n. 7-2015 - Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca

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7| 2015
piega costola
RIVISTA DELLA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA
CONGRESSO ACRI – FESTIVAL LUCCA CLASSICA – EVENTI – CULTURA – SOCIALE – POLI DI INNOVAZIONE
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RIVISTA DELLA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA
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Editoriale
Congresso ACRI
Il futuro delle fondazioni bancarie passa da qui
Mostre, eventi musicali, visite guidate:
tutti gli appuntamenti all’insegna di cultura e turismo
Lucca Classica Music Festival
La città della musica immersa nella musica
Il programma della tre-giorni
San Francesco: eventi 2015
Riflettori sul regista canadese attraverso
le sue mostre visionarie
Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa
Nicola Piovani in San Francesco:
una colonna sonora da Oscar
Matteo Civitali, un gradito ritorno
7 Fondazioni per la cultura
Investire in beni artistici e attività culturali
Interventi sul territorio
La rinascita del Mercato del Carmine
Mura, una passeggiata intorno alla città
Pineta di Viareggio, patrimonio della città
Dalla Canina alla Verdecchia, la riscoperta
dei rari vitigni della Garfagnana
I valori della Garfagnana nella Banca della Memoria
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L’attenzione ai bisogni sociali
Tornare a vivere … insieme
Una volta erano le colonie estive
Cultura: un ricco 2015
Tutto l’amore che c’è
La Toscana del Novecento fa bella mostra di sé
Il genio toscano in mostra
Alla ricerca del nostro secolo breve.
La GAMC di Viareggio
Storia di un’anima
La Versiliana. Estate 2015
Ricerca e formazione
Luci accese sulla notte dei ricercatori
Un sogno che si avvera: quando la ricerca
diventa prevenzione
Poli di innovazione
Innovazione nel settore cartario con InnoPaper
Novità editoriali
Il passo di Gentucca
Le Croniche di Giovanni Sercambi in lingua corrente
Nel segno di Boccherini: un nuovo cd dedicato
alla grande musica lucchese
FCRL MAGAZINE 7|2015
Marcello Bertocchini
direttore
Marcello Petrozziello
direttore responsabile
Comitato di redazione
Giorgio Tori
Marcello Bertocchini
Marcello Petrozziello
hanno collaborato a questo numero
Barbara Argentieri, Sara Berchiolli,
Nadia Davini, Iacopo Lazzareschi Cervelli,
Alessandro Petrini, Andrea Salani,
Paola Taddeucci, Vincenzo Tedesco
consulenza editoriale: Publied – Editore in Lucca
progetto grafico e impaginazione: Marco Riccucci
© 2015, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
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Con la firma del Protocollo d’intesa tra MEF e ACRI, ha preso il via, nel 2015, il processo di autoriforma delle fondazioni di origine bancaria. Il Protocollo stabilisce alcuni
principi ai quali le singole Fondazioni si impegnano a conformarsi, modificando se
necessario i propri Statuti, al fine di garantire ulteriormente l’autonomia e l’efficacia
della propria governance; rafforzare il processo di diversificazione dei propri investimenti; valorizzare la trasparenza del proprio operato, con particolare riferimento all’attività erogativa.
Su quest’ultimo punto, le Fondazioni si impegnano, fra l’altro, a rendere pubblici gli
esiti del processo di valutazione delle iniziative proposte, nonché a pubblicizzare sui
propri siti internet i risultati delle valutazioni sulle iniziative finanziate, sui costi e sugli
obiettivi sociali raggiunti.
Per perseguire questi risultati la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, oltre ad
approfondire i propri rapporti con gli stakeholder, si sta dotando di una serie di ‘soggetti intermedi’, ciascuno operante in uno specifico settore di intervento della Fondazione stessa.
Gli organi di questi soggetti, in forza delle loro competenze ed eventualmente coadiuvati da appositi Comitati Scientifici espressione degli stakeholder, saranno in grado
di recepire meglio le istanze del territorio, trasmettendole agli organi della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca perché le inseriscano nella propria progettualità. Inoltre
potranno indirizzare la realizzazione di progetti riconosciuti di particolare rilevanza per
il territorio di riferimento; effettuare le necessarie analisi tecniche delle richieste di
contributo per i settori di competenza; valutare l’impatto delle iniziative finanziate.
Un primo esempio di tali ‘soggetti intermedi’ è dato dalla Fondazione per la Coesione
Sociale, recentemente costituita, con lo specifico obiettivo di operare nel settore
dell’assistenza sociale e socio-sanitaria e della cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale.
Un «ente strumentale» focalizzato sulle tematiche più attuali e urgenti, che annovera
tra le sue principali finalità la costituzione di una rete territoriale tra gli enti operanti nel
settore, per favorire una migliore sinergia, generare opportunità di cooperazione e limitare la dispersione delle risorse.
Proprio le tematiche del protocollo d’intesa e le prospettive future sono state al centro
del Congresso dell’ACRI che si è tenuto a Lucca il 18 e il 19 giugno 2015. Un vero
motivo d’orgoglio per la Fondazione ospitare questo importantissimo evento triennale
nel Complesso di San Francesco, dove, con la partecipazione di illustri ospiti istituzionali, le Fondazioni di origine bancaria si sono confrontate sui temi della Coesione,
dello Sviluppo e dell’Innovazione.
Il 2015 è stato poi un anno particolarmente intenso anche sotto il profilo degli eventi,
che hanno animato non solo il Complesso di San Francesco ma in generale le serate
di Lucca e provincia. Appuntamenti, come ben si intuisce dai reportage contenuti in
questo numero, che rappresentano un contributo diretto alla crescita culturale del
territorio, sostenendone inoltre l’economia turistica anche nei periodi più deboli.
Un augurio di «buona lettura» dunque di questo nuovo numero del magazine, che
vuol fotografare l’attività della Fondazione e con essa restituire l’immagine di un territorio, delle sue esigenze, delle nostre risposte.
Marcello Bertocchini
Direttore della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
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CONGRESSO
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ACRI
Il futuro delle fondazioni bancarie
passa da qui
D
ue giorni da capitale dell’economia e della finanza italiana in cui
decidere l’assetto futuro delle fondazioni, ancora troppo spesso
alle prese con una natura duale
tra la loro origine bancaria e l’obiettivo della beneficenza prevista da statuto. È stato questo
il tema centrale del ventitreesimo Congresso
nazionale dell’Acri, l’Associazione di Fondazioni di origine bancaria e Casse di Risparmio
Spa, organizzato dalla Fondazione Cassa di
Risparmio di Lucca il 18 e 19 giugno scorsi.
Una riunione degli stati generali, che si è tenuta nel Complesso conventuale di San Francesco e che ha portato a Lucca 550
congressisti, 200 accompagnatori, oltre a 50
giornalisti in rappresentanza dell’intera stampa
nazionale, con la presenza delle troupe di Rai,
Mediaset e Sky. Tutto per documentare quella
che potrebbe essere definita addirittura una
svolta epocale per questo tipo di enti. Non a
caso, infatti, subito dopo l'evento, il presidente, insieme agli altri vertici di Acri, tra cui il
presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Arturo Lattanzi, è partito per
Roma dove ha incontrato Papa Francesco,
presentando i progetti sociali dell’Associazione, soprattutto per quanto riguarda gli interventi nell’housing sociale e a sostegno delle
fasce più deboli della popolazione. In sostanza
si è trattato di un vero summit dell’economia
e della finanza italiana che per 48 ore ha tenuto Lucca sotto gli occhi dei riflettori, con un
successo di presenze ma anche di prestigio
per la città, che è stata la prima, non capoluogo di regione, a ospitare un evento del genere. Si è parlato di «Coesione, sviluppo,
innovazione» con tanti big della politica nazionale arrivati per prendere la parola.
IL SALUTO DEL QUIRINALE
Ad aprire i lavori sono state le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
che ha inquadrato il momento attuale come
una grande fase di cambiamento per l’Italia,
«caratterizzato da incoraggianti segnali di
ripresa per la nostra economia, che è importante sostenere con impegno da parte di
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Alessandro Petrini
Nel Complesso
conventuale
di San Francesco
si è tenuto
il 23° Congresso
nazionale
dell’Associazione
di Fondazioni di origine
bancaria e Casse di
Risparmio Spa
tutti». Sullo sfondo, quello che resta della
lunga crisi degli ultimi anni che ha lasciato un
segno pesante sul fronte dell’occupazione,
della coesione sociale e territoriale, ma anche
sullo stesso sistema bancario, appesantito
da prestiti in sofferenza che ancora limitano
la possibilità di rilanciare il credito all’economia
reale, mentre sono stati richiesti considerevoli
sforzi per il consolidamento del patrimonio
per presidiarne la stabilità. «È dunque particolarmente apprezzabile – ha continuato Mattarella – concentrarsi oggi sui temi di “Coesione,
sviluppo, innovazione”, componenti essenziali
per il recupero di condizioni di crescita economica e di maggiore inclusione sociale, migliori opportunità per la valorizzazione del
merito e lo sviluppo del potenziale dei nostri
giovani. Le fondazioni di origine bancaria portano da sempre un fondamentale contributo
allo sviluppo economico e sociale dell’Italia e
possono dare un sostegno decisivo per la
crescita delle comunità, sia di quelle nelle
quali esse si sono sviluppate, sia di quelle
più svantaggiate verso cui orientare iniziative
di solidarietà, con visione di lungo periodo e
attenzione particolare alla dimensione sociale,
alla ricerca e al patrimonio culturale dei nostri
territori». Il Presidente ha poi apprezzato il
protocollo d’intesa siglato fra il Tesoro e la
stessa Acri, che ha l’obiettivo di portare all’adeguamento dei principi guida di investimento e di governance.
IL TEMA DEL CONGRESSO
È il presidente Guzzetti a introdurre il concetto
di coesione, fondamentale per il futuro dell’Acri
e delle fondazioni di origine bancaria. «Ritengo
davvero che agire uniti, pur nell’autonomia e
nella responsabilità di ciascuno, sia un valore
aggiunto da non trascurare: un valore che
l’Acri ha da sempre coltivato. Anche se non
è detto che insieme si vinca, è però quasi
certo che da soli si perde. Le fondazioni da
sole non sono in grado di risolvere nessuno
dei grandi problemi del Paese, ma possono
sperimentare nuove soluzioni, fare rete con
altri soggetti, in particolare nel mondo del volontariato e del Terzo settore, dando un con-
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foto Alcide
tributo importante ai servizi alla persona,
all’arte e cultura, all’ambiente, alla ricerca
scientifica. Non a caso abbiamo voluto centrare
i contenuti del nostro Congresso nazionale
intorno a tre parole chiave di cui la prima,
‘coesione’ è base indispensabile per le altre
due: una, ‘sviluppo’, in termini non solo economici ma anche e soprattutto civili e sociali,
che sicuramente non può generarsi se manca
la coesione sociale; l’altra, ‘innovazione’,
intesa come propensione ad andare oltre i
livelli già noti, spingendosi ad esplorare orizzonti
ulteriori e diversi, capaci di portare a gradi di
coesione e di sviluppo sempre più equi e
sostanziali, in un circuito virtuoso orientato
alla crescita di una civiltà che non lasci indietro
nessuno».
IL PROTOCOLLO ACRI-MEF
Il Congresso di Lucca ha rappresentato anche
la prima opportunità per presentare il protocollo
siglato dall’Acri con il Ministero dell’Economia
e delle Finanze. «Un segnale di grande responsabilità e maturità da parte delle nostre
fondazioni», come l’ha definito Guzzetti, «che
dimostra la decisa volontà di fare un ulteriore
passo avanti nel virtuoso percorso di dare
maggiore efficacia e trasparenza all’attività,
nel rispetto della propria autonomia e indipendenza. È un passo fondamentale nel processo di autoriforma delle fondazioni, voluto
dal Mef e dall’Acri nel solco della legge che
le regola: cioè la riforma Ciampi del 1998/99
e le successive modifiche. Esso è in funzione
del mutato contesto storico, economico e finanziario, da cui emergeva l’esigenza di specificare la portata applicativa dei principi consacrati dalla legge: principi che disciplinano
le fondazioni di origine bancaria affinché possano esprimersi sempre più pienamente quali
soggetti del Terzo settore». Un protocollo in
continuità con le scelte già effettuate dall’Acri
con la Carta delle Fondazioni, ma che porta
un’innovazione assoluta nel rapporto fra
vigilante e vigilato, perché ha trovato nel
dialogo e nel confronto costruttivo lo strumento
ideale per favorire comportamenti e prassi
sempre più virtuosi, nell’interesse delle co-
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munità e dell’intero Paese. «Si tratta di un
unicum giuridico nel panorama delle istituzioni
private sottoposte a vigilanza di un ente pubblico – prosegue Guzzetti –. Con la sua accettazione, le fondazioni ritengono opportuno
definire parametri di efficienza e di efficacia
operativa e gestionale ancora più stringenti
rispetto al passato, assumendo l’impegno di
applicare criteri di condotta comuni in ordine
a una pluralità di fattori, riconducibili a tre
principi: la riduzione del rischio; la rendicontazione; la loro autonomia e indipendenza da
soggetti terzi».
Infine c’è la questione della gestione del patrimonio, con l’obiettivo di ottimizzare la combinazione tra redditività e rischio del portafoglio
nel suo complesso. Un tema che tocca da
vicino soprattutto il rapporto tra fondazioni e
banche conferitarie. «Non si può, infatti, dipendere per la realizzazione della propria
attività istituzionale, che è quella filantropica,
dai risultati di un investimento troppo concentrato su un unico asset – ha detto –. Ho
piena consapevolezza del salto anche culturale,
e potrei forse dire affettivo, che la scelta di un
ulteriore allentamento dei rapporti con la
banca conferitaria comporta soprattutto per
quelle fondazioni di minori dimensioni legate
a casse profondamente radicate sui territori.
Peraltro si tratta di una scelta nel loro stesso
interesse, perché al di là dell’efficacia e dell’efficienza gestionale del portafoglio mostrata
da alcune fondazioni il cui asset quasi esclusivo
è la banca, le vicende dell’ultimo periodo
hanno mostrato come per altre fondazioni la
pervicace determinazione a tenere legato il
proprio destino a quello della conferitaria sia,
alla fine, risultato penalizzante per entrambe.
Diversificare il proprio portafoglio di investimenti
non annulla i rischi, ma certo li contiene. E
questa non è un’opinione, ma una legge
economica. Il radicamento nel territorio delle
piccole casse di risparmio – ha aggiunto – è
un valore che l’Acri ha sempre difeso in
passato e che difenderà in futuro, ma occorre
proporre soluzioni che non contraddicano la
necessità di diversificare il patrimonio delle
fondazioni azioniste».
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foto Alcide
IL FUTURO DELLE FONDAZIONI BANCARIE
PASSA DA QUI
LE BANCHE
Sono molte le banche che hanno potuto
contare sulla presenza, nel loro capitale
sociale, delle fondazioni, che ne hanno accompagnato le scelte, favorendone il rafforzamento patrimoniale attraverso la sottoscrizione degli aumenti di capitale e la rinuncia
alla distribuzione dei dividendi, con l’intento
di sostenerne l’attività di finanziamento delle
famiglie e delle piccole e medie imprese. Per
il numero uno di Acri a livello globale si
registra una sorta di strabismo. «È unanime il
giudizio che il sistema bancario italiano è
sano e non ha richiesto soldi pubblici: quelli
alla Banca Mps erano prestiti, a tassi particolarmente pesanti, che in parte sono già stati
restituiti e che, grazie all’aumento di capitale,
saranno interamente restituiti – ha spiegato
Guzzetti – In altri paesi – Usa, Inghilterra,
Spagna, Francia e soprattutto Germania –
l’intervento pubblico è stato pesantissimo ed
è tuttora in corso. Le due banche di cui sono
azioniste molte fondazioni si trovano invece
in testa alle graduatorie europee e internazionali
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per patrimonializzazione, liquidità, basso tasso
di insolvenze. Questi dati non sono controvertibili. Allora è giusto riconoscere una buona
volta che è stato merito delle fondazioni avere
sostenuto, in alcuni casi proposto, gli aumenti
di capitale delle banche, rinunciando per
diversi esercizi ai dividendi».
L’ATTIVITÀ EROGATIVA
Sotto il coordinamento dell’Acri, le fondazioni
hanno realizzato anche importanti progetti
congiunti. Primo fra tutti la realizzazione della
Fondazione con il Sud. Nata da un’alleanza
fra reti – le Fondazioni di origine bancaria e il
mondo del Terzo settore e del volontariato –
la Fondazione con il Sud è riuscita a potenziare
le strutture immateriali per lo sviluppo sociale,
civile ed economico del Meridione, attuando
forme di collaborazione e di sinergia con le
diverse espressioni delle realtà locali, in un
contesto di sussidiarietà e di responsabilità
sociale. Le Fondazioni di origine bancaria –
dopo aver messo a disposizione le risorse
per costituirne il patrimonio, circa 315 milioni
di euro, di cui 210 milioni versati direttamente
dalle fondazioni di origine bancaria e i restanti
105 milioni provenienti da risorse extra che
avevano destinato ai fondi speciali per il volontariato – erogano ogni anno alla Fondazione
con il Sud circa 20 milioni di euro. Questo
vuol dire che dal 2006 al 2014 le hanno riconosciuto complessivamente 209 milioni di
euro per svolgere la sua attività filantropica,
che si è concretizzata in oltre 700 iniziative,
tra cui la nascita delle prime cinque Fondazioni
di Comunità meridionali (nel centro storico e
nel Rione Sanità a Napoli, a Salerno, a
Messina e nella Val di Noto), coinvolgendo
200mila cittadini, soprattutto giovani, di cui il
41% minori.
