BENI AMBIENTALI E CULTURALI DELLA FONDAZIONE MARIA

SCUOLA DI SCIENZE AMBIENTALI
FONDAZIONE MA.SO.GI.BA.
COMUNE DI CASTELRAIMONDO
ARCIDIOCESI DI CAMERINO - SAN SEVERINO MARCHE
BENI AMBIENTALI E CULTURALI DELLA FONDAZIONE
MARIA SOFIA GIUSTINIANI BANDINI
a cura di
Ettore Orsomando e Pier Luigi Falaschi
È
Foto: E. Orsomando
per me un piacere presentare questo splendido quaderno – ricco di contributi e di immagini allettanti e battistrada a pubblicazioni
più vaste ed organiche – concepito per offrire al lettore alcune peculiarità dei beni ambientali e culturali della Fondazione di Religione Maria Sofia Giustiniani Bandini (MA.SO.GI.BA), istituita con Decreto Arcivescovile del 16 Novembre 1981, riconosciuta a tutti
gli effetti giuridici e civili con Decreto del Presidente della Repubblica del 3 Giugno 1982, n. 584.
I preziosi beni della Fondazione, trasmessi generosamente con atto testamentario dalla Principessa Giustiani Bandini agli Arcivescovi
pro tempore dell’Arcidiocesi di Camerino, in quegli anni non ancora ricongiunta con San Severino Marche, comprendono il Castello
di Lanciano, nobilitato da straordinarie opere d’arte, la Torre del Parco, terreni agricoli, boschi secolari e pascoli, con specie vegetali
e zoologiche molto significative sotto l’aspetto storico-naturalistico. Nel suo complesso, il patrimonio della Fondazione rappresenta
un unicum ambientale storico-artistico, con testimonianza di vita ivi condotta, non riscontrabile in nessun’altra località delle Marche.
Francesco Giovanni Brugnaro
Arcivescovo di Camerino-San Severino Marche
Castello di Lanciano visto dal borgo di Mecciano
CAMERINO 2010
Prati-pascoli
AA
A RE
ndo
leto
Pascoli aridi
telr
aim
ond
o
nc
La
i
id
ian
-P
Cas
Boschi igrofili ripariali
o
Boschi di caducifoglie
do
on
im
ia
n
a
elr
st
Ca
Bro
to
di
Ingresso
Fondazione
o n
mp me
Ca tra
ex ncen
Co
Colture erbacee e arboree
EA
AR
Aree prive di vegetazione
Stazioni di Bosso (Buxus sempervirens)
C
-
C.
Camerino
Edifici storici, case rurali, orti e incolti
o
ell
ar
m
m
Ca
Chiesa S.M.
in Lanciano
Pi
Itinerari naturalistici
or
ac
Torrente
Alberate con querce
o
Tomba dei coniugi
Gravina-Bandini
Parco aperto al pubblico
Confine della Fondazione: Aree A, B, C, D
AREA B - Casale di Mecciano
Eremo di S.
o
Pio rac
Camerino
telr
aim
ond
Cataldo
o
AREA D - Villa del Seminario
già Convento dei Cappuccini
SS
256
CCE
MU
SE
posizione geografica e al regime delle piogge e delle temperature
in funzione dell’altitudine.
Sulla base dei suddetti principi e dei valori termo-pluviometrici
rilevati in alcune stazioni meteorologiche dei dintorni del territorio della Fondazione, il clima, a grandi linee, può essere rapportato
a quello di tipo submediterraneo che, in relazione ai boschi naturali, si evidenzia con la presenza di alberi caducifogli, prevalentemente querce (Quercus pubescens s.l.)
I valori delle precipitazioni medie annue infatti si aggirano attorno ai 1000-1100 mm, con massimi stagionali in autunno-inverno (per complessivi 640 mm di pioggia).
Le temperature medie annue oscillano attorno agli 11-12 °C,
mentre la curva termica annuale quasi sempre presenta un andamento graduale, crescente da gennaio fino a luglio-agosto per poi
decrescere in modo più repentino fino a dicembre.
Gli inverni di norma non sono molto rigidi e i mesi più freddi
sono dicembre, gennaio e febbraio ed i più caldi luglio e agosto.
Queste condizioni climatiche, che valgono per i rilievi pianeggianti di Lanciano, collinari di Cammarello e di Mecciano (Aree
A-B-C), quasi mai determinano periodi di aridità estiva intensa e
prolungata. L’area che circonda la Villa del Seminario (Area D) si
io
A
pp
A
no
cia
an
L
i
id
an
i
-P
Se
* Geobotanico - Università di Camerino
Scala 1: 12 000
pio
2
CARTA DEL PAESAGGIO VEGETALE
Sep
EOGRAFIA. Il territorio della Fondazione, come si può
rilevare dalla Carta del Paesaggio Vegetale a lato, interessa una superficie (93 ettari circa) ripartita in quattro aree
(A-B-C-D), di cui una maggiore (A) e due minori (B-C) – vicine tra
loro – site nell’Alta Valle del Fiume Potenza e una piccolissima (D)
– più distante dalle precedenti – sita nell’Alta Valle del Fiume Esino.
Le quattro aree, che ricadono per intero nella Provincia di Macerata, sono molto diverse per altitudine e per aspetti morfologici,
idrogeologici e paesaggistici.
La più grande, Area A, di 47 ettari circa, estesa lungo i Piani di
Lanciano, con al centro il Castello di Lanciano (332 m) e contigua alla Strada Statale Settempedana 361, interessa i primi terrazzi
fluviali del Fiume Potenza (situati nei Comuni di Castelraimondo,
Camerino e Pioraco) tra la località Case Pianicelle (380 m), posta
a Sud-Ovest, e Torre del Parco (312 m), situata a Nord-Est, poco
distante da Castelraimondo.
La seconda, Area B, di 26 ettari circa, che circonda il Casale di
Mecciano (411 m), si trova nel Comune di Camerino a monte della
Strada Statale Muccese 256, che sale a Camerino attraversando il
territorio di primo insediamento della dinastia dei da Varano.
La terza, Area C, di 18 ettari circa, è collocata tra Case Cammarello (407 m) e la Zona Industriale Piani di Lanciano (tra 315 e 360
m), nel Comune di Castelraimondo.
La quarta, Area D, poco maggiore di 2 ettari, la più distante dai
Piani di Lanciano, si trova nel Comune di Esanatoglia e riguarda la
cosiddetta Villa del Seminario (558 m) con la corte e un frammento
di bosco (nelle carte geografiche segnata con il toponimo Convento
dei Cappuccini), posta in prossimità di un tornante della strada che
si snoda lungo il versante Est del Monte Corsegno (998 m) e porta
all’Eremo di San Cataldo (763 m), costruito tra le nude rocce calcaree biancastre di maiolica, dal quale si spazia sul paesaggio dell’Alta
Valle dell’Esino e dei Monti Sibillini.
Il territorio della Fondazione pertanto, fatta eccezione per la
piccola Area D situata nel Bacino dell’Esino, si articola prevalentemente lungo il Fiume Potenza, uno dei maggiori corsi d’acqua
della Provincia di Macerata, in un ambito planiziare ritenuto tra i
più interessanti dell’Alto Maceratese dal punto di vista naturalistico, anche se ultimamente devastato dalla presenza di insediamenti
industriali, costruiti senza alcun rispetto del paesaggio vegetale
naturale e agrario-storico.
GEOLOGIA. Nel territorio della Fondazione trovano esclusivo
sviluppo le formazioni continentali di fondovalle del Neozoico
(Era Quaternaria) rispetto alle formazioni marine del Cenozoico
(Era Terziaria) e Mesozoico (Era Secondaria), che caratterizzano i
rilievi collinari e basso-montani. Infatti, i primi terrazzi solcati dalle
acque del Potenza e quelli immediatamente di ordine superiore
(Area A) sono in prevalenza costituiti da sedimenti alluvionali attuali e recenti (depositi di ghiaie e limi del Quaternario), mentre i
rilievi collinari di Mecciano e Cammarello (Aree B e C) sono composti da molasse in banchi e strati con alternanze marnoso-arenacee e argille (Era Terziaria).
