Tecnologie di Trattamento: Classificazione (1/3) Gli interventi in un sito contaminato possono prefiggersi due diversi obiettivi: • l’isolamento ed il controllo delle sostanze contaminanti, quando non sia possibile, per motivi tecnologici o economici, la rimozione dei contaminanti; • la bonifica (cioè il trattamento o la rimozione delle sostanze inquinanti). L’isolamento consiste nell’incapsulare la porzione di terreno contaminato, mediante opere di impermeabilizzazione (superficiali, laterali e, se necessario, di fondo), al fine di impedire la propagazione della contaminazione. Questa tipologia di intervento è solitamente utilizzata per tutti quei casi (es. discariche) in cui possa risultare inefficace o estremamente costosa qualsiasi tecnica di bonifica. La seconda tipologia di intervento, la bonifica, richiede invece l’applicazione di tecnologie di trattamento del suolo, del sottosuolo e degli acquiferi sotterranei, classificabili in: • trattamenti chimico-fisici; • trattamenti biologici; • trattamenti termici. GM – Università Catania 1/102 Tecnologie di Trattamento: Classificazione (2/3) •In funzione della movimentazione della matrice contaminata (terreno, acque sotterranee, sedimenti, ecc.), gli interventi di risanamento possono essere classificati in: • in-situ: effettuati senza movimentazione della matrice inquinata; • on-site: con movimentazione dei materiali inquinati, ma con trattamento sull'area; • off-site: con movimentazione dei materiali inquinati e conferimento fuori dal sito ad impianti di trattamento o in discarica autorizzati. •I trattamenti on-site e off-site rientrano tra i trattamenti ex-situ. GM – Università Catania 2/102 1 Tecnologie di Trattamento: Classificazione (3/3) •Biopile •Landfarming •Bioreattori •Phytoremediation •Bioventing/Estrazione di vapori •Lavaggio (soil washing – flushing) •Desorbimento •Bio-sparging/Air sparging •Barriere reattive permeabili •Attenuazione naturale Biologico Insaturo Fisicochimico Fisico-chimico Termico Biologico Fisico-chimico Biologico, fisicochimico Saturo GM – Università Catania 3/102 Trattamenti Biologici (1/3) Un terreno contaminato da sostanze organiche risulta potenzialmente in grado di autodepurarsi, data la presenza naturale nel terreno di microrganismi (principalmente batteri e funghi) capaci di decomporre le molecole organiche. Si deve tuttavia notare che non sussistono quasi mai le condizioni ideali (presenza di un accettore di elettroni, umidità e temperatura ideali, adeguata quantità di nutrienti, etc.) affinché il processo di biodegradazione risulti efficace. I trattamenti biologici hanno quindi la funzione di regolare i parametri che influenzano e favoriscono il processo di autodepurazione, al fine di stabilire le condizioni ottimali per un’efficace rimozione dei contaminanti. VANTAGGI. I trattamenti biologici, a differenza della maggior parte delle tecniche di trattamento (che determinano solo l’immobilizzazione o il trasferimento dal suolo ad un altro mezzo dei contaminanti) comportano l’effettiva rimozione per degradazione delle sostanze organiche inquinanti. GM – Università Catania 4/102 2 Trattamenti Biologici (2/3) SVANTAGGI. Si potrebbero riscontrare però i seguenti problemi: • possibile degradazione incompleta delle sostanze contaminanti; • pericolo di formazione di prodotti intermedi o finali più pericolosi di quelli originari; • la presenza di elevate concentrazioni di sostanze contaminanti o di metalli pesanti può risultare tossica per i microrganismi responsabili della biodegradazione; • lunghi tempi di trattamento. Biodegradazione •In senso lato, la biodegradazione è un insieme di trasformazioni di sostanze chimiche mediate da attività biologica. •Tali trasformazioni nel terreno richiedono: • • • • microrganismi idonei; una fonte di energia, utilizzata per il catabolismo; degli accettori finali di elettroni; una fonte di carbonio, per la sintesi di nuovo materiale cellulare o per il mantenimento. GM – Università Catania 5/102 Trattamenti biologici (3/3) Bioagumentation Ai sensi del DM 471/99 (Allegato 3), l'uso di inoculi costituiti da organismi geneticamente modificati (OGM) negli interventi di biorisanamento è consentito limitatamente a sistemi di trattamento completamente chiusi (bioreattori). E' necessario inoltrare richiesta al Ministero dell’Ambiente ed ottenere l'autorizzazione. Non sono soggetti a limitazioni particolari, anche per gli interventi di bonifica condotti in sistemi non confinati, gli interventi di bioaugmentation delle comunità microbiche autoctone o di inoculazione con microrganismi o consorzi microbici naturali non patogeni per uomo, animali e piante. GM – Università Catania 6/102 3 Trattamenti biologici: Biopile (1/4) Sono un sistema ex-situ di trattamento biologico in fase solida, ove si promuove la biodegradazione aerobica agendo su: • tenore di O2; • carica microbica attiva; • pH; • macro-nutrienti; • umidità; • temperatura. Schema di processo Cumuli statici Cumuli rivoltati Pre-trattamento solidi Escavazione Vagliatura Triturazione Miscelazione con additivi Separazione umidità Recupero/distruzione vapori organici Trattamento biologico Trattamento emissioni gassose Riutilizzo solidi Atmosfera GM – Università Catania 7/102 Trattamenti biologici: Biopile (2/4) Aerazione dei cumuli statici Biofiltro Strumentazione Aspirazione Insufflazione GM – Università Catania 8/102 4 Trattamenti biologici: Biopile (3/4) In tal caso i cumuli di terreno (sempre a sezione trasversale triangolare o trapezia) vengono disposti su di una rete di tubazioni forate dalle quali, per azione di una soffiante, può essere insufflata e/o aspirata aria, eventualmente riscaldata per incrementare la velocità di degradazione. Tra il cumulo di terreno inquinato e la rete di tubazioni viene solitamente interposto uno strato del materiale utilizzato come bulking agent, per consentire una più uniforme distribuzione dell’aria; un altro strato, sempre dello stesso materiale, viene disposto invece a copertura del cumulo, per contenere le emissioni di polveri inquinate. Una variante a tale sistema consiste nel disporre una serie di strati alternati di terreno contaminato e di materiale granulare da cui immettere e/o estrarre l’aria, mentre un sistema di aspersione d’acqua, posto in testa al cumulo, consente di regolare l’umidità, il pH e di somministrare i nutrienti. Il tutto viene infine coperto da un telo di plastica, per evitare l’emissione di composti volatili. GM – Università Catania 9/102 Trattamenti biologici: Biopile (4/4) Campo di applicazione ottimale ed efficienze •Le biopile trovano applicazione nella rimozione di inquinanti organici facilmente biodegradabili aerobicamente (idrocarburi del petrolio a medio peso molecolare: IPA, BTEX). •I rendimenti di rimozione sono assai diversificati per i differenti composti presenti e dipendono molto dalle capacità degradative della biomassa del terreno. •Applicati a grossi quantitativi di terreno, richiedono impegno di grandi aree, non sempre facilmente reperibili nei siti da bonificare. •Il trattamento in biopile è il sistema più applicato tra i biologici ex situ in tutto il mondo. In molti paesi d‘ Europa sono presenti numerosi impianti di trattamento off site; in Italia ne sono stati da poco autorizzati alcuni. GM – Università Catania 10/102 5 Trattamenti biologici: Landfarming (1/5) Sono un sistema di trattamento biologico ex-situ in fase solida, ove si promuove la biodegradazione aerobica agendo su: • tenore di O2; • carica microbica attiva; • pH. • macro-nutrienti; • umidità; Schema di processo Bacino confinato Pre-trattamento solidi Escavazione Vagliatura Triturazione Miscelazione con additivi Trattamento biologico Riutilizzo solidi GM – Università Catania 11/102 Trattamenti biologici: Landfarming (2/5) •Il materiale viene collocato in un bacino confinato e impermeabilizzato, formando uno strato di spessore inferiore a 50 cm. •La fornitura di O2 avviene mediante rivoltamento periodico con macchine agricole. •Il materiale può necessitare di periodica umidificazione, apportando all'occorrenza macronutrienti, biomassa o reagenti in soluzione per l'aggiustamento del pH. •Deve essere previsto un sistema di raccolta dell'eventuale percolato. GM – Università