2 0 1 Con il Contributo Ente Copromotore Regione Liguria Provincia della Spezia Assessorato alla Cultura Sponsor principale Enti patrocinatori Comune di Carro 0 Si ringrazia Regione Liguria Signor Angelo Berlangieri Assessore alla Cultura Sport Spettacolo, Signor Daniele Biello Provincia della Spezia Signor Marino Fiasella Presidente, Signora Paola Sisti Assessore alla Cultura, Signora Elisabetta Pieroni Comune della Spezia Signor Massimo Federici Sindaco, Comune di Carro Signor Antonio Solari Sindaco Comune di Beverino Signor Andrea Costa Sindaco, Comune di Bonassola Signor Andrea Poletti Sindaco, Signor Giampiero Raso Assessore alla Cultura, Comune di Rocchetta Vara Signor Riccardo Barotti Sindaco, Comune di Santo Stefano di Magra Signor Juri Mazzanti Sindaco, Comune di Sesta Godano Signor Giovanni Lucchetti Morlani Sindaco, Comune di Varese Ligure Signora Michela Marcone Sindaco, Signor Adriano Pietronave, Signora Maria Cristina De Paoli Istituzione per i servizi Culturali del Comune della Spezia Signora Cinzia Aloisini CAMeC Signor Giacomo Borrotti Teatro Civico Signora Patrizia Zanzucchi, Signor Luigi Lupetti Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato della Spezia Signor Aldo Sammartano Presidente, Pro Loco Niccolò Paganini di Carro Signor Giuseppe Garau Presidente, Signora Teresa Paganini Associazione Amici del Festival Paganiano di Carro Sig.ra Monica Amari Staglieno Presidente Associazione Amici di Paganini Signor Enrico Volpato Presidente Questa pubblicazione è stata curata da Andrea Barizza l’omaggio Festival Paganiniano di Carro 2010 Omaggio a Paganini giovedì 15 luglio La Spezia ore 21.00 Teatro Civico I Solisti veneti diretti da 4 Claudio Scimone Programma Il virtuosismo strumentale da Vivaldi a Paganini Festival Paganiniano di Carro 2010 Omaggio a Paganini Programma A.Vivaldi Dall’Opera Terza L’Estro Armonico Concerto n.11 in Re min. per due violini, violoncello e archi Allegro, Adagio spiccato, Allegro Largo e spiccato Allegro Chiara Parrini Francesco Comisso, violino Gianantonio Viero, violoncello A.Vivaldi Concerto in La min. RV 419 per violoncello e archi Allegro Andante Allegro Giuseppe Barutti, violoncello A.Vivaldi Concerto in Re magg. RV 93 per mandolino e archi Allegro Largo Allegro Ugo Orlandi, mandolino A.Ponchielli Capriccio per oboe e archi Rossana Calvi, oboe D.Dragonetti Concerto in La magg. per contrabbasso e archi Allegro moderato Andante Allegro giusto Leonardo Colonna, contrabbasso G.Rossini Variazioni in Mib magg. per clarinetto e archi su temi di Mosè in Egitto e La Donna del lago Lorenzo Guzzoni, clarinetto N.Paganini Variazioni sul Carnevale di Venezia op.10 per violino e archi Lucio Degani, violino 5 Festival Paganiniano di Carro 2010 Omaggio a Paganini 6 I Solisti Veneti, fondati nel 1959 da Claudio Scimone, sono il Gruppo Orchestrale da Camera più popolare nel mondo con i loro oltre 5.500 concerti in più di 80 Paesi e nei principali Festival Internazionali. Ospiti abituali delle più importanti reti televisive italiane e straniere, sono stati al centro di alcuni dei più significativi film o programmi televisivi di contenuto musicale. Hanno registrato, fra l'altro, l'integrale delle opere di Vivaldi e Albinoni stampate in vita e portato al successo internazionale una serie di capola­ vori di grandi compositori prima dimenticati. Con l'immenso trionfo delle rappresentazioni di Orlando Furioso di Vivaldi hanno rivelato al mondo la grandezza dell'opera teatrale vivaldiana. Hanno in corso la pubblicazione dell'opera omnia di Giuseppe Tartini. Colmando una lacuna dell'editoria musicale italiana le edizioni de I Solisti Veneti hanno pubblicato una importantissima serie di cataloghi tematici di opere dei massimi compositori veneziani: Albinoni, Bonporti, Tartini, Galuppi, Platti, Torelli, Dall'Abaco, Lombardini. I Solisti Veneti sono stati i primi in Italia a tenere concerti nelle scuole ele­ mentari e medie con programmi e presentazioni appositi. Questa appas­ sionata opera di propaganda della grande musica è stata coronata dalla vittoria nella singolare manifestazione del Festivalbar 1970, decretata da 350.000 voti di pubblico giovanile. Numerosi compositori hanno dedicato a Claudio Scimone e I Solisti Veneti opere scritte apposta per il gruppo dando vita ad una nuova letteratura per 12 o più archi solisti. Claudio Scimone, allievo per la direzione d'orchestra di Dimitri Mitro­ poulos e Franco Ferrara, ha raggiunto una reputazione mondiale sul po­ dio in qualità di direttore sinfonico e di opera. Ha al suo attivo le prime esecuzioni moderne integrali di numerose opere rossiniane quali Mosè in Egitto, Maometto II, Edipo a Colono, Zelmira, Armida, Ermione, le prime vivaldiane di Orlando Furioso e di Catone in Utica, nonché infinite altre fra cui Le Jugement Dernier di Salieri, Il Nascimento dell'Aurora e Pimpinone di Albinoni, La caduta di Adamo di Galuppi,... Ha dedicato un'intensa attività alla creazione di nuovo pubblico per la grande musica e alla formazione dei giovani musicisti. E' stato docente di Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio di Venezia e, per 27 anni, Direttore del Conservatorio Superiore di Padova. Molti i riconoscimenti ottenuti tra cui il Premio Grammy di Los Angeles, il Grand Prix du Disque dell'Academie Charles Cros di Parigi, quello dell'Académie du Disque Lyrique. A Claudio Scimone e a I Solisti Veneti è stato assegnato nel 2008 al Teatro La Fenice di Venezia il Premio Una vita per la musica della Fondazione Arthur Rubinstein, ritenuto il premio musicale più prestigioso in Europa. Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 7 I Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone Lucio Degani, violino principale Chiara Parrini, Francesco Comisso, Enzo Ligresti, Matteo Ruffo, Michelangelo Lentini, Walter Daga, violino Giancarlo Di Vacri, Silvestro Favero, viola Gianantonio Viero, Giuseppe Barutti, violoncello Leonardo Colonna, contrabbasso Rossana Calvi, oboe Lorenzo Guzzoni, clarinetto Ugo Orlandi, mandolino Ugo ORLANDI, mandolino Agente generale alla Spezia BATTISTINI ASSICURAZIONI Via Chiodo 161 19123 La Spezia Tel. 0187.736290 0187.778116 Fax 0187.732746 [email protected] il convegno e la mostra 9 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno La Spezia 15-17, luglio 2010 10 Società dei Concerti onlus La Spezia Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini Lucca Musicalwords.it Cremona Oltre le Note: L’improvvisazione nella musica occidentale dal Settecento all’Ottocento. CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea Piazza Cesare Battisti 1 Comitato scientifico: Andrea Barizza, Roberto Illiano, Lorenzo Frassà Fulvia Morabito, Luca Sala e Massimiliano Sala Keynote speakers: Professore Vincenzo Caporaletti Università di Macerata Professore Rudolf Rasch Utrecht University Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Programma Il convegno si propone di indagare l’improvvisazione nella musica nei secoli XVIII e XIX. I numerosi interventi sono distribuiti in cinque aree tematiche: 1) l’improvvisazione nella musica vocale; 2) l’improvvisazione musicale nella trattatistica e nei repertori coevi; 3) l’improvvisazione nella musica strumentale; 4) l’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800; 5) improvvisazione e composizione. L’improvvisazione musicale sarà trattata da un punto di vista interdisciplinare; sono pertanto inclusi studi che prendono in considerazione aspetti etnomusicologi, sociologici, filosofici e antropologici. Giovedì 15 luglio 9.00-9.30: Registrazione e accoglienza 9.30-10.00: Apertura dei lavori 10.00-11.00: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale Presiede: Roberto Illiano •Damien Colas: Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera francese e italiana nella prima metà dell’Ottocento •Laura Möckli: Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative in Nineteenth Century Opera Pausa caffé 11.30-12.30: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale Presiede: Roberto Illiano •Simone Ciolfi: Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle Cantate di Alessandro Scarlatti •Naomi Matsumoto: Free Virtuosity and Rehearsed Traditions: A Study of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s Lucia di Lammermoor 13.00 Pranzo 15.00-16.00: Keynote Speaker 1: Prof. Rudolf Rasch (Utrecht University): La fugacità della composizione musicale 11 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 16.15-17.00: Presentazione dei volumi: • Nicolò Paganini Diabolus in Musica, a cura di Andrea Barizza e Fulvia Morabito (Brepols, 2010) • Instrumental Music and the Industrial Revolution, a cura di Roberto Illiano e Luca Sala (Ut Orpheus, 2010) • European ‘Fin de siècle’ and Polish Modernism. The Music of Mieczysław Karłowicz, a cura di Luca Sala (Ut Orpheus, 2010) Pausa caffé 17.30-19.00 Session 2: L’improvvisazione musicale nella trattatistica e nei repertori coevi Presiede: Andrea Barizza 12 • Mariateresa Dellaborra: L’orecchio più che ’l tempo dee servire di guida: l’improvvisazione nella trattatistica della seconda metà del XVIII secolo • Marina Esposito: Improvviso e improvvisazione negli scritti di W. H. Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann • Carmela Bongiovanni: Testimonianze sulla prassi improvvisativa strumentale dei musicisti italiani tra ’700 e ’800 19.30 Cena 21.00: Concerto I Solisti Veneti Claudio Scimone direttore, Teatro Civico della Spezia Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Venerdì 16 luglio 9.00-10.30: Session 3: L’improvvisazione nella musica strumentale Presiede: Fulvia Morabito • Fabrizio Ammetto: Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per due violini di Vivaldi • Martin Edin: Cadenza Improvisation in Solo Piano Music According to Czerny, Liszt and their Contemporaries • Klimis Voskidis: The Role of Improvisation in Liszt’s early Piano Transcriptions Pausa caffé 11.00-12.30: Session 3: L’improvvisazione nella musica strumentale Presiede: Luca Sala • Martin Kaltenecker: Improvisation as Oration • Renato Ricco: Virtuosismo e improvvisazione in CharlesAuguste de Bériot • Gregorio Carraro: Natura e arte nell’ornamentazione di Giuseppe Tartini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio Cappella Antoniana) 13.00 Pranzo 15.00-16.00: Keynote Speaker 2: Prof. Vincenzo Caporaletti (UniMc) Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni inaudibili 16.30-18.00: Session 4: L’improvvisazione nella musica strumentale (II) Presiede: Rudolf Rasch • John Lutterman: Cet art est la perfection du talent: Chordal Thoroughbass Realization, the Accompaniment of Recitative, and Improvised Solo Performance on the Viol and Cello • Walter Kreyszig: The Adagio in C-Major for Flute and Basso continuo (QV 1:7) in the Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen (1752) of Johann Joachim Quantz • Philippe Borer: Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style Pausa caffé 13 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 18.30-19.30: Session 5: L’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800 Presiede: Vincenzo Caporaletti • Csilla Pethő -Vernet: The Advantages and Drawbacks of Notation or How to Face Improvisatory Elements in 19th century Hungarian Popular Music • Raffaele Di Mauro: Improvvisazione popolare e urbana a Napoli nel primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene assaie 20.00 Cena 14 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Sabato 17 luglio 9.30-11.00: Session 6: L’improvvisazione nella musica strumentale (III) Presiede: Massimiliano Sala • Rohan H. Stewart-MacDonald: Improvisation into Composition: The First Movement of the Sonata in F-sharp Minor, Op. 81 by Johann Nepomuk Hummel • Valerie Woodring Goertzen: Clara Schumann’s Improvisations and Her Mosaics of Small Forms • Steven Young: Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne Pausa caffé 11.30-12.30 Session 7: L’improvvisazione nella musica strumentale (IV ) Presiede: Roberto Illiano • Rogerio Budasz: Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in 18th Century Portuguese Guitar Music • Maria Christina Cleary: The Single-Action Harp: The Unwritten Score 13.00 Pranzo 18.00: Trasferimento a Carro 20.30: Concerto in Piazza della Chiesa a Carro Leticia Muñoz Moreno Archi dei Filarmonici di Torino Cena 15 Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra Mostra Orchestra visiva Mostra personale di Federico Marconi (CAMeC, 15-17 luglio 2010) 16 La ricerca che Federico Marconi conduce ormai da quasi dieci anni ha come fil rouge la contaminazione fra i linguaggi espressivi. Molte le tappe di questo percorso che ha visto Marconi affrontare temi differenti e materiali diversi - dagli studi-esplorazioniespressioni realizzati con colori a olio su carta di cocco all’indagine sulla superficie materica delle sue effimerografie, ai lavori maturati a seguito dell’esperienza dell’artista a Pechino - per approdare, infine, alle opere realizzate in occasione della Conferenza internazionale Oltre le Note: L’improvvisazione nella musica occidentale tra Settecento e Ottocento (Nona edizione del Festival Paganiniano di Carro). In questa circostanza Marconi improvvisa la propria Orchestra visiva creando, attraverso il proprio linguaggio artistico, una serie di strumenti e di note che intendono raccontare la creazione artistica musicale. Una partitura virtuale, dunque, che acquista dimensioni e colori reali. Le dimensioni e i colori sono quelli di un poetico pentagramma aereo realizzato con fili rossi e chiodi che li tengono in tensione, avvolgendo i tre lati della sala espositiva in una nuova dimensione musico-visiva. L’intenzione con cui Marconi lavora sulle singole opere, strumenti o note, è quella di depurare gli elementi da dettagli superflui e lavorare sull’essenzialità del bianco e nero con sole poche note di colore. Quest’ultimo è quindi usato solo per tratteggiare l’essenzialità del singolo strumento musicale o della singola nota e per indicare il pentagramma, che diviene il vero e proprio filo rosso su cui si succedono note e strumenti usati nell’improvvisazione musicale dell’artista Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra Federico Marconi (1974) Architetto, vive e lavora alla Spezia, dove affianca all’attività progettuale la realizzazione di eventi di temporanea modificazione dello spazio pubblico e il lavoro nell’ambito delle arti visive, della scenografia, dell’allestimento e dell’interior-design, riconducibili in ogni caso all’analisi e all’indagine conoscitiva intorno alle dinamiche e ai processi relazionali tra individuo e spazio urbano. Nel campo delle arti visive, le sue scelte espressive in questi anni sono state diverse, ma sempre fortemente caratterizzate: pittura figurativa e informale, installazioni, materiali come la carta di cocco, il legno, l’ardesia, le lastre radiografiche, floppy disk, plexiglass… Punto di partenza di questa ricerca è la riflessione sull’inadeguatezza dei mezzi d’indagine tradizionali al fine di comprendere lo spazio metropolitano contemporaneo: La ricerca personale nasce proprio dalla difficoltà di qualsiasi indagine conoscitiva nei confronti della metropoli contemporanea solamente attraverso l’utilizzo di quei modelli morfologici, analitici e descrittivi forniti dalle discipline che lavorano sullo spazio, come architettura ed urbanistica. Una scelta, quella delle arti visive, che non viene dunque dettata solo da urgenze espressive, ma che viene anche intesa come personale strumento di indagine ed interpretazione dei complessi meccanismi relazionali che esistono tra individuo e spazio. Di lui Lamberto Pignotti scrive: La sua attività si svolge in un’area inter-mediale (architettonico-progettuale, performance e installazioni, opere plurimateriche) che spesso intende - anche attraverso esplicite titolazioni di sue opere verbo-visive che si avvalgono a tratti di un supporto di lavagna - coinvolgere emblematicamente i cinque sensi nel suo complesso. Marconi ha collezionato un’intensa partecipazione a manifestazioni di creatività collettiva di differente natura. Da Febbraio 2008 due delle sue ultime opere (Individualità-Moltitudine 2008 e Limite 2008) entrano a far parte della collezione permanente del CAMeC-Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia. Selezionato dal critico Germano Beringheli e inserito nel Dizionario degli artisti liguri 2005-2006 (Ed. De Ferrari, Genova), è stato indicato dal critico e artista visivo Lamberto Pignotti per il Premio Mario Razzano. Ha ricevuto una segnalazione di merito al Premio Albero Celeste 2005 e ha curato Gemini muse 2005 nella città della Spezia. Ha realizzato esposizioni personali e collettive in Italia, in Cina e in Germania. Ultima personale al CAMeC-Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia nel 2008 (30 maggio-29 giugno), all’interno della mostra China new vision - Chinese Contemporary Art Collections from Shanghai Art Museum, rassegna su artisti cinesi ideata da Bruno Corà. Brunetto De Batté, Francesca Mariani, Enrico Formica, Paola Valenti, Germano Beringheli, Lamberto Pignotti, Federica Ratti, testate giornalistiche e molte voci dal web si sono occupati e hanno scritto del suo lavoro. 