Le formazioni più antiche (riferibili al Mesozoico), rappresentate dai calcari di maiolica e calcari marnosi con noduli di
selce, interessano la località Villa del Seminario di Esanatoglia
(Area D).
CLIMA. Le caratteristiche climatiche che contraddistinguono
le quattro aree (A, B, C, D) della Fondazione sono essenzialmente
correlate alla presenza delle acque dei Fiumi Potenza ed Esino, alla
G E O G R A F I A , G E O L O G I A , C L I M A , PA E S A G G I O
o
an
Se
G
PROFILO TERRITORIALE:
Cas
EttorE orsomando*
AR
E
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
Scala 1: 7 500
Il Castello di Lanciano, circondato da boschi caducifogli in aspetto invernale, visto dai pressi
di Seppio. Sullo sfondo la dorsale appenninica innevata, dominata dal Monte S.Vicino (1.485 m).
contraddistingue per essere una zona microclimatica con valori
di termofilia più elevati, dovuti alla favorevole esposizione e alla
presenza del substrato roccioso calcareo.
Ciò è attestato dalla presenza del Leccio (Quercus ilex), scle-
rofilla sempreverde e specie elettiva dell’ambiente a clima mediterraneo, dalla chioma di colore verde scuro che in cenosi rupestri
circonda l’Eremo di San Cataldo, esaltando (particolarmente in inverno) il bianco delle rocce calcaree di maiolica.
Foto: E. Orsomando
3
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
I
orsomando
PaoloEFttorE
usacchia
e PiEtro *salomonE
l paesaggio è l’espressione più diretta della risultante degli
elementi della natura abiotica (geologia, morfologia, idrografia,
suolo e clima), biotica (piante, animali selvatici, uomo con le attività
esercitate nel corso dei secoli) e della combinazione di fattori
d’ordine storico e socio-economico. L’importanza, la qualità, la
bellezza del territorio della Fondazione sono essenzialmente legate
alla singolarità dell’insieme paesaggio vegetale-paesaggio agrario
incentrato in un ambiente planiziare dominato dai monumentali
complessi storici Castello di Lanciano e Torre del Parco.
L’elemento principe paesaggistico ambientale è costituito dai
boschi con querce caducifoglie secolari, che rivestono i terrazzi
fluviali del Potenza e che, malgrado le storiche modificazioni
antropiche subite (riduzione di superficie e frammentazione),
presentano elevato interesse come preziosi biotopi relitti (serbatoi di biodiversità) e come nodi focali della Rete Ecologica
dell’Alta Valle del Potenza (strumento di collegamento fisico e di
interscambio di specie animali e vegetali con i monti limitrofi e
con le aree naturali protette della dorsale umbro-marchigiana). Ciò
anche in considerazione del fatto che nelle pianure fluviali italiane
la vegetazione arborea primaria è stata, nel corso dei secoli, distrutta
o ridotta a sottili cortine lungo le rive dei fiumi (per lo più sostituita
da specie esotiche naturalizzate) per lasciare spazio all’agricoltura
e agli insediamenti umani e industriali.
Di seguito vengono illustrati gli ambienti o habitat che, per
estensioni maggiori o per peculiari aspetti floristici, esaltano il
verde paesaggistico della Fondazione, molto vario e di notevole
interesse scientifico.
Boschi caducifogli di Roverella (Quercus pubescens s.l.).
Si tratta di boschi con esemplari di querce, anche ultrasecolari,
che rivestono la pianura di Lanciano e parte dei rilievi scoscesi
che circondano la Villa del Seminario. Nella piana di Lanciano,
tali boschi, che ricoprono i terreni alluvionali dei primi terrazzi
fluviali del Potenza, rappresentano gli ultimi residui dell’originaria
foresta planiziare mesofila, che dai dintorni della Torre del Parco
si estendeva fino ai pressi di Pioraco. La loro sopravvivenza è
particolarmente legata alla storia della dinastia dei da Varano che, a
partire dalla seconda metà del Duecento, dispose del territorio e vi
stabilì opere difensive e dimore pregevoli. Il bosco, pur presentando
un certo tipo di degrado (soprattutto per le continue ripuliture del
sottobosco e per le introduzioni di specie arboree non indigene)
conserva ancora stazioni di specie biogeograficamente significative.
Attorno alla Villa del Seminario i boschi di Roverella si distinguono
per essere sviluppati su terreni calcarei scoscesi e poco profondi, per
presentare un grado di termofilia accentuato dovuto alla favorevole
esposizione e alla presenza di Carpino nero (Ostrya carpinifolia).
Boschi igrofili ripariali. Le sponde del Fiume Potenza
sono ricoperte da un’esigua fascia di vegetazione legnosa igrofila
a prevalenza di Salice bianco (Salix alba), Ontano nero (Alnus
glutinosa), Pioppo bianco (Populus alba) e Olmo campestre
(Ulmus minor), sovrastata da alberi di Pioppo nero (Populus
nigra), con le rampicanti Luppolo (Humulus lupulus), Dulcamara
(Solanum dulcamara) e Tamaro (Tamus communis). Spazi
sabbiosi sono ricoperti dalle vistose pioniere Farfaraccio (Petasites
hybridus) e Carice maggiore (Carex pendula).
Prati-pascoli e pascoli aridi. Sono le formazioni erbacee
seminaturali a prevalenza di graminacee, che si sviluppano nelle
aree pianeggianti (prati postcolturali aperti al pubblico) o lungo le
scarpate aride e soleggiate, talvolta con presenza di cespugli.
4
* Geobotanico - Università di Camerino
PA E S AG G I
E
H A B I TAT
Colture erbacee e arboree con alberate. Sono costituite
dalle coltivazioni primaverili-estive (cereali), estivo-autunnali (Mais
e Girasole) e da vigneti, noceti, erbai con la presenza di querce
secolari isolate (querce camporili) o allineate a delimitare i campi e
i margini delle tortuose e strette strade rurali.
Stazioni di Bosso (Buxus sempervirens). Si tratta di fitocenosi monospecifiche, determinate dal Bosso o Bossolo, specie
sempreverde, conosciuta per essere coltivata nei giardini e molto
usata in arte topiaria, che vive a cespugli bassi, alti e ad alberello.
È specie relitta dell’Era Terziaria, che fino alle prime glaciazioni era
molto diffusa in ambienti submediterranei, mentre con le successive
vicende climatiche è divenuta via via meno frequente, sino a
conservarsi in limitate aree di rifugio. In Italia allo stato naturale
manca in diverse regioni. Nelle Marche si trova solo in localizzate
stazioni. Nel territorio della Fondazione folti e rigogliosi esemplari si
rinvengono nei sottoboschi e ai piedi del Castello, con individui dai
tronchi superiori ai 30 cm di diametro.
Tratto del Fiume Potenza, chiuso dalla vegetazione
igrofila, nel periodo di siccità estivo-autunnale.
Roverella (Quercus pubescens Willd. s. l.) ultrasecolare, patriarca dei boschi
di Lanciano. Nel box, Fomes fomentarius (L.) Fr., fungo parassita lignicolo.
Laghetto, situato a Sud del Castello di Lanciano, con le acque ricoperte da un denso tappeto
di Lenticchia d’acqua (Lemna minor L.). Nel box, esemplari della piccolissima cormofita acquatica.
Foto: E. Orsomando. Determinazione del fungo: E. Bini
5
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
6
orsomando
PaoloEFttorE
usacchia
e PiEtro *salomonE
PA E S AG G I
E
H A B I TAT
Canale artificiale, che ora alimenta la centrale idroelettrica di Lanciano,
attraversato da un vecchio ponte, in arenaria e laterizio, che porta al Castello.
Visione invernale di sottobosco caratterizzato da cespugli (bassi e alti) sempreverdi di Bosso (Buxus sempervirens),
specie relitta dell’Era Terziaria. Nel box, parte di un tronco di Bosso di oltre 30 cm di diametro.
Veduta, da un torrione del Castello di Lanciano, dei boschi planiziari di querce caducifoglie
che si estendono fino alla Torre del Parco. Sullo sfondo le alture che circondano Castelraimondo.
Prato-pascolo sottostante il Castello di Lanciano, con l’edificio della centrale idroelettrica.