Catania 12/102 6 Trattamenti biologici: Landfarming (3/5) Il terreno da avviare a risanamento, previa rimozione del materiale grossolano, viene addizionato di nutrienti affinché il rapporto C:N:P sia pari a 100:10:1 (condizione ottimale). Dopo aver disposto lo strato di terreno nel bacino, si provvede sia ad un periodico rivoltamento (solitamente a cadenza giornaliera) per favorire il contatto tra microrganismi, nutrienti e contaminati, nonché un efficace ricambio di ossigeno con l’atmosfera, che ad una sistematica irrigazione del terreno per mantenere il tasso di umidità ideale. Il bacino di trattamento è dotato di argini di contenimento (in argilla, di altezza non superiore a 1-2 m e con pendenza delle sponde compresa nell’intervallo 1:11:2) e di fondo impermeabile. Quest’ultimo deve essere realizzato con cura per prevenire sia il ristagno nel bacino, che le infiltrazioni (nel terreno sottostante) del percolato. GM – Università Catania 13/102 Trattamenti biologici: Landfarming (4/5) Il fondo può essere realizzato, nella configurazione più semplice, sovrapponendo (dal basso verso l’alto) i seguenti strati di materiale: I. strato di argilla (come per gli argini) compattata di spessore di circa 30 cm, con la funzione di creare una barriera impermeabilizzante; II. strato di sabbia (30-60 cm) , con il duplice scopo di proteggere lo strato impermeabilizzante di fondo e di drenare il percolato prodotto dal terreno da risanare; a tal fine viene inserito nel letto di sabbia un sistema drenante, costituito da una reticolo di tubi fessurati; III. strato di terreno da decontaminare (20-60 cm). Questo deve essere disposto con una pendenza superficiale pari almeno al 2% per evitare il ristagno dell’acqua di pioggia (che impedirebbe lo scambio di ossigeno con l’atmosfera), che viene quindi raccolta ed allontanata mediante una canaletta posta al piede del bacino. GM – Università Catania 14/102 7 Trattamenti biologici: Landfarming (5/5) Campo di applicazione ottimale ed efficienze •Valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per le biopile. •Stante l'altezza massima dello strato di terreno trattabile, le superfici richieste sono notevolmente superiori a quelle necessarie per le biopile o, alternativamente, sono necessari tempi molto più lunghi per il risanamento di un fissato volume di materiale. •A fronte di una minor ingegnerizzazione del sistema di trattamento rispetto alle biopile, con conseguente diminuzione dei costi di investimento (il costo del bacino può comunque essere rilevante!), il landfarming comporta un minor controllo dei parametri di processo. Ciò si riflette in genere su più lente velocità di rimozioni dei contaminanti e il raggiungimento degli obiettivi di risanamento in tempi di trattamento più lunghi. •Può essere indicato per contaminazioni diffuse di inquinanti assai facilmente degradabili aerobicamente, in basse concentrazioni e molto superficiali (trattamento in situ). GM – Università Catania 15/102 Trattamenti biologici: Bioreattori (1/5) • Si tratta di sistemi chiusi, ove si promuove la biodegradazione agendo su: – tenore di idonei accettori di e-; • cosubstrati – carica microbica attiva; • macro-nutrienti; – contenuto di solidi; • biodisponibilità; – pH; • temperatura. • Sono disponibili sistemi a fase: – solida, simili a reattori per il compostaggio della frazione organica di rifiuti (nel seguito non presi in esame); – semi-solida (slurry), simili per alcuni aspetti ai trattamenti a fanghi attivi delle acque reflue. • I bioreattori sono veri e propri reattori in cui il terreno, dopo aver subito una serie di pretrattamenti, viene sottoposto alle condizioni ideali per la degradazione biologica dei contaminanti. Esistono in commercio due tipologie di reattori: – reattori in fase semisolida: il terreno viene trattato portando il contenuto ponderale d’acqua a valori compresi tra il 60% e il 90%; – reattori in fase solida: il contenuto ponderale d’acqua tra il 10% e il 20%. GM – Università Catania 16/102 8 Trattamenti biologici: Bioreattori (2/5) GM – Università Catania 17/102 Trattamenti biologici: Bioreattori (3/5) Un tipico schema di impianto per il risanamento dei terreni contaminati prevede le seguenti fasi di trattamento: I. doppia vagliatura: la prima per ottenere una pezzatura minore di 50-60 mm; la seconda (in un idrociclone) per separare la frazione limosa-argillosa, successivamente avviata al reattore in fase semisolida, da quella ghiaiosasabbiosa destinata invece al reattore in fase solida o a processi di compostaggio o landfarming. In tal modo è possibile concentrare la contaminazione in un volume ridotto, è stato infatti sperimentalmente dimostrato che la frazione fine del suolo contiene oltre il 90% della massa di contaminanti originariamente presenti nel terreno. GM – Università Catania 18/102 9 Trattamenti biologici: Bioreattori (4/5) II. condizionamento della frazione fine: la frazione fine di terreno, dopo essere stata miscelata con acqua e nutrienti, viene sottoposta alla correzione del pH e della temperatura, in modo da portarne i valori rispettivamente negli intervalli ottimali 4,5-8,8 e 15-35°C; III. trattamento: la sospensione fangosa in uscita dalla fase di condizionamento viene avviata al bioreattore dove, sottoposta ad intensa agitazione e ad aerazione, si svolge l’attività degradativa. L’agitazione contribuisce ad incrementare la velocità di trattamento per le seguenti ragioni: rompe gli aggregati residui di particelle; favorisce il desorbimento dei contaminanti dalla matrice solida del terreno; contribuisce a migliorare il contatto tra microrganismi, contaminanti e nutrienti; stimola il passaggio in fase gassosa delle sostanze volatili eventualmente presenti; IV. separazione delle fasi: completata la biodegradazione, la miscela in uscita dal bioreattore viene avviata ad un’unità di separazione solido-liquido. Il terreno decontaminato costituente la frazione solida viene riutilizzato, mentre la fase acquosa, previo opportuno trattamento, viene scaricata in fognatura o ricircolata nel bioreattore. GM – Università Catania 19/102 Trattamenti biologici: Bioreattori (5/5) Campo di applicazione ottimale ed efficienze Tale tecnologia è indicata infatti nel caso di contaminazioni da IPA, da idrocarburi ad alto grado di alogenazione e da pesticidi, ottenendo rendimenti di rimozione superiori al 90% in tempi dell’ordine di giorni o settimane. I costi di trattamento risultano però decisamente più alti rispetto agli altri trattamenti biologici, in quanto la fase di pretrattamento spinto del materiale in ingresso e di separazione delle fasi all’uscita del bioreattore incidono notevolmente sul costo finale. Il dimensionamento è impegnativo, in ragione dei molti fattori che possono risultare limitanti per il processo e richiede un non semplice scale-up di prove di laboratorio, nelle quali siano state individuate le condizioni ottimali per il trattamento. Come unica tecnologia è stata applicata essenzialmente negli USA, con dimostrazioni in campo o in casi reali di piccole dimensioni. Tra le maggiori applicazioni vi è l'uso per il trattamento biologico di inquinanti organici biodegradabili nelle frazioni fini derivanti da lavaggio fisico. GM – Università Catania 20/102 10 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (1/15) •Sono tecnologie in situ basate sulla ventilazione dell'insaturo, operata mediante pozzi (generalmente verticali) finestrati nella zona insatura, ai quali viene applicata una differenza di pressione (positiva o negativa) rispetto al valore atmosferico; tale operazione induce nel sottosuolo una perturbazione (gradiente) del campo di pressione, che costituisce la forza motrice del flusso di gas nel sottosuolo. •La ventilazione della zona insatura induce fenomeni fisici di trasporto dei contaminanti. Il flusso di aria indotto nel sottosuolo produce anche un ricambio dei gas interstiziali, che vengono sostituiti da aria ambiente con ossigeno a saturazione; possono pertanto essere promossi i meccanismi di biodegradazione aerobica eventualmente limitati da condizioni di anaerobiosi. •La principale differenza tra le due tecnologie risiede proprio nel potenziamento dei differenti meccanismi di rimozione, essenzialmente