IMPIANTI ELETTTRICI parte I di Delucca Ing. Diego LE NORME ELETTRICHE. In tutto ciò che riguarda gli IMPIANTI ELETTRICI non si può agire in modo qualsiasi. Bisogna rispettare alcune NORME. Per norma si intende l’insieme delle condizioni che sono necessarie per definire un prodotto. Per normazione o normalizzazione si intende quell’attività di studio e di pubblicazione dei criteri generali, sotto forma di norme, per la realizzazione di un prodotto o di un impianto, secondo le regole che, fissano sia i costruttori che gli utenti. In definitiva in base a queste norme devono essere progettati, costruiti e collaudati i manufatti, i prodotti industriali, le macchine, gli impianti tecnici, i materiali elettrici, ecc. In questo modo si intende garantire l’efficienza, la sicurezza del funzionamento e l’affidabilità di ogni prodotto venduto, in ogni settore commerciale. Formano oggetto della normalizzazione o della standardizzazione, ( dall’inglese STANDARD ), la rappresentazione grafica, la terminologia, i simboli da impiegare, le lavorazioni, i metodi di misura e di controllo, le modalità di fornitura, di installazione di collaudo, di assistenza, ecc. La necessità di stabilire delle norme ha la sua origine, fin dalle prime esigenze associative dell’uomo. Infatti l’uomo per poter comunicare con i propri simili ha dovuto definire un alfabeto, o perlomeno alcuni suoni vocali, articolati fra loro, e di norma li ha dovuti eseguire allo stesso modo. Il linguaggio è allora una prima forma di normalizzazione. In seguito, nella storia dell’umanità, attribuendo alle varie combinazioni di suoni alcuni simboli grafici, l’uomo ha potuto lasciare traccia del suo pensiero. La scrittura è pertanto il primo vero e proprio esempio di normalizzazione. Quando l’attività commerciale ha assunto un notevole sviluppo, l’uomo ha dovuto normalizzare un sistema di unità di misura. Questo processo ha subito un impulso notevole nel periodo di grande attività industriale. Si cominciò a stabilire le norme con i quali realizzare i prodotti, non secondo normative aziendali, ma secondo criteri generali, ossia secondo criteri stabiliti dagli stessi costruttori, in collaborazione con gli utenti del prodotto. Oggi le imprese piccole, medie e grandi hanno un apposito UFFICIO NORME. L’ufficio di normalizzazione, quando esiste, generalmente, fa parte della direzione centrale dell’azienda o della direzione tecnica. Questo stesso ufficio, tiene i contatti con gli ENTI di NORMALIZZAZIONE NAZIONALI, che divulga e fa applicare le norme stabilite a livello aziendale, inoltre, tiene aggiornata la raccolta delle norme e delle tabelle, scegliendo, tra quelle emanate, quelle che interessano il settore dell’attività industriale sopra detta. 1 Solo verso la metà del XIX secolo si sentì l’esigenza di avere una NORMATIVA a livello internazionale. La prima proposta fu fatta dall’inglese WHITWORTH, il quale, in una conferenza del 1841, propose di stabilire un’unificazione delle filettature delle viti. Sembra un problema di poco conto, ma fu di un’importanza notevole, perché diede impulso al concetto di normalizzazione, prima fra le grandi potenze industriali, Germania, Inghilterra, USA, poi si estese a tutte le nazioni industriali, che richiesero una normalizzazione a livello mondiale. Oggi si gode, quasi senza rendersi conto dei vantaggi della normalizzazione, sia legato a tipi che alle dimensioni dei prodotti. Basti pensare come sia facile sostituire una lampadina elettrica, una candela per auto o per moto, un rubinetto, ecc. Tutto ciò è reso possibile perché esiste una normalizzazione. Il concetto fondamentale su cui si basano le norme è la seguente: mediante la collaborazione di tutti coloro che sono interessati alla realizzazione e all’uso di un determinato prodotto, si deve scegliere, concordare e definire quali dovranno essere i tipi da realizzare, in modo da ottenere sia un beneficio per tutti, sia un risparmio globale. Lo scopo di una norma è quindi quello di favorire gli scambi commerciali internazionali e nazionali, di facilitare la redazione della documentazione tecnica, di assicurare la sicurezza degli utilizzatori, di uniformare la qualità e di ridurre i costi di fabbricazione. Secondo gli sviluppi più moderni le norme possono essere definite più correttamente come specifiche tecniche elaborate da un’apposita COMMISSIONE tecnica nazionale o internazionale, che, fissa i criteri secondo i quali deve essere realizzata la documentazione tecnica, le caratteristiche fisico – chimiche di un prodotto, il modo di impiego, di controllo e di prova di un manufatto o di un dispositivo. Esiste una definizione di normalizzazione o di standardizzazione, adottata dalla STACO, che è un Comitato Permanente per lo studio dei principi scientifici della standardizzazione, e che fa parte dell’ente internazionale di standardizzazione, l’ISO. La standardizzazione o normalizzazione è un insieme di regole per mettere ordine in un determinato campo di attività, a vantaggio di tutti gli interessati, e con il loro concorso di ottenere un’economia generale ottimale, tenendo conto delle esigenze di funzionalità e di sicurezza. La normalizzazione si basa sui risultati acquisiti dalla scienza , dalla tecnica e dall’esperienza. Non deve essere limitata al presente, ma deve proiettarsi nel futuro, prevedendo ed agevolando il progresso. La standardizzazione viene, tra l’altro applicata per: Le unità di misura; La terminologia e la simbologia; 2 I prodotti ed i metodi, ( designazione e scelte delle caratteristiche dei prodotti per definire le loro qualità, il controllo delle varietà, l’intercambiabilità, ecc. ) La sicurezza delle persone e delle cose. La norma o standard è il risultato di uno studio di normalizzazione eseguito in un determinato campo ed approvato da un’autorità o ente riconosciuto. Viene pubblicata sotto forma di tabella o documento contenente una serie di condizioni che devono essere soddisfatte. Gli oggetti di normalizzazione sono cose o materiali, o nozioni astratte, o simboli letterali e grafici o direttive, suscettibili di essere resi uniformi. Un campo di normalizzazione è un settore dell’attività economica, culturale, tecnica e scientifica interessato da un gruppo di oggetti di normalizzazione. Un dato oggetto di normalizzazione può comunque essere destinato a uno o più campi di normalizzazione. Una specificazione è un’indicazione precisa dell’insieme delle condizioni alle quali deve soddisfare un prodotto, un materiale o un processo, comprendente, se necessario, i metodi che permettono di determinare se queste condizioni sono soddisfatte. Una specificazione può essere una norma o una parte di norma o può essere distinta da una norma. Per denominazione si intende l’attribuzione di un termine o di un simbolo ad un prodotto o ad un gruppo di prodotti funzionalmente intercambiabili o ad una nozione astratta. L’identificazione è quel processo che riconosce la natura di un prodotto o di una nozione astratta, onde poter attribuire una corretta denominazione. Illustriamo in breve il concetto di UNIFICAZIONE, spesse volte già citato in precedenza. Ogni materiale ed ogni manufatto, indipendentemente dalla ditta costruttrice o produttrice, devono seguire certi standard qualitativi e dimensionali: devono essere unificati. In pratica, stabilire dei criteri mediante i quali devono essere realizzate delle forme o delle dimensioni, o dei procedimenti da seguire per certe attività, corrisponde ad una semplice normalizzazione. Quando invece, queste forme e dimensioni, o le composizioni chimiche, o altro, sono date da valori ben precisi, ( che vengono persino tabellate ), si parla di UNIFICAZIONE. Sono così unificati i formati dei fogli da disegno, gli spessori delle linee e la loro forma, i simboli grafici, ma anche i valori di tensione per la distribuzione, i valori delle sezioni dei conduttori, le filettature, i diametri e le dimensioni dei tubi per l’applicazione idraulica, ecc. 3 Si deve fare una chiara distinzione tra la normalizzazione e l’unificazione; infatti la Normalizzazione prescrive, come abbiamo già visto, le condizioni generali, le regole generali alle quali devono soddisfare i disegni tecnici, le lavorazioni, i procedimenti di calcolo, i trattamento dei materiali, le macchine, gli impianti, gli strumenti, ecc; l’unificazione, invece, fissa le forme e le dimensioni dei dispositivi e degli organi meccanici, più comunemente impiegati, le diverse qualità dei materiali, ( composizione chimica, caratteristiche meccaniche e tecnologiche ), le prove alle quali devono essere assoggettati, ecc. Ne deriva che l’unificazione è sempre una normalizzazione, mentre la normalizzazione non è sempre soltanto un’unificazione. Il vantaggio dell’unificazione è evidente. Di una macchina anche complessa, si dovranno progettare solo gli elementi componenti speciali, quelli unificati dovranno essere soltanto scelti ed indicati con la loro sigla. La riduzione della varietà dei tipi e la possibilità di reperire facilmente sul mercato gli elementi unificati comporta la diminuzione delle scorte, con la conseguente contrazione, sia delle spese di gestione del magazzino e sia del capitale immobilizzato. In questo modo i prodotto possono essere realizzati in grandi serie, e quindi con costi di fabbricazione più contenuti e migliore qualità. Lo STACO fornisce la seguente definizione di unificazione. L’unificazione è una forma di normalizzazione avente lo scopo di combinare, in una sola, due o più prescrizioni dimensionali o due o più specificazioni, in modo che i prodotti ottenuti risultino intercambiabili tanto dal punto di vista dimensionale quanto da quello funzionale. L’intercambiabilità funzionale si ha quando le caratteristiche del prodotto ottenuto, relative al suo funzionamento, sono normalizzate, nel necessario grado di precisione. L’ intercambiabilità dimensionale è un aspetto parziale dell’intercambiabilità funzionale e si realizza quando le dimensioni lineari di due prodotti sono sufficientemente vicine le une alle altre, per assicurarne l’intercambiabilità sostitutiva. Un altro tipo di normalizzazione è la SEMPLIFICAZIONE, così definita: la semplificazione è una forma di normalizzazione che consiste nel ridurre il numero dei tipi di prodotto, messo in commercio in una certa gamma, a quello puramente indispensabile per coprire le necessità che prevalgono in una data epoca. Si conclude dicendo che uno dei meriti principali dell’unificazione internazionale, è nato per mettere ordine nella Babele delle misure e delle norme in uso nei diversi 4 Paesi. Tale tentativo si è spesso scontrato con tradizioni radicate e con orgogli nazionalistici, oltre che con interessi economici non indifferenti. Comunque siamo sulla strada buona per arrivare all’unificazione internazionale, e ciò deve essere visto come una grande possibilità, quella di favorire gli scambi tra i diversi popoli. Con l’evolversi del progresso uno dei settori nei quali la quantità di norma va crescendo, in continuazione, è quello della sicurezza. Nel corso della sua esistenza l’uomo è soggetto ad una serie di pericoli che derivano o da cause interne al suo organismo o da cause esterne. Tali pericoli, che possono ridurre o interrompere l’attività operativa dell’uomo prendono il nome di rischi. In definitiva, gli eventi che possono ridurre o interrompere delle attività, a seconda a come si manifestano, possono essere le malattie o gli infortuni. Gli infortuni sono eventi improvvisi la cui lesività è istantanea. Le malattie producono la loro azione in modo graduale, dopo un’incubazione più o meno lunga. A tali eventi può seguire il decesso o un periodo di inattività che, nel caso di infortunio prende il nome di “ durata dell’inabilità ” e nel caso della malattia è detta “convalescenza ”. La sicurezza e la salute sono diritti fondamentali, ed in Italia sono sanciti dalla Costituzione, in essa si può leggere: Art.32 “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività ”. Art.35 “ La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni ”. Art.41 “ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana ”. Oggi molte norme sono destinate a garantire che vengano utilizzati tutti gli accorgimenti che il progresso tecnico mette a disposizione, perché sia raggiunto il più elevato livello di sicurezza per le persone e di salvaguardia dei beni. Naturalmente non è possibile garantire la sicurezza in modo assoluto: possono avvenire incidenti per forza maggiore, ( ad esempio terremoto in zona non sismica, uragano, ecc. ), o per caso fortuito, ( ad esempio un interruttore difettoso appartenente ad una serie riconosciuta conforme ed eseguita a regola d’arte. ) Infortuni che avvengono in relazione ad eventi di questo tipo, sono ammessi dalla società. In base alle conoscenze della tecnica viene stabilito quale è il livello di sicurezza accettabile, ed in base ad esso vengono stabilite le norme di sicurezza. Questo livello di sicurezza può essere differente nel caso in cui qualcuno sia obbligato ad operare in situazioni potenzialmente rischiose, come nel caso di un lavoratore, ( rischio imposto ), o nel caso lo si accetti liberamente come nel caso di un’attività sportiva, ( rischio liberamente accettato ). Nel secondo caso si è meno esigenti. Dato che ogni attività dell’uomo si può sempre considerare come un bene 5 economico, la ricerca per assicurare la conservazione di tale bene si svolge su due livelli: la prevenzione, che rappresenta l’attività intesa a eliminare le cause del rischio, e la previdenza, che agisce nel senso di reintegrare il bene perduto o ridotto. La prevenzione, a seconda che esplichi la sua azione nei riguardi di incidenti o di malattie, si divide in due rami: prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro, per le quali esistono normative distinte. Spesso è l’uomo, con il suo comportamento, a causare un infortunio, ed ecco quindi che le norme di sicurezza devono tenere conto di questa possibilità, e prevedere differenze, secondo che si rivolgano ad ambiti nei quali agiscono persone profane o persone addestrate. Ogni anno in Italia si verificano circa 500 decessi per cause elettriche, oltre 300 sono determinate in ambiente domestico. GLI ENTI NORMATIVI Facciamo un cenno sugli ENTI NORMATIVI. In tutti i maggiori paesi industrializzati sono sorti degli Enti di normazione o Enti normativi, che si occupano di pubblicare le norme tecniche che hanno valore a livello nazionale. Questi organismi elaborano dei documenti che, indicano quali devono essere le soluzioni tecniche, che si devono adottare per risolvere i problemi che si pongono più frequentemente nel campo della scienza e della tecnica. Alcuni di questi Enti sono specificatamente Enti di unificazione, che emanano periodicamente delle tabelle, ciascuna riguardante un determinato prodotto o un gruppo di prodotti. L’ideale è che sulle Norme tecniche adottate fra i vari paesi del mondo, ci sia un accordo perfetto; infatti dapprima tali Enti operavano più o meno indipendentemente gli uni dagli altri, per cui i vantaggi dell’unificazione rimanevano limitati al territorio nazionale dell’Ente che aveva pubblicato le tabelle. Gradatamente, però, la collaborazione tra gli Enti Nazionali si è estesa, e in molti campi, le unificazioni hanno attualmente carattere Internazionale o addirittura Mondiale. Ormai sono stati istituiti numerosi Enti di Normazione, anche a livello Internazionale, proprio perché un paese industrializzato, che ha intensi scambi commerciali a livello internazionale non può adottare norme difformi da quelle degli altri paesi. Per limitarci nell’ambito elettrotecnico ed elettronico possiamo citare in ambito nazionale Il CEI, ( COMITATO ELETTROTECNICO ITALIANO ), e l’UNI, ( Ente Nazionale Italiano di Unificazione ), mentre in ambito INTERNAZIONALE, ricordiamo il CENELEC, ossia il Comitato Europeo per la Standardizzazione nel campo Elettrotecnico, l’IEC, ( International Electrotechnical Commission ), 6 ed infine l’ISO ( International Standardization Organization ). Il CEI ( Comitato Elettrotecnico Italiano ), è il Comitato Italiano che ha il compito di stabilire le norme alle quali devono sottostare le macchine elettriche, gli apparecchi, gli strumenti, i materiali e gli impianti elettrici; tali norme investono tutto il campo elettrotecnico dalla simbologia alle unità di misura, dai segni grafici per gli schemi alle prescrizioni costruttive di ordinazione e di collaudo. E’ stato fondato nel 1906, ( è il più antico ente normativo italiano) dall’AEI, ( ASSOCIAZIONE ELETTROTECNICA ED ELETTRONICA ITALIANA ). Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1964, è stato rifondato, su iniziativa di alcuni soci, tra cui la stessa AEI, il CNR ( Consiglio Nazionale delle Ricerche ), l’ENEL ( Ente Nazionale per l’Energia Elettrica ), e l’ANIE ( Associazione Nazionale Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche ). DIFFERENZA FRA PRESCRIZIONI DI LEGGE E NORME TECNICHE Le disposizioni legislative, ( leggi, decreti Presidenziali e decreti ministeriali, regolamenti, ecc. ), hanno forza di legge e quindi c’è un obbligo giuridico di attenersi ad esse. Invece non c’è obbligo giuridico di attenersi a determinate normative tecniche. Le normalizzazioni sia nazionali che internazionali non sono obbligatorie e non hanno, quindi, valore giuridico. Le norme sono il risultato di commissioni di studio formate da esperti; pertanto sono garanzia di esperienza, di conoscenza scientifica e di consuetudine. Le varie norme sono cioè “ norme di buona tecnica ” e codificano il naturale evolversi del livello di sicurezza accettabile, man mano che progrediscono le condizioni sociali, etiche ed economiche della società, nonché le conoscenze scientifiche e le possibilità tecnologiche. In definitiva le norme tecniche cambiano continuamente, adeguandosi ai tempi; infatti norme tecniche che andavano bene trent’anni fa, oggi non lo sarebbero più. Le leggi ed i regolamenti, invece, sono statici, richiedono spesso un lungo iter legislativo per essere approvati. Se si volessero imporre, con leggi determinate, prescrizioni di buona tecnica, si correrebbe il rischio di dover congelare per anni queste prescrizioni prima di poterle cambiare. Tuttavia la loro natura rende le tabelle di unificazione un valido punto di riferimento, anche per il Giudice, in caso di controversie legali. Nessuna norma o prescrizione, ( nemmeno legislativa), per quanto sia accuratamente studiata, può comunque fornire la garanzia assoluta che, non possano accadere incidenti, né garantire l’incolumità delle persone, degli animali e delle cose dai pericoli dell’energia elettrica. E’ però evidente che, lo scrupoloso rispetto delle norme e delle disposizioni di legge, oltre a porre l’impianto nelle migliori condizioni, dal punto di vista della sicurezza, mette il gestore ed il progettista dell’impianto stesso, in una corretta posizione qualora debbano rispondere del verificarsi di eventuali incidenti. 