17 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Resoconto del convegno 2009 Nicolò Paganini Diabolus in musica La Spezia (16-18 luglio 2009) Renato Ricco* 18 Il convegno internazionale Nicolò Paganini Diabolus in Musica, organizzato dalla Società dei Concerti della Spezia e dal Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini di Lucca - La Spezia, 16-18 luglio 2009, Centro d’Arte Moderna e Contemporanea; comitato scientifico: Andrea Barizza, Lorenzo Frassà, Roberto Illiano, Fulvia Morabito, Luca Sala, Massimiliano Sala -, è riuscito nel suo duplice e mirabile intento: offrire una serie di relazioni di straordinaria ricchezza e varietà, tracciando allo stesso tempo nuove possibili linee di ricerca relative alla vicenda biografica e artistica del virtuoso. Sono state affrontate, in una molteplicità di approcci e angolature, problematiche volte a una più completa ed esatta contestualizzazione e conoscenza della figura di Paganini, nella cui arte si realizza in modo compiuto un perfetto equilibrio fra composizione, esecuzione e interpretazione, dove quest’ultima si configura come un prolungamento e un completamento del suo atto creativo di composizione(1). Sono stati altresì individuati ulteriori filoni collaterali, come l’approfondimento della prassi improvvisativa o l’indagine più allargata sulle composizioni della congrua serie di virtuosi dell’archetto che nel solco paganiniano indubbiamente s’inseriscono. Si avvalora così, in tutta la sua portata, l’importanza del lascito artistico del genovese. Da un punto di vista biografico, Matteo Mainardi ha puntato l’attenzione sui soggiorni di Paganini a Milano. Nel capoluogo lombardo il virtuoso ebbe modo di esibirsi non solo presso il Teatro alla Scala, ma anche in strutture private, quali il Teatro Carcano e il Teatro Re: nuovo, inoltre, il ritrovamento di notizie di un concerto di Paganini tenuto nel giugno 1814 presso il Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno. Connessa ai soggiorni milanesi è la vicenda editoriale delle sue prime opere (opp. 1-5) edite presso Ricordi: in particolare, mediante una scrupolosa indagine delle lastre d’incisione, è stato possibile appurare che le prime tracce della pubblicazione dei Capricci, datata 1820, risalgono al 1817. Partendo da recensioni apparse su riviste coeve quali Il Corriere delle dame, è stato anche possibile inquadrare meglio la ricezione della figura di Paganini; degno di nota, a questo proposito, quanto osservato dall’inviato dell’Allgemeine musikalische Zeitung presente a un concerto milanese del virtuoso, in cui quest’ultimo viene definito come un artista capace di produrre furore nel pubblico. Il rapporto tra Paganini e Napoli è stato invece principalmente esaminato da Antonio Caroccia ed Enrica Donisi mediante lo studio di personalità quali Gaetano Ciandelli e Onorio de Vito. Il primo, violoncellista, docente di strumento al Conservatorio San Pietro a Majella e presso l’Istituto dei Ciechi di Aversa, studiò con Paganini e si guadagnò l’affetto e la sincera stima del suo docente, sia sul piano artistico che professionale, come attestato in alcune lettere dello stesso Paganini. Anche De Vito fu sia virtuoso che compositore, docente a Napoli e Aversa presso le medesime strutture dove insegnò Ciandelli. L’eredità di Paganini è ben visibile nelle opere violinistiche dei due, ai quali si potrebbe senz’altro aggiungere Giuseppe Grasso D’Anna: lo stile brillante e le conquiste tecniche del genovese sono infatti centrali in opere come lo Scherzo sopra alcuni pensieri dell’opera Linda di Chamounix (attestato sia in versione per violino che per violoncello con accompagnamento di pianoforte) di Ciandelli, le Variazioni su un tema nazionale il ritorno di primavera per violino e pianoforte di De Vito, o il Capriccio per violino solo e il Tema variato per due violini di D’Anna. Un indubbio influsso paganiniano è presente infine nei maggiori esponenti della scuola violinistica napoletana: il rumeno Eusebio Dworzak von Walden, il caposcuola, e i suoi due 19 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 20 principali allievi, Luigi D’Ambrosio e Gaetano Fusella - subentrato al maestro a San Pietro a Majella -, nonché Giovanni Calveri, autore di 6 Capricci per violino di notevole fattura. Se è stato nuovamente affrontato il discorso dei legami tra Paganini e Pietro Antonio Locatelli - a quest’ultimo è dedicata l’esauriente monografia di Fulvia Morabito (2) presentata nel corso del convegno - in merito ai Capricci paganiniani, si è rilevato come sia possibile individuare tutta una serie di prestiti e analogie tra questi due autori e la produzione violinistica di matrice tartiniana, come i Capricci attribuiti a Pietro Nardini e varie composizioni di Bartolomeo Campagnoli. Presentando nuovo materiale documentario e iconografico, Flavio Menardi Noguera ha dato maggior spessore alla figura di Camillo Sivori, il quale, con Paganini e fors’anche con altre personalità secondarie sinora poco studiate come Nicola De Giovanni, contribuì alla caratterizzazione di quella che si può definire scuola violinistica ligure. Entrando nei dettagli della parabola artistica sivoriana, si evince che la migliore testimonianza della profondità dell’arte del violinista consiste nella sua duplice natura di virtuoso trascendentale - dal 1840, anno di morte di Paganini, Sivori diventa quasi l’ufficiale esecutore pubblico delle sue opere - e di esecutore attento e sofisticato di musica da camera, in special modo di quartetti. Sotto vari aspetti, ognuno con ricchezza e novità di contenuti, Tatiana Berford, Diane Tisdall e Philippe Borer hanno discusso del rapporto esistente tra Nicolò Paganini e Giovanni Battista Viotti, che già anni or sono Edward Neill ebbe a definire il padre spirituale (3) del primo: vale la pena di ricordare che il 1782 fu non solo l’anno di nascita di Paganini, ma anche il primo del decennio parigino di Viotti. Si è cercato allora di capire quali fossero, sia da un punto di vista tecnico-strumentale che estetico, i caratteri distintivi e innovativi dell’arte viottiana rispetto al background del violinismo francese, forte di personalità del calibro di Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno e Pierre Gaviniès, senza dimenticare il siculo-croato Giovanni Giornovichi. Una peculiarità dello stile viottiano, di fondamentale importanza per il recupero fattone da Paganini, consiste nella maggiore cantabilità, o meglio, nel predominio - esemplificato nella formula violon chanteur versus violon virtuose - dell’elemento lirico su quello virtuosistico. La sede formale dove questo si realizza appieno è il movimento centrale dei concerti, come dimostrano bene non solo le opere di Viotti ma anche quelle dei suoi discepoli: Rodolphe Kreutzer, Pierre Rode e Pierre Baillot. Attraverso un’attenta analisi delle strutture compositive di Paganini e Viotti, è stata sostenuta la suggestiva tesi secondo cui il Secondo Concerto in si minore con un campanello obligato - il cui manoscritto originale autografo è stato oggetto da parte di Mariateresa Dellaborra di una scrupolosa disamina, tale da accertare come l’orchestrazione originale prevedesse strumenti quali il serpentone e il cimbasso - sarebbe addirittura interpretabile come una sorta di tombeau per Viotti, i cui concerti nn. 17, 18 e 22 risultano d’altronde presenti nel repertorio paganiniano. Rispetto allo stesso Viotti, inoltre, Philippe Borer ha dimostrato come Paganini abbia compiuto passi in avanti di cruciale importanza per quel che riguarda l’armonia. Partendo dalla dimostrazione di come, in contesto cromatico, i rapporti tra le note successive non siano costanti (15/16; 128/135; 24/25; 25/27), si deduce che i semitoni abbiano quattro differenti grandezze, il che testimonia una significativa lontananza dall’uniformità degli intervalli del temperamento equabile. Nella scala di Paganini, anche conosciuta come scala armonica o sintonica cromatica, ognuno dei successivi semitoni risulta in relazione con la tonica. Questa particolare organizzazione dei suoni ha diretta relazione con il concetto di melodia quale armonia in successione, nozione di base di un certo rilievo per Paganini e per tutti quei violinisti formatisi nel solco della grande tradizione corelliana e tartiniana. Rispetto alla scala cromatica incompleta, utilizzata ancora da Viotti, la scala di Paganini integra in più il trito- 21 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 22 no, cioè il quarto grado innalzato, e tale inclusione offre la possibilità di impiegare un nuovo intervallo (terza eccedente) e inesplorati orizzonti armonici. Sono stati inoltre messi in luce nuovi possibili punti di contatto che con l’opera di Paganini si potrebbero rinvenire sia nella trattatistica tartiniana sia nella ricca produzione di metodi per violino composti tra la metà del XVIII e la metà del XIX secolo. Robin Stowell, primo keynote speaker del convegno, ha illustrato come Paganini abbia vissuto, e anche sfruttato, l’alone diabolico che, a partire dal suo esordio parigino del 1828, fu associato sempre più sovente al suo nome, anche grazie, o meglio a causa, delle recensioni di Jules Janin. Stowell ha in primo luogo spiegato come all’intervallo di tritono - chiamato appunto diabolus in musica - siano sempre stati collegati una serie di significati sinistri e negativi, e, al contempo, come l’immagine della morte o del maligno sembri esser stata associata con una certa frequenza allo strumento del violino, sia da un punto di vista genericamente artistico che più specificamente letterario. A questo specifico proposito basterebbe ricordare la figura di Franzesco, il diabolico musicista di origini italiane della novella epistolare di Friedrich Rochlitz, Aus dem Leben eines Tonkünstlers: Fragment, che presenta, non a caso, vaghe ma significative somiglianze con Paganini, come il viso emaciato e la chioma bruna e riccia (4). Per rimanere all’ambito letterario, l’identificazione del violino come strumento del diavolo è palese anche nella novella hoffmanniana Rat Krespel. In particolare, la connessione tra Nicolò Paganini e la sfera diabolica sembra avere una precisa origine e spiegazione nelle parole di Goethe, il quale, nella conversazione con Johann Peter Eckermann, dopo aver chiarito che il demonico [dämonisch] non è possibile comprenderlo né mediante l’intelletto né mediante il raziocinio, specifica che esso è palese in Paganini in gran misura (5). E non è mera coincidenza che la data della conversazione goethiana sia il 2 marzo 1831, esattamente una settimana Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno prima del debutto parigino di Paganini. Partendo poi dalla disamina della tecnica e di alcune composizioni paganiniane compiuta da Carl Guhr nel suo Ueber Paganini’s Kunst, die Violin zu spielen, pubblicato nel 1829, dove vengono individuate le principali peculiarità e le più rivoluzionarie innovazioni dell’arte violinistica del genovese, l’attenzione è stata focalizzata sulla figura del virtuoso tedesco August Wilhelmj: questi, grazie a una felice combinazione di forza interpretativa trascinante e indubbia perizia strumentale, ricevette, come confermato anche da Franz Liszt, l’appellativo di Paganini tedesco o Paganini redivivus, rappresentando una valida, seppur forse leggermente anacronistica, alternativa alla concezione violinistica propria di Joseph Joachim, i cui esordi strumentali erano pur stati all’insegna del virtuosismo trascendentale. È bene comunque puntualizzare che quest’ultimo giudizio non fu esclusivo appannaggio di Wilhelmj: a partire da Camillo Sivori, infatti, sino ai virtuosi attivi tra i secoli XIX e XX - Jan Kubelík, Frantisek Ondricek e Vaša Príhoda, per limitarsi alla sola scuola violinistica ceca - un discreto numero di solisti furono salutati dalla critica come Paganini redivivi. A Parigi l’autore de Le Streghe destò un’impressione cruciale sui violinisti e, probabilmente in misura anche maggiore, sui pianisti presenti nella capitale (6) : Fryderyk Chopin, Robert Schumann, Franz Liszt, ma anche altri virtuosi quali John Field, Friederich Kalkbrenner, Johann Peter Pixis, Ignaz Moscheles, Ferdinand Hiller, Sigmund Thalberg e Stephen Heller. In relazione ai concerti parigini, giusta attenzione è stata dedicata da Cécile Reynaud a quanto scritto da François-Joseph Fétis circa l’arte di Paganini, sia nelle differenti edizioni della Biographie universelle des musiciens che nel capitolo de La musique mise à la portée de tout le monde, denominato L’exécution. L’impatto su questa generazione di pianisti, inteso come primo esempio di divismo, anche in virtù alle particolari atmosfere, talvolta eccentriche, che Paganini amava creare durante le proprie esibizioni pubbli- 23 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 24 che, si concretizza in alcune trascrizioni e altre opere che si basavano su sue composizioni. Nel primo caso sono state discusse da Camilla Bork e Andrea Malvano le opp. 3 e 10 di Schumann, le quali evidenziano la volontà dell’autore di andare alla radice del processo compositivo dei Capricci di Paganini, rispetto ai quali alcune articolazioni fraseologiche e vari schemi ritmici risultano variati. Proprio mediante l’analisi di queste due opere è stato acutamente osservato come Schumann ravvisasse in Paganini una duplice natura: una votata al puro virtuosismo strumentale volto a incantare le platee, e un’altra, più profonda e dalla prima a volte soffocata, meramente poetica. Rilevando poi come l’aggettivo poetico fosse accostato da Schumann solo a personalità degne della massima ammirazione (come Bach, Schubert, Hoffmann e Shakespeare), Malvano ha osservato che l’opera di trascrizione/ricreazione pianistica mira esattamente a esaltare il lato poetico dei Capricci; Franz Liszt sembrerà invece puntare la sua attenzione sull’altro aspetto dell’arte paganiniana, quello trascendentale e più legato al funambolismo tecnico. Sempre al fine d’ottenere una più precisa e circostanziata conoscenza della vicenda artistica paganiniana da un punto di vista storico e socio-culturale, Carmela Bongiovanni ha scandagliato, con grande perizia e ricca documentazione, l’ambiente musicale genovese in cui il giovane Nicolò si forma, mentre Antonio Carlini ha approfondito le relazioni tra l’idea alta del violino e tutto quel mondo musicale autenticamente popolare in cui il violino è protagonista (insieme a fisarmonica, mandolini e trombe), fatto di esibizioni in strada, in occasione di feste o fiere, e in sale da ballo. La conoscenza da parte di violinisti popolari di composizioni colte (testimoniata da manoscritti di recente scoperta) e la presenza nel repertorio del Paganini camerista di movimenti di danza, quali monferrine o alessandrine, testimonia la validità e l’importanza di questo filone d’indagine. La produzione di Paganini, in particolare l’Allegro maestoso del Concerto n. 1 op. 6 in Re maggiore, è Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno stata esaminata in sede d’analisi formale da Rohan H. Stewart-MacDonald: ne è emersa una tipologia di prassi compositiva all’insegna di quella che a ragione è stata definita discontinuità episodica. Se da un lato si è dimostrato come per i differenti temi sia possibile individuare un’unica idea di base, la consequenzialità della forma-sonata viene minata dalla sostituzione della parte centrale con quello che in realtà appare come un secondo solo: si potrebbe ipotizzare che questo procedimento venga mutuato da Viotti, come anche da Rode, nei concerti in cui questa peculiarità stilistica è ben attestata. Inoltre, se l’orchestrazione di Paganini è sovente improntata a un’idea di grandeur, come dimostra il largo impiego di tromboni e percussioni, la liricità propria del suo stile violinistico viene accreditata in maggior misura se messa in relazione con il trattamento dell’orchestra da parte di Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. Emerge così tutta la coerenza dell’arte compositiva paganiniana, che, pur avvicinandosi indubbiamente allo stile melodrammatico, rimane sempre e comunque di squisita e pura natura strumentale. Altrettanto importanti sono state le discussioni circa le ipotesi di arricchire l’attuale corpus delle opere di Paganini. Danilo Prefumo ha infatti affrontato il problema dell’autenticità dei quattro Studj per violino solo, citati nel catalogo Moretti/Sorrento (M.S. V/2 pp. 346-347), e Italo Vescovo ha dato la meritata importanza, in sede analitica e di prassi strumentale, a quella produzione paganiniana cameristica a torto ritenuta minore, come ad esempio i Tre duetti per violino e fagotto (M.S. 130) - nel cui manoscritto originale solo il secondo reca il titolo concertante - e i Sei Cantabili e Valtz per violino e chitarra (M.S. 124-129), dedicati a Camillo Sivori. Al fine di chiarire quali siano le principali istanze tecniche determinanti l’eredità paganiniana all’interno del complesso quadro del violinismo italiano del XIX secolo, dell’opera di Sivori sono stati presi in esame, principalmente sotto gli aspetti della forma e della tecnica strumentale, i dodici Études-Caprices op. 25. In riferimento 25 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 26 alle conquiste di Paganini sono state inoltre prese in considerazione anche le ventiquattro scale per violino ed altrettanti piccoli solfeggi progressivi con l’accompagnamento di un altro violino di Alessandro Rolla e le ventiquattro Cadenze opera postuma del figlio di costui, Antonio, che con Paganini suonò diverse volte in duo. Nel corso del convegno sono emerse le molteplici connessioni, di natura tecnica ed estetica, tra Paganini e altri virtuosi, contemporanei o di qualche generazione più giovani: in particolare, Renata Suchowiejko si è soffermata in primo luogo su Karol Josef Lipinski, che incontrò il genovese a Padova nel 1817, e quindi anche sugli altri violinisti-compositori polacchi Apolinary Katski, Henryk Wieniawski e Izydor Lotto. Inoltre Harald Herresthal ha relazionato sul norvegese Ole Bull, che iniziò lo studio dei Capricci nel 1824, appena quattordicenne, e si recò appositamente a Parigi nel 1831 per conoscere e ascoltare Paganini, suonò regolarmente in pubblico composizioni di quest’ultimo, rivelando poi un palese influsso della tecnica trascendentale nelle sue opere violinistiche. Fondamentali, al fine di un approfondimento della tecnica paganiniana, risultano essere le annotazioni nel diario di Bull, in cui si legge come, per esempio, Paganini usasse eseguire passaggi cromatici con un unico dito, confermando così quanto già affermato da Guhr. È forse opportuno notare infine come le istanze rivoluzionarie proprie della scuola parigina d’ascendenza viottiana abbiano influenzato, praticamente, tutto il violinismo ottocentesco: ve ne sono tracce in Paganini, ma anche negli stessi Lipinski e Bull, come dimostrano il Concerto militaire op. 21 n. 4 per violino e orchestra del primo e la Polacca guerriera per violino e pianoforte del secondo. Un altro virtuoso italiano, il cui stile violinistico si sostanzia largamente del bagaglio tecnico-stilistico di Paganini, e che anche aderisce a quest’ideale di retorica stentorea, è Antonio Bazzini, con il suo Grand Allegro de Concert op. 15 e i concerti per violino e orchestra n. 3 (Concerto trionfale) e Militare. Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno La ricezione della musica di Paganini e il suo stile esecutivo ebbero un forte impatto non solo sui violinisti del XIX secolo, ma anche, più a largo raggio, nei confronti della prassi esecutiva coeva, che in questo periodo subisce una decisa trasformazione: questo l’oggetto dell’intervento del secondo keynote speaker del convegno, Clive Brown. Un cambiamento di tali proporzioni affonda le sue radici in profondi rivolgimenti sociali tecnologici e politici: si assiste a uno sviluppo delle classi medie che sostenevano e promuovevano gli eventi musicali, al conseguente maggior numero di concerti pubblici e al lento declino dell’aristocrazia; come attestato dalle vicende biografiche dello stesso Paganini, che nel 1809 decide di abbandonare la corte lucchese dando vita a quella che diventerà la figura del concertista moderno. In queste trasformazioni sociali s’inseriscono anche le nuove conquiste per quel che concerne la tecnica dell’arco - grazie anche alle innovazioni apportate da François Tourte, sperimentate in primis da Viotti nel periodo parigino - e l’uso del vibrato. In seno al convegno è emerso un quesito di particolare interesse: se Paganini pensasse o meno a una possibile esecuzione pubblica dei suoi Capricci. A questo proposito, alcune testimonianze coeve sembrano confermare questa ipotesi. In pieno spirito romantico, nella Vie de Rossini (1823) Stendhal scrive: Non bisogna ascoltare Paganini quando cerca di lottare con i violini del Nord nel repertorio dei grandi concerti, ma quando suona i capricci in una serata in cui è in vena. Ci tengo ad aggiungere che questi capricci sono più difficili di qualunque concerto (7) . In modo più neutro, Heinrich Wilhelm Ernst, per quanto riferito da Joseph Joachim e riportato dal suo allievo Andreas Moser (8) , parla dell’esecuzione paganiniana di qualche Capriccio come bis. Volendo ripensare a tutto quanto il convegno ha elaborato, se ne può trarre una chiara indicazione di lavoro: solo abbandonando in via definitiva l’idea di un compositore isolato e ineguagliabile fenomeno meteoritico(9) e approfondendo per contro lo studio della 27 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno nutrita produzione virtuosistica coeva e posteriore, la figura di Paganini risulterà inserita in compiuta organicità sia nella storia della musica che nello sviluppo della tecnica violinistica. Diplomato nel 2000 in violino presso il Conservatorio D. Cimarosa di Avellino, e ha seguito corsi di perfezionamento sotto la guida di George Mönch e Luca Fanfoni. Nel giugno 2003 si è laureato presso l’Università Federico II di Napoli in lettere classiche col massimo dei voti e lode, discutendo una tesi inerente l’evoluzione del concerto per violino e orchestra negli anni 1900-1940. In seno a varie partecipazioni di convegni ESTA, ha pubblicato sui Quaderni dell’Associazione saggi d’interpretazione violinistica su Vaša Príhoda e Mischa Elman. Nel 2007 pubblica Frammenti di unità perduta (Plectica), rielaborazione/approfondimento della tesi di laurea, in cui vengono sinesteticamente messi in luce i nessi tra la crisi dell’armonia tonale e della forma classica e quanto avviene in letteratura, specie in area mitteleuropea. Ha inoltre pubblicato articoli su Paganini (Brepols Publishers), un saggio inerente l’evoluzione della Ciaccona (per A tutto arco, Cremonabooks) e Metamorfosi del classico (versione scritta della conferenza tenuta nell’ottobre 2003 per il Conservatorio di Potenza in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Salerno). Di prossima pubblicazione due articoli su La Pisanelle di Gabriele d’Annunzio - atti del Convegno internazionale Gabriele d’Annunzio, Léon Bakst e i Balletti Russi di Sergej Diaghilev (Roma, Biblioteca nazionale Central, 4-5 marzo 2010) - e su Paganini a Napoli - atti del convegno Henryk Wieniawski and the Bravura Tradition. Issues of Style, Techniques and Performing Practice, Poznan, 1921 October 2009. 