Impianti elettrici - parte 1

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IMPIANTI ELETTTRICI
parte I
di Delucca Ing. Diego
LE NORME ELETTRICHE.
In tutto ciò che riguarda gli IMPIANTI ELETTRICI non si può agire in modo
qualsiasi. Bisogna rispettare alcune NORME.
Per norma si intende l’insieme delle condizioni che sono necessarie per definire un
prodotto. Per normazione o normalizzazione si intende quell’attività di studio e di
pubblicazione dei criteri generali, sotto forma di norme, per la realizzazione di un
prodotto o di un impianto, secondo le regole che, fissano sia i costruttori che gli
utenti. In definitiva in base a queste norme devono essere progettati, costruiti e
collaudati i manufatti, i prodotti industriali, le macchine, gli impianti tecnici, i
materiali elettrici, ecc. In questo modo si intende garantire l’efficienza, la sicurezza
del funzionamento e l’affidabilità di ogni prodotto venduto, in ogni settore
commerciale.
Formano oggetto della normalizzazione o della standardizzazione,
( dall’inglese STANDARD ), la rappresentazione grafica, la terminologia, i
simboli da impiegare, le lavorazioni, i metodi di misura e di controllo, le
modalità di fornitura, di installazione di collaudo, di assistenza, ecc.
La necessità di stabilire delle norme ha la sua origine, fin dalle prime esigenze
associative dell’uomo. Infatti l’uomo per poter comunicare con i propri simili ha
dovuto definire un alfabeto, o perlomeno alcuni suoni vocali, articolati fra loro, e di
norma li ha dovuti eseguire allo stesso modo. Il linguaggio è allora una prima forma
di normalizzazione. In seguito, nella storia dell’umanità, attribuendo alle varie
combinazioni di suoni alcuni simboli grafici, l’uomo ha potuto lasciare traccia del
suo pensiero. La scrittura è pertanto il primo vero e proprio esempio di
normalizzazione. Quando l’attività commerciale ha assunto un notevole sviluppo,
l’uomo ha dovuto normalizzare un sistema di unità di misura. Questo processo ha
subito un impulso notevole nel periodo di grande attività industriale.
Si cominciò a stabilire le norme con i quali realizzare i prodotti, non secondo
normative aziendali, ma secondo criteri generali, ossia secondo criteri stabiliti
dagli stessi costruttori, in collaborazione con gli utenti del prodotto.
Oggi le imprese piccole, medie e grandi hanno un apposito UFFICIO NORME.
L’ufficio di normalizzazione, quando esiste, generalmente, fa parte della direzione
centrale dell’azienda o della direzione tecnica. Questo stesso ufficio, tiene i contatti
con gli ENTI di NORMALIZZAZIONE NAZIONALI, che divulga e fa applicare le
norme stabilite a livello aziendale, inoltre, tiene aggiornata la raccolta delle norme e
delle tabelle, scegliendo, tra quelle emanate, quelle che interessano il settore
dell’attività industriale sopra detta.
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Solo verso la metà del XIX secolo si sentì l’esigenza di avere una NORMATIVA a
livello internazionale. La prima proposta fu fatta dall’inglese WHITWORTH, il
quale, in una conferenza del 1841, propose di stabilire un’unificazione delle
filettature delle viti. Sembra un problema di poco conto, ma fu di un’importanza
notevole, perché diede impulso al concetto di normalizzazione, prima fra le grandi
potenze industriali, Germania, Inghilterra, USA, poi si estese a tutte le nazioni
industriali, che richiesero una normalizzazione a livello mondiale.
Oggi si gode, quasi senza rendersi conto dei vantaggi della normalizzazione, sia
legato a tipi che alle dimensioni dei prodotti. Basti pensare come sia facile sostituire
una lampadina elettrica, una candela per auto o per moto, un rubinetto, ecc.
Tutto ciò è reso possibile perché esiste una normalizzazione.
Il concetto fondamentale su cui si basano le norme è la seguente:
mediante la collaborazione di tutti coloro che sono interessati alla realizzazione e
all’uso di un determinato prodotto, si deve scegliere, concordare e definire quali
dovranno essere i tipi da realizzare, in modo da ottenere sia un beneficio per
tutti, sia un risparmio globale.
Lo scopo di una norma è quindi quello di favorire gli scambi commerciali
internazionali e nazionali, di facilitare la redazione della documentazione tecnica, di
assicurare la sicurezza degli utilizzatori, di uniformare la qualità e di ridurre i costi di
fabbricazione.
Secondo gli sviluppi più moderni le norme possono essere definite più correttamente
come specifiche tecniche elaborate da un’apposita COMMISSIONE tecnica
nazionale o internazionale, che, fissa i criteri secondo i quali deve essere realizzata la
documentazione tecnica, le caratteristiche fisico – chimiche di un prodotto, il modo di
impiego, di controllo e di prova di un manufatto o di un dispositivo.
Esiste una definizione di normalizzazione o di standardizzazione, adottata dalla
STACO, che è un Comitato Permanente per lo studio dei principi scientifici della
standardizzazione, e che fa parte dell’ente internazionale di standardizzazione, l’ISO.
La standardizzazione o normalizzazione è un insieme di regole per mettere
ordine in un determinato campo di attività, a vantaggio di tutti gli interessati, e
con il loro concorso di ottenere un’economia generale ottimale, tenendo conto
delle esigenze di funzionalità e di sicurezza.
La normalizzazione si basa sui risultati acquisiti dalla scienza , dalla tecnica e
dall’esperienza. Non deve essere limitata al presente, ma deve proiettarsi nel futuro,
prevedendo ed agevolando il progresso.
La standardizzazione viene, tra l’altro applicata per:
 Le unità di misura;
 La terminologia e la simbologia;
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 I prodotti ed i metodi, ( designazione e scelte delle caratteristiche dei prodotti per
definire le loro qualità, il controllo delle varietà, l’intercambiabilità, ecc. )
 La sicurezza delle persone e delle cose.
La norma o standard è il risultato di uno studio di normalizzazione eseguito in un
determinato campo ed approvato da un’autorità o ente riconosciuto. Viene pubblicata
sotto forma di tabella o documento contenente una serie di condizioni che devono
essere soddisfatte.
Gli oggetti di normalizzazione sono cose o materiali, o nozioni astratte, o simboli
letterali e grafici o direttive, suscettibili di essere resi uniformi.
Un campo di normalizzazione è un settore dell’attività economica, culturale, tecnica
e scientifica interessato da un gruppo di oggetti di normalizzazione. Un dato oggetto
di normalizzazione può comunque essere destinato a uno o più campi di
normalizzazione.
Una specificazione è un’indicazione precisa dell’insieme delle condizioni alle quali
deve soddisfare un prodotto, un materiale o un processo, comprendente, se
necessario, i metodi che permettono di determinare se queste condizioni sono
soddisfatte. Una specificazione può essere una norma o una parte di norma o può
essere distinta da una norma.
Per denominazione si intende l’attribuzione di un termine o di un simbolo ad un
prodotto o ad un gruppo di prodotti funzionalmente intercambiabili o ad una nozione
astratta.
L’identificazione è quel processo che riconosce la natura di un prodotto o di una
nozione astratta, onde poter attribuire una corretta denominazione.
Illustriamo in breve il concetto di UNIFICAZIONE, spesse volte già citato in
precedenza. Ogni materiale ed ogni manufatto, indipendentemente dalla ditta
costruttrice o produttrice, devono seguire certi standard qualitativi e dimensionali:
devono essere unificati.
In pratica, stabilire dei criteri mediante i quali devono essere realizzate delle forme o
delle dimensioni, o dei procedimenti da seguire per certe attività, corrisponde ad una
semplice normalizzazione. Quando invece, queste forme e dimensioni, o le
composizioni chimiche, o altro, sono date da valori ben precisi, ( che vengono
persino tabellate ), si parla di UNIFICAZIONE.
Sono così unificati i formati dei fogli da disegno, gli spessori delle linee e la loro
forma, i simboli grafici, ma anche i valori di tensione per la distribuzione, i valori
delle sezioni dei conduttori, le filettature, i diametri e le dimensioni dei tubi per
l’applicazione idraulica, ecc.
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Si deve fare una chiara distinzione tra la normalizzazione e l’unificazione; infatti la
Normalizzazione prescrive, come abbiamo già visto, le condizioni generali, le
regole generali alle quali devono soddisfare i disegni tecnici, le lavorazioni, i
procedimenti di calcolo, i trattamento dei materiali, le macchine, gli impianti, gli
strumenti, ecc;
l’unificazione, invece, fissa le forme e le dimensioni dei dispositivi e degli organi
meccanici, più comunemente impiegati, le diverse qualità dei materiali,
( composizione chimica, caratteristiche meccaniche e tecnologiche ), le prove alle
quali devono essere assoggettati, ecc.
Ne deriva che l’unificazione è sempre una normalizzazione, mentre la
normalizzazione non è sempre soltanto un’unificazione.
Il vantaggio dell’unificazione è evidente. Di una macchina anche complessa, si
dovranno progettare solo gli elementi componenti speciali, quelli unificati dovranno
essere soltanto scelti ed indicati con la loro sigla.
La riduzione della varietà dei tipi e la possibilità di reperire facilmente sul mercato gli
elementi unificati comporta la diminuzione delle scorte, con la conseguente
contrazione, sia delle spese di gestione del magazzino e sia del capitale
immobilizzato. In questo modo i prodotto possono essere realizzati in grandi serie, e
quindi con costi di fabbricazione più contenuti e migliore qualità.
Lo STACO fornisce la seguente definizione di unificazione.
L’unificazione è una forma di normalizzazione avente lo scopo di combinare, in
una sola, due o più prescrizioni dimensionali o due o più specificazioni, in modo
che i prodotti ottenuti risultino intercambiabili tanto dal punto di vista
dimensionale quanto da quello funzionale.
L’intercambiabilità funzionale si ha quando le caratteristiche del prodotto ottenuto,
relative al suo funzionamento, sono normalizzate, nel necessario grado di precisione.
L’ intercambiabilità dimensionale è un aspetto parziale dell’intercambiabilità
funzionale e si realizza quando le dimensioni lineari di due prodotti sono
sufficientemente vicine le une alle altre, per assicurarne l’intercambiabilità
sostitutiva.
Un altro tipo di normalizzazione è la SEMPLIFICAZIONE, così definita:
la semplificazione è una forma di normalizzazione che consiste nel ridurre il
numero dei tipi di prodotto, messo in commercio in una certa gamma, a quello
puramente indispensabile per coprire le necessità che prevalgono in una data
epoca.
Si conclude dicendo che uno dei meriti principali dell’unificazione internazionale, è
nato per mettere ordine nella Babele delle misure e delle norme in uso nei diversi
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Paesi. Tale tentativo si è spesso scontrato con tradizioni radicate e con orgogli
nazionalistici, oltre che con interessi economici non indifferenti. Comunque siamo
sulla strada buona per arrivare all’unificazione internazionale, e ciò deve essere visto
come una grande possibilità, quella di favorire gli scambi tra i diversi popoli.
Con l’evolversi del progresso uno dei settori nei quali la quantità di norma va
crescendo, in continuazione, è quello della sicurezza. Nel corso della sua esistenza
l’uomo è soggetto ad una serie di pericoli che derivano o da cause interne al suo
organismo o da cause esterne. Tali pericoli, che possono ridurre o interrompere
l’attività operativa dell’uomo prendono il nome di rischi.
In definitiva, gli eventi che possono ridurre o interrompere delle attività, a seconda a
come si manifestano, possono essere le malattie o gli infortuni.
Gli infortuni sono eventi improvvisi la cui lesività è istantanea.
Le malattie producono la loro azione in modo graduale, dopo un’incubazione più o
meno lunga. A tali eventi può seguire il decesso o un periodo di inattività che, nel
caso di infortunio prende il nome di “ durata dell’inabilità ” e nel caso della malattia
è detta “convalescenza ”.
La sicurezza e la salute sono diritti fondamentali, ed in Italia sono sanciti dalla
Costituzione, in essa si può leggere:
Art.32
“ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo
ed interesse della collettività ”.
Art.35
“ La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni ”.
Art.41
“ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto
con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana ”.
Oggi molte norme sono destinate a garantire che vengano utilizzati tutti gli
accorgimenti che il progresso tecnico mette a disposizione, perché sia raggiunto il più
elevato livello di sicurezza per le persone e di salvaguardia dei beni.
Naturalmente non è possibile garantire la sicurezza in modo assoluto: possono
avvenire incidenti per forza maggiore, ( ad esempio terremoto in zona non sismica,
uragano, ecc. ), o per caso fortuito, ( ad esempio un interruttore difettoso
appartenente ad una serie riconosciuta conforme ed eseguita a regola d’arte. )
Infortuni che avvengono in relazione ad eventi di questo tipo, sono ammessi dalla
società. In base alle conoscenze della tecnica viene stabilito quale è il livello di
sicurezza accettabile, ed in base ad esso vengono stabilite le norme di sicurezza.
Questo livello di sicurezza può essere differente nel caso in cui qualcuno sia
obbligato ad operare in situazioni potenzialmente rischiose, come nel caso di un
lavoratore, ( rischio imposto ), o nel caso lo si accetti liberamente come nel caso di
un’attività sportiva, ( rischio liberamente accettato ). Nel secondo caso si è meno
esigenti. Dato che ogni attività dell’uomo si può sempre considerare come un bene
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economico, la ricerca per assicurare la conservazione di tale bene si svolge su due
livelli:
la prevenzione, che rappresenta l’attività intesa a eliminare le cause del
rischio, e la previdenza, che agisce nel senso di reintegrare il bene
perduto o ridotto.
La prevenzione, a seconda che esplichi la sua azione nei riguardi di incidenti o di
malattie, si divide in due rami: prevenzione degli infortuni e
igiene del lavoro,
per le quali esistono normative distinte.
Spesso è l’uomo, con il suo comportamento, a causare un infortunio, ed ecco quindi
che le norme di sicurezza devono tenere conto di questa possibilità, e prevedere
differenze, secondo che si rivolgano ad ambiti nei quali agiscono persone profane o
persone addestrate. Ogni anno in Italia si verificano circa 500 decessi per cause
elettriche, oltre 300 sono determinate in ambiente domestico.
GLI ENTI NORMATIVI
Facciamo un cenno sugli ENTI NORMATIVI.
In tutti i maggiori paesi industrializzati sono sorti degli Enti di normazione o Enti
normativi, che si occupano di pubblicare le norme tecniche che hanno valore a
livello nazionale.
Questi organismi elaborano dei documenti che, indicano quali devono essere le
soluzioni tecniche, che si devono adottare per risolvere i problemi che si pongono più
frequentemente nel campo della scienza e della tecnica.
Alcuni di questi Enti sono specificatamente Enti di unificazione, che emanano
periodicamente delle tabelle, ciascuna riguardante un determinato prodotto o un
gruppo di prodotti.
L’ideale è che sulle Norme tecniche adottate fra i vari paesi del mondo, ci sia un
accordo perfetto; infatti dapprima tali Enti operavano più o meno indipendentemente
gli uni dagli altri, per cui i vantaggi dell’unificazione rimanevano limitati al territorio
nazionale dell’Ente che aveva pubblicato le tabelle. Gradatamente, però, la
collaborazione tra gli Enti Nazionali si è estesa, e in molti campi, le unificazioni
hanno attualmente carattere Internazionale o addirittura Mondiale.
Ormai sono stati istituiti numerosi Enti di Normazione, anche a livello Internazionale,
proprio perché un paese industrializzato, che ha intensi scambi commerciali a livello
internazionale non può adottare norme difformi da quelle degli altri paesi.
Per limitarci nell’ambito elettrotecnico ed elettronico possiamo citare in ambito
nazionale Il CEI, ( COMITATO ELETTROTECNICO ITALIANO ), e
l’UNI, ( Ente Nazionale Italiano di Unificazione ),
mentre in ambito INTERNAZIONALE, ricordiamo il
CENELEC, ossia il Comitato Europeo per la Standardizzazione nel campo
Elettrotecnico, l’IEC, ( International Electrotechnical Commission ),
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ed infine l’ISO ( International Standardization Organization ).
Il CEI ( Comitato Elettrotecnico Italiano ), è il Comitato Italiano che ha il compito di
stabilire le norme alle quali devono sottostare le macchine elettriche, gli apparecchi,
gli strumenti, i materiali e gli impianti elettrici; tali norme investono tutto il campo
elettrotecnico dalla simbologia alle unità di misura, dai segni grafici per gli schemi
alle prescrizioni costruttive di ordinazione e di collaudo. E’ stato fondato nel 1906,
( è il più antico ente normativo italiano) dall’AEI, ( ASSOCIAZIONE
ELETTROTECNICA ED ELETTRONICA ITALIANA ).
Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1964, è stato rifondato, su iniziativa di alcuni
soci, tra cui la stessa AEI, il CNR ( Consiglio Nazionale delle Ricerche ), l’ENEL
( Ente Nazionale per l’Energia Elettrica ), e l’ANIE ( Associazione Nazionale
Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche ).
DIFFERENZA FRA PRESCRIZIONI DI LEGGE E NORME TECNICHE
Le disposizioni legislative, ( leggi, decreti Presidenziali e decreti ministeriali,
regolamenti, ecc. ), hanno forza di legge e quindi c’è un obbligo giuridico di attenersi
ad esse. Invece non c’è obbligo giuridico di attenersi a determinate normative
tecniche. Le normalizzazioni sia nazionali che internazionali non sono obbligatorie e
non hanno, quindi, valore giuridico. Le norme sono il risultato di commissioni di
studio formate da esperti; pertanto sono garanzia di esperienza, di conoscenza
scientifica e di consuetudine. Le varie norme sono cioè “ norme di buona tecnica ”
e codificano il naturale evolversi del livello di sicurezza accettabile, man mano che
progrediscono le condizioni sociali, etiche ed economiche della società, nonché le
conoscenze scientifiche e le possibilità tecnologiche.
In definitiva le norme tecniche cambiano continuamente, adeguandosi ai tempi;
infatti norme tecniche che andavano bene trent’anni fa, oggi non lo sarebbero più.
Le leggi ed i regolamenti, invece, sono statici, richiedono spesso un lungo iter
legislativo per essere approvati. Se si volessero imporre, con leggi determinate,
prescrizioni di buona tecnica, si correrebbe il rischio di dover congelare per anni
queste prescrizioni prima di poterle cambiare. Tuttavia la loro natura rende le tabelle
di unificazione un valido punto di riferimento, anche per il Giudice, in caso di
controversie legali.
Nessuna norma o prescrizione, ( nemmeno legislativa), per quanto sia accuratamente
studiata, può comunque fornire la garanzia assoluta che, non possano accadere
incidenti, né garantire l’incolumità delle persone, degli animali e delle cose dai
pericoli dell’energia elettrica.
E’ però evidente che, lo scrupoloso rispetto delle norme e delle disposizioni di legge,
oltre a porre l’impianto nelle migliori condizioni, dal punto di vista della sicurezza,
mette il gestore ed il progettista dell’impianto stesso, in una corretta posizione
qualora debbano rispondere del verificarsi di eventuali incidenti.
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Sulla Gazzetta Ufficiale n.77 del 23/3/68 è stata pubblicata la legge n. 186, che reca
le “ disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari,
installazioni e impianti elettrici ed elettronici ”, che qui si riporta:
Art. 1
Art. 2
“ Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli
impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati a regola d’arte ”.
“ I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli
impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme CEI si
considerano costruiti a regola d’arte ”.
In base a questa legge le Norme CEI vengono praticamente ad assumere valore
legale; cioè è sufficiente seguire le norme CEI per adempiere all’obbligo giuridico di
realizzare apparecchi ed impianti a regola d’arte.
Questa legge sulla regola d’arte vale per tutti gli impianti, quindi anche per quelli
domestici, oltre che per quelli industriali.