7 Sulla Gazzetta Ufficiale n.77 del 23/3/68 è stata pubblicata la legge n. 186, che reca le “ disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici ”, che qui si riporta: Art. 1 Art. 2 “ Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati a regola d’arte ”. “ I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme CEI si considerano costruiti a regola d’arte ”. In base a questa legge le Norme CEI vengono praticamente ad assumere valore legale; cioè è sufficiente seguire le norme CEI per adempiere all’obbligo giuridico di realizzare apparecchi ed impianti a regola d’arte. Questa legge sulla regola d’arte vale per tutti gli impianti, quindi anche per quelli domestici, oltre che per quelli industriali. Anche la legge n. 46 del 13/3/90, che reca le “ norme per la sicurezza, la progettazione, l’installazione e la manutenzione degli impianti tecnici ”, ( la quale si applica, in particolare, anche agli impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici, a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’Ente distributore, nonché agli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, alle antenne e agli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche ). Viene ribadito che: “ Le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gli impianti a regola d’arte. I materiali ed i componenti realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell’Ente Italiano di Unificazione , ( UNI ), e del Comitato Elettrotecnico Italiano, ( CEI ), nonché nel rispetto di quanto prescritto dalla legislazione tecnica vigente in materia, si considerano costruiti a regola d’arte ”. La legge 46/90 si applica ai seguenti tipi di impianto: a) impianto di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica; b) impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, antenne ed impianti di protezione da scariche atmosferiche; c) impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso, di qualsiasi natura o specie; d) impianti idrosanitari, nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo, e di consumo di acqua all’interno degli edifici, a partire dal punto di consegna dell’acqua dall’Ente distributore; e) impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno di edifici, a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’Ente distributore; f) impianti di sollevamento di persone e di cose per mezzo di ascensori, 8 g) montacarichi, di scale mobili e simili; impianti di protezione antincendio. Infine la legge sancisce che gli impianti devono essere progettati da professionisti iscritti negli albi professionali. La legge ed il relativo regolamento di attuazione definiscono, inoltre quali soggetti sono abilitati all’installazione, trasformazione e manutenzione degli impianti, precisando per quali impianti è richiesto il collaudo. La legge 18/10// n.791 è relativa alle caratteristiche di sicurezza che deve possedere i materiali elettrici, destinati ad essere utilizzati entro certi limiti di tensione. Detta legge impone l’accettazione e la commercializzazione di alcuni componenti ed apparecchi solo se in possesso dei requisiti previsti dalla direttiva citata. In particolare il materiale deve essere costruito a regola d’arte, installato, mantenuto in esercizio, utilizzato, in maniera corretta e conformemente alla sua destinazione al fine di non compromettere la sicurezza dell’utente. In virtù di questa legge 791/77 con decreto del Ministero dell’Industria, il Commercio e l’Artigianato di concerto con il Ministero per gli Affari Esteri ed il Ministero del Lavoro e della Prevenzione Sociale, sono stati designati gli Organi di Normalizzazione elettrotecnica ed elettronica e gli Enti che stabiliscono i marchi ed i contrassegni o attestati, di cui deve essere munito il materiale elettrico per la libera circolazione. Questi contrassegni garantiscono il rispetto della Legge, quindi della regola d’arte per i componenti che ne sono provvisti, quindi di sicurezza per gli utenti. Il CEI è così designato quale organismo italiano di normalizzazione elettrotecnica ed elettronica, ma anche il materiale che risponde alle analoghe norme degli altri paesi della CEE può essere messo in commercio, e circolare liberamente in Italia. Ai fini della legge 791, inoltre, l’autocertificazione del Costruttore produce gli stessi effetti del contrassegno. La soluzione del problema della sicurezza elettrica nel campo dell’impiantistica elettrica non può prescindere dalla normativa sopra citata, e di conseguenza dalle norme CEI. Per la realizzazione degli impianti utilizzatori in BASSA TENSIONE, ( cioè fino a 1 000 V di tensione, se funzionanti in corrente alternata, e fino a 1 500 V, se in corrente continua ), le norme che devono essere rispettate sono essenzialmente quelle contenute nei fascicoli della norma 64/8 ( fascicoli dal 1916 al 1922 ) pubblicati nel 1982. Tale norma è suddivisa in sette parti, ciascuna delle quali è riportata in un fascicolo: Parte 1: Oggetto, scopo e principi fondamentali. Parte 2: Definizioni Parte 3: Caratteristiche generali 9 Parte 4: Parte 5: Parte 6: Parte 7: Prescrizioni per la sicurezza Scelta e installazione dei componenti elettrici Verifiche Ambienti ed applicazioni particolari. LA CERTIFICAZIONE E IL CONTROLLO Il problema del controllo, ossia la verifica della conformità alle norme di quanto viene prodotto, installato, utilizzato, è duplice, a seconda che si considerino i singoli componenti, cioè il materiale elettrico, oppure tutto l’impianto. La marcatura è uno degli aspetti del controllo e ne forniamo il significato secondo le definizioni della STACO. La marcatura è l’operazione o il risultato dell’operazione di stampigliare, scrivere, imprimere, etichettare, ecc. sullo stesso prodotto o sul suo imballaggio, marchi, simboli, cifre, lettere, ecc. al fine di identificare il prodotto e la sua origine e/o di far conoscere le sue caratteristiche fondamentali, la sua applicazione prevista, ecc. Il codice è una forma particolare di marcatura di identificazione o di riferimento, avente la duplice funzione di stabilire in maniera sistematica l’identità completa di un prodotto, e contemporaneamente di esprimere la sua similitudine con altri prodotti. Può presentarsi sotto forma di una combinazione breve e sistematica di lettere, cifre, e/o simboli. Un codice sistematico, utilizzato insieme ad una chiave per il deciframento, può aiutare ad identificare un prodotto ed a conoscere le sue caratteristiche. Per quanto riguarda la rispondenza alle norme del materiale elettrico, la strada seguita dall’Italia è quella della certificazione di conformità, mediante marchi appositi sulle apparecchiature o attestati rilasciati da Enti. Questi possono essere di due tipi: il contrassegno CEI ed il marchio di qualità IMQ. Il contrassegno CEI è una certificazione che il costruttore applica ai prodotti che, secondo al suo parere, hanno caratteristiche conformi alle norme CEI; si tratta pertanto di un’autocertificazione, di cui il produttore dell’apparecchiatura si assume la responsabilità, ferma restando la facoltà del CEI di effettuare in qualsiasi momento la verifica della rispondenza alla normativa. Per poter apporre il contrassegno CEI il costruttore deve chiedere al CEI l’uso del contrassegno e deve averne avuta esplicita concessione. L’uso del contrassegno dell’Istituto Italiano del Marchio di Qualità, ( IMQ ), per diversi prodotti elettrici di grande diffusione, è soggetto, invece, a maggiori controlli, in quanto è subordinato alle garanzie di qualità offerte dal costruttore, all’approvazione del prototipo e al controllo della produzione da parte dell’IMQ. 10 Questo marchio riguarda di solito materiali di grande consumo e solitamente, di uso domestico. L’Istituto Italiano del Marchio di Qualità condiziona l’autorizzazione all’apposizione del proprio marchio, se vengono superate tre fasi di verifiche: approvazione del costruttore, ( l’istituto procede cioè a verificare se il costruttore ha le attrezzature idonee alla produzione di materiali della qualità richiesta e, in caso positivo viene approvato dall’Istituto stesso ); approvazione del prototipo, ( il prototipo dell’apparecchio viene sottoposto da parte dell’Istituto a tutte le prove previste dalle norme corrispondenti ); controllo periodico della produzione ( in questo modo l’Istituto si assicura che la produzione conservi una qualità costante ). Esiste in Italia un altro organismo di certificazione che, è il CESI ( Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano ). Si fa notare che la conformità del prodotto, in particolare di quello industriale, ai fini della sicurezza di cui la legge 791/77, può essere anche attestata con dichiarazione del costruttore, per cui non risulta obbligatoria, in questo caso, la certificazione di conformità. Va comunque precisato che, l’utilizzazione di componenti conformi, alle norme CEI, non assicura che l’impianto sia rispondente alla normativa, soprattutto per quanto concerne l’aspetto della sicurezza; infatti, per esempio, non basta installare interruttori a norma, se poi vengono scelti o collegati in maniera errata. Nasce quindi il problema e l’esigenza del controllo dell’intero impianto. La realizzazione di un impianto completo consiste nelle seguenti fasi: progetto dell’impianto; installazione; collaudo da effettuare a fine lavori; verifica periodica. Collaudi e verifiche di un impianto possono essere prescritti sia dalla normativa tecnica ( CEI ), sia da disposizioni di legge. Le norme CEI stabiliscono a quali prove o verifiche devono essere sottoposti i vari tipi di impianti e indicano anche le modalità e le condizioni per la loro effettuazione. Esistono per i luoghi di lavoro delle prove obbligatorie, ( norma del DPR 547/55 ). Inoltre questo stesso decreto richiede, per gli impianti, tre tipi di verifiche biennali delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche; degli impianti di terra; delle installazioni elettriche nei luoghi pericolosi. Il DPR 547/55 è ormai datato, e presenta diversi punti di contrasto con la tecnica attuale; infatti le norme CEI sono intervenute per sistemare i punti di contrasto o a integrare i punti oscuri e non completi. Comunque oggi si fa riferimento, soprattutto per la parte della sicurezza alla nuova normativa, Legge n. 46 del 13/3/1990. Vogliamo, infine, dare la definizione di tre termini che spesso si confondono: 11 Il termine COLLAUDO è definito nel DPR 302/56 nel quale viene considerato come una serie di prove per controllare la rispondenza, di impianti e macchinari, ai progetti e ai capitolati. Sovente come collaudo viene intesa anche la prima verifica. Per OMOLOGAZIONE si deve intendere la procedura tecnico amministrativa con la quale viene provata o certificata la rispondenza del tipo o del prototipo, prima della riproduzione, ovvero del primo o nuovo impianto, a specifici requisiti tecnici prefissati. Col nome di VERIFICA , si intende, come è indicato dalle norme CEI ed in quelle Internazionali, un complesso di operazioni consistenti essenzialmente in un esame a vista ed in alcune prove; tra le prove è compresa l’esecuzione delle necessarie misure. DEFINIZIONI ELETTRICI FONDAMENTALI RIGUARDANTI GLI IMPIANTI Per impianto elettrico si intende un complesso di componenti elettrici, anche a tensioni nominali di esercizio differenti, ma comunque elettricamente associate, in modo tale da soddisfare a scopi specifici, e con caratteristiche coordinate. In altri termini l’impianto elettrico è destinato ad una determinata funzione. In particolare l’impianto può essere di produzione, di trasmissione, di distribuzione e di utilizzazione. L’impianto utilizzatore è costituito dai circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina, comprese le relative apparecchiature di manovra, sezionamento, interruzione, ecc., che non facciano parte di impianti di produzione, trasmissione e distribuzione. Si considerano facenti parte dell’impianto elettrico tutti i componenti elettrici non alimentati tramite prese a spina. Le apparecchiature collegate alle prese non fanno parte dell’impianto; però, fanno parte dell’impianto elettrico, quegli apparecchi utilizzatori fissi, che risultano alimentati dalle prese a spina. L’impianto elettrico utilizzatore ha la sua origine nel punto di consegna dell’energia elettrica da parte dell’Ente fornitore, in genere da una rete di distribuzione pubblica. Il punto di consegna è quindi il punto di separazione tra l’impianto di distribuzione e l’impianto utilizzatore. Nel caso in cui il proprietario dell’impianto utilizzatore, sia anche autoproduttore di energia, sono considerati origine dell’impianto utilizzatore, i morsetti di uscita del generatore o del trasformatore, se è esistente. Si chiama sistema elettrico o anche semplicemente sistema, una parte dell’impianto elettrico, costituita dal complesso dei componenti elettrici, aventi una determinata tensione nominale d’esercizio, ovviamente interconnessi tra di loro. La TENSIONE NOMINALE è quel valore di tensione, con il quale il sistema è denominato e al quale sono riferite le sue caratteristiche. Per i sistemi trifasi si 12 considera come tale, la tensione concatenata. La tensione nominale è in pratica quella tensione per la quale il sistema, ( quindi un impianto o una sua parte ), è progettato. La tensione reale può differire dalla nominale, entro i limiti di tolleranza permessi, ( precisati dalla norma CEI 8-6 ). Viene definita, poi, tensione nominale verso terra: nei sistemi trifasi con neutro isolato o con neutro a terra, attraverso impedenza, la tensione nominale; nei sistemi trifasi con neutro direttamente ed efficacemente a terra, la tensione stellata corrispondente alla tensione nominale; nei sistemi monofasi, o a corrente continua, senza punto di messa a terra, la tensione nominale; nei sistemi monofasi o a corrente continua, col punto di mezzo a terra, la metà della tensione nominale. In relazione alla loro tensione nominale i sistemi elettrici vengono suddivisi in categorie, e più precisamente si suddividono in: sistemi da categoria 0, quelli a tensione nominale minore o uguale a 50 V, se a corrente alternata, 120 V se a corrente continua, (non ondulata); sono unificati i seguenti valori di tensione di tensione: 6 V, 12 V, 24 V e 48 V; per impianti di segnalazione, comando ed emergenza. Sistemi di categoria I, quelli a tensione nominale da oltre 50 V fino a 1 000 V compresi, se a corrente alternata, o da oltre i 120 V fino a 1 500 V, se a corrente continua; per impianti di distribuzione in bassa tensione civile ed industriale ; sono unificati i seguenti valori di tensione nominale: 60 V, 80 V, 110 V, 220 V, 440 V per la corrente continua; 60 V, 80 V, 127 V, 220 V per la corrente alternata monofase; 48/85 V, 127/220 V, 220/380 V, 500 V, 660 V, 1 000 V per la corrente alternata trifase; in particolare i valori 380 V, 500 V, 660 V e 1 000 V sono solo industriali, mentre per usi civili si usa solo la tensione monofase a 220 V. Recentemente la norma CEI 8-6 ha fissato dei valori leggermente diversi, ai quali ci si dovrà uniformare entro il 2003: - 230 V fra le fasi per le reti trifasi a 3 conduttori; - 230 V fra la fase e neutro e 400 V fra le fasi per le reti trifasi a 4 conduttori. Non compare più, tra i valori normalizzati, la combinazione 127/220 V. sistemi di II categoria, quelli a tensione nominale oltre 1 000 V se a corrente alternata, o oltre 1 500 V se a corrente continua, fino a 30 000 V compresi; per impianti di distribuzione secondaria, sono unificati i seguenti valori di tensione per la corrente alternata trifase: 3,6 kV, 10 kV, 15 kV ( non preferenziale in sede internazionale), 20 kV, 30 kV; i valori 3kV e 6kV trovano prevalentemente impiego nella distribuzione di aziende industriali o per alimentazione di grossi carichi di utenza. 