di tipo fisico per SVE e di tipo biologico per BV. GM – Università Catania 21/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (2/15) ΔP (>0 o <0) rispetto a Patm P≠Patm SVE Zona insatura Zona satura •Advezione •Diffusione •Dispersione meccanica •Biodegradazione aerobica mi nis cca ici e m fis mi nisici a c c g mebiolo BV GM – Università Catania 22/102 11 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (3/15) Schema di processo (SVE) GM – Università Catania 23/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (4/15) Schema di processo Soffiante Fusti con Carbone Attivo Granulare Separatore aria/acqua Contenitore per acqua separata GM – Università Catania 24/102 12 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (5/15) Permeabilità intrinseca del terreno bassa alta Screening preliminare per SVE e BV k < 10-14 m2 (< sabbie fini limose) Stop Pressione di vapore dei contaminanti bassa <70 Pa a 20 °C alta Biodegradabilità aerobica dei contaminanti alta SVE + BV Biodegradabilità aerobica dei contaminanti bassa alta bassa SVE BV Stop GM – Università Catania 25/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (6/15) Dimensionamento dell'impianto •E' necessario: • determinare la profondità pozzi e fenestratura; • determinare la portata d'aria ottimale; • stimare il numero dei pozzi necessari a coprire l’intera area contaminata, ottimizzarne la dislocazione e la modalità di funzionamento; • dimensionare, nel caso di SVE, la sezione di trattamento dei vapori. •Il dimensionamento dell’impianto viene effettuato sostanzialmente su basi empiriche, cioè sulla estrapolazione dei dati da test pilota. GM – Università Catania 26/102 13 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (7/15) Profondità e fenestratura dei pozzi •Generalmente la profondità dei pozzi corrisponde alla profondità massima alla quale si riscontra contaminazione. •Operando in aspirazione, si potrebbe verificare la risalita del livello piezometrico nell'intorno del pozzo, che non deve comunque raggiungere il suo tratto filtrante. •La fenestratura viene effettuata generalmente in corrispondenza di tutto lo strato di terreno contaminato. GM – Università Catania 27/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (8/15) Test pilota di bioventing e SVE Il test pilota consiste nell’insufflaggio o nell’aspirazione di aria attraverso il pozzo pilota e nella successiva misurazione nei micropiezometri posti a distanze crescenti dal pozzo di parametri quali: temperatura, O2, CO2, ∆P, VOC, al fine di determinare le caratteristiche idrogeologiche del sito e quindi Rp o Ro. P a (r,z; t) O 2, CO2(t) • Q v (aspirazione/iniezione) z1 z2 z3 r3 r1 r2 Nel caso di BV il parametro fondamentale è la distanza Ro, detta "raggio di influenza dell'ossigeno", fino alla quale si riesce a mantenere un tenore di ossigeno nell'aria interstiziale al di sopra del 5% v/v. GM – Università Catania 28/102 14 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (9/15) La progettazione del test pilota, deve partire dallo studio del modello concettuale del sito e deve essere impostata secondo le seguenti linee guida: I pozzi di immissione devono generalmente: 9 interessare tutto lo spessore della contaminazione; 9 essere attestati a diverse profondità, nel caso di terreni non omogenei o con una distribuzione verticale discontinua della contaminazione; 9 devono preferibilmente essere integrati con l’impianto di bonifica definitivo. Nel caso di portate d’aria insufflate elevate, la zona indagata deve essere opportunamente coperta per evitare fughe di gas in atmosfera o deve essere previsto un sistema di Vapour Extraction. GM – Università Catania 29/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (10/15) •Le prove pilota vengono generalmente condotte utilizzando: • 1 pozzo di estrazione o iniezione; • almeno 3 pozzi di monitoraggio posti lungo differenti direzioni e distanze dal pozzo di aspirazione/iniezione. Schema di impianto pilota Configurazione per SVE PE = pozzo di estrazione Mi = pozzo di monitoraggio GM – Università Catania 30/102 15 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (11/15) Test a gradini di portata Serve a determinare le caratteristiche di funzionalità dei pozzi, cioè la portata di aria estratta/iniettata in funzione della ∆P applicata a testa pozzo (durata: qualche ora). (Qv) Curva caratteristica del sistema Qv= Qv (ΔP) (ΔP) GM – Università Catania 31/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (12/15) Test a portata costante • Si applica una portata di estrazione/iniezione costante e si misurano le pressioni indotte nei pozzi di monitoraggio, nonché (per SVE) la concentrazione degli inquinanti nell’aria estratta. T=giorni • Qv (aspirazione/iniezione) • In estrazione, concentrazione di inquinanti nel gas estratto Pa(r,z; t) z1 z2 z3 r3 r1 r2 GM – Università Catania 32/102 16 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (13/15) Test respirometrico • Una volta riossigenato il sottosuolo, il sistema di aerazione viene spento; quindi, si misurano le concentrazioni di O2 e CO2 nell'aria interstiziale in funzione del tempo. Impianto spento dopo riossigenazione del terreno O2, CO2(t) z1 z2 z3 r3 r1 r2 GM – Università Catania 33/102 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (14/15) Portata d’aria per Impianto Full-scale •Per SVE, una portata adeguata agli scopi è quella che determina il ricambio del gas interstiziale della zona contaminata 1-3 volte/d. E' in genere più alta (3-5 volte) di quella utilizzata in BV, nelle stesse condizioni.Per BV, la portata ottimale di aria QV (m3/d) è stimata da: k ⋅ V ⋅θa QV = O ΔO •· kO = tasso di consumo dell’ossigeno (%O2 v/v /d); •· V = volume di terreno trattato (m3 terreno); •· θa = porosità del terreno occupata dall'aria (m3 aria/ m3 terreno); •· ΔO = differenza tra la concentrazione iniziale di ossigeno nel terreno e quella post-ventilazione (%O2 v/v). GM – Università Catania 34/102 17 Trattamenti biologici: Bioventing e SVE (15/15) Campo di applicazione ottimale Terreni: con elevata permeabilità intrinseca (>10-14 m2); omogenei, senza percorsi preferenziali del flusso. Contaminanti: solventi alifatici clorurati (SVE); BTEX, idrocarburi leggeri, fenoli non clorurati (BV, SVE). GM – Università Catania 35/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (1/12) • Consistono nell’iniezione di un flusso d’aria nella zona satura per: – trasferire i contaminanti volatili presenti nel sottosuolo saturo al flusso di aria iniettato; – ossigenare la zona satura e intensificare i processi di biodegradazione aerobica. • A seconda della predominanza di un meccanismo sull'altro si parla rispettivamente di Air sparging e Bio-sparging. • L’aria iniettata, arricchita degli eventuali contaminanti volatili strippati, migra fino alla zona insatura, dove può essere intercettata e rimossa attraverso un sistema di SVE. GM – Università Catania 36/102 18 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (2/12) Schema di processo GM – Università Catania 37/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (3/12) La tecnica di air sparging – bio sparging, indicata quando la contaminazione interessa sia la zona satura che quella non satura del terreno, consiste nell’immissione, direttamente nell’acquifero (mediante pozzi di iniezione di piccolo diametro), di aria compressa. Quest’ultima agisce sui contaminanti presenti secondo i due meccanismi, in funzione delle caratteristiche dei contaminanti stessi, elencati di seguito: • le sostanze altamente volatili che si trovano disciolte nella fase liquida o adsorbite sulle particelle di terreno, grazie alla loro volatilità, passano in fase gassosa e migrano verso la zona non satura. I contaminanti estratti vengono quindi biodegradati direttamente nella zona insatura, qualora sia previsto un sistema di ventilazione del terreno atto a fornire l’ossigeno necessario all’attività dei microrganismi, oppure vengono estratti in superficie, mediante pozzi in depressione, e successivamente scaricati in atmosfera dopo gli opportuni trattamenti; • le sostanze non volatili vengono biodegradate direttamente nell’acquifero, grazie all’apporto di ossigeno realizzato dall’aria compressa. GM – Università Catania 38/102 19 