Fra le altre iniziative congiunte ci sono: nel
campo della solidarietà internazionale, l’iniziativa
Fondazioni for Africa Burkina Faso, che garantirà il diritto al cibo e alla sicurezza alimentare
a 60mila persone, puntando su agricoltura
familiare, microfinanza, formazione degli operatori, educazione alimentare e coinvolgendo
in prima persona le donne del Paese; nel
campo del welfare, oltre alla Fondazione con
il Sud, le iniziative di housing sociale realizzate
insieme al fondo nazionale Fia (Fondo investimenti per l’abitare); nel campo della ricerca
scientifica, il progetto Ager, finalizzato allo sviluppo del settore agroalimentare attraverso il
sostegno ad attività di ricerca che contribuiscano al miglioramento dei processi produttivi,
allo sviluppo di tecnologie e alla promozione
e valorizzazione del capitale umano in questo
settore; inoltre, sempre nel campo della
ricerca, il progetto «Young Investigator Training
Program», destinato a giovani ricercatori operanti all’estero che, per un mese, lavoreranno
presso gli enti di ricerca italiani che aderiranno
all’iniziativa, realizzato con l’obiettivo di favorire
la mobilità dei giovani ricercatori al fine di
stabilire e consolidare rapporti tra gruppi di ricerca stranieri e italiani per la definizione di
programmi di interesse comune. E ancora:
nel campo dell’arte e della cultura, il bando
Funder35, inteso a far decollare le migliori
imprese culturali non profit giovanili che si distinguano per la qualità dell’offerta e per una
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foto Alcide
FCRL CONGRESSO ACRI
da sinistra: Piero Fassino (Presidente dell’Anci), Alessandro Tambellini (Sindaco di Lucca), Stefania Giannini (Ministro dell'Istruzione), Arturo
Lattanzi (Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca), Enrico Morando (Viceministro dell'Economia e Finanze), Giuseppe Guzzetti
(Presidente Acri)
corretta politica del lavoro; nel campo della
tutela dell’ambiente, il progetto Vento: una
dorsale cicloturistica da Venezia a Torino
lungo il fiume Po, passando per Milano, progettata dal Politecnico di Milano, al cui supporto
si sono impegnate diverse fondazioni di origine
bancaria il cui territorio di riferimento ne è attraversato.
IL REGIME FISCALE DELLE FONDAZIONI
In un momento così difficile per l’economia –
aggravata dai pesanti tagli al sistema di
welfare – quelli forniti dall’Acri sono numeri
da capogiro. E dimostrano come le fondazioni
bancarie stiano assorbendo in questi anni i
contraccolpi di una crisi ormai fin troppo
diffusa. Dal 2000 sono stati infatti erogati
complessivamente 18,4 miliardi di euro. Poco
meno della metà (8,3 miliardi) solo negli ultimi
6 anni. Ma non è tutto. «Abbiamo accantonato
altri due miliardi per il futuro», ha assicurato
Guzzetti. Dalla cultura al sociale, dall’impren-
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ditoria alle opere pubbliche: non c’è settore
in cui si compiano interventi o si eroghino
servizi senza il contributo determinante delle
fondazioni.r
«Le fondazioni di origine bancaria – precisa –
sono soggetti privati non profit che fanno
parte dell’organizzazione delle libertà sociali,
come ha affermato la Corte Costituzionale
con la sentenza 300 del 2003, ma che tuttavia
in questi anni hanno subito un progressivo
inasprimento fiscale. Nel luglio 2014 gli oneri
sui rendimenti derivanti dagli investimenti finanziari sono passati dal 20% al 26% (dopo
aver già subito nel 2012 l’incremento dal
12,5% al 20%); la successiva legge di stabilità
per il 2015 ha poi portato a un ulteriore
aggravio della tassazione sulle rendite finanziarie,
riducendo la quota di esenzione sui dividendi
percepiti dal 95% al 22,26% (quota rimasta
invece al 95% per i soggetti privati profit, le
cui risorse, a differenza di quanto avviene per
le fondazioni, non vengono riversate a favore
della collettività). Complessivamente, dunque,
si è passati dai 100 milioni di euro di carico fiscale complessivo per le Fondazioni nel 2011
ai 423,7 del 2014. È una segnalazione che,
quando il Governo lo riterrà possibile, mi
auguro possa essere valutata con la opportuna
attenzione. Perché questi sono soldi in meno.
Risorse che non vengono riversate a favore
della collettività».
Nel corso del Congresso tutti si sono trovati
d’accordo sul fatto che non si possa prescindere dal ruolo delle fondazioni di origine
bancaria, compreso Enrico Morando, viceministro dell’economia. Ed è stato proprio lui
a rispondere alla denuncia di Guzzetti aprendo
a una «possibile tassazione agevolata per le
fondazioni bancarie». Una scelta praticabile
che a suo dire potrebbe causare «un assalto
nei talk show di demagoghi e populisti».
Tramite un videomessaggio, poi, il ministro
del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano
Poletti si è detto pronto a trovare «un punto
di equilibrio per il carico fiscale».
LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI
Riguardo all’impegno congiunto delle fondazioni
nel capitale della Cassa Depositi e Prestiti,
per Guzzetti «le fondazioni continuano ad essere azionisti attivi e propositivi, dopo la conversione delle loro azioni privilegiate in azioni
ordinarie (abbiamo il 18,4), affiancando il Governo nel sostegno degli enti locali, delle infrastrutture, delle imprese e di importanti iniziative quali appunto il piano di housing
sociale. Il ruolo della Cassa per lo sviluppo
del Paese è essenziale. Recentemente è
stata oggetto di un’iniziativa dell’esecutivo
che intende rilanciarne l’attività a supporto
della politica industriale. La posizione delle
64 fondazioni che attualmente ne sono azioniste è stata definita all’interno di Acri ribadendo
la nostra valutazione positiva per il grande
lavoro svolto in questi anni dal presidente
Franco Bassanini e dall’amministratore delegato
Giovanni Gorno Tempini, che ringrazio insieme
ai nostri rappresentanti nel consiglio di amministrazione di Cdp, Mario Nuzzo e Marco
Giovannini. Se la volontà del Governo è il ri-
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IL FUTURO DELLE FONDAZIONI BANCARIE
PASSA DA QUI
lancio della Cassa, noi collaboreremo positivamente come abbiamo fatto in passato, affinché sia un centro di propulsione e di sostegno dell’economia reale del Paese, ma
l’obiettivo dei conti in ordine è una premessa
irrinunciabile».
LA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO
DI LUCCA
La strada tracciata da Guzzetti è la solita
seguita anche dal presidente della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca, Arturo Lattanzi,
secondo cui «nel quadro in cui ci troviamo ci
aspettiamo che le fondazioni puntino a realizzare nuove e migliori condizioni di benessere
delle comunità, attraverso la creazione e il
potenziamento di reti di sostegno, rafforzando
il coinvolgimento nella vita collettiva di fasce
sempre più ampie della popolazione». Un
obiettivo ben delineato ma non sempre facile
da realizzare. «È da questa consapevolezza
– prosegue – che la nostra fondazione negli
ultimi anni ha avviato un confronto costruttivo
con le principali istituzioni e rappresentanze
territoriali, per la conoscenza dei problemi e
per la ricerca di soluzioni e di progettualità
condivise». Una funzione di sussidiarietà che
è apprezzata anche dal sindaco di Lucca
Alessandro Tambellini, secondo cui l’Ente di
San Micheletto oltre al ruolo sociale «svolge
un’azione amplissima con interventi importanti
per il mantenimento dei monumenti, attenzione
al sociale e attività in altri settori. Le fondazioni
sono elementi sussidiari nella vita dei territori
e per certi versi insostituibili. Negli ultimi anni
hanno erogato tra i 26 e i 32 milioni di euro,
un innesto del quale non avremmo potuto
fare a meno sia in termini economici, sia di
coesione sociale».
Proprio il ruolo strategico nella realizzazione
di infrastrutture e nel raggiungimento di obiettivi
programmatici è l’aspetto che sta più a cuore
al presidente della Toscana Enrico Rossi,
che addirittura vorrebbe riprodurre con altri
enti il modello di azione portato avanti negli
ultimi anni dalla Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca. «Abbiamo ottime relazioni e un
modo di agire che dovrebbe essere preso
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come esempio perché si basa sul confronto
e consente di attivare un sistema virtuoso di
attrazione dei finanziamenti che finora ha dato
e sta dando risultati importanti, permettendo
di moltiplicare le risorse anziché disperderle.
Si tratta di una fondazione di carattere privato
e sociale legata al territorio: questo non
significa che vada per contro proprio, ma
anzi è proprio questo aspetto che consente
di trovare equilibri per innescare un effetto
moltiplicatore che va a ulteriore beneficio
delle esigenze dei cittadini e della collettività.
In Toscana ogni anno vengono erogati più di
100 milioni di euro, mi piacerebbe che questo
rapporto sviluppato con Lucca si potesse
estendere anche al resto della regione. Mi
schiero pienamente con chi supporta progetti
per il territorio. In quest’ottica, il dialogo tra
istituzioni e fondazioni rappresenta lo snodo
tra lo stato e la realtà».
CONCLUSIONI
Dopo il grido d’allarme sull’eccessivo aumento
della tassazione, le fondazioni hanno scelto
di inserire le loro criticità anche nel documento
conclusivo del Congresso nazionale. Nella
mozione è stata aggiunta anche una sorta di
cahier de doléances, nel quale si sottolinea
che «il regime di tassazione non solo non valorizza, ma addirittura penalizza il ruolo sussidiario delle fondazioni», a differenza di altri
paesi europei in cui la cultura del privato
sociale è molto più consolidata. Nel resto del
documento la parola d’ordine è diversificare
il patrimonio per salvaguardarlo. Niente più
speculazioni né, soprattutto, accumulo di
partecipazioni che troppo spesso negli ultimi
anni hanno eroso il capitale di alcune fondazioni
che si sono dimostrate forse fin troppo intente
a mantenere intatto il cordone ombelicale
con la propria banca conferitaria. I criteri di riferimento devono essere quelli che mirano
innanzitutto a salvaguardare la tutela del patrimonio e diano sostegno all’economia locale.
Anche per questo l’Acri si impegna ad accompagnare le casse di risparmio nella ricerca
di maggiori livelli di efficienza, riconoscendo
le specificità di quelle partecipate dalle piccole
fondazioni nel loro rapporto con le conferitarie
e con il territorio di cui promuovere lo sviluppo
economico.
Nel documento finale si parla naturalmente
anche del tema principale della due-giorni:
«Coesione, sviluppo, innovazione». Tematiche
che nel corso della manifestazione sono
state discusse e approfondite a lungo, cercando poi di rifocalizzare la missione delle
fondazioni verso la sussidiarietà e il volontariato.
Un modo per risolvere, una volta per tutte, il
dualismo interno alle fondazioni, dovuto all’origine bancaria e all’obiettivo statutario della
beneficenza: questione, quest’ultima, che
sembra ormai essere ampiamente superata
dal Congresso in cui si è annunciata la
volontà di arrivare a un’intesa con l’Anci,
l’associazione nazionale dei Comuni, per
creare rapporti strategici e iniziative orientate
alla coesione e all’inclusione sociale. In poche
parole si punta significativamente alla cura
del welfare, in cui è da leggersi anche
l’incontro con Papa Francesco in Vaticano,
per realizzare una grande iniziativa di collaborazione con il mondo del volontariato e
del Terzo settore, per combattere le nuove
povertà e sostenere quei giovani nati e cresciuti in contesti svantaggiati.
Tra gli altri punti della mozione, vi è poi
l’impegno a farsi carico dei problemi dell’infanzia, promuovendo iniziative in grado di garantire un futuro migliore a chi ha avuto meno
possibilità di altri. Per questo si continuerà a
sollecitare una profonda revisione della disciplina fiscale del privato-sociale basata sul
valore sociale delle finalità di interesse generale
perseguite. Infine, il ruolo che le fondazioni
possono giocare nel rinnovo dei vertici di
Cassa Depositi e Prestiti. «Per gente che ha
buona volontà – ha concluso Guzzetti – c’è
sempre un obiettivo di accordo e noi stiamo
lavorando da settimane proprio in questa direzione. Le fondazioni non frapporranno alcun
tipo di ostacolo. L’unico nostro interesse è
avere tranquillità per il futuro: ci accontentiamo
dei tre posti previsti per la lista di minoranza e
non abbiamo chiesto altro».
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M
ostre, concerti e opportunità
per visitare Lucca e i suoi dintorni, dalle ville della Piana fino
alla Versilia. Questo il ricco
programma di eventi collaterali
che ha animato la due-giorni lucchese del
Congresso nazionale dell’Acri. Uno su tutti, la
mostra «Illustrissimi. Il ritratto tra vero e ideale
nelle collezioni delle Fondazioni di origine bancaria della Toscana», che per un mese e
mezzo, fino al 31 luglio, è stata allestita nella
casermetta del Museo nazionale di Villa Guinigi, proprio accanto al Complesso conventuale di San Francesco. In sostanza è stata
la terza tappa di un percorso ideale attraverso
l’arte italiana, che Acri aveva già iniziato nel
2012 con la rassegna a Bologna su «Il barocco emiliano» e proseguito poi lo scorso
anno a Milano con «Da Tiepolo a Carrà», una
mostra sui grandi temi della vita illustrati da artisti. Stavolta si è scelto di dare la possibilità
ai partecipanti al Congresso – e più in generale a tutti i lucchesi – di apprezzare alcuni dei
capolavori di proprietà delle Fondazioni, come
omaggio a loro e alla bellezza del territorio che
ha accolto l’evento.
«Le Fondazioni di origine bancaria sono convinte che il patrimonio storico-culturale del
nostro Paese possa essere trasformato in un
volano per lo sviluppo socio-economico – ha
spiegato il presidente dell’Acri, Giuseppe
Guzzetti – In questi ultimi anni il settore ha ricevuto oltre 4 miliardi di erogazioni che hanno
sostenuto mostre, restauri, concerti, iniziative
a favore della creatività giovanile, fino alla
crescita di veri e propri distretti culturali dove
arte, artigianato e bellezze paesaggistiche si
articolano sui territori in connubi virtuosi e originali».
Così dal 2012 è accessibile online, consultabile
tramite pc, tablet e smartphone, uno straordinario catalogo multimediale delle loro collezioni d’arte, realizzato e curato dall’Acri, con
la regia della commissione arte e cultura dell’Associazione. Si tratta di immagini e infor-
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foto Alcide
Mostre, eventi musicali, visite guidate: tutti gli
appuntamenti all’insegna di cultura e turismo
mazioni, con molteplici possibilità di lettura e
approfondimento, relative a oltre undicimila
opere d’arte fra dipinti, sculture, disegni, ceramiche, stampe, numismatica e arredi, inventariate secondo i più accurati standard
internazionali e riunite insieme in un unico catalogo che si chiama R’accolte, perché intende
accogliere e valorizzare nella loro specifica
identità i patrimoni d’arte delle singole fondazioni. Collezioni ampie e spesso varie sia
nella composizione che nella stratificazione
temporale, tanto da poter essere considerate
come il volto storico e culturale dei diversi
territori.
Negli stessi giorni del Congresso Acri, alla
Fondazione Ragghianti, nel Complesso di
San Micheletto, è stata inaugurata la mostra
«Creativa Produzione – La Toscana e il design
italiano 1950-1990», curata da Gianni Pettena,
Davide Turrini e Mauro Lovi. Un’altra iniziativa
culturale, nata con il sostegno della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca nell’ambito dell’iniziativa «Piccoli grandi musei. Toscana ’900.
Musei e percorsi d’arte».
Sempre in San Micheletto, i congressisti
sono stati accolti la prima sera, il 17 giugno,
con un cocktail musicale sulle note dei
maggiori compositori classici, per rendere
più piacevole l’arrivo dei partecipanti e far conoscere loro gli ambienti dove si trova la
sede della Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca. Durante la serata di gala invece le
sale di rappresentanza di Palazzo Ducale
hanno fatto da cornice a un’esibizione musicale, una sorta di flash-mob artistico, organizzata in collaborazione con la Fondazione
Festival Pucciniano. Musiche tratte dalle opere
del Maestro Giacomo Puccini, eseguite da
un trio di cantanti accompagnati al pianoforte.
Infine, un pensiero agli accompagnatori. L’organizzazione, per i due giorni di permanenza,
ha studiato tre itinerari per conoscere Lucca
e i suoi dintorni: il centro storico, un tour
guidato delle colline lucchesi e la Versilia, con
sosta a Pietrasanta e Forte dei Marmi. [A.P.]
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foto Alcide
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MOSTRE, EVENTI MUSICALI, VISITE GUIDATE:
TUTTI GLI APPUNTAMENTI ALL’INSEGNA DI CULTURA E TURISMO
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FCRL LUCCA CLASSICA MUSIC FESTIVAL
foto Lucia Federico
LUCCA CLASSICA
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MUSIC FESTIVAL
La città della musica immersa nella musica
L
e note di Puccini e Boccherini che
risuonano nel loggiato trecentesco
di Villa Guinigi, musica che proviene
dal terrazzo di Palazzo Pfanner, musica per le strade del centro e sulla
passeggiata delle Mura urbane. Bambini che
ascoltano attenti, con le gambette dondolanti,
la fiaba musicale di Pierino e il lupo, le sale
monumentali di Palazzo Ducale gremite di
gente che assiste allo struggente racconto
degli ultimi anni di vita di Schubert, giovanissimi studenti intenti ad ascoltare una lectio
magistralis sul rapporto tra musica e democrazia.