13 Sistemi di III categoria, quelli a tensione nominale maggiore di 30 000 V; sono unificati i seguenti valori di tensione nominale: 66 kV e 132 kV ( secondo livello di tensione, da utilizzarsi per le linee di distribuzione primaria), 220 kV e 380 kV ( primo livello di tensione, da utilizzarsi per le linee di trasmissione ). E’ importante far notare che il DPR 547/55, che si occupa di sicurezza di lavoro, è stato emanato precedentemente alla normalizzazione ora introdotta, ma conserva la sua validità a livello legale, distingue tra BASSA TENSIONE, ( comprendente i sistemi fino a 400 V in alternata e fino a 600 V in continua ), ed ALTA TENSIONE ( comprendente tutti i sistemi a tensioni superiori ). Tuttavia, in linea generale, gli impianti eseguiti secondo le norme CEI soddisfano le disposizioni di legge per la sicurezza del lavoro. Alcuni esempi importanti di sistemi elettrici, nell’ambito di un impianto più complesso, sono: Il sistema di alimentazione dei servizi di sicurezza, che è inteso a garantire l’alimentazione di apparecchi utilizzatori o di parti dell’impianto necessari per la sicurezza delle persone. Il sistema include la sorgente, i circuiti e gli altri componenti elettrici. Il sistema di alimentazione di riserva, che è inteso a garantire l’alimentazione di apparecchi utilizzatori o di parti dell’impianto per motivi diversi dalla sicurezza delle persone. Con alcune sigle particolari vengono designati i diversi sistemi a bassissima tensione: SELV: sistemi a bassissima tensione di sicurezza; ( denominata in passato con la sigla BTS); sono sistemi di categoria 0, che rispondono a particolari requisiti, aventi per fine la sicurezza delle persone contro i contatti diretti ed indiretti. PELV: sistemi a bassissima tensione di protezione, analoghi ai precedenti, ma in cui devono essere soddisfatti requisiti in parte simili a quelli del SELV ed in parte diversi. FELV: sistemi a bassissima tensione funzionale, ( denominata in passato con la sigla BTF ); sono sistemi di categoria 0 che non rispondono a tutti i requisiti che caratterizzano i sistemi precedenti. Con il termine, poi di officina elettrica, viene indicato ogni complesso di installazioni che sia contenuto in uno o più locali, oppure in una o più aree all’aperto racchiuse in un’unica recinzione, se le installazioni sono adibite ad almeno una di queste funzioni: produzione, conversione, trasformazione, regolazione o smistamento dell’energia elettrica. Le officine elettriche si distinguono in: Centrali: officine elettriche destinate alla produzione di energia elettrica; Stazioni:tutte le officine elettriche connesse a sistemi di cui uno almeno di III categoria, destinate ad almeno una delle seguenti funzioni: 14 trasformazione, conversione, regolazione, smistamento dell’energia elettrica. Cabine: officine elettriche connesse a sistemi, solo di I o II categoria e destinate ad almeno una delle seguenti funzioni: trasformazione, conversione, regolazione, smistamento dell’energia elettrica. I posti di trasformazione realizzati con apparecchiature prefabbricate, anche se non contenuti in apposito locale od apposita area recintata, sono considerati cabine. Le installazioni su palo di trasformatori e condensatori non vanno considerate come cabine, ma come parte delle linee aeree. Le linee di trasmissione sono le linee di collegamento elettrico fra due o più officine elettriche. Le linee di distribuzione sono le linee di collegamento tra officine elettriche ed impianti di utilizzatori. Queste linee possono essere aeree, montate quindi su sostegni adatti, oppure in cavo, generalmente interrato. Il complesso delle centrali nelle quali viene realizzata la produzione dell’energia elettrica, a partire dalle diverse fonti di energia primaria, costituisce il sistema di generazione dell’energia elettrica. Per l’economia della produzione è necessario che questa, sia concentrata, in grandi centrali con grandi unità generatrici. Il sistema o rete di trasmissione e distribuzione provvede al trasferimento delle potenze prodotte, ai centri di utenza, attraverso successive trasformazioni dei valori delle tensioni, fino ad una distribuzione capillare ai singoli consumatori. In generale si distingue tra: Sistema o rete di trasmissione propriamente detto, composto da una rete di linee ad alta tensione, ( U = 220 – 380 kV ), che trasmettono grandi valori della potenza a grandi aree geografiche, collegando in genere centrali e stazioni. Sistema o rete di subtrasmissione o distribuzione primaria, con valori di tensione relativamente più bassi, ( U = 66 – 132 kV ), che alimenta aree geograficamente più ristrette, collegando generalmente stazioni e cabine. Sistema o rete di distribuzione secondaria, con valori medi di tensione , ( U = 10 – 30 kV ), ed il sistema di distribuzione in bassa tensione, (U = 220- 380 V), che consentono la distribuzione capillare al singolo utente. L’impiego della corrente alternata alla frequenza dei 50 Hz, ( valore unificato in Europa, mentre negli USA viene usato il valore di 60 Hz ), offre la possibilità, mediante i trasformatori, di adeguare la tensione del sistema al valore desiderato. GENERATORI ELETTRICI 15 La produzione dell’energia elettrica non è altro che una trasformazione di altri tipi di energia in energia elettrica. Le macchine destinate alla produzione o generazione elettrica sono detti generatori elettrici. Infatti l’energia non può essere creata, ma deve essere ottenuta per trasformazione da altre forme di energia già esistente, ( processo di conversione ). Le fonti primarie di energia esistenti sono da una parte il sole e le masse di acqua, ( fonti dette rinnovabili in quanto la loro disponibilità viene rinnovata o ripristinata da eventi naturali ), dall’altra parte sono tutti i combustibili tradizionali o nucleari, ( queste fonti sono dette non rinnovabili, in quanto si consumano con il loro utilizzo, esaurendosi ). L’alimentazione elettrica viene assicurata dagli Enti erogatori e distributori dell’energia elettrica; in Italia il principale Ente è L’ENEL. Le centrali elettriche nelle quali viene prodotta l’energia elettrica sono collegate fra loro attraverso la rete di interconnessione. In pratica sono collegate tra loro, anche, le reti delle nazioni confinanti, consentendo lo scambio dell’energia da un paese all’altro; l’energia dunque può essere esportata o importata come un qualsiasi altro prodotto. Le centrali elettriche possono essere di vari tipi. Ne elenchiamo le più importanti: IDROELETTRICHE, dove l’acqua convogliata nel bacino di una diga viene fatta scorrere in un condotto che giunge ad una turbina, alla quale è collegata una macchina elettrica, ( alternatore ), che genera l’energia elettrica. TERMOELETTRICA, nelle quali viene prodotto calore per combustione dei combustibili fossili, ( carbone, petrolio, gas naturali ). Il calore scalda l’acqua, il cui vapore viene convogliato in una turbina alla quale è collegato l’alternatore. GEOTERMOELETTRICHE, che utilizzano vapori d’acqua naturali, come a Larderello. NUCLEARI, o più precisamente, nucleotermoelettriche, nelle quali il calore non viene prodotto da combustibile, ma dalla fissione degli atomi di elementi radioattivi, ( uranio e plutonio ). SOLARI, nelle quali il calore viene prodotto dall’energia solare che raggiunge appositi pannelli. E’ anche possibile convertire direttamente l’energia solare in arrivo in energia elettrica. EOLICHE che sfruttano i fenomeni ventosi. L’energia elettrica prodotta dalle centrali è normalmente in corrente alternata, ed attraverso la rete di distribuzione l’energia elettrica raggiunge i vari impianti. L’energia di tipo chimico può essere sfruttata per generare energia elettrica nelle pile e negli accumulatori, ed in questo caso si tratta di energia elettrica in corrente continua. La differenza consiste nel fatto che i processi elettrochimici che si verificano nelle pile sono irreversibili, cioè le pile non possono essere ricaricate ed 16 impiegate nuovamente, quando hanno consumato l’energia disponibile, mentre negli accumulatori il processo è reversibile, cioè possono essere ricaricati e riutilizzati. In questi generatori spesso si possono collegare più elementi, realizzando una batteria. APPARECCHIATURE DI MANOVRA E LORO UTILIZZAZIONE Un apparecchio di manovra è un dispositivo destinato a stabilire o ad interrompere la corrente in uno o più circuiti. La manovra può avvenire a carico, cioè quando nel circuito è presente una corrente che deve essere interrotta, o quando, chiudendo il circuito, in esso si viene a stabilire una corrente. La manovra può anche avvenire a vuoto, cioè in assenza di corrente, quando il circuito è già interrotto in un altro punto. La differenza tra i due tipi di manovra consiste nella presenza o meno dell’arco elettrico al momento dell’apertura dei contatti. Inoltre tutte le apparecchiature di manovra sono costituite da un contatto fisso e da un contatto mobile. Quello mobile si avvicina al contatto fisso durante la chiusura e si allontana durante l’apertura del dispositivo. Nelle manovre a carico, durante l’apertura dell’interruttore, ( ma anche nella chiusura ), si sviluppa un arco elettrico, per effetto della ionizzazione dell’aria, ed ecco perché l’atto dell’apertura deve essere molto rapido il distacco fra i due contatti; nel caso in cui la tensione risulta molto elevata si interviene anche con opportuni mezzi deionizzanti. Se la corrente è molto elevata il dispositivo può anche fallire nel tentativo di interromperla, e tutto questo avviene soprattutto nel caso di manovre a carico. Se invece le manovre avvengono a vuoto il problema non si pone. In un impianto elettrico si rende necessario, per vari motivi, intervenire sul circuiti interrompendolo. Ciò può avvenire per motivi di sicurezza o per motivi funzionali. L’interruzione per motivi di sicurezza si ha quando debbano essere eseguiti dei lavori sull’impianto o vicino all’impianto ed occorre evitare che si verifichi un contatto degli operatori con le tensioni elettriche. Questo tipo di interruzione prende il nome di SEZIONAMENTO. Il sezionamento deve assicurare che l’intero impianto, o la parte di impianto sulla quale si deve intervenire, sia messo completamente fuori tensione, separandolo da qualsiasi fonte di energia elettrica. In questo modo è garantita la sicurezza delle persone che devono lavorare vicino all’impianto, comunque è sempre necessario eseguire delle prove, con appositi strumenti, che confermino l’assenza di parti in tensione. Ogni impianto nella sua interezza ed ogni ramo di esso devono essere obbligatoriamente sezionabili. L’interruzione per motivi funzionali è quella che avviene nel normale esercizio di un impianto che deve essere azionato e fermato, secondo le necessità, per realizzare lo scopo dell’impianto stesso. Il circuito viene così connesso e disconnesso al resto dell’impianto. Per operare l’interruzione per motivi funzionali si usano gli interruttori di manovra, che sono quegli apparecchi meccanici di manovra destinati 17 a stabilire, portare ed interrompere, correnti in condizioni normali, ma anche in condizioni anormali come nel caso di sovraccarichi. Tra le caratteristiche principali degli interruttori occorre nominare le seguenti. 1I dati nominali ( tensione, corrente e frequenza ), che servono a designare l’apparecchio e a definirne le prestazioni agli effetti dell’ordinazione e del collaudo. 2Il potere di interruzione, che è la più elevata intensità di corrente che l’interruttore è in grado di interrompere nelle condizioni prescritte dalla normativa. In pratica per correnti superiori al potere di interruzione, ( che normalmente è dell'ordine dei kA ), l’interruttore non è in grado di estinguere l’arco. 3Il tempo di apertura e quello di chiusura nominali, ( in secondi ). Nella tabella riporto i principali segni grafici relativi ad apparecchi di manovra e di comando, ( secondo le norme CEI ). Vedi pagina successiva: Contatti a due o tre posizioni N. Segno grafico Descrizione 07 – 02 – 01 Contatto di chiusura NOTA- Questo segno grafico è anche usato come segno generale di interruttore inteso come dispositivo meccanico per chiudere e aprire il circuito. 07 – 02 - 02 N. 07 – 13 – 01 07 – 13 – 02 18 Apparecchi di manovra e di comando Segno grafico Descrizione Usare simboli uguali al 07 – 02 – 01 e al 07 – 02 - 02 Interruttore ( segno generico per ogni dispositivo meccanico che attua la chiusura o apertura di un circuito ). Contattore ( contatto di chiusura ). 07 – 13 – 03 Contattore ad apertura automatica (associato ad un relè di protezione) 07 – 13 – 04 Contattore ( contatto di apertura ) 07 – 13 – 05 Interruttore ( di potenza ) 07 – 13 – 06 Sezionatore 07 – 13 – 07 Sezionatore a due vie e tre posizione con posizione centrale di apertura 07 – 13 – 08 Interruttore di manovra - sezionatore 07 – 13 – 09 Interruttore di manovra-sezionatore ad apertura automatica Un interruttore ad apertura automatica si apre automaticamente quando una certa grandezza caratteristica assume determinati valori. Esso è quindi corredato di un relè di misura o di un dispositivo di sgancio, il cui simbolo viene riportato immediatamente al di sotto del segno grafico dell’interruttore. 19 RELE’ Relè di misura o dispositivo similare (segno grafico di base). Le grandezze caratteristiche ed i simboli complementari debbono essere indicati al posto dell’asterisco nel seguente ordine Grandezza caratteristica e suo modo di variazione; Senso di trasmissione dell’energia; Campo di taratura; Valore di taratura; Rapporto di rilascio ( riarmo); Azione ritardata; Valore del ritardo. U Tensione di guasto a massa U Tensione di guasto a terra Ursd I Tensione residua Corrente di ritorno Id Corrente differenziale In Corrente al neutro In-n P Q -Q Corrente fra i punti neutri di due sistemi polifasi Potenza relativa all’angolo di fase Potenza reattiva La potenza reattiva negativa si indica con il valore opposto indicato In questa tabella sono riportati i simboli delle grandezze caratteristiche che, possono determinare l’apertura automatica di un interruttore. 20 Frequenza f Temperatura o anche t Livello di un fluido Numero di eventi Presenza di una portata fluida Flusso di gas Effetto o dipendenza dal campo magnetico Effetto termico Effetto elettromagnetico Effetto di prossimità Effetto di prossimità per avvicinamento di un magnete Effetto di prossimità sensibile al tocco ( sfioramento ) 21 I sezionatori sono definiti dalle norme CEI (17-11), come apparecchi meccanici di manovra che, per ragioni di sicurezza, assicurano, nella posizione di aperto, una distanza di sezionamento che soddisfa a condizioni specificate. L’interruzione è infatti affidata alla distanza in aria tra i contatti, ( distanza di sezionamento ). La condizione di sezionamento deve essere constatabile visivamente: guardando i contatti si deve possibilmente vedere che sono in posizione di aperto. Questo è senz’altro obbligatorio per le tensioni elevate, mentre per le basse tensioni, se ciò non è possibile, occorre che almeno ci sia un dispositivo indicatore. Un sezionatore deve essere in grado di aprire e di chiudere un circuito, quando la corrente stabilita o interrotta è di intensità trascurabile, più precisamente il sezionatore deve intervenire quando il circuito o l’apparecchio non è in funzione. Non si deve mai sezionare sotto carico. In pratica la differenza fondamentale tra i sezionatori e gli interruttori, è che normalmente i primi possono essere utilizzati quando l’impianto è a vuoto, cioè quando gli utilizzatori non sono inseriti, mentre i secondi possono essere manovrati sempre. Gli interruttori – sezionatori, ( detti anche sezionatori sotto carico ), sono degli interruttori di manovra che possono svolgere anche la funzione di sezionamento, in quanto nella posizione di aperto soddisfano alle prescrizioni delle norme circa la distanza di sezionamento. In bassa tensione non si fa largo uso di sezionatori, comunque in questo caso sono accettabili come dispositivi di sezionamento, oltre ai sezionatori, e agli interruttori – sezionatori, anche altri dispositivi, come le prese a spina, gli interruttori automatici e i fusibili. Naturalmente occorre che questi dispositivi rispondano a certe caratteristiche, ossia siano omnipolari, cioè agire contemporaneamente su tutti i poli e le fasi, e devono essere costruiti in modo tale da prevenire richiusure accidentali per urti o per vibrazioni. I contattori o teleruttori sono dispositivi meccanici ad azionamento non manuale aventi una sola posizione di riposo. Essi devono essere capaci di stabilire, sopportare ed interrompere correnti in condizioni ordinarie e di sovraccarico del circuito. Essi sono progettati per eseguire un alto numero di operazioni. Inoltre, essi sono caratterizzati da una serie di contatti principali, ( che sono di solito aperti a riposo ), e dalla presenza di contatti ausiliari, ( che possono essere normalmente aperti o normalmente chiusi ). Il comando del contattore può essere elettromagnetico, ma anche pneumatico ed elettropneumatico. C’è da osservare che l’impiego dei contattori, offre il vantaggio di un comando e di un controllo a distanza, da un punto o da più punti, sfruttando anche i contatti ausiliari è possibile inserire circuiti di allarme, blocchi, segnalazione, ecc. 22 Infine i contattori possono essere trasformati in interruttori di massima corrente, se vengono corredati da opportuni relè termici, elettromagnetici o magnetotermici. In condizioni di funzionamento anormale del circuito, non è sufficiente la presenza di un dispositivo che possa essere azionato manualmente da un operatore, proprio per questo è necessario che l’operazione avvenga automaticamente. Un interruttore automatico è un apparecchio destinato a connettere all’alimentazione un circuito e a disconnetterlo mediante operazione manuale, o ad aprire il circuito automaticamente quando la corrente supera un valore predeterminato. Viene detto sganciatore o dispositivo di sgancio automatico lo sganciatore meccanico, connesso con l’interruttore, che libera gli organi di ritegno e ne permette l’apertura. LA PROTEZIONE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI Gli impianti e le apparecchiature elettriche possono essere danneggiate da due tipi di guasto: Le sovracorrenti sono correnti che superano il valore di corrente per il quale l’impianto è progettato, ( valore di corrente nominale ). Le sovratensioni sono le tensioni che superano il valore di tensione per il quale l’impianto è stato progettato, ( valore nominale della tensione ). Le sovracorrenti possono originarsi per due cause differenti: a) Sovraccarichi: si hanno quando per un qualunque motivo, l’impianto assorbe una corrente maggiore di quella nominale, senza che si sia verificato un qualche guasto. Ciò può avvenire per esempio, per un sovraccarico meccanico, per abbassamento della tensione di alimentazione, per l’interruzione di una fase, per il mancato avviamento di un motore, ecc. In genere l’impianto è in grado di sopportare tale sovracorrente fino a che il riscaldamento dei componenti non assuma un valore pericoloso. Pertanto l’intervento del dispositivo di protezione dovrà avvenire in un tempo più o meno lungo a seconda dell’entità del sovraccarico stesso. 23 b) Corto circuiti: siamo in presenza di un guasto vero e proprio. Questo accade per esempio, quando due conduttori, ( parti attive ), situati a tensioni differenti, vengano a trovarsi a contatto, o per errore di collegamento, o per un difetto di isolamento, o per danneggiamento meccanico del circuito. La corrente in questi casi assume di solito valori notevolmente superiori a quello nominale, ed occorre che un dispositivo di protezione intervenga nel più breve tempo possibile, interrompendo l’alimentazione, per evitare danni maggiori. Diamo anche altre due importanti definizioni, riguardanti le condizioni anomale che possono verificarsi negli impianti elettrici: Con il termine difetto di isolamento viene indicata una condizione difettosa in cui si può venire a trovare l'impianto. Col termine contatto a massa viene indicato che, per un qualsiasi motivo, si è venuto a creare un collegamento tra parti in tensione di apparecchiature elettriche e una massa che non doveva trovarsi in tensione, ( ad esempio una carcassa metallica ). DISPOSITIVI DI PROTEZIONE CONTRO LE SOVRACORRENTI Gli impianti elettrici più pericolosi, nonostante siano i più semplici, sono gli impianti domestici. Questo, perché nella maggioranza dei casi, gli utilizzatori, non hanno conoscenza dei pericoli della corrente elettrica, ed è questo il motivo per il quale avvengono numerosi infortuni. All’inizio di ogni impianto deve essere collocato un interruttore generale omnipolare, inoltre esso deve essere corredato degli opportuni interruttori di protezione contro i cortocircuiti e sovraccarichi. E’ ovvio che questi due tipi di protezione devono essere coordinati fra loro. Possono essere impiegati degli interruttori automatici di massima corrente, ai quali può essere affidato anche, il compito di interruttore generale. In alternativa si possono impiegare dei fusibili, che devono essere installati immediatamente a valle dell’interruttore generale. Qualunque sia la soluzione adottata, questo deve essere in grado di interrompere la massima corrente di corto circuito, che può verificarsi nel punto in cui è installato. I dispositivi utilizzati per la protezione contro le sovracorrenti possono assicurare la protezione, sia contro i sovraccarichi che i corto circuiti, ( sono gli interruttori automatici provvisti di sganciatore di sovracorrente, interruttori combinati con fusibili, fusibili), oppure possono assicurare la protezione, solo contro i sovraccarichi, ( dispositivi di protezione con potere di interruzione inferiore alla corrente di corto circuito ), oppure assicurare la protezione solo contro i corto circuiti, ( da impiegarsi solo quando la protezione contro i sovraccarichi è assicurata con altri mezzi, o possa essere omessa secondo la normativa ). 