REPORT Giornata Formativa “Principi dell’apprendimento e strumenti compensativi”
Lamezia Terme (CZ) 6/9/2016
Relatori:
Prof. Giacomo Stella
“ A scuola si insegna a casa si impara”
Luca Grandi
“L’informatica fa bene alla scuola”
Un'occasione colta per sensibilizzare sulle tematiche relative ai Disturbi
Specifici di Apprendimento.
Le tematiche di sviluppo trattate dal Prof. G. Stella sono state le seguenti:

CONOSCERE L’APPRENDIMENTO PER CAPIRE.

APPRENDIMENTO E APPRENDIMENTO SCOLASTICO 2 STRADE CHE SPESSO NON SI
INCROCIANO

APPRENDIMENTO E MEMORIA.
La giornata formativa tenutasi a Lamezia Terme il 6 Settembre scorso dal titolo “Principi dell’apprendimento e
strumenti compensativi” è stata strutturata in due momenti:


uno relativo ai processi di apprendimento cui ha fatto seguito la lectio magistralis del Prof. Giacomo Stella
l’altro relativo all’analisi e valenza degli strumenti compensativi su cui ha relazionato il Prof. Luca Grandi.
Giacomo Stella è psicopatologo dello sviluppo nonché professore ordinario di psicologia clinica dell’università di
Modena. Egli è inoltre fondatore dell’AID (Associazione Italiana Dislessia) che si costituisce come principale fonte di
formazione, informazione e aiuto sui disturbi specifici di apprendimento. Giacomo Stella ha altresì avuto un ruolo
fondamentale per la promulgazione della Legge 170/2010 che tutela i diritti dei soggetti con dislessia e altri disturbi di
apprendimento.
Il Professore Stella ha iniziato la sua lectio parlandoci dei processi di apprendimento, spiegandoci come
l’apprendimento sia da intendersi come un cambiamento legato alle esperienze che sono connesse alle nuove attività
che ciascun individua svolge e che nel loro insieme formano la struttura delle connessioni neurali. “E’ attraverso
l’esperienza che il bambino impara”, dice il prof. Stella. Il bambino apprende quando fa esperienza di una cosa
(esperienza procedurale), ma soprattutto c’è apprendimento quando l’esperienza è ripetuta. Più l’esperienza è alla
portata del soggetto che deve apprendere, più è gratificante più viene ripetuta e quindi appresa. Non è altrettanto
semplice definire o osservare l’intelligenza. Molti adulti scambiano alcune attività dei bambini come manifestazioni di
intelligenza mentre sono comportamenti appresi (come per esempio l’uso del tablet o la capacità di ripetere delle
sequenze numeriche). Capire non è imparare! Capire è apprendere con intelligenza.
“L’intelligenza, in realtà, consiste nel saper esportare comportamenti appresi in situazioni diverse da quelle in cui sono
stati appresi, oppure associare elementi che non sono identici, oppure creare associazioni nuove, oppure sviluppare
concetti partendo da procedure apprese (come il concetto di moltiplicazione che si sviluppa dopo aver imparato le
tabelline).” Cit. Stella
Il Prof. Stella ci ha illustrato quanto il successo nelle attività legate della letto-scrittura non sia necessariamente una
manifestazione di intelligenza, ma certamente la dimostrazione di buone capacità di apprendimento. Allo stesso modo,
si può affermare che chi non impara a leggere, scrivere o contare nei tempi considerati canonici dalla scuola, non è
necessariamente poco intelligente, ma ha certamente disturbi di apprendimento. I bambini apprendono
spontaneamente già prima dell’insegnamento, fino a 3-4 anni apprendono da soli! L’insegnante, dice Stella “non può
insegnare a capire, può solo facilitare a capire”. E’ rilevante specificare, inoltre, che l’apprendimento è legato sia alla
memoria che può essere: a breve termine, di lavoro, episodica, autobiografica, procedurale, semantica (la memoria
correlata all’intelligenza perché è legata all’esercizio e alla pratica esperienziale) che al ricordo che riveste un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento in quanto passa dal riconoscimento che a sua volta serve allo sviluppo
cognitivo. Ciò che è importante tenere ben presente è che “si ricorda meglio ciò che ci emoziona e il desiderio o
l’interesse per qualcosa o per qualcuno fanno da propulsore del meccanismo di selezione delle informazioni”cit. Stella.