Queste alcune istantanee della prima edizione
del Lucca Classica Music Festival che nel
maggio scorso, per tre giorni, ha trasformato
la città in una grande sala da concerto con
musica da camera e musica sinfonica, guide
all’ascolto, eventi dedicati ai bambini e conferenze con artisti, scienziati e intellettuali di
rilievo internazionale. Tantissimi appuntamenti
distribuiti in tutto il centro storico, per una
manifestazione nuova che ha portato la
musica classica fuori dai luoghi che istituzionalmente la ospitano per proiettarla nelle
strade, tra la gente, proponendo al pubblico
una singolare esperienza, al contempo culturale ed emotiva.
Il Teatro del Giglio, le Mura, via Fillungo, la
chiesa di San Michele, il loggiato di Palazzo
Pretorio, il Museo Guinigi, la chiesa di Santa
Caterina, il Museo di Palazzo Mansi, l’auditorium
del «Boccherini» sono solo alcuni dei luoghi
che la manifestazione ha toccato, grazie
anche alla straordinaria capacità di collaborazione dimostrata dalle tante istituzioni cittadine
coinvolte dagli organizzatori fin dall’inizio di
questa avventura.
L’IDEA
Il Festival è stato ideato e realizzato dall’Associazione Musicale Lucchese e dal Teatro
del Giglio con il contributo della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca con l’intento di
proporre un nuovo approccio nei confronti
della musica classica che, soprattutto nel
nostro Paese, viene ancora associata a una
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Barbara Argentieri
fruizione formale ed elitaria, raramente capace
di parlare ad un pubblico giovane. Il Lucca
Classica – di contro – è stato un festival dinamico e interdisciplinare, in un certo senso
addirittura ‘pop’, che ha saputo coinvolgere
appassionati e neofiti, giovanissimi e famiglie.
Giunta al traguardo dei 50 anni di attività,
l’Associazione Musicale Lucchese (fondata
nel 1964 dal Maestro Herbert Handt) si è
fatta promotrice di questa manifestazione per
valorizzare l’immenso patrimonio culturale
della città e rendere omaggio alla tradizione
musicale di Lucca che, lo ricordiamo, ha
dato i natali ad autori del calibro di Geminiani,
Boccherini, Catalani, Puccini.
Il filo conduttore del Festival, come si legge
nella presentazione del direttore artistico
Simone Soldati, era «rendere evidente come
l’esperienza musicale porti con sé infinite ripercussioni storiche, psicologiche, sociali e
come il fare musica sia una grande testimonianza di civiltà». Da qui l’idea di coinvolgere
grandi musicisti ma anche personalità di
spicco provenienti da diversi ambiti culturali
per intrecciare la musica con le arti figurative,
con la filosofia e con la scienza.
Tra gli ospiti, quindi, l’ex magistrato Gherardo
Colombo che ha tenuto una lectio magistralis
sul rapporto tra musica e democrazia; Silvia
Bencivelli, Giuseppe Scotti e Pietro Pietrini
che hanno parlato del legame tra musica e
neuroscienze; Mario Brunello, presente al
Festival nella doppia veste di scrittore e musicista, con la musica di Bach e una riflessione
sul valore del silenzio. Ed ancora la conduttrice
radiofonica Gabriella Caramore che ha parlato
della pazienza; l’ex calciatore e commentatore
sportivo Massimo Mauro con un’interessante
riflessione sul talento e la disciplina nello
sport e nella musica; Sandro Cappelletto
con la sua emozionante drammaturgia dedicata
all’ultimo anno di vita di Schubert.
Tra gli obiettivi del Festival c’era anche il coinvolgimento dei giovani musicisti, ai quali da
sempre l’Associazione Musicale Lucchese
dedica un’attenzione particolare, offrendo loro
occasioni per confrontarsi con il palcoscenico
e con il pubblico. Da qui la ricerca di una col-
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foto Alcide
FCRL LUCCA CLASSICA MUSIC FESTIVAL
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laborazione significativa con l’Istituto Superiore
di Studi Musicali «L. Boccherini» che è stato
protagonista con i suoi studenti di due concerti
in anteprima che si sono tenuti in aprile. Da
segnalare, nel cartellone della tre-giorni, anche
la presenza di alcuni allievi del corso di Alto
Perfezionamento in Musica da Camera dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma e un
ulteriore spazio quotidiano per gli allievi del
«Boccherini».
IL SUCCESSO
Il programma del Festival è stato fittissimo:
dalle 16 del venerdì alle 21 della domenica
48 appuntamenti, 41 dei quali gratuiti. La
stima dei partecipanti alla tre giorni è di oltre
5500 presenze, ma è una stima necessariamente per difetto. Impossibile sapere quante
persone abbiano seguito la Boccherini Street
Band durante i suoi giri nel centro storico,
difficile calcolare quanta gente possa essersi
fermata davanti al Loggiato di Palazzo Pretorio
o abbia ascoltato dagli spalti il concerto in
programma sul Baluardo San Colombano.
Tra le persone che si sono sedute o fermate
nei musei, nelle sale di Palazzo Ducale, nei
teatri, nelle chiese, negli auditorium per ascoltare la musica e le conferenze, tanti appassionati ma anche tantissimi turisti, italiani e
stranieri. Numerose anche le famiglie con
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bambini che hanno partecipato ai sei appuntamenti dedicati ai più piccoli.
La tre-giorni di Festival è stata preceduta in
aprile da tre concerti di anteprima. Sul palco
per il primo appuntamento Massimo Quarta e
l’Orchestra di Padova e del Veneto con un
programma dedicato a Paganini e Rossini; a
seguire due concerti con gli allievi dell’Istituto
«Boccherini». Da segnalare come la novità e il
valore del progetto Lucca Classica siano stati
riconosciuti nell’ambiente musicale e culturale
italiano dove hanno raccolto ben presto consenso e importanti attestazioni di stima concretizzatisi nella media partnership di Rai Radio
Tre e della rivista Amadeus nonché nello straordinario patrocinio di Expo 2015.
IL SUCCESSO SUL WEB
A supporto del Festival, che è stato progettato
per attrarre appassionati e curiosi da tutta
Italia e proiettare Lucca nel panorama dei
grandi festival nazionali, un’attenta strategia
comunicativa via web. Il sito di Lucca Classica,
in poco più di un mese, ha fatto registrare
21mila accessi, per lo più dalla Toscana e
dal nord Italia con curiosi picchi anche da
Napoli. La pagina Facebook dell’evento ha
raggiunto più di 4,5 milioni di visualizzazioni
per un totale di oltre 780mila utenti raggiunti
e 2700 fan. Numeri davvero interessanti se
foto Lucia Federico
foto Lucia Federico
foto Lucia Federico
LA CITTÀ DELLA MUSICA IMMERSA NELLA MUSICA
si pensa che si tratta di musica classica e
che eravamo alla prima edizione del Festival.
LUCCA CLASSICA MUSIC FESTIVAL 2016
La prossima edizione del Lucca Classica
Music Festival si terrà il 6-7-8 maggio 2016
con alcune anteprime nella seconda metà di
aprile. La formula sarà la stessa, con grandi
interpreti e tanta musica nei luoghi più belli,
ma anche più insoliti, della città. Tra gli ospiti,
l’Orchestra Toscanini di Parma, l’Orchestra
Filarmonica Marchigiana, Alessandro Carbonare, Mario Brunello, Andrea Lucchesini,
Danilo Rossi, il Quartetto della Scala, Stefen
Milenkovich. Anche per la nuova edizione è
in programma una ricca sezione di eventi
dedicati ai bambini per condurli alla scoperta
della musica, in particolare di quella di Boccherini e Puccini. Non mancheranno gli esponenti di diverse discipline coinvolti in riflessioni
intorno alla musica e all’arte. Tra questi si segnalano il teologo Vito Mancuso, il giurista
Gustavo Zagrebelsky e l’ex magistrato Gherardo Colombo. Confermano la loro presenza
al Festival alcune grandi firme del giornalismo
italiano come Sandro Cappelletto, Oreste
Bossini e Angelo Foletto.
Dopo Sofjia Gubaidulina, nel 2016 il Premio
Lucca Classica Music Festival andrà al grandissimo soprano Raina Kabaivanska.
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FCRL LUCCA CLASSICA MUSIC FESTIVAL
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VENERDÌ 8 MAGGIO
MUSICA, SOLIDARIETÀ E NEUROSCIENZE
Il festival si è aperto nella tarda mattinata di
venerdì nel segno della tradizione musicale
lucchese con un cameo del violinista Alberto
Bologni che, in occasione della cerimonia
inaugurale, ha eseguito pagine di Francesco
Saverio Geminiani.
Nel pomeriggio, la prima serie di incontri e
concerti a ingresso gratuito. Per aprire, al
Teatro San Girolamo, La musica, vita e speranza per una nuova civiltà con le esperienze
di Donatori di Musica e Andare Oltre Si Può
e a seguire il concerto di Gabriele Ragghianti
(contrabbasso) e le Suite di Bach. Poi è stata
la volta del primo appuntamento dedicato all’affascinante legame tra musica e neuroscienze
con la conferenza Musica e cervello, dall’adulto
al bambino del neurologo Giuseppe Scotti.
A metà pomeriggio il critico musicale Angelo
Foletto ha introdotto la Nona Sinfonia di Beethoven, che è stata eseguita la sera stessa al
Teatro del Giglio dalla Spira Mirabilis. A seguire,
Francesco Bianchi, soprintendente del Maggio
Musicale Fiorentino, ha parlato del rapporto
tra economia e cultura.
L’appuntamento clou della prima giornata è
stato senza dubbio l’esecuzione della Nona
di Beethoven della Spira Mirabilis, compagine
composta da oltre 120 elementi tra coro e
musicisti, tutti giovanissimi, tutti con esperienze
importanti nelle maggiori orchestre europee.
Preceduti dalla loro fama (che ha fatto volare
le prevendite e ha regalato agli organizzatori
un entusiasmante partenza con il tutto esaurito),
i musicisti sono entrati tra gli applausi sul
palco del Teatro del Giglio e hanno preso
posto con ordine lasciando al centro un
vuoto ‘annunciato’ ma comunque disorientante
per chi li vedeva esibirsi per la prima volta.
Spira Mirabilis, infatti, suona senza direttore.
Come in un gruppo da camera, a legare e
collegare i musicisti sono gli sguardi, i sorrisi
che confermano la buona riuscita dei passaggi
più ostici e una grande partecipazione anche
fisica, un po’ ‘da solisti’. Il risultato? Altissimo
e travolgente. Al punto che dopo l’ultima
nota per un attimo il pubblico è rimasto so-
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foto Lucia Federico
Il programma della tre-giorni
speso. Poi tutti gli ordini sono esplosi in un
lunghissimo applauso che i giovani musicisti
‘democratici’, come li ha definiti il quotidiano
britannico «The Telegraph», hanno contraccambiato con inchini e saluti, ma anche con
grandi abbracci tra loro, segno tangibile della
soddisfazione di aver suonato insieme quel
capolavoro che è la Nona Sinfonia di Beethoven, di averlo fatto magistralmente e di
aver dato dimostrazione che la loro idea di
studio e di interpretazione della musica funziona.
SABATO 9 MAGGIO
ASPETTANDO BACH E MARIO BRUNELLO
Nella giornata di sabato il Festival è entrato
nel vivo con un susseguirsi di musica e conferenze, dalle 9.30 alla mezzanotte. La mattina
si è aperta a Palazzo Ducale, in Sala Ademollo,
con la musica del Graces Trio, composto da
alcune allieve del corso di Alto Perfezionamento
in Musica da Camera dell’Accademia di Santa
Cecilia di Roma e la musica di Beethoven. A
seguire un insolito e interessante incontro tra
Massimo Mauro, ex giocatore di calcio, attualmente giornalista sportivo di Sky, e il violoncellista Mario Brunello che hanno parlato
di talento e disciplina, nella musica come
nello sport. Dopo un breve concerto del pianista Gilberto Rossetti, giovanissimo studente
del liceo musicale «A. Passaglia» di Lucca, è
stata la volta di Gherardo Colombo che ha illustrato il rapporto tra democrazia e musica.
Poi il Festival si è ‘spostato’ al Museo nazionale
di Palazzo Mansi dove si è tenuto il concerto
di musiche per organo con Adriano Falcioni.
Durante la mattina, nelle vie del centro, la
Boccherini Street Band, con ottoni e percussioni, ha coinvolto e ha fatto ballare i lucchesi
e i turisti richiamati in centro dalla manifestazione
ma anche dal bellissimo sole primaverile che
ha caratterizzato tutto il primo fine settimana
di maggio.
Nel pomeriggio al Teatro di San Girolamo,
Gabriella Caramore, nota conduttrice di Radio3
Rai, ha parlato della pazienza mentre la
violinista Natasha Korsakova si è cimentata
con la musica di Bach. A Palazzo Ducale era
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FCRL LUCCA CLASSICA MUSIC FESTIVAL
in programma Da straniero inizio il cammino.
Schubert l’ultimo anno, un’intensa drammaturgia di Sandro Cappelletto con il tenore
Marcello Nardis e il pianista Simone Soldati.
Nel tardo pomeriggio ancora un concerto al
San Girolamo, questa volta con la pianista
Saskia Giorgini.
Durante il pomeriggio tanti gli appuntamenti
all’aperto, dedicati ai bambini. Sul Baluardo
San Colombano c’era Boccherini sulle Mura,
concerto del Piccolo Complesso dell’Associazione Musicale Fiorentina diretta da Marco
Mangani con la partecipazione di alcune scolaresche che durante l’anno hanno partecipato
al progetto didattico Io e Luigi veri amici, dedicato a Boccherini. Nel frattempo sotto il
loggiato di Palazzo Pretorio l’attrice Cristiana
Traversa, con le sue marionette, raccontava
ai più piccoli le trame delle opere liriche più
famose. Nel tardo pomeriggio, sempre in
piazza San Michele, la musica barocca con
Lorenzo Giovannelli, Elisabeth Lochman e
Gabriele Micheli mentre all’ora dell’aperitivo
in via Fillungo si è tenuto un insolito dj set di
musica classica.
In serata, nella chiesa di San Michele, l’attesissimo concerto del violoncellista Mario Brunello, preceduto da una conversazione con
Oreste Bossini sul tema del silenzio. Brunello
si è esibito suonando magistralmente alcune
pagine di Bach e, insieme al fisarmonicista
Ivano Battiston, il componimento In croce
della musicista russa Sofia Gubaidulina, ospite
d’onore del Festival.
La giornata si è conclusa nel segno del jazz
con l’esibizione di Michela Lombardi e Ugo
Bongianni in un noto ristorante della città.
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DOMENICA 10 MAGGIO
IL PREMIO A SOFIA GUBAIDULINA
E LO STABAT MATER DI BOCCHERINI
Il terzo giorno di Festival si è aperto alle 9.30
nella bellissima chiesa barocca di Santa Caterina dove si sono esibiti Danilo Rossi (viola)
e Manrico Padovani (violino). A Palazzo Ducale,
invece, c’era un appuntamento per i più
piccoli con Pierino e il lupo, la favola in
musica di Prokof’ev e, a seguire, il concerto
di Susanna Rigacci e Simone Soldati con le
più celebri liriche per voce e pianoforte di
compositori italiani come Rossini, Puccini,
Tosti. Spazio anche al jazz con Riccardo Arrighini e le sue improvvisazioni sulle arie di
Giacomo Puccini. Nel frattempo nella cattedrale
di San Martino, la Polifonica Lucchese diretta
da Egisto Matteucci animava la liturgia domenicale con un ulteriore omaggio alla tradizione musicale della città e il toccante Requiem
per coro, viola e harmonium di Giacomo
Puccini senior.
Nel pomeriggio tre appuntamenti in altrettanti
musei del centro storico: Remo Pieri ha suonato Stravinskij al Lu.C.C.A Museum, il Quartetto di Cremona si è esibito a Villa Guinigi
mentre Cristiano Rossi era a Palazzo Pfanner.
Per gli appassionati di neuroscienze, invece,
nell’auditorium del «Boccherini» ancora due
conferenze sul rapporto tra musica e cervello
con la giornalista scientifica Silvia Bencivelli e
lo psichiatra Pietro Pietrini. A seguire il concerto
del pianista Andrea Lucchesini con musica
di Schumann, Debussy e Corea.
Nel tardo pomeriggio, nella chiesa di San
Michele, uno dei momenti più intensi del Festival con la consegna del Premio Lucca
Music Festival a Sofia Gubaidulina, la più
importante compositrice contemporanea vivente, Leone d’oro alla carriera alla Biennale
di Venezia nel 2013.
Come il suo mentore Dmitrij Šostakovič, nella
sua lunga carriera Gubaidulina (nata nel 1931
a Čistopol’, in Russia) è riuscita a tracciare
un percorso musicale indipendente, resistendo
alla disapprovazione e alla censura sovietica
che non approvava la sua ricerca spirituale e
la sua libertà compositiva, fino ad affermarsi
come uno dei più interessanti autori della
musica russa del XX secolo. Negli ultimi decenni le sue composizioni sono diventate
ancora più note grazie ad artisti come Gidon
Kremer e Anne-Sophie Mutter che hanno
contribuito a diffondere la musica della Gubaidulina in tutto il mondo.