Anche la legge n. 46 del 13/3/90, che reca le “ norme per la sicurezza, la
progettazione, l’installazione e la manutenzione degli impianti tecnici ”,
( la quale si applica, in particolare, anche agli impianti di produzione, di trasporto, di
distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici, a partire
dal punto di consegna dell’energia fornita dall’Ente distributore, nonché agli impianti
radiotelevisivi ed elettronici in genere, alle antenne e agli impianti di protezione dalle
scariche atmosferiche ).
Viene ribadito che:
“ Le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gli
impianti a regola d’arte. I materiali ed i componenti
realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell’Ente
Italiano di Unificazione , ( UNI ), e del Comitato
Elettrotecnico Italiano, ( CEI ), nonché nel rispetto di
quanto prescritto dalla legislazione tecnica vigente in
materia, si considerano costruiti a regola d’arte ”.
La legge 46/90 si applica ai seguenti tipi di impianto:
a)
impianto di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione
dell’energia elettrica;
b)
impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, antenne ed impianti di
protezione da scariche atmosferiche;
c)
impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido,
aeriforme, gassoso, di qualsiasi natura o specie;
d)
impianti idrosanitari, nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di
accumulo, e di consumo di acqua all’interno degli edifici, a partire dal punto
di consegna dell’acqua dall’Ente distributore;
e)
impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme
all’interno di edifici, a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso
fornito dall’Ente distributore;
f)
impianti di sollevamento di persone e di cose per mezzo di ascensori,
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g)
montacarichi, di scale mobili e simili;
impianti di protezione antincendio.
Infine la legge sancisce che gli impianti devono essere progettati da professionisti
iscritti negli albi professionali.
La legge ed il relativo regolamento di attuazione definiscono, inoltre quali soggetti
sono abilitati all’installazione, trasformazione e manutenzione degli impianti,
precisando per quali impianti è richiesto il collaudo.
La legge 18/10// n.791 è relativa alle caratteristiche di sicurezza che deve possedere i
materiali elettrici, destinati ad essere utilizzati entro certi limiti di tensione. Detta
legge impone l’accettazione e la commercializzazione di alcuni componenti ed
apparecchi solo se in possesso dei requisiti previsti dalla direttiva citata.
In particolare il materiale deve essere costruito a regola d’arte, installato, mantenuto
in esercizio, utilizzato, in maniera corretta e conformemente alla sua destinazione al
fine di non compromettere la sicurezza dell’utente.
In virtù di questa legge 791/77 con decreto del Ministero dell’Industria, il Commercio
e l’Artigianato di concerto con il Ministero per gli Affari Esteri ed il Ministero del
Lavoro e della Prevenzione Sociale, sono stati designati gli Organi di
Normalizzazione elettrotecnica ed elettronica e gli Enti che stabiliscono i marchi ed i
contrassegni o attestati, di cui deve essere munito il materiale elettrico per la libera
circolazione.
Questi contrassegni garantiscono il rispetto della Legge, quindi della regola d’arte per
i componenti che ne sono provvisti, quindi di sicurezza per gli utenti.
Il CEI è così designato quale organismo italiano di normalizzazione elettrotecnica ed
elettronica, ma anche il materiale che risponde alle analoghe norme degli altri paesi
della CEE può essere messo in commercio, e circolare liberamente in Italia.
Ai fini della legge 791, inoltre, l’autocertificazione del Costruttore produce gli
stessi effetti del contrassegno.
La soluzione del problema della sicurezza elettrica nel campo dell’impiantistica
elettrica non può prescindere dalla normativa sopra citata, e di conseguenza
dalle norme CEI.
Per la realizzazione degli impianti utilizzatori in BASSA TENSIONE, ( cioè fino a
1 000 V di tensione, se funzionanti in corrente alternata, e fino a 1 500 V, se in
corrente continua ), le norme che devono essere rispettate sono essenzialmente quelle
contenute nei fascicoli della norma 64/8 ( fascicoli dal 1916 al 1922 ) pubblicati nel
1982. Tale norma è suddivisa in sette parti, ciascuna delle quali è riportata in un
fascicolo:
Parte 1:
Oggetto, scopo e principi fondamentali.
Parte 2:
Definizioni
Parte 3:
Caratteristiche generali
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Parte 4:
Parte 5:
Parte 6:
Parte 7:
Prescrizioni per la sicurezza
Scelta e installazione dei componenti elettrici
Verifiche
Ambienti ed applicazioni particolari.
LA CERTIFICAZIONE E IL CONTROLLO
Il problema del controllo, ossia la verifica della conformità alle norme di
quanto viene prodotto, installato, utilizzato, è duplice, a seconda che si considerino i
singoli componenti, cioè il materiale elettrico, oppure tutto l’impianto.
La marcatura è uno degli aspetti del controllo e ne forniamo il significato secondo le
definizioni della STACO.
La marcatura è l’operazione o il risultato dell’operazione di stampigliare,
scrivere, imprimere, etichettare, ecc. sullo stesso prodotto o sul suo imballaggio,
marchi, simboli, cifre, lettere, ecc. al fine di identificare il prodotto e la sua
origine e/o di far conoscere le sue caratteristiche fondamentali, la sua
applicazione prevista, ecc.
Il codice è una forma particolare di marcatura di identificazione o di
riferimento, avente la duplice funzione di stabilire in maniera sistematica
l’identità completa di un prodotto, e contemporaneamente di esprimere la sua
similitudine con altri prodotti. Può presentarsi sotto forma di una combinazione
breve e sistematica di lettere, cifre, e/o simboli. Un codice sistematico, utilizzato
insieme ad una chiave per il deciframento, può aiutare ad identificare un
prodotto ed a conoscere le sue caratteristiche.
Per quanto riguarda la rispondenza alle norme del materiale elettrico, la strada seguita
dall’Italia è quella della certificazione di conformità, mediante marchi appositi sulle
apparecchiature o attestati rilasciati da Enti. Questi possono essere di due tipi: il
contrassegno CEI ed il marchio di qualità IMQ.
Il contrassegno CEI è una certificazione che il costruttore applica ai prodotti che,
secondo al suo parere, hanno caratteristiche conformi alle norme CEI; si tratta
pertanto di un’autocertificazione, di cui il produttore dell’apparecchiatura si assume
la responsabilità, ferma restando la facoltà del CEI di effettuare in qualsiasi momento
la verifica della rispondenza alla normativa.
Per poter apporre il contrassegno CEI il costruttore deve chiedere al CEI l’uso del
contrassegno e deve averne avuta esplicita concessione.
L’uso del contrassegno dell’Istituto Italiano del Marchio di Qualità, ( IMQ ), per
diversi prodotti elettrici di grande diffusione, è soggetto, invece, a maggiori controlli,
in quanto è subordinato alle garanzie di qualità offerte dal costruttore,
all’approvazione del prototipo e al controllo della produzione da parte dell’IMQ.
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Questo marchio riguarda di solito materiali di grande consumo e solitamente, di uso
domestico. L’Istituto Italiano del Marchio di Qualità condiziona l’autorizzazione
all’apposizione del proprio marchio, se vengono superate tre fasi di verifiche:
 approvazione del costruttore, ( l’istituto procede cioè a verificare se il
costruttore ha le attrezzature idonee alla produzione di materiali della qualità
richiesta e, in caso positivo viene approvato dall’Istituto stesso );
 approvazione del prototipo, ( il prototipo dell’apparecchio viene sottoposto da
parte dell’Istituto a tutte le prove previste dalle norme corrispondenti );
 controllo periodico della produzione ( in questo modo l’Istituto si assicura che
la produzione conservi una qualità costante ).
Esiste in Italia un altro organismo di certificazione che, è il CESI ( Centro
Elettrotecnico Sperimentale Italiano ).
Si fa notare che la conformità del prodotto, in particolare di quello industriale, ai fini
della sicurezza di cui la legge 791/77, può essere anche attestata con dichiarazione
del costruttore, per cui non risulta obbligatoria, in questo caso, la certificazione di
conformità. Va comunque precisato che, l’utilizzazione di componenti conformi, alle
norme CEI, non assicura che l’impianto sia rispondente alla normativa, soprattutto
per quanto concerne l’aspetto della sicurezza; infatti, per esempio, non basta
installare interruttori a norma, se poi vengono scelti o collegati in maniera errata.
Nasce quindi il problema e l’esigenza del controllo dell’intero impianto.
La realizzazione di un impianto completo consiste nelle seguenti fasi:
 progetto dell’impianto;
 installazione;
 collaudo da effettuare a fine lavori;
 verifica periodica.
Collaudi e verifiche di un impianto possono essere prescritti sia dalla normativa
tecnica ( CEI ), sia da disposizioni di legge. Le norme CEI stabiliscono a quali prove
o verifiche devono essere sottoposti i vari tipi di impianti e indicano anche le
modalità e le condizioni per la loro effettuazione.
Esistono per i luoghi di lavoro delle prove obbligatorie, ( norma del DPR 547/55 ).
Inoltre questo stesso decreto richiede, per gli impianti, tre tipi di verifiche biennali
delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche;
degli impianti di terra;
delle installazioni elettriche nei luoghi pericolosi.
Il DPR 547/55 è ormai datato, e presenta diversi punti di contrasto con la tecnica
attuale; infatti le norme CEI sono intervenute per sistemare i punti di contrasto o a
integrare i punti oscuri e non completi. Comunque oggi si fa riferimento, soprattutto
per la parte della sicurezza alla nuova normativa, Legge n. 46 del 13/3/1990.
Vogliamo, infine, dare la definizione di tre termini che spesso si confondono:
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Il termine COLLAUDO
è definito nel DPR 302/56 nel quale viene considerato
come una serie di prove per controllare la rispondenza, di impianti e macchinari, ai
progetti e ai capitolati. Sovente come collaudo viene intesa anche la prima verifica.
Per OMOLOGAZIONE si deve intendere la procedura tecnico amministrativa
con la quale viene provata o certificata la rispondenza del tipo o del prototipo, prima
della riproduzione, ovvero del primo o nuovo impianto, a specifici requisiti tecnici
prefissati.
Col nome di
VERIFICA ,
si intende, come è indicato dalle norme CEI
ed in quelle Internazionali, un complesso di operazioni consistenti essenzialmente in
un esame a vista ed in alcune prove; tra le prove è compresa l’esecuzione delle
necessarie misure.
DEFINIZIONI
ELETTRICI
FONDAMENTALI
RIGUARDANTI
GLI
IMPIANTI
Per impianto elettrico si intende un complesso di componenti elettrici, anche a
tensioni nominali di esercizio differenti, ma comunque elettricamente associate, in
modo tale da soddisfare a scopi specifici, e con caratteristiche coordinate. In altri
termini l’impianto elettrico è destinato ad una determinata funzione.
In particolare l’impianto può essere di produzione, di trasmissione, di distribuzione e
di utilizzazione.
L’impianto utilizzatore è costituito dai circuiti di alimentazione degli apparecchi
utilizzatori e delle prese a spina, comprese le relative apparecchiature di manovra,
sezionamento, interruzione, ecc., che non facciano parte di impianti di produzione,
trasmissione e distribuzione.
Si considerano facenti parte dell’impianto elettrico tutti i componenti elettrici non
alimentati tramite prese a spina. Le apparecchiature collegate alle prese non fanno
parte dell’impianto; però, fanno parte dell’impianto elettrico, quegli apparecchi
utilizzatori fissi, che risultano alimentati dalle prese a spina.
L’impianto elettrico utilizzatore ha la sua origine nel punto di consegna
dell’energia elettrica da parte dell’Ente fornitore, in genere da una rete di
distribuzione pubblica. Il punto di consegna è quindi il punto di separazione tra
l’impianto di distribuzione e l’impianto utilizzatore.
Nel caso in cui il proprietario dell’impianto utilizzatore, sia anche autoproduttore di
energia, sono considerati origine dell’impianto utilizzatore, i morsetti di uscita del
generatore o del trasformatore, se è esistente.
Si chiama sistema elettrico o anche semplicemente sistema, una parte dell’impianto
elettrico, costituita dal complesso dei componenti elettrici, aventi una determinata
tensione nominale d’esercizio, ovviamente interconnessi tra di loro.
La TENSIONE NOMINALE è quel valore di tensione, con il quale il sistema è
denominato e al quale sono riferite le sue caratteristiche. Per i sistemi trifasi si
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considera come tale, la tensione concatenata. La tensione nominale è in pratica quella
tensione per la quale il sistema, ( quindi un impianto o una sua parte ), è progettato.
La tensione reale può differire dalla nominale, entro i limiti di tolleranza permessi,
( precisati dalla norma CEI 8-6 ).
Viene definita, poi, tensione nominale verso terra:
 nei sistemi trifasi con neutro isolato o con neutro a terra, attraverso impedenza, la
tensione nominale;
 nei sistemi trifasi con neutro direttamente ed efficacemente a terra, la tensione
stellata corrispondente alla tensione nominale;
 nei sistemi monofasi, o a corrente continua, senza punto di messa a terra, la
tensione nominale;
 nei sistemi monofasi o a corrente continua, col punto di mezzo a terra, la metà
della tensione nominale.
In relazione alla loro tensione nominale i sistemi elettrici vengono suddivisi in
categorie, e più precisamente si suddividono in:
 sistemi da categoria 0, quelli a tensione nominale minore o uguale a 50 V, se a
corrente alternata, 120 V se a corrente continua, (non ondulata); sono unificati i
seguenti valori di tensione di tensione: 6 V, 12 V, 24 V e 48 V; per impianti di
segnalazione, comando ed emergenza.
 Sistemi di categoria I, quelli a tensione nominale da oltre 50 V fino a 1 000 V
compresi, se a corrente alternata, o da oltre i 120 V fino a 1 500 V, se a corrente
continua; per impianti di distribuzione in bassa tensione civile ed industriale ;
sono unificati i seguenti valori di tensione nominale: 60 V, 80 V, 110 V, 220 V,
440 V per la corrente continua; 60 V, 80 V, 127 V, 220 V per la corrente alternata
monofase; 48/85 V, 127/220 V, 220/380 V, 500 V, 660 V, 1 000 V per la
corrente alternata trifase; in particolare i valori 380 V, 500 V, 660 V e 1 000 V
sono solo industriali,
mentre per usi civili si usa solo la tensione monofase a
220 V. Recentemente la norma CEI 8-6 ha fissato dei valori leggermente diversi,
ai quali ci si dovrà uniformare entro il 2003:
- 230 V fra le fasi per le reti trifasi a 3 conduttori;
- 230 V fra la fase e neutro e 400 V fra le fasi per le reti trifasi a 4
conduttori. Non compare più, tra i valori normalizzati, la combinazione
127/220 V.
 sistemi di II categoria, quelli a tensione nominale oltre 1 000 V se a corrente
alternata, o oltre 1 500 V se a corrente continua, fino a 30 000 V compresi; per
impianti di distribuzione secondaria, sono unificati i seguenti valori di tensione
per la corrente alternata trifase: 3,6 kV, 10 kV, 15 kV ( non preferenziale in
sede internazionale), 20 kV, 30 kV; i valori 3kV e 6kV trovano
prevalentemente impiego nella distribuzione di aziende industriali o per
alimentazione di grossi carichi di utenza.
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 Sistemi di III categoria, quelli a tensione nominale maggiore di 30 000 V;
sono unificati i seguenti valori di tensione nominale: 66 kV e 132 kV ( secondo
livello di tensione, da utilizzarsi per le linee di distribuzione primaria), 220 kV
e 380 kV ( primo livello di tensione, da utilizzarsi per le linee di trasmissione ).
E’ importante far notare che il DPR 547/55, che si occupa di sicurezza di lavoro, è
stato emanato precedentemente alla normalizzazione ora introdotta, ma conserva la
sua validità a livello legale, distingue tra BASSA TENSIONE, ( comprendente i
sistemi fino a 400 V in alternata e fino a 600 V in continua ),
ed ALTA
TENSIONE ( comprendente tutti i sistemi a tensioni superiori ).
Tuttavia, in linea generale, gli impianti eseguiti secondo le norme CEI soddisfano le
disposizioni di legge per la sicurezza del lavoro.
Alcuni esempi importanti di sistemi elettrici, nell’ambito di un impianto più
complesso, sono:
 Il sistema di alimentazione dei servizi di sicurezza, che è inteso a garantire
l’alimentazione di apparecchi utilizzatori o di parti dell’impianto necessari per la
sicurezza delle persone. Il sistema include la sorgente, i circuiti e gli altri
componenti elettrici.
 Il sistema di alimentazione di riserva, che è inteso a garantire l’alimentazione di
apparecchi utilizzatori o di parti dell’impianto per motivi diversi dalla sicurezza
delle persone.
Con alcune sigle particolari vengono designati i diversi sistemi a bassissima tensione:
 SELV: sistemi a bassissima tensione di sicurezza; ( denominata in passato con la
sigla BTS); sono sistemi di categoria 0, che rispondono a particolari requisiti,
aventi per fine la sicurezza delle persone contro i contatti diretti ed indiretti.
 PELV: sistemi a bassissima tensione di protezione, analoghi ai precedenti, ma in
cui devono essere soddisfatti requisiti in parte simili a quelli del SELV ed in parte
diversi.
 FELV: sistemi a bassissima tensione funzionale, ( denominata in passato con la
sigla BTF ); sono sistemi di categoria 0 che non rispondono a tutti i requisiti che
caratterizzano i sistemi precedenti.
Con il termine, poi di officina elettrica, viene indicato ogni complesso di
installazioni che sia contenuto in uno o più locali, oppure in una o più aree all’aperto
racchiuse in un’unica recinzione, se le installazioni sono adibite ad almeno una di
queste funzioni: produzione, conversione, trasformazione, regolazione o
smistamento dell’energia elettrica.
Le officine elettriche si distinguono in:
 Centrali:
officine elettriche destinate alla produzione di energia elettrica;
 Stazioni:tutte le officine elettriche connesse a sistemi di cui uno almeno di
III categoria, destinate ad almeno una delle seguenti funzioni:
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trasformazione,
conversione,
regolazione,
smistamento
dell’energia elettrica.
 Cabine:
officine elettriche connesse a sistemi, solo di I o II categoria e
destinate ad almeno una delle seguenti funzioni: trasformazione,
conversione, regolazione, smistamento dell’energia elettrica.
I posti di trasformazione realizzati con apparecchiature prefabbricate, anche se non
contenuti in apposito locale od apposita area recintata, sono considerati cabine.
Le installazioni su palo di trasformatori e condensatori non vanno considerate come
cabine, ma come parte delle linee aeree.
Le linee di trasmissione
sono le linee di collegamento elettrico fra due o
più officine elettriche.
Le linee di distribuzione
sono le linee di collegamento tra officine elettriche
ed impianti di utilizzatori.
Queste linee possono essere aeree, montate quindi su sostegni adatti, oppure in cavo,
generalmente interrato.
Il complesso delle centrali nelle quali viene realizzata la produzione dell’energia
elettrica, a partire dalle diverse fonti di energia primaria, costituisce il sistema di
generazione dell’energia elettrica. Per l’economia della produzione è necessario che
questa, sia concentrata, in grandi centrali con grandi unità generatrici.
Il sistema o rete di trasmissione e distribuzione provvede al trasferimento delle
potenze prodotte, ai centri di utenza, attraverso successive trasformazioni dei valori
delle tensioni, fino ad una distribuzione capillare ai singoli consumatori. In generale
si distingue tra:
 Sistema o rete di trasmissione propriamente detto, composto da una rete di linee
ad alta tensione, ( U = 220 – 380 kV ), che trasmettono grandi valori della
potenza a grandi aree geografiche, collegando in genere centrali e stazioni.
 Sistema o rete di subtrasmissione o distribuzione primaria, con valori di
tensione relativamente più bassi, ( U = 66 – 132 kV ), che alimenta aree
geograficamente più ristrette, collegando generalmente stazioni e cabine.