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (4/12) Permeabilità intrinseca del terreno alta bassa Screening preliminare per SVE e BV k < 10-9 m2 (<sabbie) Stop Costante di Henry dei contaminanti < 10-5 atm m3 mol-1 a 20 °C bassa alta Biodegradabilità aerobica dei contaminanti Biodegradabilità aerobica dei contaminanti alta AS + BS bassa alta AS BS bassa Stop GM – Università Catania 39/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (5/12) Profondità e fenestratura dei pozzi La profondità dei pozzi si estende generalmente fino a 2 m sotto la zona da trattare. La fenestratura ha inizio generalmente 1-1,5 m al di sotto della zona da trattare e si estende per 35-70 cm. Nel caso di contaminazione da prodotto libero con γ>γacqua, alcuni pozzi vanno estesi fino alla base dell'acquifero. GM – Università Catania 40/102 20 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (6/12) Campo di applicazione ottimale: • terreni ghiaiosi o sabbiosi, omogenei, senza percorsi preferenziali del flusso; • spessore della zona insatura < 15 m; • acquiferi poco profondi. Contaminanti rimovibili: • solventi alifatici clorurati; • BTEX, idrocarburi leggeri, fenoli non clorurati. Sono tecnologie ampiamente applicate negli Stati Uniti e in tutta Europa, dove è stata applicata per la prima volta in Germania nel 1980 per la rimozione di solventi clorurati. GM – Università Catania 41/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (7/12) Test pilota di airsparging Il test pilota consiste essenzialmente nell’insufflaggio di aria attraverso il pozzo principale e nella successiva misurazione nei micropiezometri posti a distanze crescenti dal pozzo di diversi parametri, al fine di determinare le caratteristiche idrogeologiche del sito e quindi il raggio di influenza. Temperatura; Variazioni di pressione indotte; Ossigeno disciolto; CO2; Livello di falda; Concentrazione di VOC; Conducibilità idraulica. GM – Università Catania 42/102 21 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (8/12) In particolare il test pilota consentirà di determinare quelle che vengono definite: zona di influenza (ZDI), ovvero la porzione di terreno entro la quale si osserva una variazione del livello piezometrico rispetto alla condizione naturale; zona di trattamento (ZDT), ovvero la porzione di terreno dove si ha una condizione di saturazione di aria e quindi una potenziale di rimozione dei contaminanti. GM – Università Catania 43/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (9/12) Analogamente a quanto visto per il bioventing la progettazione del test pilota, deve partire dallo studio del modello concettuale del sito e deve essere impostata secondo le seguenti linee guida: I pozzi di immissione devono generalmente: 9 interessare tutto lo spessore del plume; 9 essere attestati a diverse profondità, nel caso di terreni non omogenei o con una distribuzione verticale discontinua della contaminazione; 9 devono preferibilmente essere integrati con l’impianto di bonifica definitivo. GM – Università Catania 44/102 22 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (10/12) I pozzi di monitoraggio devono essere disposti radialmente dal punto di immissione ed essere in numero sufficiente per valutare tutti i parametri di controllo necessari. La pressione di iniezione Pi teorica minima può essere valuta con la seguente relazione: Pi= rgH + Pf + Ps Dove: H= altezza idrostatica sopra il punto più depresso del pozzo; Pf= pressione d’ingresso filtro tratto fessurato; Ps= pressione d’ingresso del terreno. Q=8-40 m3/h Deve essere prevista un pressione massima di insufflaggio per evitare fessurazioni del terreno pari a 0,15-0,2 atm per metro lineare di terreno sovrastante il livello di iniezione. GM – Università Catania 45/102 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (11/12) Funzionalità pozzo Incrementando la pressione di iniezione Pi, la portata di aria iniettata resta a zero finché non viene superata per lo meno Ph; da questo valore in poi, la portata aumenterà più o meno velocemente in dipendenza dalla permeabilità del terreno. Curva caratteristica in matrici con più o meno macroporosità GM – Università Catania 46/102 23 Trattamenti biologici: Air Sparging – Bio Sparging (12/12) Stima della ZDI (ZDT) •Per una fissata portata di iniezione Qv, ZDI si ottiene diagrammando l'innalzamento del livello piezometrico (all'equilibrio) vs. la distanza tra il pozzo di iniezione e il pozzo di monitoraggio ove viene misurato ed estrapolando la retta fino alla distanza in cui l'innalzamento del livello sia inferiore a 1 cm. •In genere, la dimensione radiale della ZDI non è più di 15 m. GM – Università Catania 47/102 Caso di studio: il sito di Arquata Scrivia (AL) (1/11) DESCRIZIONE DEL SITO Il sito oggetto di studio è ubicato nella zona industriale del Comune di Arquata Scrivia (AL). Sull’area in esame, di superficie pari a circa 25.000 m2, insiste un deposito di prodotti petroliferi, principalmente biodiesel ed olii combustibili, con una movimentazione di circa 20.000 t/anno. L’attività del deposito consiste nel trasferimento e nello stoccaggio di prodotti petroliferi ricevuti attraverso oleodotto e/o autobotte. STORIA DEL SITO Unico evento rilevante è stato un caso di sversamento di prodotti petroliferi nel 1984. GM – Università Catania 48/102 24 Caso di studio: il sito di Arquata Scrivia (AL) (2/11) VISTA AEREA GM – Università Catania 49/102 Caso di studio: il sito di Arquata Scrivia (AL) (3/11) INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO Le indagini effettuate hanno consentito di ricostruire la successione stratigrafica dell’area interessata, così schematizzabile (dall’alto verso il basso): terreni di riporto e suolo vegetale (1-2 m); alternanze di depositi ghiaiosi (di 8-10 m); substrato marnoso argilloso. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 m 0 20 40 60 80 100 120 140 m Terreno di riporto e suolo vegetale Alternanza di depositi ghiaiosi e livelli argilloso-limosi saturi Alternanza di depositi ghiaiosi e livelli argilloso-limosi Substrato marnoso argilloso compatto GM – Università Catania 50/102 25 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Dimensionamento dei test pilota di airsparging e bioventing (4/11) STATO DELLA CONTAMINAZIONE RILEVATA E UBICAZIONE IMPIANTI PER I TEST PILOTA Sondaggi acque con C(Hc)>CMA D.M. 471/99 Sondaggi terreno con C(Hc)>CMA D.M. 471/99 GM – Università Catania 51/102 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Dimensionamento dei test pilota di airsparging e bioventing (5/11) DIMENSIONAMENTO DI MASSIMA DEL TEST PILOTA DI AIRSPARGING: caratteristiche dei pozzi pu=1,3 atm Q=10 m3/h 0 1 2 3 4 5 7 8 9 10m GM – Università Catania 52/102 26 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Dimensionamento dei test pilota di airsparging e bioventing (6/11) DIMENSIONAMENTO DI MASSIMA DEL TEST PILOTA DI BIOVENTING: caratteristiche dei pozzi pu=0,6 atm Q=10 m3/h 0 1 2 3 4 5 6m GM – Università Catania 53/102 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Ubicazione test pilota di Air sparging (7/11) Campo prova Air Sparging GM – Università Catania 54/102 27 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Esito test pilota di Air sparging (8/11) 45.00 40.00 AS0 AS1 35.00 Conc. O2 (mg/l) AS2 30.00 AS3 25.00 AS4 AS5 20.00 AS6 AS7 15.00 AS8 10.00 AS9 5.00 AS10 0.00 Raggio d'influenza AS6 - AS7 - AS8 04/11 h 15:30 04/11 h 18:30 04/11 h 20:30 05/11 h 09:30 05/11 05/11 h h 15:30 19:30 06/11 h 08:30 06/11 h 10:30 06/11 h 12:30 1.00 0.80 data e ora 0.60 0.40 0.20 0.00 -0.20 -0.40 0.00 4.10 m 2.00 4.00 6.00 8.00 10.00 12.00 Distanza da AS0 GM – Università Catania 55/102 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Applicazione del software Visual MODFLOW© 4.0 (9/11) GENERAZIONE DEL MODELLO PER LA SIMULAZIONE Morfologia Diverse caratteristiche idrogeologiche Pi(x,y,z) S(830x630m) P1i(x,y,z) P2i(x,y,z) Superficie piezometrica GM – Università Catania 56/102 28 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Applicazione del software Visual MODFLOW© 4.0 (10/11) RISULTATI OTTENUTI: Evoluzione temporale del plume t=10 gg t=50 gg t=100 gg t=150 gg t=250 gg t=350 gg t=730 gg t=7300 gg GM – Università Catania 57/102 Il sito di Arquata