In suo onore, l’Orchestra del Boccherini diretta
da GianPaolo Mazzoli con Francesco Gesualdi
alla fisarmonica e Antonio Caggiano alle percussioni ha eseguito l’intenso componimento
Fachwerk, un brano dalle sonorità inusuali e
dalla profonda carica mistica che ha letteralmente incantato il folto pubblico presente all’evento.
Per chi passeggiava in città, intanto, c’era
musica nel loggiato di Palazzo Pretorio, il dj
set in via Fillungo e ancora un appuntamento
per i bambini con le marionette di Cristiana
Traversa.
Il Festival si è chiuso, poi, nel segno di Luigi
Boccherini. Dopo una sagace conversazione
sulla musica a tutto tondo tra il cantante Elio
di Elio e le Storie Tese e il giornalista Oreste
Bossini, è stata la volta del concerto del
Gringolts Quartet, con il soprano Malin Hartelius
e il contrabbassista lucchese Gabriele Ragghianti. Le ultime note del Lucca Classica,
ancora una volta nella bella chiesa di San Michele, sono state quelle dello Stabat mater
di Luigi Boccherini, doveroso omaggio alla
grande tradizione musicale lucchese. [B.A.]
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IL PROGRAMMA DELLA TRE-GIORNI
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EVENTI 2015
«
Riflettori sul regista canadese
attraverso le sue mostre visionarie
Per una banale questione di sangue,
quando faccio un film, quel film diventa automaticamente un mio, personale, film. Non mi preoccupo di
quelli girati in precedenza. Quando
sono su un nuovo set, penso solo a ciò che
sto facendo in quel momento. Il passato non
mi influenza e non mi condiziona, almeno non
nel modo di farmi pensare che per essere un
film di David Cronenberg deve esserci un elemento piuttosto che un altro».
Così David Cronenberg rispondeva nel 2005,
quando gli si chiedeva se il suo A History of
Violence non fosse un prodotto poco in linea
con la sua cifra e la sua vena di filmaker.
Un’affermazione con cui il regista rivendicava
una sua libertà intellettuale, ponendo in secondo piano, senza rinnegarla, la sua storica
etichetta di principe del body horror.
David Cronenberg è difatti un regista universale,
che certamente proviene da un settore specifico e ben marcato tra i generi cinematografici,
ma che ha saputo emanciparsi dal mondo
degli horror movies portandosi dietro la preziosa
eredità di quell’esperienza e con essa l’ossessione per l’immagine e la costante ricerca
della sperimentazione, se non della vera e
propria “invenzione”.
E nei film di questo geniale e meticoloso
regista canadese si incontrano sempre mondi
diversi, paralleli fra loro ma ancorati ad una
realtà che è di volta in volta espressione della
soggettività dell’autore, ma anche dei protagonisti stessi. Sono film ricchi di fantasia e
inventiva, nella trama, nei profili, nelle scenografie fino ai costumi e agli incredibili oggetti
di scena. Un’abbondanza di sfumature che
un’unica mostra non poteva contenere.
Per questo il Comitato Nuovi Eventi per
Lucca, grazie al supporto della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca e alla collaborazione di Lucca Film Festival/Europa Cinema,
ha pensato di proporre un circuito espositivo
straordinario, capace di coinvolgere tutto il
territorio provinciale.
Tre mostre, realizzate anche grazie al sostegno
di Pictet e Société Générale, per raccontare
David Cronenberg sotto ogni possibile pro-
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Andrea Salani
Riflettori sul regista
canadese attraverso
tre mostre visionarie
spettiva, accompagnati in un percorso capace
di riproporre il cammino del regista nel mondo
del cinema, di raccontare, in una parola, la
sua evoluzione.
Evolution, d’altronde, è proprio il titolo della
mostra principale di questo circuito. Ospitata
nelle sale espositive della Fondazione Ragghianti, questa monografica, che ha il merito
di seguire, passo dopo passo, la carriera di
Cronenberg dai primissimi esordi, è una produzione del Toronto Film Festival, ad oggi una
delle tre maggiori rassegne a livello mondiale.
Dalle locandine di The Brood alla capsula de
La mosca, dall’inquietante schermo di Videodrome alle entomologiche macchine da
scrivere de Il pasto nudo, e ancora molti altri
oggetti di scena partoriti dall’immaginazione
del regista, come la pistola ‘ossea’ di Existenz
e i complessi apparecchi ortopedici di Crash.
Il tutto in una rigorosa sequenza cronologica,
attraverso la quale si avverte un continuo
cambiamento, in cui la fantasia deriva da
un’attenta osservazione del mondo, di ciò
che di terribilmente inaspettato la realtà può
proporre. In questa lunga carrellata di oggetti,
poster e filmati si riconoscono le passioni di
Cronenberg, i suoi feticci mai nascosti, la
sua continua indagine sulla commistione dell’elemento organico con quello tecnologico.
Aspetti che si mostrano in tutta la loro essenzialità nelle dilanianti sequenze di Scanners,
passando per i violenti esperimenti del professor Seth Brundle in La Mosca e per la
profetica consolle di Existenz, fino ad arrivare
ai morbosi intrecci di corpi e lamiere in Crash.
La mostra non racconta solo una sequenza,
ma la progressiva maturazione di una precisa
idea di cinema, connessa ad una maniacale
cura dell’immagine, in cui la credibilità di una
scena si riflette pienamente nella credibilità
del film, al di là del grado di realismo del soggetto e della trama.
Evolution è dunque un grande affresco della
poetica di Cronenberg e culmina, nelle ultime
sale con gli spazi dedicati alle sue più recenti
realizzazioni.
Storie intense in cui il brivido, la paura e il mistero non sono contestualizzati in immaginari
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FCRL EVENTI
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RIFLETTORI SUL REGISTA CANADESE
ATTRAVERSO LE SUE MOSTRE VISIONARIE
mondi paralleli, ma si celano dietro vicende,
certo particolarissime e straordinarie, ma profondamente reali: la mostra racconta queste
intense pellicole attraverso gli abiti di scena
di La promessa dell’assassino e di A Dangerous Method, che insieme ad A History of
Violence compongono la triade di film in cui
Cronenberg ha incontrato, dopo Jeremy Irons,
il suo secondo attore feticcio, l’eclettico Viggo
Mortensen.
Il tutto corredato da uno splendido catalogo
dove i curatori della mostra, Piers Handling
(direttore del Toronto Film Festival) e Noah
Cowan, presentano un similare viaggio nel
tempo che partendo dagli anni Sessanta
arriva ai nostri giorni, proponendo di fatto
anche una storia delle tendenze artistiche in
ambito cinematografico, tendenze che Cronenberg raramente ha seguito e più frequentemente determinato.
Il percorso proposto nelle sale della Fondazione
Ragghianti conteneva solo una piccola citazione di un importante film di David Cronenberg, M. Butterfly. Questa pellicola del 1993
si lega in maniera spontanea a Lucca per la
citazione pucciniana ed è parso logico rimarcare questo legame ricavando nel Museo
Casa natale di Giacomo Puccini uno spazio
da dedicare proprio a M. Butterfly, come una
sorta di appendice di Evolution. Gli oggetti di
scena e lo spettacolare costume provenienti
dal set del film hanno trovato qui la loro
naturale collocazione, a fianco dei cimeli e
dei documenti autografi riguardanti l’opera
pucciniana conservati dal museo. Un allestimento, in questo caso, giocato principalmente
sull’atmosfera, capace di riproporre il parallelismo tra la tragica vicenda dell’opera lirica e
quella del protagonista del film, che Cronenberg
aveva saputo creare con maestria, grazie
anche al sapiente uso della musica di Giacomo
Puccini.
M. Butterfly è solo una delle tantissime idee
e progetti elaborati da Cronenberg in quasi
cinquanta anni di carriera: tante sceneggiature,
storyboard da cui sono nati venti lungome-
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traggi. Ma proprio ad un sua affascinante
‘bozza’, mai divenuta film, si ispira la strana
idea che ha condotto alla realizzazione di
Red Cars, la mostra ispirata al regista canadese
allestita negli spazi espositivi degli ex-Macelli,
oggi di pertinenza dell’Archivio di Stato di
Lucca.
Cronenberg scrisse la sceneggiatura dal titolo
Red Cars, dopo aver girato Crash (1996),
con l’intenzione di farne un film interpretato
da Mel Gibson. Come è noto, il film non
venne realizzato ma da quell’idea è nato
prima un libro d’artista presentato alla Mostra
del Cinema di Venezia nel 2005 e poi, nel
2008, un’installazione multimediale al Palazzo
delle Esposizioni di Roma.
Si tratta della storia di due piloti, l’americano
Phil Hill e il tedesco Wolfang Von Trips, in
lotta per il campionato di Formula Uno del
1961, entrambi alla guida di una Ferrari 156
F1, soprannominata ‘sharknose’ per il caratteristico musetto a forma di squalo. Ed è
proprio il Rosso Ferrari a dominare le sale
dell’installazione multimediale proposta agli
ex-Macelli, dove i curatori, Domenico De
Gaetano e Alessandro Romanini, hanno inscenato la storia di Hill e Von Trips attraverso
immagini, parole e video, in un’atmosfera
che evoca suggestioni tratte dall’abstract
painting e dalla pop art.
Un video di dieci minuti, una selezione di dialoghi estrapolati dalla sceneggiatura originale
e una bacheca con dieci libri aperti nei dieci
momenti più significativi della storia sono le
diverse forme espressive scelte per comporre
un racconto. Quello di due antagonisti nello
sport come nella vita: un individualista, uno
‘yankee’ nevrotico e spericolato, contro un
teutonico aristocratico che guarda con distacco
il mondo delle corse, forte del proprio naturale
talento.
Tra le righe si legge, nell’idea originale di Cronenberg così come nell’interpretazione dei
curatori, la celebrazione della Ferrari 156 F1,
uno dei bolidi entrati nella leggenda dell’automobilismo, che diventa un leitmotiv nelle immagini attraverso rare fotografie storiche tratte
dall’archivio Ferrari, ritratti dei protagonisti,
spaccati tecnici di motori, tracciati dei circuiti
e fotografie dei dettagli, tutto confezionato
con un design grafico basato sulle riviste automobilistiche degli anni Sessanta.
Come spesso accade, la trama ideata da
Cronenberg si regge su un confronto tra ossessioni che viene colto e riproposto nell’istallazione: il rosso è denso e fa calare il visitatore in un ambiente dove le frasi, le
immagini e i suoni costituiscono un’esperienza
sensoriale, che ognuno può interpretare a
proprio modo, dando così una personale e
intuitiva versione di quel film mai girato.
Red Cars è stato tra l’altro anche un’importante
occasione per valorizzare gli ambienti dei cosiddetti ex-Macelli, adesso adibiti a spazi
espositivi dell’Archivio di Stato e che già avevano dato prova di funzionalità accogliendo
la mostra Lost Visions, dedicata alle opere di
David Lynch, e quindi dimostrando anche
una naturale vocazione per ricreare suggestive
ed evocative ambientazioni.
Dai film di Cronenberg a un’idea di Cronenberg
dunque, e infine una mostra curata da Cronenberg stesso. Questa è Chromosomes,
l’esposizione fotografica in cui il regista ha
selezionato settanta fotogrammi tratti dai suoi
lungometraggi più famosi.
La mosca, Videodrome, La zona morta, Inseparabili, Il pasto nudo, Crash, Spider, La
promessa dell’assassino: tutti fossilizzati in
istantanee evocative, esposte alla Galleria
d’Arte Moderna e Contemporanea (GAMC)
di Viareggio. Una scelta singolare del Comitato
Nuovi Eventi, motivata dalla precisa volontà
di coinvolgere il territorio in questa straordinaria
esperienza espositiva.
La già prestigiosa collezione della GAMC è
stata dunque arricchita per tre mesi da queste
immagini, catturate direttamente dalle piccole
35mm nei laboratori del Centro Sperimentale
di Cinematografia di Roma mediante una
tecnica digitale particolarmente innovativa.
David Cronenberg non ha soltanto operato
la selezione, ma ha anche coordinato l’elaborazione delle immagini, infine stampate su
un’apposita tela pittorica.
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FCRL EVENTI
la filmografia
Stereo 1969
Crimes of the Future 1970
Il demone sotto la pelle 1975
Rabid - Sete di sangue 1977
Veloci di mestiere 1979
Brood - La covata malefica 1979
Scanners 1981
Videodrome 1983
La zona morta 1983
La mosca 1986
Inseparabili 1988
Il pasto nudo 1991
M. Butterfly 1993
Crash 1996
eXistenZ 1999
Spider 2002
A History of Violence 2005
La promessa dell’assassino 2007
A Dangerous Method 2011
Cosmopolis 2012
Maps to the Stars 2014
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Le tele di Chromosomes raccontano tutte le
ossessioni del regista in iconiche istantanee,
nelle quali Cronenberg rende al potere dell’immagine un tributo ancor più forte e incisivo.
Si tratta di veri e propri flash estrapolati dalle
pellicole che, in un certo senso, aiutano ad
analizzare anche la cura dei particolari, l’attenzione per i giochi di luce e di colore oltre
alla passione per le commistioni tra organico
e meccanico.
Particolarmente suggestivo, ad esempio, il
dettaglio della mano di James Spader che
‘morbosamente’ accarezza la lamiera deformata di un’autovettura: una singola immagine
perfettamente in grado di rappresentare la
tensione intima e distruttiva dei protagonisti
di Crash. O ancora lo splendido primo piano
di Ralph Fiennes, intenso ed inquietante tra
le diaboliche ragnatele di Spider.
Ma Chromosomes rappresenta soprattutto
la prima mostra di Cronenberg nella veste di
artista e creatore puro, dove, grazie alla tecnologia, le immagini si allontanano, per quanto
possibile, dalla loro origine cinematografica,
ma anche dove trovano spazio istantanee
che appartengono all’immaginario visivo più
personale del regista.
Se la mostra rappresenta uno sguardo di
Cronenberg sulla propria opera, il catalogo
che ne è derivato è invece una sorta di
sguardo del mondo su Cronenberg. Le pagine
di questo prezioso compendio sono infatti
una carrellata di interventi, pensieri e riflessioni
sulla poetica del regista, raccolte da grandi
personalità in ambito culturale, scientifico e
musicale. Tra questi il compositore Howard
Shore, lo scrittore William Gibson, il genetista
Marcello Buiatti, il designer Giorgetto Giugiaro,
il curatore e critico d’arte Hans Ulrich Obrist,
l’attore Viggo Mortensen ed altri ancora.
Tre mostre per raccontare il regista, lo scenografo e l’artista. Tre mostre che nella loro
sintesi hanno rappresentato un percorso analitico senza precedenti sulla personalità di uno
dei più apprezzati filmaker contemporanei.
Cronenberg è stato tra l’altro il protagonista
del Lucca Film Festival 2015, con una vi-
FCRLMAGAZINE 7 |2015
RIFLETTORI SUL REGISTA CANADESE
ATTRAVERSO LE SUE MOSTRE VISIONARIE
FCRLMAGAZINE 7 |2015
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FCRL EVENTI
foto Alcide
feticci
deoconferenza in diretta dal Canada e con
un eccezionale concerto realizzato nella
Chiesa di San Francesco dall’Istituto Musicale
«Luigi Boccherini», a conclusione della rassegna cinematografica che da quest’anno si
è stabilmente ‘insediata’ nel mese di marzo.
Il concerto ha visto l’esecuzione delle principali
musiche tratte dai film di Cronenberg, interpretate dall’Orchestra dell’Istituto, che già
durante l’autunno del 2014 scorso aveva
omaggiato David Lynch con un’emozionante
esibizione.
Tutto il mondo di questo eccezionale regista
visto da ogni possibile prospettiva, secondo
ogni immaginabile sfumatura: proponendo
formule espositive nuove e decisamente
d’avanguardia, insieme a scelte coraggiose
non solo negli allestimenti ma anche nella dislocazione dell’intero percorso museale.
Scelte certo ispirate da un’idea ampia di
cultura e di divulgazione, coniugata con la
specifica missione del Comitato Nuovi Eventi,
indirizzata alla promozione del territorio e alla
creazione di happening orientati a coprire i
mesi di minor afflusso turistico nella provincia
di Lucca.
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Jeremy Irons
Protagonista del Lucca Film Festival 2015,
l’attore inglese è un mostro sacro del pantheon
hollywoodiano, capace di spaziare da impegnate pellicole a più leggere interpretazioni
nelle grandi produzione americane. Protagonista anche di film molto discussi, a cavallo
tra gli anni Ottanta e Novanta è stato vero riferimento per Cronenberg che gli ha letteralmente cucito addosso i ruoli in Inseparabili
e in M. Butterfly.
Viggo Mortensen
Divenuto celebre nel ruolo di Aragorn nella
trilogia del Signore degli Anelli, questo eclettico attore newyorkese (di origini danesi) ha
interpretato per Cronenberg una intensissima
triade di film (A History of Violence, La promessa dell’assassino, A Dangerous Method)
coincisi con una fase nuova per la produzione
del regista, in cui l’ossessione per la tecnologia e la genetica lascia spazio all’analisi
dell’uomo e della sua psiche.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Non temete per noi,
la nostra vita sarà meravigliosa
U
na giovane coppia degli anni
Sessanta, una lista di nozze
decisamente atipica e un’eccezionale coraggio in grado di sovvertire gli schemi e plasmare il
futuro. Questo è l’inizio di Non temete per noi,
la nostra vita sarà meravigliosa (Mondadori),
l’ultimo libro di Mario Calabresi che ha dato il
nome anche ad una bella serata nella chiesa
di San Francesco, dove lo scrittore e giornalista ha duettato con l’attore Giuseppe Battiston in un intenso intreccio di monologhi.
