IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Tomas Lindahl Il premio Nobel che aggiusta il DNA Uno dei tre vincitori del premio Nobel per la chimica 2015 è presidente del Comitato scientifico di IFOM e apprezza particolarmente la ricerca oncologica italiana, come ha ribadito in una sua recente visita presso il centro di ricerca milanese 1 2 3 4 Nel 2016 vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Queste ricerche rispondono alla sfida 2. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide In questo articolo: Nobel riparazione DNA Tomas Lindahl a cura di CRISTINA FERRARIO uesto premio Nobel per la chimica è l’esempio concreto di come nella ricerca la curiosità sia davvero importante”. Sono le parole di uno dei tre vincitori del premio Nobel per la chimica 2015, la prestigiosa onorificenza che lo scorso anno ha premiato scoperte vicine alla biologia e alla lotta contro il cancro. Lo svedese Tomas Lindahl, lo statunitense Paul Modrich e il turco naturalizzato statunitense Aziz Sancar sono stati premiati per i loro studi sui meccanismi di riparazione del DNA, che hanno permesso di conoscere i dettagli molecolari delle strategie che la cellula utilizza per salvaguardare le preziose informazioni genetiche contenute nel DNA. “Q Eppur si muove! Come ha spiegato durante una conferenza presso IFOM, l’idea diffusa negli anni sessanta del secolo scorso sulla stabilità e l’inflessibilità della molecola di DNA non ha mai convinto del tutto lo svedese Tomas Lindahl. Se è vero che, per essere trasmessa in modo corretto, l’informazione contenuta nel DNA deve rimanere immutata nel tempo e nel corso di miliardi di divisioni cellulari che dall’embrione portano a un uomo adulto, è altrettanto vero che, dal punto di vista chimico, questo è impossibile. “Le mutazioni sono inevitabili e fanno parte della vita quotidiana delle cellule” dice Lindahl, che poi aggiunge: “Le sostanze e le situazioni che possono dan- neggiare il DNA sono troppo numerose per poter pensare che nulla cambi nella molecola”. Il dubbio sulla stabilità del DNA cominciò ad accompagnare Lindahl sin dai tempi del suo lavoro di ricerca alla Princeton University. Lavorando sull’RNA – una sorta di “cugino” del DNA – il ricercatore si accorse che bastava un po’ di calore per distruggere la molecola. Come era possibile che il DNA fosse così forte e stabile? Tornato a Stoccolma, Lindahl fu in grado di dimostrare che il materiale genetico viene danneggiato ogni giorno migliaia di volte e che ogni danno è potenzialmente devastante. La curiosità e la lungimiranza di Lindahl lo portarono a ipotizzare l’esistenza di meccanismi capaci di scovare il danno e di ripararlo abbastanza velocemente da evitare che l’informazione sbagliata passi alla cellula figlia. Nel 1974 il ricercatore pubblicò un primo articolo nel quale venivano descritti i protagonisti di uno di questi meccanismi e pose le basi per 35 anni di ricerca culminati nel premio Nobel. Tre meccanismi contro il caos “Sapete quali sono due dei principali nemici della stabilità del DNA? L’acqua e l’ossigeno!” ha detto Lindahl ai ricercatori accorsi numerosi alla conferenza. “E la cellula non può certo farne a meno” ha aggiunto sorridendo. Acqua e ossigeno sono i protagonisti, rispettivamente, di idrolisi e ossidazione, due delle reazioni che possono danneggiare il DNA e che richiedono l’intervento di meccanismi di riparazione atten- ti ed efficienti. In effetti il nostro DNA è soggetto quotidianamente ad attacchi da parte di diversi nemici esterni a volte insospettabili: la luce (in particolare i raggi UV), i virus, alcune sostanze chimiche, ma anche il cibo che ingeriamo. E, come se non bastasse, ci sono anche i nemici interni, come gli “errori di copiatura” che si possono verificare quando la cellula deve riprodursi duplicando la propria molecola di DNA. Sarebbe impossibile per qualunque essere vivente sopravvivere a questo continuo fuoco nemico, se non ci fosse un esercito di molecole a guardia della stabilità del materiale genetico. Tre i meccanismi principali, che hanno valso il Nobel ai tre ricercatori: il base excision repair (scoperto da Lindahl), che aggiusta anche una singola base di DNA danneggiata, il nucleotide excision repair (individuato da Sancar), che interviene in caso di danni causati dai raggi UV e il mismatch repair (descritto da Modrich), che corregge gli errori che si verificano durante la replicazione delle cellule. a tumorali è molto stretto. Se non funzionano a dovere, la cellula può assumere caratteristiche tipiche di una cellula tumorale. Ma non basta mutare una singola cellula per avere un tumore. In effetti, il problema di un sistema di controllo e riparazione del danno che funziona male, o non funziona affatto, è anche la trasmissione non corretta delle informazioni genetiche da una cellula madre alle cellule figlie. “La variabilità del DNA non è cattiva di per sé” spiega Lindahl, ricordando che la capacità di cambiare permette di adattarsi alle mutazioni ambientali. I sistemi di riparazione devono essere quindi molto sofisticati e agire solo dove serve. Inoltre un meccanismo di riparazione del danno può essere vantaggioso per il cancro, aiutando le cellule tumorali a riparare le parti danneggiate da chemio o radioterapia. Proprio da queste osservazioni partono molte moderne strategie per curare il cancro o per trasformarlo in una malattia cronica con la quale convivere. “Si può puntare a ripristinare il corretto funzionamento dei meccanismi di riparazione delle cellule sane per evitare che il tumore si formi, oppure si può puntare a modulare le strategie delle cellule tumorali per renderle più sensibili ai trattamenti” suggerisce Lindahl. I nemici interni sono gli errori di copiatura Le due facce della stessa medaglia Come ha ribadito Lindhal nella sua conferenza milanese, il legame tra queste strategie di riparazione e la trasformazione delle cellule da sane IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici, è sostenuto dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC, attraverso lasciti testamentari (vedi p. 31). GIUGNO 2016 | FONDAMENTALE | 21