziari mondiali e nei paesi emergenti, nonché i rischi
geopolitici, potrebbero essere in grado di influenzare negativamente le condizioni
economiche. Altri rischi al ribasso includono una domanda interna inferiore alle attese e
un’attuazione insufficiente delle riforme strutturali nei paesi dell’area, nonché una crescita
più debole delle esportazioni.
Secondo la stima rapida dell’Eurostat, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo
IAPC è scesa dallo 0,7 allo 0,5 per cento tra febbraio e marzo, di riflesso al calo dei tassi di
variazione sui dodici mesi degli alimentari, dei beni e dei servizi in parte compensato da una
flessione più moderata delle quotazioni dell’energia. In base ai tassi di cambio e ai prezzi dei
contratti future per l’energia osservati attualmente, ci si attende che in aprile l’inflazione al
consumo registri un certo incremento, connesso in parte alla variabilità dei prezzi dei servizi nel
periodo intorno a Pasqua. Nei mesi seguenti l’inflazione dovrebbe restare contenuta, per poi
aumentare gradualmente nel corso del 2015 e raggiungere livelli prossimi al 2 per cento verso la
fine del 2016. Allo stesso tempo le aspettative di inflazione a medio-lungo termine rimangono
saldamente ancorate in linea con la stabilità dei prezzi.
Il Consiglio direttivo ritiene che i rischi per le prospettive sull’andamento dei prezzi, sia al rialzo
che al ribasso, siano limitati e sostanzialmente bilanciati nel medio periodo. In tale contesto le
possibili ripercussioni dei rischi geopolitici, nonché dell’evoluzione dei tassi di cambio saranno
tenute sotto stretta osservazione.
Passando all’analisi monetaria, i dati di febbraio indicano una contenuta espansione di fondo
dell’aggregato monetario ampio (M3). Il tasso di incremento sui dodici mesi di M3, pari a gennaio
all’1,2 per cento, è rimasto pressoché stabile a febbraio, collocandosi all’1,3 per cento. La
crescita dell’aggregato monetario ristretto M1 si è mantenuta vigorosa a febbraio, al 6,2 per
cento, dopo il 6,1 di gennaio. Il fattore principale alla base dell’espansione di M3 resta l’aumento
delle attività nette sull’estero delle IFM, di riflesso al forte interesse degli investitori
internazionali per le attività dell’area dell’euro.
I prestiti delle IFM al settore privato hanno continuato a diminuire a febbraio. Il tasso di
variazione sui dodici mesi dei prestiti alle società non finanziarie (corretto per cessioni e
cartolarizzazioni) si è collocato al -3,1 per cento, rispetto al -2,8 di gennaio. Tale debole dinamica
seguita a riflettere, con gli usuali ritardi, la sua relazione con il ciclo economico e a rispecchiare il
rischio di credito e l’aggiustamento in atto nei bilanci dei settori finanziario e non finanziario. Il
tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie (corretto per cessioni e
cartolarizzazioni) si è situato a febbraio allo 0,4 per cento, ancora sostanzialmente invariato
dall’inizio del 2013.
52
Dall’estate del 2012 si sono compiuti notevoli progressi nel miglioramento della situazione della
provvista bancaria. Per assicurare un’appropriata trasmissione della politica monetaria alle
condizioni di finanziamento nei paesi dell’area dell’euro è essenziale ridurre ulteriormente la
frammentazione dei mercati creditizi dell’area e consolidare la capacità di tenuta delle banche
ove necessario. Questo è quanto si prefigge la valutazione approfondita attualmente condotta
dalla BCE.
In sintesi, l’analisi economica conferma l’aspettativa del Consiglio direttivo di un prolungato
periodo di bassa inflazione seguito poi da un graduale andamento al rialzo dello IAPC verso livelli
più prossimi al 2 per cento. La verifica incrociata con le indicazioni derivanti dall’analisi monetaria
conferma un quadro caratterizzato da contenute pressioni di fondo sui prezzi nell’area dell’euro a
medio termine.
Quanto alle politiche di bilancio, i paesi dell’area dell’euro hanno conseguito progressi importanti
nella correzione degli squilibri delle finanze pubbliche. Non dovrebbero vanificare i risultati già
ottenuti su questo fronte, ma ricondurre gli elevati rapporti debito/PIL su un sentiero
discendente nel medio termine, in linea con il Patto di stabilità e crescita. Le strategie di bilancio
dovrebbero assicurare una composizione dell’aggiustamento favorevole alla crescita al fine di
innalzare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici, limitando al minimo gli effetti distorsivi
dell’imposizione fiscale. Occorre attuare ulteriori interventi decisivi per realizzare riforme nei
mercati dei beni e servizi e del lavoro finalizzate a incrementare la competitività, innalzare la
crescita potenziale, creare opportunità di occupazione e rendere le economie dell’area più
flessibili.