Una serata organizzata dalla Cassa di Risparmio
di Lucca Pisa Livorno / Gruppo Banco Popolare, in collaborazione con la Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca, per raccontare
storie di giovani in grado di fare scelte coraggiose, cambiare la propria vita e, per quanto
possibile, lasciare un segno del proprio passaggio nel mondo che li circonda.
Tutto ruota intorno alla vicenda di Mirella e
Gianluigi, gli zii di Calabresi, entrambi medici,
che, in occasione del loro matrimonio, decisero
di proporre a parenti e amici una singolare
lista di nozze.
Ventidue letti per adulti, nove lettini per bambini,
culle per neonati, lenzuola, elettrocardiografo,
microscopio, lettino operatorio, lampada operatoria, attrezzi per la chirurgia: lo stretto necessario per ‘arredare’ la loro futura casa. Sì
perché Mirella e Gianluigi, dopo un breve
viaggio di nozze in Val d’Aosta, partirono per
Matany, un puntino sulla carta geografica
dell’Uganda che divenne il luogo dove coronare
il loro sogno più grande: costruire un nuovo
reparto del piccolo ospedale locale.
Un sogno raccontato da Mario Calabresi nel
suo libro e riproposto durante la serata in
San Francesco, anche attraverso le letture
dell’attore Giuseppe Battiston: «due giovani
che non hanno avuto paura di diventare
grandi» ricorda lo stesso scrittore, la cui
impresa dai contorni quasi epici è un messaggio di speranza, soprattutto in congiunture
storiche incerte come quella attuale.
Calabresi ritorna dunque sui temi della sua
precedente fatica letteraria Cosa tiene accese
le stelle. Intendendo con ‘stelle’, i desideri, le
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Mario Calabresi
e Giuseppe Battiston:
i giovani, i sogni
e una necessaria tenacia
ambizioni e le speranze spesso ritenute irraggiungibili di coronare un progetto professionale o realizzare qualcosa di significativo
col proprio lavoro. E già allora il titolo del libro
diventava una cruda domanda: cosa tiene
accese le stelle in questi tempi così difficili in
cui la parola futuro non viene interpretata
come prospettiva ma come preoccupante
incognita?
«Appartengo a una generazione – dice lo
stesso Calabresi – a cui genitori e professori
ripetevano che nella vita bisogna provare a
seguire i propri sogni; mi sembra ancora
quella la risposta giusta, ma non posso far
finta che i tempi non siano cambiati, che viviamo in un mondo diverso e senza orientamenti». Una visione realistica dei nostri tempi,
che, però, il giornalista invita ad analizzare
anche in termini di opportunità, portando ad
esempio storie di tenacia imprenditoriale che
testimoniano la possibilità non certo di «sconfiggere la crisi» ma sapersi adattare, comprendere prima degli altri che gli schemi sono
cambiati e quindi agire di conseguenza.
Giuseppe Battiston ha prestato la voce ad
alcuni passi tratti da Non temete per noi, la
nostra vita sarà meravigliosa, consolidando il
monologo di Calabresi con la forza della
prosa scritta, interpretata e restituita al pubblico
da un professionista della parola.
E allora alla storia di Mirella e Gianluigi,
collocata in un tempo lontano, si affiancano
le immagini, scattate dal nipote – Calabresi,
appunto – in un recente viaggio in Uganda,
che mostrano l’ospedale di Matany, oggi,
meravigliosa realtà che vive anche grazie agli
ideali di quei due novelli sposi e al loro curioso
regalo di nozze.
Ma a quella vicenda si sovrappongono altre
moderne storie di ostinazione a noi probabilmente più vicine: quindi il caso di Elia che
ogni notte prende il largo dal porto di Genova
con la sua lampara o quella di Aldo che
rimette in moto le pale del mulino abbandonato
della sua famiglia e decide che il progresso
può e deve concretizzarsi nel solco della tradizione. Giovani di ieri e di oggi, che hanno
saputo guardare avanti con coraggio, trovando
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foto Alcide
FCRL EVENTI
motivazione negli ideali, nelle radici della
propria famiglia e nelle capacità individuali.
Mario Calabresi parla infatti di «ragazzi italiani»,
insistendo molto sulla necessità di considerare
le specificità del nostro popolo e facendo riferimento all’inventiva e alla capacità di ottimizzare, soprattutto nei momenti difficili.
Una serata positiva, attraversata dalle emozioni:
quelle personalissime e toccanti del giornalista
che ha parlato di Gigi e Mirella, i propri zii, miscelando la più intima soddisfazione e stima
con la volontà di muovere gli animi e di
28
portare una testimonianza. Ma anche le emozioni di una platea che ha riconosciuto in Calabresi uno straordinario storyteller, in grado
di raccontare una personale vicenda e renderla
universale, un attualissimo romanzo ricco di
significati nel nome della speranza.
Già, perché proprio speranza è la parola
chiave di buona parte della produzione letteraria
di questo giornalista, sempre orientato alla ricerca delle parole più giuste e misurate per
comporre un affresco, o ancor meglio un
mosaico, del mondo contemporaneo.
Lontano dai sensazionalismi e da rigidi e
univoci proclami Calabresi ha la capacità di
raccontare il mondo che ci circonda, per
scritto e dal vivo, in una chiave oggettiva e
sempre costruttiva. Da questo stile non può
che emergere un messaggio credibile, possibile fonte di ispirazione per i molti giovani
che oggi cercano faticosamente di costruirsi
un futuro portando a loro volta testimonianze
notevoli. [A.S.]
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MARIO CALABRESI,
giornalista e scrittore, nasce a Milano il 17
febbraio 1970. Laureato in Giurisprudenza, inizia la sua carriera tra
ANSA e «La Repubblica» fino ad approdare nel 2000 a «La Stampa»
per la quale racconta, da inviato speciale, gli attentati dell’11 settembre
2001. Dopo una nuova esperienza a «La Repubblica» in qualità di
corrispondente per il giornale da New York, nel 2009 diventa, a soli
39 anni direttore de «La Stampa».
Calabresi vanta anche un’importante conduzione televisiva in prima
serata su Rai 3 con Hotel Patria (2001) ed è autore di Spingendo la
notte più in là (2007), libro dedicato alle vittime del terrorismo, La
fortuna non esiste (2009), Cosa tiene accese le stelle (2011) e dell’ultimissimo Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa.
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foto Alcide
foto Alcide
NON TEMETE PER NOI,
LA NOSTRA VITA SARÀ MERAVIGLIOSA
GIUSEPPE BATTISTON,
attore teatrale e cinematografico, nasce a
Udine il 22 luglio 1968 e si diploma alla Scuola d’arte drammatica
Paolo Grassi di Milano, dove coltiva la propria amicizia e collaborazione
col regista Silvio Soldini. Per quest’ultimo reciterà in Pane e tulipani
(2000), grazie al quale vince il David di Donatello e il Ciak d’oro, e in
Agata e la tempesta (2004). Nel 2011 riceve il nastro d’argento come
attore non protagonista per la sua interpretazione in tre film, Senza
arte né parte, La passione e Figli delle stelle. Importanti le sue partecipazioni a pellicole come La bestia nel cuore di Cristina Comencini o
La tigre e la neve di Roberto Benigni, entrambi del 2005.
Protagonista anche di molte produzioni televisive, Battiston non ha
mai abbandonato il teatro: recente (2014) la sua partecipazione al
Falstaff con la regia di Andrea De Rosa.
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FCRL EVENTI
Nicola Piovani in San Francesco:
una colonna sonora da Oscar
U
n altro grande concerto per celebrare la riapertura del Complesso
conventuale di San Francesco.
Dopo il battesimo con il Coro del
Teatro San Carlo di Napoli e il
primo compleanno con l’Orchestra Filarmonica della Scala, il secondo anniversario ha
visto una performance inedita per Lucca.
Quella del 4 luglio scorso è stata infatti una
serata suggestiva ed emozionante, da Oscar
potremmo dire, visto che sul palco della
chiesa di San Francesco è salito il maestro
Nicola Piovani, alla guida del suo Quintetto di
grandi interpreti, capace di registrare il tutto
esaurito e l’acclamazione del pubblico presente.
Piovani è probabilmente uno dei più grandi
compositori italiani contemporanei, conosciuto
soprattutto per aver realizzato la colonna
sonora de La vita è bella di Roberto Benigni,
che gli ha regalato la prestigiosa statuetta.
Ma il suo curriculum racconta di un artista
eclettico, che ha trovato nel cinema un contesto ideale per la propria produzione, spaziando comunque in altri ambiti come il teatro,
la televisione e la musica leggera.
Non tutti sanno forse che Piovani ha lavorato
al fianco di Fabrizio de André per la realizzazione
di due dei suoi più commoventi e riusciti
album: Non al denaro non all’amore né al
cielo e il successivo Storia di un impiegato,
vivendo l’emozionante esperienza di musicare
e arrangiare la poesia del cantautore genovese.
Quello tra Piovani e il cinema è comunque
un rapporto privilegiato, probabilmente per
l’innata capacita del Maestro di tradurre le
emozioni in musica. Forgiare melodie capaci
di restituire, intensificare e – perché no –
suggerire sensazioni e sentimenti in accordo
col potere delle immagini.
Scorrendo il lungo elenco di collaborazioni
del compositore con importanti nomi del cinema italiano e internazionale si delinea il
profilo di un vero e proprio ‘mostro sacro’
della colonna sonora. Risale agli anni Settanta
il suo longevo sodalizio con Marco Bellocchio
di cui accompagnò gli esordi in regia. Il decennio successivo lo vide comporre per
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Il grande compositore
e il suo Quintetto
per una serata speciale
Mario Monicelli, Giuseppe Tornatore e Bernardo
Bertolucci, ma soprattutto tradurre in musica
le suggestioni dell’ultima pellicola felliniana,
La voce della Luna (1990). Sono gli anni in
cui consolida la sua figura di maestro delle
soundtrack: lo stesso Fellini lo aveva già sperimentato in Ginger e Fred (1986) mentre
Nanni Moretti ne fa un suo punto di riferimento
quasi irrinunciabile. Non a caso il nome di Nicola Piovani è legato ad alcuni dei più
importanti riconoscimenti per il cinema italiano
a livello internazionale.
La sua collaborazione con Roberto Benigni
ha portato entrambi all’Oscar, mentre il film di
Nanni Moretti La stanza del figlio (2001), da
lui musicato, è ad oggi l’ultimo lungometraggio
italiano ad essersi aggiudicato la Palma d’oro
al Festival di Cannes.
Un’idea della colonna sonora strutturata. In
armonia con l’immagine, mai invadente ma
sempre autonoma e incisiva. Per questo le
conosciutissime note de La vita è bella ispirano
in tutti un sorriso malinconico, così come
altre melodie ci riportano a momenti magici,
grazie al potere dell’evocazione che solo la
musica possiede.
Ed ‘evocativa’ è di certo l’aggettivo che meglio
descrive la serata che Nicola Piovani ha regalato al pubblico del San Francesco insieme
ai suoi strumentisti. Concerto in Quintetto è
infatti il titolo dell’evento, nonché del progetto
musicale che vede coinvolti al violoncello,
chitarra e tastiere, Pasquale Filastò; alle percussioni, batteria e fisarmonica, Cristian Marini;
al contrabbasso Andrea Avena e al sax e
clarinetto Marina Cesari. Ovviamente al pianoforte e alla direzione lo stesso Piovani che
ha proposto un repertorio emozionante e delicato, una sorta di provvisoria autobiografia
musicale divenuta col tempo parte della biografia del pubblico, che negli anni ha legato
le singole note e le melodie a ricordi fatti di
bellezza, lacrime e sorrisi. Così l’aula unica
del San Francesco ha accolto questa particolarissima esibizione in cui Piovani ha riarrangiato le sue creazioni per un concerto
decisamente impostato sulla ‘cantabilità’ di
singoli strumenti, come il sassofono, il violoncello o la fisarmonica, ma che di certo ha
nella duttilità ritmica di un organico agile il
suo valore più inestimabile.
Un concerto – lo testimonia chi ha seguito le
tournée del Maestro – che si rinnova di serata
in serata, proponendo di volta in volta un’interpretazione unica e inedita, un happening.
Ed è una precisa scelta di Piovani quella di
decidere la scaletta per ogni concerto, mantenendo dei punti fermi irrinunciabili, alternando
i brani o proponendoli in arrangiamenti sempre
differenti: non sono mancate le note de La
stanza del figlio, La messa è finita e La vita è
bella come anche qualche passo dedicato a
de André e la splendida La voce della Luna,
vero e proprio nostalgico saluto alla memoria
di Federico Fellini.
Il tutto intervallato dalle parole del Maestro,
che si è rivelato un generoso intrattenitore:
capace di appassionare non solo con le sue
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foto Alcide
NICOLA PIOVANI IN SAN FRANCESCO:
UNA COLONNA SONORA DA OSCAR
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FCRL EVENTI
Sbatti il mostro in prima pagina 1972
di Marco Bellocchio
Nel nome del padre 1972
di Marco Bellocchio
Il marchese del Grillo 1981
di Mario Monicelli
La notte di San Lorenzo 1982
di Paolo e Vittorio Taviani
La messa è finita 1985
di Nanni Moretti
Le due vite di Mattia Pascal 1985
di Mario Monicelli
Ginger e Fred 1985
di Federico Fellini
Speriamo che sia femmina 1986
di Mario Monicelli
Il camorrista 1986
di Giuseppe Tornatore
I cammelli 1988
di Giuseppe Bertolucci
Palombella rossa 1989
di Nanni Moretti
In nome del popolo sovrano 1990
di Luigi Magni
La voce della Luna 1990
di Federico Fellini
Caro diario 1993
di Nanni Moretti
La teta y la luna 1994
di Juan José Bigas Luna
Uomo d’acqua dolce 1996
di Antonio Albanese
La vita è bella 1997
di Roberto Benigni
La stanza del figlio 2001
di Nanni Moretti
Nowhere 2002
di Luis Sepúlveda
Pinocchio 2002
di Roberto Benigni
La tigre e la neve 2005
di Roberto Benigni
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foto Alcide
I principali
film ‘musicati’
da Piovani
melodie ma anche raccontando tutto ciò che
ruota intorno al mondo della musica. Una disponibilità e una dedizione che passano attraverso la capacità di divertire divertendosi,
che è propria di chi, baciato dal talento, si
sente fortunato e condivide le proprie abilità
con disinvoltura.
Riguardo alla scelta del Quintetto è lo stesso
Piovani a spiegare come «l’ensemble, volutamente composto sia da strumenti classici
che più moderni e anche popolari, rende
una indefinibilità linguistica che mi ha sempre
affascinato, navigare attraverso gli stilemi mi
attrae, e finché ci sarà un pubblico disposto
ad ascoltare queste musiche di complicata
catalogabilità – si chiamino contaminate, meticce, bastarde, come si vuole – finché insomma me le faranno suonare io lo farò con
grande gioia e impegno». E c’è sinceramente
da sperare che questa esperienza prosegua,
vista la qualità dell’esecuzione e il continuo
rinnovarsi delle performance.
Per il suo secondo compleanno, il San Francesco ha dunque conosciuto un’esibizione
un po’ differente dagli anni passati, quando
due ‘divinità’ del podio come Nicola Luisotti e
Daniel Harding avevano diretto il Coro del
San Carlo e l’Orchestra della Scala. Ai classici
della musica lirica e sinfonica è subentrato
un programma più fresco, leggero e popolare,
con il più affermato autore di colonne sonore
in Italia.
Ed è proprio in serate come questa, a due
anni dalla riapertura del Complesso, che
meglio si apprezza la ritrovata vitalità di questa
zona della città. La piazza antistante la chiesa
è di fatto luogo sempre più frequentato durate
le calde serate estive e in generale, in ogni
stagione, tutto il quartiere, con i suoi poli
culturali e le rifiorite attività commerciali, appare
beneficiare in maniera stabile della riqualificazione del suo monumento più importante,
conoscendo una progressiva e continua rinascita.
Una storia a lieto fine … che ora può vantare
una grande colonna sonora eseguita su misura. [A.S.]
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Matteo Civitali, un gradito ritorno
U
na splendida terracotta policroma, racchiusa in un tabernacolo ligneo finemente lavorato e
decorato. Si presenta così la
Madonna del latte di Matteo Civitali che ha recentemente arricchito la collezione della Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca e che a breve troverà il proprio
posto nelle sale espositive del Museo nazionale di Villa Guinigi, cui la Fondazione concederà l’opera in comodato.
Torna ‘a casa’ un altro eccezionale esemplare
della produzione dello scultore quattrocentesco, in grado di rappresentare Lucca nell’immaginario collettivo, tanto che nel catalogo
della grande mostra a lui dedicata nel 2004,
Massimo Ferretti affermò che «come in pochi
altri casi, il ricordo dell’artista s’improntò su
quello dell’intera città, si fuse ad un luogo».