1 SUPICIC, Ivo. La musique expressive, Parigi, Presses Universitaires de France, 1957 (Bibliothèque internationale de musicologie), p. 87. 2 MORABITO, Fulvia. Pietro Antonio Locatelli, Palermo, L’Epos, 2009 (Constellatio musica, 17). 3 NEILL, Edward. Paganini compositore’, in: Musicalia, I/4, p. 8. 4 Cfr. DI STEFANO, Giovanni. La vita come musica. Il mito romantico del musicista nella letteratura tedesca, Venezia, Marsilio, 1991 (Saggi Marsilio. Musica critica), p. 81. 5 ECKERMANN, Johann Peter. Gespräche mit Goethe in den letzen Jahren seines Lebens, a cura di Regine Otto, Monaco, Beck, 21984, p. 405. 6 Come nota anche DELLA SETA, Fabrizio. Storia della musica. Vol. 9: Italia e Francia nell’Ottocento, Torino, EDT, 1993 (Biblioteca di cultura musicale), p. 27. 7 Citato in BORER, Philippe. The Twenty-Four Caprices of Niccolò Paganini: Their Significance for the History of Violin Playing and the Music of the Romantic Era, Zurigo, Stiftung Zentralstelle der Studentenschaft der Universität Zürich, 1997, p. 288. 8 MOSER, Andreas. Geschichte des Violinspiels, Berlin, M. Hesse, 1923, p. 429. 9 Cfr. GOETHE, Johann Wolfgang von. Sulla musica, a cura di Giocanni Insom, Pordenone, Studio Tesi, 1992 (L’arte della fuga, 25), p. 159. La testimonianza goethiana è contenuta nella lettera a Carl Friederich Zelter del 9 novembre 1829. * 28 Da sempre un punto di riferimento che assicura... 29 La Spezia Agente generale Marco Ferrari Massimiliano Montanari Roberto Padoan corso Cavour, 79 19121 LA SPEZIA Tel. 0187 779023 Fax 0187 779024 e-mail: [email protected] Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno I partecipanti e gli abstract Fabrizio Ammetto (Universidad de Guanajuato, Gto., México) Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per due violini di Vivaldi 30 In Europa il più importante compositore di concerti per due violini è senza dubbio Vivaldi, con poco meno di una trentina di lavori scritti lungo quasi il suo intero arco creativo: questo nutrito corpus offre alcuni spunti di analisi sulla prassi esecutiva. La giustificazione compositiva di un concerto per due violini era duplice: da un lato, aveva una funzione pedagogica (un allievo poteva cimentarsi con una pagina solistica senza sentirsi troppo scoperto suonando la parte del secondo violino); dall’altro, rappresentava una vera e propria competizione, una sfida, atta a misurare le capacità tecnico-musicali dei due contendenti. A livello compositivo le possibilità di combinazione delle linee melodiche dei due solisti (così come sono generalmente attestate nella tipologia del concerto barocco in generale e di quello vivaldiano in particolare) rientrano in quattro tipologie di base: 1. i due strumenti procedono per moti paralleli; 2. dialogano alternandosi; 3. le loro linee melodiche si imitano utilizzando qualche tipo di contrappunto; 4. uno dei due strumenti suona una melodia mentre l’altro esegue una figurazione d’accompagnamento. Alla luce di ciò, quale può essere stata, nelle intenzioni del compositore, la relazione tra testo scritto e resa esecutiva? Inoltre, dall’analisi delle partiture dei concerti per due violini di Vivaldi è spesso possibile dedurre anche la disposizione spaziale dei due solisti e dell’orchestra, così come dev’essere stata auspicata dal compositore stesso (un aspetto, questo, mai indagato finora). Nei concerti per due violini, infatti, si possono individuare almeno quattro diversi atteggiamenti compositivi, corrispondenti ad altrettante differenti disposizioni spaziali degli organici e a particolari rese esecutive. Carmela Bongiovanni (Biblioteca del Conservatorio ‘N. Paganini’, Genova) Testimonianze sulla prassi improvvisativa strumentale dei musicisti italiani tra ’700 e ’800 La prassi improvvisativa nella musica strumentale italiana del Settecento ha una lunga e straordinaria tradizione, già più volte documentata e ripercorsa dalla musicologia contemporanea. Due sono le linee guida di uno studio della prassi improvvisativa strumentale tra i musicisti italiani a cavallo dei secoli indicati: da una parte le preziose testimonianze teoriche, oggi molto spesso studiate e citate (per fare un solo cenno si pensi al trattato celeberrimo del Galeazzi, considerato forse il più importante del suo tempo per quanto concerne l’arte improvvisativa sul violino), e le preziose testimonianze dirette di virtuosi nel proprio duplice ruolo di interpreti e compositori (è il caso, per citarne solo una, delle memorie di Nicola Petrini Zamboni). Dall’altra parte Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno sono di estrema importanza le fonti cronachistiche che raccolgono e trasmettono in presa diretta le testimonianze degli ascoltatori e dei critici musicali di fronte alle esecuzioni di virtuosi, ma anche di musicisti compositori, nei diversi luoghi italiani. L’immagine restituita è quella di una diffusa prassi dell’improvvisazione, in particolare a livello strumentale italiano, che coinvolge le diverse figure del fare musica, da quella del compositore musicista (è il caso di Ferdinando Paër) a quella del virtuoso strumentista. Questa prassi tuttavia assume caratteristiche particolari, presenta cioè peculiarità proprie, a seconda dei casi e dei musicisti coinvolti. Il gusto per l’improvvisazione in musica si sviluppa in Italia contemporaneamente alla fortunata serie dei poeti estemporanei, acclamati come virtuosi dalle platee di primo Ottocento. Ciò segnala la tendenza verso il virtuosismo improvvisativo, gusto diffuso a più livelli nella società italiana del tempo. Philippe Borer (Société Suisse de Pédagogie Musicale) Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style Paganini’s improvisatory style fascinated his listeners because they had the impression that the original creative process was unfolding before their eyes and ears. Improvisation most closely reflects the Romantic ideal of creation born out of the moment. Such instantaneous translation of the creative impulse into a coherent piece of music requires thorough musical grounding and a high degree of instrumental skill that is commonly called virtuosity. In defining (or re-defining) the laws of virtuosity and in illustrating their application in his Twenty-Four Caprices op. 1, Paganini provided the Artisti with a tool that would give them access to artistic freedom. The Caprices elicited an enthusiastic response and became a sort of textbook of virtuosity for the rest of the 19th C. Striving for freedom marked the social, political and artistic movements of the time. Beyond their divergences, the French revolutionaries, the Risorgimento heroes and the young Romantics shared the ideal of Liberté. Thus, Paganini’s fundamental intuition about virtuosity - an aspect of musical language particularly suited to conveying the ideas of liberty and emancipation of the self - had a resonance in the emerging sensitiveness of the era. In this study special attention is given to the respective and distinct notions of virtuosity, improvisatory style, and improvisation. The antinomy of philological reading and improvisatory style in interpreting the music of Nicolò Paganini is discussed. The source material under scrutiny and supporting documents include Bartolomeo Campagnoli’s L’art d’inventer à l’improviste des Fantaisies et des Cadences pour le Violon (1790), Francesco Galeazzi’s Del Suonare all’improvviso (1796), Carl Guhr’s Ueber Paganini’s Kunst, die Violine zu Spielen (1829), as well as relevant passages from Hugo’s preface to the Eastern Lyrics (1829) and Balzac’s La Comédie Humaine (1830-1856). 31 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Rogerio Budasz (University of California, Riverside) Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in 18th Century Portuguese Guitar Music Three early-eighteenth-century codices of music in tablature for the five-course guitar (viola) are about all that remains from the Portuguese repertory for that instrument up to the publication of Manuel da Paixão Ribeiro’s book in 1789. The absence of Portuguese printed books for the guitar before that date should not be taken as evidence of an absence of a local tradition. Rather, these manuscript sources provide a rare glimpse on local practices of guitar playing, improvising and paraphrasing, sometimes bordering a gray area between written and unwritten traditions. This paper will analyze some examples of such practices, namely the use of harmonic patterns probably originated in Portugal (rojão, chácara, magana, sarau), and local paraphrases of foreign melodies (Mantuana, Aimable Vainqueur, Marizapalos), attempting at identifying what is imported and what is local in terms of styles and techniques of variation, improvisation, ornamentation and improvised accompaniment in the Portuguese guitar repertory. 32 Vincenzo Caporaletti (Università degli Studi di Macerata) Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni inaudibili Sulla base dell’innovativo modello teorico recentemente proposto dall’autore, inerente alla fenomenologia dei processi improvvisativi nella musica, sono individuate alcune decisive questioni epistemologiche e metodologiche che attengono alla ricerca sulle pratiche di creazione estemporanea nella tradizione musicale scritta e d’arte europea, tra Sette e Ottocento. Contestualmente, è delineato un criterio esplicativo dell’eclissi dei processi improvvisativi nella musica d’arte occidentale. Gregorio Carraro (Università degli Studi di Padova) Natura e arte nell’ornamentazione di Giuseppe Tartini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio Cappella Antoniana) Diminuzione, ornamentazione, improvvisazione. Saranno formulate alcune considerazioni sulle principali abitudini non scritte della musica strumentale di medio Settecento. Si ragionerà intorno alle sovrastrutture di un testo qualora questo venga fatto oggetto di ornamentazione, entro quali termini esso possa divenire altro da sé, rispetto alla sua struttura originaria. Saranno presi in considerazione alcuni esempi tratti da due fonti violinistiche tartiniane: il ms. dell’Università di Ber- Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno keley e il ms. 1888 della Biblioteca Antoniana di Padova. Le sonate per violino e basso continuo di Tartini diventano così un pretesto per parlare dell’ornamentazione secondo il Piranese. Sarà analizzato il suo stile improvvisativo a partire non soltanto dalla sua teoria e pratica dell’ornamentazione (Traité des Agrémens), ma anche dalla sua più generale idea di musica ‘secondo natura’ (Tratatto di Musica secondo la vera scienza dell’armonia). Simone Ciolfi (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’) Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle Cantate di Alessandro Scarlatti Fra la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII, la cantata da camera fu uno tra i generi musicali più frequentati dai compositori e più consumati dal pubblico: del solo Alessandro Scarlatti ce ne sono giunte poco più di seicento. Note fin dai primi decenni del Settecento per i suoi recitativi insoliti e sperimentali, le Cantate sono state studiate dalla moderna musicologia solo dal punto di vista delle arie. L’analisi sistematica dei recitativi ha messo in evidenza come la musica di queste composizioni sia caratterizzata dalla sovrapposizione di strategie espressive appartenenti alle tecniche del basso continuo e di modelli tonali (come quello della scala armonizzata, la cosiddetta Regola dell’Ottava) che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, divengono il sostrato di un linguaggio musicale diffuso e apprezzato per tutto il secolo XVIII. Ma ciò che più interessa è la varietà che Scarlatti sa trarre da questi modelli, palesi nei recitativi più piani, camuffati dalla diminuzione o dall’elisione nella più peregrina sperimentazione, ma sempre al servizio del verso e della parola specifica. Tale repertorio di schemi permette al compositore una produttività intensa dal punto di vista della quantità, e al contempo gli fornisce lo spunto, tramite il tradimento delle aspettative o la variazione minimale, di creare l’insolito e il nuovo, di realizzare una qualità espressiva ‘unica’ per le composizioni più riuscite. Inoltre, all’interno del recitativo, della sua costruzione tonale aperta e della sua struttura a pannelli di sostegno al verso, tali schemi vengono organizzati per evoca proprio la natura di un’improvvisazione, per dare l’impressione dell’estemporaneità. Tale discorso di economia dell’energia creativa (reperibile in qualunque mestiere) porta direttamente alla velocità del comporre e all’improvvisazione: Giovan Mario Crescimbeni, nel Libro VII prosa V dell’Arcadia (stampata a Roma nel 1711), racconta come Gian Felice Zappi e Alessandro Scarlatti fossero capaci, nell’ambito di un’adunanza musicale, di scrivere in forma estemporanea l’uno i versi e l’altro la musica. L’aneddoto rimane tale, ma trapela tra le righe l’apprezzamento per chi, con velocità e precisione, fornisse in breve un prodotto artistico. Le Cantate di Scarlatti furono copiate e utilizzate fino alla metà dell’Ottocento: la sopravvivenza secolare di questo repertorio ne testimonia la bellezza e l’intelligenza costruttiva, la capacità inter- 33 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno pretativa del testo, la modernità protratta di un linguaggio duttile ma basato su impeccabili congegni. Maria Christina Cleary (Leiden University, The Netherlands/Orpheus Institute, Ghent, Belgium) The Single-Action Harp: The Unwritten Score 34 The historical evidence and the extent musical scores for the singleaction harp appear to tell two different and opposing stories about harp playing from 1750-1830. The majority of harp music of this time looks simple to us nowadays, but if historical performance practice and cultural context are considered, it would seem that harpists continued to improvise on a bass line as well as melodically, in a similar way to their 17th century counterparts, even though the written score becomes more important through the 19th century. Many keyboard players began to play the newly developed pedal harp and the repertoire for both instruments was interchangeable. This would imply that as the practise of composing in real-time over a bass line (basso continuo) was still a fundamental part of a keyboard player’s education, it was also part of a harpist’s training. Evidence is found in harp scores where basso continuo figuration is printed near the bass staff. Melodic ornamentation is often included in the initial chapters of harp method books. This shows that the apparently elementary scores were actually elaborated upon, similar to the examples found in these books. Another example of improvisation is the plethora of examples of Preludes used for introducing a new key, modulating, ensuring that the harp was in tune and as musical introductions to Sonatas. The music published in Paris from 1770 onwards includes many examples of the compositional form: the Theme and Variations. A culturally important form, it was especially suited to the musical salons and could be used as a way to show off the technical ingenuity of a performer. Casimir Baecker was one of the most renowned harpists for improvising and some of his compositions were published. Considering the large amount of harp composer-performers, one could propose that each player would have invented their own improvised variations on the well-known themes of the time. As an artistic researcher, I try to experiment with all these forms of improvisation in my historically informed performances. Damien Colas (CNRS/Institut de recherche sur le patrimoine musical en France, Paris) Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera francese e italiana nella prima metà dell’Ottocento Lo studio proposto riguarda la storia dell’interpretazione dell’opera italiana nella prima metà dell’Ottocento, più precisamente l’atti- Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno vità dei cantanti, e si prefigge come obiettivo d’esaminare il tipo di rapporto che esisteva, all’epoca di Rossini, tra l’ornamentazione dei cantanti e la pratica dell’improvvisazione. Lo statuto dell’interprete nell’opera italiana della prima metà dell’Ottocento ha sempre posto un problema storiografico, in quanto eludeva i principi estetici e poetici che si affermarono sotto l’influenza del Romanticismo musicale tedesco. Ne sono testimoni l’idea errata, ma persistente, secondo cui Rossini avrebbe abolito la libertà dei cantanti di variare le loro parti, o ancora la categoria a parte che Hegel dovette creare nelle sue Vorlesungen über die Ästhetik (1838) per fare entrare l’opera italiana nel suo sistema di classificazione fondato sui rapporti tra compositore e interprete. Ora la realizzazione di cadenze, così come la variazione di riprese, è un fenomeno corrente nell’opera della prima metà dell’Ottocento, che testimonia la persistenza, nell’ambito di una tradizione dotta che si caratterizza per una concentrazione sempre maggiore sul testo scritto, dell’arte dell’improvvisazione, così come nel caso delle cadenze dei concerti solistici. I trattati di canto e pubblicazione di arie staccate sono una fonte d’informazione per l’ornamentazione delle arie italiane da Rossini fino al primo Verdi. Ora queste variazioni pubblicate contengono spesso artefatti: alcune di esse sono state ritoccate in modo a volte significativo in vista dell’esecuzione in concerto, poi della pubblicazione, allontanandosi così dall’oggetto sonoro reale che incarnava l’interprete sulla scena all’origine. Al contrario, le annotazioni dei cantanti nei materiali d’esecuzione rivelano uno stato della loro ornamentazione che è il testimone fedele dell’interpretazione sulla scena. La genesi delle varianti, che si può osservare e si può ricostituire, attraverso gli schizzi e le modifiche, mostra come l’ornamentazione si avvicini all’attività d’improvvisazione. È ciò che il mio intervento illustrerà attraverso lo studio di qualche caso preciso, tratto dai materiali d’esecuzione del Théâtre Italien di Parigi e dell’Académie royale de Musique. Mariateresa Dellaborra (Istituto Superiore di Studi musicali ‘F. Vittadini’, Pavia) «L’orecchio più che ’l tempo dee servire di guida»: l’improvvisazione nella trattatistica della seconda metà del XVIII secolo Relativamente al tema dell’improvvisazione i trattati settecenteschi di autori italiani formalizzano alcune soluzioni in modo pressoché sistematico e costante anche se destinati a strumenti differenti. Per meglio cogliere la varietà degli atteggiamenti e fornire un quadro quanto più possibile vasto e approfondito degli argomenti, la relazione si concentrerà sui trattati della seconda metà del XVIII secolo investigando sia tra le fonti edite sia tra quelle manoscritte. Dai più noti Regole armoniche di Vincenzo Manfredini (nell’edizione del 1775 e in quella del 1797), Riflessioni pratiche sul canto figurato di Giambattista Mancini 35 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno (1777), Saggio per ben suonare il flauto traverso di Antonio Lorenzoni (1779), Regole pratiche per accompagnare il basso continuo di Pellegrino Tomeoni (1795), Méthode qui apprend la connoissance de l’harmonie et la pratique de l’accompagnement selon les principes de l’école de Naples di Florido Tomeoni [1798], alle numerose Regole per accompagnare manoscritte si evidenzieranno una serie di temi ricorrenti: suggerimenti per meglio rendere concretamente affettie specifici passaggi; riferimenti al repertorio contemporaneo o del passato come paradigma da seguire o evitare; buoni e cattivi maestri; compositori autorevoli del repertorio nonché differenze ed eccezioni nella realizzazione di certi procedimenti pratici a riprova ulteriore della discrepanza tra teoria e prassi. Raffaele Di Mauro (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’) Improvvisazione popolare e urbana a Napoli nel primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene assaie 36 Nella parte introduttiva della relazione si cercherà brevemente