 Sistema o rete di distribuzione secondaria, con valori medi di tensione , ( U =
10 – 30 kV ), ed il sistema di distribuzione in bassa tensione,
(U = 220- 380 V), che consentono la distribuzione capillare al singolo utente.
L’impiego della corrente alternata alla frequenza dei 50 Hz, ( valore unificato in
Europa, mentre negli USA viene usato il valore di 60 Hz ), offre la possibilità,
mediante i trasformatori, di adeguare la tensione del sistema al valore desiderato.
GENERATORI ELETTRICI
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La produzione dell’energia elettrica non è altro che una trasformazione di altri
tipi di energia in energia elettrica.
Le macchine destinate alla produzione o generazione elettrica sono detti generatori
elettrici. Infatti l’energia non può essere creata, ma deve essere ottenuta per
trasformazione da altre forme di energia già esistente, ( processo di conversione ).
Le fonti primarie di energia esistenti sono da una parte il sole e le masse di acqua,
( fonti dette rinnovabili in quanto la loro disponibilità viene rinnovata o ripristinata da
eventi naturali ), dall’altra parte sono tutti i combustibili tradizionali o nucleari,
( queste fonti sono dette non rinnovabili, in quanto si consumano con il loro utilizzo,
esaurendosi ).
L’alimentazione elettrica viene assicurata dagli Enti erogatori e distributori
dell’energia elettrica; in Italia il principale Ente è L’ENEL.
Le centrali elettriche nelle quali viene prodotta l’energia elettrica sono collegate fra
loro attraverso la rete di interconnessione. In pratica sono collegate tra loro, anche,
le reti delle nazioni confinanti, consentendo lo scambio dell’energia da un paese
all’altro; l’energia dunque può essere esportata o importata come un qualsiasi altro
prodotto. Le centrali elettriche possono essere di vari tipi. Ne elenchiamo le più
importanti:
 IDROELETTRICHE, dove l’acqua convogliata nel bacino di una diga viene
fatta scorrere in un condotto che giunge ad una turbina, alla quale è collegata una
macchina elettrica, ( alternatore ), che genera l’energia elettrica.
 TERMOELETTRICA, nelle quali viene prodotto calore per combustione dei
combustibili fossili, ( carbone, petrolio, gas naturali ). Il calore scalda l’acqua, il
cui vapore viene convogliato in una turbina alla quale è collegato l’alternatore.
 GEOTERMOELETTRICHE, che utilizzano vapori d’acqua naturali, come a
Larderello.
 NUCLEARI, o più precisamente, nucleotermoelettriche, nelle quali il calore non
viene prodotto da combustibile, ma dalla fissione degli atomi di elementi
radioattivi, ( uranio e plutonio ).
 SOLARI, nelle quali il calore viene prodotto dall’energia solare che raggiunge
appositi pannelli. E’ anche possibile convertire direttamente l’energia solare in
arrivo in energia elettrica.
 EOLICHE che sfruttano i fenomeni ventosi.
L’energia elettrica prodotta dalle centrali è normalmente in corrente alternata, ed
attraverso la rete di distribuzione l’energia elettrica raggiunge i vari impianti.
L’energia di tipo chimico può essere sfruttata per generare energia elettrica nelle pile
e negli accumulatori, ed in questo caso si tratta di energia elettrica in corrente
continua. La differenza consiste nel fatto che i processi elettrochimici che si
verificano nelle pile sono irreversibili, cioè le pile non possono essere ricaricate ed
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impiegate nuovamente, quando hanno consumato l’energia disponibile, mentre negli
accumulatori il processo è reversibile, cioè possono essere ricaricati e riutilizzati.
In questi generatori spesso si possono collegare più elementi, realizzando una
batteria.
APPARECCHIATURE DI MANOVRA E LORO UTILIZZAZIONE
Un apparecchio di manovra è un dispositivo destinato a stabilire o ad
interrompere la corrente in uno o più circuiti.
La manovra può avvenire a carico, cioè quando nel circuito è presente una corrente
che deve essere interrotta, o quando, chiudendo il circuito, in esso si viene a stabilire
una corrente. La manovra può anche avvenire a vuoto, cioè in assenza di corrente,
quando il circuito è già interrotto in un altro punto. La differenza tra i due tipi di
manovra consiste nella presenza o meno dell’arco elettrico al momento dell’apertura
dei contatti. Inoltre tutte le apparecchiature di manovra sono costituite da un contatto
fisso e da un contatto mobile. Quello mobile si avvicina al contatto fisso durante la
chiusura e si allontana durante l’apertura del dispositivo. Nelle manovre a carico,
durante l’apertura dell’interruttore, ( ma anche nella chiusura ), si sviluppa un arco
elettrico, per effetto della ionizzazione dell’aria, ed ecco perché l’atto dell’apertura
deve essere molto rapido il distacco fra i due contatti; nel caso in cui la tensione
risulta molto elevata si interviene anche con opportuni mezzi deionizzanti. Se la
corrente è molto elevata il dispositivo può anche fallire nel tentativo di interromperla,
e tutto questo avviene soprattutto nel caso di manovre a carico.
Se invece le manovre avvengono a vuoto il problema non si pone.
In un impianto elettrico si rende necessario, per vari motivi, intervenire sul circuiti
interrompendolo. Ciò può avvenire per motivi di sicurezza o per motivi funzionali.
L’interruzione per motivi di sicurezza si ha quando debbano essere eseguiti dei
lavori sull’impianto o vicino all’impianto ed occorre evitare che si verifichi un
contatto degli operatori con le tensioni elettriche. Questo tipo di interruzione prende il
nome di SEZIONAMENTO. Il sezionamento deve assicurare che l’intero impianto,
o la parte di impianto sulla quale si deve intervenire, sia messo completamente fuori
tensione, separandolo da qualsiasi fonte di energia elettrica. In questo modo è
garantita la sicurezza delle persone che devono lavorare vicino all’impianto,
comunque è sempre necessario eseguire delle prove, con appositi strumenti, che
confermino l’assenza di parti in tensione. Ogni impianto nella sua interezza ed ogni
ramo di esso devono essere obbligatoriamente sezionabili.
L’interruzione per motivi funzionali è quella che avviene nel normale esercizio di
un impianto che deve essere azionato e fermato, secondo le necessità, per realizzare
lo scopo dell’impianto stesso. Il circuito viene così connesso e disconnesso al resto
dell’impianto. Per operare l’interruzione per motivi funzionali si usano gli
interruttori di manovra, che sono quegli apparecchi meccanici di manovra destinati
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a stabilire, portare ed interrompere, correnti in condizioni normali, ma anche in
condizioni anormali come nel caso di sovraccarichi.
Tra le caratteristiche principali degli interruttori occorre nominare le seguenti.
1I dati nominali ( tensione, corrente e frequenza ), che servono a designare
l’apparecchio e a definirne le prestazioni agli effetti dell’ordinazione e del
collaudo.
2Il potere di interruzione, che è la più elevata intensità di corrente che
l’interruttore è in grado di interrompere nelle condizioni prescritte dalla
normativa. In pratica per correnti superiori al potere di interruzione, ( che
normalmente è dell'ordine dei kA ), l’interruttore non è in grado di estinguere
l’arco.
3Il tempo di apertura e quello di chiusura nominali, ( in secondi ).
Nella tabella riporto i principali segni grafici relativi ad apparecchi di manovra e di
comando, ( secondo le norme CEI ).
Vedi pagina successiva:
Contatti a due o tre posizioni
N.
Segno grafico
Descrizione
07 – 02 – 01
Contatto di chiusura
NOTA- Questo segno grafico è anche
usato come segno generale di
interruttore inteso come dispositivo
meccanico per chiudere e aprire il
circuito.
07 – 02 - 02
N.
07 – 13 – 01
07 – 13 – 02
18
Apparecchi di manovra e di comando
Segno grafico
Descrizione
Usare simboli uguali al
07 – 02 – 01
e al 07 – 02 - 02
Interruttore ( segno generico per ogni
dispositivo meccanico che attua la
chiusura o apertura di un
circuito ).
Contattore ( contatto di chiusura ).
07 – 13 – 03
Contattore ad apertura automatica
(associato ad un relè di protezione)
07 – 13 – 04
Contattore ( contatto di apertura )
07 – 13 – 05
Interruttore ( di potenza )
07 – 13 – 06
Sezionatore
07 – 13 – 07
Sezionatore a due vie e tre posizione
con posizione centrale di apertura
07 – 13 – 08
Interruttore di manovra - sezionatore
07 – 13 – 09
Interruttore di manovra-sezionatore
ad apertura automatica
Un interruttore ad apertura automatica si apre automaticamente quando una certa
grandezza caratteristica assume determinati valori. Esso è quindi corredato di un relè
di misura o di un dispositivo di sgancio, il cui simbolo viene riportato
immediatamente al di sotto del segno grafico dell’interruttore.
19
RELE’
Relè di misura o dispositivo similare (segno grafico di base).
Le grandezze caratteristiche ed i simboli complementari debbono
essere indicati al posto dell’asterisco nel seguente ordine
Grandezza caratteristica e suo modo di variazione;
Senso di trasmissione dell’energia;
Campo di taratura;
Valore di taratura;
Rapporto di rilascio ( riarmo);
Azione ritardata;
Valore del ritardo.
U
Tensione di guasto a massa
U
Tensione di guasto a terra
Ursd
I
Tensione residua
Corrente di ritorno
Id
Corrente differenziale
In
Corrente al neutro
In-n
P
Q
-Q
Corrente fra i punti neutri di due sistemi polifasi
Potenza relativa all’angolo di fase 
Potenza reattiva
La potenza reattiva negativa si indica con il valore
opposto indicato
In questa tabella sono riportati i simboli delle grandezze caratteristiche che, possono
determinare l’apertura automatica di un interruttore.
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Frequenza f
Temperatura  o anche t
Livello di un fluido
Numero di eventi
Presenza di una portata fluida
Flusso di gas
Effetto o dipendenza dal campo magnetico
Effetto termico
Effetto elettromagnetico
Effetto di prossimità
Effetto di prossimità per avvicinamento di un magnete
Effetto di prossimità sensibile al tocco ( sfioramento )
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I sezionatori sono definiti dalle norme CEI (17-11), come apparecchi meccanici
di manovra che, per ragioni di sicurezza, assicurano, nella posizione di aperto,
una distanza di sezionamento che soddisfa a condizioni specificate.
L’interruzione è infatti affidata alla distanza in aria tra i contatti, ( distanza di
sezionamento ). La condizione di sezionamento deve essere constatabile
visivamente: guardando i contatti si deve possibilmente vedere che sono in posizione
di aperto. Questo è senz’altro obbligatorio per le tensioni elevate, mentre per le basse
tensioni, se ciò non è possibile, occorre che almeno ci sia un dispositivo indicatore.
Un sezionatore deve essere in grado di aprire e di chiudere un circuito, quando la
corrente stabilita o interrotta è di intensità trascurabile, più precisamente il
sezionatore deve intervenire quando il circuito o l’apparecchio non è in funzione.
Non si deve mai sezionare sotto carico.
In pratica la differenza fondamentale tra i sezionatori e gli interruttori, è che
normalmente i primi possono essere utilizzati quando l’impianto è a vuoto, cioè
quando gli utilizzatori non sono inseriti, mentre i secondi possono essere manovrati
sempre.
Gli interruttori – sezionatori, ( detti anche sezionatori sotto carico ), sono degli
interruttori di manovra che possono svolgere anche la funzione di sezionamento, in
quanto nella posizione di aperto soddisfano alle prescrizioni delle norme circa la
distanza di sezionamento. In bassa tensione non si fa largo uso di sezionatori,
comunque in questo caso sono accettabili come dispositivi di sezionamento, oltre ai
sezionatori, e agli interruttori – sezionatori, anche altri dispositivi, come le prese a
spina, gli interruttori automatici e i fusibili. Naturalmente occorre che questi
dispositivi rispondano a certe caratteristiche, ossia siano omnipolari, cioè agire
contemporaneamente su tutti i poli e le fasi, e devono essere costruiti in modo tale da
prevenire richiusure accidentali per urti o per vibrazioni.
I contattori o teleruttori sono dispositivi meccanici ad azionamento non manuale
aventi una sola posizione di riposo. Essi devono essere capaci di stabilire, sopportare
ed interrompere correnti in condizioni ordinarie e di sovraccarico del circuito.
Essi sono progettati per eseguire un alto numero di operazioni.
Inoltre, essi sono caratterizzati da una serie di contatti principali, ( che sono di solito
aperti a riposo ), e dalla presenza di contatti ausiliari, ( che possono essere
normalmente aperti o normalmente chiusi ). Il comando del contattore può essere
elettromagnetico, ma anche pneumatico ed elettropneumatico.
C’è da osservare che l’impiego dei contattori, offre il vantaggio di un comando e di
un controllo a distanza, da un punto o da più punti, sfruttando anche i contatti
ausiliari è possibile inserire circuiti di allarme, blocchi, segnalazione, ecc.
22
Infine i contattori possono essere trasformati in interruttori di massima corrente, se
vengono corredati da opportuni relè termici, elettromagnetici o magnetotermici.
In condizioni di funzionamento anormale del circuito, non è sufficiente la presenza di
un dispositivo che possa essere azionato manualmente da un operatore, proprio per
questo è necessario che l’operazione avvenga automaticamente.
Un interruttore automatico è un apparecchio destinato a connettere
all’alimentazione un circuito e a disconnetterlo mediante operazione manuale, o ad
aprire il circuito automaticamente quando la corrente supera un valore
predeterminato.
Viene detto sganciatore o dispositivo di sgancio automatico lo sganciatore
meccanico, connesso con l’interruttore, che libera gli organi di ritegno e ne permette
l’apertura.
LA PROTEZIONE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
Gli impianti e le apparecchiature elettriche possono essere danneggiate da due
tipi di guasto:
Le sovracorrenti sono correnti che superano il valore di corrente per il quale
l’impianto è progettato, ( valore di corrente nominale ).
Le sovratensioni sono le tensioni che superano il valore di tensione per il quale
l’impianto è stato progettato, ( valore nominale della tensione ).
Le sovracorrenti possono originarsi per due cause differenti:
a) Sovraccarichi:
si hanno quando per un qualunque motivo, l’impianto
assorbe una corrente maggiore di quella nominale, senza
che si sia verificato un qualche guasto. Ciò può avvenire
per esempio, per un sovraccarico meccanico, per
abbassamento della tensione di alimentazione, per
l’interruzione di una fase, per il mancato avviamento di un
motore, ecc. In genere l’impianto è in grado di sopportare
tale sovracorrente fino a che il riscaldamento dei
componenti non assuma un valore pericoloso.
Pertanto l’intervento del dispositivo di protezione dovrà
avvenire in un tempo più o meno lungo a seconda
dell’entità del sovraccarico stesso.
23
b) Corto circuiti:
siamo in presenza di un guasto vero e proprio.
Questo accade per esempio, quando due conduttori,
( parti attive ), situati a tensioni differenti, vengano a
trovarsi a contatto, o per errore di collegamento, o per un
difetto di isolamento, o per danneggiamento meccanico del
circuito. La corrente in questi casi assume di solito valori
notevolmente superiori a quello nominale, ed occorre che un
dispositivo di protezione intervenga nel più breve tempo
possibile, interrompendo l’alimentazione, per evitare danni
maggiori.
Diamo anche altre due importanti definizioni, riguardanti le condizioni anomale che
possono verificarsi negli impianti elettrici:
Con il termine difetto di isolamento viene indicata una condizione difettosa in cui si
può venire a trovare l'impianto.
Col termine contatto a massa viene indicato che, per un qualsiasi motivo, si è venuto
a creare un collegamento tra parti in tensione di apparecchiature elettriche e una
massa che non doveva trovarsi in tensione, ( ad esempio una carcassa metallica ).
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE CONTRO LE SOVRACORRENTI
Gli impianti elettrici più pericolosi, nonostante siano i più semplici, sono gli
impianti domestici. Questo, perché nella maggioranza dei casi, gli utilizzatori, non
hanno conoscenza dei pericoli della corrente elettrica, ed è questo il motivo per il
quale avvengono numerosi infortuni.
All’inizio di ogni impianto deve essere collocato un interruttore generale
omnipolare, inoltre esso deve essere corredato degli opportuni interruttori di
protezione contro i cortocircuiti e sovraccarichi. E’ ovvio che questi due tipi di
protezione devono essere coordinati fra loro. Possono essere impiegati degli
interruttori automatici di massima corrente, ai quali può essere affidato anche, il
compito di interruttore generale. In alternativa si possono impiegare dei fusibili, che
devono essere installati immediatamente a valle dell’interruttore generale.
Qualunque sia la soluzione adottata, questo deve essere
in grado di
interrompere la massima corrente di corto circuito, che può verificarsi nel punto
in cui è installato.
I dispositivi utilizzati per la protezione contro le sovracorrenti possono assicurare la
protezione, sia contro i sovraccarichi che i corto circuiti, ( sono gli interruttori
automatici provvisti di sganciatore di sovracorrente, interruttori combinati con
fusibili, fusibili), oppure possono assicurare la protezione, solo contro i sovraccarichi,
( dispositivi di protezione con potere di interruzione inferiore alla corrente di corto
circuito ), oppure assicurare la protezione solo contro i corto circuiti, ( da impiegarsi
solo quando la protezione contro i sovraccarichi è assicurata con altri mezzi, o possa
essere omessa secondo la normativa ).
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Il RELE’ TERMICO, ha il suo funzionamento legato alle variazioni termiche. Serve
per la protezione alle sovracorrenti lievi, che perdurano a lungo nel tempo, dovute a
varie cause come, un sovraccarico meccanico, per abbassamento della tensione di
alimentazione, per l’interruzione di una fase, per il mancato avviamento di un motore,
ecc. Questo relè sfrutta l’incurvamento, normalmente di un bimetallo, cioè di due
metalli saldati opportunamente fra loro, ma con coefficienti termici di dilatazione
distinti. Questo incurvamento se significativo consente l’apertura o la chiusura di un
contatto.
Il FUSIBILE ha il compito di interrompere automaticamente il circuito, quando in
esso si verificano sovraccarichi e corto circuiti. Ciò avviene attraverso la fusione di
una parte del dispositivo e l’estinzione del successivo arco elettrico che si viene a
formare o costituire.
FUSIBILI ED INTERRUTTORI CON FUSIBILI
N.
SEGNO GRAFICO
DESCRIZIONE
07 – 21 – 01
FUSIBILE ( segno generale ).
07 – 21 – 02
FUSIBILE
con
indicazione,
mediante tratto con spessore
maggiore, dell’estremo che rimane
in tensione.
07 – 21 – 03
FUSIBILE con percussore.
07 – 21 – 04
FUSIBILE, con percussore e con
circuito di segnalazione, a tre
morsetti.
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SOVRATENSIONI
Le cause più frequenti di sovratensione sono la commutazione nelle reti di
distribuzione, di energia, ( le così dette sovratensioni di manovra ), e le scariche
atmosferiche, ( fulmini ).
I componenti attualmente impiegati per la protezione contro le sovratensioni sono:
 Gli SPINTEROMETRI o SCARICATORI.
Sono componenti realizzati in vario modo, e al di sopra di certi
valori di tensione, innescano una scarica elettrica, comportandosi
momentaneamente come dei corto circuiti.
Spinterometro ( segno grafico generale )
Scaricatore
 VARISTORI.
Sono delle resistenze NON LINEARI, cioè che non rispettano la
legge di OHM, costituite da carburo di silicio, ossido di zinco.
La loro caratteristica è quella di diminuire la resistenza
all’aumentare della tensione. Sono adatti per proteggere impianti o
apparecchi adibiti all’alimentazione elettrica, ma anche in circuiti
più complessi.