24 Il RELE’ TERMICO, ha il suo funzionamento legato alle variazioni termiche. Serve per la protezione alle sovracorrenti lievi, che perdurano a lungo nel tempo, dovute a varie cause come, un sovraccarico meccanico, per abbassamento della tensione di alimentazione, per l’interruzione di una fase, per il mancato avviamento di un motore, ecc. Questo relè sfrutta l’incurvamento, normalmente di un bimetallo, cioè di due metalli saldati opportunamente fra loro, ma con coefficienti termici di dilatazione distinti. Questo incurvamento se significativo consente l’apertura o la chiusura di un contatto. Il FUSIBILE ha il compito di interrompere automaticamente il circuito, quando in esso si verificano sovraccarichi e corto circuiti. Ciò avviene attraverso la fusione di una parte del dispositivo e l’estinzione del successivo arco elettrico che si viene a formare o costituire. FUSIBILI ED INTERRUTTORI CON FUSIBILI N. SEGNO GRAFICO DESCRIZIONE 07 – 21 – 01 FUSIBILE ( segno generale ). 07 – 21 – 02 FUSIBILE con indicazione, mediante tratto con spessore maggiore, dell’estremo che rimane in tensione. 07 – 21 – 03 FUSIBILE con percussore. 07 – 21 – 04 FUSIBILE, con percussore e con circuito di segnalazione, a tre morsetti. 25 SOVRATENSIONI Le cause più frequenti di sovratensione sono la commutazione nelle reti di distribuzione, di energia, ( le così dette sovratensioni di manovra ), e le scariche atmosferiche, ( fulmini ). I componenti attualmente impiegati per la protezione contro le sovratensioni sono: Gli SPINTEROMETRI o SCARICATORI. Sono componenti realizzati in vario modo, e al di sopra di certi valori di tensione, innescano una scarica elettrica, comportandosi momentaneamente come dei corto circuiti. Spinterometro ( segno grafico generale ) Scaricatore VARISTORI. Sono delle resistenze NON LINEARI, cioè che non rispettano la legge di OHM, costituite da carburo di silicio, ossido di zinco. La loro caratteristica è quella di diminuire la resistenza all’aumentare della tensione. Sono adatti per proteggere impianti o apparecchi adibiti all’alimentazione elettrica, ma anche in circuiti più complessi. DIODI di SOPPRESSIONE. Non sono altro che dei diodi ZENER veloci, in grado di sopportare senza alcun danno le correnti impulsive. Cenno sui DISTURBI ELETTRICI Il problema dei disturbi elettrici o più precisamente della compatibilità elettromagnetica, ( EMC – Electro Magnetic Compatibility ), sta assumendo una crescente importanza. La EMC si occupa della convivenza degli apparecchi elettrici ed elettronici con l’ambiente elettromagnetico che li ospita. In questo caso occorre intervenire su due livelli: sul controllo delle emissioni e sul controllo delle immunità degli apparati. Ogni dispositivo che, per funzionare, sfrutta l’energia elettrica emette dei segnali elettromagnetici e quindi inquina l’ambiente circostante. Oggi, infatti le NORME impongono un limite all’inquinamento dei diversi dispositivi. L’altro problema è quello della suscettibilità, ossia ogni apparecchio, 26 funzionando in un ambiente inquinato elettromagneticamente, da altri dispositivi, deve funzionare regolarmente, ossia deve essere immune ai disturbi degli altri. Pertanto, oggi ogni apparato deve sottostare a prove di emissione e a prove di suscettibilità magnetica. I principali enti che presiedono la normalizzazione della EMC, sono: L’IEC; Il CENELEC; Il CEI; Gli Enti autorizzati. Infine i DISTURBI vengono, per comodità, classificati in: DISTURBI CONDOTTI, sono i segnali che si possono produrre sotto forma di tensione e correnti non volute, ( ad esempio, a frequenza diversa dalla tensione di alimentazione di rete ). Questi disturbi possono essere raccolti da qualsiasi altro apparecchio connesso alla rete luce. DISTURBI IRRADIATI, consistono in un campo elettromagnetico, non voluto, prodotto dall’apparato o da esso raccolto. SISTEMI TRIFASI I generatori di tensione alternata trifase possono essere schematizzati mediante tre avvolgimenti di statore uguali, posti a 120° elettrici l’uno rispetto all’altro, in detti avvolgimenti sono indotte, per effetto della rotazione tre tensioni sinusoidali Ea, Eb, Ec, uguali fra loro, poste anch’esse a 120° l’una rispetto all’altra. Nell’ipotesi che tali avvolgimenti siano collegati a tre impedenze Z uguali, le correnti che circolano nei corrispondenti circuiti, Ia, Ib, Ic sono uguali fra loro, sfasate di un angolo , ( argomento dell’impedenza Z ), rispetto alle corrispondenti tensioni e quindi poste anch’esse a 120° l’una rispetta all’altra. Un tale sistema si definisce trifase simmetrico equilibrato, inoltre esso può venire scisso in tre sistemi monofasi. La potenza attiva, reattiva ed apparente sono date dalle seguenti espressioni: P = E I cosφ = √ 3 V I cosφ; Q = E I senφ = √ 3 V I senφ; A = S = E I = √ 3 V I. La potenza istantanea trifase che, attraversa una sezione di un sistema trifase è costante, mentre quella che attraversa i tre i singoli sistemi monofasi è pulsante. 27 La potenza istantanea trifase è la somma delle potenze istantanee relative alle tre fasi: p = pa + pb + pc = ea ia + eb ib + ec ic. Tale espressione, ponendo =0 per la tensione ea = 0 , con l’ipotesi che la carico sia induttivo, si può anche scrivere la seguente relazione: p = 3 E I cosφ + ( - EI ) cos ( 2 t - φ ) + (- EI ) cos ( 2 t – 240° - φ ) = 3 E I cosφ . Un sistema trifase di correnti non equilibrato o un sistema trifase di tensioni non simmetrico, si può rappresentare mediante una terna di vettori, ognuno dei quali rappresenta la grandezza sinusoidale della fase corrispondente. Si possono studiare tali sistemi trifasi sulla base delle proprietà di tali terne di vettori. COMPONENTI SIMMETRICI Un sistema di tre vettori qualsiasi Ea, Eb, Ec, si può indicare nel modo seguente: S ( E ) = (Ea, Eb, Ec ). Se la somma dei tre vettori qualsiasi è uguale a zero, il sistema si dice puro, se esso è diverso da zero si dice spurio. Quando il senso ciclico è antiorario la terna costituisce un sistema simmetrico diretto, se il senso ciclico è orario viene costituito un sistema simmetrico inverso. Inoltre, nei sistemi trifasi si può anche considerare, l’operatore vettoriale , che determinano uno spostamento di 120° nel senso antiorario. Si ha quindi: Eb Ea Ec S(Ea) = ( Ea, Eb, Ec ). Una terna simmetrica è un sistema puro costituito da vettori uguali in modulo e sfasati ugualmente fra loro. = ej(2/3) = - ( 1 / 2 ) + j ( √ 3 / 2 ), spostamento di 120° in senso antiorario; ² = ej(4/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ), spostamento di 240° in senso antiorario; -1 = e -j(2/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ), spostamento di 120° in senso orario. 28 Si tenga presente che: 0 = 1; = ej(2/3) = - ( 1 / 2 ) + j ( √ 3 / 2 ), ² = ej(4/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ); 3 = . ² = ej2 = 0 = 1 e se ne conclude che l’operatore ha periodicità 3. Infine, si può osservare che: 1 + + ² = 1 – (1 / 2) + j ( √ 3 / 2 ) – (1 / 2) - j ( √ 3 / 2 ) = 0. In definitiva, un sistema diretto si può così rappresentare: Ed = E3 0Ed = Ed = E1 ² Ed = E2 di conseguenza potremo scrivere, S1(Ed) = ( Ed, ² Ed, Ed ) = ( E1, E2, E3 ) Per altre informazioni rimando ai miei appunti sui sistemi trifasi. LE SOVRATENSIONI Si definiscono sovratensioni le d.d.p che, sono anormalmente elevate rispetto alle tensioni massime di esercizio, previste dagli impianti. Tali d.d.p sollecitano l’isolamento in maggior misura al punto da poterne determinare, in alcuni casi il cedimento, provocando conseguentemente un guasto, con un abnorme flusso di corrente a frequenza industriale, ossia a 50 Hz. Le sovratensioni si possono distinguere in: SOVRATENSIONI TRASVERSALIsi verificano fra due fasi o fra una fase e la terra. Sono pericolose e per le apparecchiature delle STAZIONI e per le LINEE. SOVRATENSIONI LONGITUDINALI- si verificano fra punti di una stessa fase e Sono pericolose per i macchinari, in Particolare per i TRASFORMATORI, perché sollecitano l’isolamento fra spira e spira. Infine, le sovratensioni si possono distinguere a seconda della loro origine in: SOVRATENSIONE ESTERNA e SOVRATENSIONE INTERNE. Le sovratensioni esterne sono dovute a cause esterne agli impianti, e cioè a fenomeni di origine atmosferica. Sono caratterizzate da onde impulsive unidirezionali 29 di breve durata, dell’ordine dei microsecondi, e di ampiezza elevata dell’ordine delle decine o centinaia di kV. Le sovratensioni interne sono dovute a cause interne all’impianto, ( manovre, guasti, fenomeni di risonanza, ecc. ). Esse sono caratterizzate da onde oscillanti assai smorzate, alla frequenza di rete, dell’ordine delle centinaia o migliaia di Hz, assimilabili ad impulsi direzionali di lunga durata, dell’ordine delle centinaia di microsecondi, ( sovratensioni di manovra ), oppure sono caratterizzate da onde oscillanti poco smorzate, o smorzate alla frequenza industriale, assimilabili ad impulsi di lunghezza, dell’ordine delle centinaia di millisecondi, ( sovratensioni sostenute ). SOVRATENSIONI ESTERNE Fra le sovratensioni di origine atmosferica la più pericolosa è la FULMINAZIONE DIRETTA. Il fulmine è sostanzialmente una scarica elettrica, mediante la quale una certa quantità di carica si sposta da una zona all’altra a potenziale diverso. Questa scarica può avvenire, fondamentalmente, in tre modi: a) scarica fra nubi; b) scarica fra due zone della stessa nube; c) scarica fra una nube e la terra, ( in senso discendente o ascendente ). L’ultimo tipo di scarica è indubbiamente il più importante. Il fulmine si forma quando il campo elettrico in qualche punto in prossimità della nube, che generalmente si carica negativamente nella parte bassa, supera la rigidità elettrica dell’aria, provocando una scarica di ionizzazione; dalla nube si proietta verso il basso un canale ionizzato, detto leader, che si propaga a scatti, o a steps. All’avvicinarsi a terra dei leader si può raggiungere in qualche punto, sulla terra stessa, per induzione elettrostatica, un valore di campo elettrico superiore alla rigidità dielettrica dell’aria; si genera allora una scarica di ionizzazione positiva da terra verso l’alto. Pertanto si ha il riversarsi a terra della carica negativa, lasciata da leader, e si genera una scarica diretta da terra verso la nube, ( return stroke ), che è la vera e propria scarica del fulmine, con intensità di correnti molto elevate dell’ordine delle decine di kA e con velocità dell’ordine dei 0,3 c, con c = velocità della luce. Da qui possono procedere altre scariche, negative dalla nube e positive dalla terra. _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ 30 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ propagazione nube alla del leader dalla terra fase iniziale del fulmine + ++ _ _ ++ ++++++ _ _ _ _ _ _ +++++ ++ _ _ scarica verso la partenza da terra +++++ diretta da terra nube del leader ascendente ++ +++ + + +++ + + + + + Nel caso in cui la polarità di carica della nube sia invertita, ossia la parte più bassa si carica positivamente, il leader anziché iniziare dalla nube può iniziare dalla terra, e si ha la cosiddetta scarica positiva. Essa è caratterizzata da un leader ascendente che si propaga a steps, però in genere non si verifica la scarica di ritorno. In questo caso le correnti messe in gioco sono assai più deboli e durano con tempi più lunghi, fino a 0,25 secondi. Sulla base di una serie di dati sperimentali si è potuto dedurre un andamento tipico della forma d’onda, dovuto alle sovratensioni di origine atmosferica. In definitiva, è stato possibile così, normalizzare una forma d’onda, in grado di rappresentare in modo significativo i fenomeni che realmente avvengono. Altri tipi di sovratensioni esterne sono quelle dovute all’induzione elettrostatica, che si formano fra una nuvola ed una linea aerea, per effetto delle cariche elettriche indotte, dopo la scarica del fulmine dalla nube verso la terra. Si hanno poi sovratensioni per induzione elettromagnetica che, si formano per scarica fra due nubi vicine, e perciò nel conduttore di linea posto in vicinanza si inducono degli impulsi di corrente. Entrambe tali sovratensioni non risultano di norma pericolose per le linee ad AT, mentre possono in alcuni casi diventare pericolose per gli impianti di MT e BT. PROVE AD IMPULSO Allo scopo di valutare l’attitudine di una macchina e apparecchiature a resistere alle sollecitazioni di origine atmosferica, è stata definita una prova di collaudo 31 denominata PROVA ad IMPULSO. Questa prova viene eseguita sui principali dispositivi dell’impianto in sede di acquisto. Tale prova consiste nell’applicazione di una forma d’onda, definita 1,2/50 avente, a seconda dei casi, polarità positiva e/o negativa, con la seguente rappresentazione: tensione Vmax Fronte d’onda Coda d’onda T2 origine convenzionale O’ O tempo E’ definito FRONTE D’ONDA, il tratto di curva compreso fra l’inizio dell’impulso ed il valore di cresta. La durata convenzionale del fronte d’onda, indicata con T1, è così definita: T1= 1,67 ( T 0,9 – T 0,3 ), dove T 0,9 e T 0,3 sono i valori dei tempi corrispondenti rispettivamente a: V9 = 0,9 Vmax e V3 = 0,3 Vmax. E’ definito CODA D’ONDA il tratto di curva che segue la cresta, e la sua durata convenzionale, indicata con T2, è definita come l’intervallo di tempo, espresso in microsecondi, tra l’origine convenzionale dell’onda O’ e l’istante in cui la tensione assume la metà del valore di cresta, nella fase decrescente. Per ottenere impulsi di questo tipo occorre disporre di un’apparecchiatura, detta GENERATORE DI IMPULSI, che può essere così schematizzata: S R1 R2 V C1 C2 dove C1 = condensatore caricato alla tensione V di polarità positiva o negativa, S = spinterometro a sfere; R1 = resistenza di fronte; R2 = resistenza di coda, C2 = condensatore al quale deve essere collegato l’oggetto in prova ed in genere il suo valore di capacità è molto inferiore a quella di C1. SOVRATENSIONI INTERNE 32 a) b) c) d) Fra i diversi tipi di sovratensioni di origine interna si possono distinguere: sovratensioni dovute a brusche variazioni di carico; sovratensioni dovute a manovre di interruzione; sovratensioni dovute a guasti verso terra; sovratensioni dovute a fenomeni di risonanza. Il caso a), si verifica di solito quando si ha un distacco del carico, di un generatore. La caduta di tensione sulla sua reattanza sincrona, venendo a scomparire, produce un aumento della tensione ai suoi morsetti dell’ordine del 15% / 20%. Mediante l’impiego di adatti regolatori di tensione si può riportare la tensione al valore normale. Può accadere, poi, che la turbina collegata al generatore, in mancanza del carico, assuma la cosiddetta velocità di fuga; ad esempio per la turbina PELTON ha un aumento di velocità pari all’80% di quella normale, mentre la tensione del generatore aumenta in modo proporzionale al cubo dell’aumento della velocità, e diventa pari a circa 6 volte la tensione iniziale. E’ altresì vero che, i circuiti magnetici saturandosi tendono a limitare detti valori, ma la tensione può anche raddoppiare o triplicare rispetto alla tensione normale di funzionamento. In definitiva occorrono allora, adatti regolatori della velocità delle turbine, e adatti regolatori della tensione, in modo tale da contenere l’aumento della tensione entro limiti accettabili. Il caso b), si verifica ad esempio, a seguito della chiusura di una linea, a vuoto, in corrente alternata ad alta tensione. In questo caso si possono raggiungere valori di tensioni pari a 2,5 volte il valore della tensione nominale di cresta. Il fenomeno oscillatorio si propaga lungo la linea, e per effetto della riflessione, la tensione all’estremità della linea può assumere valori ancora più elevati. Un altro esempio significativo, è quello rappresentato dall’interruzione dei circuiti di tipo capacitivo, quali batterie di condensatori; infatti in questo caso nell’ipotesi di riadescamento dell’arco, si può stabilire un’oscillazione di ampiezza tale da provocare sul circuito, una tensione pari ad oltre tre volte quella di alimentazione. Il caso c), si verifica nei sistemi a neutro isolato. Quando si ha un guasto a terra di una fase, la tensione verso terra di questa si annulla, mentre per le altre due fasi, essa diventa uguale alle tensioni concatenate; il prolungarsi, nel tempo, di tale tensione può, in certi casi, costituire pericolo. Importante In particolari situazioni, quando il guasto verso terra è del tipo intermittente, ovvero si estingue e si riaccende a causa delle oscillazioni fra induttanza e capacità del sistema, si possono avere sovratensioni fino a quattro volte la tensione concatenata. Nel caso d), si può verificare la situazione rappresentata nel circuito di figura: L C con I = E / Z = E / ( √ R² + ( L – 1 / C )² ). R 33 VL VC E Nel caso di frequenza di risonanza, cioè nel caso in cui L = 1 / C si ha che: I = E / R ed è VL = L I = L E / R, e di conseguenza sarà, VL / E = L / R = 1 / C R. Inoltre per un valore di R piccolo il rapporto VL / E diventa assai elevato. Tale fenomeno si presenta, ad esempio, nel caso di un guasto a terra di una linea aerea collegata con una linea in cavo, oppure in caso di interruzione di un conduttore di linea, a seguito dell’interruzione incompleta di un’apparecchiatura di manovra. PROPAGAZIONE DELLE SOVRATENSIONI SULLE LINEE Le sovratensioni si propagano lungo le linee, per effetto dell’induttanza L e della capacità C del circuito, con onde di TENSIONE e di CORRENTE. Nell’ipotesi di linee prive di perdite, la propagazione avviene mediante due onde, una diretta ed una inversa, alla velocità v = 1/ √ LC corrispondente per le linee aeree, alla velocità della luce. Il legame fra le onde di tensione e le corrispondenti onde di corrente è dato dalla I = V/Z0, dove Z0 = l/c è l’impedenza d’ONDA della LINEA, lievemente superiore all’impedenza CARATTERISTICA, ( mediamente 500 per le linee aree, 50 per le linee in cavo e 5000 per gli avvolgimenti dei trasformatori ); tale rapporto ha il segno + per l’onda diretta ed il segno - per