di ricostruire il contesto musicale popolare e urbano della Napoli della prima metà del XIX sec., popolata da diverse figure di musici ambulanti gravitanti particolarmente intorno a una zona ben precisa della città: il Molo. Si passerà poi subito ad analizzare, con un approccio di tipo etnomusicologico, il fenomeno degli improvvisatori nel capoluogo partenopeo durante quel periodo. Si parlerà a tal proposito, attraverso fonti sia letterarie che musicali, di un doppio livello di improvvisatori. Il primo più tipicamente popolare, riferibile a quella che Diego Carpitella chiamava fascia agro-pastorale, con forme di repertorio ancora oggi presenti nella musica di tradizione orale campana (fronne e canti a figliola) attraverso le quali si disputavano vere e proprie gare, anche sullo stesso Molo, oppure come quella che si svolgeva annualmente a Nola al ritorno dalla festa di Montevergine. Il secondo livello invece più riconducibile alla fascia definita dallo stesso Carpitella artigianourbana (più soggetta alle influenze della musica colta), con vere e proprie sfide organizzate nei salotti e nei teatri (in particolare nel Teatro dei Fiorentini) con un pianista che improvvisava melodie sulle quali i concorrenti, appartenenti per lo più al mondo delle arti e delle professioni, a sua volta improvvisavano testi a partire da un tema estratto da un’urna. Si procederà quindi all’analisi musicale e testuale di un brano contenuto nei Passatempi musicali di Guglielmo Cottrau (pubblicati in tre edizioni dal 1824 al 1829) e indicato come aria d’improvvisatore, fornendo alcune considerazioni generali sulle raccolte ottocentesche di musica popolare destinate ai salotti nobili e borghe- Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno si. Si ricostruirà infine, attraverso il confronto incrociato tra tre versioni apparse su fogli volanti ottocenteschi e la prima versione a stampa della partitura, la genesi della famosa canzone Io te voglio bene assaie, ritenuta erroneamente, da molti storici della canzone, la prima canzone d’autore napoletana e spesso impropriamente attribuita a Donizetti. Si dimostrerà che la nascita del brano è invece riconducibile al fenomeno dell’improvvisazione salottiera e urbana di cui si è detto sopra e della quale Raffaele Sacco, ottico di fama, era uno dei principali esponenti. Non a caso la versione del brano ancora oggi cantata e conosciuta in tutto il mondo non è esattamente quella improvvisata da Sacco ma quella pubblicata, sempre dal Cottrau, nel 1840 a partire da varianti spurie apparse precedentemente su fogli sparsi. Martin Edin (Örebro University, Sweden) Cadenza Improvisation in Solo Piano Music According to Czerny, Liszt and their Contemporaries It is well known that an instrumentalist during the eighteenth century could be expected to provide his own embellishments of fermatas in composed pieces of music. The continuation of this practice into the nineteenth century is, however, an issue that has not, hitherto, received enough attention. Carl Czerny, writing in 1829, gives a description of cadenza improvisation in his Systematische Anleitung zum Fantasieren auf dem Pianoforte. The paper will take Czerny’s views on this topic as its point of departure. His ideas will be examined in the light of writings by other musical authorities in his time. Czerny’s instructions on this subject will, moreover, be related to the piano compositions, teachings and performance practice of Franz Liszt, and suggestions for the employment of cadenza improvisation in some nineteenth century piano pieces will be presented. Marina Esposito (Università degli Studi di Lecce) Improvviso e improvvisazione negli scritti di W. H. Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann Due insigni esponenti del Romanticismo tedesco, W. H. Wackenroder (1773-1798) ed E. T. A. Hoffmann (1776-1822), furono pienamente inseriti nei dibattiti del loro tempo, alfieri e punti di riferimento della prima generazione dei romantici tedeschi; il primo, infatti, si legò con profonda amicizia a Ludwig Tieck ed esercitò un notevole influsso sul circolo di Jena, radunato intorno ai fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel, mentre Hoffmann si impose come una delle figure di spicco del gruppo di Berlino. Wackenroder si occupò principalmente di questioni estetiche concentrando il suo interesse su argomenti inerenti 37 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno musica e pittura, mentre Hoffmann scese in campo con un’intensa attività che lo vide critico musicale, pittore e compositore, nonché organizzatore di concerti, scrittore e giurista. Due approcci diversi, dunque, e per alcuni aspetti antitetici nel panorama musicale della loro epoca, eppure accomunati dalla medesima volontà di porre la musica - la più romantica di tutte le arti, perché solo l’infinito è il suo oggetto (E.T.A. Hoffmann) - tra i temi privilegiati di dibattito e confronto. La relazione esaminerà gli scritti dei due autori tedeschi - in particolare le Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders e le Phantasien über die Kunst für Freunde der Kunst di Wackenroder, i Fantasiestücke in Callots Manier e Die Serapionsbrüder di Hoffmann -, mettendo in luce le peculiarità della loro riflessione intorno al tema dell’improvviso e al concetto di improvvisazione nell’ambito delle teorie estetiche coeve che hanno ampiamente affrontato le tematiche legate all’originalità e alla creatività del genio, all’immediatezza dell’ispirazione e dell’espressione artistica. Valerie W. Goertzen (Loyola University, New Orleans, LA) 38 Clara Schumann’s Improvisations and Her Mosaics of Small Forms Clara Schumann’s introductory preludes, which she notated in 1895, document this eminent pianist’s improvisatory practice and her engagement with music of her time, including the music of Robert Schumann. These preludes also allow us to envision the sets or mosaics of short pieces by different composers that she performed beginning in the mid-1830s, as Clara Wieck. She connected these small forms, which the public was unaccustomed to hearing in concerts, by improvised transitions, thereby creating an extended work of contrasting characters, keys, and tempos. Thus a Bach fugue might lead to the finale of Beethoven’s Appassionata, followed by character pieces of Chopin, Mendelssohn, Robert Schumann, Clara Schumann herself, D. Scarlatti, or other composers. Clara Schumann’s groupings of pieces show her concern for large-scale design, her highlighting of relationships among seemingly disparate pieces, and a sense of historical progression in the repertory. Thus her selection of pieces, and her improvised preludes and transitions that connected them constituted a form of analysis. Although she did not notate transitions for any specific set of short pieces, Clara Schumann’s preludes to works of Robert Schumann - Des Abends and Aufschwung from Fantasiestücke, Op. 12, Schlummerlied from Albumblätter, Op. 124, and the slow movement of the F-Minor Sonata - provide rich evidence of the manner in which she constructed improvised introductions. Her composed introductions, instructional materials by her father, Friedrich Wieck, and others, and reviews of her performances in the press are also hel- Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno pful. This paper examines Clara Schumann’s programmed sets that included pieces by Robert Schumann for which she notated introductory preludes. Study of these materials enhances our understanding of her programming and the role of improvisation in communicating her interpretations. Martin Kaltenecker (Centre de Recherches sur les arts et le langage-EHESS, Paris) Improvisation as Oration We analyze several texts that conceptualize improvisation techniques at the beginning of the nineteenth century by means of rhetorical categories. The rhetorical approach to music, which predominates in the Baroque era, introduces techniques of persuasion in the realm of musical composition. Music thus conceived aims at immediate appraisal and consent and is addressed to a present - not a future, absent or hypothetical - community. On the one hand, the improvising pianist - passing gradually (as Hummel did) from small to gigantic audiences - tests the rationalized rules of dispositio and elocutio, of intelligible form and manifold variation. On the other hand, he offers the image of inspiration or enthusiasm at work, the fascinating figure of a genius. While his fantastic production displays at the end of the eighteenth century something like a super-work (revealing the essence of creating and communicating music), the improvisation is little by little devaluated and disappears form concert programs. A new work concept - linked exclusively to precise notation (as Schumann underscores) and organicism - considers every fantasy as an infra-work, seducing only ephemeral or superficial audiences. Walter Kreyszig (University of Saskatchewan, Canada/Center for Canadian Studies, University of Vienna) The Adagio in C-Major for Flute and Basso continuo (QV 1:7) in the Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen (1752) of Johann Joachim Quantz In his widely disseminated Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen (Berlin, 1752), Johann Joachim Quantz, (1697-1773), composer of a large body of sonatas and concertos for the flute, devotes most of his attention to the tactus and its subdivision, both with regard to regular notation and ornamentation, with the latter topic discussed in four chapters, respectively, und the headings Of the appoggiaturas, and the little essential graces related to them (Chapter 8), Of shakes (Chapter 9), Of extempore variations on simple intervals (Chapter 13), and Of cadenzas (Chapter 15). While the latter chapter 39 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 40 pertains merely to the execution of solo concertos, the other chapters identified here, serve as the basis for the interpretation of the entire body of Quantz’s instrumental repertories. Since the relatively sparsely notated slow movements within the sonata da chiesa and sonata da camera provide ample room for the exploration of a wide range of diminutions, as illustrated in the Adagio in C-Major for flute and basso continuo (QV 1:7), with the approach of presenting the flute part in a plain version (with no diminution) and a highly ornate version perhaps gleaned from the edition of the Zwölf Methodische Sonaten (Hamburg, 1728, 1732) of Georg Philipp Telemann (1681-1767), a composer whose compositional skills Quantz praises on several occasions in his «Versuch». Indeed, the ten hitherto extant autograph scores of Quantz’s sonatas for flute and basso continuo, identified in Georg Thouret’s Katalog der Musikaliensammlung aus der Königlichen Hausbibliothek im Schlosse zu Berlin (Leipzig, 1895), are almost completely devoid of diminutions, with the exception of occasional trills and appoggiaturas. Therefore, the sole fully notated example of small-scale and large-scale diminutions in the Versuch is of prime significance, in that it offers insight into a vital aspect of contemporary performance practice, one that received little attention in the actual autographs and subsequent printed editions of Baroque instrumental repertories. John Lutterman (Whitman College, University of California at Davis) Cet art est la perfection du talent: Chordal Thoroughbass Realization, the Accompaniment of Recitative, and Improvised Solo Performance on the Viol and Cello One of the most striking characteristics of the earliest cello treatises is that so many of them give instruction in chordal thoroughbass realization, especially the conservatory methods designed to train professional musicians. Anecdotal evidence, often in the form of complaints, shows that virtuoso viol players were in the habit of improvising harmonic realizations of continuo lines, and the practices described in the cello treatises reflect the type of harmonic thinking and improvisatory traditions that solo viol players had developed over the previous two centuries - ways of thinking and traditions that the many eighteenth-century viol players who abandoned the viol for the cello would almost certainly have adapted to their new instrument. In most of the treatises, continuo realization is discussed as a means of accompanying, and written-out realizations of bass lines are frequently given as examples. However, as the popularity of eighteenth-century Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno composition treatises founded on thoroughbass practices attests, continuo realization served as a foundation of both written composition and improvised solo performance, a practice often referred to today as partimento. The chapter on fantasieren in C. P. E. Bach’s Versuch is perhaps the most famous example, but the practice is documented in Friedrich Niedt’s Musicalische Handleitung and other eighteenthcentury sources connected to the Bach circle. While these sources are aimed at keyboard players, there is reason to believe that musicians would have employed similar techniques when improvising on the viol or cello. Indeed, traces of the practice of continuo realization may be discerned in several examples of eighteenth-century music for solo viol and cello, traces which offer valuable clues to the idiomatic nature of improvised solo practices on these instruments. Naomi Matsumoto (Goldsmiths College, University of London) Free Virtuosity and Rehearsed Traditions: A Study of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s Lucia di Lammermoor In the final act of Donizetti’s mad opera Lucia di Lammermoor, the deranged Lucia sings a cadenza accompanied by an echoing flute, in which the instrument takes on the mantel of a ghostly Doppelgänger. The music provides a potent symbol of the abandon of Lucia and, by extension, seems to act as a vehicle for the apparently unfettered dramatic and musical skills of the performer who plays her. But the subtext here of the equation of psychological abandon with performer freedom hardly does justice to the complex traditions and constraints that feed into this illuminating moment. This paper will first attempt to trace the origins of this cadenza through documentary studies by examining the composer’s autograph and investigating the performers who established its earliest staged version. Next, early recordings and materials indicative of the history of vocal pedagogy will be surveyed so as to unravel the transmission lines of the various versions of the cadenza through the different schools of singing. It will soon become clear that the cadenza is almost always a carefully-learned and well-rehearsed collaboration. These factors enable us to see ornamentation less as a kind of freedom and more as an indicator of a performer’s pedigree. Finally, the cadenza and its manifestations will be related to nineteenth-century views on virtuosity and improvisation in general. Despite recent feminist readings, Lucia’s freedom in madness can be seen as ironically reversed as her character is embodied in performers who are tightly constrained by the practices of teacher-imitation and apprenticeship - victims themselves of one of the most patriarchal contexts within musical society. 41 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno Laura Möckli (Universität Bern, Switzerland) Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative in Nineteenth Century Opera 42 During the first half of the nineteenth century, vocal expression, interpretation and ornamentation were essential components of most Italian opera performances. However, due to their oral and improvisational nature, first hand written evidence of ornamentation practice is hard to be found. In a few cases - most famously that of the Parisian soprano Laure Cinti-Damoreau - personal notes have been preserved, giving essential insight into her creative work. Though we have no precise knowledge of how much singers of the time actually wrote, it is clear that such personal notes or didactical material are only rarely found in libraries today. This paper presents an anonymous, previously unknown source, written between 1840 and 1850, and containing examples of ornamentation for over fifty arias and duets by Rossini, Pacini, Mercadante, Vaccai, Conti, Donizetti, Bellini and Mozart’s Le nozze di Figaro. The quantity and variety of the examples offer new insight into Nineteenth century aesthetics, opening perspectives on singers’ original means of expression and individual ornamentation propositions. My transcriptions of some of these ornamented arias will allow us to reconsider the paradigms underlying different ornamentation styles. In exploring the expressional and vocal freedom required for their performance, we will observe how the fine structure of these works is completed and enhanced by the Abbellimenti o Fioriture they presuppose. Csilla Pethő - Vernet (Université de Paris IV ‘Sorbonne’) The Advantages and Drawbacks of Notation or How to Face Improvisatory Elements in 19th-Century Hungarian Popular Music In 19th-century Hungarian popular dance music called verbunkos (which was succeeded but at the same time partly protected later by the csárdás repertoire), improvisation played an important role. The performers of this corpus, the Gypsy musicians employed the improvisatory techniques in a very creative way. As the introductory part of the paper will demonstrate, writings of the period provide us valuable information about this performance practice. However, it remains difficult, if not impossible, to retrace certain aspects of this practice in the musical sources. The noted repertoire is obviously unable to capture the improvised embellishments of a melody or the richly impro- Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno vised solo passages (both being products of the musicians individual creative power) the way they are described in the literary sources. The second part of the paper will deal with the lack of notation in this context, but also it will point out that in certain cases (i.e. in the first noted sources of the early verbunkos) notation can help us to understand which common models helped the musicians to create and re-create musical ideas in the instrumental practice. Finally, the paper will try to shed light on a problematic question of Hungarian music of this period: was the augmented second really so characteristic in this repertoire? Here again, the problem will be examined in the context of improvisation versus notation. Rudolf Rasch (Utrecht University, The Netherlands) La fugacità della composizione musicale A prima vista l’improvvisazione musicale e la composizione musicale sembrano essere due campi completamente diversi. Ma considerandoli più da vicino la distinzione non è così assoluta. L’improvvisazione parte spesso da un modello fisso, pre-composto per così dire, mentre una composizione scritta lascia ampio spazio alla libertà esecutiva, non solo per quanto riguarda abbellimenti e altre aggiunte prevedibili ma anche per la scelta del tempo, della dinamica, dell’agogica e talora perfino dell’organico. Occorre dunque fissare tali aspetti preventivamente o durante il corso dell’esecuzione. Non di rado poi gli esecutori cambiano deliberatamente alcuni dettagli prescritti dal compositore (e chi può impedirlo?), perciò una singola composizione notata su carta permette una molteplicità di realizzazioni sonore. Ma anche la forma scritta di una composizione non rappresenta di solito la versione ‘attendibile’ della composizione. La storia dell’edizione musicale, per esempio, ci insegna che una certa composizione viene notata in modo differente a seconda dell’epoca, dipendentemente dalla prassi del tempo e dalle aspettative dei fruitori. Inoltre una composizione può esistere in versioni dissimili, in arrangiamenti, ecc. La volontà di fissare su carta la forma definitiva di una composizione produce solo un’ulteriore realizzazione. La composizione musicale risulta essere un’entità nascosta dietro le note scritte, un’entità inafferrabile ed essenzialmente provvisoria. Renato Ricco (Università degli Studi di Salerno) Virtuosismo e improvvisazione in Charles-Auguste de Bériot Mediante un’analisi degli snodi cruciali della vicenda biografica e artistica di Charles-Auguste de Bériot, violinista, compositore e didatta, 43 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno e attraverso una ricognizione di alcune delle opere più significative all’interno della sua copiosa e variegata produzione violinistica, si cercherà di capire in quali sedi e secondo quali modalità il virtuosismo strumentale venga a interagire con la pratica improvvisativa. Dai primi studi di canto ai contatti giovanili con Viotti (la cui lezione Bériot recepisce grazie al contatto con André Robberechts) a Parigi, dove ascoltò Paganini; dal matrimonio con Maria Malibran, compagna di trionfali tournées, alla carriera didattica (Henri Vieuxtemps è solo il nome più famoso di una vasta schiera di virtuosi formatisi alla scuola di de Bériot): questi alcuni dei passaggi cruciali di una personalità artistica che, oltre esser protagonista della vita strumentale del XIX secolo, è al contempo testimonianza di un’evoluzione e di uno sviluppo di un particolare stile strumentale. Senza dimenticare alcune fondamentali osservazioni, di carattere estetico-stilistico, contenute nella «Méthode de violon», sarà analizzato lo stile di Bériot per quel che concerne il lato compositivo, con adeguato riferimento al rapporto virtuosismo/forma e virtuosismo/improvvisazione: per quest’ultimo aspetto, particolare attenzione verrà data al Prélude ou Improvisation, opera postuma. 