Sulla sinistra, un tratto del Fiume Potenza. Sulla destra, il viale alberato che sale al Castello.
* Geobotanico - Università di Camerino
Foto: E. Orsomando
7
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
EttorE orsomando* e FEdErico maria tardElla**
I
l termine flora, come è noto, indica il complesso delle specie vegetali che vivono spontanee in un’area geografica ben circoscritta.
La flora può riguardare l’insieme di Muschi ed Epatiche (Flora delle
Briofite), di Licheni (Flora dei Licheni), di Funghi (Flora dei Funghi)
o di piante superiori dette Tracheofite o Cormofite (Flora Vascolare)
per la presenza di tessuti conduttori sulle radici, fusto e foglie.
I nomi scientifici delle specie vegetali, secondo la nomenclatura botanica del grande naturalista Carlo Linneo (1707-1778), sono
espressi dall’unione di due parole in lingua latina, di cui la prima
(con l’iniziale maiuscola) indica il genere, la seconda (iniziale minuscola) designa la specie, di regola seguita dalla sigla del nome
dello studioso che per primo l’ha descritta.
Nelle flore le specie sono elencate secondo criteri d’ordine
sistematico-evolutivo.
Nel repertorio fotografico che segue le 34 specie considerate,
si susseguono, per semplicità, dalle forme più primitive (Muschi,
Epatiche, Licheni e Funghi) a quelle vascolari (Equiseti, Felci e Fanerogame), suddivise in categorie fisionomiche e biologiche (arbusti, alberi ed erbe).
Per facilitare il riconoscimento con l’esatta denominazione
scientifica, le 34 specie sono state scelte tra le più appariscenti per
i fiori, i frutti e le foglie, le più caratteristiche dell’habitat, le più
importanti perché classificate rare o di valore storico per l’origine
risalente a milioni di anni fa.
La composizione della flora di un’area qualsiasi non è mai casuale, ma dipende dalle sue vicende geologiche, climatiche e antropiche.
Nel territorio della Fondazione, le specie vascolari presenti tra
indigene, esotiche naturalizzate e coltivate sicuramente superano
di molto le centinaia di taxa; un apposito inventario floristico non
è stato mai realizzato, tuttavia, per il valore naturale dell’ambito
forestale planiziare e per la notevole rilevanza storica del Castello
di Lanciano, più studiosi vi hanno erborizzato. Preziosi e importanti sono gli antichi campioni di erbario, attribuibili a Vincenzo
Ottaviani (1790-1853), insigne micologo e botanico marchigiano
del primo Ottocento, conservati nell’Archivio della Fondazione e
quelli più recenti custoditi nell’Erbario dell’Università di Camerino, dovuti alle erborizzazioni dei botanici che vi operano.
8
ASPETTI FLORISTICI
Pellia endiviifolia (Dicks.) Dumort.
Hypogymnia physodes (L.) Nyl.
Fungo corallo - Clathrus ruber Mich. ex Pers.
Epatica tallosa, con abbondanti rizoidi filiformi bianchi sulla pagina
inferiore, che si sviluppa a tappeto verde intricato nei luoghi stillicidiosi.
Lichene (simbiosi tra Fungo e Alga) a tallo folioso grigio chiaro, circondato
dal Muschio Leucodon sciuroides (Hedw.) Schwägr.
Micete sferoidale spugnoso e reticolato, a maglie rosso vivo, che cresce
a fine estate sui terreni umidi ricoperti di foglie.
Equiseto massimo - Equisetum telmateja Ehrh.
Lingua cervina - Phyllitis scolopendrium (L.) Newman
Felce dolce, Licorizio - Polypodium vulgare L.
Pianta con fusto sterile ramificato e verde. Nel box, fusto non ramificato
fertile, con sporofillo apicale giallo-rossastro.
Felce dalle fronde lanceolate (oltre 30 cm) a base cordata. Nel box, sori
lineari (sporangi) nella pagina inferiore della fronda.
Felce dalle fronde con segmenti sempre più corti verso l’apice. Nel box,
i sori (sporangi) rotondi nella pagina inferiore della fronda.
Prugnolo spinoso - Prunus spinosa L.
Berretta da prete, Fusaria - Euonymus europaeus L.
Vitalba, Clematide - Clematis vitalba L.
Rosa selvatica, Rosa spina - Rosa canina L.
Arbusto caducifoglio delle siepi, ricco di spine (rami afilli trasformati)
e frutti (drupe) bluastri. Nel box, gruppi di fiori bianchi.
Arbusto caducifoglio delle siepi con le foglie rosse o gialle in autunno
e frutti (capsule) rosso-aranciato che si aprono in quattro valve.
Arbusto rampicante caducifoglio dai frutti (acheni) provvisti di lunghe
appendici (reste) piumose e argentate in autunno-inverno.
Arbusto caducifoglio delle siepi, dotato di rami con robuste spine, fiori
solitari o in gruppi. Nel box, pseudo frutti (cinorrodi) carnosi piriformi.
* Geobotanico - Università di Camerino ** Ricercatore - Università di Camerino
Foto: E. Orsomando. Classificazione: Lichene, M. C. Allegrini; Epatica e Muschio, M. Aleffi
9
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
10
EttorE orsomando* e FEdErico maria tardElla**
ASPETTI FLORISTICI
Corniolo, Grugnale - Cornus mas L.
Ligustro - Ligustrum vulgare L.
Caprifoglio etrusco - Lonicera etrusca Santi
Ontano nero, Alno - Alnus glutinosa (L.) Gaertn.
Arbusto delle siepi e dei boschi con frutti (drupe) rossi a maturità. Nel box,
gruppi di fiori gialli che compaiono prima delle foglie.
Arbusto delle siepi e dei boschi con foglie semplici opposte, fiori bianchi
in pannocchie terminali. Nel box, frutti (bacche) maturi neri.
Pianta caducifoglia rampicante o cespugliosa con foglie semplici opposte
e fiori riuniti in infiorescenze peduncolate isolate o raggruppate.
Albero degli ambienti umidi con foglie verdi scure e vischiose a maturità.
Nel box, infiorescenze maschili cilindriche (amenti) e frutti legnosi neri.
Roverella, Cerqua - Quercus pubescens Willd. (s.l.)
Cerro - Quercus cerris L.
Tasso, Albero della morte - Taxus baccata L.
Maggiociondolo - Laburnum anagyroides Medik.
Albero caducifoglio con foglie pelose, a margine diviso in lobi e frutti
(ghiande) ricoperti per metà dalla cupola. Nel box, una galla.
Albero caducifoglio con foglie ruvide, coriacee, molto incise, e frutti
(ghiande) ricoperti per metà dalla cupola ricciuta.
Albero o arbusto sempreverde con foglie lineari-appiattite e appuntite.
Il seme per lo più è chiuso da un involucro polposo (arillo) rosso vivo.
Albero o arbusto con foglie divise in 3 foglioline e fiori riuniti in racemi
penduli, lassi, lunghi fino a 30 cm, di colore giallo-oro.
Salcerella - Lythrum salicaria L.
Luppolo - Humulus lupulus L.
Carice maggiore - Carex pendula Huds.
Farfaraccio - Petasites hybridus (L.) P. Gaertn. Meyer et Sch.
Pianta perenne dei luoghi umidi, alta fino a 2 m, con foglie simili a quelle
dei salici e infiorescenze apicali di colore rosso-carminio.
Pianta perenne rampicante degli ambienti umidi con foglie ruvide e frutti
(acheni) avvolti nelle brattee accresciute in piccoli lampioncini.
Pianta cespugliosa perenne degli ambienti umidi alta oltre 1 m, con foglie
più brevi del fusto e infiorescenze a spighe.
Pianta rizomatosa dei luoghi umidi con foglie larghe oltre 60 cm. Nel box,
fiori (in capolini) portati in spighe terminali.
* Geobotanico - Università di Camerino ** Ricercatore - Università di Camerino
Foto: E. Orsomando
11
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
12
EttorE orsomando* e FEdErico maria tardElla**
ASPETTI FLORISTICI
Sedano d’acqua - Apium nodiflorum (L.) Lag.
Pungitopo, Piccasorci - Ruscus aculeatus L.