 DIODI di SOPPRESSIONE.
Non sono altro che dei diodi ZENER veloci, in grado di sopportare
senza alcun danno le correnti impulsive.
Cenno sui DISTURBI ELETTRICI
Il problema dei disturbi elettrici o più precisamente della compatibilità
elettromagnetica, ( EMC – Electro Magnetic Compatibility ), sta assumendo una
crescente importanza.
La EMC si occupa della convivenza degli apparecchi elettrici ed elettronici con
l’ambiente elettromagnetico che li ospita.
In questo caso occorre intervenire su due livelli:
sul controllo delle emissioni e sul controllo delle immunità degli apparati.
Ogni dispositivo che, per funzionare, sfrutta l’energia elettrica emette dei segnali
elettromagnetici e quindi inquina l’ambiente circostante.
Oggi, infatti le NORME impongono un limite all’inquinamento dei diversi
dispositivi. L’altro problema è quello della suscettibilità, ossia ogni apparecchio,
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funzionando in un ambiente inquinato elettromagneticamente, da altri dispositivi,
deve funzionare regolarmente, ossia deve essere immune ai disturbi degli altri.
Pertanto, oggi ogni apparato deve sottostare a prove di emissione e a prove di
suscettibilità magnetica.
I principali enti che presiedono la normalizzazione della EMC, sono:
 L’IEC;
 Il CENELEC;
 Il CEI;
 Gli Enti autorizzati.
Infine i DISTURBI vengono, per comodità, classificati in:
DISTURBI CONDOTTI, sono i segnali che si possono produrre sotto forma di
tensione e correnti non volute, ( ad esempio, a frequenza diversa dalla tensione di
alimentazione di rete ). Questi disturbi possono essere raccolti da qualsiasi altro
apparecchio connesso alla rete luce.
DISTURBI IRRADIATI, consistono in un campo elettromagnetico, non voluto,
prodotto dall’apparato o da esso raccolto.
SISTEMI TRIFASI
I generatori di tensione alternata trifase possono essere schematizzati mediante
tre avvolgimenti di statore uguali, posti a 120° elettrici l’uno rispetto all’altro, in detti
avvolgimenti sono indotte, per effetto della rotazione tre tensioni sinusoidali Ea, Eb,
Ec, uguali fra loro, poste anch’esse a 120° l’una rispetto all’altra.
Nell’ipotesi che tali avvolgimenti siano collegati a tre impedenze Z uguali, le correnti
che circolano nei corrispondenti circuiti, Ia, Ib, Ic sono uguali fra loro, sfasate di un
angolo , ( argomento dell’impedenza Z ), rispetto alle corrispondenti tensioni e
quindi poste anch’esse a 120° l’una rispetta all’altra.
Un tale sistema si definisce trifase simmetrico equilibrato, inoltre esso può venire
scisso in tre sistemi monofasi.
La potenza attiva, reattiva ed apparente sono date dalle seguenti espressioni:
P = E I cosφ = √ 3 V I cosφ;
Q = E I senφ = √ 3 V I senφ;
A = S = E I = √ 3 V I.
La potenza istantanea trifase che, attraversa una sezione di un sistema trifase è
costante, mentre quella che attraversa i tre i singoli sistemi monofasi è pulsante.
27
La potenza istantanea trifase è la somma delle potenze istantanee relative alle tre fasi:
p = pa + pb + pc = ea ia + eb ib + ec ic.
Tale espressione, ponendo  =0 per la tensione ea = 0 , con l’ipotesi che la carico sia
induttivo, si può anche scrivere la seguente relazione:
p = 3 E I cosφ + ( - EI ) cos ( 2 t - φ ) + (- EI ) cos ( 2 t – 240° - φ ) = 3 E I cosφ .
Un sistema trifase di correnti non equilibrato o un sistema trifase di tensioni non
simmetrico, si può rappresentare mediante una terna di vettori, ognuno dei quali
rappresenta
la
grandezza
sinusoidale
della
fase
corrispondente.
Si possono studiare tali sistemi trifasi sulla base delle proprietà di tali terne di vettori.
COMPONENTI SIMMETRICI
Un sistema di tre vettori qualsiasi Ea, Eb, Ec, si può indicare nel modo seguente:
S ( E ) = (Ea, Eb, Ec ).
Se la somma dei tre vettori qualsiasi è uguale a zero, il sistema si dice puro, se esso è
diverso da zero si dice spurio.
Quando il senso ciclico è antiorario la terna costituisce un sistema simmetrico
diretto, se il senso ciclico è orario viene costituito un sistema simmetrico inverso.
Inoltre, nei sistemi trifasi si può anche considerare, l’operatore vettoriale , che
determinano uno spostamento di 120° nel senso antiorario. Si ha quindi:
Eb
Ea
Ec
S(Ea) = ( Ea, Eb, Ec ). Una terna simmetrica è
un sistema puro costituito da vettori uguali in
modulo e sfasati ugualmente fra loro.
 = ej(2/3) = - ( 1 / 2 ) + j ( √ 3 / 2 ),
spostamento di 120° in senso antiorario;
² = ej(4/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ),
spostamento di 240° in senso antiorario;
 -1 = e -j(2/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ),
spostamento di 120° in senso orario.
28
Si tenga presente che:
0 = 1;
 = ej(2/3) = - ( 1 / 2 ) + j ( √ 3 / 2 ),
² = ej(4/3) = - ( 1 / 2 ) - j ( √ 3 / 2 ); 3 =  . ² = ej2 = 0 = 1 e se ne conclude che
l’operatore  ha periodicità 3. Infine, si può osservare che:
1 +  + ² = 1 – (1 / 2) + j ( √ 3 / 2 ) – (1 / 2) - j ( √ 3 / 2 ) = 0.
In definitiva, un sistema diretto si può così rappresentare:
Ed = E3
0Ed = Ed = E1
² Ed = E2
di conseguenza potremo scrivere, S1(Ed) = ( Ed, ² Ed,  Ed ) = ( E1, E2, E3 )
Per altre informazioni rimando ai miei appunti sui sistemi trifasi.
LE SOVRATENSIONI
Si definiscono sovratensioni le d.d.p che, sono anormalmente elevate
rispetto alle tensioni massime di esercizio, previste dagli impianti.
Tali d.d.p sollecitano l’isolamento in maggior misura al punto da poterne
determinare, in alcuni casi il cedimento, provocando conseguentemente un guasto,
con un abnorme flusso di corrente a frequenza industriale, ossia a 50 Hz.
Le sovratensioni si possono distinguere in:
SOVRATENSIONI TRASVERSALIsi verificano fra due fasi o fra una fase e
la terra. Sono pericolose e per le
apparecchiature delle STAZIONI e per le
LINEE.
SOVRATENSIONI LONGITUDINALI- si verificano fra punti di una stessa fase e
Sono pericolose per i macchinari, in
Particolare per i TRASFORMATORI,
perché sollecitano l’isolamento fra spira
e spira.
Infine, le sovratensioni si possono distinguere a seconda della loro origine in:
SOVRATENSIONE ESTERNA e SOVRATENSIONE INTERNE.
Le sovratensioni esterne sono dovute a cause esterne agli impianti, e cioè a
fenomeni di origine atmosferica. Sono caratterizzate da onde impulsive unidirezionali
29
di breve durata, dell’ordine dei microsecondi, e di ampiezza elevata dell’ordine delle
decine o centinaia di kV.
Le sovratensioni interne sono dovute a cause interne all’impianto, ( manovre,
guasti, fenomeni di risonanza, ecc. ). Esse sono caratterizzate da onde oscillanti assai
smorzate, alla frequenza di rete, dell’ordine delle centinaia o migliaia di Hz,
assimilabili ad impulsi direzionali di lunga durata, dell’ordine delle centinaia di
microsecondi, ( sovratensioni di manovra ), oppure sono caratterizzate da onde
oscillanti poco smorzate, o smorzate alla frequenza industriale, assimilabili ad
impulsi di lunghezza, dell’ordine delle centinaia di millisecondi, ( sovratensioni
sostenute ).
SOVRATENSIONI ESTERNE
Fra le sovratensioni di origine atmosferica la più pericolosa è la
FULMINAZIONE DIRETTA.
Il fulmine è sostanzialmente una scarica elettrica, mediante la quale una certa quantità
di carica si sposta da una zona all’altra a potenziale diverso.
Questa scarica può avvenire, fondamentalmente, in tre modi:
a)
scarica fra nubi;
b)
scarica fra due zone della stessa nube;
c)
scarica fra una nube e la terra, ( in senso discendente o ascendente ).
L’ultimo tipo di scarica è indubbiamente il più importante.
Il fulmine si forma quando il campo elettrico in qualche punto in prossimità della
nube, che generalmente si carica negativamente nella parte bassa, supera la rigidità
elettrica dell’aria, provocando una scarica di ionizzazione; dalla nube si proietta verso
il basso un canale ionizzato, detto leader, che si propaga a scatti, o a steps.
All’avvicinarsi a terra dei leader si può raggiungere in qualche punto, sulla terra
stessa, per induzione elettrostatica, un valore di campo elettrico superiore alla rigidità
dielettrica dell’aria; si genera allora una scarica di ionizzazione positiva da terra verso
l’alto. Pertanto si ha il riversarsi a terra della carica negativa, lasciata da leader, e si
genera una scarica diretta da terra verso la nube, ( return stroke ), che è la vera e
propria scarica del fulmine, con intensità di correnti molto elevate dell’ordine delle
decine di kA e con velocità dell’ordine dei 0,3 c, con c = velocità della luce.
Da qui possono procedere altre scariche, negative dalla nube e positive dalla terra.
_
_ _ _ _ _
_ _ _
__
30
_
_
_
_
_
_
_ _
_ _ _ _ _
_ _
propagazione
nube alla
del leader dalla
terra
fase iniziale del fulmine
+
++
_ _
++
++++++
_ _ _
_ _ _
+++++
++
_ _
scarica
verso la
partenza da terra
+++++
diretta da terra
nube
del leader ascendente
++ +++ + + +++
+ + + + +
Nel caso in cui la polarità di carica della nube sia invertita, ossia la parte più bassa si
carica positivamente, il leader anziché iniziare dalla nube può iniziare dalla terra, e si
ha la cosiddetta scarica positiva. Essa è caratterizzata da un leader ascendente che si
propaga a steps, però in genere non si verifica la scarica di ritorno. In questo caso le
correnti messe in gioco sono assai più deboli e durano con tempi più lunghi, fino a
0,25 secondi.
Sulla base di una serie di dati sperimentali si è potuto dedurre un andamento tipico
della forma d’onda, dovuto alle sovratensioni di origine atmosferica.
In definitiva, è stato possibile così, normalizzare una forma d’onda, in grado di
rappresentare in modo significativo i fenomeni che realmente avvengono.
Altri tipi di sovratensioni esterne sono quelle dovute all’induzione elettrostatica,
che si formano fra una nuvola ed una linea aerea, per effetto delle cariche elettriche
indotte, dopo la scarica del fulmine dalla nube verso la terra.
Si hanno poi sovratensioni per induzione elettromagnetica che, si formano per
scarica fra due nubi vicine, e perciò nel conduttore di linea posto in vicinanza si
inducono degli impulsi di corrente. Entrambe tali sovratensioni non risultano di
norma pericolose per le linee ad AT, mentre possono in alcuni casi diventare
pericolose per gli impianti di MT e BT.
PROVE AD IMPULSO
Allo scopo di valutare l’attitudine di una macchina e apparecchiature a resistere
alle sollecitazioni di origine atmosferica, è stata definita una prova di collaudo
31
denominata PROVA ad IMPULSO. Questa prova viene eseguita sui principali
dispositivi dell’impianto in sede di acquisto.
Tale prova consiste nell’applicazione di una forma d’onda, definita 1,2/50
avente, a seconda dei casi, polarità positiva e/o negativa, con la seguente
rappresentazione: tensione
Vmax
Fronte d’onda
Coda d’onda
T2
origine convenzionale O’
O
tempo
E’ definito FRONTE D’ONDA, il tratto di curva compreso fra l’inizio dell’impulso
ed il valore di cresta. La durata convenzionale del fronte d’onda, indicata con T1, è
così definita:
T1= 1,67 ( T 0,9 – T 0,3 ),
dove T 0,9 e T 0,3 sono i valori dei tempi corrispondenti rispettivamente a:
V9 = 0,9 Vmax e V3 = 0,3 Vmax.
E’ definito CODA D’ONDA il tratto di curva che segue la cresta, e la sua durata
convenzionale, indicata con T2, è definita come l’intervallo di tempo, espresso in
microsecondi, tra l’origine convenzionale dell’onda O’ e l’istante in cui la tensione
assume la metà del valore di cresta, nella fase decrescente.
Per ottenere impulsi di questo tipo occorre disporre di un’apparecchiatura, detta
GENERATORE DI IMPULSI, che può essere così schematizzata:
S
R1
R2
V
C1
C2
dove C1 = condensatore caricato alla tensione V di polarità positiva o negativa,
S = spinterometro a sfere; R1 = resistenza di fronte; R2 = resistenza di coda,
C2 = condensatore al quale deve essere collegato l’oggetto in prova ed in
genere il suo valore di capacità è molto inferiore a quella di C1.
SOVRATENSIONI INTERNE
32
a)
b)
c)
d)
Fra i diversi tipi di sovratensioni di origine interna si possono distinguere:
sovratensioni dovute a brusche variazioni di carico;
sovratensioni dovute a manovre di interruzione;
sovratensioni dovute a guasti verso terra;
sovratensioni dovute a fenomeni di risonanza.
Il caso a), si verifica di solito quando si ha un distacco del carico, di un generatore.
La caduta di tensione sulla sua reattanza sincrona, venendo a scomparire, produce un
aumento della tensione ai suoi morsetti dell’ordine del 15% / 20%. Mediante
l’impiego di adatti regolatori di tensione si può riportare la tensione al valore
normale. Può accadere, poi, che la turbina collegata al generatore, in mancanza del
carico, assuma la cosiddetta velocità di fuga; ad esempio per la turbina PELTON ha
un aumento di velocità pari all’80% di quella normale, mentre la tensione del
generatore aumenta in modo proporzionale al cubo dell’aumento della velocità, e
diventa pari a circa 6 volte la tensione iniziale. E’ altresì vero che, i circuiti magnetici
saturandosi tendono a limitare detti valori, ma la tensione può anche raddoppiare o
triplicare rispetto alla tensione normale di funzionamento.
In definitiva occorrono allora, adatti regolatori della velocità delle turbine, e adatti
regolatori della tensione, in modo tale da contenere l’aumento della tensione entro
limiti accettabili.
Il caso b), si verifica ad esempio, a seguito della chiusura di una linea, a vuoto, in
corrente alternata ad alta tensione. In questo caso si possono raggiungere valori di
tensioni pari a 2,5 volte il valore della tensione nominale di cresta. Il fenomeno
oscillatorio si propaga lungo la linea, e per effetto della riflessione, la tensione
all’estremità della linea può assumere valori ancora più elevati.
Un altro esempio significativo, è quello rappresentato dall’interruzione dei circuiti di
tipo capacitivo, quali batterie di condensatori; infatti in questo caso nell’ipotesi di
riadescamento dell’arco, si può stabilire un’oscillazione di ampiezza tale da
provocare sul circuito, una tensione pari ad oltre tre volte quella di alimentazione.
Il caso c), si verifica nei sistemi a neutro isolato. Quando si ha un guasto a terra di
una fase, la tensione verso terra di questa si annulla, mentre per le altre due fasi, essa
diventa uguale alle tensioni concatenate; il prolungarsi, nel tempo, di tale tensione
può, in certi casi, costituire pericolo.
Importante
In particolari situazioni, quando il guasto verso terra è del tipo
intermittente, ovvero si estingue e si riaccende a causa delle oscillazioni fra
induttanza e capacità del sistema, si possono avere sovratensioni fino a quattro volte
la tensione concatenata.
Nel caso d), si può verificare la situazione rappresentata nel circuito di figura:
L
C
con I = E / Z = E / ( √ R² + (  L – 1 /  C )² ).
R
33
VL
VC
E
Nel caso di frequenza di risonanza, cioè nel caso in cui  L = 1 /  C si ha che:
I = E / R ed è VL =  L I =  L E / R, e di conseguenza sarà,
VL / E =  L / R = 1 /  C R.
Inoltre per un valore di R piccolo il rapporto VL / E diventa assai elevato.
Tale fenomeno si presenta, ad esempio, nel caso di un guasto a terra di una linea
aerea collegata con una linea in cavo, oppure in caso di interruzione di un conduttore
di linea, a seguito dell’interruzione incompleta di un’apparecchiatura di manovra.
PROPAGAZIONE DELLE SOVRATENSIONI SULLE LINEE
Le sovratensioni si propagano lungo le linee, per effetto dell’induttanza L e
della capacità C del circuito, con onde di TENSIONE e di CORRENTE.
Nell’ipotesi di linee prive di perdite, la propagazione avviene mediante due onde, una
diretta ed una inversa, alla velocità v = 1/ √ LC corrispondente per le linee aeree,
alla velocità della luce.
Il legame fra le onde di tensione e le corrispondenti onde di corrente è dato dalla
I = V/Z0, dove Z0 =
l/c
è l’impedenza d’ONDA della LINEA, lievemente
superiore all’impedenza CARATTERISTICA, ( mediamente 500  per le linee aree,
50  per le linee in cavo e 5000  per gli avvolgimenti dei trasformatori ); tale
rapporto ha il segno + per l’onda diretta ed il segno - per quella inversa.
Nell’ipotesi di un cambiamento di caratteristiche, ovvero di due tratti di linea, aventi
diverse impedenze d’onda Z1 e Z2, collegati in serie in un punto A, si avrà che ogni
onda di tensione di ampiezza V1è in parte trasmessa con ampiezza V2 ed in parte
riflessa con ampiezza V1r, per cui risulta:
A
V1r
V1
a)
b)
34
V2
V1 + V1r = V2 ,
A
ed analogamente per l’onda di corrente si ha :
I1 – I1r = I2
A
I1r
I1
I2
A
Ma essendo sempre I1r = V1r /Z1, si ottiene:
c)
V1/Z1 – V1r/Z1 = V2/Z2 da cui:
d)
V1 – V1r = V2 . Z1 / Z2.
Sommando le equazioni a) e d) si ricava quindi:
2V1 = V2 ( 1 + Z1/Z2 ), ed infine
e)
V2/V1 = 2 Z1 / Z1 + Z2.
Se Z2  Z1 , casi di linea aerea seguita da un trasformatore o di cavo seguito da una
linea aerea, si ha :
V2  2 V1.
Nel caso Z2  Z1, linea aerea seguita da un cavo o linea seguita da un cortocircuito,
si ha: V2  0.
Nell’ipotesi che l’onda di tensione e di corrente, ( V1 e I1 rispettivamente ), arrivino
all’estremità di una linea aperta, trovano Z2 = , per cui si ricava dalle formule e) e
f):
V2 = 2 V1
I2 = 0.
Nell’ipotesi che l’onda di tensione e di corrente arrivino alle estremità di una linea
chiusa in cortocircuito, trovano Z2 = 0, per cui risulta: V2 = 0 , I2 = 2 I1.
PROTEZIONE CONTRO LE SOVRATENSIONI
Si distinguono in protezioni PREVENTIVE, intese a ridurre la probabilità
che, tensioni pericolose si manifestino negli impianti; e protezioni REPRESSIVE,
intese a eliminare le sovratensioni una volta che si sono manifestate.
PROTEZIONI PREVENTIVE
Tra le protezioni preventive, atte a prevenire il formarsi di una sovratensione,
sono da ricordare:
fune di guardia costituita da una corda metallica di solito, di acciaio zincato o in
corda bimetallica di alluminio – acciaio, tesa superiormente alle linee elettriche ad
35
alta tensione, allo scopo di attirare su di sé eventuali sovratensioni atmosferiche e
proteggendo così, i conduttori sottostanti ad essa.