La qualità del ricordo è dunque migliore quando è associata ad emozioni forti, siano esse positive o negative.
L’elemento più prezioso, nel delicato processo di apprendimento, è il meccanismo di filtraggio e di selezione piuttosto
che la costruzione di un magazzino capace: inutile immagazzinare se poi non si riesce a trovare e quindi a utilizzare ciò
che ci serve). Il concetto di ricordo è cambiato nel corso degli anni. Oggi ricordare non coincide con il saper qualcosa
(data, nome, notizia) ma con il sapere dove o come trovare ciò che ci serve. Anche negli alunni, quindi, bisogna
promuovere la capacità di cercare, confrontare e correlare. In linea con quanto detto, l’uso delle tecnologie può essere
un utile strategia per aumentare la consapevolezza ortografica; molte ricerche, infatti, documentano che attraverso l’uso
costante dell’assistente ortografico lo studente stabilizza quello che i ricercatori chiamano il lessico ortografizzato, cioè
la rappresentazione scritta della parola secondo le regole di ciascun codice ortografico. Ci sono numerosi esempi di
studenti che hanno migliorato la loro correttezza ortografica anche nella scrittura manuale, in virtù dell’uso costante
della videoscrittura o addirittura partendo dagli sms.
Il prof. Stella ha più volte sottolineato che, se uno studente impiega meno risorse nelle componenti “esecutive” della
scrittura, può indirizzare una maggiore quantità di risorse verso l’ideazione e migliorare quindi la sua capacità di
produrre testi.
Le spiegazioni, invece, pur importanti e quindi da applicare, comportano argomentazioni aggiuntive che chiariscono il
perché si debba seguire una certa sequenza o fare l’azione in un determinato modo. Esse però, insieme alle definizioni
sono spiegazioni di livello astratto, pertanto le spiegazioni per i bambini con DSA producono il cosiddetto rumore
cognitivo cioè una sovrapposizione di informazioni che per il bambino non hanno significato, un sovraccarico che
determinerà disorientamento, allontanandolo così dall’apprendimento.
Insegnare ad imparare significa, invece, conoscere le procedure mentali utilizzate dall'allievo per renderlo consapevole
delle sue risorse e potenzialità al fine di sfruttarle consapevolmente ossia in termini metacognitivi. La grande scienziata
Annette Karmiloff-Smith nel suo modello di sviluppo della capacità concettuale ritiene che i concetti derivino in buona
parte dalle procedure. Quando queste, attraverso la ripetizione (contare, tabelline ecc.), diventano automatiche,
liberano spazio per una riflessività sull'attività e ci aiutano a sviluppare, prima in forma implicita e dopo in modo più
consapevole, il concetto relativo. Il concetto di moltiplicazione viene compreso dopo che si sono imparate le tabelline e
non prima di impararle, ed è più facile svilupparlo per chi le tabelline le sa, piuttosto che per chi non riesce a impararle.
Non bisogna dunque colpevolizzare il bambino per la mancanza di risultati, altrimenti si corre il rischio che egli
sviluppi risposte di evitamento; è necessario invece, far sperimentare il successo fornendogli strumenti di facilitazione,
in modo che quello che non è mai riuscito a fare gli risulti improvvisamente semplice. Piuttosto che continuare a
insistere sulla ripetizione di sequenze frustranti, è utile dargli strumenti come il calendario settimanale, la linea dei
numeri, la tavola pitagorica, ecc. in modo da rendere anche per lui gradevole l’esperienza di apprendimento. Bisogna in
altre parole dare al bambino il cosiddetto “credito di fiducia”.