Erba perla azzurra - Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Johnston
Colchico portoghese - Colchicum lusitanum Brot.
Pianta perenne dei luoghi umidi con le foglie composte da 5 a 13 segmenti
dentati. Nel box, fiori bianchi riuniti in ombrelle.
Arbusto di bosco con “foglie” appuntite (rametti appiattiti detti cladodi)
e frutti (bacche) rosso brillante. Nel box un fiore.
Pianta perenne di bosco con fiori terminali, quasi sessili, rossi e poi azzurrovioletti. Nel box, semi molto piccoli e duri come sassolini.
Pianta bulbosa dei margini dei boschi e dei prati con fiori di colore rosamagenta che si sviluppano in tarda estate o in autunno.
Campanula selvatica - Campanula trachelium L.
Primula, Primavera - Primula vulgaris L.
Erba trinità, Fegatella - Hepatica nobilis Mill.
Anemone dell’Appennino - Anemone apennina L.
Pianta perenne, frequente nei margini boschivi, con le foglie basali
lungamente picciolate e fiori solitari lilla-violetti o bianchi.
Pianta perenne dei boschi umidi con foglie a rosetta basale e fiori picciolati
con corolla giallo-zolfina macchiata alla base.
Pianta perenne dei boschi umidi con le foglie divise in tre lobi uguali e fiori
di colore blu-lilla, talvolta rosei o bianchi.
Pianta perenne dei boschi umidi e freschi con fiori grandi, 15-23 petali, di
colore variabile dal lilla all’azzurro chiaro fino al bianco.
Capraggine - Galega officinalis L.
Cicoria, Grugni, Rugni - Cichorium intybus L.
Malva, Nalbe - Malva sylvestris L.
Orchidea maggiore - Orchis purpurea Huds.
Pianta perenne degli incolti umidi, alta oltre 1 m, con foglie imparipennate
e fiori bianco-ciclamino disposti in racemi allungati e terminali.
Pianta perenne degli incolti e dei bordi delle strade con fiori azzurro chiaro
isolati o a gruppi all’ascella delle foglie.
Pianta bienne o perenne degli incolti e dei bordi delle vie, con foglie
tondeggianti e fiori peduncolati di colore rosa con strie scure.
Pianta bulbosa dei prati e dei pendii erbosi, con foglie lanceolate e fiori
in infiorescenza cilindrica dai tepali purpureo scuri.
* Geobotanico - Università di Camerino ** Ricercatore - Università di Camerino
Foto: E. Orsomando
13
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
EttorE orsomando* e PiEtro salomonE**
L’
ambiente naturale, seminaturale e antropico della Fondazione offre un campionario di habitat straordinariamente diversificato e principalmente caratterizzato: dalla foresta planiziare
relitta della piana di Lanciano; dai boschi e dalle boscaglie igrofile
ripariali dei primi terrazzi fluviali del Potenza; dalla presenza di
un laghetto e di un lungo canale con la vegetazione idrofitica; da
siepi, boschetti, filari e alberi secolari isolati; da aree agricole con
zone ecotonali (scarpate e pascoli) di transizione verso gli habitat
sopra nominati.
A questa rilevante eterogeneità di habitat corrisponde una
ricca diversità faunistica essenzialmente costituita da numerose
specie appartenenti: ai Mammiferi di piccole e grandi dimensioni;
agli Uccelli di bosco con rapaci notturni e diurni e altre specie di
Avifauna stanziale e migratoria; alla Fauna erpetologica, Rettili e
Anfibi; ai Pesci, con individui di Trota fario; agli invertebrati, con
Lepidotteri e Coleotteri.
In sostanza nelle Valli del Potenza e dell’Esino, dove si trovano le terre della Fondazione, nelle normali escursioni è possibile
avvistare le specie faunistiche più tipiche della montagna appenninica.
Nel repertorio fotografico che segue le specie zoologiche
rappresentate, pur essendo ritenute tra le più diffuse della fauna
marchigiana (ancora più dei paesaggi, dei boschi e delle piante
fiorite), costituiscono particolare motivo di interesse e attrazione
perché altrove non facilmente avvicinabili essendo specie che
mirabilmente hanno imparato a fuggire o a nascondersi nei luoghi più infestati dagli uomini.
Da rilevare che negli habitat della Fondazione non mancano
tracce di presenze di Lupo e che è possibile lì rinvenire e osservare: aculei lasciati dagli Istrici; aree scavate dai Cinghiali per la
ricerca di bulbi e radici; tane di Tasso; Aironi in cerca di cibo (pesci, rane e molluschi) nei tratti nascosti del Fiume Potenza (come
nella “spiaggetta”), quando, nei periodi di minima portata delle
acque, affiorano a mosaico porzioni di letto ghiaiose e sabbiose;
Pipistrelli, quando accompagnati dal custode Oreste si visitano le
soffitte ed i vani più elevati delle torri del Castello di Lanciano e
di Torre del Parco; Farfalle, grandi e piccole, dalle ali ricoperte di
squame variopinte che disegnano figure vistose e belle.
14
A S P E T T I FAU N I S T I C I
Macaone - Papilio machaon L.
Rana appenninica - Rana italica Dubois
Upupa - Upupa epops L.
Per la vivacità degli splendidi colori e per l’apertura alare, circa 8 cm, è uno
dei Papilionidi più vistosi.
Dalla pelle di colore variabile, da beige chiaro a marrone-giallastro o verdastro,
è specie endemica terragnola che vive in acqua solo per la riproduzione.
Riconoscibile per il lungo becco, talvolta anche ricurvo, e particolarmente
per la caratteristica lunga cresta contrattile ed erettile.
Airone - Ardea cinerea L.
Moscardino - Muscardinus avellanarius L.
Puzzola - Mustela putorius L.
Tra gli Ardeidi italiani è il più comune, il più grande e si nutre soprattutto
di pesci, anfibi, topi e vermi.
È il Ghiro più piccolo, che ama vivere arrampicandosi sugli arbusti e sugli
alberelli. In inverno – fino a primavera inoltrata -- va in letargo.
Mustelide di piccola statura, di abitudini solitarie e notturne, che ama vivere
nei luoghi boscosi e lungo le rive dei fiumi, in prossimità delle case rurali.
Istrice - Hystrix cristata L.
Volpe - Vulpes vulpes L.
Cinghiale - Sus scrofa L.
Lupo appenninico - Canis lupus L.
Grande roditore, inconfondibile per le lunghe e appuntite spine bianche
e nere del corpo e i lunghi, bianchi, rigidi peli sulla testa.
Pur essendo un animale solitario e notturno, è il più conosciuto perché
indotto a nutrirsi di tutto: roditori, conigli, uccelli, uova, carogne e rifiuti.
È il progenitore del maiale domestico; per le introduzioni è difficile rinvenire
esemplari geneticamente puri. Nel box, un cucciolo con evidenti strisce.
Mammifero estremamente elusivo che frequenta saltuariamente i boschi
di Lanciano, fotografato in località di Brondoleto.
* Geobotanico - Università di Camerino ** Dottorando - Università di Camerino
Foto: P. Fusacchia (Upupa, Airone e Volpe);
V. Di Martino (Rana, Moscardino, Puzzola e cucciolo di Cinghiale); E. Orsomando (Istrice e Cinghiale); P. Salomone (Macaone); L. Bonifazi (Lupo)
15
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
FrancEsco Giovanni BruGnaro*
Q
uesto scritto vuole essere un mezzo per far risaltare la generosità d’animo che indusse la n. d. Principessa Maria Sofia
Giustiniani Bandini a destinare l’eredità sua e degli avi ad opere
benefiche e, segnatamente questa, all’arcidiocesi di CamerinoSanseverino Marche nella persona dell’Arcivescovo pro tempore.
Non si trattò di un’educata e generosa filantropia ottocentesca,
per la Principessa Maria Sofia fu una scelta di fede che alimentò
un’autentica carità cristiana e la indusse a perpetuare la memoria
dei Giustiniani Bandini lasciando il compito di continuare a far
fruttare il patrimonio di beni, che si sommarono in Lei, a servizio
dei poveri e della Chiesa.