Scrivia (AL): Ubicazione dei pozzi impianto full-scale (11/11) GM – Università Catania 58/102 29 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione (1/4) La fitodepurazione è una tecnologia innovativa che sfrutta l’azione di specifiche specie vegetali per bonificare i terreni contaminati da sostanze organiche ed inorganiche. I meccanismi di rimozione sono diversi, in funzione della tipologia di contaminanti. Nel caso di contaminanti organici, è possibile elencare i seguenti: • fitodegradazione: la pianta è in grado di assimilare dal terreno ed eventualmente di degradare gli inquinanti organici moderatamente idrofobi. I contaminanti assimilati vengono quindi metabolizzati, mineralizzati (con formazione di acqua e CO2) o utilizzati dalla pianta per alimentare la sua crescita. La degradazione dei contaminanti organici può avvenire anche nella rizosfera (la zona circostante l’apparato radicale delle piante) prima che questi vengano assimilati (Rizodegradazione). In tal caso la degradazione è determinata da un enzima, secreto dalla pianta, in grado di interagire con le sostanze organiche presenti, convertendole in potenziale alimento per la pianta stessa; • fitovolatilizzazione: i contaminanti assorbiti dalle piante vengono rilasciati in atmosfera in forma gassosa. GM – Università Catania 59/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione (2/4) I meccanismi di rimozione dei contaminanti inorganici sono invece: • fitoestrazione: alcune specie vegetali sono in grado di assorbire e concentrare nei propri tessuti (nelle radici, ma soprattutto nella parte aerea) elevate quantità di sostanze inorganiche (Ni, Zn, Cu, Pb, etc.). Le piante raccolte vengono successivamente trattate come rifiuti tossici (si ottiene in tal modo una forte riduzione del materiale da trattare); • fitostabilizzazione: le piante immobilizzano, favorendone l’adsorbimento o la precipitazione, i contaminanti inorganici nel terreno, senza quindi procedere ad una vera e propria rimozione. GM – Università Catania 60/102 30 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La phytoremediation è una tecnologia di bonifica emergente che ricorre all’utilizzo di specie vegetali per il trattamento in situ, (ma anche ex situ) di suoli, sedimenti e acque contaminate, sfruttando la complessa interazione tra apparato radicale delle piante, microrganismi e suolo. La presenza della pianta stimola il metabolismo microbico mediante rilascio di molecole organiche (amminoacidi, peptidi) e contribuisce allo sviluppo della rizosfera. La biomassa raccolta, ricca di contaminante, può essere quindi trattata in sicurezza mediante operazioni di essiccamento, polverizzazione o compostaggio. Il volume di rifiuti finali prodotti risulta quindi di gran lunga inferiore rispetto anche ad altre metodologie di bonifica anche più invasive e costose (Raskin et al., 2001). GM – Università Catania 61/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Si devono però anche considerare alcuni limiti specifici di tale metodologia, che derivano sia dalla necessità di individuare le condizioni ottimali per la crescita e lo sviluppo dei vegetali, talora difficilmente raggiungibili per le condizioni chimico-fisiche dei suoli contaminati, sia dalla necessità di avere a disposizione ampi margini di tempo per il completamento delle operazioni di bonifica. La principale limitazione della phytoremediation è molto spesso dettata dalla profondità massima alla quale può spingersi l’apparato radicale. Questa profondità può variare da 20 cm a oltre 1 m a seconda della specie prescelta. In particolare, il processo di fitoestrazione utilizza piante accumulatrici in grado di assorbire e concentrare nelle parti epigee i metalli presenti nel suolo, in concentrazioni particolarmente elevate. GM – Università Catania 62/102 31 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Questa tecnica innovativa, a differenza di quelle tradizionali, mantiene inalterata la struttura chimico-fisica del suolo, interferisce moderatamente con l’attività batterica degli organismi in esso presenti, rende possibile il recupero della fertilità (Wenger et al., 1996), presenta costi ridotti e riduce l’impatto sull’ambiente (Rizzi et al., 2003). Il principale svantaggio è costituito dai tempi di intervento, generalmente prolungati. La vasta gamma di contaminanti ai quali è possibile applicare questa tecnologia comprende contaminanti organici, quali idrocarburi, gas condensati, petrolio greggio, composti clorurati, pesticidi e miscele esplosive, e contaminanti inorganici quali i sali, i metalli pesanti, i metalloidi e il materiale radioattivo (ITRC, 1999). GM – Università Catania 63/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione (3/4) La fitodepurazione è una tecnologia applicabile con successo solo nei casi in cui la contaminazione interessa gli strati superficiali del terreno e la concentrazione dei contaminanti non è tale da risultare tossica per le piante stesse. Si deve tuttavia notare che sono necessari tempi di trattamento dell’ordine di anni e che molto spesso i terreni contaminati non hanno le caratteristiche chimico-fisiche necessarie per l’attecchimento delle piante. La tecnologia in esame è ancora in fase di ricerca. Test in serra GM – Università Catania 64/102 32 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Parcelle di 500 m2 seminate con Brassica (mostarda) e Girasole GM – Università Catania 65/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Le piante generalmente si sviluppano diffondendo le radici nel terreno, mentre in superficie producono foglie e materiale ligneo. In base ai meccanismi fisiologici della loro crescita, le piante utilizzano il biossido di carbonio nella fotosintesi per lo sviluppo della biomassa e per produrre energia, rilasciando ossigeno nell’ambiente circostante. Le sostanze nutritive inorganiche essenziali alle piante (N, P, K, Ca, Mg, S, Fe, Cl, Zn, Mn, Cu, B, Mo), sono catturate dalle radici come componenti disciolti nella fase liquida del terreno. Questi elementi sono indispensabili per la crescita, lo sviluppo e la riproduzione delle piante, e vengono assorbiti in modo passivo, attraverso il flusso di traspirazione, o in modo attivo, attraverso il trasporto delle proteine associate alla membrana delle radici. Una volta all’interno del sistema radicale, le sostanze nutritive disciolte circolano all’interno del resto della pianta attraverso il sistema vascolare noto come “ xilema“. GM – Università Catania 66/102 33 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Oltre a questi nutrienti essenziali, anche altri composti inorganici non essenziali (come diversi contaminanti comuni quali il sale, il piombo, il cadmio, l’arsenico ecc.) possono essere assorbiti. Poiché questi altri composti non sono essenziali per la pianta, e potrebbero essere tossici ad alte concentrazioni, la pianta attiva altri meccanismi per trattenere o stabilizzare i composti estranei e prevenire il loro trasferimento nelle sezioni più sensibili, cioè quelle aeree. Uno dei meccanismi principali, è quello di accumulare l’elemento inorganico non essenziale nei vacuoli delle cellule della pianta, che funzionano parzialmente come ricettacoli per l’immagazzinamento. Un altro meccanismo è quello di legare i composti inorganici al suolo o alle superfici radicali, per prevenire il loro ingresso nel sistema della pianta. GM – Università Catania 67/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Per ciò che concerne la produzione, per fotosintesi, dei materiali vegetali, si è potuto verificare come il biossido di carbonio che dall’atmosfera penetra nelle cellule vegetali attraverso gli stomi (aperture microscopiche delle foglie), viene assimilato al materiale vegetale con l’ausilio degli agenti riducenti durante la fotosintesi. Tali prodotti vengono trasferiti all’intera pianta, fino al sistema radicale, attraverso un altro sistema di vasi definito “floema“. I prodotti che di solito vengono essudati dalle radici includono: amminoacidi, enzimi, proteine, acidi organici, carboidrati e altro materiale cellulare. Gli organismi presenti nel terreno, compresi batteri e funghi, hanno la tendenza a crescere nelle zone più vicine alle radici a causa della