44 Rohan H. Stewart-MacDonald (Cambridge, UK) Improvisation into Composition: The First Movement of the Sonata in F-sharp Minor, op. 81 by Johann Nepomuk Hummel In Johann Nepomuk Hummel: A Musician’s Life and World MarkKroll presents ample evidence of Hummel’s contemporary reputation as a first-class improviser. Using this evidence as a starting point, this paper will explore the assimilation of improvisatory techniques into the Sonata in F-sharp minor, op. 81 (1819), one of Hummel’s most imposing and prestigious works. Improvisatory is an adjective often casually applied to this composition. My aim will be to explore its applicability and to hypothesise that, to a unique degree in Hummel’s output, the opening movement of op. 81 simulates an act of improvisation in which the heat of the moment leads to occasional non-sequiturs, unnecessary repetitions and fluctuations in the level of thematic content. I will consider what this means for Derek Carew’s recent attempt to uncover a continuous network of motivic derivations from the opening theme (CAREW, Derek. Hummel’s op. 81: A Paradigm for Brahms’s op. 2?, in: Ad Parnassum: A Journal of Eighteenth- and Nineteenth-Century Instrumental Music, III/6 (2005), pp. 133-156). Ultimately, this motivic manipulation is only one dimension of Hummel’s portrayal of the tension between the possibility of loss of control and direction posed by an improvisatory act and certain requirements of continuity and structural logic enshrined in the eighteenth-century Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno stylistic models that Hummel continues to invoke. In this sense the piece microcosmically depicts Hummel’s contemporary and modern reputation as a Janus-faced figure in the early Romantic musical scene. Klimis Voskidis (Goldsmiths College, University of London) The Role of Improvisation in Liszt’s early Piano Transcriptions Liszt (1811-1886), early in his career, used elements of improvisation which would emphasize his skills both as a virtuoso pianist and inventive composer. His early piano composition included various Transcriptions which being written in theme and variations form, favoured features such as structural liberty, imaginative melodic development and virtuosic manner. Since virtuosity and advanced technical skills were considered important ingredients for an instrumentalist’s career in the beginning of the 19th century, improvisation was used by performers as a demonstration of their practical fluency on their instrument. Liszt often performed in his public appearances variations on popular themes, allowing the audience to choose randomly a tune. Therefore his parallel career as a performer and as a composer enabled him to exploit several aspects of improvisation. Liszt also reproduced on the piano various vocal bel canto features such as coloratura, which were directly related to freedom of expression and improvisation. My paper will demonstrate musical examples of improvisational manner which characterize several of Liszt’s Transcriptions. The study of particular scores and the comparison of some works’ alternative versions would lead to valuable conclusions about Liszt’s compositional approach in his early years. His first virtuosic works, more than his late style, display characteristically the relation between composition and improvisation, the motivic development through loose structural boundaries. In my presentation I will also highlight the role of improvisation during the development of the piano as an instrument, while Liszt was exploring and expanding the new limits of the keyboard in terms of technique, sonority and musical expression. Steven Young (Bridgewater State College, MA) Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne The art of improvisation often results in a dazzling concert performance or a brilliant recording. But in one of the least explored and most demanding aspects of this art, improvisation can have a vital practical function, contributing to the effective conduct of liturgical rites. One of France’s leading organists at the turn of the twentieth cen- 45 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno tury, Louis Vierne, was considered an especially skillful and brilliant improviser. Yet an examination of the four recorded improvisations he made for the Odeon label reveals less virtuosity than pragmatism. In these four pieces, one hears more predictable sounds than the term improvisation suggests; the style might even be called pedestrian. A close study of these improvisations reveals the musical intelligence behind them: Vierne’s brilliance can be observed not in extraordinary technical achievements or adventurous harmonies, but in his thoughtful attention to the needs of worshippers. This paper will elucidate Vierne’s practical improvisations, contributing to our understanding of both the composer’s artistry and the concept of improvisation. 46 Da 40 anni di esperienza nel settore case nasce in collaborazione con www.teamcasa.biz Professionalita’ e cortesia al vostro servizio Soluzioni immobiliari Costruire in qualitá [email protected] [email protected] Efficienza energetica Soluzioni edili integrate [email protected] [email protected] Via Felice Cavallotti, 79 19121 LA SPEZIA Tel. 0187-29736 Fax 0187-29436 Via Milazzo, 24 19122 La Spezia (SP) ITALIA Info +39 349 2346820 i concerti Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti sabato 17 luglio Carro ore 20.30 Piazza della Chiesa Leticia Muñoz Moreno violino Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino Sergio Lamberto, konzertmeister 50 Programma W.A. Mozart, Divertimento k 136 Allegro Andante Presto F.J.Haydn Concerto per violino e orchestra d’archi (per Luigi Tomasini, ante 1769) Allegro moderato Adagio Finale. Presto G. Tartini Sonata in Sol min. per violino e basso continuo Il trillo del Diavolo (Trascrizione per violino e orchestra d’archi di Michelangelo Abbado) Larghetto affettuoso, Allegro, Grave-allegro assai F. Mendelssohn Sinfonia per archi n.9 in Do magg. Svizzera Grave. Allegro Andante Scherzo. Trio la suisse Allegro vivace Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Leticia Muñoz Moreno, è uno dei più apprezzati violinisti della sua generazione. Altrettanto lodato da pubblico e critica per la sua squi­ sita musicalità ed espressività. Vincitore di cinque concorsi inter­ nazionali: il Henryk Szeryng Competition (2000), Concertino Praga (2000), Novosibirsk (2001) Sarasate (2001), e il Concorso Kreisler. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Si è esibita nelle sale più importanti del mondo. È stata membro di giu­ ria nel concorso Sarasate del 2007. Ha studiato con il leggendario Maestro Bron a Madrid. E con il maestro Maxim Vengerov. Nel 2007 conseguito il master con lode con il Prof D. Takeno alla Guildhall School of Music and Drama. L'ultimo e il più prezioso maestro fù musicali Rostropovich fino al 2003. Da quando ha dodici anni, ha suonato con importanti orchestre internazionali. Ha inoltre parteci­ pato a numerosi festival. Nel 2005, il compositore spagnole Franci­ sco Lara le ha dedicato una composizione dal titolo Capriccio for Leticia. Suona un violino Nicola Gagliano 1762. Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino sono frutto del lavoro appassionato e costante di Sergio Lamberto, animatore indiscusso della formazione. Senza venir meno al loro ruolo di cuore pulsante dell’intera orchestra, quando si esibiscono in modo indipendente riflettono al meglio lo spirito, il calore e l’intelligenza musicale del loro fondatore. I solisti con i quali hanno collaborato, il pubblico e la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale atten­ zione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione emotiva che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere che ogni membro del gruppo prova nel fare musica. Le esibizioni degli Archi dell'Orchestra Filarmonica di Torino sono sostenute dalla Fondazio­ ne Cassa di Risparmio di Torino Crt e dalla Fondazione Giovanni Goria. Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano e dell’Orchestra da Camera di Torino e dal 1991 ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra Filarmonica di Torino. Nel 1987, insieme al pianista Giacomo Fuga e al violoncellista Dario Destefano (a cui è subentrato Umberto Clerici), ha fondato il Trio di Torino con il quale ha vinto il primo premio di musica da camera al Concor­ so Internazionale Giovanni Battista Viotti di Vercelli edizione 1990, il secondo premio all’International Chamber Music Competition del 1993 di Osaka e il secondo premio al Concorso Internazionale di Trapani del 1995. Con il Trio di Torino ha suonato dell’ambito dei più importanti festival e per le più prestigiose associazioni musicali in Italia ed all'estero effettuando inoltre incisioni discografiche presso l’etichetta RS. Dal 1982 è docente di violino presso il Conservatorio di Torino. 51 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Lunedì 19 luglio Sesta Godano ore 21.00 Piazza della Chiesa Ensemble Nuovo Contrappunto 52 Mario Ancillotti flauto e direttore Milan Rericha clarinetto Piotre Nikiforoff e Pino Tedeschi violini Ivan Vukcevic viola Claude Hauri violoncello Alessia Luise arpa Programma W.A.Mozart Quartetto in Sol Magg. K 370 (trascrizione di Hoffmeister per flauto e archi dall’originale per oboe e archi) Allegro, Adagio, Rondò J.Brahms Quintetto in Si min op.115 per clarinetto e archi Allegretto, Adagio, Andantino Presto non assai, ma con sentimento Finale, con moto C.Debussy Sonata per flauto, viola e arpa Pastorale - Interlude - Finale M.Ravel Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e archi Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Ensemble Nuovo Contrappunto nato per spontanea gene­ razione dal Laboratorio di Musica Contemporanea della Scuola di Musica di Fiesole, è un complesso stabi­le, multiforme, aperto alle più varie esperienze del linguaggio del Novecento, anima­ to e diretto da Mario Ancillotti. Entusiasmanti gli incontri e le collabora­zioni, che realizzano pienamente l'esigenza di esplo­ rare, conoscere, vivere l'arte di oggi, con musicisti come Berio, Petrassi, De Pablo, Sciarrino, fra molti altri, con personaggi della cultura. Da due anni l'ensemble organizza a Firenze una rasse­ gna dal nome Suoni Riflessi in cui mette a confronto la musica con le altre arti ed espressioni dell'uomo che ha riscosso entu­ siastici plausi di tutto l'ambiente musicale ed intellettuale. Mario Ancillotti ha compiuto gli studi musicali di flauto e com­ posizione nella sua città natale, Firenze e dove ha avuto modo di incontrare e studiare con musicisti quali Luigi Dallapiccola, Fran­ co Rossi, Roberto Lupi, il Quartetto Italiano. È stato Primo flauto dell'Orchestra di Roma della Rai e successivamente di Santa Cecilia fino al 1979. Poi si è dedicato completamente all'attività concertistica ed appare come solista in importantissimi teatri e sale di tutto il mondo. Il suo interesse per la musica contempo­ ranea lo porterà a collaborare con tutti i maggiori compositori italiani, dei quali ha tenuto numerosissime prime esecuzioni. Il suo interesse si è allargato poi alla direzione e organizzazione musicale, col quale mette al servizio della musica del ‘900 la sua esperienza di straordinario esecutore. Ha dedicato molte delle sue energie alla didattica ed è stato docente di flauto nei Conservatori italiani e all'estero. Insegna ai Corsi Speciali di Per­ fezionamento della Scuola di Musica di Fiesole, alla Hochschule della Svizzera Italiana a Lugano, e tiene corsi estivi in varie parti del mondo. 53 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti mercoledì 21 luglio Suvero ore 21.00 Sagrato della Chiesa di San Giovanni Battista Sean Lee violino 3° premio al Concorso Internazionale violinistico “Niccolò Paganini” di Genova Emanuele Torquati pianoforte 54 Programma W.A.Mozart Sonata per violino e pianoforte in La magg. K. 305 Allegro di molto Andante grazioso G.Fauré Sonata n.1 per violino e pianoforte in La magg. op. 13 Allegro molto Andante Allegro vivo Allegro quasi presto N.Paganini Variazioni su God Save the Queen M.Ravel Sonata per violino and pianoforte Allegretto Blues: Moderato Perpetuum Mobile: Allegro Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Sean Lee selezionato tra quasi 300 concorrenti internazionali, si e' aggiudicato il secondo premio della Young Concert Artists International Auditions 2008. Nello stesso anno ha vinto il terzo premio del prestigioso concorso internazionale del violino Premio Paganini. Suona negli Stati Uniti come solista, nelle formazioni da camera e orchestre. Come vincitore del Juilliard Concerto Competition 2009, ha debuttato con la newyorkese Juilliard Orchestra al Lincoln Center con James DePriest sul podio. Ha suonato come solista con le maggiori orschestre Italiane e Americane. Vincitore di molti premi, Lee è stato uno dei 130 artisti selezionati da 6.500 candidati dalla National Foundation for Advancement of the Arts per partecipare il YoungARTS Awards nel 2005 e ha ricevuto Emerging Young Artists Award in Music 2005 dalla California Alliance for Arts Education. Si dedica intensamente anche alla musica da camera, è membro fondatore del LK String Quartett, che viene descritto dal New York Times …ardente e propulsivo, con l’unanimità intensa... Per l'estate 2010, è prevista la sua partecipazione nelle principali manifestazioni musicali mondiali. Suona uno Stradivari del 1728, gentilmente prestato dalla Juilliard School Emanuele Torquati, ha portato a termine i suoi studi col massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio Cherubini di Firenze sotto la guida di Giancarlo Cardini. Si é specializzato in musica da camera con Franco Rossi prima, con il Trio di Trieste poi, presso la Scuola Superiore Internazionale di Duino, conseguendovi il Diploma di Merito. Vincitore di numerosi premi in Italia e all'estero, suona regolarmente in Europa, e all'estero. Gia’ pianista in residenza presso The Banff Centre nel 2008 con il progetto Voyage Messiaen. Recentemente, spiccano il debutto del progetto sulla Musica degenerata presso il nuovissimo Museo per l’Olocausto di Chicago e il tour americano con Francesco Dillon. Sempre in questa formazione, e’ prevista l’uscita del disco Brilliant con le trascrizioni della musica pianistica e vocale di Robert Schumann. La sua passione per la musica contemporanea lo ha portato ad eseguire in prima esecuzione svariate opere cameristiche e per pianoforte solo e a lavorare intensamente con compositori di primo piano. In campo didattico e’ stato invitato a tenere Masterclasses e Seminari d’interpretazione sulla musica contemporanea da istituzioni quali IULM, Gruppo Aperto Musica Oggi, Scuola di Musica di Fiesole, Conservatorio statale Bonporti di Trento. 55 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti sabato 24 luglio Maissana ore 21.00 Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo Duo violino e pianoforte Andrea Cardinale violino 56 Alessandro Magnasco pianoforte Programma A.Corelli Sonata in Re min. op. 5 n.12 - La Follia Tema e variazioni L.v. Beethoven Sonata in La min. op. 3 Presto, Andante scherzoso più Allegretto, Allegro molto N. Paganini Tre Capricci dall’op.1 N. Paganini I palpiti Variazioni op. 13 J.Brahms Scherzo WoO 2 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Duo Cardinale Magnasco formazione stabile esistente già da svariati anni, ha al suo attivo oltre trecento concerti tenuti in tutta Italia, e all'estero. Andrea Cardinale si è diplomato presso il Conservatorio Paganini di Genova nel 1992 e presso lo stesso conservatorio ha conseguito l'attestato di merito alla master class biennale di alto perfezionamento virtuosistico. Ha seguito corsi di perfe­ zionamento tenuti all’Accademia Musicale Respighi di Roma e al Liceo Musicale Viotti di Vercelli dai Maestri Ruggero Ricci, all'Accademia Musicale di Novara da Franco Gulli, al Peabody Conservatory di Baltimora da Berl Senofsky, a Milano da Da­ miano Cottalasso, a Genova da Giuseppe Gaccetta, a Blonay da Giuliano Carmignola. Vincitore di numerosi premi e ricono­ scimenti nazionali e internazionali svolge attività concertistica come solista e in formazioni da camera; il suo repertorio spazia dalla musica del Seicento fino al Novecento; ha eseguito come solista i capolavori per violino e orchestra di Beethoven, Bach, Paganini, Tchaikowsky, ... Si è poi specializzato nel repertorio virtuosistico per violino solo arrivando a eseguire in concerto l'integrale dei ventiquattro Capricci di Paganini. Ha effettuato tournée in Italia e all'estero partecipando a importanti festival. Ha effettuato registrazioni televisive per le reti nazionali più im­ portanti. Ha inciso oltre quindici CD .Suona un violino Vuillaume del 1864 (collezione Devoto). Alessandro Magnasco si diploma brillantemente in Piano­ forte presso il Conservatorio Paganini di Genova, si perfeziona­ to con illustri didatti e concertisti di fama internazionale. Presso lo stesso Conservatorio si è anche diplomato, con il massimo dei voti, in Didattica della Musica ed ha continuato gli studi di Organo, Clavicembalo e Composizione. Ha suonato, nelle prin­ cipali sale da concerto in Italia e all'estero, entusiasmando per musicalità e ricercatezza espressiva. Si è classificato primo in diversi concorsi internazionali ed ha effettuato varie registrazioni televisive e radiofoniche in Italia e all'estero. È stato più volte chiamato a partecipare, in qualità di membro di giuria, a concor­ si internazionali. È direttore artistico di A.MU.S.A. e consulente musicale della Società Lirico Concertistica di Santa Margheri­ ta Ligure. Si occupa della divulgazione della Musica Classica organizzando stabilmente concerti e opere per conto di molti comuni italiani. E’ responsabile musicale della Paganini Philharmonic Orchestra. 