quella inversa. Nell’ipotesi di un cambiamento di caratteristiche, ovvero di due tratti di linea, aventi diverse impedenze d’onda Z1 e Z2, collegati in serie in un punto A, si avrà che ogni onda di tensione di ampiezza V1è in parte trasmessa con ampiezza V2 ed in parte riflessa con ampiezza V1r, per cui risulta: A V1r V1 a) b) 34 V2 V1 + V1r = V2 , A ed analogamente per l’onda di corrente si ha : I1 – I1r = I2 A I1r I1 I2 A Ma essendo sempre I1r = V1r /Z1, si ottiene: c) V1/Z1 – V1r/Z1 = V2/Z2 da cui: d) V1 – V1r = V2 . Z1 / Z2. Sommando le equazioni a) e d) si ricava quindi: 2V1 = V2 ( 1 + Z1/Z2 ), ed infine e) V2/V1 = 2 Z1 / Z1 + Z2. Se Z2 Z1 , casi di linea aerea seguita da un trasformatore o di cavo seguito da una linea aerea, si ha : V2 2 V1. Nel caso Z2 Z1, linea aerea seguita da un cavo o linea seguita da un cortocircuito, si ha: V2 0. Nell’ipotesi che l’onda di tensione e di corrente, ( V1 e I1 rispettivamente ), arrivino all’estremità di una linea aperta, trovano Z2 = , per cui si ricava dalle formule e) e f): V2 = 2 V1 I2 = 0. Nell’ipotesi che l’onda di tensione e di corrente arrivino alle estremità di una linea chiusa in cortocircuito, trovano Z2 = 0, per cui risulta: V2 = 0 , I2 = 2 I1. PROTEZIONE CONTRO LE SOVRATENSIONI Si distinguono in protezioni PREVENTIVE, intese a ridurre la probabilità che, tensioni pericolose si manifestino negli impianti; e protezioni REPRESSIVE, intese a eliminare le sovratensioni una volta che si sono manifestate. PROTEZIONI PREVENTIVE Tra le protezioni preventive, atte a prevenire il formarsi di una sovratensione, sono da ricordare: fune di guardia costituita da una corda metallica di solito, di acciaio zincato o in corda bimetallica di alluminio – acciaio, tesa superiormente alle linee elettriche ad 35 alta tensione, allo scopo di attirare su di sé eventuali sovratensioni atmosferiche e proteggendo così, i conduttori sottostanti ad essa. La fune di guardia è disposta in modo che, l’angolo compreso fra la verticale e la retta che unisce, detta fune, con il conduttore più esterno risulti dell’ordine dei 25° 35°. L’impiego della fune di guardia, tesa fra più sostegni, consente altresì di collegare in parallelo le resistenze dei singoli sostegni; adeguata messa terra dei sostegni per ridurre la resistenza di terra dei sostegni si può interrare un conduttore di rame o ferro zincato, a circa un metro sotto la superficie del terreno, disposto ad anello interno al sostegno; eventualmente si dispongono alcuni conduttori intorno al sostegno, infissi ad una certa profondità del terreno. COORDINAMENTO DELL’ISOLAMENTO Nell’ambito della protezione preventiva contro le sovratensione si può intendere per coordinamento dell’isolamento, l’insieme delle attività intraprese per determinare i requisiti richiesti dagli isolamenti del macchinario e delle apparecchiature elettriche. Occorre allo scopo intervenire secondo due direttive: A) costruire macchinari ed apparecchiature in grado di sopportare sollecitazioni dovute a sovratensioni esterne, o interne entro livelli definiti; B) adottare particolari apparecchiature di protezioni e progettare opportunamente gli impianti, in modo tale da mantenere le sovratensioni nei livelli definiti per il macchinario e le apparecchiature. Per livello di isolamento di un macchinario o di un’apparecchiatura, si intende l’insieme dei valori di tensione, ai quali sono eseguite le prove di isolamento in sede di collaudo della fornitura. In particolare si definiscono tali due valori: - tensione a cui è eseguita la prova di tenuta alla frequenza industriale; - tensione ad impulso di forma 1,2/50, ( che è standardizzata ) a cui è eseguita la prova di tenuta ad impulso. Le norme CEI stabiliscono, poi, i livelli di isolamento dei diversi dispositivi . PROTEZIONI REPRESSIVE Le protezioni repressive contro le sovratensioni consistono essenzialmente negli spinterometri e negli scaricatori. 36 SPINTEROMETRI Sono costituiti da due elettrodi metallici, dei quali è in contatto con l’impianto di terra e l’altro con la parte di impianto da proteggere. Inoltre gli elettrodi in questione sono disposti ad una distanza tale che, alla tensione nominale dell’impianto, non possa provocare la scarica. Invece, in presenza di una sovratensione, l’arco si adesca Nell’intervallo d’aria, compreso fra i due elettrodi e la sovratensione è così scaricata a terra. L’arco persiste alla tensione nominale di esercizio e si stabilisce quindi, una condizione di cortocircuito, di conseguenza è necessario fare intervenire gli interruttori, per eliminare il guasto. Proprio per questo inconveniente, gli spinterometri, che pure sono semplici, poco costosi e robusti, sono usati solo per la protezione degli isolatori passanti dei trasformatori, e di catene di isolatori sospesi delle linee aeree AT. SCARICATORI Solitamente si impiegano gli scaricatori a resistenza variabile, che hanno le seguenti caratteristiche: 1. spinterometro di adescamento regolato in modo da consentire la scarica solo al di sopra di determinati valori delle tensioni ad impulso, cioè non interviene alle tensioni di esercizio; 2. dispositivo di spegnimento, in serie con lo spinterometro in grado, di assicurare, l’interruzione della corrente a frequenza industriale che, segue la scarica ad impulso; 3. resistenza variabile con la tensione a caratteristica negativa, ( in resorbite ). Tali resistenze sono dimensionate in modo tale che la caduta di tensione, ( definita tensione residua ), che esse provocano al passaggio della corrente di scarica nominale non superi la tensione massima impulsiva di forma 1,2/50 con il quale si ottiene il sicuro adescamento dello scaricatore, definita tensione di adescamento ad impulso; 4. tensione di innesco a frequenza industriale, ( ossia valore della tensione a frequenza industriale che, applicata ai morsetti dello scaricatore ne provoca l’intervento ), pari ad almeno 1,5 volte la tensione nominale dello scaricatore. Attualmente gli scaricatori sono posti di norma e protezione dei trasformatori AT/AT, lato monte e lato valle, dei trasformatori AT/MT lato AT, nonché delle linee AT. Negli ultimi anni si è andato sempre più estendendo l’impiego di scaricatori, anche, per i componenti di impianto nella MT. 37 Nelle reti di distribuzione rurali si impiegano altri tipi di scaricatori, definiti ad espulsione. Essi sono caratterizzati da uno spinterometro esterno ed uno interno, posto entro un tubo di materiale isolante, che produce dei gas, all’atto dell’innesco di un arco, in modo tale da impedire l’eventuale riadescamento. Il loro uso è limitato per il fatto che hanno un ridotto potere di interruzione. CORRENTI DI CORTOCIRCUITO Si definisce cortocircuito un collegamento anormale a bassa impedenza tra due elementi normalmente isolati. Le correnti di cortocircuito sono quelle che circolano in un dato collegamento o circuito, ed esse devono essere calcolate per i seguenti motivi: - potere dimensionare le apparecchiature,( interruttori ), che devono essere in grado di interrompere tutte le correnti, anche quelle di cortocircuito che si possono avere nel punto di installazione in rete. La conoscenza della corrente massima di cortocircuito, in ciascun punto della rete consente quindi di scegliere l’interruttore adatto; - tarare opportunamente i relè di protezione che, debbono aprire gli interruttori; - valutare se gli sforzi elettrodinamici dovuti a tali correnti sulle sbarre e sul macchinario, degli impianti, siano sopportabili o meno. LE LINEE ELETTRICHE La trasmissione dell’energia elettrica viene effettuata dalla zona di GENERAZIONE alla zona di UTILIZZAZIONE, mediante le linee elettriche, di tipo AEREO oppure con le linee in CAVO. Le linee elettriche aeree sono realizzate mediante conduttori tesi in aria e sostenuti, mediante isolatori, dagli appositi sostegni, ( pali, tralicci, ecc.). A causa della naturale grandezza della campata ed i movimenti naturali dei conduttori, questi si tengono ad una distanza nettamente superiore a quella richiesta dalla rigidità dielettrica dell’aria. Rispetto a terra devono avere un “FRANCO” minimo di sicurezza, nei confronti degli uomini, delle cose e degli animali, che vengono a trovarsi al di sotto di essa. L’isolamento verso terra è garantito proprio dagli isolatori. Le linee aeree sono meno costose di quelle in cavo, ma molto ingombranti e con impatti ambientali non del tutto felici. Inoltre le linee aeree sono soggette alle intemperie atmosferiche e a tutte le sollecitazioni dovute alle condizioni ambientali, ( escursioni termiche, vento, sovraccarichi in peso per neve, ghiaccio, movimenti sismici, ecc. ). 38 Le linee elettriche in cavo, sono caratterizzate dall’avere i conduttori molto ravvicinati fra loro, poiché l’isolamento tra essi e verso terra è garantita da apposito materiale isolante, con elevate rigidità dielettriche, come ad esempio, la gomma, il cloruro di polivinile, carta impregnata in olio, ecc., ne risulta così una struttura molto compatta. I cavi sono dotati di guaine protettive, e si costruiscono per i tipi più diversi di posa: sotterranea, sottomarina, aria. Le linee in cavo sono molto più costose di quelle aeree, ma presentano il vantaggio di essere sottratte a tutte le manifestazione atmosferiche e di permettere l’alimentazione sotterranea delle CABINE e delle STAZIONI. DISTRIBUZIONE La distribuzione dell’energia elettrica è una questione fondamentale, perché coinvolge l’intero ciclo: produzione, trasmissione, e utilizzazione dell’energia elettrica. Per l’utilizzatore la tensione deve essere sinusoidale, cioè a basso contenuto armonico, di ampiezza la più costante possibile ed inoltre, le eventuali interruzioni devono essere le più tollerabili possibili, con il minor costo complessivo. Nel suo complesso la DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica può avvenire secondo le seguenti modalità: radiale, ad anello, a maglia. Nella distribuzione radiale i carichi sono alimentati da un solo lato. Essa può essere una linea senza derivazione, ( detta maglia semplice), oppure con derivazione, ( detta maglia radiale con sviluppo dorsale ). 39 Gli svantaggi di un tale metodo di distribuzione, è che un sistema molto rigido, non si hanno grandi possibilità di ampliamento, ed in caso di interruzione la continuità non è garantita. I vantaggi derivano dal fatto che gli eventuali guasti sono facilmente individuabili, ed infine il costo dell’impianto è relativamente basso, anche perché in caso di guasto i dispositivi di protezione e di manovra, sono poco sollecitati. Nella distribuzione ad anello ogni carico risulta alimentato da due parti, in modo tale che la rete assume una forma chiusa. ( Vedi schema di riferimento nella pagina successiva ) Tale struttura comporta il vantaggio di avere minori variazioni di tensione al variare dei carichi, in quanto la corrente perviene al carico da due parti. Pertanto, per l’utilizzatore si ha una maggiore sicurezza di alimentazione, per contro si ha un maggior costo dell’impianto, una maggiore complessità di calcolo delle correnti di guasto nei vari tronchi dell’anello, e ciò implica una maggiore cura del coordinamento dell’isolamento. Inoltre in detta struttura è necessario prevedere, nelle varie CABINE, di posti di SEZIONAMENTO, per poter staccare dalla rete, il il tronco eventualmente guasto o su cui è necessario eseguire delle manutenzioni. La distribuzione ad anello, migliora sensibilmente se si provvede a collegare tra loro, mediante delle linee, alcuni punti particolari della linea. La struttura così definita si dice distribuzione MAGLIATA. La maglie possono essere più RADE, come ad esempio nella distribuzione pubblica MT o AT, oppure più FITTE, come nella distribuzione di BT. Nelle grandi città o nei centri o reparti industriali, la stessa può assumere una configurazione molto regolare, alimentata in ciascun NODO oppure, soltanto UNO o DUE. Si riducono notevolmente le variazioni di tensione al variare dei carichi e le perdite di energia. Però aumentano le intensità delle correnti di corto circuito e le protezioni devono essere 40 più selettive e di sicuro funzionamento. APPARECCHIATURE ELETTRICHE più importanti Oltre al macchinario costituito da i generatori e dai trasformatori, necessari per fornire l’energia elettrica, ai valori di tensione e di corrente desiderati, e alle LINEE, aventi lo scopo di raggiungere le zone di utenza, un impianto qualsiasi richiede per il suo funzionamento un certo numero di apparecchi elettrici, ne voglio illustrare i più comuni. Gli INTERRUTTORI necessari per la chiusura ed apertura o interruzione di un circuito, sia in condizioni normali di servizio che in condizioni anormali, (ad esempio in caso di corto circuito). L’interruttore è pertanto un apparecchio sia di manovra che di protezione. L’operazione di protezione è automatica, e si realizza introducendo nel circuito degli elementi sensibili alle grandezze di rete, (RELE’). L’interruttore viene installato in vicinanza del macchinario elettrico, alla partenza e/o all’arrivo delle LINEE. I controlli di manutenzione devono essere periodici per il logorio continuo a cui essi sono soggetti. In definitiva lo scopo di un interruttore è quello di consentire l’apertura di un circuito sia in condizione di normale funzionamento, che in condizioni anomale o di GUASTO. Un GUASTO è sempre temibile per la presenza dell’arco elettrico e per la sua rapida evoluzione in corrente di CORTO CIRCUITO. L’aumento delle correnti negli impianti sono dannosi sia per gli utilizzatori che per l’impianto stesso. L’interruttore deve quindi essere corredato da dispositivi tali da trasformarlo, in un’apparecchiatura di PROTEZIONE AUTOMATICA, aventi le caratteristiche di intervento desiderate. Le caratteristiche più importanti sono: TEMPESTIVITA’, ossia devono intervenire al momento opportuno; SELETTIVITA’, ossia devono essere in grado di far escludere agli interruttori, solo la parte guasta dell’impianto. SENSIBILITA’, devono essere in grado di rilevare anche, le più piccole variazioni della grandezza sotto controllo. AFFIDABILITA’, o sicurezza di intervento, e pertanto devono avere 41 un’alimentazione separata da quella di rete. Inoltre, tutti i dispositivi devono essere corredati di una buona PRECISIONE. Tutto questo insieme di dispositivi costituiscono un RELE’, che è un dispositivo sensibile ai corto circuiti, che COMANDA l’apertura dell’interruttore. La classificazione dei RELE’ dipende: a) dal loro tipo di funzionamento: termici, elettromagnetici, a induzione, ecc.; b) dalla natura della grandezza che misura o controlla: relè di corrente, relè di tensione, relè di potenza attiva, relè di impedenza, relè di potenza reattiva; c) sul valore assunto dalla grandezza: relè di massima, relè di minima, ecc., oppure, sulle modalità con le quali agiscono le grandezze: relè differenziale, relè direzionali, ecc.; d) in base al tempo necessario affinché il relè intervenga: relè a intervento istantaneo, o, relè ad intevento ritardato. I SEZIONATORI per realizzare l’interruzione della continuità elettrica di un circuito, tramite l’interposizione di un adeguato spazio d’ARIA, che assicuri VISIBILMENTE l’isolamento del tronco sezionato. In genere, i sezionatori, non sono provvisti di dispositivi spegni ARCO, cioè essi si utilizzano dopo aver aperto l’interruttore del tronco corrispondente. Essi devono essere installati secondo le vigenti NORME di legge. Inoltre è un dispositivo semplice, robusto e sicuro. GLI SCARICATORI per scaricare a terra le sovratensioni impulsive sia dovute a sovratensione di origine esterna che quelle di origine interna o di esercizio dell’impianto o le cosiddette sovratensioni di manovra. Sono dispositivi di protezione, che vanno inseriti tra un punto del circuito a monte del macchinario o di costose apparecchiature e la terra. I CONTATTORI o TELERUTTORI esso è un dispositivo meccanico di manovra, previsto generalmente per un grande numero di operazione, con una sola posizione di riposo, ad azionamento non manuale, ed è capace di stabilire, portare ed interrompere correnti ordinarie del circuito ed in determinate condizioni di sovraccarico. Vogliamo continuare il discorso relativo agli IMPIANTI, partendo da delle constatazioni generali, per poi approfondire alcuni importanti questioni. 