presenza di carbonio arricchito nel sottosuolo. GM – Università Catania 68/102 34 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Si è dunque formata una relazione simbiotica poiché gli organismi vengono alimentati dalle radici attraverso varie sostanze, tra cui carbonio, ossigeno e altri elementi inorganici necessari alla loro crescita. In questo ambiente di terreno arricchito, questi organismi forniscono una barriera protettiva intorno alle radici che distrugge potenziali agenti patogeni prima che possano venire in contatto con le radici. Inoltre questi organismi possono rinforzare l’assorbimento delle sostanze nutritive essenziali della pianta ed estendere l’efficacia del sistema radicale per l’assorbimento di acqua all’interno delle piante. La regione che comprende il suolo, le radici e i suddetti organismi si chiama “rizosfera“ e si estende all’incirca da 1 a 3 mm dalla superficie delle radici. La proliferazione degli organismi nella rizosfera può essere di tre o quattro ordini di grandezza in più della percentuale degli organismi presenti nei terreni privi di vegetazione. GM – Università Catania 69/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La relazione simbiotica ha un effetto sinergico e costituisce il meccanismo principale per l’eliminazione dei contaminanti organici nell’ambiente tramite le tecniche di phytoremediation. Inoltre nella parte epigea della pianta si verifica un complesso procedimento di scambio dei gas, che prende il nome di “traspirazione“, e avviene attraverso gli stomi delle foglie. Il biossido di carbonio entra, mentre escono ossigeno e vapore acqueo, che viene generato dal flusso di traspirazione che si origina nel momento in cui il sistema radicale assorbe l’acqua del terreno e finisce nel momento in cui l’acqua evapora nell’atmosfera attraverso le foglie. Il processo attraverso cui l’acqua passa dalle radici alla parte aerea fino alle foglie viene definito “traslocazione“. L’intero processo si verifica principalmente a causa dell’azione della forza equilibrante tra l’acqua in forma liquida nelle foglie, e l’acqua in forma gassosa (umidità) GM – Università Catania 70/102 nell’atmosfera. 35 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Nel campo della phytoremediation sono diversi i meccanismi che possono essere utilizzati nelle differenti condizioni ambientali del sito. L’uso di uno specifico meccanismo dipende da diversi fattori, compresa la natura del contaminante, le condizioni del sito, gli obiettivi della bonifica e le norme regolamentarie. I processi fisiologici, descritti nel paragrafo precedente, sono la base per le diverse procedure fitotecnologiche da impiegare. In particolare, la capacità delle radici di trattenere determinati elementi inorganici nella zona radicale viene definita “fitostabilizzazione“. Anche l’essudazione dei prodotti di fotosintesi nella rizosfera può infatti determinare la fitostabilizzazione di composti organici. In alternativa, i prodotti essudati possono indurre la biodegradazione accelerata dei composti organici grazie agli organismi del terreno. Nell’ambito della phytoremediation questo processo si chiama “rizodegradazione“. GM – Università Catania 71/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La capacità delle piante di assorbire e traspirare grandi quantità di acqua dal sottosuolo può essere usata in phytoremediation per esercitare il controllo idraulico dei terreni contaminati. Questo controllo si usa per prevenire il trasferimento in orizzontale o la lisciviazione in verticale dei contaminanti. Durante l’assorbimento dell’acqua per via traspirazionale, i contaminanti organici e inorganici disciolti possono penetrare nella pianta dove sono sottoposti a diverse reazioni: •la “fitodegradazione“, dove i composti organici, una volta all’interno della pianta, possono essere trattati con vari enzimi autoprodotti dalle piante; •la “fitoestrazione“, dove gli elementi inorganici sono assorbiti ed accumulati nei tessuti della pianta; •la “fitovolatilizzazione“, dove i contaminanti con l’assorbimento e la successiva traspirazione vengono volatilizzati attraverso le foglie. GM – Università Catania 72/102 36 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Schema dei diversi processi di Phytoremediation GM – Università Catania 73/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La phytoremediation può dunque essere basata su diversi meccanismi della pianta che possono indurre la degradazione, la rimozione (attraverso accumulazione o dissipazione) o la immobilizzazione del contaminante. Definire questi meccanismi è importante per poter analizzare i differenti processi che avvengono nelle piante, e le vie di contaminazione del contaminate, dove si verifica la decontaminazione e cosa può essere fatto per ottimizzare il processo di fitodepurazione. GM – Università Catania 74/102 37 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione In particolare tali meccanismi possono essere così classificati: Degradazione 1. Rizodegradazione 2. Fitodegradazione Accumulazione 1. Fitoestrazione 2. Rizofiltrazione Dissipazione 1. Fitovolatilizzazione Immobilizzazione 1. Controllo idraulico 2. Fitostabilizzazione GM – Università Catania 75/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Per Rizodegradazione, detta anche fitostimolazione, si intende la scomposizione dell’agente inquinante nel suolo attraverso la naturale bioattività della pianta nella rizosfera (Figura 9). Questa bioattività deriva dalle proteine e dagli enzimi prodotti dalle pianta o dagli organismi presenti nel suolo quali batteri o funghi. I contaminanti organici, potenzialmente pericolosi per gli uomini, come alcuni idrocarburi del petrolio o certi solventi clorurati, possono essere metabolizzati direttamente da queste proteine o enzimi fino alla degradazione, alla metabolizzazione o alla mineralizzazione. Molti di questi contaminanti possono essere degradati fino ad ottenere prodotti innocui o trasformati in una fonte di nutrimento ed energia per le piante o gli organismi. GM – Università Catania 76/102 38 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Contemporaneamente, le sostanze naturali rilasciate dalle radici delle piante (come zuccheri, alcoli, carboidrati, acidi) contengono carbonio organico che fornisce nutrimento agli organismi, rinforzando quindi le loro attività biologiche. Queste sostanze stimolano quindi gli organismi alla biodegradazione dei contaminanti organici. La rizodegradazione è dunque una relazione di tipo simbiotico sviluppata tra le piante e i microrganismi del suolo. Le piante forniscono le sostanze nutritive necessarie ai microbi per proliferare mentre i microbi rendono l’ambiente del terreno più salutare per la proliferazione delle radici. Questa è la via principale per la bonifica dai contaminanti organici dove suolo e acque contaminate vengono bonificate dall’ambiente arricchito della rizosfera. GM – Università Catania 77/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Con il termine Fitodegradazione si fa riferimento all’estrazione dei contaminanti, generalmente organici, dal suolo e dall’acqua e alla loro successiva trasformazione, da parte della pianta, in sostanze non tossiche (Figura 10). Le piante trasformano i contaminanti organici attraverso diversi processi interni di metabolizzazione che inducono la degradazione. I contaminanti vengono degradati nella pianta e i prodotti della degradazione successivamente immagazzinati nei vacuoli o incorporati nei tessuti della pianta. L’assorbimento diretto dei composti organici da parte delle piante si è dimostrato un’efficiente procedura di rimozione per i siti contaminati da composti chimici organici moderatamente idrorepellenti. Una delle caratteristiche chimiche che influenzano l’assorbimento dei composti organici in una pianta è il coefficiente di ripartizione ottanolo-acqua, Kow. GM – Università Catania 78/102 39 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione I composti chimici che si sono dimostrati accessibili alla pianta sono generalmente caratterizzati da valori di log Kow tra 1 e 3,5. Altri fattori che influenzano la capacità di certi composti chimici di rendersi accessibili alle radici delle piante sono