Civitali e Lucca, dunque, come binomio indissolubile per un autore che seppe interpretare con grazia e naturalezza uno dei
periodi più dinamici e tumultuosi della storia
dell’arte. La seconda metà del Quattrocento,
un cinquantennio che vide l’Umanesimo diventare Rinascimento e il Rinascimento
mutare in Maniera. È in questo contesto che
lo scultore mise a punto la propria formazione
e conobbe una continua evoluzione artistica
e professionale, interpretando la propria carriera come un incessante dialogo tra l’eredità
di un raffinato medioevo lucchese e le irresistibili tensioni delle novità fiorentine.
Per Civitali, Firenze significava certo la lezione
del grande Donatello, ma soprattutto un confronto, anche cronologicamente più diretto,
con Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino e Mino da Fiesole, artisti di poco più
anziani con cui condivise l’ammirazione per
altri grandi maestri come Andrea Verrocchio.
E proprio al Verrocchio era stata inizialmente
attribuita questa deliziosa terracotta, ancora
oggi protetta dal suo originale tabernacolo ligneo. Un’opera dominata dal bellissimo
manto azzurro della Vergine che dona luce e
un solido impianto alla composizione, valorizzando anche il rosso intenso della veste e
dei risvolti interni del manto stesso. Splendido
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Una Madonna del latte
in terracotta acquistata
dalla Fondazione Cassa
di Risparmio di Lucca
arricchirà le collezione
del Museo nazionale
di Villa Guinigi
il particolare del monile sul petto che aggiunge,
se possibile, un’ulteriore nota di eleganza a
tutto l’insieme.
La Madonna afferra vigorosamente il bambino
con la mano sinistra e, in un gesto tanto delicato quanto concreto, offre il seno al piccolo
Gesù che rivolge lo sguardo alla Madre, seduto e avvolto sulle sue ginocchia. Proprio
queste, nel loro emergere dal panneggio,
suggeriscono la dimensione prospettica, fortemente centrale, dell’opera, così come lo
splendido trono conferisce profondità e solennità all’intera rappresentazione, con la nota
di gusto classico dei putti-telamoni sui braccioli
laterali.
Tenerezza e severità sono invece le sensazioni
ispirate dal volto della Vergine, leggermente
reclinato verso il figlio, in un impercettibile
movimento che sta per incrociare lo sguardo
del bambino. Il tempo e le passate incurie ci
impediscono oggi di ammirare lo sfondo
dietro l’aureola, probabilmente dorato, mentre
possiamo ancora ‘gustarci’ le decorazioni
floreali e fitomorfe del bordo interno della
cornice, molto care alla tradizione fiorentina
nel campo della decorazione e delle architetture illusionistiche.
Tanto è forte il legame del Civitali con la
propria città quanto lo è quello dell’opera
con altri capolavori del maestro e non solo.
Una datazione ancora incerta, che comunque
oscilla intorno al 1470, rivela un diretto collegamento con la celebre Madonna della tosse,
oggi nella Chiesa della SS. Trinità e datata
1482-1485. Questo gruppo plastico, in realtà
un’altra Madonna del latte, è di fatto il corrispondente marmoreo dell’opera in terracotta.
La spazialità del trono, la madre che porge il
seno al bambino col medesimo gesto, gli
sguardi dei due incrociati in maniera quasi
furtiva e i capelli che escono dal manto:
dettagli e visione d’insieme confermano una
completa corrispondenza con molte analogie
che ritroviamo anche nella Madonna col
Bambino che ride (1465 ca.), opera in terracotta di Antonio Rossellino che aveva subito
un percorso analogo al gruppo del Civitali,
essendo stata attribuita erroneamente a Leonardo, che di Verrocchio fu discepolo.
Ma le corrispondenze superano anche i
‘confini’ delle tecniche artistiche e propongono
interessanti accostamenti. Già, perché di
certo l’intensità e la concretezza dei gesti ricordano molto la meravigliosa Annunciata in
legno policromo della Chiesa di San Michele
a Mugnano, realizzata dallo stesso Civitali
nel settimo decennio del Quattrocento e caratterizzata da un languido sguardo rivolto di
tre quarti verso il basso, proprio come le
Madonne sin qui analizzate.
Un corrispondente pittorico in ambito lucchese
della terracotta lo si può poi individuare nella
raffinatissima Madonna in trono col Bambino
33
FCRL EVENTI
(1480 ca.) attribuita inizialmente a Baldassarre
di Biagio, ma che recenti studi interpretano
come una realizzazione dello stesso Civitali:
una severa composizione, episodio centrale
di un polittico, oggi conservata nella collezione
della Banca del Monte di Lucca.
Ma l’accostamento più suggestivo è quello
con un’opera di fama internazionale, oggi
esposta allo Städelsches Kunstinstitut di
Francoforte: la Madonna di Lucca, realizzata
1435 e 1440 dal grande Jan Van Eyck.
Anche in questo caso una Madonna del
latte, perfetta dimostrazione delle capacità
tecniche e compositive del maestro fiammingo, legata a Lucca per aver transitato
nella collezione di Carlo Ludovico di Borbone,
duca di Parma e Lucca, all’inizio del XIX
secolo. La Lucca cosmopolita in cui visse
Civitali era ricca di opere provenienti dalle
Fiandre: è ampiamente documentato come
in un’altra commissione diretta allo scultore
si richiedesse, senza giri di parole, una
precisa imitazione di una tavola di ‘Giovanni
da Bruggia’, ovvero Van Eyck, in possesso
della committente. Testimonianze che hanno
indotto alcuni addirittura a sospettare che la
Madonna di Francoforte fosse già passata
da Lucca ben prima del XIX secolo.
Ma al di là di ogni possibile speculazione
sulle origini e sui collegamenti ascrivibili alla
Madonna del latte in terracotta, il ritorno di
un’opera di questo rilievo in un luogo per lei
così denso di legami e riferimenti risulta importante per due motivi. In primo luogo Lucca
riabbraccia un altro capolavoro del suo artista
più rappresentativo, restituendolo anche ad
un’ampia fruizione con la sua prossima collocazione nel Museo nazionale di Villa Guinigi;
ma il rientro ‘in patria’ di questa Madonna diviene soprattutto opportunità di confronto e
stimolo per un’ulteriore valorizzazione della
figura di Matteo Civitali, oltre che spunto per
nuove ed interessanti iniziative che, attraverso
il coinvolgimento delle istituzioni, producano
un’effettiva e concreta crescita culturale per
il territorio. [A.S.]
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MATTEO CIVITALI,
UN GRADITO RITORNO
Lucca
e il suo artista
1.
2.
3.
4.
Matteo Civitali, Madonna del latte, terracotta policroma in tabernacolo ligneo, 1470 ca. (foto Luca Lupi)
Matteo Civitali, Annunciata, legno policromo, 1470 ca., Mugnano (Lucca), chiesa di San Michele
Jan Van Eyck, Madonna di Lucca, olio su tavola, 1435-1440, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut
Baldassarre di Biagio e Matteo Civitali, Madonna in trono col Bambino, tempera su tavola, 1480 ca.,
Lucca, Collezione Banca del Monte (foto Luca Lupi)
5. Matteo Civitali, Madonna della tosse, marmo con dorature, 1482-1485, Lucca, chiesa della SS. Trinità
Appartenente ad una famiglia di origine
friulana (Civitali sta per «da Cividale»), Matteo nacque a Lucca nel 1436. Si formò
probabilmente a Firenze nell’ammirazione di
Donatello e del coevo Antonio Rossellino.
Dotato di una tecnica raffinata, con una
spiccata sensibilità per l’ornato e per gli elementi decorativi, seppe comunque interpretare i soggetti dando largo spazio alle
emozioni e alle implicazioni psicologiche.
A Lucca lavorò soprattutto per la Cattedrale,
dove eseguì, fra l’altro, la tomba di Pietro
da Noceto (1472), l’altare di San Regolo
(1484) e la cappella del Santo Volto. Svolse
infatti anche una collaterale attività di architetto, ma fu sempre la scultura a valergli le
più importanti commissioni. Tra le più conosciute, la chiamata a Genova per la decorazione della Cappella di San Giovanni
nella Cattedrale, dove rimangono di lui sei
statue tra cui Zaccaria, Isaia e Abacuc, vigorose e originali, e alcuni bassorilievi.
Maestro nel chiaroscuro e nella precisione
delle trame scolpite, fu attivo anche a Pisa
e a Sarzana, ma rimase sempre legato a
Lucca, di cui divenne l’artista più rappresentativo e dove morì nel 1501.
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FCRL DAL MONDO DELLE FONDAZIONI
7 FONDAZIONI
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PER LA CULTURA
Investire in beni artistici e attività culturali
Paola Taddeucci
P
rogetti comuni e di respiro internazionale per ottenere più finanziamenti europei, in particolare nell’ambito dei beni e delle attività culturali. È l’obiettivo dell’accordo di
partenariato transfrontaliero sottoscritto il 27
luglio scorso da quattro istituzioni di origine
bancaria: le Fondazioni Casse di Risparmio
di Carrara, La Spezia e Lucca e la Fondazione Livorno.
Sottoscritto l’accordo
di partenariato
transfrontaliero
tra le Fondazioni
Casse di Risparmio
di Lucca, Carrara,
La Spezia, Livorno,
la Fondazione Banca
del Monte di Lucca,
la Fondazione del Banco
di Sardegna
e la Fondazione
dell’Università di Corsica
A firmarlo, nella sede di Lucca, sono stati i rispettivi presidenti Alberto Pincione, Matteo
Melleny, Arturo Lattanzi e Luciano Barsotti,
alla presenza di Vannina Bernard-Leoni, direttrice della Fondazione dell’Università di Corsica, istituzione che è stata individuata come
possibile partner. Alle quattro prime firmatarie
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FCRL DAL MONDO DELLE FONDAZIONI
si sono poi uniti altri due ‘alleati’: la Fondazione Banca del Monte di Lucca e la Fondazione del Banco di Sardegna. Il patto è il
primo del genere che viene siglato nell’area
tra la Toscana nord-occidentale e la Liguria di
levante e non arriva per caso. Le Fondazioni
che l’hanno sottoscritto, infatti, sono storicamente unite non solo da un forte legame ai
territori di appartenenza, ma anche dalla consolidata esperienza in campo culturale e dal-
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l’impegno costante nell’attività erogativa, promozionale, di formazione e valorizzazione
degli stessi territori.
Lo scorso anno per gli interventi nel settore
dei beni e delle attività culturali, i sei enti
hanno destinato complessivamente più di 20
milioni di euro, con una percentuale media
del 40% sul totale delle erogazioni. Risorse
che sono state impegnate sostanzialmente
su tematiche riguardanti il recupero di strutture di interesse storico-architettonico, il finanziamento di attività ad elevato interesse
culturale, l’incremento del patrimonio artistico
e librario. Una parte consistente dei contributi,
inoltre, è stata destinata all’organizzazione di
eventi culturali come mostre, workshop, convegni e manifestazioni di vario genere. Alcune
di queste ultime, peraltro, hanno avuto un’eco
internazionale e sono diventate tra gli eventi
più importanti nel loro settore. Impossibile non
citare, per il territorio lucchese, il Lucca Film
Festival che nel marzo 2015 ha trasformato
la città nella capitale del cinema con una serie
di iniziative di livello internazionale e molto se-
guite dal pubblico: ricordiamo la retrospettiva
cinematografica e le mostre dedicate al regista canadese David Cronenberg, gli incontri
con le star del cinema, tra i quali l’attore Jeremy Irons, i cineasti Terry Gilliam e Alfonso
Cuaron.
Più recenti, ma non meno importanti, il Festival della Mente di Sarzana e Con-vivere festival di Carrara, che si sono svolti nel mese di
settembre, a distanza di una settimana l’uno
dall’altro, riscuotendo ancora una volta un
grandissimo successo.
La città al confine tra Liguria e Toscana ha
ospitato la dodicesima edizione del primo festival europeo dedicato alla creatività. La rassegna è andata via via crescendo nel corso
degli anni e dal 4 al 6 settembre scorsi ha
proposto oltre sessanta eventi, tra i quali un
memorabile concerto sulle Alpi Apuane con
il violoncellista Mario Brunello, che ha suonato le Suites di Bach a oltre 1300 metri di
altezza. Dall’11 al 13 settembre il festival
Con-vivere, invece, ha portato a Carrara una
riflessione a 360 gradi sul mondo globale
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INVESTIRE IN BENI ARTISTICI
E ATTIVITÀ CULTURALI
con più di settanta appuntamenti, tra conferenze, tavole rotonde, spettacoli, laboratori e
mostre.
Attività, queste e molte altre, che sono destinate a rafforzarsi con il partenariato sottoscritto tra le Fondazioni, grazie al quale
potranno essere individuate le opportunità
offerte dai programmi di finanziamento dell’Unione Europea, troppo spesso colpevolmente tralasciati dall’Italia, soprattutto per
quanto riguarda beni e attività culturali.
«Con progetti di respiro internazionale – dice
Melley, presidente della Fondazione di La
Spezia – ci sarà la possibilità di intercettare i
contributi comunitari e fare investimenti nella
cultura. D’altra parte il nuovo ruolo delle Fondazioni è proprio questo: non più sponsor,
ma investitori».
Ciò che intende generare quest’accordo lo
spiega anche Lattanzi. «In forza del protocollo
– sottolinea il presidente della Fondazione
lucchese – gli enti individuano nel partenariato
un’auspicabile evoluzione e rafforzamento
della propria azione nel settore dei beni e
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delle attività culturali. Attraverso la condivisione di risorse, strutture e idee, ciò porterà
alla creazione di un vero e proprio network,
capace di contribuire agli indirizzi e alle iniziative attive in vari settori: dal recupero dei ‘contenitori’ storici alla promozione e salvaguardia
dei beni della cultura, dagli eventi alle iniziative
culturali, didattiche e scientifiche d’eccellenza, svolte in sinergia e cooperazione con i
vari livelli istituzionali, le università, gli enti di
studio e di ricerca, le associazioni, i privati interessati. Senza dimenticare l’apertura verso
orizzonti europei e internazionali». L’accordo,
dunque, apre la via all’individuazione e all’analisi delle opportunità offerte dai programmi di
finanziamento indetti dall’Unione Europea, disponibili per le tematiche relative al sistema
dei beni e delle attività culturali, cui potrà seguire lo sviluppo di progetti condivisi che s’inseriscano in tale ambito.
L’attenzione all’orizzonte europeo è confermata dalla presenza della direttrice della Fondazione dell’Università di Corsica, ritenuta un
prestigioso interlocutore e invitata ad indivi-
duare assieme ai partner nuove potenziali
linee di sviluppo e collaborazione. La dottoressa Vannina Bernard-Leoni si è detta onorata e pronta alla massima cooperazione,
ammettendo tra l’altro il ritardo della Francia
nello sviluppo delle Fondazioni universitarie ed
esaltando al contrario il lavoro delle omologhe
italiane. «Alle quali – afferma – guardiamo
come partner importanti. E abbiamo già molti
progetti in serbo».
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FCRL DAL TERRITORIO
foto Alcide
INTERVENTI
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SUL TERRITORIO
La rinascita del Mercato del Carmine
I
l restauro del Mercato del Carmine rappresenta una delle operazioni strategiche più importanti e delicate per il futuro
di Lucca, dove l’avvicendamento storico
di istituzioni e funzioni ha lasciato in eredità alle amministrazioni pubbliche grandi
strutture da mantenere, restaurare e conservare, ma soprattutto grandi architetture bisognose di essere reinventate e caratterizzate
con nuove destinazioni. Tutte azioni necessarie per dare spazio a nuove attività garantendo il progressivo e continuo rinnovamento
di una città viva.
Il Carmine è un patrimonio storico edilizio sedimentato e complesso, una sfida per la valorizzazione di quello che è ancora un importante bene culturale; un progetto di investimento e sviluppo economico che dovrà autosostenersi accogliendo e promuovendo attività commerciali, ma soprattutto produzioni
e attività tradizionali del territorio diventate
un’inaspettata ricchezza strategica in un mercato globalizzato con un’offerta eccessivamente omologata.
Inserito nel cuore della città a pochi passi da
via Fillungo, dalla Torre Guinigi e da piazza
dell’Anfiteatro, il quadrilatero del Mercato del
Carmine è connesso in modo significativo
all’asse stradale di via Nuova, via della Fratta,
piazza San Francesco, via della Quarquonia.
Un percorso il cui peso urbanistico è cresciuto
notevolmente, dove l’antica e solitaria presenza
di un’istituzione culturale come il Museo nazionale di Villa Guinigi è stata in pochi anni
affiancata da una serie di interventi che
hanno profondamente potenziato e rilanciato
l’attrattiva di tutta questa zona della città.
Dopo la riapertura della sortita del baluardo
San Salvatore, si possono annoverare tutti i
passaggi cruciali di questo recupero: la costruzione del parcheggio interrato dell’ex Caserma Mazzini, la nascita del Lucca Center
of Contemporary Art Museum a Palazzo
Boccella alla Fratta, il grande restauro del
Complesso di San Francesco e infine il restauro della Casa del Boia, dei sotterranei
del Bastardo e della casermetta del baluardo
San Salvatore.
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Iacopo Lazzareschi Cervelli
Parlare del Mercato del Carmine ci porta a ripercorrere la storia urbanistica e commerciale
di Lucca partendo dalla parte più popolare e
quotidiana dell’economia cittadina. La vendita
al dettaglio. Il mercato organizzato su banchi
improvvisati all’aperto si svolgeva in modo
molto disordinato in un variopinto caos nella
centralissima piazza San Michele in Foro
dove ancora nel secolo XVII si tenevano i
«mercati dei grani et altre biade da vivere
come anche d’ogni sorta di pollami et altri
animali et herbaggi che in gran numero concorrono alla città». A poca distanza dalla
piazza si trovavano anche la pescheria pubblica
(via Pescheria e corte del Pesce), i negozi
dei beccai, ossia le macellerie (via Beccheria).