La fune di guardia è disposta in modo che, l’angolo compreso fra la verticale e la
retta che unisce, detta fune, con il conduttore più esterno risulti dell’ordine dei 25° 35°. L’impiego della fune di guardia, tesa fra più sostegni, consente altresì di
collegare in parallelo le resistenze dei singoli sostegni;
adeguata messa terra dei sostegni per ridurre la resistenza di terra dei sostegni si
può interrare un conduttore di rame o ferro zincato, a circa un metro sotto la
superficie del terreno, disposto ad anello interno al sostegno; eventualmente si
dispongono alcuni conduttori intorno al sostegno, infissi ad una certa profondità del
terreno.
COORDINAMENTO DELL’ISOLAMENTO
Nell’ambito della protezione preventiva contro le sovratensione si può
intendere per coordinamento dell’isolamento, l’insieme delle attività intraprese per
determinare i requisiti richiesti dagli isolamenti del macchinario e delle
apparecchiature elettriche.
Occorre allo scopo intervenire secondo due direttive:
A) costruire macchinari ed apparecchiature in grado di sopportare sollecitazioni
dovute a sovratensioni esterne, o interne entro livelli definiti;
B)
adottare particolari apparecchiature di protezioni e progettare opportunamente
gli impianti, in modo tale da mantenere le sovratensioni nei livelli definiti per il
macchinario e le apparecchiature.
Per livello di isolamento di un macchinario o di un’apparecchiatura, si intende
l’insieme dei valori di tensione, ai quali sono eseguite le prove di isolamento in
sede di collaudo della fornitura.
In particolare si definiscono tali due valori:
- tensione a cui è eseguita la prova di tenuta alla frequenza industriale;
- tensione ad impulso di forma 1,2/50, ( che è standardizzata ) a cui è eseguita
la prova di tenuta ad impulso.
Le norme CEI stabiliscono, poi, i livelli di isolamento dei diversi dispositivi .
PROTEZIONI REPRESSIVE
Le protezioni repressive contro le sovratensioni consistono essenzialmente
negli spinterometri e negli scaricatori.
36
 SPINTEROMETRI
Sono costituiti da due elettrodi metallici, dei quali è in
contatto con l’impianto di terra e l’altro con la parte di
impianto da proteggere. Inoltre gli elettrodi in questione
sono disposti ad una distanza tale che, alla tensione
nominale dell’impianto, non possa provocare la scarica.
Invece, in presenza di una sovratensione, l’arco si adesca
Nell’intervallo d’aria, compreso fra i due elettrodi e la
sovratensione è così scaricata a terra. L’arco persiste alla
tensione nominale di esercizio e si stabilisce quindi, una
condizione di cortocircuito, di conseguenza è necessario
fare intervenire gli interruttori, per eliminare il guasto.
Proprio per questo inconveniente, gli spinterometri, che pure
sono semplici, poco costosi e robusti, sono usati solo per la
protezione degli isolatori passanti dei trasformatori, e di
catene di isolatori sospesi delle linee aeree AT.
 SCARICATORI Solitamente si impiegano gli scaricatori a resistenza
variabile, che hanno le seguenti caratteristiche:
1. spinterometro di adescamento regolato in modo da
consentire la scarica solo al di sopra di determinati
valori delle tensioni ad impulso, cioè non interviene
alle tensioni di esercizio;
2. dispositivo di spegnimento, in serie con lo spinterometro
in grado, di assicurare, l’interruzione della corrente
a frequenza industriale che, segue la scarica ad impulso;
3. resistenza variabile con la tensione a caratteristica
negativa, ( in resorbite ). Tali resistenze sono
dimensionate in modo tale che la caduta di tensione,
( definita tensione residua ), che esse provocano al
passaggio della corrente di scarica nominale non superi
la tensione massima impulsiva di forma 1,2/50 con il
quale si ottiene il sicuro adescamento dello scaricatore,
definita tensione di adescamento ad impulso;
4. tensione di innesco a frequenza industriale, ( ossia valore
della tensione a frequenza industriale che, applicata ai
morsetti dello scaricatore ne provoca l’intervento ), pari
ad almeno 1,5 volte la tensione nominale dello scaricatore.
Attualmente gli scaricatori sono posti di norma e protezione dei trasformatori
AT/AT, lato monte e lato valle, dei trasformatori AT/MT lato AT, nonché delle
linee AT. Negli ultimi anni si è andato sempre più estendendo l’impiego di
scaricatori, anche, per i componenti di impianto nella MT.
37
Nelle reti di distribuzione rurali si impiegano altri tipi di scaricatori, definiti ad
espulsione. Essi sono caratterizzati da uno spinterometro esterno ed uno interno,
posto entro un tubo di materiale isolante, che produce dei gas, all’atto dell’innesco
di un arco, in modo tale da impedire l’eventuale riadescamento.
Il loro uso è limitato per il fatto che hanno un ridotto potere di interruzione.
CORRENTI DI CORTOCIRCUITO
Si definisce cortocircuito un collegamento anormale a bassa impedenza tra
due elementi normalmente isolati.
Le correnti di cortocircuito sono quelle che circolano in un dato collegamento o
circuito, ed esse devono essere calcolate per i seguenti motivi:
- potere dimensionare le apparecchiature,( interruttori ), che devono essere in
grado di interrompere tutte le correnti, anche quelle di cortocircuito che si
possono avere nel punto di installazione in rete. La conoscenza della corrente
massima di cortocircuito, in ciascun punto della rete consente quindi di
scegliere l’interruttore adatto;
- tarare opportunamente i relè di protezione che, debbono aprire gli interruttori;
- valutare se gli sforzi elettrodinamici dovuti a tali correnti sulle sbarre e sul
macchinario, degli impianti, siano sopportabili o meno.
LE LINEE ELETTRICHE
La trasmissione dell’energia elettrica viene effettuata dalla zona di
GENERAZIONE alla zona di UTILIZZAZIONE, mediante le linee elettriche, di
tipo AEREO oppure con le linee in CAVO.
Le linee elettriche aeree sono realizzate mediante conduttori tesi in aria e
sostenuti, mediante isolatori, dagli appositi sostegni, ( pali, tralicci, ecc.).
A causa della naturale grandezza della campata ed i movimenti naturali dei
conduttori, questi si tengono ad una distanza nettamente superiore a quella
richiesta dalla rigidità dielettrica dell’aria. Rispetto a terra devono avere un
“FRANCO” minimo di sicurezza, nei confronti degli uomini, delle cose e degli
animali, che vengono a trovarsi al di sotto di essa. L’isolamento verso terra è
garantito proprio dagli isolatori.
Le linee aeree sono meno costose di quelle in cavo, ma molto ingombranti e con
impatti ambientali non del tutto felici. Inoltre le linee aeree sono soggette alle
intemperie atmosferiche e a tutte le sollecitazioni dovute alle condizioni
ambientali, ( escursioni termiche, vento, sovraccarichi in peso per neve, ghiaccio,
movimenti sismici, ecc. ).
38
Le linee elettriche in cavo, sono caratterizzate dall’avere i conduttori molto
ravvicinati fra loro, poiché l’isolamento tra essi e verso terra è garantita da
apposito materiale isolante, con elevate rigidità dielettriche, come ad esempio, la
gomma, il cloruro di polivinile, carta impregnata in olio, ecc., ne risulta così una
struttura molto compatta. I cavi sono dotati di guaine protettive, e si costruiscono
per i tipi più diversi di posa:
sotterranea,
sottomarina,
aria.
Le linee in cavo sono molto più costose di quelle aeree, ma presentano il
vantaggio di essere sottratte a tutte le manifestazione atmosferiche e di permettere
l’alimentazione sotterranea delle CABINE e delle STAZIONI.
DISTRIBUZIONE
La distribuzione dell’energia elettrica è una questione fondamentale, perché
coinvolge l’intero ciclo: produzione,
trasmissione,
e utilizzazione dell’energia elettrica.
Per l’utilizzatore la tensione deve essere sinusoidale, cioè a basso contenuto
armonico, di ampiezza la più costante possibile ed inoltre, le eventuali interruzioni
devono essere le più tollerabili possibili, con il minor costo complessivo.
Nel suo complesso la DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica può avvenire secondo
le seguenti modalità:
radiale,
ad anello,
a maglia.
Nella distribuzione radiale i carichi sono alimentati da un solo lato. Essa può
essere una linea senza derivazione, ( detta maglia semplice), oppure con
derivazione, ( detta maglia radiale con sviluppo dorsale ).
39
Gli svantaggi di un tale metodo di distribuzione, è che un sistema molto rigido, non si
hanno grandi possibilità di ampliamento, ed in caso di interruzione la continuità non è
garantita. I vantaggi derivano dal fatto che gli eventuali guasti sono facilmente
individuabili, ed infine il costo dell’impianto è relativamente basso, anche perché in
caso di guasto i dispositivi di protezione e di manovra, sono poco sollecitati.
Nella distribuzione ad anello ogni carico risulta alimentato da due parti, in modo
tale che la rete assume una forma chiusa.
( Vedi schema di riferimento nella pagina successiva )
Tale struttura comporta il vantaggio di avere minori
variazioni di tensione al variare dei carichi, in quanto
la corrente perviene al carico da due parti. Pertanto,
per l’utilizzatore si ha una maggiore sicurezza di
alimentazione, per contro si ha un maggior costo
dell’impianto, una maggiore complessità di calcolo
delle correnti di guasto nei vari tronchi dell’anello,
e ciò implica una maggiore cura del coordinamento
dell’isolamento. Inoltre in detta struttura è necessario
prevedere, nelle varie CABINE, di posti di
SEZIONAMENTO, per poter staccare dalla rete, il
il tronco eventualmente guasto o su cui è necessario
eseguire delle manutenzioni.
La distribuzione ad anello, migliora sensibilmente se si provvede a
collegare tra loro, mediante delle linee, alcuni punti particolari della linea. La
struttura così definita si dice distribuzione MAGLIATA.
La maglie possono essere più RADE, come ad
esempio nella distribuzione pubblica MT o AT,
oppure più FITTE, come nella distribuzione di BT.
Nelle grandi città o nei centri o reparti industriali, la
stessa può assumere una configurazione molto
regolare, alimentata in ciascun NODO oppure,
soltanto UNO o DUE. Si riducono notevolmente
le variazioni di tensione al variare dei carichi e le
perdite di energia. Però aumentano le intensità delle
correnti di corto circuito e le protezioni devono essere
40
più selettive e di sicuro funzionamento.
APPARECCHIATURE ELETTRICHE più importanti
Oltre al macchinario costituito da i generatori e dai trasformatori, necessari per
fornire l’energia elettrica, ai valori di tensione e di corrente desiderati, e alle LINEE,
aventi lo scopo di raggiungere le zone di utenza, un impianto qualsiasi richiede per il
suo funzionamento un certo numero di apparecchi elettrici, ne voglio illustrare i più
comuni.
Gli INTERRUTTORI necessari per la chiusura ed apertura o interruzione di un
circuito, sia in condizioni normali di servizio che in
condizioni anormali, (ad esempio in caso di corto circuito).
L’interruttore è pertanto un apparecchio sia di manovra che
di protezione. L’operazione di protezione è automatica, e si
realizza introducendo nel circuito degli elementi sensibili
alle grandezze di rete, (RELE’). L’interruttore viene
installato in vicinanza del macchinario elettrico, alla
partenza e/o all’arrivo delle LINEE.
I controlli di manutenzione devono essere periodici per il
logorio continuo a cui essi sono soggetti.
In definitiva lo scopo di un interruttore è quello di consentire l’apertura di un circuito
sia in condizione di normale funzionamento, che in condizioni anomale o di
GUASTO. Un GUASTO è sempre temibile per la presenza dell’arco elettrico e per la
sua rapida evoluzione in corrente di CORTO CIRCUITO. L’aumento delle correnti
negli impianti sono dannosi sia per gli utilizzatori che per l’impianto stesso.
L’interruttore deve quindi essere corredato da dispositivi tali da trasformarlo, in
un’apparecchiatura di PROTEZIONE AUTOMATICA, aventi le caratteristiche
di intervento desiderate.
Le caratteristiche più importanti sono:
TEMPESTIVITA’,
ossia devono intervenire al momento opportuno;
SELETTIVITA’,
ossia devono essere in grado di far escludere agli
interruttori, solo la parte guasta dell’impianto.
SENSIBILITA’,
devono essere in grado di rilevare anche, le più piccole
variazioni della grandezza sotto controllo.
AFFIDABILITA’,
o sicurezza di intervento, e pertanto devono avere
41
un’alimentazione separata da quella di rete.
Inoltre, tutti i dispositivi devono essere corredati di una buona PRECISIONE.
Tutto questo insieme di dispositivi costituiscono un RELE’, che è un dispositivo
sensibile ai corto circuiti, che COMANDA l’apertura dell’interruttore.
La classificazione dei RELE’ dipende:
a)
dal loro tipo di funzionamento: termici, elettromagnetici, a induzione, ecc.;
b)
dalla natura della grandezza che misura o controlla: relè di corrente, relè di
tensione, relè di potenza attiva, relè di impedenza, relè di potenza reattiva;
c)
sul valore assunto dalla grandezza: relè di massima, relè di minima, ecc.,
oppure, sulle modalità con le quali agiscono le grandezze: relè differenziale,
relè direzionali, ecc.;
d)
in base al tempo necessario affinché il relè intervenga:
relè a intervento istantaneo, o, relè ad intevento ritardato.
I SEZIONATORI
per realizzare l’interruzione della continuità elettrica di un
circuito, tramite l’interposizione di un adeguato spazio
d’ARIA, che assicuri VISIBILMENTE l’isolamento del
tronco sezionato. In genere, i sezionatori, non sono
provvisti di dispositivi spegni ARCO, cioè essi si utilizzano
dopo aver aperto l’interruttore del tronco corrispondente.
Essi devono essere installati secondo le vigenti
NORME di legge. Inoltre è un dispositivo semplice, robusto
e sicuro.
GLI SCARICATORI per scaricare a terra le sovratensioni impulsive sia dovute a
sovratensione di origine esterna che quelle di origine
interna o di esercizio dell’impianto o le cosiddette
sovratensioni di manovra. Sono dispositivi di protezione,
che vanno inseriti tra un punto del circuito a monte del
macchinario o di costose apparecchiature e la terra.
I CONTATTORI o TELERUTTORI
esso è un dispositivo meccanico di manovra, previsto
generalmente per un grande numero di operazione, con una
sola posizione di riposo, ad azionamento non manuale, ed è
capace di stabilire, portare ed interrompere correnti
ordinarie del circuito ed in determinate condizioni di
sovraccarico.
Vogliamo continuare il discorso relativo agli IMPIANTI, partendo da delle
constatazioni generali, per poi approfondire alcuni importanti questioni.
42
Ogni giorno in ITALIA ogni abitante richiede circa 10 KWh di energia.
Si tenga presente che ai primordi la necessità energetica, era legata solo alla quantità
di calorie necessarie alla sopravvivenza di ciascun uomo.
In altri termini l’energia è indispensabile per vivere e migliorare le condizioni di vita;
infatti per un periodo di ben un milione e 200 mila anni l’homo erectus ha vissuto a
livello animale o poco più, senza costruirsi ripari o vestiti e dipendendo dagli animali
stessi per tutto quello che gli occorreva. Proprio per questa ragione si ritiene che il
fabbisogno energetico fosse limitato alle calorie necessarie giornaliere necessarie alla
sopravvivenza, valutate intorno alle 3.000 calorie pro capite. In un anno, il
fabbisogno di una persona viene valutato dal prodotto di 365 per 3.000, che fornisce
un valore complessivo di 1.095.000 calorie. Sapendo che una caloria equivale a
4,1868 Joule, ciò significa che il fabbisogno energetico pro capite equivaleva a circa
4,6 MJ. Torniamo al conto originario, nel quale affermiamo che per ogni Italiano
occorre un fabbisogno energetico di 10 KWh, ossia 10.000 Wh, che equivalgono a
36 MJ al giorno, che per un intero anno equivalgono a circa: 13.000 MJ.
A questo punto, basta effettuare il confronto fra il fabbisogno energetico tra l’uomo
primitivo e l’uomo moderno. Questo dimostra quanto sia importante la necessità
energetica per la crescita non soltanto Nazionale, ma anche Mondiale.
Naturalmente l’energia non è gratuita, nel senso che, come tutte le cose di cui c’è
scarsità, ha un suo prezzo e non solo in danaro; produrla comporta anche generare
qualche fenomeno indesiderato, come occupazione di aree, inquinamento, rumore,
disagi, ecc. Ma comporta una notevole quantità di vantaggi, che sono facilmente
deducibili dal modo in cui essa viene impiegata.
Per rendersene conto basta guardarsi intorno: illuminazione, trasporti, radio, telefoni,
elettrodomestici, televisione, elaboratori elettronici, riscaldamento, conservazione,
preparazione e cottura di alimenti … TUTTO richiede ENERGIA.
Vogliamo ora introdurre i valori medi di potenza di alcuni apparecchi domestici di
uso quotidiano, e li riportiamo nella seguente tabella:
APPARECCHIO
Frigorifero da 130 a 400 litri
Lavabiancheria da 3 a 5 Kg.
Lavastoviglie
Scaldacqua per bagno da 50 a 150 litri
Ferro da stiro
Stiratrice
Condizionatore
Cucina elettrica
Scaldavivande
Tostapane e bistecchiera
Frullatore, Radio e T V ( in totale )
Aspirapolvere
Lucidatrice
POTENZA media in KW.
0,10  0,30
23
2,5  3
0,8  1,5
0,4  0,8
1,2  3
0,4  2
24
0,3  0,5
0,6  0,7
0,5
0,3  0,8
0,5
43
12
Stufa elettrica
Le lampade per abitazione a incandescenza o fluorescenti hanno potenze comprese
fra i 15  100 W. Per un funzionamento di 4 ore si ha che:
E = 4 x 0,060 = 0,24 KWh.
Uno scaldacqua di potenza 1,5 KW, in funzione per due ore e mezzo, consuma:
E = 1,5 x 2,5 = 3,75 KWh.
E così via…
In pratica è abbastanza rapido arrivare ad un consumo giornaliero pro capite di
10 KWh.
Per curiosità si accenna al fatto che il consumo energetico pro capite di un Americano
è due volte e mezzo maggiore di quello Italiano, ossia in America il consumo
energetico è di 25 KWh al giorno.
LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Iniziamo con
TERMOELETTRICA:
lo
schema
di
principio
di
una
turbina
a vapore
alternatore
combustibile
caldaia
pompa
I combustibili possono essere:
44
condensatore
CENTRALE
SOLIDI
NATURALI
Carboni fossili, ligniti,
torbe, derivanti del legno
LIQUIDI
ARTIFICIALI
NATURALI
coke, carbone di legno
Petrolio grezzo e derivanti
ARTIFICIALI
Risultato
di
sintesi
chimiche
Idrocarburi naturali,
( metano ).
NATURALI
GASSOSI
ARTIFICIALI
Gas di gasogeno,
cokeria, ecc.
di
Ora mostriamo il principio di funzionamento di una CENTRALE
IDROELETTRICA. Questo funzionamento lo illustriamo con la seguente figura
schematica:
pozzo piezometrico
diga di
contenimento
acqua
contenuta in un bacino
salto geodetico
o dislivello
condotta forzata
turbina di generazione
canale di scarico
L’acqua contenuta nel serbatoio, attraverso la galleria di derivazione e la condotta
FORZATA arriva alla centrale, con un’energia sufficiente a mettere in rotazione le
pale della turbina, e quindi viene posto in rotazione l’alternatore.