l’idrorepellenza, la polarità, le proprietà di assorbimento, e la solubilità. Per la bonifica dei contaminanti organici per via vegetale, il composto deve entrare in contatto con le radici delle piante e deve essere disciolto nell’acqua presente nel suolo. I composti chimici idrorepellenti (log Kow > 3,5) generalmente non sono abbastanza solubili nell’acqua oppure sono così strettamente legati alla superficie delle radici da non poter essere facilmente trasferiti alle piante. Sono soprattutto il benzene, metil-benzene, etil-benzene e cilene (BTEX), i solventi clorurati e gli alifatici a catena corta ad avere un valore di log Kow compreso tra 1 e 3,5 e che li rende disponibili alla fitodegradazione. GM – Università Catania 79/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione L’efficienza dell’assorbimento dipende anche dalle proprietà del suolo, dalle proprietà fisico-chimiche del contaminante nel suolo, dalla speciazione chimica, oltre che dalla capacità della pianta. Una volta che il contaminante viene assorbito, la pianta potrebbe immagazzinare il composto e i suoi sottoprodotti nella sua biomassa tramite la lignificazione (legame covalente del composto nella lignina della pianta) o metabolizzare, mineralizzandolo, il composto in biossido di carbonio e acqua. Enzimi specifici prodotti dalla pianta, responsabili della degradazione dei contaminanti nei tessuti vegetali sono rappresentati: • dalle “dealogenesi“ , che rimuovono i sottogruppi degli alogeni dai composti quali i solventi clorurati; • dalle “ossigenasi“ , che catalizzano l’ossidazione dei contaminanti organici quali gli idrocarburi alifatici; • dalle “nitroreduttasi“ , che riducono i gruppi che contengono azoto nei composti esplosivi come il tritolo (TNT). GM – Università Catania 80/102 40 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Meccanismi di Rizodegradazione GM – Università Catania 81/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Meccanismi di Fitodegradazione GM – Università Catania 82/102 41 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La Fitoestrazione è un processo di rimozione che consiste nella estrazione dell’inquinante da parte delle radici con il conseguente accumulo nelle zone aeree della pianta, generalmente seguito dalla raccolta e la disposizione finale della biomassa (Figura 11). Alcuni tipi di piante definite iperaccumulatrici sono in grado di assorbire quantità di metallo incredibilmente grandi in confronto sia con altre piante che con la concentrazione di metallo presente nell’ambiente. Per poter essere definita iperaccumulatrice, la pianta in oggetto deve essere in grado di accumulare almeno 1000 mg/kg (peso a secco) di uno specifico metallo o metalloide. GM – Università Catania 83/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Come regola generale, i composti inorganici che sono altamente biodisponibili per l’assorbimento delle piante sono: cadmio, nickel, zinco, arsenico, selenio e rame. Metalli relativamente biodisponibili sono il cobalto, il manganese e il ferro, mentre piombo, cromo e uranio non sono molto biodisponibili. Si può rendere il piombo più biodisponibile aggiungendo ai suoli agenti chelanti, come l’acido etildiamminatetraacetico (EDTA). La fitoestrazione viene dunque applicata ai metalli, metalloidi, radionuclidi e non metalli. Generalmente non viene considerata per l’utilizzo con contaminanti organici. Il mezzo su cui viene applicata è generalmente il suolo, ma anche sedimenti e fanghi possono essere bonificati tramite Fitoestrazione. GM – Università Catania 84/102 42 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione L’efficienza di tale processo è determinata da tre fattori : •Biomassa prodotta dalla pianta; •Fattore di bioaccumulazione → Bf = [Me]pianta / [Me]suolo •Volume di suolo esplorato. E’ opportuno precisare che la produzione di biomassa e il bioaccumulazione non hanno la stessa importanza. Infatti, a biomassa prodotta, la specie iperaccumulatrice si dimostra 20 efficiente nella rimozione degli inquinanti. (1) ; fattore di parità di volte più GM – Università Catania 85/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Da un punto di vista operativo è importante poter prevedere quanti cicli colturali di fitoestrazione sono richiesti per raggiungere l’obbiettivo della bonifica. La percentuale di metallo pesante rimossa, rispetto al totale, da un ciclo colturale si ricava dalla seguente relazione : % Rimozione = ([Me]pianta * Biomassa) / ([Me]suolo * Massa suolo esplorato) * 100 sostituendo questa relazione nella (1), si ottiene : % Rimozione = (Bf * Biomassa) / Massa suolo esplorato * 100 GM – Università Catania 86/102 43 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Meccanismi di Fitoestrazione GM – Università Catania 87/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Per Rizofiltrazione (o Fitofiltrazione) si intende la rimozione da parte delle radici delle piante di inquinanti presenti in falde superficiali, profonde, o rifiuti liquidi, attraverso l’adsorbimento, la precipitazione sulle radici o l’assorbimento all’interno delle radici stesse. L’ambiente attorno alle radici o le sostanze prodotte dalle stesse radici possono stabilire condizioni biogeochimiche che portano alla precipitazione del contaminante sulle radici. In funzione del tipo di contaminante, della sua concentrazione e della specie vegetale utilizzata, l’inquinante può rimanere sulle radici, all’interno delle radici o può essere estratto e trasportato in altre parti della pianta. GM – Università Catania 88/102 44 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La Fitovolatilizzazione consiste nell’estrazione del contaminante da parte della pianta ed il successivo rilascio in forma volatile dell’inquinante. La fitovolatilizzazione è soprattutto un processo di movimentazione dell’inquinante, trasferendo la contaminazione dal mezzo originario all’atmosfera (Figura 12). Comunque, il processo metabolico all’interno della pianta può alterare la forma dell’inquinante e, in alcuni casi, trasformarlo in forme meno tossiche. Il cambiamento di forma dell’inquinante può avvenire nella rizosfera, prima dell’estrazione dal suolo, o successivamente a questa fase, all’interno della pianta. Una volta assunto dalla pianta, l’agente inquinante, o una sua forma modificata, è trasportato all’interno delle foglie dove viene rilasciato nell’atmosfera attraverso il processo di traspirazione. GM – Università Catania 89/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La Fitovolatilizzazione consiste nell’estrazione del contaminante da parte della pianta ed il successivo rilascio in forma volatile dell’inquinante. La fitovolatilizzazione è soprattutto un processo di movimentazione dell’inquinante, trasferendo la contaminazione dal mezzo originario all’atmosfera (Figura 12). Comunque, il processo metabolico all’interno della pianta può alterare la forma dell’inquinante e, in alcuni casi, trasformarlo in forme meno tossiche. Il cambiamento di forma dell’inquinante può avvenire nella rizosfera, prima dell’estrazione dal suolo, o successivamente a questa fase, all’interno della pianta. Una volta assunto dalla pianta, l’agente inquinante, o una sua forma modificata, è trasportato all’interno delle foglie dove viene rilasciato nell’atmosfera attraverso il processo di traspirazione. Un sistema molto studiato è l’impiego dei pioppi per l’assorbimento e la fitovolatilizzazione del tricloroetilene (TCE). Allo stesso modo le piante di tabacco sono state modificate per acquisire la capacità di assorbire metilmercurio.Tale tecnologia di Phytoremediation si può applicare sia ai GM – Università Catania 90/102 contaminanti organici che inorganici. 