Il Prof. Stella ci ha ricordato che tutti i più autorevoli psicologi dell’apprendimento ci hanno insegnato che lo sviluppo
delle competenze richiede la presenza di almeno due condizioni: che il problema ponga al bambino un conflitto
cognitivo accettabile (sviluppo prossimale o conflitto cognitivo ottimale) e che vi sia esercizio ripetuto, cioè una
quantità di esperienza ragionevole. La prima condizione è strettamente correlata alla seconda, poiché tutti noi
accettiamo più facilmente di svolgere ripetutamente attività che abbiano una buona probabilità di riuscita, mentre
rifuggiamo dai compiti che non riusciamo a risolvere perché generano frustrazione ed evitamento.
Gli strumenti compensativi servono proprio a rendere più facile un esercizio, ad avvicinare l'allievo al successo, a fargli
sperimentare un compito più abbordabile. Basta una linea dei numeri a disposizione sul banco, per trasformare
un’esperienza frustrante in una procedura semplice e facile da ripetere.
“Spesso non si considera il ruolo del successo, che produce disponibilità all’esercizio, sviluppa padronanza
comportamentale e crea le premesse per trasformare una procedura concreta e operazionale (cioè svolta con strumenti o
con oggetti) in una procedura mentalizzata” Cit. Stella.
Nella Scuola dell’Infanzia è importantissimo osservare il comportamento del bambino, partendo da attività legate al
linguaggio che è la pietra miliare su cui si costruiscono gli apprendimenti scolastici oltre che la comunicazione. A tal
scopo, sono stati studiati dei kit (Il Pappagallo Lallo) che sono composti da attività di potenziamento fonologico che
possono aiutare i bambini dai primi passi dello sviluppo fonologico fino alla frase e poi alla ricchezza fonologica
completa.
Il secondo momento della giornata formativa è stato scandito dall’intervento del Prof. Luca Grandi, esperto di dislessia
e disturbi dell’apprendimento, responsabile del Centro Ricerche ANASTASIS nonché ideatore e progettista di alcuni
noti software (Super Mappe e Super Quaderno). Egli è partito dalla propria personale esperienza di bambino dislessico
e discalculico, partecipandoci il proprio disagio e il proprio senso di inadeguatezza in ambito scolastico e ci ha coinvolti
in un dibattito il cui punto di volta era il ribaltamento della metodologia tradizionale che deve diventare didattica
inclusiva, una didattica, cioè, in cui l’attenzione non è più concentrata sul bambino con disturbo, ma a tutti. Una
didattica che deve mettere in atto tutte le strategie possibili per azzerare le difficoltà. La dislessia quindi, intesa come
stimolo pedagogico all’inclusione. Dice Grandi: “ La dislessia non è una disabilità, ma una caratteristica, una neuro
diversità come tante altre caratterizzanti l’essere umano; come tale quindi, l’approccio didattico deve essere inclusivo e
coinvolgere tutti. Fondamentale è l’utilizzo di strumenti compensativi: mappe, Lim, sintesi vocale, computer, tablet,
smarphone, linea dei numeri, tavola pitagorica, calendario, calcolatrice, che lavorano sul potenziale che permettono di
compensare difficoltà di esecuzione di compiti automatici compromessi dal disturbo specifico, mettendo il soggetto in
condizione di operare più agevolmente, raggiungendo un buon grado di autonomia ( proprio come un paio di occhiali
permette al miope di leggere da lontano). Ciò che infatti deve essere chiaro è che l’obiettivo non deve essere più quello
di non far commettere errori al bambino, ma invece l’obiettivo deve essere quello di sostenere i suoi processi di
apprendimento con degli strumenti compensativi. Il bambino con disturbo di apprendimento deve acquisire sicurezza e
capire che “imparare non è difficile”.