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NEWS dal mondo
(fonti: varie, ICE, Farnesina)
Europa
Spagna
L'economia della Spagna registrerà un'accelerazione della crescita nel primo trimestre
rispetto ai tre mesi precedenti. E' quanto stima la banca centrale iberica secondo cui il PIL
riporterà una salita dello 0,4% congiunturale dopo il +0,2% registrato nel trimestre precedente.
Quanto alla stima tendenziale, l'istituto centrale prevede un rialzo dello 0,5%.
Per l'intero 2014, la banca di Spagna stima un'espansione dell'1,2% dell'economia che si
rafforzerà ulteriormente dell'1,5% nel 2015.
Portogallo
In attesa che il Portogallo emerga dal pacchetto di salvataggio internazionale, il governo ha
annunciato una nuova ondata di tagli per un valore di circa 1,4 miliardi di euro, lo 0,8% del
Pil.
Le misure si concentreranno principalmente sulla riduzione dei costi nelle imprese pubbliche:
fusioni, ristrutturazioni e prepensionamenti.
Il premier Passos Coelho però assicura: nessun aumento del prelievo fiscale su stipendi e pensioni.
L’alleggerimento dell’austerity, dicono dall’esecutivo, è merito del ritorno alla crescita del Paese
iberico: il +1,5% previsto per l’anno prossimo ha ridotto il consolidamento necessario per
raggiungere i target di riduzione del deficit.
Russia
Se la popolarità del Cremlino è cresciuta grazie alla gestione della crisi ucraina, altrettanto
non si può dire dell’economia russa. Nel primo trimestre il prodotto interno lordo si è
contratto dello 0,5%. A comunicarlo alla Duma è stato il ministro dell’Economia Alexei
Ulyukayev, il quale ha sottolineato come ai problemi strutturali (mancanza di riforme, corruzione
e crepe nello Stato di diritto) si sia aggiunta la sfiducia degli investitori stranieri.
“In aggiunta ai fattori interni che rallentano la crescita economica e che già conosciamo, abbiamo
un alto livello di incertezza sui mercati finanziari globali”, ha detto Ulyukayev.
“Una grossa fuga di capitali, a causa della situazione geopolitica tesa degli ultimi due mesi, in cui
gli investitori non riescono a prendere decisioni di investimento”, ha specificato.
Già a inizio aprile sia il Fondo monetario che lo stesso governo russo avevano rivisto decisamente
al ribasso le previsioni di crescita per l’intero 2014.
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L’emorragia di capitali stranieri, cominciata a fine 2013, ha visto un’impennata all’inizio dell’anno a
causa dell’annessione della Crimea e delle sanzioni occidentali.
In tre mesi a prendere il volo sono stati oltre 60 miliardi di dollari, pari al totale dell’anno scorso.
Le tensioni potrebbero far scattare altri provvedimenti, motivo per cui Ulyukayev chiede più
spesa in infrastrutture e meno investimenti in attività finanziarie occidentali.
Norvegia
E’ un fatto noto che la Norvegia fonda molto del suo benestare economico sull’essere uno dei
maggiori produttori di petrolio del mondo. Un benestare economico che dagli anni 60 in poi ha
avuto una traiettoria esponenziale, perlopiù dovuta agli enormi introiti derivanti dall’esportazione
del greggio.
E’ altrettanto nota la lungimiranza dei popoli nordici per le problematiche ambientali, così, anche
per quanto riguarda il petrolio, è convinzione diffusa che il suo venir meno metterà a rischio le
finanze statali della Norvegia. Questa è stata la giustificazione per la creazione, nel 1990, di
un fondo pensione globale in cui far confluire i ricavi dalla vendita di greggio, una specie di
titanico fondo pensione pubblico che ad oggi è pari a oltre 610 miliardi euro, Il secondo
fondo sovrano più grande del mondo dopo quello dell’Emirato di Abu Dhabi.
Lo scorso anno, questo fondo ha centrato una performance del 16% circa, per la forte
componente azionaria che si attesta al 60% degli asset totali.
I conti sono presto fatti, i norvegesi sono poco più di 5 milioni, per cui, essendo beneficiari loro
di quest’importante massa di denaro sapientemente amministrata, detengono virtualmente oltre 1
milione di corone norvegesi, vale a dire poco più di 120 mila euro a testa.