Questa tradizione sicuramente pittoresca, accompagnata dalla presenza di vere e proprie
botteghe di legno attaccate alla fiancata meridionale e alla tribuna della chiesa, non poteva
più convivere con la modernizzazione della
città e con i concetti di decoro e igiene che
si diffusero in Europa alla fine del Settecento.
Dall’epoca del Principato, governato da Elisa
Bonaparte Baciocchi, si iniziarono a vedere i
primi importanti cambiamenti nell’organizzazione
funzionale urbana ispirati alla razionalizzazione
e all’ordine.
Così dopo l’abbattimento nel 1810 della
chiesa doppia di San Giuseppe-Sant’Alò,
l’antica Santa Maria in Palazzo, lo spazio ottenuto, l’attuale piazza XX settembre, divenne
la nuova sede del mercato delle erbe ossia
delle verdure. Bisogna però attendere il 1830
perché Carlo Lodovico di Borbone, accogliendo un suggerimento del ministro Antonio
Mazzarosa e regio architetto Lorenzo Nottolini,
attuasse una delle più felici, originali e importanti
operazioni urbanistiche sul tessuto edilizio
urbano, per realizzare uno spazio dedicato al
mercato. Nottolini ridisegnò la linea interna
dell’arena dell’antico anfiteatro romano occupata in buona parte da orti privati, riaprì tre
dei quattro accessi, lastricò l’intera superficie.
La nuova piazza del mercato fu inaugurata il
primo ottobre del 1839 e mantenne, anche
dopo la costruzione del Mercato del Carmine,
la funzione di mercato all’ingrosso dei generi
ortofrutticoli fino agli anni Settanta del secolo
scorso. L’uso di piazza dell’Anfiteatro come
mercato al dettaglio portò poi, alla fine del
secolo, alla costruzione di vere e proprie
strutture lignee fisse che occuparono stabilmente la grande piazza ellittica, come testimoniano le foto della fine dell’Ottocento, vanificando l’effetto monumentale pensato e
voluto da Nottolini. Dobbiamo attendere il
Novecento perché una nuova operazione urbanistica interessasse le funzioni commerciali
del centro storico.
Le questioni di razionalizzazione funzionale
portarono molte città italiane, seguendo l’esempio delle grandi capitali europee, alla progettazione e costruzione di mercati coperti dove
concentrare la vendita dei beni alimentari. Ingegneri e architetti furono impegnati nella
progettazione e costruzione ex novo di questo
tipo di edifici con intenti monumentali a celebrazione del progresso urbanistico ed economico del nuovo Regno. Con queste premesse furono costruiti in Toscana nel 187074 il Mercato Centrale a Firenze e quello
delle Vettovaglie a Livorno nel 1889-94. Lucca
certamente meno dotata di risorse finanziarie,
pur avendo ricostruito i pubblici macelli in
una zona suburbana, rimandò la questione e
affrontò la costruzione di un mercato coperto
molto più tardi, in epoca fascista fra il 1930 e
il 1936. La soluzione scelta, il riutilizzo di un
edificio storico, fu senza dubbio molto più
economica rispetto ai grandi progetti delle
altre città toscane, ma fu anche estremamente
distruttiva suscitando la perplessità di parte
dell’opinione pubblica lucchese naturalmente
conservatrice e allergica ai grandi cambiamenti.
Fu infatti deciso di riadattare a mercato
coperto l’antica chiesa di San Pier Cigoli con
il suo convento, abitato anticamente dai Carmelitani, un complesso monumentale che,
seppur già impoverito dalle soppressioni napoleoniche e poi da quelle sabaude, possedeva ancora numerose vestigia della sua
lunga storia.
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foto Ettore Cortopassi - AFL
FCRL DAL TERRITORIO
LA CHIESA DI SAN PIER CIGOLI
foto Ettore Cortopassi - AFL
1
Ciculo o Cigolo è il nome del fondatore di
questo edificio sacro che probabilmente fu
costruito da un ricco esponente dell’aristocrazia
cittadina dell’XI secolo, quando fondare una
chiesa e assegnarle beni era una pratica ancora molto diffusa. La chiesa è citata con
chiarezza per la prima volta nel 1103, l’epoca
in cui era ancora viva Matilde di Canossa, regnava il vescovo Rangerio e la città, in forte
ascesa economica ed espansione edilizia, si
avviava a costituire le prime funzioni della sua
autonomia comunale. Le strutture medievali
più antiche dell’edificio attuale, nella parte
anteriore verso piazza del Carmine, dovrebbero
risalire alle fasi del XII e XIII secolo quando
l’edificio era una chiesa romanica a tre navate
di cinque campate su pilastri.
L’avventura di San Pier Cigoli subì una determinante svolta durante uno dei periodi più
duri per la storia dei Lucchesi: la caduta sotto
varie dominazioni straniere a seguito della
morte prematura di Castruccio Castracani.
La città contesa fra vari pretendenti fu venduta
nell’agosto del 1341 da Mastino II della Scala
signore di Verona al Comune di Firenze, ma
tale passaggio fu fortemente osteggiato dalla
vicina Pisa che inviò le sue truppe ad assediare
Lucca per impedire ai Fiorentini di conquistarla.
In quel combattuto assedio che durò undici
mesi solo alcuni commissari fiorentini riuscirono
a entrare dentro le mura per prenderne un
formale, ma effimero possesso. La campagna
e i sobborghi attraversati dagli eserciti rivali,
videro nuove distruzioni. Nell’attuale zona fra i
quartieri di Sant’Anna e San Donato la chiesa
suburbana di Santa Maria del Corso, dove i
Carmelitani avevano stabilito il proprio convento,
fu completamente distrutta. Dopo la fine di
quegli eventi che videro Pisa impossessarsi
di Lucca, i frati grazie all’intervento del vescovo
Guglielmo II, trovarono rifugio in una nuova
sede: l’antica chiesa di San Pier Cigoli che da
quel momento fu a loro affidata.
La presenza dei Carmelitani fu determinante
per l’evoluzione architettonica dell’edificio. I
frati come gli altri ordini mendicanti presenti
in città furono estremamente efficienti nel
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LA RINASCITA DEL MERCATO DEL CARMINE
coinvolgere attivamente i fedeli nella costruzione di un vero e proprio
convento attirando donazioni dei privati, consentendo la pratica già
incentivata da Francescani e Domenicani di accogliere sepolcri
gentilizi nell’aula della chiesa, fatto che determinò l’aumento della
fondazione e dotazione da parte dei privati di nuovi altari, con la committenza di nuove opere d’arte, affreschi, statue, tavole dipinte e suppellettili sacre, citate con grande frequenza nei testamenti dell’epoca.
La ritrovata autonomia della città ottenuta dall’Imperatore Carlo IV di
Lussemburgo nel 1369 determinò un nuovo slancio economico, alimentato dal rientro dei capitali delle compagnie commerciali lucchesi
e da quello degli esuli sparsi in Italia e in Europa. La ripresa edilizia seguente si rispecchiò immediatamente nei cantieri di rinnovamento o
completamento di molti edifici sacri. Il 2 aprile del 1372 il Consiglio
Generale concedeva ai Carmelitani il permesso di prelevare 20mila
mattoni dalla Fortezza Augusta, il grande fortilizio interno alla città
voluto da Castruccio Castracani che il Governo intendeva distruggere
nel più veloce tempo possibile dopo che per più di quaranta anni si
era trasformato nello strumento di oppressione dei dominatori stranieri
su Lucca. Le mura di quel castello urbano difeso da ventinove torri
scomparvero perché mai più governi tirannici imprigionassero la
libertà dei cittadini.
Con quei mattoni i Carmelitani iniziarono a ingrandire la chiesa verso
est edificando molto probabilmente una nuova ampia tribuna che
potesse accogliere più comodamente gli stalli corali per le liturgie
della comunità religiosa, una struttura dotata di due profonde cappelle
laterali alla testa delle antiche navate emulando l’architettura delle
altre chiese conventuali lucchesi. Fra i lasciti più importanti a favore
dei frati è da annoverare quello di Giovanni di Bartolomeo Testa che
nel 1385 dispose nel suo testamento la donazione di ben 200 fiorini
d’oro per le opere edilizie della chiesa e del convento. Queste risorse
furono impiegate nel rifacimento del chiostro dove ancora oggi sul
capitello della colonna angolare campeggia lo stemma gentilizio con
la testa di leone, simbolo di questa famiglia. Altri lavori interessarono
il dormitorio e il refettorio dei frati mentre finanziamenti ottenuti dalle
famiglie gentilizie consentirono di iniziare la costruzione di una
copertura a volte a partire probabilmente dalle campate della navata
meridionale.
Non abbiamo altri particolari sul completamento della ricostruzione
della chiesa, ma nel 1462 i frati ottenevano un finanziamento dal
Governo della Repubblica di Lucca per saldare i debiti rimasti dopo
l’edificazione delle volte della navata maggiore e di quella nord. Gli
intensi rapporti con le famiglie magnatizie già dalla fine del Trecento
fecero sorgere una serie di cappelle private lungo la fiancata
meridionale della chiesa, collegate con grandi arcate alla navata sud.
Queste strutture nella seconda metà del Quattrocento furono unificate
abbattendo le murature divisorie e divennero una vera e propria
quarta navata dando all’aula sacra una grande spazialità e un aspetto
senza dubbio originale, mentre la chiesa ormai luogo di riferimento e
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di sepoltura, status symbol per molte famiglie importanti, aveva accumulato un discreto patrimonio di opere d’arte, affreschi, sculture,
pale d’altare e arredi vari.
San Pier Cigoli divenne sede di committenze di importanza notevole.
Nel maggio del 1456 i rappresentanti del Capitolo dei Carmelitani si
trovarono nel piano superiore del chiostro davanti al notaio per
assegnare la cappella terminale della navata nord, dedicata a Santa
Caterina, al ricco benefattore Galeotto di Giorgio Franciotti. Alla firma
di quel contratto era presente anche il pittore di origine pisana
Borghese di Pietro Borghese che di lì a poco iniziò a realizzare uno
dei più importanti cicli di affreschi del Rinascimento lucchese con
storie di Santa Caterina d’Alessandria e una Crocifissione di cui
purtroppo restano frammenti molto malconci, strappati ai muri prima
della trasformazione della chiesa in mercato, ma ancora fondamentali
per comprendere l’evoluzione dell’arte lucchese.
Fra le opere più preziose della chiesa, testimone dell’epoca ‘aurea’
del Rinascimento lucchese e del circolo degli artisti raffinatissimi contemporanei di Matteo Civitali, la splendida tavola raffigurante la
Madonna fra i santi Stefano e Girolamo realizzata nei primi anni del
Cinquecento dal sofisticato e inconfondibile Michelangelo di Pietro
Membrini per l’altare della famiglia Cattani. Quest’opera, dimenticato
il nome dell’autore, nel Seicento fu spostata nell’area corale della
chiesa e per la grande qualità fu a lungo attribuita a Pietro Perugino.
Oggi è esposta a Villa Guinigi.
Sempre nel medesimo museo lucchese hanno opportuna collocazione
le tre tavole del 1543 con l’Immacolata Concezione e i santi Biagio
ed Eustachio di Giorgio Vasari volute dal mercante Biagio Mei, per
l’altare del Sacramento posto a capo della quarta navata (la più meridionale). Il vescovo Giovanni Battista Castelli nel 1575 registrava
l’esistenza di ben quattordici altari in marmo, pietra o legno. Questa
varietà di arredi e opere fu uniformata nel secolo successivo con la ricostruzione di dieci altari marmorei barocchi finanziati dai giuspatroni
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FCRL DAL TERRITORIO
delle cappelle gentilizie dove presero posto nuove grandi tele a olio di
autori lucchesi come Gaspare Mannucci, Gerolamo Scaglia e Paolo
Bianucci, ma anche con alcune significative presenze straniere,
segno delle relazioni culturali della città e dell’aggiornamento ai gusti
più avanzati. Al terzo altare della navata nord si ammirava Il martirio di
San Lorenzo del 1645 di Giovanni Lanfranco oggi a Villa Guinigi.
All’altare della famiglia Santini, il quarto altare della navata sud, si
trovava L’estasi di Santa Teresa con i santi Antonio abate e Paolo
eremita (1635) di Pietro Da Cortona. Questa tela fu ritirata dai
proprietari dell’altare e sostituita da una copia, nell’Ottocento si
trovava nella villa di Camigliano dei Santini e dopo alcuni passaggi di
proprietà fu donata ai Musei Vaticani. Sempre nel XVII secolo, la
chiesa subì ulteriori interventi di barocchizzazione con l’aggiunta di affreschi quadraturistici, intonaci marmorizzati, cornici e stucchi, a
questo periodo risale anche un ulteriore allungamento verso est della
tribuna corale.
4
San Pier Cigoli fu indemaniata una prima volta nel periodo napoleonico
per decreto dei principi Baciocchi, fu poi riaperta durante la
Restaurazione da Maria Luisa di Borbone, ma con l’unità italiana
cadde definitivamente nelle requisizioni del 1866. Il convento e la
chiesa furono poi ceduti al Comune di Lucca che iniziò a utilizzare i
locali per differenti destinazioni. Le sepolture furono rimosse, le opere
d’arte furono trasferite al costituendo museo civico. Già alla fine degli
anni Sessanta dell’Ottocento vi si trovava la scuola degli ufficiali del
locale reggimento di fanteria. Fra il 1874 ed il 1875 furono intrapresi
lavori per adattare una parte del convento ad ospitare gli uffici delle
preture. Altri locali furono affittati a privati e ad opifici. Nel 1895 una
parte consistente dell’ex convento divenne sede della Croce Verde.
Nel 1906 fu per la prima volta redatto un progetto per la costruzione
di bagni pubblici necessari a un centro storico ancora densamente
abitato e costituito soprattutto da abitazioni modeste. La nuova
struttura lungamente discussa per tutto il secondo decennio del Novecento fu edificata nel 1922 in uno degli orti del settore nord del
complesso.
Mentre gli edifici del convento venivano impiegati per nuove funzioni,
l’aula della chiesa rappresentava lo spazio più difficilmente riutilizzabile,
soggetta a un progressivo degrado e disinteresse testimoniato dalle
poche immagini fotografiche arrivate a noi. Già nel 1889 il Consiglio
comunale deliberava la vendita degli ultimi arredi architettonici. Fra il
1921 ed il 1922 quattro altari marmorei barocchi furono ceduti alla
nuova chiesa suburbana di San Marco dove ancora oggi sono
visibili, anche se privati delle insegne araldiche originarie. Altri due
furono destinati alla chiesa di Santa a Colle da poco restaurata. Nonostante tutto questo l’edificio costituiva ancora un’importante
architettura ricca di storia, con veri e propri palinsesti murari di più
strati di affreschi e decorazioni.
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LA RINASCITA DEL MERCATO DEL CARMINE
1. Facciata della chiesa prima della trasformazione, Archivio Fotografico Lucchese, inv. ECN16249
2. Chiostro della chiesa del Carmine, Archivio Fotografico Lucchese, inv. ECN1268
3. Michelagelo di Pietro Membrini, Madonna con bambino fra i santi Stefano e Girolamo, Museo
nazionale di Villa Guinigi, dalla chiesa del Carmine
4. Giorgio Vasari, Immacolata concezione, Museo nazionale di Villa Guinigi, dalla chiesa del Carmine
5. Giorgio Vasari, I santi Biagio ed Eustachio, Museo nazionale di Villa Guinigi, dalla chiesa del Carmine
6. Mappa del secolo XVIII della Chiesa del Carmine, Biblioteca Statale di Lucca - MS 1565, c. 151r
L’avvento del fascismo impose a livello nazionale una politica di grande incentivazione
per le opere pubbliche, per lo sviluppo di
un’urbanistica funzionale e di un’architettura
capaci di esprimere una nuova monumentalità
e di togliere ai centri storici quel degrado che
già dall’epoca risorgimentale era stato liquidato
con il termine «secolare squallore» e che
aveva giustificato sventramenti nel cuore delle
città. Anche Lucca fu interessata da un notevole numero di progetti di ‘risanamento’ fortunatamente realizzati in minima parte. Si favoleggiava dalla costruzione di una galleria
coperta fra le piazze Napoleone e San Michele
fino all’allargamento e regolarizzazione di alcuni
dei tracciati viari del centro storico, l’abbattimento di interi quartieri, all’apertura di nuove
porte nel perimetro fortificato e la copertura
di via del Fosso.
La città alla soglia degli anni Trenta era ancora
sprovvista di un mercato coperto. Questa
carenza fu velocemente risolta dal decisionismo
fascista, contrapposto alla litigiosità e incon-
cludenza delle amministrazioni liberali di inizio
secolo. Pertanto con pochi tratti di penna fu
deciso di adibire a tale scopo l’ex convento
carmelitano e la sua chiesa che si trovavano
a poca distanza dal vecchio mercato al dettaglio di piazza Anfiteatro e che avrebbero
così consentito di liberare l’arena dalle botteghe
di legno dei venditori, riservando la piazza a
solo mercato all’ingrosso delle verdure.
Nel 1932 il progetto era già approvato e prevedeva non solo la realizzazione dei lavori
necessari alla realizzazione architettonica, ma
anche l’affidamento dell’opera a una società
di gestione che oltre a reperire risorse finanziarie
necessarie avrebbe poi amministrato il nuovo
mercato e centro commerciale: una modalità
che oggi chiameremmo progetto di finanza.