La famiglia Bandini risulta stabilita a Camerino fin dal secolo
XIII, dove si distingue per attività pubbliche e arti. Nel XVIII secolo la famiglia ingrandisce i suoi possedimenti. Filippo Bandini il 29
ottobre 1721 ottiene da Innocenzo XIII l’investitura della Rocca
Varano. Benedetto XIV consente ad Alessandro di acquistare, il 30
maggio 1753, i feudi di Lanciano e Rustano, che vengono eretti in
marchesato.
Il legame con i Giustiniani si instaura nel 1815 con il matrimonio tra Carlo Bandini e Cecilia Giustiniani (figlia di Vincenzo e
Nicoletta del Grillo duchessa di Mondragone, figlia a sua volta della
Contessa di Newburgh) ultima discendente del ramo romano della famiglia principesca dei Giustiniani. Dal matrimonio nasce Sigismondo, patrizio romano dal 1855 e principe romano dal 1863, al
quale il Beato Pio IX consente di inquartare lo stemma dei Bandini
con quello dei Giustiniani, provvedimento poi confermato con sentenza della Cassazione. Il primo a fregiarsi del cognome Giustiniani
Bandini è Sigismondo, che risolleva le sorti economiche della famiglia anche grazie alle notevoli amicizie. Lo si ricorda con i titoli di:
Principe, Nobile Romano Coscritto, Duca di Mondragone, Marchese di Lanciano e Rustano, Conte di Carinola, Conte di Newburgh,
Visconte di Kinnaird, Barone di Levingstone e Hacreiaig, Patrizio
di Macerata, Nobile di Camerino, di Nocera Umbra e di Norcia. La
famiglia Giustiniani Bandini venne ammessa nella ristretta cerchia
del patriziato romano per la fedeltà dimostrata alla causa della
Chiesa: cosa evidenziata ancor più nel periodo dell’agonia del
pontefice Pio IX.
La Principessa Maria Sofia Giustiniani Bandini nasce il 4 maggio 1889 dal matrimonio tra Carlo e Maria Lanza Branciforte, riprendendo il nome della nonna Maria Sofia Massani, figlia del Cavaliere Giuseppe maggiordomo di Sua Santità. Le origini nobili e
l’attaccamento alla Santa Sede caratterizzeranno l’intera vita della
principessa, la quale trasformerà questo legame in costante dedizione al prossimo e vorrà essere sempre, in coerente fedeltà alla
sua fede cattolica, sotto la protezione e in obbedienza alla Chiesa.
Nel maggio 1922 sposa il Conte Manfredi Gravina di Ramacca, personalità già affermata in campo internazionale. Favorito da
amicizie importanti e pluridecorato, viene nominato Alto Commissario della Società delle Nazioni per la città libera di Danzica,
dove, colpito da improvvisa malattia, muore nel 1932 lasciando la
principessa vedova e senza eredi.
Maria Sofia Gravina di Ramacca, in fedeltà e per rispetto del
suo amato Manfredi, non si risposerà e inizierà così il suo lungo
periodo di lutto, esternato da indumenti di color nero, che l’accompagnerà fino all’ultimo giorno.
In ossequio alle disposizioni testamentarie del fratello Sigismondo, Duca di Mondragone, istituisce la Fondazione Giustinia-
16
* Arcivescovo di Camerino-San Severino Marche
M E M O R I A D I U N A N O B I L E B E N E FAT T R I C E
ni Bandini con la finalità di amministrare l’enorme proprietà che
si sviluppa per cinque comuni della Provincia di Macerata con,
al centro, l’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, ottenuta in enfiteusi
dalla Camera Apostolica dalla famiglia Bandini fin dal 1773.
Maria Sofia Giustiniani Bandini
(1889-1977).
Parco di Lanciano, tomba dei Coniugi Gravina-Bandini.
Nel box, l’epigrafe con il noto versetto di S. Paolo (2Tim 4,7).
Profondamente provata nei suoi affetti più cari e nelle prospettive del suo futuro, la principessa, di grande educazione spirituale
e di profonda fede cristiana, si dedica completamente agli altri: ai
suoi contadini di Lanciano e Abbadia di Fiastra, ai poveri della Ca-
Manfredi Gravina di Ramacca
(1883-1932).
pitale; dà credito ai consigli dei suoi amministratori e interviene,
spesso in prima persona, per risolvere i problemi dei suoi ‘dipendenti’.Ascolta direttamente o per il tramite del suo maggiordomo
tutte le disparate richieste di coloro che bussano alla sua porta.
Accoglie tutti e tutti aiuta a trovare una soluzione al proprio bisogno, spesso accompagnando con un sussidio in denaro.
La principessa non rinuncia mai alle sue distinte abitudini,
derivate dal rigido galateo secondo cui è stata educata dalla sua
nobile famiglia e dalla società frequentata; ma questo stile aristocratico di vita non rende meno umani e partecipi i suoi rapporti
con la gente, soprattutto con i più umili, con i braccianti e i più
bisognosi, con i quali si relaziona sempre con cordiale accondiscendenza e concreta generosità.
Maria Sofia mitiga la continua e singolare solitudine, nella quale ha scelto di rimanere, con la passione per la musica, con frequenti soggiorni a Roma, coltivando relazioni spirituali e culturali
vivaci e significative. Si dedica al volontariato impegnandosi in
prima persona nella Compagnia della Carità (oggi Gruppi di volontariato vincenziano) ricoprendo anche l’incarico di Presidente
nazionale. Sostiene opere di carità a favore dell’infanzia in Roma,
dona alla parrocchia di Castelraimondo il terreno per la costruzione della scuola materna dedicata al marito ‘Manfredi Gravina’.
Si preoccupa di cedere alla collettività importanti monumenti
della storia locale per il tramite di istituzioni pubbliche: dona al
Comune di Camerino la Rocca Varano; vende, ad un prezzo simbolico, il Castello della Rancia al Comune di Tolentino.
Per Torre del Parco e il Castello di Lanciano serba un affetto
particolare per gli anni trascorsivi con il marito Manfredi Gravina,
che è stato sepolto nel parco del castello e dove ogni 19 settembre si continua ancora a celebrare una santa Messa in suffragio,
alla quale sono invitati tutti gli ex dipendenti con la popolazione
viciniore. Stessa celebrazione avviene il 4 novembre nell’Abbadia
di Fiastra per ricordare la morte del fratello Sigismondo.
È nell’ultimo testamento che Maria Sofia Giustiniani Bandini rivela il suo personale e alto senso di ‘carità cristiana’. Lascia, infatti,
la casa paterna ai missionari di San Vincenzo e, dopo aver espresso
la sua devozione nei riguardi del Papa regnante Paolo VI, dispone
che vengano onorati i suoi genitori aiutando i poveri e sostenendo
le missioni cattoliche. L’Arcivescovo (pro tempore) di CamerinoSan Severino Marche eredita Torre del Parco, il Castello di Lanciano e le terre collegate “... per farne un’oasi di raccoglimento e
di studio per i sacerdoti e i giovani, studenti e laureati, ed un
pensionato per gli anziani sacerdoti secolari, anche di altre
Diocesi …”. La principessa chiede esplicitamente che l’aiuola che
circonda la tomba del consorte Manfredi, situata nel parco del
Castello di Lanciano e dove dispone di venire sepolta, sia abbellita
con fiori in ogni stagione.
Il fiume Potenza con le sue deviazioni, le terre con le loro
coltivazioni agricole e boschive, Torre del Parco, il suggestivo
mulino, le centrali idroelettriche fanno del Castello di Lanciano
una realtà unica, bella e preziosa. Oltre al valore storico-architettonico, alle opere d’arte che vi si trovano, il castello e il parco sono una testimonianza eccezionale per la vita ivi condotta.
È, forse, un unico esempio nelle Marche nel quale si può ammirare il costume di vita vissutavi, perché è rimasto come la Principessa Maria Sofia Giustiniani Bandini lo lasciò quando si spense
il 30 Aprile 1977.
Foto: E. Orsomando; Fabio Fontana (Principessa - riproduzione)
17
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
FaBio montEsi*
MUSEO MARIA SOFIA GIUSTINIANI BANDINI
C
on delibera n. 46 del 27.03.2001, il Comune di Castelraimondo approva il Protocollo d’intesa tra l’Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche, la Fondazione MA.SO.GI.BA. e lo stesso
Comune, relativamente all’allestimento e alla gestione del Museo
del Castello di Lanciano, la cui ufficiale apertura al pubblico avviene il 24 Settembre 2005.