E’ evidente che la potenza di un impianto idroelettrico è direttamente proporzionale
al salto disponibile h, ( h = differenza fra il livello del pelo libero dell’acqua nel
serbatoio e livello zero della centrale ), e alla PORTATA d’acqua Q in m³ / s.
45
La potenza utile di un impianto idroelettrico si può ritenere uguale a:
P =  . ( H2O ). Q . h  7 Q h
in KW,
ritenendo che l’impianto abbia rendimento  = 0,72 e
( H2O ) = peso specifico = 9,81 KN / m³, e dove Q è la portata in m³ / s, e h salto
in m.
Esempio. Se l’impianto idroelettrico ha un salto di 85 m e una portata di 15 m³ / s,
genera una potenza elettrica di circa:
P  7 Q h  7 . 15 . 85 = 8.925 KW.
SICUREZZA ELETTRICA
L’energia elettrica è certamente la forma di energia più diffusa ed utilizzata.
Risulta davvero difficile immaginare un mondo privo dell’energia elettrica.
Nonostante questa notevole diffusione l’energia elettrica è un’amica da trattare con
prudenza; infatti essa è anche una delle principali fonti di incidenti, molti dei quali
avvengono proprio fra le pareti domestiche.
Il contatto con l’elettricità è molto pericoloso, e spesso mortale.
L’elettricità non manifesta segni evidenti, ( odore o colore ), e quindi non si è in
grado di valutare se una massa metallica è soggetta a TENSIONE, solo osservando la
massa stessa.
E’ difficile stabilire con esattezza il valore della tensione pericolosa per l’uomo ,
soprattutto, perché la resistenza dell’organismo umano non è facilmente valutabile.
Comunque, la resistenza del corpo umano vale mediamente alcune migliaia di OHM,
ma il valore preciso dipende da diversi fattori.
I principali fattori che influenzano la resistenza umana sono:
a)
età, sesso, peso, statura, tipo di pelle, ( fattori biologici );
b)
superficie, durata e pressione del contatto, ( fattori casuali );
c)
tensione e frequenza, ( fattori elettrici ).
La resistenza dell’organismo dipende anche dal percorso seguito all’interno del
corpo. La figura mostra i valori relativi della resistenza, espressa in  per alcuni
percorsi interni al corpo umano.
50
45
100
46
100
In figura si rileva che il percorso da mano a mano ha resistenza pari a 100 . Come si
osserva i percorsi che interessano il cuore sono i più pericolosi.
In definitiva il valore medio di resistenza per il corpo umano si assume intorno al
valore di 2.000 . Sotto questa ipotesi, una tensione alternata di valore efficace pari a
25 V genera una corrente:
I = U / R = 25 / 2.000 = 0,0125 A = 12,5 mA.
Da una seconda figura è possibile evidenziare che la corrente di 12,5 mA risulta non
pericolosa per l’uomo. Sempre da essa si può verificare che le correnti di circa 10 mA
rientrano nella fascia non pericolosa.
Si può schematizzare in questo modo, uno schema equivalente del corpo umano:
mano
mano
piede
piede
Le norme CEI stabiliscono che:
in condizioni ambientali ordinarie la protezione contro i contatti diretti si ritiene
assicurata, anche se le parti attive sono nude, se la tensione nominale non supera
i 25 V in corrente alternata e i 60 V in corrente continua non ondulata.
Quindi la tensione dei 25 V in alternata viene assunta come soglia di pericolosità
della tensione.
Proprio per questo molti impianti lavorano con tensioni di 24V o anche inferiori,
come ad esempio gli impianti citofonici, le suonerie, le elettro serrature, ecc.
Inoltre per questi circuiti le norme prescrivono canalizzazioni, ( cioè tubi di
protezione ), distinte da quelle adoperate per gli impianti funzionanti a tensioni
superiori.
E in casa? Ricordiamo che per gli usuali impianti domestici si utilizza una tensione
di 230 V. Pertanto il contatto elettrico, in queste condizioni porta una corrente di :
I = 230 / 2.000 = 0,115 A.
Ed esso come si vede è un valore di 10 volte superiore al limite considerato non
pericoloso. Un tale passaggio di corrente nell’organismo umano può provocare la
morte dell’infortunato in pochi decimi di secondo.
47
Osservando la figura di pagina successiva, si nota che, oltre al valore dell’intensità di
corrente, conta in modo rilevante anche il tempo di esposizione alla corrente
elettrica. Questo significa che una corrente, anche se di valore non elevato, può
produrre gravi danni se attraversa il corpo per un tempo sufficientemente lungo.
Di conseguenza, nel progettare i dispositivi di sicurezza, è importante stabilire con
accuratezza sia il limite massimo della corrente, cioè la soglia di intervento sia il
tempo di intervento, in modo tale che il prodotto corrente per tempo di esposizione
non risulti pericoloso per l’uomo.
Si vuole sottolineare il fatto che la pericolosità per l’uomo non dipende dal valore
della d.d.p applicata, ma da quello dell’intensità di corrente che attraversa il corpo, ed
insieme: dal percorso che la corrente segue dentro il corpo; dalla durata del
passaggio di corrente; dalla fase cardiaca nel momento in cui inizia la scarica
elettrica; dalle condizioni fisiche generali dell’infortunato.
durata in ms
10000
5000
1
2
3
4
intensità corrente
in mA
0,1 0,2 0,5 1
La zona
La zona
1
2
5
10
100 200 500 1000 2000 5000
è la zona in cui si ha assenza di effetti percepibili;
è la zona in cui si hanno effetti fisiologici non dannosi;
La zona 3
è la zona in cui si hanno effetti fisiologici importanti, come l’arresto
cardiaco,
o l’arresto respiratorio, crampi muscolari, ma in genere questi effetti
sono reversibili; la zona 4
in cui si hanno effetti fisiologici molto gravi, come
l’arresto respiratorio e la
fibrillazione cardiaca, ma in questo caso gli effetti
possono anche essere non reversibili.
48
Valore della corrente
Effetti prodotti
Da 0 a 0,5 mA
Nessuna sensazione
Da 0,5 a 1 mA
Debole percezione o nessuna
Da 1 a 2 mA
Scossa non dolorosa
Da 3 a 10 mA
Scossa dolorosa
Da 10 a 16 mA
Possibile perdita di controllo dei muscoli
Da 16 a 30 mA
Graduale irrigidimento dei muscoli
Da 30 a 50 mA
Oltre i 75 mA
Possibile alterazione profonda del ritmo
cardiaco
Soglia di fibrillazione cardiaca
250 mA
Fibrillazione cardiaca grave
4A
Soglia di paralisi cardiaca
Oltre i 5 A
Gravi ustioni dei tessuti organici
TIPI DI CONTATTO ELETTRICO
I contatti con elettricità possono essere di due tipi:
contatto diretto, quando avviene con una
parte metallica dell’impianto
normalmente in tensione, ( cavi, prese, cassette di derivazione, ecc.);
contatto indiretto, quando avviene con parti metalliche che, normalmente non
sono in tensione, per esempio gli involucri degli elettrodomestici, ma che vanno in
tensione a causa di un guasto.
Il contatto indiretto, proprio perché si verifica con parti normalmente innocue, può
risultare più pericoloso in quanto coglie la persona del tutto impreparata.
La maggior parte degli incidenti domestici avviene proprio in questo modo.
I contatti diretti possono essere evitati curando l’isolamento e la manutenzione
dell’impianto, inoltre le NORME CEI stabiliscono che:
Le parti attive devono essere completamente ricoperte con un isolamento che possa
essere rimosso solo mediante distruzione.
Si ricordi che per PARTI ATTIVE si intendono tutte le parti metalliche
normalmente in tensione durante il funzionamento, ed inoltre se per usura o logorio
anche detto isolamento cede si deve prevedere l’impiego di un interruttore
differenziale.
SERVE UNA CULTURA DELLA PREVENZIONE
49
Da quanto detto risulta evidente come sia pericolosa l’energia elettrica e come
noi TUTTI dobbiamo uniformarci alle regole stabilite per la SICUREZZA
ELETTRICA.
I costruttori e gli installatori di impianti e dispositivi elettrici devono scrupolosamente
attenersi ed applicare le vigenti normative stabilite per la SICUREZZA ELETTRICA.
C’è da osservare che: nessuna norma, per quanto accuratamente studiata ,
può garantire in modo assoluto l’incolumità delle persone, degli animali e delle
cose dai pericoli dell’energia elettrica.
Ecco perché deve nascere una cultura basata sulla prevenzione, basata nel assumere
un atteggiamento ed un comportamento, nei confronti dell’energia elettrica, tali da
evitare di esporre sé stessi e le alte persone a rischi tanto gravi. Bisogna saper che i
dispositivi ci aiutano allo scopo, ma non danno sicurezza assoluta, come già si è
detto.
Anche l’utente quindi deve adottare atteggiamenti responsabili, tali da non mettersi
in condizioni di pericolo. Facciamo alcuni esempi su comportamenti da evitare nel
modo assoluto:
-
effettuare qualunque intervento di manutenzione, senza staccare
l’interruttore generale;
sostituire un fusibile con uno per correnti superiori o addirittura con un pezzo
di filo di rame;
impiegare dei materiali elettrici vecchi, ossia non più a norme;
installare dei collegamenti volanti o comunque improvvisati, soprattutto in
ambienti frequentati da bambini;
usare elettrodomestici con cavi vecchi e deteriorati;
staccare una spina tirandola per il cavo;
asciugarsi i capelli in un ambiente saturo di umidità o, peggio ancora immersi
in una vasca da bagno;
sovraccaricare una presa di corrente collegando troppi utilizzatori, fare pertanto
attenzione alle “ciabatte ”,
toccare dispositivi e apparecchiature elettriche con le mani bagnate.
L1
L2
L3
N
PE
50
CONTATTO DIRETTO
RB
RE
L’IMPIANTO DI TERRA
Perché quando tocchiamo un conduttore in tensione prendiamo la scossa?
La risposta è abbastanza semplice, perché mediante il nostro corpo mettiamo in
contatto il punto in tensione con il terreno.
In sostanza il nostro corpo si comporta come un filo che, permette il passaggio di
corrente fra l’oggetto in tensione ed il terreno. Tutto questo non si verificherebbe se
toccassimo il conduttore con un bel paio di guanti isolanti oppure calzando scarpe di
gomma, perché in questi due casi il circuito di collegamento verso terra sarebbe
interrotto. Vogliamo una prova di quest’affermazione? Basti guardare la fila di
uccellini che tranquillamente si posa sui fili dell’alta tensione. Se bastasse il contatto
con un punto in tensione essi si dovrebbero disintegrare. Invece non succede nulla,
perché essi non toccano il terreno o il traliccio.
Quindi il terreno si comporta come conduttore, in modo più o meno spiccato, a
seconda della sua caratteristica o natura o composizione. Questa caratteristica del
terreno se da un lato può essere pericolosa per l’uomo, dall’altro può essere utile per
realizzare degli efficaci sistemi di protezione, mediante la realizzazione del così
detto IMPIANTO di TERRA. In pratica l’impianto di terra ci occorre per disperdere
le correnti pericolose.
L’impianto di terra è obbligatorio e le sue modalità di realizzazione sono definite da
precise disposizioni di legge.
L’impianto di terra è il metodo di protezione più comunemente utilizzato contro i
contatti indiretti, ed è il solo ammesso per gli impianti elettrici alimentati con
tensioni alternate superiori a 50 V.
Per impianto di terra si intende l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei
conduttori di protezione e dei conduttori equipotenziali.
51
Il momento migliore per realizzare un impianto di terra è durante lo scavo delle
fondazioni dell’edificio. Un impianto realizzato in questa fase offre il vantaggio di
poter essere immediatamente utilizzato dai macchinari del cantiere e di consentire il
collegamento con i ferri d’armatura.
Elenchiamo di seguito i componenti principali di un impianto di terra:
il dispersore, è un corpo metallico o un insieme di corpi metallici messi in
contatto col terreno;
il conduttore di terra che collega i dispersori al collettore principale o nodo
principale;
il conduttore di protezione che collega le masse al collettore;
i conduttori equipotenziali che collegano al collettore tutte le masse metalliche
comunque accessibili, ( tubazioni idrauliche, tubazioni del riscaldamento, del gas,
ecc. ).
COME SI REALIZZA UN IMPIANTO DI TERRA
I dispersori devono essere collegati, tramite i conduttori di terra, ad un collettore
equipotenziale principale, al quale fanno a capo anche i conduttori di protezione ed i
conduttori equipotenziali. Per conduttore equipotenziale si intende un conduttore
avente lo scopo di portare allo stesso potenziale le masse e/o le masse estranee, vedi
la figura di riferimento:
massa
conduttore di protezione
elettrica
( PE )
Massa
metallica
acqua
tubature
conduttore equipotenziale
principale ( E. Q. P )
EQS
gas
collettore o Nodo principale
di terra
52
dispersore artificiale
( DA )
conduttore di terra
( CT )
dispersore di
fatto ( DN )
I DISPERSORI
I dispersori possono essere INTENZIONALI o di FATTO.
I primi sono detti anche artificiali, perché si tratta di picchetti piantati appositamente
nel terreno, vedi figura.
I dispersori di fatto o naturali sono invece ottenuti sfruttando corpi metallici già
esistenti ed infissi nel terreno, per altre ragioni, come ad esempio il metallo presente
nel cemento delle fondamenta di un edificio.
Le figure seguenti mostrano come si realizzano gli impianti di terra, con particolare
riguardo al punto di collegamento di più dispersori.
pozzetto
CONDUTTORI di PROTEZIONE
I conduttori di protezione collegano le masse all’impianto di terra. Le loro dimensioni
vanno misurate con la sezione del conduttore di fase della linea corrispondente.
53
Tutti i ferri sono collegati fra loro.
Il collegamento si esegue con una piattina.
Vi sono dei morsetti
A compressione.
Sezione dei conduttori di fase S (mm²)
Sezione minima del corrispondente
conduttore di protezione Sp (mm²)
S  16 oppure S = 16
Sp = S
16  S  35 o anche quando S = 35
Sp = 16
S  35
Sp = S/2
Mettiamo in evidenza la prescrizione una prescrizione molto importante:
nel caso di impiego di un conduttore di protezione comune a più circuiti , la sezione
di questo deve essere riferita al conduttore di fase di sezione maggiore.
CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE IN BASE ALLE
MODALITA’ DI COLLEGAMENTO A TERRA
In relazione allo stato del NEUTRO e la messa a terra delle masse, i sistemi
elettrici sono caratterizzati da due lettere:
1) la prima lettera individua lo
stato del NEUTRO;
2) la seconda lettera ci indica la situazione delle MASSE.
Esempio il sistema TT, ha il neutro messo direttamente a terra e le masse metalliche
sono anch’esse poste a terra con un impianto completamente distinto da quello del
neutro.
Il sistema IT ha il neutro isolato e le masse collegate a terra, mentre il sistema TN ha
il neutro a terra e le masse collegate al neutro. Il sistema TN ha, inoltre, diverse
configurazioni.
In definitiva i sistemi a corrente alternata vengono classificati in base alla modalità di
collegamento a terra dei conduttori attivi e delle masse metalliche. La classificazione
secondo le Norme, 64 – 8, è costituita da due lettere, la prima lettera esprime la
situazione del sistema di conduttori rispetto terra, ed in genere può essere T in cui
il sistema di conduttori è collegato a terra in un punto, che in genere è il neutro,
oppure, può essere I, in cui i sistemi di conduttori sono isolati da terra oppure il
collegamento a terra è in punto, ( che in genere è sempre il neutro ), per mezzo di
un’impedenza, mentre la seconda lettera esprime la situazione delle masse
metalliche rispetto a terra, ed anche in questo caso la lettera può essere T, che
54
indica che le masse sono collegate a terra, oppure può essere N che indica che le
masse sono collegate a terra in un punto che in genere è il neutro.
Si possono avere quindi le seguenti configurazioni:
TT
L1
L2
L3
N
PE
IT
L1
L2
L3
N
PE
TN–C
L1
L2
L3
PEN
55
TN–S
L1
L2
L3
N
PE
Dalle configurazioni introdotte si capisce che nel caso del sistema T T si ha un punto
direttamente collegato a terra e le masse dell’installazione sono collegate ad un
impianto di terra, indipendentemente da quello del sistema elettrico. Il sistema I T
non ha parti attive collegate a terra, mentre le masse elettriche sono collegate a terra.
Si osserva infine che, il sistema T T si sceglie, quando la cabina di trasformazione
non è controllabile dall’utente, mentre negli altri casi è impiegabile il sistema T N. Il
sistema T N ha un punto direttamente collegato a terra e le masse dell’installazione
sono collegate a quel punto per mezzo del conduttore di protezione elettrica PE. Nel
caso del sistema T N – C la funzione del neutro N e la funzione di protezione
elettrica PE sono combinate in un unico conduttore, ossia il PEN, mentre nel sistema
T N – S i due conduttori, ossia il neutro ed il conduttore di protezione elettrica sono
separati. Esiste anche il sistema TN – C – S in cui le funzioni del neutro e di
protezione elettrica, parte sono combinate in un unico conduttore e parte sono
separate.
CLASSIFICAZIONE DEI SITEMI DI DISTRIBUZIONEIN BASE AI
VALORI DI TENSIONE
Le norme CEI 64-8 distinguono, come noi sappiamo gli impianti in
quattro categorie a seconda dei valori delle tensioni nominali ed in ordine
crescente per quanto riguarda il rischio.
Tensioni
Alternate
Tensioni
Continue
Categoria 0
Categoria 1
Categoria 2
Fino 50 Volt Fino 1.000 Volt Fino 30.000 Volt
Categoria 0
Categoria 1
Categoria 2
Fino 120 Volt Fino 1.500 Volt Fino a 30.000 Volt
Categoria 3
Oltre 30.000 Volt
Categoria 3
Oltre 30.000 Volt
Inoltre c’è da ricordare che gli apparecchi elettrici sono raggruppati in tre classi
in base al tipo di isolamento:
classe I – apparecchi dotati di isolamento principale e la cui massa è munita di un
56
morsetto dove collegare il conduttore di protezione;
classe II – apparecchi con isolamento doppio o rinforzato;
classe III- apparecchi con alimentazione in bassissima tensione di sicurezza.
Vogliamo infine ricordare la definizione delle NORME relative alla TENSIONE
di CONTATTO e di TENSIONE di PASSO.
Si definisce tensione di contatto Vc la tensione alla quale può essere soggetto il
corpo umano in seguito al contatto con le parti metalliche degli impianti o degli
apparecchi utilizzatori le quali accidentalmente, per difetto di isolamento o per altre
cause, vengono a trovarsi sotto tensione.
Si definisce tensione di passo Vp la tensione che durante il funzionamento di un
impianto di terra o di un qualsiasi conduttore in tensione, posto nel terreno, può
risultare applicato tra i piedi di una persona a distanza di passo.
Si osservi la seguente figura di riferimento:
Vc
Vp
INTERRUTTORE DIFFERENZIALE ( cenno )
Gli interruttori differenziali hanno lo scopo di proteggere le persone contro i
pericoli dei contatti indiretti.
La protezione differenziale può funzionare correttamente solo se tutte le parti
metalliche degli utilizzatori sono collegate a terra. In altri termini è essenziale il
coordinamento della protezione differenziale con l’impianto di messa a terra.
In commercio sono disponibili interruttori differenziali con soglie di intervento pari a
10 mA e 30 mA, detti differenziali ad alta sensibilità. L’impiego di questi
dispositivi è obbligatorio in tutti gli ambienti frequentati da persone non esperte sui
pericoli della corrente.
57
I CAVI
I cavi elettrici per il trasporto di energia possono essere classificati a seconda :
 del materiale conduttore, ( rame, alluminio );
 della formazione del conduttore, ( conduttore a filo unico, corda rigida, corda
flessibile, ecc. );
 del materiale isolante impiegato, ( polivinilcloruro, gomma sintetica, elastomero
reticolato speciale, ecc. );
 della presenza o meno della GUAINA;
 del tipo di materiale isolante impiegato per la GUAINA, ( PVC, policloroprene,
termoplastica speciale, ecc. ).