42 Ogni giorno in ITALIA ogni abitante richiede circa 10 KWh di energia. Si tenga presente che ai primordi la necessità energetica, era legata solo alla quantità di calorie necessarie alla sopravvivenza di ciascun uomo. In altri termini l’energia è indispensabile per vivere e migliorare le condizioni di vita; infatti per un periodo di ben un milione e 200 mila anni l’homo erectus ha vissuto a livello animale o poco più, senza costruirsi ripari o vestiti e dipendendo dagli animali stessi per tutto quello che gli occorreva. Proprio per questa ragione si ritiene che il fabbisogno energetico fosse limitato alle calorie necessarie giornaliere necessarie alla sopravvivenza, valutate intorno alle 3.000 calorie pro capite. In un anno, il fabbisogno di una persona viene valutato dal prodotto di 365 per 3.000, che fornisce un valore complessivo di 1.095.000 calorie. Sapendo che una caloria equivale a 4,1868 Joule, ciò significa che il fabbisogno energetico pro capite equivaleva a circa 4,6 MJ. Torniamo al conto originario, nel quale affermiamo che per ogni Italiano occorre un fabbisogno energetico di 10 KWh, ossia 10.000 Wh, che equivalgono a 36 MJ al giorno, che per un intero anno equivalgono a circa: 13.000 MJ. A questo punto, basta effettuare il confronto fra il fabbisogno energetico tra l’uomo primitivo e l’uomo moderno. Questo dimostra quanto sia importante la necessità energetica per la crescita non soltanto Nazionale, ma anche Mondiale. Naturalmente l’energia non è gratuita, nel senso che, come tutte le cose di cui c’è scarsità, ha un suo prezzo e non solo in danaro; produrla comporta anche generare qualche fenomeno indesiderato, come occupazione di aree, inquinamento, rumore, disagi, ecc. Ma comporta una notevole quantità di vantaggi, che sono facilmente deducibili dal modo in cui essa viene impiegata. Per rendersene conto basta guardarsi intorno: illuminazione, trasporti, radio, telefoni, elettrodomestici, televisione, elaboratori elettronici, riscaldamento, conservazione, preparazione e cottura di alimenti … TUTTO richiede ENERGIA. Vogliamo ora introdurre i valori medi di potenza di alcuni apparecchi domestici di uso quotidiano, e li riportiamo nella seguente tabella: APPARECCHIO Frigorifero da 130 a 400 litri Lavabiancheria da 3 a 5 Kg. Lavastoviglie Scaldacqua per bagno da 50 a 150 litri Ferro da stiro Stiratrice Condizionatore Cucina elettrica Scaldavivande Tostapane e bistecchiera Frullatore, Radio e T V ( in totale ) Aspirapolvere Lucidatrice POTENZA media in KW. 0,10 0,30 23 2,5 3 0,8 1,5 0,4 0,8 1,2 3 0,4 2 24 0,3 0,5 0,6 0,7 0,5 0,3 0,8 0,5 43 12 Stufa elettrica Le lampade per abitazione a incandescenza o fluorescenti hanno potenze comprese fra i 15 100 W. Per un funzionamento di 4 ore si ha che: E = 4 x 0,060 = 0,24 KWh. Uno scaldacqua di potenza 1,5 KW, in funzione per due ore e mezzo, consuma: E = 1,5 x 2,5 = 3,75 KWh. E così via… In pratica è abbastanza rapido arrivare ad un consumo giornaliero pro capite di 10 KWh. Per curiosità si accenna al fatto che il consumo energetico pro capite di un Americano è due volte e mezzo maggiore di quello Italiano, ossia in America il consumo energetico è di 25 KWh al giorno. LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA Iniziamo con TERMOELETTRICA: lo schema di principio di una turbina a vapore alternatore combustibile caldaia pompa I combustibili possono essere: 44 condensatore CENTRALE SOLIDI NATURALI Carboni fossili, ligniti, torbe, derivanti del legno LIQUIDI ARTIFICIALI NATURALI coke, carbone di legno Petrolio grezzo e derivanti ARTIFICIALI Risultato di sintesi chimiche Idrocarburi naturali, ( metano ). NATURALI GASSOSI ARTIFICIALI Gas di gasogeno, cokeria, ecc. di Ora mostriamo il principio di funzionamento di una CENTRALE IDROELETTRICA. Questo funzionamento lo illustriamo con la seguente figura schematica: pozzo piezometrico diga di contenimento acqua contenuta in un bacino salto geodetico o dislivello condotta forzata turbina di generazione canale di scarico L’acqua contenuta nel serbatoio, attraverso la galleria di derivazione e la condotta FORZATA arriva alla centrale, con un’energia sufficiente a mettere in rotazione le pale della turbina, e quindi viene posto in rotazione l’alternatore. E’ evidente che la potenza di un impianto idroelettrico è direttamente proporzionale al salto disponibile h, ( h = differenza fra il livello del pelo libero dell’acqua nel serbatoio e livello zero della centrale ), e alla PORTATA d’acqua Q in m³ / s. 45 La potenza utile di un impianto idroelettrico si può ritenere uguale a: P = . ( H2O ). Q . h 7 Q h in KW, ritenendo che l’impianto abbia rendimento = 0,72 e ( H2O ) = peso specifico = 9,81 KN / m³, e dove Q è la portata in m³ / s, e h salto in m. Esempio. Se l’impianto idroelettrico ha un salto di 85 m e una portata di 15 m³ / s, genera una potenza elettrica di circa: P 7 Q h 7 . 15 . 85 = 8.925 KW. SICUREZZA ELETTRICA L’energia elettrica è certamente la forma di energia più diffusa ed utilizzata. Risulta davvero difficile immaginare un mondo privo dell’energia elettrica. Nonostante questa notevole diffusione l’energia elettrica è un’amica da trattare con prudenza; infatti essa è anche una delle principali fonti di incidenti, molti dei quali avvengono proprio fra le pareti domestiche. Il contatto con l’elettricità è molto pericoloso, e spesso mortale. L’elettricità non manifesta segni evidenti, ( odore o colore ), e quindi non si è in grado di valutare se una massa metallica è soggetta a TENSIONE, solo osservando la massa stessa. E’ difficile stabilire con esattezza il valore della tensione pericolosa per l’uomo , soprattutto, perché la resistenza dell’organismo umano non è facilmente valutabile. Comunque, la resistenza del corpo umano vale mediamente alcune migliaia di OHM, ma il valore preciso dipende da diversi fattori. I principali fattori che influenzano la resistenza umana sono: a) età, sesso, peso, statura, tipo di pelle, ( fattori biologici ); b) superficie, durata e pressione del contatto, ( fattori casuali ); c) tensione e frequenza, ( fattori elettrici ). La resistenza dell’organismo dipende anche dal percorso seguito all’interno del corpo. La figura mostra i valori relativi della resistenza, espressa in per alcuni percorsi interni al corpo umano. 50 45 100 46 100 In figura si rileva che il percorso da mano a mano ha resistenza pari a 100 . Come si osserva i percorsi che interessano il cuore sono i più pericolosi. In definitiva il valore medio di resistenza per il corpo umano si assume intorno al valore di 2.000 . Sotto questa ipotesi, una tensione alternata di valore efficace pari a 25 V genera una corrente: I = U / R = 25 / 2.000 = 0,0125 A = 12,5 mA. Da una seconda figura è possibile evidenziare che la corrente di 12,5 mA risulta non pericolosa per l’uomo. Sempre da essa si può verificare che le correnti di circa 10 mA rientrano nella fascia non pericolosa. Si può schematizzare in questo modo, uno schema equivalente del corpo umano: mano mano piede piede Le norme CEI stabiliscono che: in condizioni ambientali ordinarie la protezione contro i contatti diretti si ritiene assicurata, anche se le parti attive sono nude, se la tensione nominale non supera i 25 V in corrente alternata e i 60 V in corrente continua non ondulata. Quindi la tensione dei 25 V in alternata viene assunta come soglia di pericolosità della tensione. Proprio per questo molti impianti lavorano con tensioni di 24V o anche inferiori, come ad esempio gli impianti citofonici, le suonerie, le elettro serrature, ecc. Inoltre per questi circuiti le norme prescrivono canalizzazioni, ( cioè tubi di protezione ), distinte da quelle adoperate per gli impianti funzionanti a tensioni superiori. E in casa? Ricordiamo che per gli usuali impianti domestici si utilizza una tensione di 230 V. Pertanto il contatto elettrico, in queste condizioni porta una corrente di : I = 230 / 2.000 = 0,115 A. Ed esso come si vede è un valore di 10 volte superiore al limite considerato non pericoloso. Un tale passaggio di corrente nell’organismo umano può provocare la morte dell’infortunato in pochi decimi di secondo. 47 Osservando la figura di pagina successiva, si nota che, oltre al valore dell’intensità di corrente, conta in modo rilevante anche il tempo di esposizione alla corrente elettrica. Questo significa che una corrente, anche se di valore non elevato, può produrre gravi danni se attraversa il corpo per un tempo sufficientemente lungo. Di conseguenza, nel progettare i dispositivi di sicurezza, è importante stabilire con accuratezza sia il limite massimo della corrente, cioè la soglia di intervento sia il tempo di intervento, in modo tale che il prodotto corrente per tempo di esposizione non risulti pericoloso per l’uomo. Si vuole sottolineare il fatto che la pericolosità per l’uomo non dipende dal valore della d.d.p applicata, ma da quello dell’intensità di corrente che attraversa il corpo, ed insieme: dal percorso che la corrente segue dentro il corpo; dalla durata del passaggio di corrente; dalla fase cardiaca nel momento in cui inizia la scarica elettrica; dalle condizioni fisiche generali dell’infortunato. durata in ms 10000 5000 1 2 3 4 intensità corrente in mA 0,1 0,2 0,5 1 La zona La zona 1 2 5 10 100 200 500 1000 2000 5000 è la zona in cui si ha assenza di effetti percepibili; è la zona in cui si hanno effetti fisiologici non dannosi; La zona 3 è la zona in cui si hanno effetti fisiologici importanti, come l’arresto cardiaco, o l’arresto respiratorio, crampi muscolari, ma in genere questi effetti sono reversibili; la zona 4 in cui si hanno effetti fisiologici molto gravi, come l’arresto respiratorio e la fibrillazione cardiaca, ma in questo caso gli effetti possono anche essere non reversibili. 48 Valore della corrente Effetti prodotti Da 0 a 0,5 mA Nessuna sensazione Da 0,5 a 1 mA Debole percezione o nessuna Da 1 a 2 mA Scossa non dolorosa Da 3 a 10 mA Scossa dolorosa Da 10 a 16 mA Possibile perdita di controllo dei muscoli Da 16 a 30 mA Graduale irrigidimento dei muscoli Da 30 a 50 mA Oltre i 75 mA Possibile alterazione profonda del ritmo cardiaco Soglia di fibrillazione cardiaca 250 mA Fibrillazione cardiaca grave 4A Soglia di paralisi cardiaca Oltre i 5 A Gravi ustioni dei tessuti organici TIPI DI CONTATTO ELETTRICO I contatti con elettricità possono essere di due tipi: contatto diretto, quando avviene con una parte metallica dell’impianto normalmente in tensione, ( cavi, prese, cassette di derivazione, ecc.); contatto indiretto, quando avviene con parti metalliche che, normalmente non sono in tensione, per esempio gli involucri degli elettrodomestici, ma che vanno in tensione a causa di un guasto. Il contatto indiretto, proprio perché si verifica con parti normalmente innocue, può risultare più pericoloso in quanto coglie la persona del tutto impreparata. La maggior parte degli incidenti domestici avviene proprio in questo modo. I contatti diretti possono essere evitati curando l’isolamento e la manutenzione dell’impianto, inoltre le NORME CEI stabiliscono che: Le parti attive devono essere completamente ricoperte con un isolamento che possa essere rimosso solo mediante distruzione. Si ricordi che per PARTI ATTIVE si intendono tutte le parti metalliche normalmente in tensione durante il funzionamento, ed inoltre se per usura o logorio anche detto isolamento cede si deve prevedere l’impiego di un interruttore differenziale. SERVE UNA CULTURA DELLA PREVENZIONE 49 Da quanto detto risulta evidente come sia pericolosa l’energia elettrica e come noi TUTTI dobbiamo uniformarci alle regole stabilite per la SICUREZZA ELETTRICA. I costruttori e gli installatori di impianti e dispositivi elettrici devono scrupolosamente attenersi ed applicare le vigenti normative stabilite per la SICUREZZA ELETTRICA. C’è da osservare che: nessuna norma, per quanto accuratamente studiata , può garantire in modo assoluto l’incolumità delle persone, degli animali e delle cose dai pericoli dell’energia elettrica. Ecco perché deve nascere una cultura basata sulla prevenzione, basata nel assumere un atteggiamento ed un comportamento, nei confronti dell’energia elettrica, tali da evitare di esporre sé stessi e le alte persone a rischi tanto gravi. Bisogna saper che i dispositivi ci aiutano allo scopo, ma non danno sicurezza assoluta, come già si è detto. Anche l’utente quindi deve adottare atteggiamenti responsabili, tali da non mettersi in condizioni di pericolo. Facciamo alcuni esempi su comportamenti da evitare nel modo assoluto: - effettuare qualunque intervento di manutenzione, senza staccare l’interruttore generale; sostituire un fusibile con uno per correnti superiori o addirittura con un pezzo di filo di rame; impiegare dei materiali elettrici vecchi, ossia non più a norme; installare dei collegamenti volanti o comunque improvvisati, soprattutto in ambienti frequentati da bambini; usare elettrodomestici con cavi vecchi e deteriorati; staccare una spina tirandola per il cavo; asciugarsi i capelli in un ambiente saturo di umidità o, peggio ancora immersi in una vasca da bagno; sovraccaricare una presa di corrente collegando troppi utilizzatori, fare pertanto attenzione alle “ciabatte ”, toccare dispositivi e apparecchiature elettriche con le mani bagnate. L1 L2 L3 N PE 50 CONTATTO DIRETTO RB RE L’IMPIANTO DI TERRA Perché quando tocchiamo un conduttore in tensione prendiamo la scossa? La risposta è abbastanza semplice, perché mediante il nostro corpo mettiamo in contatto il punto in tensione con il terreno. In sostanza il nostro corpo si comporta come un filo che, permette il passaggio di corrente fra l’oggetto in tensione ed il terreno. Tutto questo non si verificherebbe se toccassimo il conduttore con un bel paio di guanti isolanti oppure calzando scarpe di gomma, perché in questi due casi il circuito di collegamento verso terra sarebbe interrotto. Vogliamo una prova di quest’affermazione? Basti guardare la fila di uccellini che tranquillamente si posa sui fili dell’alta tensione. Se bastasse il contatto con un punto in tensione essi si dovrebbero disintegrare. Invece non succede nulla, perché essi non toccano il terreno o il traliccio. Quindi il terreno si comporta come conduttore, in modo più o meno spiccato, a seconda della sua caratteristica o natura o composizione. Questa caratteristica del terreno se da un lato può essere pericolosa per l’uomo, dall’altro può essere utile per realizzare degli efficaci sistemi di protezione, mediante la realizzazione del così detto IMPIANTO di TERRA. In pratica l’impianto di terra ci occorre per disperdere le correnti pericolose. L’impianto di terra è obbligatorio e le sue modalità di realizzazione sono definite da precise disposizioni di legge. L’impianto di terra è il metodo di protezione più comunemente utilizzato contro i contatti indiretti, ed è il solo ammesso per gli impianti elettrici alimentati con tensioni alternate superiori a 50 V. Per impianto di terra si intende l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei conduttori di protezione e dei conduttori equipotenziali. 51 Il momento migliore per realizzare un impianto di terra è durante lo scavo delle fondazioni dell’edificio. Un impianto realizzato in questa fase offre il vantaggio di poter essere immediatamente utilizzato dai macchinari del cantiere e di consentire il collegamento con i ferri d’armatura. Elenchiamo di seguito i componenti principali di un impianto di terra: il dispersore, è un corpo metallico o un insieme di corpi metallici messi in contatto col terreno; il conduttore di terra che collega i dispersori al collettore principale o nodo principale; il conduttore di protezione che collega le masse al collettore; i conduttori equipotenziali che collegano al collettore tutte le masse metalliche comunque accessibili, ( tubazioni idrauliche, tubazioni del riscaldamento, del gas, ecc. ). COME SI REALIZZA UN IMPIANTO DI TERRA I dispersori devono essere collegati, tramite i conduttori di terra, ad un collettore equipotenziale principale, al quale fanno a capo anche i conduttori di protezione ed i conduttori equipotenziali. Per conduttore equipotenziale si intende un conduttore avente lo scopo di portare allo stesso potenziale le masse e/o le masse estranee, vedi la figura di riferimento: massa conduttore di protezione elettrica ( PE ) Massa metallica acqua tubature conduttore equipotenziale principale ( E. Q. P ) EQS gas collettore o Nodo principale di terra 52 dispersore artificiale ( DA ) conduttore di terra ( CT ) dispersore di fatto ( DN ) I DISPERSORI I dispersori possono essere INTENZIONALI o di FATTO. I primi sono detti anche artificiali, perché si tratta di picchetti piantati appositamente nel terreno, vedi figura. I dispersori di fatto o naturali sono invece ottenuti sfruttando corpi metallici già esistenti ed infissi nel terreno, per altre ragioni, come ad esempio il metallo presente nel cemento delle fondamenta di un edificio. Le figure seguenti mostrano come si realizzano gli impianti di terra, con particolare riguardo al punto di collegamento di più dispersori. pozzetto CONDUTTORI di PROTEZIONE I conduttori di protezione collegano le masse all’impianto di terra. Le loro dimensioni vanno misurate con la sezione del conduttore di fase della linea corrispondente. 53 Tutti i ferri sono collegati fra loro. Il collegamento si esegue con una piattina. Vi sono dei morsetti A compressione. Sezione dei conduttori di fase S (mm²) Sezione minima del corrispondente conduttore di protezione Sp (mm²) S 16 oppure S = 16 Sp = S 16 S 35 o anche quando S = 35 Sp = 16 S 35 Sp = S/2 Mettiamo in evidenza la prescrizione una prescrizione molto importante: nel caso di impiego di un conduttore di protezione comune a più circuiti , la sezione di questo deve essere riferita al conduttore di fase di sezione maggiore. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE IN BASE ALLE MODALITA’ DI COLLEGAMENTO A TERRA In relazione allo stato del NEUTRO e la messa a terra delle masse, i sistemi elettrici sono caratterizzati da due lettere: 1) la prima lettera individua lo stato del NEUTRO; 2) la seconda lettera ci indica la situazione delle MASSE. Esempio il sistema TT, ha il neutro messo direttamente a terra e le masse metalliche sono anch’esse poste a terra con un impianto completamente distinto da quello del neutro. Il sistema IT ha il neutro isolato e le masse collegate a terra, mentre il sistema TN ha il neutro a terra e le masse collegate al neutro. Il sistema TN ha, inoltre, diverse configurazioni. In definitiva i sistemi a corrente alternata vengono classificati in base alla modalità di collegamento a terra dei conduttori attivi e delle masse metalliche. La classificazione secondo le Norme, 64 – 8, è costituita da due lettere, la prima lettera esprime la situazione del sistema di conduttori rispetto terra, ed in genere può essere T in cui il sistema di conduttori è collegato a terra in un punto, che in genere è il neutro, oppure, può essere I, in cui i sistemi di conduttori sono isolati da terra oppure il collegamento a terra è in punto, ( che in genere è sempre il neutro ), per mezzo di un’impedenza, mentre la seconda lettera esprime la situazione delle masse metalliche rispetto a terra, ed anche in questo caso la lettera può essere T, che 54 indica che le masse sono collegate a terra, oppure può essere N che indica che le masse sono collegate a terra in un punto che in genere è il neutro. Si possono avere quindi le seguenti configurazioni: TT L1 L2 L3 N PE IT L1 L2 L3 N PE TN–C L1 L2 L3 PEN 55 TN–S L1 L2 L3 N PE Dalle configurazioni introdotte si capisce che nel caso del sistema T T si ha un punto direttamente collegato a terra e le masse dell’installazione sono collegate ad un impianto di terra, indipendentemente da quello del sistema elettrico. Il sistema I T non ha parti attive collegate a terra, mentre le masse elettriche sono collegate a terra. Si osserva infine che, il sistema T T si sceglie, quando la cabina di trasformazione non è controllabile dall’utente, mentre negli altri casi è impiegabile il sistema T N. Il sistema T N ha un punto direttamente collegato a terra e le masse dell’installazione sono collegate a quel punto per mezzo del conduttore di protezione elettrica PE. Nel caso del sistema T N – C la funzione del neutro N e la funzione di protezione elettrica PE sono combinate in un unico conduttore, ossia il PEN, mentre nel sistema T N – S i due conduttori, ossia il neutro ed il conduttore di protezione elettrica sono separati. Esiste anche il sistema TN – C – S in cui le funzioni del neutro e di protezione elettrica, parte sono combinate in un unico conduttore e parte sono separate. CLASSIFICAZIONE DEI SITEMI DI DISTRIBUZIONEIN BASE AI VALORI DI TENSIONE Le norme CEI 64-8 distinguono, come noi sappiamo gli impianti in quattro categorie a seconda dei valori delle tensioni nominali ed in ordine crescente per quanto riguarda il rischio. Tensioni Alternate Tensioni Continue Categoria 0 Categoria 1 Categoria 2 Fino 50 Volt Fino 1.000 Volt Fino 30.000 Volt Categoria 0 Categoria 1 Categoria 2 Fino 120 Volt Fino 1.500 Volt Fino a 30.000 Volt Categoria 3 Oltre 30.000 Volt Categoria 3 Oltre 30.000 Volt Inoltre c’è da ricordare che gli apparecchi elettrici sono raggruppati in tre classi in base al tipo di isolamento: classe I – apparecchi dotati di isolamento principale e la cui massa è munita di un 56 morsetto dove collegare il conduttore di protezione; classe II – apparecchi con isolamento doppio o rinforzato; classe III- apparecchi con alimentazione in bassissima tensione di sicurezza. Vogliamo infine ricordare la definizione delle NORME relative alla TENSIONE di CONTATTO e di TENSIONE di PASSO. Si definisce tensione di contatto Vc la tensione alla quale può essere soggetto il corpo umano in seguito al contatto con le parti metalliche degli impianti o degli apparecchi utilizzatori le quali accidentalmente, per difetto di isolamento o per altre cause, vengono a trovarsi sotto tensione. Si definisce tensione di passo Vp la tensione che durante il funzionamento di un impianto di terra o di un qualsiasi conduttore in tensione, posto nel terreno, può risultare applicato tra i piedi di una persona a distanza di passo. Si osservi la seguente figura di riferimento: Vc Vp INTERRUTTORE DIFFERENZIALE ( cenno ) Gli interruttori differenziali hanno lo scopo di proteggere le persone contro i pericoli dei contatti indiretti. La protezione differenziale può funzionare correttamente solo se tutte le parti metalliche degli utilizzatori sono collegate a terra. In altri termini è essenziale il coordinamento della protezione differenziale con l’impianto di messa a terra. In commercio sono disponibili interruttori differenziali con soglie di intervento pari a 10 mA e 30 mA, detti differenziali ad alta sensibilità. L’impiego di questi dispositivi è obbligatorio in tutti gli ambienti frequentati da persone non esperte sui pericoli della corrente. 