L’istituzione aderisce alla Rete dei musei civici e diocesani dei
Comuni di Camerino, Castelraimondo e Visso, secondo il modello
del Museo diffuso, come definito dal DOCUP Obiettivo 2 Regione Marche – Misura 3.2: “Recupero, valorizzazione, promozione
del patrimonio storico e culturale” - fondi dell’Unione Europea.
Il Museo si intitola alla Principessa Maria Sofia Giustiniani
Bandini, ultima discendente dell’illustre e nobile famiglia marchigiano-romana, morta il 30 Aprile 1977. L’insieme architettonicodecorativo, conservato pressoché integralmente nelle forme, nelle suppellettili, nella quadreria e negli arredi, così come si sono
stratificati nel tempo, fa del Castello di Lanciano un unicum nelle
Marche. Al Museo sono destinati sedici vasti ambienti di rappresentanza, nonché dieci stanze costituenti l’appartamento della
principessa.
Lo scalone monumentale, solenne e scenografico, supera il
mezzanino e raggiunge il piano nobile del castello, mostrando
sul soffitto lo stemma della Famiglia Giustiniani Bandini, con gli
emblemi delle casate Bandini di Camerino e di Firenze, dei Giustiniani di Roma, dei Del Grillo di Genova, dei Mahony, dei Clifford
e dei Levingstone inglesi: per questi ultimi legami, Maria Sofia era
stata valutata la trentaseiesima nella linea di successione al trono
britannico.
Lo scalone, progettato dall’architetto camerinese Giovanni Antinori (1734-1792), funse da modello a quelli disposti poi dai Bandini per l’Abbadia di Fiastra e per Palazzo Vidoni a Roma: gradini e
balaustre sono realizzati in pietra gessina, molto simile al marmo.
La prima sala mostra un grande quadro raffigurante Cornelio
Bandini, Tenente generale distintosi nella battaglia di Monte Murlo, effigiato anche a Palazzo Pitti in Firenze nel 1537 e morto nel
1545 ad Asti al servizio dei Medici.
La sala da pranzo, di gusto neoclassico, conserva una serie di
dipinti: apprezzabili le nature morte e le riproduzioni di strumenti
musicali, armature e drappeggi.
La sala successiva, inondata dal sole nelle ore pomeridiane, poteva essere utilizzata per il the o per la musica. La piccola scultura
romana proveniente da Urbisaglia e il prezioso mobile settecentesco, di fattura italiana, ribadiscono l’eccellenza degli arredi.
Una camera per ospiti contiene un letto a barca con piedi zoomorfi e si orna di due piccole raffigurazioni di Venere.
La sala dei ritratti, cara a Maria Sofia, mostra a ritroso nel tempo membri della famiglia: i fratelli di lei Giuseppe e Sigismondo;
il Marchese Alessandro Bandini e sua moglie Cristina Alessandra
Azzolino; il prelato Giovan Filippo Bandini, segretario d’ambasciata di Papa Innocenzo XIII. Sigismondo Giustiniani Bandini, primo
Principe del Casato, insieme alla consorte Maria Sofia Massani,
domina l’ambiente a significare la grandezza e l’importanza raggiunte dalla stirpe.
Di seguito, la stanza del biliardo, in un angolo della quale si
impone il prezioso “flipper” di fattura italiana, in grado di emettere
suoni.
Nel vano della torre trecentesca sono visibili frammenti dipin-
18
* Vice Direttore del Museo Maria Sofia Giustiniani Bandini
Porticato del castello, epigrafe a ricordo di Giovanna Malatesta,
che nel 1489 trasformò in villa il fortilizio di Lanciano.
Porticato del castello, epigrafe a ricordo di Alessandro
Bandini, che nel 1769 rinnovò la villa.
Castello di Lanciano, sala del piano terra,
dipinto murale della fine del Quattrocento.
Sala cinese, dettaglio
della tappezzeria sericea.
Piccola scultura di dea romana,
certo proveniente da Urbisaglia.
Il singolare “flipper”
settecentesco.
ti a monocromo, residuo della decorazione quattrocentesca voluta da Giovanna Malatesta.
Entrati nella stupefacente Galleria, lo sguardo si perde all’infinito, tanto l’occhio è ammaliato dall’architettura, dai colori, dai
dipinti, dal mobilio coevo e dal soffitto pitturato a tempera. La
galleria,“cuore” del Castello di Lanciano, mai restaurata, mantiene
vivi i “sapori e i profumi” del 1769.
Le due grandi sculture romane, un Antinoo e un Apollo, prelevate dal Marchese Alessandro nel Teatro Romano di Urbisaglia, si
raccordano ai busti dipinti dei sette imperatori romani posti in
alto su altrettante nicchie.
Le otto “favole” greche affidate alle tele – raffiguranti “Il volo
di Icaro”, “Il ratto di Europa”, “Diana”, “Dafne”, “Mercurio”, “Pegaso” e “L’apoteosi dello stemma di famiglia” – completano, con
l’illusione ottica del soffitto, la grandiosità dell’ambiente.
Passata la Galleria, si accede all’appartamento costituito dalla
preziosa sala cinese e da due camere da letto per ospiti, dove
rispettivamente spiccano due belle tele riproducenti la “Sacra Famiglia” e la “Deposizione di Cristo”, copia da Jacopo Bassano.
La sala cinese veniva utilizzata dagli uomini per fumare
o masticare tabacco, dalle donne per consumare il the e per
leggere. La Principessa Maria Sofia la usava abitualmente per
ricevere ospiti. Le finissime sete alle pareti furono realizzate
da maestranze cinesi fatte venire appositamente al castello.
Tra gli oggetti di cineseria esposti risaltano un vaso per incensi, vassoi e tazze da the, portariviste, sputacchiera, un Budda
e vasellame vario.
Un comodo salotto rivela la finezza dei decori del divano e
delle sedie, protetti da cuoio impresso a sbalzo e a fuoco.
Due piccoli ambienti, riservati allo studio personale del
consorte Conte Manfredi Gravina e al pianoforte, contengono
tele rappresentanti una veduta di tempesta e una marina in-,
sieme ai tanti soggetti relativi al “San Giovannino” e alla “Adorazione dei Magi”.
Chiude il piano nobile la sala della sella, destinata ad integrare
lo spazio della cappella. La sella appartenne alla Regina Cristina di
Svezia (1625-1689), che percorse trionfalmente le Marche nel suo
viaggio alla volta di Roma.
Alla parete, un grande quadro con cornice dorata riproduce
Melchiorre Bandini (†1473) dell’Ordine dei Gerosolimitani, effigiato a Camerino nella chiesa di Sant’Agostino e seppellito nella
cattedrale, il quale compilò per primo la storia del suo ordine.
L’appartamento della Principessa Maria Sofia è costituito da
vari ambienti raccolti: il salotto ottagonale dove era solita cenare,
la camera da letto con la caratteristica panca quattrocentesca,
interamente ricoperta a foglia d’oro e con l’elegante inginocchiatoio del 1724, il bagno e il vano doccia celato in un armadio
ligneo con specchio.
Segue la sala della musica, con accesso diretto dall’appartamento della principessa, che puntualmente alle ore 18 sedeva al
piano per suonare, dove si trovano opere pittoriche riproducenti
“Il Ratto di Proserpina” e una pregiata serie di sanguigne con illustri personaggi. Una sedia-inginocchiatoio e altri pregevoli mobili
completano l’arredo.
Non basta una sola visita per cogliere a pieno ed esaurire l’incanto del vasto e variegato parco, i pregi architettonici del maniero, i mobili e le opere d’arte che l’arricchiscono.