"La filosofia di investimento è tutt’altro che complessa", sottolinea Elroy Dimson, accademico
alla London School of Economics e membro del board di gestione del fondo sovrano norvegese. "Il
nostro fondo pensione ha lo scopo di fornire benessere ai nipoti delle coppie che non si sono
ancora conosciute, insomma, abbiamo un orizzonte temporale di cento anni. Su orizzonti così
lunghi bisogna seguire poche e semplici regole: le azioni battono i bond, le valute contano
pochissimo, bisogna investire con umiltà, senza speculare, ed evitare rischi inutili".
"Ovviamente non tutti i fondi di investimento operano su periodi così lunghi, ma questo filosofia e
quest’orizzonte temporale si sono dimostrati ottimali per garantire ritorni così importanti", ha
sottolineato Dimson. Come per dire, costruiamo qualcosa per il futuro che noi non vedremo, ma se
lo ritroveranno i nostri figli e nipoti.
Grecia
Il Parlamento della Grecia ha approvato un controverso pacchetto di riforme concordate con
i creditori internazionali, aprendo la strada all'erogazione di una nuova tranche da 8,5
miliardi di aiuti.
Dopo una sessione di 14 ore molto infuocata e dibattuta, il pacchetto di riforme è stato
approvato con 152 voti favorevoli, 135 contrari e un solo astenuto.
Soddisfatto il primo ministro Antonis Samaras: "Abbiamo fatto un grande passo avanti, verso una
nuova Grecia, e non permetteremo che i pessimisti dell'opposizione minino la stabilità politica".
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L'altro punto controverso delle misure richieste da Unione Europea e Fondo Monetario
Internazionale era la riforma sulla definizione di "latte fresco". Lo scontro politico più forte,
infatti, è stato proprio sulla decisione di ampliare la scadenza a 9 giorni, invece che i 5 attuali,
per facilitare le importazioni dall'estero.
Intanto il governo Samaras comincia a perdere pezzi. L'approvazione delle misure di deregulation
proposte, ha portato, infatti, alle dimissioni del ministro dell'Agricoltura Maximos Harakopoulos,
proprio sulla questione del latte.
Inoltre già varie categorie di lavoratori sono pronte ad astenersi dal lavoro. Tra le misure più
controverse, anche la deregulation delle licenze per le farmacie, che prevede l'apertura a catene
di negozi e vendita di farmaci nei supermercati.
Ucraina
Aiuti fino a 18 miliardi di dollari per l'Ucraina. E' quanto ha annunciato il Fondo Monetario
Internazionale dopo che una missione dell'agenzia di Washington ha visitato Kiev per fare il
punto sulla situazione economica del paese. Il piano di aiuti è stato concesso per evitare il rischio
d'insolvenza dell'Ucraina alle prese con l'escalation della crisi con la Russia.
Il capo della missione del Fondo a Kiev, Nikolai Georgiyev, ha spiegato che il piano di emergenza
sarà l'elemento principale di un pacchetto più ampio messo a punto dalla comunità internazionale
che, nel corso di due anni, potrà mobilitare fino a 27 miliardi di dollari. Il piano, ha sottolineato
Georgiyev, è condizionato ad un programma di riforme economiche concordato con le autorità
ucraine mentre l'ammontare dell'aiuto si riferisce a una forchetta tra i 14-18 miliardi.
Asia e Oceania
Australia
Si ingigantisce il mercato dei mutui in Australia, complici i bassi tassi di interesse, che restano
sui minimi storici. Recentemente, la banca centrale ha ha passato la mano su un possibile rialzo
del costo del denaro, preferendo attendere che la domanda interna riesca del tutto a
compensare il mancato fatturato dell'export minerario. Una decisione ampiamente attesa,
giacché gli economisti non vedono modifiche almeno per tutto l'anno in corso.
Intanto, il mercato dei prestiti per l'acquisto di una abitazione è cresciuto ad un ritmo più
sostenuto, segnando un aumento delle domande del 2,3% a febbraio, superiore al 2% atteso dagli
analisti, mentre il valore delle erogazioni finalizzate all'investimento in abitazioni è cresciuto del
4,4% rispetto al mese di gennaio.
Un fattore che non è certamente positivo, dato che il mercato immobiliare australiano continua a
galoppare, a tal punto, che si teme lo scoppio di una bolla in grado di destabilizzare il settore
bancario.
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Malesia
La Banca Centrale malese, prevede , per l'anno in corso , una crescita del PIL tra il 4,5%
e il 5,5% , rispetto al 4,7% conseguito nel 2013.