Le norme CENELEC impongono la designazione dei cavi attraverso delle
opportune sigle:
H
ARMONIZZATO;
A
AUTORIZZATO;
N
NAZIONALE;
03
Tensione Nominale U0 / U = 300 / 300 V;
05
Tensione Nominale U0 / U = 300 / 500 V;
07
Tensione Nominale U0 / U = 450 / 750 V;
1
Tensione Nominale U0 / U = 0,6 / 1 KV;
V
POLIVINILCLORURO o PVC;
R
Gomma Sintetica;
G9
Elastomero Reticolato Speciale;
N
POLICLOROPRENE;
-U
Filo Unico;
-R
Corda Rigida;
-K
Corda Flessibile per posa FISSA;
-F
Corda Flessibile per servizio MOBILE.
ESEMPI
58
Un cavo con sigla H07V –K è un cavo armonizzato, con rapporto
U0 / U = 450 / 750 V, con isolamento in PVC, e struttura in corda
flessibile adatto per posa fissa.
H07RN – F è, invece, un cavo armonizzato con rapporto
U0 / U = 450 / 750 V, con isolamento in gomma sintetica e guaina in
policloroprene, e con struttura flessibile adatto per servizio mobile.
N07G9 – K è un cavo nazionale con U0 / U = 450 / 750 V, isolato con
un elastomero reticolato speciale, con struttura flessibile adatto per posa
fissa. I tipi più comuni di cavo sono: H05V – U, armonizzato, con U0 /
U = 300 / 500 V, con isolamento in PVC e filo unico; oppure l’H05V –
K, armonizzato con U0 / U = 300 / 500 V, con isolamento in PVC, in
corda flessibile adatto per posa fissa.
Senza entrare in dettaglio dei numerosi tipi di cavo presenti sul mercato,
descriviamo alcuni cavi di tipo più comune, inteso come più
comunemente impiegati, rimandando ai cataloghi e ai manuali delle case
costruttrici le descrizioni più dettagliate.
I cavi H05V – U e HO5V – K, sono cavi a filo unico ( U ), o a corda
flessibile ( - K ), armonizzati, con rapporto U0 / U = 300 / 500 V e con
isolamento in PVC.
Per il primo tipo di cavo, l’impiego è relativo a installazione fissa
protetta all’interno di apparecchi, su ed entro lampadari. Sono
ammissibili anche per installazione entro tubi in vista o incassati, ma
soltanto per i circuiti di segnalamento.
Per il secondo tipo l’impiego è per installazione interna a tubazioni in
vista o incassate. Non sono ammissibili per installazioni su passarelle,
entro canalette, ecc, salvo che si tratti di canalette di materiale plastico
con coperchio.
Per quanto riguarda i cavi visti, H05V – U e HO5V – K, per quanto
riguarda il comportamento in caso di incendio, sono ANTIFIAMMA; i
cavi antifiamma considerati singolarmente propagano il fuoco e si
estinguono in breve tempo ed a distanza limitata dal punto in cui è stata
applicata la fiamma. Se però i cavi antifiamma vengono raggruppati in
FASCI, ( e nella pratica è quasi sempre così ), possono diventare con
facilità propagatori dell’incendio. Inoltre i cavi antifiamma durante la
combustione emettono dei gas tossici per l’uomo e corrosivi per le
apparecchiature. Nei locali pubblici, ( cinema, discoteche, scuole,
ospedali, teatri, ecc. ), e in molti ambienti industriali, ( industrie cartarie,
raffinerie, ecc. ), è necessario impiegare cavi che abbiano i seguenti
requisiti:
 Non devono propagare l’incendio neanche se sono installati in fasci;
 Non devono emettere gas corrosivi;
 Non devono emettere fumi opachi, i fumi opachi impediscono la
visibilità delle uscite di sicurezza, delle segnalazioni, ecc.
 Non devono emettere gas tossici.
Un cavo che possiede i quattro requisiti precedenti è denominato cavo
non propagante l’incendio.
Il cavo N07G9 – K , ossia il cavo Nazionale, con rapporto U0 / U =
450 / 750 V, isolato con un elastomero reticolato speciale, a corda
flessibile , adatto per posa fissa, è un esempio di cavo non propagante
l’incendio. Infatti anche se questo tipo di cavo è raccolto in FASCI,
durante l’eventuale combustione, emettono una quantità ridottissima di
gas tossici e corrosivi e fumi trasparenti.
La denominazione commerciale dei cavi non propaganti l’incendio è
“ cavi AFUMEX ”.
59
Comunque in caso di incendio devono essere garantiti i seguenti servizi
di sicurezza: illuminazione, segnalazione delle uscite di emergenza ,
elettropompe antincendio, ecc. Pertanto l’alimentazione di questi servizi
deve essere assicurata mediante dei cavi resistenti al fuoco, che in caso
di fenomeni di incendio possano assicurare, per un determinato tempo, il
normale funzionamento. La denominazione commerciale di questi cavi è
RF31, dalle tabelle PIRELLI.
I TUBI PROTETTIVI E LA POSA DEI CAVI
I cavi di un impianto elettrico possono essere posati in diversi modi a seconda
del tipo di impianto e dell’ambiente di installazione.
La posa in vista con cavo aggraffato a parete o sospeso a fune senza tubo protettivo,
presuppone l’impiego di cavi con guaina e possibilmente, armati con nastri di acciaio
per resistere alle eventuali sollecitazioni meccaniche. Tali tipo di posa trova impiego
nelle miniere e negli impianti agricoli.
La posa in vista con cavi flessibili senza guaina, posati entro tubi protettivi rigidi fissi
a parete, trova largo impiego in tutti gli ambienti industriali e in magazzini, cantine,
solai, ecc. Il tubo protettivo rigido viene realizzato con materiale isolante
termoplastico in due tipi fondamentali:
 Tipo pesante;
 Tipo leggero.
INTERRUTTORI MAGNETOTERMICI E FUSIBILI ( cenno )
Un impianto elettrico deve essere protetto dai danni, che possono derivare, da
un cortocircuito, ( contatti accidentali fra parti a tensioni distinte o contatti a bassa
impedenza ), o dai sovraccarichi, ( collegamento contemporaneo di più apparecchi
utilizzatori ).
In entrambi i casi i CAVI si riscaldano eccessivamente e se non si interviene con i
dispositivi di sicurezza, cioè con gli interruttori magnetotermici e i fusibili, questo
aumento abnorme di temperatura può produrre danni a cose e a persone di estrema
gravità. In definitiva i dispositivi impiegati per la protezione contro i sovraccarichi e i
cortocircuiti sono:
gli interruttori automatici magnetotermici;
i fusibili.
Gli interruttori magnetotermici, in caso di sovraccarico aprono automaticamente il
circuito in un tempo tanto più breve quanto più è elevata la corrente di sovraccarico,
mentre in caso di cortocircuito, aprono automaticamente il circuito in un tempo
estremamente breve, dell’ordine di un centesimo di secondo.
I magnetotermici devono essere installati all’inizio dell’impianto, immediatamente a
valle del contatore di energia, in appositi centralini, e a monte di ogni presa a spina,
destinati ad un utilizzatore con potenza uguale o superiore a 1KW.
60
Spesso i magnetotermici sono accoppiati ad uno sganciatore differenziale per la
protezione contro i contatti diretti ed indiretti.
In caso di sovraccarico o di cortocircuito, il tasto
nero si alza, mentre il blu rimane abbassato,
mentre nel caso di dispersione a terra il tasto blu si alza
ed il tasto nero rimane abbassato.
I fusibili sono costituito da un tratto di conduttore, ( argento, leghe di piombo –
stagno, in filo a piattina ), di sezione ridotta, messo in serie con il circuito da
proteggere, e quindi percorso dall’intera corrente del circuito che deve proteggere.
Quando la corrente supera un determinato valore il tratto conduttore del fusibile,
raggiunge la fusione, interrompendo di fatto il circuito.
I fusibili se scelti opportunamente assicurano la protezione dal sovraccarico e dal
cortocircuito, con costo inferiore ai magnetotermici. Inoltre in caso di intervento il
circuito può essere ripristinato sostituendo i fusibili bruciati, con fusibili integri,
aventi però la stessa portata di quello sostituito. I fusibili dal punto di vista
commerciale possono essere di forma cilindrica o a coltello.
I fusibili di tipo domestico sono solitamente di forma cilindrica, e sono indicati con la
sigla FUSIBILI di tipo gF.
I fusibili per uso industriale possono essere cilindrici, ( sino a portate di 100 A ), o a
coltello, ( per portate superiori ai 100 A ).
I fusibili industriali si possono distinguere in due tipi fondamentali:
Tipo gL per la protezione delle LINEE;
Tipo aM ( accompagnamento motori ), per la protezione dei motori.
Per portata o corrente nominale di un fusibile si intende la corrente che il fusibile
sopporta in modo continuativo, senza subire deterioramenti e senza superare i limiti
di riscaldamento previsti. Inoltre, tanto maggiore è la sovracorrente quanto più sarà
minore il tempo di intervento del fusibile.
Infine le curve di FUSIONE dei FUSIBILI sono fornite dal costruttore.
I RELE’
I relè sono dei dispositivi elettromeccanici, e oggi sempre più spesso
elettromeccanici – elettronici, sono largamente impiegati in ogni settore
dell’impiantistica civile e industriale.
Nella sua forma più semplice un relè è costituito da:
un circuito magnetico;
una bobina;
contatti di commutazione.
61
Il circuito di eccitazione o di comando ( bobina ), è separato elettricamente dai
contatti di potenza:
è lo schema di principio del
relé.
La bobina può essere alimentata sia in corrente continua, ( relè in c.c ), sia in corrente
alternata, ( relè in c.a ). Il carico comandato dal contatto può essere, in ogni caso, in
corrente continua o in corrente alternata.
Indicando con Pi la potenza necessaria per eccitare la bobina e con Pu la potenza del
carico, comandato dal contatto, si ha per: Pu  Pi; in altri termini con una potenza
piccola si riesce a comandare una potenza elevata.
Il relé è perciò un AMPLIFICATORE ELETTROMECCANICO. Si veda la seguente
figura:
Pi
Pu
con Pu >> Pi.
La potenza necessaria per eccitare la bobina è generalmente di qualche Watt, mentre
la potenza che si può comandare, mediante il contatto, può raggiungere anche le
migliaia di Watt, ( relè di potenza ). Per comprendere meglio il funzionamento di un
relè, facciamo un esempio. Consideriamo un relè con eccitazione della bobina in
corrente continua, che comanda un carico in corrente in continua, si veda il seguente
schema:
+ 0,1 A
+
12 V
I = 10 A
110 V
è l’esempio di un relé in continua che alimenta un carico in continua
Pertanto, con Vi e Ii indichiamo la tensione di alimentazione e la corrente assorbita
dal carico, mentre con Vu e Iu indichiamo la tensione di alimentazione e la corrente
assorbita dal carico. In definitiva la potenza di comando o di eccitazione della bobina
è: Pi = Vi Ii = 12 . ( 0,1 ) = 1,2 Watt.
La potenza comandata dal contatto del relè è: Pu = Vu Iu = 110 .10 = 1.100 Watt.
62
Il GUADAGNO di potenza del relè è : Pu / Pi = 1.100 / 1,2  917.
Pu
Infine la figura:
RR
Pi
B
C
Pu
rappresenta il relé come un blocco nel quale la potenza Pu può passare dal punto R,
( rete ) , al punto C solo se viene applicata la potenza Pi all’ingresso di comando B,
( bobina ).
Le caratteristiche fondamentali di un relè sono:
 Tensione Vb di alimentazione della bobina;
 Tensione Vc commutabile dal contatto;
 Corrente Ic commutabile dal contatto o corrente di apertura;
 Pc potenza massima commutabile dal contatto, ( per i carichi in c.c, Pc = Vc . Ic ).
 Vba tensione di attrazione;
 Vbr tensione di rilascio.
I relè vengono costruiti per tensioni di alimentazione della bobina Vb eguale a:
6; 12; 24; 48; 110; 220 volt, sia alternata che continua.
Il buon funzionamento del relè è assicurato, generalmente, per TENSIONI di
ALIMENTAZIONE della bobina comprese nell’intervallo:
( 0,8  1,1 ) Vb.
ESEMPIO Se un relè ha una tensione nominale di alimentazione della bobina
Vb = 24 V, il buon funzionamento è assicurato per tensioni comprese:
19,2  V  26,4 Volt.
Generalmente, la massima tensione commutabile dal contatto è Vc = 250 V, in modo
tale che il relè sia idoneo per comandare carichi alimentati anche alla tensione di rete,
220 Volt alternati.
La corrente commutabile, ( corrente di apertura o potere di interruzione ), è la
massima corrente che il contatto del relè è in grado di interrompere, senza che l’arco
elettrico danneggi il relè stesso; ( Ic quanto più Vc ).
I costruttori forniscono la curva di Ic in funzione della tensione Vc; inoltre a parità di
Ic, l’arco elettrico è tanto più energetico quanto più è elevata la Vc.
63
Se il carico è in corrente continua la potenza commutabile si ottiene, eseguendo il
prodotto della tensione Vc per il corrispondente valore di Ic,
ricavato dalla curva Vc – Ic, si veda la figura:
Ic ( A )
10
In
0,4
Vn 250
Vc ( V )
Se è noto il valore Vn, cioè la tensione nominale di alimentazione del carico, è
possibile dal grafico Vc – Ic, dedurre il massimo valore della corrente commutabile
Ic, in corrispondenza del valore Vn stesso.
In conclusione, il relè potrà comandare il carico solo se In, corrente nominale del
carico è inferiore a Ic. Se tale condizione non è rispettata bisogna impiegare un relè di
portata superiore.
Ic ( A )
In
In > Ic
Si considerino i seguenti esempi:
Ic
Il relé non è idoneo per comandare
il carico alimentato alla tensione Vn,
Vc ( V )
perché la corrente In assorbita da
Vn
esso è maggiore di Ic, che corrisponde alla corrente di commutazione del relé.
Questo relé è invece, idoneo a
assorbita In, alla tensione Vn è
minore di Ic, che è la corrente di
commutazione del relé.
comandare il carico, perché la corrente
Ic ( A )
Ic
Ic > In
In
Vc ( V )
Con i carichi in corrente alternata la corrente di commutazione Ic diminuisce con il
diminuire del fattore di carico K, come si vede schematizzato nella seguente figura:
1 K
64
cosφ
1 0,8 0,6 0,4
In base al grafico, noti i valori di Vn e cos  si ricavano graficamente i valori di Ic e
K, e pertanto risulta possibile determinare la corrente commutabile del relè, come:
Ic’ = K Ic.
C’è da osservare che per i relè è importante distinguere fra la CORRENTE
TERMICA e la CORRENTE di APERTURA. La corrente termica It è la corrente
che, può essere portata dal relè, senza che i contatti, in servizio continuo, subiscano
dei riscaldamenti eccessivi. La corrente di apertura Ia è la corrente che, il contatto
del relè è in grado di interrompere senza che l’arco elettrico distrugga il relè stesso.
Si ricorda inoltre che la corrente termica è indipendente dalla tensione di lavoro, dal
cos  del carico, mentre la corrente di apertura dipende sia dalla tensione Vc che dal
cos  .
Spesso i costruttori indicano il MASSIMO CARICO che il relè è in grado di
comandare. La tensione di attrazione Vba di un relè, è la TENSIONE MINIMA che
applicata alla bobina determina l’attrazione dell’ancora, e quindi la commutazione dei
contatti. Indicando con Vb la tensione nominale della bobina, la tensione di attrazione
dei contatti risulta, in genere, uguale a:
Vba = ( 0,6  0,8 ) Vb.
ESEMPIO: se la tensione Vb è di 24 Volt, ciò comporta che la tensione di attrazione
dei contatti è compresa fra:
14,4  19,2 Volt.
La tensione di rilascio Vbr è la soglia di tensione al di sotto della quale il relè
RILASCIA i contatti, in modo tale che i contatti ritornano alla loro posizione di
riposo. A causa del magnetismo residuo la tensione di rilascio risulta uguale, in
genere, a : ( 0,2  0,5 ) Vb = Vbr.
ESEMPIO: Se Vb è uguale a 24 Volt, la tensione di rilascio risulta compresa fra i
4,8  12 Volt.
Comunque attraverso una vite di regolazione è possibile regolare lo spessore del
traferro, o modificarlo, e conseguentemente modificare la tensione di RILASCIO, ma
in genere NON POTRA’ MAI ESSERE né Vbr MINORE del 10% di Vb, né MAI
SUPERIORE al 75% di Vb.
Infine a seconda delle modalità di funzionamento del relè, essi si possono classificare
in :
 Relè ciclici o passo – passo;
 Relè monostabili;
 Relè bistabili;
 Relè a tempo o temporizzatori.
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SEGNI GRAFICI PER I PIANI DI INSTALLAZIONE
Lo schema PLANIMETRICO di un impianto elettrico si ottiene riportando su una
planimetria dell’edificio, ( scala 1 : 100 oppure 1 : 50 ), i SEGNI GRAFICI che
rappresentano:
 Gli utilizzatori;
 I punti di comando;
 I quadri;
 Gli strumenti;
 Le condutture.
Nel piano di installazione, si veda la figura di riferimento della pagina successiva, i
segni grafici corrispondenti alle varie apparecchiature, devono essere posizionati nel
punto di effettiva installazione.
66
67
Prima di procedere nel ragionamento sugli impianti, secondo le NORMATIVE
attuali, si ricorda comunque che:
“ Nessuna norma per quanto accuratamente studiata, può garantire in modo assoluto
l’incolumità delle persone, degli animali e delle cose dai pericoli dell’energia
elettrica ”.
E’ altresì vero che l’adeguamento del progetto alla NORMATIVA è fondamentale.
Inoltre, è necessario NON CONFONDERE i problemi di risparmio energetico, con
quella dell’esigenza di nuovi futuri carichi, ( estendibilità dell’impianto ).
In definitiva l’equipaggiamento principale si deve proporzionale non solo per i
carichi attuali, ma prevedendo quello i futuri.
Si deve, pertanto, ottimizzare la parte tecnica con quella economica.
Concludendo i requisiti fondamentali degli impianti elettrici possono così
caratterizzarsi:
 Sicurezza ed affidabilità;
 Capacità di ampliamento;
 Funzionalità;
 Accessibilità;
 Flessibilità;
 Facilità di gestione ed economicità.
PRIMA FASE DEL PROGETTO
La sequenza operativa per lo sviluppo del progetto della rete di distribuzione
interna si può così esemplificare:
DEFINIZIONE DEI CARICHI:
I carichi in argomento sono quelli per:
impianto di illuminazione, legati ai valori di
illuminamento;
altri apparecchi utilizzatori interni all’unità
abitativa o di utilità comune.
CIRCUITI SECONDARI:
carichi relativi a singoli impianti fissi e non,
portate degli interruttori automatici.
POTENZA E SERVIZI GENERALI:
Definizione della potenza in funzione dei
carichi e dei fattori di utilizzazione e di
contemporaneità.
PROPORZIONAMENTO DELL’IMPIANTO:
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scelta delle conduttore;
definizione delle protezioni.
Il punto di partenza del progetto è la conoscenza dei carichi, che rappresenta la base
per lo sviluppo del progetto. Il dimensionamento dell’impianto elettrico non può
essere eseguito, prendendo come base una potenza di contratto di 3 KW, come
normalmente avviene, ma deve essere conforme alle esigenze dei carichi, consentire
ampliamenti futuri, continuità di servizio e flessibilità.