57 I CAVI I cavi elettrici per il trasporto di energia possono essere classificati a seconda : del materiale conduttore, ( rame, alluminio ); della formazione del conduttore, ( conduttore a filo unico, corda rigida, corda flessibile, ecc. ); del materiale isolante impiegato, ( polivinilcloruro, gomma sintetica, elastomero reticolato speciale, ecc. ); della presenza o meno della GUAINA; del tipo di materiale isolante impiegato per la GUAINA, ( PVC, policloroprene, termoplastica speciale, ecc. ). Le norme CENELEC impongono la designazione dei cavi attraverso delle opportune sigle: H ARMONIZZATO; A AUTORIZZATO; N NAZIONALE; 03 Tensione Nominale U0 / U = 300 / 300 V; 05 Tensione Nominale U0 / U = 300 / 500 V; 07 Tensione Nominale U0 / U = 450 / 750 V; 1 Tensione Nominale U0 / U = 0,6 / 1 KV; V POLIVINILCLORURO o PVC; R Gomma Sintetica; G9 Elastomero Reticolato Speciale; N POLICLOROPRENE; -U Filo Unico; -R Corda Rigida; -K Corda Flessibile per posa FISSA; -F Corda Flessibile per servizio MOBILE. ESEMPI 58 Un cavo con sigla H07V –K è un cavo armonizzato, con rapporto U0 / U = 450 / 750 V, con isolamento in PVC, e struttura in corda flessibile adatto per posa fissa. H07RN – F è, invece, un cavo armonizzato con rapporto U0 / U = 450 / 750 V, con isolamento in gomma sintetica e guaina in policloroprene, e con struttura flessibile adatto per servizio mobile. N07G9 – K è un cavo nazionale con U0 / U = 450 / 750 V, isolato con un elastomero reticolato speciale, con struttura flessibile adatto per posa fissa. I tipi più comuni di cavo sono: H05V – U, armonizzato, con U0 / U = 300 / 500 V, con isolamento in PVC e filo unico; oppure l’H05V – K, armonizzato con U0 / U = 300 / 500 V, con isolamento in PVC, in corda flessibile adatto per posa fissa. Senza entrare in dettaglio dei numerosi tipi di cavo presenti sul mercato, descriviamo alcuni cavi di tipo più comune, inteso come più comunemente impiegati, rimandando ai cataloghi e ai manuali delle case costruttrici le descrizioni più dettagliate. I cavi H05V – U e HO5V – K, sono cavi a filo unico ( U ), o a corda flessibile ( - K ), armonizzati, con rapporto U0 / U = 300 / 500 V e con isolamento in PVC. Per il primo tipo di cavo, l’impiego è relativo a installazione fissa protetta all’interno di apparecchi, su ed entro lampadari. Sono ammissibili anche per installazione entro tubi in vista o incassati, ma soltanto per i circuiti di segnalamento. Per il secondo tipo l’impiego è per installazione interna a tubazioni in vista o incassate. Non sono ammissibili per installazioni su passarelle, entro canalette, ecc, salvo che si tratti di canalette di materiale plastico con coperchio. Per quanto riguarda i cavi visti, H05V – U e HO5V – K, per quanto riguarda il comportamento in caso di incendio, sono ANTIFIAMMA; i cavi antifiamma considerati singolarmente propagano il fuoco e si estinguono in breve tempo ed a distanza limitata dal punto in cui è stata applicata la fiamma. Se però i cavi antifiamma vengono raggruppati in FASCI, ( e nella pratica è quasi sempre così ), possono diventare con facilità propagatori dell’incendio. Inoltre i cavi antifiamma durante la combustione emettono dei gas tossici per l’uomo e corrosivi per le apparecchiature. Nei locali pubblici, ( cinema, discoteche, scuole, ospedali, teatri, ecc. ), e in molti ambienti industriali, ( industrie cartarie, raffinerie, ecc. ), è necessario impiegare cavi che abbiano i seguenti requisiti: Non devono propagare l’incendio neanche se sono installati in fasci; Non devono emettere gas corrosivi; Non devono emettere fumi opachi, i fumi opachi impediscono la visibilità delle uscite di sicurezza, delle segnalazioni, ecc. Non devono emettere gas tossici. Un cavo che possiede i quattro requisiti precedenti è denominato cavo non propagante l’incendio. Il cavo N07G9 – K , ossia il cavo Nazionale, con rapporto U0 / U = 450 / 750 V, isolato con un elastomero reticolato speciale, a corda flessibile , adatto per posa fissa, è un esempio di cavo non propagante l’incendio. Infatti anche se questo tipo di cavo è raccolto in FASCI, durante l’eventuale combustione, emettono una quantità ridottissima di gas tossici e corrosivi e fumi trasparenti. La denominazione commerciale dei cavi non propaganti l’incendio è “ cavi AFUMEX ”. 59 Comunque in caso di incendio devono essere garantiti i seguenti servizi di sicurezza: illuminazione, segnalazione delle uscite di emergenza , elettropompe antincendio, ecc. Pertanto l’alimentazione di questi servizi deve essere assicurata mediante dei cavi resistenti al fuoco, che in caso di fenomeni di incendio possano assicurare, per un determinato tempo, il normale funzionamento. La denominazione commerciale di questi cavi è RF31, dalle tabelle PIRELLI. I TUBI PROTETTIVI E LA POSA DEI CAVI I cavi di un impianto elettrico possono essere posati in diversi modi a seconda del tipo di impianto e dell’ambiente di installazione. La posa in vista con cavo aggraffato a parete o sospeso a fune senza tubo protettivo, presuppone l’impiego di cavi con guaina e possibilmente, armati con nastri di acciaio per resistere alle eventuali sollecitazioni meccaniche. Tali tipo di posa trova impiego nelle miniere e negli impianti agricoli. La posa in vista con cavi flessibili senza guaina, posati entro tubi protettivi rigidi fissi a parete, trova largo impiego in tutti gli ambienti industriali e in magazzini, cantine, solai, ecc. Il tubo protettivo rigido viene realizzato con materiale isolante termoplastico in due tipi fondamentali: Tipo pesante; Tipo leggero. INTERRUTTORI MAGNETOTERMICI E FUSIBILI ( cenno ) Un impianto elettrico deve essere protetto dai danni, che possono derivare, da un cortocircuito, ( contatti accidentali fra parti a tensioni distinte o contatti a bassa impedenza ), o dai sovraccarichi, ( collegamento contemporaneo di più apparecchi utilizzatori ). In entrambi i casi i CAVI si riscaldano eccessivamente e se non si interviene con i dispositivi di sicurezza, cioè con gli interruttori magnetotermici e i fusibili, questo aumento abnorme di temperatura può produrre danni a cose e a persone di estrema gravità. In definitiva i dispositivi impiegati per la protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti sono: gli interruttori automatici magnetotermici; i fusibili. Gli interruttori magnetotermici, in caso di sovraccarico aprono automaticamente il circuito in un tempo tanto più breve quanto più è elevata la corrente di sovraccarico, mentre in caso di cortocircuito, aprono automaticamente il circuito in un tempo estremamente breve, dell’ordine di un centesimo di secondo. I magnetotermici devono essere installati all’inizio dell’impianto, immediatamente a valle del contatore di energia, in appositi centralini, e a monte di ogni presa a spina, destinati ad un utilizzatore con potenza uguale o superiore a 1KW. 60 Spesso i magnetotermici sono accoppiati ad uno sganciatore differenziale per la protezione contro i contatti diretti ed indiretti. In caso di sovraccarico o di cortocircuito, il tasto nero si alza, mentre il blu rimane abbassato, mentre nel caso di dispersione a terra il tasto blu si alza ed il tasto nero rimane abbassato. I fusibili sono costituito da un tratto di conduttore, ( argento, leghe di piombo – stagno, in filo a piattina ), di sezione ridotta, messo in serie con il circuito da proteggere, e quindi percorso dall’intera corrente del circuito che deve proteggere. Quando la corrente supera un determinato valore il tratto conduttore del fusibile, raggiunge la fusione, interrompendo di fatto il circuito. I fusibili se scelti opportunamente assicurano la protezione dal sovraccarico e dal cortocircuito, con costo inferiore ai magnetotermici. Inoltre in caso di intervento il circuito può essere ripristinato sostituendo i fusibili bruciati, con fusibili integri, aventi però la stessa portata di quello sostituito. I fusibili dal punto di vista commerciale possono essere di forma cilindrica o a coltello. I fusibili di tipo domestico sono solitamente di forma cilindrica, e sono indicati con la sigla FUSIBILI di tipo gF. I fusibili per uso industriale possono essere cilindrici, ( sino a portate di 100 A ), o a coltello, ( per portate superiori ai 100 A ). I fusibili industriali si possono distinguere in due tipi fondamentali: Tipo gL per la protezione delle LINEE; Tipo aM ( accompagnamento motori ), per la protezione dei motori. Per portata o corrente nominale di un fusibile si intende la corrente che il fusibile sopporta in modo continuativo, senza subire deterioramenti e senza superare i limiti di riscaldamento previsti. Inoltre, tanto maggiore è la sovracorrente quanto più sarà minore il tempo di intervento del fusibile. Infine le curve di FUSIONE dei FUSIBILI sono fornite dal costruttore. I RELE’ I relè sono dei dispositivi elettromeccanici, e oggi sempre più spesso elettromeccanici – elettronici, sono largamente impiegati in ogni settore dell’impiantistica civile e industriale. Nella sua forma più semplice un relè è costituito da: un circuito magnetico; una bobina; contatti di commutazione. 61 Il circuito di eccitazione o di comando ( bobina ), è separato elettricamente dai contatti di potenza: è lo schema di principio del relé. La bobina può essere alimentata sia in corrente continua, ( relè in c.c ), sia in corrente alternata, ( relè in c.a ). Il carico comandato dal contatto può essere, in ogni caso, in corrente continua o in corrente alternata. Indicando con Pi la potenza necessaria per eccitare la bobina e con Pu la potenza del carico, comandato dal contatto, si ha per: Pu Pi; in altri termini con una potenza piccola si riesce a comandare una potenza elevata. Il relé è perciò un AMPLIFICATORE ELETTROMECCANICO. Si veda la seguente figura: Pi Pu con Pu >> Pi. La potenza necessaria per eccitare la bobina è generalmente di qualche Watt, mentre la potenza che si può comandare, mediante il contatto, può raggiungere anche le migliaia di Watt, ( relè di potenza ). Per comprendere meglio il funzionamento di un relè, facciamo un esempio. Consideriamo un relè con eccitazione della bobina in corrente continua, che comanda un carico in corrente in continua, si veda il seguente schema: + 0,1 A + 12 V I = 10 A 110 V è l’esempio di un relé in continua che alimenta un carico in continua Pertanto, con Vi e Ii indichiamo la tensione di alimentazione e la corrente assorbita dal carico, mentre con Vu e Iu indichiamo la tensione di alimentazione e la corrente assorbita dal carico. In definitiva la potenza di comando o di eccitazione della bobina è: Pi = Vi Ii = 12 . ( 0,1 ) = 1,2 Watt. La potenza comandata dal contatto del relè è: Pu = Vu Iu = 110 .10 = 1.100 Watt. 62 Il GUADAGNO di potenza del relè è : Pu / Pi = 1.100 / 1,2 917. Pu Infine la figura: RR Pi B C Pu rappresenta il relé come un blocco nel quale la potenza Pu può passare dal punto R, ( rete ) , al punto C solo se viene applicata la potenza Pi all’ingresso di comando B, ( bobina ). Le caratteristiche fondamentali di un relè sono: Tensione Vb di alimentazione della bobina; Tensione Vc commutabile dal contatto; Corrente Ic commutabile dal contatto o corrente di apertura; Pc potenza massima commutabile dal contatto, ( per i carichi in c.c, Pc = Vc . Ic ). Vba tensione di attrazione; Vbr tensione di rilascio. I relè vengono costruiti per tensioni di alimentazione della bobina Vb eguale a: 6; 12; 24; 48; 110; 220 volt, sia alternata che continua. Il buon funzionamento del relè è assicurato, generalmente, per TENSIONI di ALIMENTAZIONE della bobina comprese nell’intervallo: ( 0,8 1,1 ) Vb. ESEMPIO Se un relè ha una tensione nominale di alimentazione della bobina Vb = 24 V, il buon funzionamento è assicurato per tensioni comprese: 19,2 V 26,4 Volt. Generalmente, la massima tensione commutabile dal contatto è Vc = 250 V, in modo tale che il relè sia idoneo per comandare carichi alimentati anche alla tensione di rete, 220 Volt alternati. La corrente commutabile, ( corrente di apertura o potere di interruzione ), è la massima corrente che il contatto del relè è in grado di interrompere, senza che l’arco elettrico danneggi il relè stesso; ( Ic quanto più Vc ). I costruttori forniscono la curva di Ic in funzione della tensione Vc; inoltre a parità di Ic, l’arco elettrico è tanto più energetico quanto più è elevata la Vc. 63 Se il carico è in corrente continua la potenza commutabile si ottiene, eseguendo il prodotto della tensione Vc per il corrispondente valore di Ic, ricavato dalla curva Vc – Ic, si veda la figura: Ic ( A ) 10 In 0,4 Vn 250 Vc ( V ) Se è noto il valore Vn, cioè la tensione nominale di alimentazione del carico, è possibile dal grafico Vc – Ic, dedurre il massimo valore della corrente commutabile Ic, in corrispondenza del valore Vn stesso. In conclusione, il relè potrà comandare il carico solo se In, corrente nominale del carico è inferiore a Ic. Se tale condizione non è rispettata bisogna impiegare un relè di portata superiore. Ic ( A ) In In > Ic Si considerino i seguenti esempi: Ic Il relé non è idoneo per comandare il carico alimentato alla tensione Vn, Vc ( V ) perché la corrente In assorbita da Vn esso è maggiore di Ic, che corrisponde alla corrente di commutazione del relé. Questo relé è invece, idoneo a assorbita In, alla tensione Vn è minore di Ic, che è la corrente di commutazione del relé. comandare il carico, perché la corrente Ic ( A ) Ic Ic > In In Vc ( V ) Con i carichi in corrente alternata la corrente di commutazione Ic diminuisce con il diminuire del fattore di carico K, come si vede schematizzato nella seguente figura: 1 K 64 cosφ 1 0,8 0,6 0,4 In base al grafico, noti i valori di Vn e cos si ricavano graficamente i valori di Ic e K, e pertanto risulta possibile determinare la corrente commutabile del relè, come: Ic’ = K Ic. C’è da osservare che per i relè è importante distinguere fra la CORRENTE TERMICA e la CORRENTE di APERTURA. La corrente termica It è la corrente che, può essere portata dal relè, senza che i contatti, in servizio continuo, subiscano dei riscaldamenti eccessivi. La corrente di apertura Ia è la corrente che, il contatto del relè è in grado di interrompere senza che l’arco elettrico distrugga il relè stesso. Si ricorda inoltre che la corrente termica è indipendente dalla tensione di lavoro, dal cos del carico, mentre la corrente di apertura dipende sia dalla tensione Vc che dal cos . Spesso i costruttori indicano il MASSIMO CARICO che il relè è in grado di comandare. La tensione di attrazione Vba di un relè, è la TENSIONE MINIMA che applicata alla bobina determina l’attrazione dell’ancora, e quindi la commutazione dei contatti. Indicando con Vb la tensione nominale della bobina, la tensione di attrazione dei contatti risulta, in genere, uguale a: Vba = ( 0,6 0,8 ) Vb. ESEMPIO: se la tensione Vb è di 24 Volt, ciò comporta che la tensione di attrazione dei contatti è compresa fra: 14,4 19,2 Volt. La tensione di rilascio Vbr è la soglia di tensione al di sotto della quale il relè RILASCIA i contatti, in modo tale che i contatti ritornano alla loro posizione di riposo. A causa del magnetismo residuo la tensione di rilascio risulta uguale, in genere, a : ( 0,2 0,5 ) Vb = Vbr. ESEMPIO: Se Vb è uguale a 24 Volt, la tensione di rilascio risulta compresa fra i 4,8 12 Volt. Comunque attraverso una vite di regolazione è possibile regolare lo spessore del traferro, o modificarlo, e conseguentemente modificare la tensione di RILASCIO, ma in genere NON POTRA’ MAI ESSERE né Vbr MINORE del 10% di Vb, né MAI SUPERIORE al 75% di Vb. Infine a seconda delle modalità di funzionamento del relè, essi si possono classificare in : Relè ciclici o passo – passo; Relè monostabili; Relè bistabili; Relè a tempo o temporizzatori. 65 SEGNI GRAFICI PER I PIANI DI INSTALLAZIONE Lo schema PLANIMETRICO di un impianto elettrico si ottiene riportando su una planimetria dell’edificio, ( scala 1 : 100 oppure 1 : 50 ), i SEGNI GRAFICI che rappresentano: Gli utilizzatori; I punti di comando; I quadri; Gli strumenti; Le condutture. Nel piano di installazione, si veda la figura di riferimento della pagina successiva, i segni grafici corrispondenti alle varie apparecchiature, devono essere posizionati nel punto di effettiva installazione. 