La crescita, secondo Bank Negara, sara’ legata al miglioramento della bilancia commerciale grazie
a previsioni incoraggianti circa le esportazioni malesi (+5,8%) che dovrebbero riflettere la
ripresa economica delle economie piu’ avanzate. Tale miglioramento bilancia la minore crescita
della domanda interna (sia pubblica che privata) di investimenti e consumo prevista per il 2014
che dovrebbe attestarsi intorno al 6,9% ( rispetto al 7,6% del 2013).
America latina
Venezuela
Non c'è pace per il Venezuela. Dopo due mesi di proteste quasi non stop, accuse tra
governo e opposizione e nessuna soluzione in vista, l'economia del Paese ha iniziato a
mostrare pesanti segni di deterioramento.
In primo luogo, la moneta locale, il Bolivar, si è fortemente deprezzata: il suo tasso di cambio
contro il dollaro statunitense è sceso di circa il 90 per cento secondo calcoli ufficiali. Se invece
si prende a riferimento il tasso Sicad I, un valore alternativo controllato dal governo attraverso
aste, il calo è invece di circa il 77 per cento. Il Bolivar ha già il dubbio onore di essere la valuta
più deprezzata dell'America Latina nel 2013, e non sembra destinata ad andare meglio
quest'anno. In un disperato tentativo di controllarla, il governo ha introdotto un nuovo tasso di
cambio, stavolta libero di fluttuare, che offre dollari ad un prezzo otto volte superiore al cambio
ufficiale.
L'attuale tasso di cambio è di circa 52 bolivar per dollaro, ma il tasso raddoppia sul mercato nero.
La misura ha lo scopo di rendere il sistema più flessibile e controllare l'inflazione, che nel 2013
ha raggiunto il 57 per cento annuo. Quest'anno il tasso segue l'esempio del precedente, con un
tasso che a febbraio è arrivato al 53,7 per cento annualizzato.
Anche se il Sicad II dovesse funzionare, sarebbe soltanto una toppa temporanea a un problema
fondamentale: la mancanza di riserve valutarie, un problema estremamente importante per il
Venezuela, Paese fortemente dipendente dalle importazioni. Il governo ha anche annunciato che
l'offerta pubblica di dollari coprirà appena l'8 per cento del budget annuo di moneta estera,
sebbene la domanda sia stata molto più alta che nei due anni precedenti.
I dolori valutari non sono certamente l'unico problema finanziario che il Venezuela sta
affrontando. La produzione di petrolio, parte chiave dell'economia del Paese e suo maggiore bene
esportato, è declinata decisamente. Nonostante le promesse del ministero del petrolio del
Venezuela, Rafael Ramírez, di raggiungere l'obiettivo di 6 milioni di barili al giorno entro il 2019,
in verità la produzione nel 2012 è arrivata ad appena 2,9 milioni, in ribasso rispetto ai 3,2 milioni
del 2005. Tuttavia la maggior parte della produzione è riservata ad alleati come Cuba e
Nicaragua, il che la rende incapace di sostenere la competitività del Paese. Intanto il deficit di
bilancio ha raggiunto il 18 per centro del PIL nel 2013.
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Tutti questi fattori hanno contribuito al forte calo dell'attrattività del Paese per gli investimenti
esteri. Fitch Ratings ha tagliato il rating del Venezuela a B, cinque notch in meno rispetto
all'investment grade, mettendo il Venezuela agli stessi livelli di Libano, Ecuador e Ruanda. Gli
analisti si aspettano che il Venezuela perderà ulteriore terreno fra le economie dell'America
Latina quest'anno, cosa che permetterà al Cile di salire al quinto posto fra le maggiori economie
dell'area.
Colombia
La crescita economica della Colombia nel quarto trimestre 2013 ha superato le aspettative,
a seguito di un aumento del budget pubblico destinato al settore delle costruzioni e delle
opere pubbliche.
La locale agenzia nazionale di statistica ritiene che il prodotto interno lordo sia aumentato del
4,9% rispetto all'anno precedente, mentre altri analisti stimano che l'aumento sia stato del 4,7%.
Rispetto al trimestre precedente, il PIL è cresciuto dello 0,8%, portando ad un crescita
annuale del 4,3% rispetto al 4% dell'anno scorso.