57 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti giovedì 29 luglio Porciorasco ore 21.00 Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli Philippe Graffin Violino Agnieszka Kolodziej violoncello 58 Programma J.S.Bach Dalle Invenzioni a due voci: BWV 772 n.1 786 BWV n.1 e n.15 M.Ravel Sonata per violino e violoncello Allegro Trés vif Lent Vif, avec entrain Z.Kodaly Duo op.7 per violino e violoncello N.Paganini Dai Duetti concertanti per violino e violoncello: MS 107 n.2. Allegro Rondò e Presto Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Phillippe Graffin per l'originale stile esecutivo e per le sue no­ tevoli conquiste nel campo artistico è considerato il migliore tra i violinisti francesi. Studente di Joseph Gingold e Philipp Hir­ schhorn, le interpretazioni di Graffin del repertorio francese han­ no fatto dire alla rivista Gramophone che la sua comprensione dello stile non ha eguali. Artista in continua ricerca, ha riscoperto gli arrangiamenti ori­ ginali di classici quali il Poème di Chausson e le Tzigane di Ra­ vel, riportato alla luce i dimenticati concerti per violino di Fauré, Saint-Saens, del compositore inglese Samuel Coleridge-Taylor, le sonate di Bruno Walter e ampliato considerevolmente il re­ pertorio violinistico. Ha condiviso il palcoscenico con alcuni fra i migliori musicisti del nostro tempo. Tra i suoi partner abituali vi sono i violoncellisti più accreditati. Ѐ il fondatore e il direttore artistico di Consonances, il festival internazionale di musica da camera di Saint. Nazaire, e viene invitato regolarmente ai più importanti festival di musica da camera. La musica contempo­ ranea costituisce una parte essenziale dei suoi interessi. Molti compositori hanno scritto opere a lui dedicate. Ha anche suo­ nato per la prima volta con Nobuko Imai il Duo Concertante di Barkauskas per violino e viola, e ha eseguito per la prima volta in Francia e Russia il Concerto Parlando di Rodion Shchedrin. Ha inciso con la Hyperion molti dischi che sono diventati un rife­ rimento e hanno vinto molti premi. Ha inciso la prima mondiale del concerto per violino del compositore anglo-africano Samuel Coleridge-Taylor, il concerto per violino di Elgar e il Poème di Chausson secondo le versioni dei manoscritti originali. La sua riscoperta del concerto per violino di Frederick Cliffe, eseguito durante l’English Music Festival, è stata molto lodata dai criti­ ci e trasmessa su BBC Radio 3. Suona un violino Domenico Busano, costruito a Venezia nel 1730 ed è attualmente Artista Residente all’University di New York di Stony Brook. Agnieszka Kołodziej completa brillantemente gli studi alla Scuola di Musica Wieniawski, e li ha proseguiti al Conservatorio Reale di Bruxelles con il Maestro Jeroen Reuling e all’Accade­ mia Bacewicz di Lodz con il Maestro Stanislaw Firlej. Dopo aver vinto il primo premio al Concorso Internazionale Wilkomirski, l’artista ha ricevuto una borsa di studio e la medaglia d’oro al merito per proseguire gli studi alla Towson University di Balti­ mora con Cecilia Barczyk. Nel 2008 ha vinto il primo premio al concorso Edmond Baert di Bruxelles, il primo premio al Peggy Gordon Competition di Baltimora ed è stata premiata inoltre al Concorso Servais. Ha preso parte a vari Festival e corsi esti­ vi quali il Seminario Piatigorsky a Los Angeles, gli Incontri In­ ternazionali di Enghien, i corsi internazionali di Apeldorn tenuti dai celebri violoncellisti Gary Hoffman, N.Gutman, K.Georgian, M.Flaksman. Nel 2007 è stata scelta dal centro internaziona­ le Penderecki per un periodo di studio con il violoncellista Ivan Monighetti al Nieborow Castle. L’interprete è generosamente sostenuta dal 2004 dal Ministero della Cultura Polacco. Suona un violoncello di J.B.Vuillame del 1844 di proprietà del Conser­ vatorio Reale di Bruxelles. 59 le migliori procedure per l’ufficio comunale efficiente! La HALLEY Informatica società fondata nel 1979 nasce, cresce e consolida i propri risultati nell'attività di produzione, installazione e assistenza software per Enti Pubblici, con particolare riguardo per i Comuni. Ad oggi la HALLEY Informatica conta oltre 2800 Enti clienti; grazie a questi numeri l'azienda può essere considerata leader nel settore. Gli applicativi HALLEY coprono tutte le aree operative del Comune: Ragioneria, Demografia, Tributi, Stipendi, Ufficio Tecnico, Segreteria, Polizia Municipale…Negli ultimi anni la HALLEY Informatica è particolarmente focalizzata sulle problematiche dell’e-government. La HALLEY Informatica ha ampliato la sua attività attraverso la propria Divisione Consulenza e Studi che svolge un’attività editoriale, capace di veicolare sul mercato circa 30.000 libri-CD l’anno. La divisione Halley Service è specializzata: in. elaborazione Stipendi, consulenza e bonifica I.C.I., Bollettazione di tributi, Controlli ed invii telematici per Mod.770 Semplificato ed Ordinato, Controlli ed invii telematici per IVA, IRAP e/o UNICO. L’organizzzione halley è costituita da: Sede centrale, a Matelica (MC), 7 Filiali, 8 Affiliati, 11 Distributori autorizzati, per un totale di oltre 400 addetti. Via Circonvallazione, 131 62024 Matelica (MC) ITALIA phone +39 (0)737 781211 fax +39 (0)737 787200 e-mail [email protected] www.halley.it [email protected] Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti sabato 31 luglio Carro ore 20.30 Piazza della Chiesa Quartetto di Fiesole Alina Company violino Luca Guidi viola Daniela Cammarano violino Sandra Bacci violoncello 62 Programma A.Webern Langsamer Satz R.Schumann Quartetto in La maggiore op. 41 n.3 Andante espressivo. Allegro molto moderato Assai agitato. Un poco Adagio. Tempo risoluto Adagio molto Allegro molto vivace A.Dvorak Quartetto in Fa maggiore op.96 Allegro ma non troppo Lento Molto vivace Finale-Vivace ma non troppo Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Quartetto di Fiesole si forma nel 1988 sotto la guida di Piero Farulli e Andrea Nannoni presso la Scuola di Musica di Fiesole e l'Accademia Chigiana di Siena, dove nel 1992 riceve il Diploma d'Onore. Si perfeziona nel repertorio slavo con Milan Skampa segue gli Amadeus Summer Course presso la Royal Accademy di Londra e frequenta le Masters Classes di Siegmund Nissel nell’ambito dell’Orlando Festival, di Sadao Harada organizzate dagli Amici della Musica di Firenze e di Valentin Berlinsky. Nel giugno 1990 vince all'unanimità il Primo premio al Concorso In­ ternazionale per Quartetto d'Archi di Cremona, nel 1992 vince la Selezione ARAM di Roma e nell'ottobre 1996 vince il Primo premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera Premio Vittorio Gui di Firenze. Effettua tournées in tutto il mondo. E’ spesso ospite di importanti società di concerti ed è invitato re­ golarmente a prestigiosi Festival, ottenendo sempre un grande successo di pubblico e critica. Si avvale delle collaborazioni di Maria Tipo, Piero Farulli, Andrea Lucchesini, Pietro De Maria, Kostantin Bogino, Alain Meunier, Andrea Nannoni, Antonello Farulli, Luca Ballerini, Stefania Cafaro, Nelson Goerner, Fabio Bidini, Marco Vincenzi... Fra le numerose esperienze fatte è importante ricordare la sua esibizione per l'Accademia Nazio­ nale di Santa Cecilia dove è invitato ad eseguire all'Auditorium della Conciliazione, in occasione del novantesimo compleanno di Goffredo Petrassi, il Quartetto per Archi (1958) alla presenza dell'autore, la sua esibizione al Quirinale alla presenza del Pre­ sidente della Repubblica Italiana e il suo concerto alla Wigmore Hall di Londra in occasione delle celebrazioni per il cinquantesi­ mo anniversario del Quartetto Amadeus. Per molti anni è Quar­ tetto in Residenza dell’Università di Firenze e spesso è invitato a tenere delle Masters-Classes. Il Quartetto di Fiesole registra per la Radio-Televisione Italiana, Svizzera Francese e Tedesca. Recentemente il violista Pietro Scalvini, straordinario interprete e fondatore del gruppo con Alina Company ha dovuto inter­ rompere la sua collaborazione con il Quartetto di Fiesole. Al suo posto è subentrato l’eccellente violista Luca Guidi. Via Milazzo, 24 19122 La Spezia (SP) ITALIA Info +39 349 2346820 63 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti venerdì 6 agosto Beverino ore 20.30 Chiesa di Santa Croce Trio violino viola e violoncello 64 Pier Domenico Sommati violino Ilaria Bruzzone viola Alberto Pisani violoncello Programma W.A.Mozart: Divertimento in Mib magg. KV 563 Allegro Adagio Minuetto I - Andante con variazioni- Minuetto II Allegro L.van Beethoven Trio in Sol maggiore op. 9 n.1 Adagio Allegro con brio Adagio ma non tanto e cantabile Scherzo Presto Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Pier Domenico Sommati si è diplomato presso il Conserva­ torio Mascagni sotto la guida del Maestro Sergio Dei. In segui­ to si è perfezionato con i Maestri Renato Zanettovich, Stefan Gheorghiu e Pavel Vernikov per il violino, e con il Trio di Trieste, Riccardo Brengola, Piero Farulli, Norbert Brainin per la musica da camera. Ha collaborato con il Maggio Musicale Fiorentino e con il Teatro La Fenice di Venezia. Dal 1992 è membro dell’Or­ chestra del Teatro Carlo Felice di Genova, dove dal 1995 ricopre il ruolo di spalla dei secondi violini. Nel 1991 riceve il Diploma d’onore per la Musica da Camera all’Accademia Chigiana di Siena. Nel 1995 incide per la Casa Discografica Dynamic un Cd di musiche inedite di Paganini, in trio con Stefan Milenkovich e Riccardo Agosti. Svolge un’intensa attività cameristica, abbrac­ ciando vari repertori e formazioni, dal duo all’ottetto. Ha al suo attivo, in veste solistica, varie esecuzioni dei Concerti di Bach, delle Quattro Stagioni di Vivaldi. Ilaria Bruzzone si è diplomata con ottimi voti in violino presso il Conservatorio Paganini di Genova sotto la guida del Maestro Marcello Bianchi nell’anno 1999. Da allora ha collaborato con diverse formazioni cameristiche e orchestrali. Al suo attivo conta diverse collaborazioni con importanti Teatri Italiani. Componen­ te, in qualità di violista, del quartetto Zelig ha collaborato nello spettacolo allestito dal Teatro dell’Archivolto I bambini sono di sinistra con Claudio Bisio. Sempre con il quartetto Zelig ha par­ tecipato a concerti e manifestazioni a livello nazionale. Dal 2005 fa parte del gruppo musicale Compagnia dell’Alambic, del quale fanno parte musicisti dell’orchestra del Teatro Carlo Felice e del quintetto Mampaa. Con altre tre strumentiste fonda nel 2008 la formazione quartettistica Formus Ensemble. Alberto Pisani, violoncellista, ha compiuto gli studi musicali sotto la guida di Bruno Vitali e Marco Guidarini. Dal 1987 fa par­ te stabilmente dell’Orchestra del Teatro dell’Opera Carlo Felice di Genova. Parallelamente svolge una intensa attività concer­ tistica nel campo della musica da camera: in questa veste è membro di varie formazioni, tra cui il Carlo Felice Ensemble e il Gruppo Erik Satie, complesso con cui ha effettuato registrazioni in qualità di solista. Fin da giovanissimo si è inoltre avvicinato con passione al repertorio antico ed al violoncello barocco. Fa parte del gruppo genovese con strumenti d’epoca Collegium Pro Musica, con il quale ha registrato due compact-disc per l’etichetta Dynamic, Suite e Concerti di Telemann e per l’etichet­ ta Tactus, Sonate per fiati di Vivaldi. Suona su un violoncello di scuola milanese della prima metà del ’700. 65 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti domenica 8 agosto Ponzano Superiore ore 21.00 Corte di Palazo Remedi Trio clarinetto viola e pianoforte Pietro Tagliaferri clarinetto Filippo Milani viola Siro Saracino pianoforte 66 Programma W. A. Mozart Trio Kv 498 Kegelstatt-Trio Andante Minuetto Rondeux P. Tagliaferri Air per clarinetto, viola e pianoforte M. Bruch Dagli Otto pezzi op. 83 V Rumanische Melodie VI Nachtgesang R. Schumann Märchenerzählungen op. 132 Lebhaft, nicht zu schnell Lebhaft und sehr markiert Ruhiges Tempo, mit zartem Ausdruck Lebhaft, sehr markiert Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Pietro Tagliaferri diplomato in clarinetto presso il Conser­ vatorio Nicolini di Piacenza sotto la guida del maestro Parmi­ giani, si perfeziona presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena e presso l’Accademia Internazionale di Biella, sotto la guida di Anthony Pay. Laureato in Musicologia presso la Scuo­ la di Paleografia e Filologia musicale di Cremona. Vincitore di concorsi nazionali ed internazionali, svolge una intensa attivi­ tà concertistica sia come solista, sia con diverse formazioni cameristiche, in Italia e all’estero. Diversi compositori hanno scritto brani a lui dedicati. Ha effettuato numerose incisioni per importanti case discografiche e incisioni radiofoniche per Rai Radiouno. Svolge attività di ricercatore per conto della Fondazione Monteverdi di Cremona e presso l’Istituto Dio­ cesano per la Musica Sacra San Cristoforo di Piacenza. Dal 1991 al 2005 è stato consulente musicale delle reti Media­ set. Dal 2005 si dedica alla regia e nel 2006 riceve l’incarico di regista per la collana Mozart Ways 2006. Nell’aprile 2008 Mediaset gli affida la regia del concerto di Zubin Mehta con L’Israel Philharmonic Orchestra presso l’Auditorium Parco della Musica in Roma. Attualmente è direttore artistico delle riprese dei concerti dell’Orchestra Filarmonica della Scala. È docente di ruolo di clarinetto presso il Conservatorio Marenzio di Brescia. Filippo Milani diplomatosi in violino e viola, ha frequentato la Scuola di Perfezionamento Musicale di Bobbio e la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Pavia sotto la guida del Maestro Rossi. Dal 1999 suona con l’ Orchestra Filarmonica della Scala, realtà che gli offre l’opportunità di essere diretto da grandi direttori e di frequentare alcuni dei teatri più impor­ tanti del mondo. La passione per la musica d’insieme lo porta a collaborare con diversi gruppi cameristici e a frequentare Fe­ stival in tutta Europa. Dal 2005 suona in qualità di prima viola nei I Solisti di Pavia, complesso cameristico sotto la guida di Enrico Dindo. Il bisogno di eseguire la musica del passato con una rinnovata prospettiva estetica gli ha permesso la collabo­ razione con esecutori di musica antica tra cui i Barocchisti di Lugano con i quali ha effettuato numerose registrazioni. Siro Saracino ha intrapreso gli studi musicali presso il Con­ servatorio Nicolini di Piacenza dove si è diplomato a pieni voti nel 1989 con Giovanna Busatta. Sin da giovanissimo ha partecipato a numerosi concorsi pianistici nazionali ed inter­ nazionali vincendo svariati premi. Svolge attività concertistica come solista che in svariate formazioni cameristiche. Come solista ha suonato in Italia e all’estero. Ha inciso un CD dal vivo durante un concerto presso la Towson University di Balti­ mora e le sue esecuzioni sono regolarmente trasmesse dalle più importanti radio specializzate. Ha recentemente iniziato un sodalizio con l’attrice Paola Gassman incentrato sull’opera di Satie e Ravel. Ha suonato come solista con le principali orchestre italiane. Dal 2007-2008 è titolare di cattedra presso il Conservatorio Marenzio di Brescia. 67 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti giovedì 12 agosto Mattarana ore 21.00 Parco dei Tigli Concerto a due pianoforti e percussioni Guido 68 Bottaro e Roberto Logli pianoforte Daniele Lunardini e Dario Doriani percussioni Programma B.Bartok Sonata per 2 Pianoforti e Percussioni Assai lento - allegro non troppo Lento ma non troppo Allegro non troppo I.Strawinsky Petruschka Suite per 2 Pianoforti Danse russe Chez Petrouchka La semaine grasse W.Lutoslawsky Variazioni su un Tema di Paganini R.Logli 1997 per 2 pianoforti Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Roberto Logli ha studiato pianoforte presso il Conservatorio Niccolò Paganini sotto la guida di Lidia Baldecchi Arcuri, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode. Ha studiato composizione con Adelchi Amisano, Musica da camera con il Trio di Trieste a Fiesole e con Massimiliano Damerini a Genova. Ha seguito i corsi di perfezionamento pianistico a Salisburgo con Sergei Dorenskij e Aquiles Delle Vigne. E’ vincitore e finalista di numerosi concorsi pianistici. Ha eseguito ed esegue con vivo successo di critica e di pubblico concerti in Italia e all’estero. Dal 2000 si è dedicato alla composizione e alla esecuzione di brani propri e di autori del 900 storico e contemporaneo. Guido Bottaro, svolge i suoi studi musicali presso il Conservatorio Paganini di Genova diplomandosi a soli 19 anni con il massimo dei voti e la lode. Studente presso la Scuola di Musica di Fiesole prima, Diplome Supérieur d’Exécution all’ Ecole Normale Alfred Cortot di Parigi poi, frequenta vari Corsi di Perfezionamento. Ha suonato nella prestigiosa Salle Cortot per la Société Chopin di Parigi; è stato invitato al Festival di Mannheim, al Festival di Venezia, a Leiden in Olanda e nel 1994 ha l’onore di suonare per il Mozarteum di Salisburgo nella Wiener Saal. Tra le sue ultime apparizioni in pubblico è di rilievo il Concerto tenuto presso il Teatro Carlo Felice di Genova nel marzo 2000 come solista con orchestra. Nel maggio 2002 ha suonato un repertorio di musica operistica e liederistica russa; inoltre sempre nello stesso Teatro ha tenuto un concerto solistico con musiche di Sciostakovic e Prokofiev. Daniele Lunardini intraprende giovanissimo lo studio della Batteria sotto la guida del maetro Paolo Cozzani. Diplomato in strumenti a percussione presso il Conservatorio N. Paganini di Genova, sotto la guida del maestro A. Pestalozza, si specializza nel repertorio Lirico. Inizia l'attività professionale nel 1987 accostandosi alla musica e al teatro da camera, al minimalismo, alle musiche da films, alla musica contemporanea e al repertorio lirico, sinfonico e jazzistico. Dal 1994 collabora in qualità di percussionista e timpanista con importanti enti lirici e fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Dal 1997 al 2005 ricopre il ruolo di timpanista aggiunto presso la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e dal 2001 ricopre stabilmente il ruolo di timpanista presso l’orchestra CittàLirica di Pisa e del Festival Puccini di Torre del Lago. Nel 2003 forma l’ensemble di percussioni Tin-Cans e collabora inoltre in qualità di batterista con gruppi di musica Jazz All'attività concertistica affianca quella di docente. Dario Doriani si e’ diplomato presso il conservatorio di musica Paganini di Genova sotto la guida del Maestro Andrea Pestalozza e al pari approfondisce gli studi della batteria. Dal 1990 collabora in qualità di percussionista con l’orchestra del Teatro Carlo Felice ed altre orchestre italiane con cui effettua registrazioni discografiche, concerti e tournee in Italia e all’estero. Nel 1995 nasce il Classic Jazz Quartet, nel quale ricopre il ruolo di batterista. 69 WWW.MUSICALWORDS.IT Blog di Musica°Arte°Lettere La Nostra Rivoluzione è la Tua Voce. Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi Paganini’s Heritage in the Piano Music Veronica Gaspar* Chronologically, Paganini is more Beethoven’s generation than the great Romantic composers’ where, paradoxically, the current perception is situating him. Indeed, his relatively late recognition at European level and the admiration of important personalities of the 19th century brought Paganini closer to the epoch he exerted a decisive influence on. A portrayal of Balzac, in his novel Le cousin Pons (1847): The melancholy and the Raphaelite perfection of Chopin together with the energy and Dantesque grandeur de Liszt comes near to Paganini’s brightness is illustrative for the general fascination Paganini exerted in the epoch. The romantic composers received in different ways Paganini’s influence, but all of them expressed their admiration and confessed about their endeavour to imitate the Diabolus in musica. Not just the artist but also the character Paganini was perceived as the symbol of a profound transformation affecting the music and its ways of communication. He brought in the centre of the musical life the soloist and his innovations added an important weight to the revolutionary transformations which were later carried out by the great Romantic composers - Liszt, Schumann, Brahms - who were basically pianists. It is said that the Romantism created the independent soloist. Such allegation is not quite accurate at least if we consider the singers. Still, therein the social role of the instrumental performer emerged from the traditional ancillary or anonymous status described by Guido d’Arezzo as (the performers) like animals, are reproducing an activity without being aware of it. 71 La Società per il global service del settore delle costruzioni Via Vecchia 93 19020 Ceparana di Bolano, SP Tel. +39 0187 952561 Fax.