66 67 Prima di procedere nel ragionamento sugli impianti, secondo le NORMATIVE attuali, si ricorda comunque che: “ Nessuna norma per quanto accuratamente studiata, può garantire in modo assoluto l’incolumità delle persone, degli animali e delle cose dai pericoli dell’energia elettrica ”. E’ altresì vero che l’adeguamento del progetto alla NORMATIVA è fondamentale. Inoltre, è necessario NON CONFONDERE i problemi di risparmio energetico, con quella dell’esigenza di nuovi futuri carichi, ( estendibilità dell’impianto ). In definitiva l’equipaggiamento principale si deve proporzionale non solo per i carichi attuali, ma prevedendo quello i futuri. Si deve, pertanto, ottimizzare la parte tecnica con quella economica. Concludendo i requisiti fondamentali degli impianti elettrici possono così caratterizzarsi: Sicurezza ed affidabilità; Capacità di ampliamento; Funzionalità; Accessibilità; Flessibilità; Facilità di gestione ed economicità. PRIMA FASE DEL PROGETTO La sequenza operativa per lo sviluppo del progetto della rete di distribuzione interna si può così esemplificare: DEFINIZIONE DEI CARICHI: I carichi in argomento sono quelli per: impianto di illuminazione, legati ai valori di illuminamento; altri apparecchi utilizzatori interni all’unità abitativa o di utilità comune. CIRCUITI SECONDARI: carichi relativi a singoli impianti fissi e non, portate degli interruttori automatici. POTENZA E SERVIZI GENERALI: Definizione della potenza in funzione dei carichi e dei fattori di utilizzazione e di contemporaneità. PROPORZIONAMENTO DELL’IMPIANTO: 68 scelta delle conduttore; definizione delle protezioni. Il punto di partenza del progetto è la conoscenza dei carichi, che rappresenta la base per lo sviluppo del progetto. Il dimensionamento dell’impianto elettrico non può essere eseguito, prendendo come base una potenza di contratto di 3 KW, come normalmente avviene, ma deve essere conforme alle esigenze dei carichi, consentire ampliamenti futuri, continuità di servizio e flessibilità. In definitiva la prima fase del progetto occorre per definire gli elementi occorrenti per il proporzionamento della rete di distribuzione interna. Inoltre nell’ipotesi che il committente non fornisca gli elementi necessari per la definizione dei carichi, per procedere nel progetto occorre: fissare dei valori convenzionali di VA/m² per l’impianto di illuminazione; fissare dei valori convenzionali di VA/m² per gli utilizzatori domestici; fissare le prese da 10 A e 16 A, relative potenze e numero possibile di allaccio nel singolo circuito; fissare il numero dei circuiti secondari; fissare i fattori di utilizzazione e di contemporaneità, in modo tale da potere determinare la potenza di progetto. A valle delle precedenti fasi occorre tenere conto dei vari elementi di verifica: corrente presunta di CORTO CIRCUITO, portata dei cavi e loro K²S²; massima caduta di tensione; corrente nominale degli interruttori o dei fusibili e loro integrale di JOULE. Allo scopo di continuare l’analisi di PROGETTO di un IMPIANTO, ricordiamo alcune definizioni fondamentali: Carico elettrico: si considera come tale, una potenza, attiva o apparente, trasformata o assorbita da una macchina o da un elemento del sistema. Carico Nominale: si intende la potenza attiva o apparente, per la quale una macchina od un elemento di circuito sono stati costruiti o specificati, e che possono sopportare permanentemente per un tempo prestabilito. Quando viene superato il valore del carico nominale si dice che la macchina o l’elemento di circuito LAVORANO in SOVRACCARICO. Carico connesso: si intende la somma delle potenze nominali di tutti gli apparecchi elettrici utilizzatori alimentati dal circuito o dalla rete. Carico continuo: carico relativo al passaggio di una corrente massima per almeno 3 ore. Fattore di carico: rapporto fra la potenza media, in un periodo di tempo, ( ora, giorno, anno ), e la potenza massima. Diagramma di carico: curva che rappresenta la potenza fornita o assorbita in funzione del tempo. 69 Carico normale o ordinario: carico in servizio durante il funzionamento normale, con alimentazione dalla rete. Carico privilegiato: carico in servizio, anche in mancanza di alimentazione dalla rete, in genere non per ragioni di sicurezza, ma per ragioni operative ed economiche. Carico di sicurezza o vitale: carico legato alla sicurezza, necessario per la protezione delle persone e delle cose. Fattore di utilizzazione:rapporto tra la potenza che si prevede l’apparecchio utilizzatore debba assorbire nell’esercizio ordinario, e la relativa potenza nominale o di targa. Fattore di contemporaneità: fattore che, applicato alla somma delle potenze prelevate dai singoli apparecchi utilizzatori, dà la potenza da prendere in considerazione per il dimensionamento dei circuiti. Riprendiamo il discorso relativo alla CLASSIFICAZIONE dei sistemi elettrici, in funzione del loro modo di essere collegati a TERRA. I SISTEMI di DISTRIBUZIONE in BASSA TENSIONE sono classificati in base allo STATO del NEUTRO ed al COLLEGAMENTO a TERRA delle MASSE METALLICHE: sistema TT; sistema TN; sistema IT. Il sistema TT è il sistema in cui la prima T indica lo stato del NEUTRO, dell’impianto di distribuzione; la seconda T indica lo stato di collegamento delle masse metalliche dell’impianto utilizzatore. Pertanto con la dicitura TT si indica che il NEUTRO dell’impianto è collegato a terra, ma anche le MASSE dell’utilizzatore sono collegate a terra, dove l’impianto di terra del neutro è distinto da quello delle masse metalliche dell’utilizzatore. Il sistema TT è utilizzato per la distribuzione dell’energia elettrica in BASSA TENSIONE, alle piccole utenze civili ed industriali. La potenza impegnata da ogni singola utenza è di 3 ÷ 6 KW, ( impianto civile monofase ), o qualche decina di KW, ( impianto trifase di officine elettromeccaniche, ecc. ). Tali utenze ricevono l’energia elettrica in bassa tensione, 220 V per gli impianti monofasi, e 380 V per gli impianti trifasi, e devono provvedere alla realizzazione di un proprio impianto di terra. Per gli impianti che richiedono una potenza superiore a 100 KW, la fornitura viene effettuata in media tensione, ( 15 ÷ 20 KV ), ed in questo casi la cabina di trasformazione MT/BT è di proprietà dell’utente, e il NEUTRO e le MASSE sono collegate ad un UNICO IMPIANTO di TERRA. La figura di pagina successiva illustra le caratteristiche di un impianto TT: 70 71 72 LE SITUAZIONI DI PERICOLO Contatto diretto Per contatto diretto si intende il contatto fra il corpo umano e una parte dell’impianto normalmente in tensione. ESEMPI: difetti di isolamento dei cavi; cassetta di derivazione lasciata aperta, e con conduttori scoperti; presa che consente l’accesso di parti metalliche; porta lampada senza ghiera di protezione. E’ evidente che nella maggiore parte dei casi, i contatti diretti si possono evitare curando l’isolamento dell’impianto, e sostituendo le parti dell’impianto difettose. Un’efficace rimedio ai contatti diretti, è quello di inserire nell’impianto un interruttore differenziale ad alta sensibilità: 10 ÷ 30 mA. La soglia di pericolosità della corrente è normalmente assunta nel valore di 30 mA. Pertanto un interruttore ad alta sensibilità di 30 mA, apre il circuito in tempi molto rapidi, dell’ordine dei centesimi di secondo, allorquando nell’impianto si verifica una dispersione di 30 mA. C’è da osservare che interrompendo il circuito, in modo così rapido, si evitano dei traumi cardiaci. Contatto indiretto Gli apparecchi utilizzatori dell’energia elettrica sono spesso racchiusi, in involucri metallici. Normalmente gli avvolgimenti sono ben isolati rispetto all'involucro, e perciò esso normalmente NON E' IN TENSIONE. Tuttavia un difetto di isolamento può determinare il contatto avvolgimento – involucro metallico, determinando, se non è presente un impianto di messa a terra, coordinato opportunamente con l’interruttore automatico, una situazione di pericolo. In questo caso, l’apparecchio funziona regolarmente, ma se una persona tocca l’involucro di metallo dell’apparecchio, fra MANO e PIEDE si stabilisce una d.d.p Vc, detta tensione di contatto, e quindi un passaggio di corrente di valore: Iu = Vc / Ru con Ru = resistenza del corpo umano in OHM; Iu = corrente che attraversa il corpo umano in AMPERE. Assumendo Vc = 220 V, Ru = 2.000 , e da ciò si ricava: Iu = Vc / Ru = 220 / 2.000 = 0,110 A = 110 mA, che è un valore molto superiore alla SOGLIA di PERICOLOSITA’ ( 30 mA ). Le norme CEI 64.8 impongono una tensione di contatto massima di 50 V, cioè Vc 50 V e perciò indicando con Rt la resistenza dell’impianto di terra in OHM, e con In la sensibilità dell’interruttore differenziale in Ampere, deve risultare che: Vc = Rt In 50 Volt. 73 74 75 LA CORRENTE DI IMPIEGO DI UNA LINEA La corrente di impiego IB di una linea è la massima corrente che, in condizione di normale funzionamento, percorre la linea. In base alla corrente di impiego IB viene scelta la sezione del conduttore S, e la corrente nominale I N del dispositivo di protezione della linea, ( interruttore magnetotermico, fusibile ). La corrente di impiego di una linea viene effettuato dal progettista in base: alla potenza degli utilizzatori, alimentati dalla linea; numero degli utilizzatori alimentati e loro regime di funzionamento; coefficiente di contemporaneità, ricavati in base al regime di funzionamento degli utilizzatori, e in base alla destinazione, ossia UFFICI, NEGOZI, APPARTAMENTI, ecc. Per la scelta della corrente di impiego è necessario procedere con molta cautela: una scelta in difetto della IB porterebbe ad adottare un cavo con sezione dei conduttori insufficiente, e ciò porterebbe a lavorare la linea in sovraccarico, riducendo la vita dell’isolante dei cavi; una valutazione in eccesso comporta l’impiego di cavi con conduttori a sezione più elevata, comportando anche una scelta di dispositivi di protezione sovradimensionati, e ciò porta ad un costo superiore dell’impianto, rispetto alla realtà dell’impianto stesso; nel caso di dubbio è sempre meglio, valutare la corrente I B in eccesso, cioè è sempre meglio avere un impianto più costoso, piuttosto che un impianto poco affidabile e sicuro. Nel caso di una linea che alimenta un solo carico o utilizzatore, allora la corrente di impiego coincide con la corrente nominale dell’utilizzatore, ossia IB = IN Linea che alimenta solo carico Ib = In Utilizzatore di corrente nominale In Nel caso di una linea dorsale che, alimenta una serie di utilizzatori, per definire la corrente di impiego bisogna procedere nel modo seguente: linea dorsale In1 Carico 1 In2 Carico 2 In3 Carico 3 In4 Carico 4 a) stabilire le condizioni di funzionamento più gravose, cioè bisogna sapere, quanti sono i carichi che possono funzionare contemporaneamente; b) maggiorare il risultato ottenuto del 15% 20%, per tenere conto di eventuali errori. 76 ESEMPIO: che, Una linea dorsale alimenta 6 carichi, o meglio 6 macchine utensili presentano le seguenti correnti nominali, con tensione VN = 380 Volt: IN1 = 6 A; IN2 = 8 A; IN3 = 11 A; IN4 = 5 A; IN5 = 7 A; IN6 = 10 A. Si determini la corrente di impiego IB della dorsale nelle seguenti condizioni o CASI : a) tutte le macchine funzionano contemporaneamente; b) al massimo possono funzionare 4 macchine; c) nel caso più sfavorevole funzionano le macchine 2, 3, 6; d) si stabilisca il caso più favorevole di funzionamento, con almeno 3 macchine in funzione. Caso a): Se funzionano tutte le macchine contemporaneamente, IB = IN1 + IN2 + IN3 + IN4 + IN5 + IN6 = 6 + 8 + 11 + 5 + 7 + 10 = 47 A. Caso b): Se funzionano al più 4 macchine contemporaneamente. In questo caso scelgo la situazione più gravosa, ossia considero le 4 macchine che assorbono maggiormente: IB = IN2 + IN3 + IN5 + IN6 = 8 + 11 + 7 + 10 = 36 A. Caso c): Il caso meno favorevole, nel caso di funzionamento contemporaneo di tre macchine, è il caso in cui funzionano le tre macchine, 2, 3, 6: IB = IN2 + IN3 + IN6 = 8 + 11 + 10 = 29 A. Caso d): Il caso più favorevole di funzionamento contemporaneo di tre macchine è il caso in cui funzionano le tre macchine 1, 4, 5: IB = IN1 + IN4 + IN5 = 6 + 5 + 7 = 18 A. 77 Nel caso di linea dorsale per le PRESE, è necessario riferirsi alle tabelle, per ricavare i coefficienti di contemporaneità, nelle varie situazioni: Campo di Servizio applicazione Apparecchi o DESTINA ZION circuiti Abitazioni Uffici Punti luce 0,65 0,90 Illuminazione Prese a spina 0,25 0,50 Servizi vari Bollitore più 1 1 potente scaldacqua 2° bollitore 0,75 0,75 EDIFICI 3° bollitore 0,50 0,50 CIVILI Altri 0,50 0,25 CUCINA Apparecchio 1 / più potente Altri 1 / Motore più / 3 potente Ascensori 2° ascensore / 1 Altri / 0,70 1 unità di 1 / impianto EDIFICI Colonne Da 2 a 4 di 0,8 / impianto CIVILI Montanti Da 5 a 10 unità 0,5 / d’imp. Più di 10 unità 0,4 / d’imp. Illuminazione Punti luce 0,75 0,80 Prese a spina 0,1 0,10 Piccola forza Utiliz. fissi 0,70 0,80 Motrice ed usi Prese sp 10 A 0,20 0,10 EDIFICI domestici Pr sp > 10 A. 0,15 0,05 Prefabbricati Condizionam.to Circuito di 1 1 Aria centraliz. potenza e Servizi termici Cen.le term e 0,80 0,60 centralizzati Idrica, ecc. Costruzione Servizi logistici Cucina, stireria, / 0,70 lavanderia modulari Elevatori Mot. + pot. 3 3 ( ascensori e 2° motore 1 1 montacarichi ) altri 0,70 0,70 78 E EDI FICI Laboratori Negozi / 0,90 / 0,50 / 1 / / / / 0,75 0,50 0,25 / / / / 3 / / / 1 0,70 / / / / / / / 0,80 0,10 0,80 0,10 0,05 1 0,90 0,30 0,90 0,10 0,05 1 0,60 0,60 0,70 0,70 3 1 0,70 3 1 0,70 I coefficienti di contemporaneità della tabella sono riferiti ad un numero elevato di prese. Ora indicando con n il numero di prese, con g il coefficiente di contemporaneità ricavato dalla tabella, allora il coefficiente corretto sarà: g’ = g + ( 1 – g ) / g. Si osservi che se n = 1 allora g’ = g + 1 – g = 1, ossia g’ = 1, mentre se il numero di spine tende ad un valore infinito, allora risulta g’ = g. Determinare la corrente di impiego IB di una linea dorsale di un ufficio di 6 prese di 10 A. Dalla tabella in corrispondenza di uffici, e prese di corrente di 10 A, si rileva un coefficiente di contemporaneità g = 0,1, e pertanto applicando la versione corretta ne risulta che: g’ = 0,1 + ( 1- 0,1 ) / 6 = 0,1 + 0,15 = 0,25. Indicando con IN la corrente nominale delle prese, perciò la corrente di impiego della dorsale vale: IB = n IN g’ = IB = numero delle spine x corrente nominale di una spira x coefficiente utilizzaz.vero IB = 6 . 10 . 0,25 = 15 A. Si osservi che la corrente IB mediante il coefficiente g si ottiene: IB = n IN g’ = 6 . 10 . 0,1 = 6 A, risultato non attendibile, perché una sola presa può richiedere una corrente di 10 A. Viceversa, se si assume un coefficiente di contemporaneità pari a 1 si ottiene: IB = n IN g’ = 6 . 10 . 1 = 60 A, valore anche questo non attendibile, poiché è impossibile che, nell’esercizio ordinario, si colleghino contemporaneamente nelle sei prese sei utilizzatori, che assorbono tutti 10 A possibili. g’ 1 g n LA PORTATA DI UN CAVO Il cavo percorso da corrente produce calore per effetto Joule, indicando con: tC ° C la temperatura del CAVO, e se con tA ° C indichiamo la temperatura dell’ambiente, allora per SOVRATEMPERATURA del cavo, si intende la differenza: t = tC - tA . C’è da osservare che, la sovratemperatura, è direttamente proporzionale al calore sviluppato, e quindi al quadrato della corrente che, percorre il cavo e questo implica che: t = K R I², dove R è la resistenza del cavo, K è una costante di proporzionalità. E’ necessario ricordare che, l’isolante del cavo, ammette una temperatura massima di lavoro o di funzionamento, ad esempio: 79 70 °C per il PVC; 85 °C per la gomma BUTILE; 90° C per la gomma ETILENPROPILENICA. Se il cavo si fa funzionare ad una temperatura superiore a quella consentita, allora si procura per esso, un decadimento molto rapido della sua durata di vita. In definitiva la corrente che determina la temperatura del cavo, è pari alla corrente massima ammessa dall’isolante del cavo, ed essa viene indicata con IZ, portata. La portata IZ del cavo è la corrente che il cavo può portare, senza che la temperatura dell’isolante, superi il valore massimo ammesso, e quindi sia nullo l’effetto deleterio della temperatura. Si aggiunge inoltre che la PORTATA, dipende dai seguenti fattori: la sezione; la qualità dell’isolante; la temperatura ambiente; la vicinanza di altri cavi. Introduciamo una tabella, in cui appaiono le sezioni in funzione della portata: S in mm² IZ in A- per PVC IZ in A- per EPR 1,5 10 13 2,5 14 19 4 19 26 6 24 33 10 33 45 16 45 61 25 59 81 35 73 100 50 92 126 70 113 155 95 137 188 120 159 218 150 183 251 185 208 286 240 245 336 L’utilizzo di questa tabella può portare ad un sovradimensionamento dei cavi, perché la temperatura di riferimento dell’ambiente, prudenzialmente scelto, è intorno ai 42 ° C. Ricordiamo i valori delle correnti nominali In commerciali, in Ampere: In 6 10 16 20 25 32 40 50 63 80 80 RELAZIONE FRA CORRENTE DI IMPIEGO E PORTATA La corrente di impiego è la corrente che, normalmente, passa nel cavo e viene indicata con IB . La corrente IB si calcola in base alla potenza dei carichi e del coefficiente di contemporaneità. Contrariamente alla portata, la corrente di impiego I B viene determinata prima della scelta della sezione della corrente. Il procedimento da seguire per il dimensionamento di una linea può essere così schematizzato: si deve ricavare la corrente assorbita da ciascun utilizzatore; stabilire il valore del coefficiente di contemporaneità; ricavare la corrente di impiego IB , relativamente ai primi due punti; cercare sulla tabella un valore di corrente superiore a IB . leggere sulla tabella il corrispondente valore della portata IN e della sezione S. Ovviamente deve risultare: IB < Iz ; la differenza Iz - IB si dice MARGINE di SICUREZZA. Se IB è di poco superiore a IZ, il cavo può più facilmente lavorare in sovraccarico, cioè con una corrente superiore a IZ. Se invece IB e IZ sono ben distanziati, è più difficile che il cavo possa funzionare in sovraccarico. ESEMPIO: In un negozio, una linea dorsale monofase deve alimentare 6 prese di corrente da 16 A. Determinare: la corrente di impiego; la sezione dei cavi, (cavi unipolari isolati in PVC) la portata IZ scelta dei cavi scelti. PREVEDERE: un margine di errore del 20%, nel calcolo della corrente di impiego; una temperatura ambiente di 40 °C; i cavi della dorsale devono essere posti entro un tubo protettivo assieme ad altri conduttori. SOLUZIONE. Inizialmente andiamo a calcolare il coefficiente di utilizzazione g’. Inizialmente dalla tabella valutiamo il primo coefficiente di impiego g. Da detta tabella, nella voce negozio e presa a spine di 16 A, si trova il valore di g = 0,05. Da ciò si ricava g’ mediante la formula: g’ = g + ( 1 – g ) / n. g’ = g + ( 1 – g ) / g = 0,05 + 0,95 / 6 = 0,208. Da ciò calcoliamo la corrente di impiego: I’B = n g’ I = 6 . 0,208 . 16 20 A. Visto che è necessario prevedere un errore nel calcolo, aumentiamo il valore del 20%, ossia: IB = 1,2 (I’B) = 24 A. Nella seconda tabella alla voce PVC, si ricerca una portata IZ del cavo superiore ai 24 A, e si trova il valore di 33 A. Il cavo in PVC avente questa portata ha una sezione di 10 mm². Infine, la differenza IZ - IB = (33 – 24) = 9 A, si può ritenere un buon margine di sicurezza. Fine prima parte di impianti 81