La crescita del quarto trimestre è stata trainata dal settore delle costruzioni, con un aumento
del 18% dei progetti di opere pubbliche. Questo risultato potrebbe implicare una riduzione dello
stimolo monetario da parte della Banca Centrale. L'economia sembra più solida di prima,
circostanza che lascia prevedere un probabile aumento dei tassi di interesse, forse prima di
quanto il mercato aveva previsto. Il settore pubblico ha avuto un ruolo preponderante nella
seconda metà dell'anno.
L'espansione del quarto trimestre viene confrontata con il 5,2% di crescita in Perù e il
2,7% in Cile. La Banca Centrale lascerà il tasso di interesse invariato al 3,25% per il dodicesimo
mese consecutivo, mentre é previsto un suo innalzamento al 3,5% nel mese di agosto, secondo la
più recente indagine di economisti della banca.
Il settore delle costruzioni ha ottenuto i migliori risultati, raggiungendo un'espansione dell'8,2%
rispetto all'anno precedente. La costruzione residenziale è aumentata dell'11,5%, sostenuta dagli
incentivi governativi, tra i quali si citano i sussidi per l'acquisto, che hanno determinato un
aumento del 28% dei mutui stipulati. Il presidente Juan Manuel Santos ha affermato
ripetutamente che la Colombia può crescere fino al 6,5 o 7% l'anno, investendo in infrastrutture
e portando a compimento l'accordo di pace con i guerriglieri FARC, che permetta di porre fine al
conflitto civile nel paese. La produzione di petrolio e mineraria sono aumentate del 7,7%, mentre
i servizi sociali sono cresciuti del 6,3%. L'industria manifatturiera è l'unico settore che é
diminuito dello 0,1% rispetto all'anno precedente.
Brasile
Era la colonna portante dell'economia sudamericana quando Stati Uniti ed Europa annaspavano
tra crisi finanziaria e debiti. Ora il Brasile è sempre più in impasse, come confermato
dall'ultimo intervento Standard & Poor's, che ha deciso di portare il rating del Paese a un
notch dal livello "spazzatura" a causa del peggioramento dei conti statali, del crescente
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debito e della debole crescita economica. Il credito sovrano carioca passa dunque da "BBB-" a
"BBB" con outlook stabile. E' stato piuttosto repentino, il percorso discendente del Paese. Nel
2008, dunque agli albori della crisi finanziaria globale, i suoi bond avevano ricevuto lo status di
investment grade. Due anni dopo il Paese vantava una crescita del PIL del 7,5%.
Ora l'economia sta soffrendo il marcato rallentamento della manifattura e la perdita di
credibilità del governo, incapace di mettere mano al crescente indebitamento. Non solo:
nonostante lo stallo, il Brasile deve fronteggiare un'inflazione incandescente con misure di
politica monetaria restrittiva.
Proprio a fine febbraio il Banco Do Brasile ha alzato ancora i tassi di interesse per tenere sotto
controllo i prezzi, che lo scorso anno si erano spinti fino al 6,5%.
Si tratta di una situazione piuttosto complicata per la Presidente Dilma Roussef, che quest'anno
tenterà la rielezione.
Peru’
In una sua recentissima analisi dell’economia dei Paesi sud americani, la rivista Economist
considera estremamente positive le prospettive della economia peruviana stimando su valori
vicini al 6% l’aumento del PIL nel 2014 ed un andamento non discostante da questo per i
prossimi tre anni.
Il Paese resta estremamente attrattivo per investimenti esteri specialmente nel settore
minerario e turistico e la domanda interna continuerá ad essere uno dei volani principali dello
sviluppo senza creare tensioni inflazionistiche. Notevoli sono infine i vantaggi che si
manifesteranno per appartenere ad una area di forte sviluppo come l’Alleanza per il Pacifico.
Pasi avanti, sempre secondo la Rivista inglese, andranno comunque fatti nel settore del
miglioramento delle infrastrutture, nella innovazione tecnologica di numerosi settori produttivi,
nelle flessibilitá del mercato del lavoro.
Analoghe sono le previsioni del Banco Centrale e della Banca di Credito del Perú, il maggiore
Istituto bancario peruviano, che stima la crescita del PIL pari al 5,5% legata anche ad una forte
ripresa delle esportazioni nel secondo semestre.
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Previsioni dei principali Istituti
(CE, FMI, OCSE, BCE)
60
FMI
Previsioni aprile 2014
61
BCE marzo 2014
62
FMI
Febbraio 2014
63
Banca mondiale
Gennaio 2014
64
BCE novembre 2013
65
OCSE previsioni novembre 2013
66
FMI ottobre 2013
Previsioni PIL reale
67
Ocse Interim assesment settembre 2013
BCE previsioni degli esperti settembre 2013
68
FMI
Luglio 2013
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