+39 0187 939003 www.finchiara.it [email protected] Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi Since the 19th century the role of the instrumental soloist, following Paganini’s wake, got a special weight and became autonomous from a particular work created in a particular time. The concert stages began from the early 1800s to take in the performances of works composed by more composers. The musical performance becomes most often a soloist’s choice and the act of communication begins to prevail on the content to be transmitted. A genre not fortuitously developed in this time and decisively influenced by Paganini’s Caprices is the Romantic Etude. This is no more a means for private improving, but an independent work highlighting an important compound of the musical show: the virtuosity. Meanwhile, Paganini catalysed the opening of the audience to the dark side of the human esprit. Indeed the musical discourse which was related to the Apollinic objectivity of a transcendental message or to the Bacchic entertainment added also Saturn in the mythological imaginary of an epoch that created the gothic novel, the works of Goya or Gerard de Nerval, Mephisto and many secret societies centred on the dark enigmas of the Middle Age. When the inexplicable skills of Paganini broke out, they unleashed the unconscious need for magic of a society not yet accustomed to the too recent positivist trend of the modernity. Paganini himself indulged and used for his career those tendencies, reviving medieval phantasms of the social imaginary in order to connect unusual skills with magic. Therefore the authority of Paganini on the Romantic composers acted on several levels, starting from the direct influence of his musical innovations, but also by the increasing role of the virtuosity and by a particular spirit, reiterated in many works in the 19th and 20th centuries. Because of the relationship of the most important composers of the 19th century with the piano, we could presume that the incontestable influence of Paganini played a decisive role also in the development of this instrument. His challenging impact on the piano music implies as well the broadening of the instrumental limits by the newinvented performer star. The first composer to evoke Paganini in a piano work seems to be Johann Nepomuk Hummel (1778-1837). He was one of the first pianists to follow the trend to hold recitals presenting (also) works of other composers. Because living in an epoch dominated by Beethoven and later by the reformist Roman- 73 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi 74 ticists, Hummel’s instrumental and creative skills are rather shadowed. In his Fantasia in C major - Souvenirs de Paganini we recognize some of the Caprices, several of which better exploited by other composers in the following years. The work, not published during the composer’s life, doesn’t surpass the average transcription of exercises present in the Baroque. In this Fantasia there are just some Paganini’s themes with a conventional accompaniment, under the virtuosity requirements for the piano literature of the time, including Hummel’s own other works. This work was part of an already rising trend to praise Paganini, marking the increasing influence of the great violinist among the musicians in the whole Europe. The influence of Paganini on Frédéric Chopin (1810-1849) was more subtle. Generally, Chopin despised virtuosity as an aim and was rather sarcastic to the average of his contemporary; nevertheless, for Paganini he had only superlatives. For Chopin, Paganini is the embodied perfection as he incidentally wrote in a letter actually meant to express his admiration for another musician (the pianist Friedrich Kalkbrenner). It seems that Chopin heard Paganini in 1829 in a series of 10 concertos in Warsaw. Chopin took not a significant direct influence from Paganini’s themes. We found just a little piece from his early age inspired by The Carnival of Venice, entitled Souvenir de Paganini for Solo Piano (1829). Chopin’s famous Andante Spianato and Grande Polonaise op. 22 (1830-34) was also inspired by Paganini’s Cantabile Spianato e Poloneza brillante played in Leipzig and Warsaw in 1829. But what inspired Chopin’s rhetoric in a much more significant way was the original insertion of vocal fioriture in the instrumental music, interrupting the metric pulse as a subjective comment. The ornamental comment as a technical proceeding was already used in the past: in the Agréments in Baroque works, or even in the Classical repertoire beside the virtuosity Cadences (e.g. the second Theme of the first movement in Beethoven’s Sonata for Piano op. 31/3 which is repeated with ornaments, producing a temporal dilatation). But its incidence, the variety and embodiment in the work’s structure of the proceeding is a typical mark of the romantic melody and a token of a decisive influence of the King of Violin on the King of Piano. Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi In 1824-1825 Robert Schumann (1810-1856) was still oscillating between Music and Poetry (especially because of his friendship with Jean-Paul). In 1828 amidst the lugubrious walls of Leipzig he wrote to his mother: My major studies will be Philosophy and History. But the impact of young Schumann with Paganini during a concert tour in Germany in 1829 determined him to choose music as main occupation. Schumann made two cycles of Studies (op. 3, 1832 and op.10, 1835) directly inspired by the Caprices for violin solo, some of them used by Hummel too. The virtuoso trend inspired by Paganini, also stimulated by the talent of his beloved Clara Wieck, led Schumann toward the perfection of the piano technique. He tried several devices to improve his own technical skills (like the Chiroplast of Johann Bernhard Logier) until he definitively injured his hand. In the Carnival op. 9 (1834) Schumann had a different approach: in the episode named Paganini he is not quoting a manner but painting a personality; the rough energy and the amazing resonance-effects are giving us an idea of Paganini’s performance. Franz Liszt (1811-1886) made the best rendering of Paganini’s spirituality and probably gave the most audacious reply to the broadening of the limits of the instrument initiated by the violinist. He felt the contact with Paganini as a challenge and assiduously tried to reach his idol. My God, what a man, what a violin, what an artist! […]. In 1832 after hearing Paganini, Liszt confessed in a letter to Pierre Wolff: I practice exercises up to 4-5 hours each day: 8th, 3rd, 6th, tremolos, cadences etc. […] If I will not become mad, you’ll find a real artist in me! Liszt was preoccupied to prove the superiority and the richness of the piano on the violin. Liszt seemingly made the essential revolution in the piano playing and in the improving of the instrument. Like Chopin, he largely used the art of improvising ornaments in a Cantabile, but Paganini stirred mainly his preoccupation for virtuosity. The piano gets the benefice of the technical features as scales in 8ves, leaps, chromatic scales etc. giving them rhetoric and emotional significance. In 1838 he wrote Etudes d’exécution transcendantale d’après Paganini and, after trying several variants, he published in 1851 the final version Grandes Etudes de Paganini. Here appeared one of the first transcriptions of the famous Caprice 24, probably the 75 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi 76 most often employed theme in the History of Music. Johannes Brahms (1833-1897) published in 1863 two series of Variations on the 24 Paganini Caprices, creating 28 hypostases of psychological nuances and technical diversity. Clara Schumann used to call them Hexen-Variationen (Diabolic Variations). Still, this work had nothing diabolic and nothing recalling the consecrated image of Paganini; just one of the variations, no.4 in the second volume is evoking Paganini’s nationality quoting a well-known Canzonetta. Brahms is brilliantly representing the stream of the technical imitation to be followed since. He puts further the limits of the pianistic skills, beside a serious contribution to the variation technique, challenging many composers in the next decades. In the 20th century, the evolution of the music led to the fading of the direct, emotional communication, recovering the line of Absolute Music interrupted by the Romantic episode. The Paganini character disappeared under a huge amount of dark aesthetics; meanwhile the instrumental skills became attributes of the musical education devoid of any link with the magic. Nevertheless Paganini was still present in the musical creation. His themes, especially the Caprice no. 24 are continuing to provoke countless variations no matter the composers’ style, country or instrumental specialization. An exhaustive list is almost impossible to be completed, when Paganini’s themes are meant for piano, chamber music, jazz-band, percussion, flute, even ukulele… The average motivation for the 20th-century composers seems to be the technical challenge imposed by a very often employed theme, fortuitously composed by Paganini. The Norwegian composer, Trygve Madsen, eloquently synthesizes this tendency: Is it possible to do something new with this theme? Or does everything have to be ‘in the shadow of Brahms’? Sometimes, a particular conjuncture offered a different impulse for one more transcription. For instance, Witold Lutosławski (1913-1994) needed to increase his two-piano repertoire for the duo formation he was playing in during the World War II. He succeeded to create one of the most successful variant of the eternal Caprice 24. Three decades later he transformed this work in a Concerto for Piano and orchestra (1971). The approach of Stanisław Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi Skrowaczewski (b. 1923) makes an exception: he is one of the few to evoke the esprit of Paganini, his strange fury, the demonism, thus recalling to some extent Schumann’s Paganini from the Carnival op. 10. A noticeable work is Luigi Dallapiccola’s (1904-1975): Sonatina canonica in mi bemolle maggiore su Capricci di Niccolò Paganini: per pianoforte (1946). It is one of the few not to use the omnipresent Caprice 24. One can wonder about what has so special this theme and why did it gather the most numerous variants? The general contour is outlining one of the plainest motives, widely used in the Romanian traditional folklore until well-known classical works as Beethoven’s Eroica Variations (Variations and Fugue op. 35 for piano solo, 1802 and Final movement of the third Symphony, 1803). A lot of composers from different countries (Poland, United Kingdom, Portugal, Italy, USA, Norway, Turkey etc.) exerted their skills processing this theme. It can be found in several styles, from Post-Romanticism until the most advanced avant-garde, nothing to say about Jazz-like productions. Sergey Rachmaninoff ’s (1873-1943) Variations on the 24th Caprice, namely The Rhapsody for Piano and orchestra on a Theme of Paganini (1934) is probably the most complex homage to Paganini in the last century. The diversity of means and timbres could, finally, reach Paganini’s mastery. The main motive takes several appearances. One of the metamorphoses (mirror inversion) gives birth to one of the most uplifting love songs. Another is Dies Irae drawing near the whole Gothic imaginary of the Romantism, with its witches’ sabbatical dances, demons’ laughter,... picturing Paganini’s stamp in the 19th-century imaginary. Ancient stories appear from the Middle Age, with witches and spirits, rising rumours about the selling out of his soul to the Devil wrote Liszt in 1840 depicting Paganini’s image in the 19th century. Almost a century later, Rachmaninoff succeeded to create a corresponding musical image, in the same time a continuation of the technical inventiveness of Paganini and a touching evocation of his esprit. Paganini’s heritage is occupying a large place, from the main challenging impact on pianists (which is continuing even today) till the creation of a special rhetoric, beside concrete innovations in the musical genres and forms. He led the broade- 77 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi 78 ning of the instrumental limits as well for violin as for piano. He harmonized the vocal with the instrumental music and created the novel God of our laic world: the performer-star. Paganini, gathering the occult need for the nocturnal side of the human imaginary and followed by the most important composers-pianists, initiated a peculiar trend of spiritual enrichment reconciling for a short while the performers’ skills with the musical creation. The Romantism, epoch of Faustus and Mephisto was a turbulent epoch, which renewed the art expression. The art works recovered euphemized forms of archaic myths. Apollo, symbol and ideal for art creation, was parting his place in the Arts Pantheon with Bacchus, Saturn and, recently with Mercury, the God of merchandise. In the short period when the Artist was the intermediary between human and divine, substituting the traditional role of the music itself, Paganini and his pianistsfollowers gathered the need of idols in a laic and unstable society. In the Panegyric wrote by Liszt in 1840, he concluded: Paganini’s unique geniality frightens even his followers. He is a Master in the Empire of Arts on a solitary summit. The enchantment exerted on the audience was so powerful that one could not imagine a natural explanation for such a genius […]. * Dr. Veronica Gaspar is Associate-professor at the Piano Department in the National University of Music Bucharest, obtaining her Ph.D. degree in 1997. In 2002 – Master Degree in Cultural Management. Three books, several articles in revues at national and international level, concert-lessons and numerous active participations in international conferences, meetings, symposia under the research areas of performance sciences, musical perception and communication and cross-cultural communication. She is member of several international societies as ISME, SEMPRE, SMA etc. Foreign languages: French, English, German and Japanese. Dott. Sanges Diego Consulente Assicurativo / Finanziario Agenzia di Chiavari Via N. Bixio, 13 16043 Chiavari Cell. 349 5513916 Tel. 0185 321400 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti venerdì 13 agosto Bonassola ore 21.00 Oratorio di S.Erasmo Concerto per flauto e arpa Massimo Mercelli flauto Floraleda Sacchi arpa 80 Programma C.Debussy En blanc et noir per due pianoforti Avec emportement Lent sombre Scherzando R.Logli 1995 per due pianoforti Allegro Lento Presto B.Bartok Sonata per due pianoforti e percussioni Assai lento - allegro non troppo Lento ma non troppo Allegro non troppo Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Massimo Mercelli è stato allievo dei celebri flautisti Maxence Larrieu ed André Jaunet. A diciannove anni diviene primo flauto al Teatro La Fenice di Venezia, e vince numerosi premi interna­ zionali. Suona regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche del mondo, collaborando con artisti di fama internazionale. È direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal 2001 fa parte del direttivo della European Festival Association. Nel 2006 ha eseguito la premiere di Facades di Philip Glass col compositore al pianoforte, e ha tenuto una masterclass per la Rostropovich Fondation; l’11 settembre 2006 ha tenuto un importante concerto commemorativo presso l’auditorium dell’ONU, a New York. Ha suonato alla Filarmonica di Berlino e alla sala grande del conservatorio di Mosca in un gala’ con Yuri Bashmet e Gidon Kremer ed ha eseguito la prima mondiale di Vuoto d’anima piena di Ennio Morricone sotto la direzione del maestro stesso. Al MusikVerein di Vienna ha effettuato la prima esecuzione mondiale del concerto per flauto ed orchestra di Michael Nyman a lui dedicato. Floraleda Sacchi, ispirata dai dischi di Annie Challan a suo­ nare l'arpa, ha iniziato lo studio di questo strumento a 14 anni sotto la guida dei Maestri Lisetta Rossi e perfezionata con Ali­ ce Giles, Alice Chalifoux e con Judy Loman che considera suo mentore. Definita da molti critici artista di eccezionale talento, si è da sempre dedicata al repertorio solistico e alla musica da camera per arpa cercando di sviluppare progetti originali e un personale modo di fare musica. Ha suonato in importanti sale e festival in tutto il mondo confermandosi come una delle più interessanti ed originali arpiste sulla scena internazionale. Dal 2008 è l’unica arpista al mondo ad incidere per Decca con cui ha pubblicato Minimal Harp un progetto per arpa sola definito affascinate da molti giornali, che include 8 prime registrazio­ ni mondiali. Tra le altre incisioni recenti spiccano Sophia Corri Dussek, una monografia per arpa sola e Chiaroscuro in cui Flora presenta per la prima volta le sue composizioni. Nume­ rosi sono i compositori che le hanno dedicato brani originali. Attualmente sta collaborando con Michael Nyman per la rea­ lizzazione di un progetto originale appositamente scritto per lei da questo importante compositore. Tra il 1997 e il 2003 ha vinto un’eccezionale numero di competizioni internazionali. Collabora spesso con attori in spettacoli teatrali. La prestigiosa rivista americana Harp Column le ha dedicato la copertina e l’intervista del numero di Settembre-Ottobre 2009; è l’unica arpista italiana e una delle poche europee ad aver ottenuto questo importante tributo. Dal 2006 è direttore artistico del Lake Como Festival, una rassegna di musica da camera am­ bientata in luoghi storici lariani. 81 Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Conversazione Paganiniana sabato 14 agosto Carro ore 18.00 82 Paganini, unico direttore... a cura di Dario De Cicco La conferenza illustrerà il ruolo che Paganini ebbe nell’evoluzione della figura del direttore d’orchestra. Attraverso l’esame di fonti iconografiche, epistolari e contrattuali si ricostruirà il percorso di un virtuoso che svolse un ruolo significativo nel consolidamento delle funzioni e del ruolo del direttore e dell’orchestra. Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Dario De Cicco è laureato in musicologia presso l’Universi­ tà degli Studi di Pavia, diplomato in pianoforte, didattica della musica e musica corale e direzione di coro. Si è specializzato nei settori della pedagogia musicale presso i principali centri formativi italiani ed europei. Pubblica regolarmente studi e ri­ cerche musicologico-didattiche su vari periodici e tiene corsi di formazione per il personale docente dei vari ordini di scuola. È vice-presidente nazionale della Società Italiana per l’Educa­ zione Musicale. Collabora con varie istituzioni scolastiche e associazioni mu­ sicali svolgendo attività di progettazione e coordinamento in iniziative di sperimentazione didattica in ambito musicale. È docente di Pedagogia musicale presso il Conservatorio Sta­ tale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino. 83 www.halley.it le migliori procedure per l’ufficio comunale efficiente! Via Circonvallazione, 131 62024 Matelica (MC) ITALIA phone +39 (0)737 781211 fax +39 (0)737 787200 [email protected] Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti sabato 14 agosto Carro ore 20.30 Piazza della Chiesa Recital del violinista Marco Rizzi Edoardo Strabbioli pianoforte 84 Programma R.Schumann Sonata in Re min. op.121 Mit leidenschaftlichem Ausdruck Allegretto Lebhaft Bewegt K.Szymanoswky Tre Capricci da Paganini R.Schumann Sonata in La min. op.105 Ziemlich langsam, Lebhaft Sehr lebhaft Leise, einfach Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti Marco Rizzi Ha studiato con eccezionali insegnanti come G. Magnani, S. Accardo e W. Liberman ed essendosi diplo­ mato con lode e menzione speciale ai conservatori di Milano ed Utrecht, viene presto riconosciuto come il più interessante violinista della nuova generazione e gli viene conferito, su indi­ cazione di Claudio Abbado, 1’Europäischen Musikförderpreis nel 1991. Regolarmente ospite delle sale più prestigiose in ita­ lia e in Europa e collabora con direttori più quotati e con le più rinomate orchestre europee. Violinista in continua evoluzione, ogni anno Marco Rizzi arricchisce di un concerto il suo già vasto repertorio con orchestra: nelle ultime stagioni si sono dunque aggiunti via via il Concerto di Glazunow, Omaggio di Van Vlijmen, Concerto n.1 di Paganini, il Concerto n.2 di Sostakovic, il Concerto di W. Walton e il concerto di Martinu Inoltre, il suo vivo interesse per programmi non di repertorio permette di far conoscere al suo pubblico capolavori inusuali come la Sonata di B. Walter oppure il Concerto di J. Adams. Si inquadrano in questa linea le incisioni dedicate alla musica italiana per violino e pianoforte del '900 che, come la sua regi­ strazione delle Sonate e Partite di J.S. Bach, hanno riscosso entusiastici consensi nel mondo musicale. All’attività solistica si affianca una dimensione cameristica vissuta con passione, è spesso ospite di prestigiosi Festival cameristici internazionali. In ambito didattico insegna in una classe di livello internazio­ nale alla Hochschule für Musik - Mannheim (Germania), dove è titolare di una cattedra di violino, e alla prestigiosa Escuela Superior de Musica Reina Sofia di Madrid. Suona un violino Pietro Guarneri del 1743, messogli a disposizione dalla Fon­ dazione Pro Canale Onlus. Premiato nei tre concorsi più prestigiosi per violino è partico­ larmente oggi apprezzato per la qualità, la forza e la profondità delle sue interpretazioni. 