Foto: E. Orsomando; M. Severini - Università di Camerino (particolare del parato della sala cinese)
19
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
PiEr luiGi Falaschi*
CASTELLO DI LANCIANO: VICENDE E TITOLARI
I
Fronte principale del castello con pilastri ed archi
albertiani, forse ascrivibili a Baccio Pontelli.
l ricordo nelle fonti di Farfa d’una chiesa di S.Angelo di Lanciano
associò la piana ad una corte dell’abbazia, ma troppo frazionata
per aver costituito unità fondiaria essa appariva nel 1240 allorché
il rettore della Marca Sinibaldo Fieschi (poi Innocenzo IV) ne
concedeva la giurisdizione a Camerino; solo nel 1252 l’abbazia
di Fiastra vi realizzò una grancia per poderi all’uopo acquistati,
serviti da chiuse e derivazioni dal Potenza.
Di case, castellare, mulini di Lanciano dispose nel 1350 il
testamento di Gentile II da Varano, Signore di Camerino; la rocca
omonima fu eretta sull’altura come caposaldo d’una tagliata,
realizzata negli anni 1381-82, che appunto col taglio d’alberi per
lungo e largo tratto rendeva scoperti eventuali aggressori e forniva
legname per consolidare i terrapieni e fossati utili a fermarli.
Consentita ai da Varano promossi nel 1375 vicari in temporalibus,
estesa a nord per miglia dal Monte Letegge a Pioraco e disposta
contro San Severino e Matelica, ospitali coi venturieri attratti dalla
floridezza di Camerino, la tagliata unica nel territorio e designata
così per antonomasia, ebbe per altri capisaldi Torre Beregna
(Troncapassi) e Rocca d’Ajello, e per varchi muniti - in grado
d’ospitare presidio, viaggiatori, animali e merci - Torre del Parco
(Salvum me fac!) e Torre della Porta di ferro, oggi scomparsa.
Cadente la rocca di Lanciano che Giovanna Malatesta nel 1489
trasformò in reggia di campagna - dotata di azienda agricola, parco
con ‘selvatechi’, peschiere - e nel ‘92 ebbe in dono dal marito
Giulio Cesare da Varano, che a sua volta aveva trasformato in
residenza di caccia Rocca d’Ajello.
Con la devoluzione del ducato camerte (1545), la Camera
apostolica cedette Lanciano in locazione ai Voglia, indi in enfiteusi
Gli spioventi che attestano la crescita progressiva del castello e la merlatura sopraggiunta nel tardo
Ottocento. Nel box, fronte del castello secondo il progetto dell’architetto camerte Giovanni Antinori.
20
* Storico del diritto e delle istituzioni
ai Rosa (1621) e ai Rossetti (1680). Nel 1753 Benedetto XIV trasferì
castello e fondi ad Alessandro Bandini, tesoriere dello ‘Stato di
Camerino’ ed assertore ‘del comparire’, promuovendolo marchese
di Lanciano e Rustano, senza poteri feudali e alla maniera in cui
nel 1701 Clemente XI aveva promosso Giuseppe Pallotta conte di
Torre del Parco, acquisita dall’avo card. Evangelista.
Il prestigio raggiunto dai Bandini, già con palazzo avito a
Camerino, con Lanciano - vera Versailles marchionale -, con l’abbazia di Fiastra, col castello della Rancia, con Rocca Varano e le
grandi tenute annesse, consentirà a Carlo (1779-1850) di sposare
Cecilia del Grillo Giustiani e al figlio Sigismondo d’ottenere nel
1863, assunto anche il cognome materno, la corona di principe
del ramo.
Maria Sofia, ultima dei Giustiniani Bandini (1889-1977), amò
quella che definiva la Rocca di Lanciano: qui nel 1922 trascorse
la luna di miele, qui nel bosco realizzò la tomba per l’amatissimo
sposo conte Manfredi Gravina di Ramacca, mancato nel 1932
mentre era Alto Commissario di Danzica per la Società delle
Nazioni. L’ascesa del Gravina si lega al prestigio di cui godé in
Germania: sua madre Blandine von Bülow era figlia del musicista
Hans, sua nonna Cosima Liszt, figlia di Franz, morta nel 1930, fu
ritenuta onnipotente come vedova di Richard Wagner e signora
di Bayreuth.
La principessa Maria Sofia, consapevole che i beni erano
pervenuti alla famiglia dall’ininterrotta adesione al papato - Vanni
di Bandino, guelfo perseguitato a Siena, riparava a Camerino
intorno al 1270 - dispose morendo il passaggio di Lanciano e
Torre del Parco agli Arcivescovi di Camerino.
Resti della torre a presidio
dell’antico ingresso.
La galleria progettata nel 1769
da Giovanni Antinori.
Foto: E. Orsomando; M. Severini - Università di Camerino (Salone Antinori e box a lato)
21
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
Giovanni B. Falaschi*
CASTELLO DI LANCIANO:
ARCHITETTURA
I
l bel maniero assembla edifici ed assetti di secoli vari: almeno
due delle torri, che negano simmetria all’insieme, sono reliquie
della rocca costruita a Lanciano - forse su progetto di Antonio
di Martuccio da Fabriano - nell’ambito della tagliata, disposta da
Giovanni da Varano (†1385), Signore di Camerino insieme ai fratelli Rodolfo e Gentile, e realizzata negli anni 1381-82.
A trasformare la rocca in sontuosa villa rinascimentale provvedeva a sue spese nel 1489 Giovanna Malatesta (1443-1511),
figlia di Sigismondo Pandolfo di Rimini e di Polissena di Francesco Sforza e consorte di Giulio Cesare da Varano. Per realizzare
l’edificio centrale porticato e convertire i preesistenti s’avvalse
forse di Baccio Pontelli che il 21 luglio 1492, all’ombra di Torre
del Parco, si riconosceva debitore di 400 fiorini, avuti in più da
Giovanna e dal marito. Attribuita al Pontelli anche l’ala sud del
palazzo signorile di Camerino, i pilastri enormi e le arcate profonde di Lanciano, di vaga ascendenza albertiana e confacenti alla
solidità suggerita dalla vita agreste, possono pur tradire la volontà
del Pontelli di proporre ai medesimi committenti un’alternativa
alle colonne snelle e alle volte a vela rigonfie realizzate in città alla
maniera del Brunelleschi.
La consapevolezza di sé acquisita da Giovanna spesso - assente il coniuge - al governo dello Stato, la profusione nella dimora
della rosa dei Malatesta (solo da ultimo cancellata dagli infradossi
delle arcate), la serie dei ritratti di donne illustri commessi per la
galleria, la predilezione del coniuge per Rocca d’Ajello sono gli
elementi che han fatto supporre Lanciano una corte concepita
al femminile.
Il portale centrale - più largo dell’apertura che incornicia e
ora immette ad un cortile interno - formato da due colonne e un
architrave risponde alla descrizione che il Lili fa di quello rimosso
dal palazzo signorile di Camerino, su cui aveva poggiato il busto
di Giulio Cesare, ora al museo civico.
I merli e i beccatelli, che coronano i fronti e celano spioventi
legati alla crescita progressiva del complesso, tradiscono gusto
romantico: la tela della galleria interna che celebra l’apoteosi
della famiglia Giustiniani Bandini ormai principesca (1863) mostra l’assetto esterno del castello forse vagheggiato dall’Antinori
(† 1792) e segnala la tardività del camuffamento. Suggestivi il
pozzo e il piazzale a terrazza, ai muri di contenimento del quale
restò delegata la difesa del maniero, concepito per un minimo di
vita all’aperto. I resti d’una porta già con ponte levatoio, sovrastata
da una torre mozza, prossima al varco attuale ma a quota assai più
bassa, suggeriscono un piazzale in passato meno esteso verso il fiume per consentire l’arrivo d’una strada con pendenza accettabile.
L’assetto interno del castello è per lo più quello disposto nel
1769 dal marchese Alessandro Bandini (1717-1796) ed affidato
all’architetto camerte Giovanni Antinori (1734-1792), ben accreditato a Roma - dove s’era formato - dopo un soggiorno a Lisbona.
D’effetto la grande galleria - che sotto l’ultimo rivestimento forse
cela i ritratti voluti dalla Malatesta - per l’incrocio di luci e linee,
l’incalzare degli ornati, la fantasmagoria dei colori, gli squarci dei
trompe l’oeil, la profusione di tele e di specchi, l’aggiunta di sculture classiche (reali come quelle di Antinoo e Apollo o simulate
col disegno in chiaroscuro), per la ricercatezza dei mobili, sparsi
ben oltre la galleria e testimonianze della maestria degli artigiani
camerti dei secoli XVI-XVIII, in quanto i Bandini trasferirono a
Lanciano anche i mobili del palazzo di Camerino.