45 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La Fitovolatilizzazione consiste nell’estrazione del contaminante da parte della pianta ed il successivo rilascio in forma volatile dell’inquinante. La fitovolatilizzazione è soprattutto un processo di movimentazione dell’inquinante, trasferendo la contaminazione dal mezzo originario all’atmosfera (Figura 12). Comunque, il processo metabolico all’interno della pianta può alterare la forma dell’inquinante e, in alcuni casi, trasformarlo in forme meno tossiche. Il cambiamento di forma dell’inquinante può avvenire nella rizosfera, prima dell’estrazione dal suolo, o successivamente a questa fase, all’interno della pianta. Una volta assunto dalla pianta, l’agente inquinante, o una sua forma modificata, è trasportato all’interno delle foglie dove viene rilasciato nell’atmosfera attraverso il processo di traspirazione. Un sistema molto studiato è l’impiego dei pioppi per l’assorbimento e la fitovolatilizzazione del tricloroetilene (TCE). GM – Università Catania 91/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Meccanismi di Fitovolatilizzazione GM – Università Catania 92/102 46 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Allo stesso modo le piante di tabacco sono state modificate per acquisire la capacità di assorbire metil-mercurio.Tale tecnologia di Phytoremediation si può applicare sia ai contaminanti organici che inorganici. Infine si ha la Fitostabilizzazione, ovvero il meccanismo attraverso cui la pianta è in grado di contenere la contaminazione del suolo in situ, attraverso la modificazione delle condizioni chimiche, biologiche e fisiche del suolo (Figura 13). Alcune specie di piante immobilizzano i contaminanti nel suolo, nei sedimenti e nelle falde acquifere attraverso l’assorbimento e l’accumulo all’interno delle radici, o l’adsorbimento al di fuori delle radici, oppure attraverso la precipitazione o l’immobilizzazione all’interno dell’area radicale. GM – Università Catania 93/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Sono tre le procedure di fitostabilizzazione: 1 Fitostabilizzazione nell’area radicale: proteine ed enzimi prodotti dalla pianta possono essere essudati nella rizosfera attraverso le radici. Alcuni di questi prodotti hanno come target i contaminanti nel suolo circostante, provocandone l’immobilizzazione e la precipitazione nell’are radicale. Questo tipo di fitostabilizzazione riduce la porzione del contaminante nella pianta s 2 Fitostabilizzazione nelle membrane delle radici: proteine ed enzimi associati direttamente alle pareti cellulari delle radici sono in grado di legare e stabilizzare il contaminante sulle superfici esterne delle membrane radicali. Questo previene la penetrazione del contaminante nella pianta stessa. 3 Fitostabilizzazione nelle cellule radicali: proteine ed enzimi presenti nelle pareti cellulari delle radici sono in grado di facilitare il trasporto dei contaminanti attraverso le membrane radicali. Con l’assorbimento, questi contaminanti possono essere trattenuti nei vacuoli delle cellule radicali per prevenire successivi trasferimenti nella parte aerea. GM – Università Catania 94/102 47 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Meccanismi di Fitostabilizzazione GM – Università Catania 95/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione La Phytoremediation può rappresentare una valida soluzione per il recupero ambientale, se vengono rispettati i seguenti presupposti: • L’inquinamento deve essere concentrato nel suolo ad una profondità compatibile con la presenza dell’apparato radicale; • devono sussistere le condizioni per l’instaurazione di mutue relazioni tra apparato radicale delle piante e i microrganismi del suolo; tali relazioni determinano un aumento dell’efficienza del processo; • le caratteristiche chimico-fisiche del suolo devono essere adatte alla crescita vegetale (reazione in acqua, capacità di scambio cationico, sostanza organica, azoto, fosforo, granulometria). Da un punto di vista economico, è stato calcolato che questa tecnica di bonifica ha dei costi complessivamente inferiori del 40 % rispetto ad altre applicazioni in situ. Per quanto riguarda le tecnologie ex situ, i costi si riducono fino al 90 %. Inoltre la phytoremediation può essere usata per la rimozione di bassi livelli di contaminazione nella bonifica di aree molto GM – Università Catania 96/102 grandi. 48 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione Di seguito sono elencati altri vantaggi della phytoremediation: • Sistema a basso costo, ad azione passiva, applicabile in situ, autoregolante, ad energia solare; • applicabile potenzialmente in località remote difficilmente raggiungibili; • controllo dell’erosione del suolo, dello scorrimento delle acque di superficie, delle infiltrazioni, e delle emissioni di polvere; • applicabile contemporaneamente in più siti da bonificare con contaminanti multipli o mescolati; • riproduzione o recupero di un habitat che costituirà il completamento di una bonifica; • ottimo impatto sull’opinione pubblica, poiché riduce il rumore ed è piacevole esteticamente GM – Università Catania 97/102 Trattamenti Biologici: Fitodepurazione I maggiori tempi di applicazione rispetto alle normali metodologie chimicofisiche rappresentano una delle maggiori limitazioni di tale tecnologia di bonifica. E’ importante sottolineare la presenza di numerosi fattori che possono influenzare il ciclo vitale della pianta stessa quali tipologia di suolo, pH, salinità, concentrazione del contaminante (Cunningham et al.,1995). Altri fattori limitanti inerenti tale metodologia di trattamenti biologici sono: • La dipendenza dalle condizioni climatiche ed idrogeologiche del sito; • il trattamento è limitato ad uno strato di terreno non particolarmente profondo; • possibili effetti sulla catena alimentare se animali o insetti si cibano delle piante. GM – Università Catania 98/102 49 Indagine sperimentale di fitodepurazione (1/3) Indagine sperimentale di fitodepurazione per la bonifica di siti contaminati da ceneri di pirite Versante Thapsos di Penisola Magnisi. Colmata di un tratto costiero con ceneri di pirite caratterizzato da un estensione di oltre 15000 m2 e da una profondità di circa 3 m. GM – Università Catania 99/102 Indagine sperimentale di fitodepurazione (2/3) Batteria di sperimentazione A Prato Festuca Rubra mix Concentrazione ceneri: 10% Prato Festuca Rubra mix Concentrazione ceneri: 20% a s e F to ra sP e F to r P tra e c n o C tra ce n o C a c u ca u xxRbrm iA rm b R iA :o z:oz10% ri c e n % 0 cri1 e n 1 C 1 C l iF P tra e n o C cC lc iF P tra e n o l F P tra e n o C cC lc F P tra e n o C1 E F1 Prato Festuca Rubra mix Concentrazione ceneri: 50% Felce Pteris di tipo 1 Concentrazione ceneri: 50% B D1 Felce Pteris di tipo 1 Concentrazione ceneri: 10% Felce Pteris di tipo 1 Concentrazione ceneri: 20% C2 D2 Felce Pteris di tipo 2 Concentrazione ceneri: 10% Felce Pteris di tipo 2 Concentrazione ceneri: 20% xxEestucaRbrm i rm b R a c tu s e iE rPratoFesucRbBa P B b R c u s e F to xxPratoFm i m F to ra iP i z tra C c e n o zio tra cC e n :n riC e % 0 :n ri2 % 0 2 c o ce o C ::50% c e n io z tra % 0 c5 e n zio tra i z tra e c n o ziC tra ce n o C a c tu s e F ca stu e F n o C xR ixRubram m ra b u ilo t P lc e F X cP e F tX n C Y lo P lc e F 1 o tp ris cP e F 1 trisp n C Z 1 D 1 D p s1 z t rid c e n % 0 p :o zs1 t:o crid e n % 0 cn s p l F P id z tra C e scn p o lo F P zid tra C e 2 C C 2 D 2 p z1 ts d ri2 c e n % 0 si:o p z1 t:o d cr2 e n % 0 cn s p l F P id z tra C e scn p o lo F P zid tra C e F p d tris P lc e F p trisd lcP e 1 :n ri1 e % 0 2 :n ri1 e % 0 2 2 D :n ri e % 0 :n ri2 e 0 2 % vvasoFrm l e d rm F o s la e d R a c tu s e F R ca stu e F rrite(10-2cndpite p d n c -2 0 (1 ) )0 0 X Controllo Y Controllo Z Controllo Festuca Rubra mix Felce Pteris tipo 1 Felce Pteris tipo 2 Festuca Rubra mix For m a del vaso % cenere di pirite (10-20) GM – Università Catania 100/102 50 Indagine sperimentale di fitodepurazione (3/3) Metalli (ppm) Arsenico Felce Pteris di tipo 1 C1 (10%) t0 tf 103,5 22,5 D1 (20%) t0 tf 140 Y t tf 0 83,7 assent e assent e assent e Cadmio 0,9 0,7 3,7 2,5 assent e Cromo 5,85 0,6 7,4 2,6 0,3 0,2 Ferro 23450 499 351 Piombo 46,8 11,6 61,3 42,5 1,8 2,2 Rame 318 49 411 217 1,8 1,2 Zinco 339 48 460 240 assent e assent e Nichel 16,2 4 21,1 13 0,3 Metalli (ppm) Arsenico Cadmio Cromo Ferro Piombo Rame Zinco Nichel 8630 34430 16832 C2 (10%) D2 (20%) tf t0 tf t0 103,5 54,52 140 66 0,9 1,6 3,7 2 5,85 0,8 7,4 3,3 23450 19326 34430 18366 46,8 28,8 61,3 32 318 124 411 171 339 131 460 184 16,2 7,8 21,1 11,1 0,4 Z t 0 tf assent e assent e assent e assent e 0,3 499 1,8 1,8 0,3 444 2,5 1,6 assent e assent e 0,3 0,3 Felce Pteris di tipo 2 GM – Università Catania 101/102 51