85 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi The Discovery of Paganini’s Magic Bow Joseph Gold* 86 The bow is not important. It is the violinist who is important. Paganini said that. He did! This was great publicity for Paganini, the violinist, but very bad publicity for bowmakers. What will happen to the price of bows if violinists believe Paganini? Seriously, dear reader, we are here to examine the genius of Paganini, and learn what bows he used in his meteoric career. I take you back in history, to a time when bows really were unimportant. We return to the days before Tourte. Paganini was born in Genoa, Italy, in 1782. The modern Tourte bow was unknown in Italy - it had just been invented. Paganini was trained in the 18th century style of violin playing. But his ideas were always modern. In his early career, Paganini used the old style bow. Later he wrote that the other violinists laughed at his long bow and thick strings. This is a very important sentence - his long bow and thick strings! From this sentence, we can conclude that those laughing violinists used the older, shorter stick. You see, Paganini was always far ahead of his colleagues. We know from both Vuillaume and the great Norwegian violinist Ole Bull, that Paganini used a Post-Tartini style bow. I assume that the length of this bow was approximately ‘normal’, because they commented on the style of the stick but not the length. In the 1820’s, Paganini was actually selling bows of this type. Here is the scenario: I quote from de Courcy’s great 2 volume opus on Paganini: While superintending the repair of Germi’s instruments in Mantegazza’s workshop, he ordered a quantity of bows. These were made to his specifications, and Germi was to sell the bows in Genoa. Here is Paganini’s letter to Germi, dated January 7, 1824. Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi The bows should be worth two louis a piece, owing to the precision of workmanship. They are - I repeat - excellent for everybody. As for myself, however, I prefer more hairs with maximum elasticity, which is impossible to attain without altering the design of the stick. This would be hard to do without experimenting beforehand and my being present at the tests. But for the moment what difference does it make if they don’t happen to suit me? They do beautifully for anyone who wants to use them - and they suit you, don’t they? The Mantagazza mentioned appears to be Carlo. He was the luthier to Count Cozio de Salabue. For a description of Paganini’s bow, we turn to the great Norwegian violinist Ole Bull. The young violinist told of a chance meeting with Paganini on a street in Paris. Nicolo invited the young virtuoso to come along with him. Bull was delighted when the great man talked to him like an old and trusted friend. Ole Bull described Paganini’s bow as being made after the old Italian style of a somewhat later shape than that of Tartini’s. When the hair was tightened to the proper tension, the stick was nearly straight. Vuillaume, when he saw this bow, laughed and inquired who could play with such a thing. When Paganini brought it to him to be repaired (he had broken the upper end), Vuillaume offered to make him another. He was much displeased with the idea and declined the gift in a very decide manner. He said that he could never think of using any other. Both Ole Bull and Vuillaume agree on all these facts. This style bow can be seen in the drawing which appears in Carl Guhr’s incomparable book Paganini’s Art of Violin Playing. It is curious to note that this same drawing appears in other books - but the head of the bow is different. Nevertheless, the type of bow is similar to the early style of Joseph René Lafleur. The heads are very high and slender, and very elegant. Vatelot uses the word ‘Pike’ to describe this shape. I believe Paganini retained this bow throughout his career, and had it in the same case with his Guarneri violin and his favorite bow. At this time, I want to mention a few famous bowmakers from Paganini’s visits to Paris. We know that Paganini had contact with Lupot. I offer as evidence the famous letter addressed to Lupot. There is no evidence that Paganini actually used a Lu- 87 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi 88 pot, however. I am also positive that Paganini met Tourte. When violinists speak of bows, the name François Tourte is always spoken with reverence. Did Paganini have any contact with this great bow maker? Bear in mind that Paganini conquered Paris with his violin and bow in early 1831. Tourte died in April 1835. This would allow a full four years for some kind of contact. Knowing Paganini as we do, he had a very inventive mind; he was curious far beyond the norm. But this is a subject for a later conference. In my youth, I was told that Paganini used a bow by Sirjean. This bowmaker is very obscure - no one knows anything about him. On the other hand, we have solid evidence of a working relationship between Paganini and J. B. Vuillaume. While Paganini was in Paris, Vuillaume marketed his newest invention. It was the revolutionary steel bow. In a letter to Edouard Fetis (the noted author and musicologist), Paganini praises the new bow. This letter is dated September 26th, 1834. I ask you to make known my opinion of the steel bows invented by M. Vuillaume, which have already been mentioned in your journal. I have to state in the interest of the musical art that these bows are infinitely preferable and far superior to the wooden ones; they unite great firmness with an equality of resistance throughout their length such as I have not yet found in other bows, and possess sufficient flexibility to achieve easily all shades of tone. Sounds like a pretty good bow, doesn’t it! At first, the views expressed in this letter seem to contradict his previous statements. However, I believe Paganini is advocating the steel bows for the general public and not for his own use. When viewed in this light, Paganini does not contradict himself at all. Furthermore, I categorically reject the notion that Paganini’s endorsement was done for his personal or financial gain. And now, ladies and gentlemen, to the moment which was, to me, like the discovery of King Tut’s tomb. You all know the great and famous violin of Paganini, Il Cannone. But the magic wand of Paganini - his bow - was completely unknown. It was always there in Genoa not far from Il Cannone. But it was always in a secret place; a secret withheld from the world. Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi I was taken to a special room in the palace. There I waited in great excitement. The bow finally arrived. It was wrapped in butcher paper. And now, I will tell you about Paganini’s favorite bow. Holding it is a metaphysical experience, to say the least. Sadly, the bow is broken into many pieces. The identification tag states that it is in eight pieces. In a fine hand, Achilles Paganini (the only child of Nicolo Paganini) writes on the identification tag, This is the bow which my father used throughout his artistic career. The fact is, Paganini used other bows prior to the memory of Achilles (1825-1895). Early on, Paganini used the pre-Tourte type bow, as we have seen. I have already told you what the bow is not. It is not a Tartinitype bow, nor a Tourte, nor a Lupot, nor a Sirjean. I do believe that it is a Jacob Eury. Before describing this fabulous work of art, it will be interesting to discover how Paganini acquired his favorite bow. The facts surrounding the Eury bow are even more cloudy than how Paganini acquired his Guarneri violin. Perhaps he became acquainted with the French school of bow-making during his formative period in Lucca, Italy (1801-1805). It was here, as court violinist to Princess Elise Bonaparte Baciocchi (sister of Napoleon Bonaparte) that he had his first great concert successes. The French connection is quite clear. Most likely, though, he continued to use his old style bow for a while longer. Another possibility is through his friendly competition with the French virtuoso Charles Lafont in the year 1816. The bow dates from this period. Thus, this scenario is certainly a possibility. Was it a gift from one great violinist to another? Perhaps. If not, it was most certainly from an admirer. A beautiful portrait of Paganini (1831) by the English artist Samuel Lover clearly pictures the new bow. There is no doubt that the button and frog are the same as the bow in Palazzo Rosso. February 24, 1831 marks the date of Paganini’s arrival in Paris, the bow-making capital of the world. After careful examination of the bow, I believe that Paganini acquired the bow earlier than 1831. The reason is that the frogs of both bows in Palazzo Rosso are not original. They seem to be made by the same bow maker, and are interchangeable. The frog on the Eury bow has a broader band of hair in accordance with 89 Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi 90 Paganini’s preference. Perhaps only the bone adjuster button on the other bow is original, but belongs to the Eury. Alberto Giordano, a present-day violin maker of Genoa, Italy, thinks the frogs are of Italian origin. Another bit of evidence can be observed in the portrait displayed in the Naples Conservatory. Albeit undated, the head of the bow stands out clearly. Unfortunately, the pattern is rather generic. It is, however, a modern type bow, and not the postTartini type. The Eury bow itself was a magnificent creation. It is bold in concept and boasts a full head. The chamfers are also bold. As is the usual case with Eury, the stick is octagonal. The octagon is executed in the manner of Tourte. It is truly virtuoso octagon, as flat as a table top. The bow has excessive wear. Some of this was the result of the profuse sweating of Paganini (he wore woolen underwear to absorb the sweat). The other wear, we can say abuse, came from enthusiastic and constant use. This is absolute evidence that this was Paganini’s favorite bow. The stick is broken in two places. One was repaired by Vuillaume. The other is unrepaired at the time of this writing. The head is also a disaster area, with two more breaks. Originally, the head had the Eury trademark of a flat ridge going down the nose all the way to the tip of the bow. Through constant use, this flat ridge, which is really a continuation of the upper octagon, has become obliterated. The head of Paganini’s Eury bow resembles bow no. 2 in L’Archet by Millant and Raffin. Constant use has left indelible fingerprints where Paganini gripped the bow. You can actually see the indentations where the fingers of Paganini’s right hand were placed. He had very acidic perspiration which actually destroyed the wood. Evidence shown in Lover’s portrait, and the butt end of the stick prove that Paganini played without wrapping on the stick. Speaking of the butt end of the stick, it too was broken and repaired with a metal ring. The slot box has been lengthened, but the characteristically large Eury nipple remains. The unlined ebony frog is a unique design. Large and rustic workmanship include a mother-of-pearl diamond on either side. The mother-of-pearl slide is also one of a kind. Overall, the impression of the frog is that of a home made job. Undoubtedly, the Eury was in one piece when Paganini died Festival Paganiniano di Carro 2010 Saggi in 1840. The ensuing years have now been kind to it. Broken in transit to Genoa in 1851 perhaps, sadly separated from Il Cannone. Yet, it remains, like the Colosseum in Rome - a magnificent ruin. I take leave of you now in the words of the poet Antonio Barrili: His magic bow is mute. But its supreme sweetness lives on. 91 * JOSEPH GOLD, violinist, achieved international recognition when he was selected to be the private violin soloist for famed tenor Luciano Pavarotti. Mr. Gold served in the dual capacity of concertmaster and director of chamber music at the Spoleto Music Festival in Italy. He has been praised on four continents for his brilliant interpretations of the great repertoire of the 19th century violin virtuosos Paganini, Sarasate, Bazzini, and others. A graduate of the University of Southern California, he studied with the legendary Jascha Heifetz. Mr. Gold is the author of the definitive book Paganini’s Art of Violin Playing. Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi 92 Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno 93 Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Luglio Calendario 15-16-17 luglio La Spezia, CAMeC, h. 9.00 Convegno Internazionale di Studi Paganiniani Giovedì 15 luglio La Spezia, Teatro Civico h. 21.00 Omaggio a Paganini I Solisti veneti, Claudio Scimone direttore Sabato 17 luglio Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30 Leticia Muñoz Moreno violino Gli archi de I Filarmonici di Torino Lunedì 19 luglio Sesta Godano Sagrato di Santa Maria Assunta h. 21.00 Ensemble Nuovo Contrappunto Mario Ancillotti, flauto e direttore Francesco Negrini, clarinetto Barbara Ciannamea, Pino Tedeschi, violino Yunichiro Muratami, viola Claude Hauri, violoncello Alessia Luise, arpa 94 Mercoledì 21 luglio Suvero Sagrato di San Giovanni Battista h. 21.00 3° premio al Concorso Internazionale violinistico Niccolò Paganini di Genova Sean Lee violino Emanuele Torquati pianoforte Sabato 24 luglio Maissana Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo h. 21.00 Duo violino e pianoforte Andrea Cardinale violino, Alessandro Magnasco pianoforte Giovedì 29 luglio Porciorasco Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli h. 21.00 Philippe Graffin violino, Agnieszka Kolodziej violoncello Sabato 31 luglio Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30 Quartetto di Fiesole Alina Company violino, Luca Guidi viola, Daniela Cammarano violino, Sandra Bacci violoncello Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Agosto Venerdì 6 agosto Beverino Castello Chiesa di Santa Croce h. 21.00 Trio Violino Viola e Violoncello Pier Domenico Sommati violino, Ilaria Bruzzone viola, Alberto Pisani violoncello Domenica 8 agosto Ponzano Superiore, Palazzo Remedi h. 21.00 Trio clarinetto, viola e pianoforte Pietro Tagliaferri clarinetto, Filippo Milani viola, Siro Saracino pianoforte Giovedì 12 agosto Mattarana, Parco dei Tigli h. 21.00 Concerto a due pianoforti e percussioni Guido Bottaro e Roberto Logli pianoforti Daniele Lunardini e Dario Doriani percussioni Venerdì 13 agosto Bonassola, Oratorio di S. Erasmo h. 21.00 Concerto per flauto e arpa Massimo Mercelli flauto, Patrizia Tassini arpa Sabato 14 agosto Carro, Casa Nasca h. 18.00 Conversazione paganiniana Paganini, unico direttore... a cura di Dario De Cicco Sabato 14 agosto Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30 Recital del violinista Marco Rizzi Edoardo Strabbioli piano 95 Festival Paganiniano di Carro 2010 Informazioni Prima o dopo concerto 96 La Spezia All’inferno via Lorenzo Costa 8 T 0187 29458 La Cantina via Fazio 85 C 339 8036384 / 392 5268980 Osteria di Mimmi p.zza Sant’Agostino 66 T 0187 751434 Anche la domenica su pre­ notazione Pane vino e San Daniele via del Torretto 15 T 0187 778583 su prenotazione C 392 5047750 / 333 1715712 Toa degli Aranci via Manin 23 T 0187 761645 su prenotazione Trittico via Cavallotti 62 T 0187 735509 su prenotazione Antica Trattoria Dino Vevè via Cadorna 18 T 0187 735004 su prenotazione Carro Ristorante pizzeria Da Fausto, via Marconi, 38. T 0187 861305 (18,00 euro) Agriturismo biologico Cà du chittu, Isolato Camporione, 25. T 0187 861205 (25,00 euro) Agriturismo Miramonti fraz. Castello loc. Cappella. T 0187 861193 (18,00/22,00 euro) Trattoria Cerreta, Cerreta fraz. di Carro loc. Cerreta. T 0187 861283 (20,00 euro) Trattoria Toso Giovanni,Toso GiovanniToso Giovanni fraz. Ponte S. Margherita via Piave, 30. T 0187 891532 (18,00 euro) Maissana Albergo Mafun via Provinciale, 6. T 0187 845622 (18,00/20,00 euro) prima dopo Festival Paganiniano di Carro 2010 Informazioni Mattarana Antica Locanda Luigina via Aurelia 185 T+39 0187.893683 C 348 7628240 (18,00/20,00 euro) Rocchetta Vara Cuccaro Club via Campo Picchiara,150. T 0187 890210 (20,00 euro) Sesta Godano Ristorante La Margherita via Caduti della Libertà. T 0187 891233 (20,00 euro) Dove sono alla Spezia 97 3 5 4 6 2 TAXI 7 1 All’inferno 2 La Cantina 3 Pane vino e San Daniele 4 Trittico 5 Osteria di Mimmi 6 Toa degli Aranci 7 Vevè (Antica trattoria Dino) Festival Paganiniano di Carro 2010 Informazioni Orario notturno mezzi pubblici in città via Chiodo N 22.35 23.35 00.35 22.53 23.53 Ospedale Viale Ferrari Canaletto Ponte Scorza Migliarina via Fiume FS Mazzetta Via Bixio via Chiodo 23.20 23.50 00.15 23.27 23.52 00.22* 00.52* Ospedale via Fiume FS Canaletto Fossitermi *Capolinea STAZIONE FS via Chiodo 23.25 00.57** **Capolinea OSPEDALE Ospedale Migliarina Vezzano FS Sarciara alta Fezzano Le Grazie Porto Venere 23.40 Cadimare Orari feriali in vigore dal 15/06 Radio Taxi 0187 523523 Festival Paganiniano di Carro 2010 Informazioni Orario Bus Navetta Riservato Orario partenze dalle fermate Via della Pianta Al Capolinea della Linea 1 1 Via Vittorio Veneto Fermata Comune 2 Stazione Centrale La Spezia FS 3 Data/Luogo 17.7 Carro 21.7 Suvero 24.7 Maissana 25.7 Sesta Godano 29.7 Porciorasco 31.7 Carro 6.8 Beverino 8.8 Ponzano Superiore 12.8 Mattarana 14.8 Carro 18.15 19.15 18.15 19.15 18.15 18.15 19.45 20.30 19.00 16.40 18.30 19.30 18.30 19.30 18.30 18.30 20.00 20.15 19.15 16.55 Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso intero. Il rietro è previsto al termine di ogni conceto. 18.45 19.45 18.45 19.45 18.45 18.45 20.15 20.00 19.30 17.10 99 Festival Paganiniano di Carro 2010 Informazioni Biglietteria 69 100 Omaggio a Paganini, Concerto dei Solisti Veneti diretti da Cludio Scimone al Teatro Civico: Posto unico numerato 20,00euro (Con riduzione a 15,00euro acquistando contemporaneamente l’abbonamneto a 10 concerti del festival di 40,00euro) Concerti a Carro: intero 15,00euro ridotto 12,00euro. Concerti in altre sedi: intero 12,00euro ridotto 10,00euro. Abbonamenti a 10 concerti 40,00euro. Riduzioni La riduzione è accordata ai soci della Società dei Concerti onlus, del Touring Club Italiano, Società Italiana di Musicologia ed ai soggetti previsti dalla Legge. Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso intero Pisa Lucca Firenze Roma Milano Parma Brennero Venezia Genova Torino Milano Ventimiglia Porciorasco A15 Maissana Sesta Godano Carro Mattarana A12 SS 1 Suvero O CARRODAN SP566 BRUGNATO SP566 dir Bonassola LA SPEZIA S.STEFANO Ponzano Sup. Beverino SS 1 A12 La Spezia Il territorio del Festival La Spezia e val di Vara Note 102 103 104 Informazioni T 0187 731214 C 320 0443341 C 347 6843236 Società dei Concerti onlus Via del Prione 45 19121 La Spezia www.sdclaspezia.it [email protected] Ufficio stampa Studio Montparnasse Dott.ssa Paola Stefanucci C 347 6843236