22
* Dottorando - Università di Camerino
Canterano con tarsie,
fine secolo XVII.
Sella della regina Cristina di Svezia (1625-1689),
che notoriamente non cavalcava all’amazzone.
Letto in legno con doratura a damasco, carissimo alla Principessa
Giustiniani Bandini che ne asseriva l’origine rinascimentale.
Il salotto cinese con le pareti
rivestite di pregevole seta.
Sala da pranzo
stile impero.
Uno dei trompe-l’oeil che squarciano
il soffitto della galleria.
Scalone d’onore e balaustra in pietra gessina.Alla sommità
statue simboliche di propiziazione per il casato.
Cappella interna
del Castello.
Foto: M. Severini - Università di Camerino; E. Orsomando (Cappella)
23
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
Sala dei ritratti
o degli avi.
I
l complesso di Torre del Parco, diradatasi a monte la vegetazione rimasta invece folta lungo la riva del Potenza, s’identifica
oggi con la torre a spigolo - incombente sul fiume e sul ponte antico che lo varca -, con i due vasti edifici che da essa si dipartono
a perpendicolo e con pertinenze seminascoste.
La torre, intitolata per auspicio Salvum me fac! da Giovanni
da Varano che l’eresse nel 1381-82 nell’ambito della linea difensiva continua della Tagliata, ma detta anche Torre dei bilancioni
per qualche congegno legato all’ingresso, meno credibilmente
alla pratica della pesca nel fiume, è alta 24 m. e si rivela suggestiva
e grandiosa soprattutto all’interno. Gli edifici, già dotati d’alloggio
per i da Varano, accolsero ben oltre la devoluzione del ducato
camerte (1545) guarnigione, osteria, macello.
Elementi decorativi, aperture manifestamente ricostruite all’antica e soprattutto le volte interne leggere, realizzate con mat-
Torre del Parco: gli edifici che si dipartono
dalla Torre e la corte che determinano all’interno.
24
T O R R E D E L PA R C O :
Giovanni B. Falaschi*
* Dottorando - Università di Camerino
ARCHITETTURA
Sala del
biliardo.
toni messi a contrasto quasi di piatto e sostenute da pilastri inseriti per ridurre le tratte - il tutto per sostituire capriate -, rivelano
rimaneggiamenti sette-ottocenteschi disposti forse dai Pallotta,
cui nel 1701 fu consentito da Clemente XI di collegare al posssesso, ceduto all’avo cardinale Evangelista, il titolo di conti appunto
della Torre del Parco.
L’antico ponte, di probabile impianto romano e tante volte rimaneggiato, distrutto dai tedeschi nel 1944 quello prossimo che
allora accoglieva la carrozzabile ed i binari della ferrovia Camerino-Castelraimondo, rimase a lungo nel dopoguerra esile collegamento fra i due centri.
Annessi alla proprietà di Torre del Parco risultano un mulino
per cereali ed un frantoio, centri obbligati di molitura lungo i secoli per vasta comunità, rimasti attivi con modeste innovazioni
fino ai nostri giorni.
La massiccia Torre che incombe sul fiume e l’edficio col varco
murato nella parte più bassa, un tempo di accesso al complesso.
Ponte sul Potenza di probabile
impianto romano.
Il mulino per granaglie alimentato
per secoli dalla forza meccanica del canale.
Frantoio alimentato dalla forza
meccanica del canale.
Foto: E. Orsomando; M. Severini - Università di Camerino (sala ritratti e sala biliardo)
25
FONDAZIONE
MA.SO.GI.BA.
mattEo mazzaluPi*
CASTELLO DI LANCIANO:
OPERE D’ARTE
L
a raccolta di dipinti del Castello di Lanciano è un interessante esempio di collezionismo sette-ottocentesco. La cronologia delle opere si scala tra il Cinquecento e l’Ottocento, con un
nucleo particolarmente consistente di dipinti seicenteschi. Come
accade nelle collezioni private, vi si trovano tanto copie antiche
di pitture famose – tra le quali si può ricordare una replica delle
Quattro età dell’uomo del caravaggesco Valentin de Boulogne –
quanto dipinti originali. I generi rappresentati vanno dalla veduta
al ritratto, dalla natura morta alla mitologia, ma prevalgono le opere di soggetto religioso.
Tra i pezzi più antichi e preziosi si annovera un’Annunciazione cinquecentesca su tavola, proveniente dal complesso dell’abbazia di Chiaravalle di Fiastra. Ne è autore Antonio da Faenza, pittore e architetto che nei primi decenni del ’500 lavorò tra Loreto,
Treia e Montelupone. Ancora alla fine di quel secolo appartiene il
piccolo, pungente Ritratto del cardinale Filippo Guastavillani,
tradizionalmente attribuito ad Annibale Carracci, ma comunque
da riferire alla scuola bolognese.
Il ’600 è rappresentato da opere talvolta di qualità notevole:
spiccano tra tutte un’intensa Santa Cecilia in estasi, legata allo
stile di Giovanni Lanfranco, giocata sul contrasto tra il buio del
fondo e il chiarore della pelle e delle vesti; un Apostolo di scuola
napoletana, il cui viso potente pare bruciato dal sole; una Madonna addolorata di scuola bolognese, ricoperta da un virtuosistico
panneggio; le due coppie di grandi tele dello scalone, da un lato
La Verità svelata dal Tempo e Il sacrificio di Isacco, ancora bolognesi, dall’altro San Pietro e una Santa martire, forse di un
pittore romano.
Alle pareti è esposto anche un buon numero di disegni, comprendenti una serie seicentesca di ritratti di pittori, in gran parte
nordici, ed una coppia di disegni del tardo ’500, forse preparatori
per pale d’altare, rappresentanti la Presentazione di Gesù al tempio ed il Riposo durante la fuga in Egitto.
Delle memorie più strettamente legate alla famiglia, non va
trascurato il bel ritratto ottocentesco di Sigismondo Giustiniani Bandini e Maria Sofia Massani, nonni paterni della Principessa Maria Sofia, conservato nella Sala dei ritratti insieme ad
altre immagini di membri illustri della casata.
Scuola napoletana
del ’600, Apostolo.
26
* Storico dell’arte - Università di Udine
Antonio da Faenza,
Annunciazione.
Scuola ferrarese del ’500, Riposo
nella fuga in Egitto.
Scuola bolognese del ’600,
La Verità svelata dal Tempo.
Scuola bolognese del ’500, Ritratto
del cardinale Filippo Guastavillani.
Scuola bolognese del ’600,
Madonna addolorata.
Ambito di Giovanni Lanfranco,
Santa Cecilia in estasi.
Foto: M. Severini - Università di Camerino
27
GEOGRAFIA
Pubblicazione realizzata e stampata con i Fondi di Ricerca del Prof. Ettore Orsomando - Università di Camerino
e con il contributo di
COMUNE DI CASTELRAIMONDO
DOMO SUM S.r.l. - Case rurali e rustici tra le colline marchigiane - Camerino
EUGENI PERICLE S.r.l. - Impresa di costruzioni, restauro conservativo edifici monumentali,
di Graziano Geom. Ferretti - Matelica
LAPUCCI GINO S.n.c. di Lapucci Claudio, Lapucci Manuele e Cesare Fronzi
Impresa edile specializzata in restauri e risanamenti conservativi - Località Vari, Pieve Torina
Ideazione e realizzazione grafica: Ettore Orsomando e Tonino Caporicci
© Vietata qualsiasi forma di riproduzione senza espressa autorizzazione scritta
del Prof. Ettore Orsomando - Presidente della Fondazione Ma.So.Gi.Ba.
Per informazioni: Segreteria Fondazione Ma.So.Gi.Ba. - Curia Arcivescovile
62032 Camerino (MC) - Tel. 0737-630400 - Fax 0737-631420 - E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia San Giuseppe srl - Pollenza (Macerata) - Edizione Ottobre 2010
ISBN 9788897002000
E 10,00 iva compresa