In definitiva la prima fase del progetto occorre per definire gli elementi occorrenti per
il proporzionamento della rete di distribuzione interna.
Inoltre nell’ipotesi che il committente non fornisca gli elementi necessari per la
definizione dei carichi, per procedere nel progetto occorre:
fissare dei valori convenzionali di VA/m² per l’impianto di illuminazione;
fissare dei valori convenzionali di VA/m² per gli utilizzatori domestici;
fissare le prese da 10 A e 16 A, relative potenze e numero possibile di allaccio nel
singolo circuito;
fissare il numero dei circuiti secondari;
fissare i fattori di utilizzazione e di contemporaneità, in modo tale da potere
determinare la potenza di progetto.
A valle delle precedenti fasi occorre tenere conto dei vari elementi di verifica:
corrente presunta di CORTO CIRCUITO, portata dei cavi e loro K²S²; massima
caduta di tensione; corrente nominale degli interruttori o dei fusibili e loro integrale
di JOULE. Allo scopo di continuare l’analisi di PROGETTO di un IMPIANTO,
ricordiamo alcune definizioni fondamentali:
Carico elettrico: si considera come tale, una potenza, attiva o apparente, trasformata
o assorbita da una macchina o da un elemento del sistema.
Carico Nominale: si intende la potenza attiva o apparente, per la quale una macchina
od un elemento di circuito sono stati costruiti o specificati, e che
possono sopportare permanentemente per un tempo prestabilito.
Quando viene superato il valore del carico nominale si dice che la
macchina o l’elemento di circuito LAVORANO in
SOVRACCARICO.
Carico connesso: si intende la somma delle potenze nominali di tutti gli apparecchi
elettrici utilizzatori alimentati dal circuito o dalla rete.
Carico continuo: carico relativo al passaggio di una corrente massima per almeno
3 ore.
Fattore di carico: rapporto fra la potenza media, in un periodo di tempo, ( ora,
giorno, anno ), e la potenza massima.
Diagramma di carico: curva che rappresenta la potenza fornita o assorbita in
funzione del tempo.
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Carico normale o ordinario: carico in servizio durante il funzionamento normale,
con alimentazione dalla rete.
Carico privilegiato:
carico in servizio, anche in mancanza di alimentazione dalla
rete, in genere non per ragioni di sicurezza, ma per ragioni
operative ed economiche.
Carico di sicurezza o vitale: carico legato alla sicurezza, necessario per la
protezione delle persone e delle cose.
Fattore di utilizzazione:rapporto tra la potenza che si prevede l’apparecchio
utilizzatore debba assorbire nell’esercizio ordinario,
e la relativa potenza nominale o di targa.
Fattore di contemporaneità: fattore che, applicato alla somma delle potenze
prelevate dai singoli apparecchi utilizzatori, dà
la potenza da prendere in considerazione per il
dimensionamento dei circuiti.
Riprendiamo il discorso relativo alla CLASSIFICAZIONE dei sistemi elettrici, in
funzione del loro modo di essere collegati a TERRA.
I SISTEMI di DISTRIBUZIONE in BASSA TENSIONE sono classificati in base
allo STATO del NEUTRO ed al COLLEGAMENTO a TERRA delle MASSE
METALLICHE: sistema TT; sistema TN; sistema IT.
Il sistema TT è il sistema in cui la prima T indica lo stato del NEUTRO,
dell’impianto di distribuzione; la seconda T indica lo stato di collegamento delle
masse metalliche dell’impianto utilizzatore. Pertanto con la dicitura TT si indica che
il NEUTRO dell’impianto è collegato a terra, ma anche le MASSE dell’utilizzatore
sono collegate a terra, dove l’impianto di terra del neutro è distinto da quello delle
masse metalliche dell’utilizzatore.
Il sistema TT è utilizzato per la distribuzione dell’energia elettrica in BASSA
TENSIONE, alle piccole utenze civili ed industriali. La potenza impegnata da ogni
singola utenza è di 3 ÷ 6 KW, ( impianto civile monofase ), o qualche decina di KW,
( impianto trifase di officine elettromeccaniche, ecc. ). Tali utenze ricevono l’energia
elettrica in bassa tensione, 220 V per gli impianti monofasi, e 380 V per gli impianti
trifasi, e devono provvedere alla realizzazione di un proprio impianto di terra.
Per gli impianti che richiedono una potenza superiore a 100 KW, la fornitura viene
effettuata in media tensione, ( 15 ÷ 20 KV ), ed in questo casi la cabina di
trasformazione MT/BT è di proprietà dell’utente, e il NEUTRO e le MASSE sono
collegate ad un UNICO IMPIANTO di TERRA. La figura di pagina successiva
illustra le caratteristiche di un impianto TT:
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LE SITUAZIONI DI PERICOLO
Contatto diretto
Per contatto diretto si intende il contatto fra il corpo umano e una parte
dell’impianto normalmente in tensione.
ESEMPI:
difetti di isolamento dei cavi;
cassetta di derivazione lasciata aperta, e con conduttori scoperti;
presa che consente l’accesso di parti metalliche;
porta lampada senza ghiera di protezione.
E’ evidente che nella maggiore parte dei casi, i contatti diretti si possono evitare
curando l’isolamento dell’impianto, e sostituendo le parti dell’impianto difettose.
Un’efficace rimedio ai contatti diretti, è quello di inserire nell’impianto un
interruttore differenziale ad alta sensibilità: 10 ÷ 30 mA.
La soglia di pericolosità della corrente è normalmente assunta nel valore di 30 mA.
Pertanto un interruttore ad alta sensibilità di 30 mA, apre il circuito in tempi molto
rapidi, dell’ordine dei centesimi di secondo, allorquando nell’impianto si verifica una
dispersione di 30 mA. C’è da osservare che interrompendo il circuito, in modo così
rapido, si evitano dei traumi cardiaci.
Contatto indiretto
Gli apparecchi utilizzatori dell’energia elettrica sono spesso racchiusi, in
involucri metallici. Normalmente gli avvolgimenti sono ben isolati rispetto
all'involucro, e perciò esso normalmente NON E' IN TENSIONE.
Tuttavia un difetto di isolamento può determinare il contatto avvolgimento –
involucro metallico, determinando, se non è presente un impianto di messa a terra,
coordinato opportunamente con l’interruttore automatico, una situazione di pericolo.
In questo caso, l’apparecchio funziona regolarmente, ma se una persona tocca
l’involucro di metallo dell’apparecchio, fra MANO e PIEDE si stabilisce una d.d.p
Vc, detta tensione di contatto, e quindi un passaggio di corrente di valore:
Iu = Vc / Ru
con Ru = resistenza del corpo umano in OHM;
Iu = corrente che attraversa il corpo umano in AMPERE.
Assumendo Vc = 220 V, Ru = 2.000 , e da ciò si ricava:
Iu = Vc / Ru = 220 / 2.000 = 0,110 A = 110 mA, che è un valore
molto superiore alla SOGLIA di PERICOLOSITA’ ( 30 mA ).
Le norme CEI 64.8 impongono una tensione di contatto massima di 50 V, cioè
Vc  50 V e perciò indicando con Rt la
resistenza dell’impianto di terra in OHM, e con In la sensibilità dell’interruttore
differenziale in Ampere, deve risultare che:
Vc = Rt In  50 Volt.
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75
LA CORRENTE DI IMPIEGO DI UNA LINEA
La corrente di impiego IB di una linea è la massima corrente che, in condizione
di normale funzionamento, percorre la linea. In base alla corrente di impiego IB viene
scelta la sezione del conduttore S, e la corrente nominale I N del dispositivo di
protezione della linea, ( interruttore magnetotermico, fusibile ).
La corrente di impiego di una linea viene effettuato dal progettista in base:
 alla potenza degli utilizzatori, alimentati dalla linea;
 numero degli utilizzatori alimentati e loro regime di funzionamento;
 coefficiente di contemporaneità, ricavati in base al regime di funzionamento degli
utilizzatori, e in base alla destinazione, ossia UFFICI, NEGOZI,
APPARTAMENTI, ecc.
Per la scelta della corrente di impiego è necessario procedere con molta cautela:
 una scelta in difetto della IB porterebbe ad adottare un cavo con sezione dei
conduttori insufficiente, e ciò porterebbe a lavorare la linea in sovraccarico,
riducendo la vita dell’isolante dei cavi;
 una valutazione in eccesso comporta l’impiego di cavi con conduttori a sezione
più elevata, comportando anche una scelta di dispositivi di protezione
sovradimensionati, e ciò porta ad un costo superiore dell’impianto, rispetto alla
realtà dell’impianto stesso;
 nel caso di dubbio è sempre meglio, valutare la corrente I B in eccesso, cioè è
sempre meglio avere un impianto più costoso, piuttosto che un impianto poco
affidabile e sicuro.
Nel caso di una linea che alimenta un solo carico o utilizzatore, allora la corrente
di impiego coincide con la corrente nominale dell’utilizzatore, ossia IB = IN
Linea che alimenta
solo carico
Ib = In
Utilizzatore
di corrente
nominale In
Nel caso di una linea dorsale che, alimenta una serie di utilizzatori, per definire la
corrente di impiego bisogna procedere nel modo seguente:
linea dorsale
In1
Carico
1
In2
Carico
2
In3
Carico
3
In4
Carico
4
a) stabilire le condizioni di funzionamento più gravose, cioè bisogna sapere, quanti
sono i carichi che possono funzionare contemporaneamente;
b) maggiorare il risultato ottenuto del 15%  20%, per tenere conto di eventuali
errori.
76
ESEMPIO:
che,
Una linea dorsale alimenta 6 carichi, o meglio 6 macchine utensili
presentano le seguenti correnti nominali, con tensione VN = 380 Volt:
IN1 = 6 A; IN2 = 8 A; IN3 = 11 A; IN4 = 5 A; IN5 = 7 A; IN6 = 10 A.
Si determini la corrente di impiego IB della dorsale nelle seguenti
condizioni o CASI :
a) tutte le macchine funzionano contemporaneamente;
b) al massimo possono funzionare 4 macchine;
c) nel caso più sfavorevole funzionano le macchine 2, 3, 6;
d) si stabilisca il caso più favorevole di funzionamento, con almeno 3
macchine in funzione.
Caso a):
Se funzionano tutte le macchine contemporaneamente,
IB = IN1 + IN2 + IN3 + IN4 + IN5 + IN6 = 6 + 8 + 11 + 5 + 7 + 10 = 47 A.
Caso b):
Se funzionano al più 4 macchine contemporaneamente. In questo caso
scelgo la situazione più gravosa, ossia considero le 4 macchine che
assorbono maggiormente:
IB = IN2 + IN3 + IN5 + IN6 = 8 + 11 + 7 + 10 = 36 A.
Caso c):
Il caso meno favorevole, nel caso di funzionamento contemporaneo di
tre macchine, è il caso in cui funzionano le tre macchine, 2, 3, 6:
IB = IN2 + IN3 + IN6 = 8 + 11 + 10 = 29 A.
Caso d):
Il caso più favorevole di funzionamento contemporaneo di tre macchine
è il caso in cui funzionano le tre macchine 1, 4, 5:
IB = IN1 + IN4 + IN5 = 6 + 5 + 7 = 18 A.
77
Nel caso di linea dorsale per le PRESE, è necessario riferirsi alle tabelle, per ricavare
i coefficienti di contemporaneità, nelle varie situazioni:
Campo
di Servizio
applicazione
Apparecchi o DESTINA ZION
circuiti
Abitazioni Uffici
Punti luce
0,65
0,90
Illuminazione Prese a spina
0,25
0,50
Servizi vari
Bollitore
più
1
1
potente
scaldacqua
2° bollitore
0,75
0,75
EDIFICI
3° bollitore
0,50
0,50
CIVILI
Altri
0,50
0,25
CUCINA
Apparecchio
1
/
più potente
Altri
1
/
Motore più
/
3
potente
Ascensori
2° ascensore
/
1
Altri
/
0,70
1 unità di
1
/
impianto
EDIFICI
Colonne
Da 2 a 4 di
0,8
/
impianto
CIVILI
Montanti
Da 5 a 10 unità
0,5
/
d’imp.
Più di 10 unità
0,4
/
d’imp.
Illuminazione Punti luce
0,75
0,80
Prese a spina
0,1
0,10
Piccola forza
Utiliz. fissi
0,70
0,80
Motrice ed usi Prese sp 10 A
0,20
0,10
EDIFICI
domestici
Pr sp > 10 A.
0,15
0,05
Prefabbricati Condizionam.to Circuito di
1
1
Aria centraliz. potenza
e
Servizi termici Cen.le term e
0,80
0,60
centralizzati
Idrica, ecc.
Costruzione Servizi logistici Cucina, stireria,
/
0,70
lavanderia
modulari
Elevatori
Mot. + pot.
3
3
( ascensori e
2° motore
1
1
montacarichi ) altri
0,70
0,70
78
E
EDI FICI
Laboratori Negozi
/
0,90
/
0,50
/
1
/
/
/
/
0,75
0,50
0,25
/
/
/
/
3
/
/
/
1
0,70
/
/
/
/
/
/
/
0,80
0,10
0,80
0,10
0,05
1
0,90
0,30
0,90
0,10
0,05
1
0,60
0,60
0,70
0,70
3
1
0,70
3
1
0,70
I coefficienti di contemporaneità della tabella sono riferiti ad un numero elevato di
prese. Ora indicando con n il numero di prese, con g il coefficiente di
contemporaneità ricavato dalla tabella, allora il coefficiente corretto sarà:
g’ = g + ( 1 – g ) / g.
Si osservi che se n = 1 allora g’ = g + 1 – g = 1, ossia g’ = 1, mentre se il numero di
spine tende ad un valore infinito, allora risulta g’ = g.
Determinare la corrente di impiego IB di una linea dorsale di un ufficio di 6
prese di 10 A.
Dalla tabella in corrispondenza di uffici, e prese di corrente di 10 A, si rileva
un coefficiente di contemporaneità g = 0,1, e pertanto applicando la versione corretta
ne risulta che:
g’ = 0,1 + ( 1- 0,1 ) / 6 = 0,1 + 0,15 = 0,25.
Indicando con IN la corrente nominale delle prese, perciò la corrente di impiego della
dorsale vale: IB = n IN g’ =
IB = numero delle spine x corrente nominale di una spira x coefficiente utilizzaz.vero
IB = 6 . 10 . 0,25 = 15 A.
Si osservi che la corrente IB mediante il coefficiente g si ottiene:
IB = n IN g’ = 6 . 10 . 0,1 = 6 A, risultato non attendibile, perché una sola presa può
richiedere una corrente di 10 A. Viceversa, se si assume un coefficiente di
contemporaneità pari a 1 si ottiene:
IB = n IN g’ = 6 . 10 . 1 = 60 A, valore anche questo non attendibile, poiché è
impossibile che, nell’esercizio ordinario, si colleghino contemporaneamente nelle sei
prese sei utilizzatori, che assorbono tutti 10 A possibili.
g’
1
g
n
LA PORTATA DI UN CAVO
Il cavo percorso da corrente produce calore per effetto Joule, indicando con:
tC ° C la temperatura del CAVO, e se con tA ° C indichiamo la temperatura
dell’ambiente, allora per SOVRATEMPERATURA del cavo,
si intende la differenza:
t = tC - tA .
C’è da osservare che, la sovratemperatura, è direttamente proporzionale al calore
sviluppato, e quindi al quadrato della corrente che, percorre il cavo e questo implica
che: t = K R I², dove R è la resistenza del cavo, K è una costante di
proporzionalità.
E’ necessario ricordare che, l’isolante del cavo, ammette una temperatura massima di
lavoro o di funzionamento, ad esempio:
79
70 °C per il PVC;
85 °C per la gomma BUTILE;
90° C per la gomma ETILENPROPILENICA.
Se il cavo si fa funzionare ad una temperatura superiore a quella consentita, allora si
procura per esso, un decadimento molto rapido della sua durata di vita.
In definitiva la corrente che determina la temperatura del cavo, è pari alla corrente
massima ammessa dall’isolante del cavo, ed essa viene indicata con IZ, portata.
La portata IZ del cavo è la corrente che il cavo può portare, senza che la temperatura
dell’isolante, superi il valore massimo ammesso, e quindi sia nullo l’effetto deleterio
della temperatura. Si aggiunge inoltre che la PORTATA, dipende dai seguenti fattori:
 la sezione;
 la qualità dell’isolante;
 la temperatura ambiente;
 la vicinanza di altri cavi.
Introduciamo una tabella, in cui appaiono le sezioni in funzione della portata:
S
in mm²
IZ
in A- per PVC IZ
in A- per EPR
1,5
10
13
2,5
14
19
4
19
26
6
24
33
10
33
45
16
45
61
25
59
81
35
73
100
50
92
126
70
113
155
95
137
188
120
159
218
150
183
251
185
208
286
240
245
336
L’utilizzo di questa tabella può portare ad un sovradimensionamento dei cavi, perché
la temperatura di riferimento dell’ambiente, prudenzialmente scelto, è intorno ai
42 ° C. Ricordiamo i valori delle correnti nominali In commerciali, in Ampere:
In
6
10
16
20
25
32
40
50
63
80
80
RELAZIONE FRA CORRENTE DI IMPIEGO E PORTATA
La corrente di impiego è la corrente che, normalmente, passa nel cavo e viene
indicata con IB . La corrente IB si calcola in base alla potenza dei carichi e del
coefficiente di contemporaneità. Contrariamente alla portata, la corrente di impiego I B
viene determinata prima della scelta della sezione della corrente.
Il procedimento da seguire per il dimensionamento di una linea può essere così
schematizzato:
 si deve ricavare la corrente assorbita da ciascun utilizzatore;
 stabilire il valore del coefficiente di contemporaneità;
 ricavare la corrente di impiego IB , relativamente ai primi due punti;
 cercare sulla tabella un valore di corrente superiore a IB .
 leggere sulla tabella il corrispondente valore della portata IN e della sezione S.
Ovviamente deve risultare: IB < Iz ; la differenza Iz - IB si dice MARGINE di
SICUREZZA. Se IB è di poco superiore a IZ, il cavo può più facilmente lavorare in
sovraccarico, cioè con una corrente superiore a IZ. Se invece IB e IZ sono ben
distanziati, è più difficile che il cavo possa funzionare in sovraccarico.
ESEMPIO: In un negozio, una linea dorsale monofase deve alimentare 6 prese di
corrente da 16 A. Determinare:
la corrente di impiego; la sezione dei cavi, (cavi unipolari isolati in PVC)
la portata IZ scelta dei cavi scelti.
PREVEDERE:
un margine di errore del 20%, nel calcolo della corrente di impiego;
una temperatura ambiente di 40 °C;
i cavi della dorsale devono essere posti entro un tubo protettivo assieme
ad altri conduttori.
SOLUZIONE.
Inizialmente andiamo a calcolare il coefficiente di utilizzazione g’. Inizialmente dalla
tabella valutiamo il primo coefficiente di impiego g. Da detta tabella, nella voce
negozio e presa a spine di 16 A, si trova il valore di g = 0,05.
Da ciò si ricava g’ mediante la formula:
g’ = g + ( 1 – g ) / n.
g’ = g + ( 1 – g ) / g = 0,05 + 0,95 / 6 = 0,208.
Da ciò calcoliamo la corrente di impiego:
I’B = n g’ I = 6 . 0,208 . 16  20 A. Visto che è necessario prevedere un errore nel
calcolo, aumentiamo il valore del 20%, ossia: IB = 1,2 (I’B) = 24 A.
Nella seconda tabella alla voce PVC, si ricerca una portata IZ del cavo superiore ai
24 A, e si trova il valore di 33 A. Il cavo in PVC avente questa portata ha una sezione
di 10 mm². Infine, la differenza IZ - IB = (33 – 24) = 9 A, si può ritenere un buon
margine di sicurezza.
Fine prima parte di impianti
81
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