Il Comune non aveva infatti 1,2 milioni di lire
necessari per intraprendere l’opera, così l’appalto che prevedeva anche la concessione
della gestione per i successivi sedici anni fu
affidato dopo una gara alla Compagnia Fiduciaria di Lucca.
Il progetto architettonico ispirato a grande
funzionalità e semplicità prevedeva la copertura
del chiostro con una struttura metallica e la
fruizione di questo spazio assieme a tre
navate della chiesa per ospitare i banchi di
vendita. Nella quarta navata della chiesa a
sud insieme a tutto il perimetro nord e ovest
avrebbero trovato spazio negozi e botteghe.
L’aula della chiesa sarebbe stata scavata per
ricavare sotterranei da destinare a magazzini
e celle frigorifere. Più precisamente all’interno
dell’ex struttura monastica avrebbero trovato
posto ben 31 negozi, 200 banchi di vendita,
30 banchi per il pesce, 6 magazzini e due
locali per la vigilanza sanitaria.
Il progetto di Arrigo Nieri per le facciate su
piazza del Carmine e via San Gregorio prevedeva l’inserimento di numerosi elementi
decorativi tradizionali riutilizzando i pilastri di
pietra di una cappella angolare come loggiato,
ma in una probabile ottica di risparmio questa
rilettura dell’esterno, che avrebbe in qualche
modo mitigato il rapporto della nuova struttura
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FCRLMAGAZINE 7 |2015
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FCRL DAL TERRITORIO
con l’architettura degli isolati e palazzi vicini,
non fu mai realizzata lasciando estremamente
semplificata e impoverita l’immagine esterna
rispetto a quella più articolata e ricca che era
esistita prima.
I lavori partirono nel 1933 subito bloccati
dalla Soprintendenza ai monumenti preoccupata dall’imminente distruzione di affreschi
ed elementi architettonici. Ma l’opera doveva
andare avanti comunque, l’unico risultato ottenuto da quell’intervento fu l’imposizione a
spese del Comune dello stacco e restauro
di alcuni degli affreschi più preziosi e antichi
dalle pareti e volte. L’intervento fu comunque
tardivo e in parte distruttivo a causa delle
grandi difficoltà affrontate con tecniche non
efficienti su opere già in condizioni precarie. I
canonici del Capitolo della cattedrale di San
Martino si rivolsero al Comune per ottenere
che almeno esternamente la chiesa rimanesse
ancora riconoscibile. Richiesta che, però, rimase completamente disattesa.
L’attuazione del progetto elaborato sulla carta,
nella pratica fu impietosa senza concedere
nemmeno il minimo cambiamento o adattamento alla salvezza di qualche elemento
storico di pregio. Fu attuata la completa distruzione della navata sud, il taglio degli
affreschi nelle lunette del chiostro per inserire
le alte aperture di accesso ai negozi, lo scrostamento di interi palinsesti murari, l’eliminazione
di portali, cornici, costoloni e stucchi, l’imbiancatura di intere pareti affrescate. Solo alcune chiavi di volta con gli antichi stemmi furono conservate. Il tutto per ottenere un’architettura nuova, candida e razionale, in realtà
provocando un effetto di profonda obliterazione
e estraneazione della struttura dal contesto.
Un risultato mitigato solo, con il lungo passare
del tempo, dall’intensa fruizione popolare che
ha ricostruito l’attuale identità del luogo.
L’inaugurazione del nuovo Mercato avvenne
nell’ottobre del 1935 mentre nella primavera
dell’anno successivo piazza dell’Anfiteatro
venne definitivamente abbandonata dai venditori al dettaglio.
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IL RESTAURO DEL TETTO
Nell’estate 2014 grazie a un progetto curato
dall’Ufficio lavori pubblici del Comune di Lucca
è stato realizzato il rifacimento del tetto del
chiostro del Mercato del Carmine per un importo complessivo di 152mila euro, finanziati
in larga parte (142mila euro) dalla Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca. I lavori sono
stati realizzati dalla ditta Lom. Cer. di Lucca.
La struttura è costituita da una travatura metallica che sostiene i pannelli di copertura in
legno per la parte interna, precedentemente
formata da pannelli in fibrocemento contenenti
amianto. Questi pannelli sono stati eliminati
mediante incapsulamento e sono stati sostituiti
con lastre in alluminio verniciato di colore
grigio. È stato inoltre completamente verificato
e consolidato lo scheletro interno in metallo
e rivista la funzionalità delle canale per la raccolta delle acque piovane. Lungo tutto il
colmo del tetto è stato realizzato un lucernaio
della larghezza di circa un metro dal quale
filtra la luce naturale. Nella doppia falda del
tetto sono stati installati infissi isolanti per
poter meglio trattenere il calore nell’ambiente
sottostante: sono inoltre stati aggiunti sistemi
elettrici per l’apertura delle finestre. Il progetto
complessivo di restauro dell’immobile, concordato con la Soprintendenza di Lucca, ha
previsto anche l’estensione della copertura
del ballatoio al primo piano del chiostro, al
fine di preservare maggiormente il complesso
edilizio eliminando infiltrazioni e ristagni di
acqua piovana.
LE LINEE GENERALI PER IL RESTAURO E
LA RIQUALIFICAZIONE FUNZIONALE
Grazie a un accordo sottoscritto nei primi
mesi dell’anno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca ha accordato un finanziamento di tre milioni di euro per l’anno 2015
che sarà utilizzato dal Comune di Lucca per
un intervento generale di recupero del complesso. Le linee generali del progetto sono
state espresse in un master plan approvato
nel luglio del 2015. Il Mercato del Carmine
non è un’area dismessa o abbandonata:
sebbene il contesto si presenti parzialmente
degradato rispetto alle condizioni del resto
del centro storico lucchese, il mercato è
ancora un punto vivo, dotato di una sua
identità e pertanto possiede già un’immagine
commerciale storicizzata e ben individuata
come luogo nella città dove sono ancora
presenti e attive sette attività commerciali. Le
superfici utili nette allo stato attuale ammontano
a 3623 metri quadrati, di cui 988 metri
quadrati corrispondono all’ex chiesa, 1718
metri quadrati all’ex convento e 917 metri
quadrati al chiostro coperto con i suoi portici.
Le aree commerciali ottenibili nel riuso dell’organismo edilizio dell’ex chiostro si dovranno
caratterizzare per target d’uso non tradizionali
nell’ambito della ristorazione e vendita di
prodotti agroalimentari. Dovrà essere mantenuta una porzione di superficie a destinazione
mercatale per soddisfare le esigenze dei
piccoli produttori agricoli per la vendita dei
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LA RINASCITA DEL MERCATO DEL CARMINE
Ex chiostro del convento
Ex chiesa del Carmine
Botteghe
Area mercatale
prodotti tipici e di filiera corta del territorio lucchese; viceversa l’inserimento delle navate
dell’ex chiesa fra le superfici utilizzabili ad uso
commerciale permetterà di offrire spazi interessanti agli operatori della media distribuzione
che con la loro presenza possono agire da
traino per tutta l’area.
L’integrazione del mercato nella vita lucchese
dovrà passare attraverso un’operazione di
microurbanistica che cerchi negli ambiti limitrofi
tutte le funzioni complementari necessarie
per rendere vitale in modo permanente l’ambito
di interesse: un marketing delle strade di accesso, interventi puntuali con ‘soglie’ informative, pubblicità in varie forme che possano
contribuire alla riuscita dell’operazione e dovranno costituire una strategia integrata nel
progetto, come tempi e costi.
PROPOSTA PROGETTUALE DI
DESTINAZIONE
La struttura
dell’ex Convento del Carmine è fortemente
caratterizzata dalla presenza del grande chiostro coperto, particolarmente adatto ad ospitare
delle ‘edicole’ in cui vengano svolte attività
commerciali la cui gestione dovrà essere di
qualità, ispirata alla tradizione locale, alla valorizzazione dei prodotti tipici e in parte alla
valorizzazione delle culture gastronomiche toscane. Il chiostro è circondato da loggiati
alcuni dei quali chiusi da infissi di ferro, per i
quali è prevista la riproposizione di un’immagine
unitaria tanto al piano terreno quanto al piano
primo, attualmente interessato da lavori di
copertura, e che dovrà essere accessibile
attraverso l’inserimento di un nuovo elemento
di collegamento verticale che potrà essere
realizzato internamente o, preferibilmente,
esternamente attraverso la costruzione di un
nuovo volume in aderenza posto sul retro.
EX CHIESA DEL CARMINE. La ex chiesa costituisce un volume unico particolarmente
caratterizzato dal punto di vista storico-architettonico. L’eventuale inserimento di una struttura leggera di soppalco porterà la superficie
utile sopra i 1000 metri quadrati particolarmente
EX CHIOSTRO DEL CONVENTO.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Proposta progettuale di destinazione. Piano terreno
adatta ad ospitare un’attività commerciale di
media distribuzione (presumibilmente di generi
non alimentari) e che sia in grado di svolgere
un’ulteriore funzione di attrazione nei confronti
del pubblico. Inoltre nelle aree disponibili nel
piano interrato, oltre ai servizi complementari
al commercio (come ad esempio magazzini)
sarà possibile inserire, in una porzione dell’area,
le centrali tecnologiche necessarie al fabbisogno energetico delle attività presenti in
tutta l’area coinvolta dall’intervento.
LE BOTTEGHE. Le botteghe su via Mordini,
su piazza del Carmine e su via San Gregorio,
da destinare ad esercizi di vicinato e artigianato
di servizio e piccolo artigianato di produzione,
dovranno essere ristrutturate e rese disponibili
con un significativo miglioramento degli impianti
e degli arredi.
L’AREA MERCATALE. Nella parte est del complesso edilizio, uno spazio importante sarà a
destinazione mercatale per riproporre, in forma
attuale, la struttura del mercato a banchi per
l’esposizione e la valorizzazione dei prodotti
tipici del territorio e la vendita di prodotti di
filiera corta del territorio lucchese.
IL PRIMO PIANO. La disposizione degli spazi
al primo piano suggerisce la possibilità di riutilizzo come struttura ricettiva particolarmente
caratterizzata in funzione degli spazi e del
contesto in cui si viene ad inserire. Queste
funzioni potranno essere integrate con eventi
temporanei di promozione turistica e attività
culturali e del tempo libero opportunamente
coordinate nel calendario dell’offerta di manifestazioni e nel programma di servizi della
città oltreché con attività artigianali di servizio
e piccolo artigianato di pregio.
Compatibilità tra attività ed organismo
edilizio
La tutela del complesso edilizio del Mercato
del Carmine rappresenterà una priorità nel
progetto di riqualificazione complessivo e
dovrà conservare gli elementi storici e artistici,
anche mediante operazioni di restauro di paramenti, pavimentazioni e affreschi. Il progetto
esecutivo verrà pertanto redatto in accordo
con la Soprintendenza per i beni architettonici,
paesaggistici, storici, artistici ed etno-antropologici di Lucca e Massa Carrara e si dovrà
ispirare alla tutela e ai caratteri storico-artistici
ancora conservati valorizzando gli elementi
decorativi ancora esistenti.
Collegamenti e accessibilità
Se da un lato la posizione estremamente
centrale dell’area favorisce l‘accessibilità pedonale, dall‘altro è indispensabile prevedere
servizi di consegna agli utenti e percorsi alternativi di rifornimento merci da effettuarsi
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FCRL DAL TERRITORIO
sione di 40 anni; il pagamento di un canone
a favore del Comune, a decorrere dalla ultimazione dei lavori, che per i primi 36 mesi
sarà ridotto al 10%.
Il concessionario dovrà farsi carico di soluzioni
tecniche ed economiche idonee a garantire,
nella misura massima possibile, la continuità
delle attività nella fase di realizzazione dei
lavori e successivamente il reimpiego degli
stessi operatori nelle nuove attività che sorgeranno nella struttura, ovvero il diritto di
prima scelta riservato ai medesimi operatori,
senza possibilità di trasferimento a terzi nella
locazione dei nuovi spazi, prevedendo una
riduzione del 10% sul canone di locazione
che sarà stabilito e che dovrà essere in linea
con i parametri commerciali di canone e di
durata in vigore in quell’area del centro
storico.
La gestione del complesso potrà essere
diretta, attraverso attività economiche, o con
la subconcessione o locazione degli spazi
nel rispetto delle destinazioni ammesse.
Proposta progettuale di destinazione. Piano primo
con mezzi elettrici o eco-compatibili. Nella
previsione di una pedonalizzazione dell’area
si renderanno necessari provvedimenti legati
alla mobilità atti a limitare la penetrazione
delle auto private e garantendo, al contempo,
le esigenze di sosta dei residenti con il servizio
di consegna merci.
La localizzazione del mercato lungo la direttrice
di collegamento con l’ampio parcheggio
dell’ex Caserma Mazzini, la presenza di ampie
aree di sosta libera nell’immediata vicinanza
delle Mura urbane (parcheggio Campo di
Marte), e la presenza delle importanti funzioni
in precedenza evidenziate, suggeriscono la
possibilità di soluzioni calibrate alle esigenze
dei diversi utenti, nonché di una linea/navetta
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dedicata, ipotizzando un attraversamento
della città in direzione est-ovest.
Gestione
L’intervento di riqualificazione e recupero comporterà notevoli costi per cui sarà necessario
il coinvolgimento di soggetti privati che attraverso la concessione dell’immobile possano
attuare il progetto. Le condizioni della concessione sono essenzialmente le seguenti:
la realizzazione dell’intervento con risorse proprie del concessionario ad integrazione di
quelle messe a disposizione dall’Amministrazione comunale attraverso lo specifico contributo della Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca; una durata massima della conces-
Per saperne di più:
M. PAOLI, Arte e committenza privata a Lucca
nel Trecento e nel Quattrocento. Produzione
artistica e cultura libraria, Lucca 1986
La pittura a Lucca nel primo Seicento, catalogo
della mostra, Lucca 1994
Archivio Storico Comunale
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Mura, una passeggiata intorno alla città
L
ucca, una città piccola, a portata
di passo, di mano, di sguardo.
Salendo sulla Torre Guinigi si abbraccia tutto il centro storico, sporgendosi dalla punta estrema di un
baluardo si vedono da una parte i monti che
la separano da Pisa, dall’altra Pescia, dall’altra
ancora si intuisce il mare portato dal vento
della sera.
Vista da dentro è un borgo accogliente dove
brulicano vite, incontri, eventi, iniziative. E a
proteggerla, sempre loro, il simbolo della
città: le Mura. Ormai tutti sanno che, tra un
vicolo e l’altro, in città esistono tre cerchie
murarie che con il passare dei secoli hanno
accolto la vita che cresceva, la popolazione
che aumentava, le necessità che cambiavano.
Le ultime, quelle dove si passeggia abitualmente, che accompagnano lo sguardo del
cittadino affezionatissimo e del turista incredulo,
hanno da poco compiuto cinquecento anni.
Cinque secoli che le hanno viste non solo
barriera difensiva, ma luogo di suggestione e
riflessione, dove si è sviluppata – e ancora
oggi è così – la vita sociale della città: al suo
interno le case moltiplicavano, le esistenze
scivolavano via, veloci, i monumenti cambiavano, i figli più illustri di Lucca – i suoi compositori, Puccini, Boccherini, Catalani – magari
cercavano ispirazione proprio lungo la loro
passeggiata.
Ma in questi cinque lunghi secoli, le Mura
sono rimaste anche uguali a loro stesse.
Senza una manutenzione adeguata e omnicomprensiva, senza un adattamento reale
alle esigenze di un moderno che avanza. Per
cui ecco che le sortite si imbrattano, i paramenti
esterni diventano preda di erbe selvagge,
l’asfalto sulla parte superiore della passeggiata
è davvero troppo ingombrante, ora che le
auto non ci transitano più da decenni.
Per questo, ormai quasi tre anni fa, l’amministrazione comunale lucchese ha siglato un
protocollo con la Fondazione Cassa di Risparmio per un totale di sette milioni di euro
– cui sono andati ad aggiungersi altri quattro
milioni – proprio per riportare le Mura al loro
antico splendore. Un impegno che ha coinvolto
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Sara Berchiolli
l’ente di San Micheletto a tutto tondo: non
soltanto una voce di spesa nel bilancio
annuale, quindi, ma anche l’attenzione nel richiedere perizie, affidare i lavori e seguirne lo
svolgimento da vicino. Attenzione che ha attirato, in un effetto domino di successo,
anche i fondi della Regione Toscana e del
Ministero dei beni e delle attività culturali.
I primi lavori sono iniziati nel maggio 2013
quando ad essere riqualificati sono stati
Proseguono i lavori
al monumento simbolo
di Lucca
l’ex Casa del Boia e il Baluardo San Salvatore,
con un progetto durato un anno, fino al giugno 2014. Nello stesso anno, nel 2013,
sono state riqualificate anche Porta Santa
Maria e Porta Elisa, diventate di diritto due
dei migliori biglietti da visita della città. Nell’agosto 2013 sono inoltre partiti i lavori per
la riduzione dell’asfalto e per la sostituzione
dell’illuminazione nel tratto che dal Caffè
delle Mura arriva fino all’ex Casa del Boia.
Contemporaneamente sono state riqualificate
anche la discesa in prossimità del Baluardo
San Colombano e quella pedonale di Porta
Elisa.
I lavori più recenti, in ordine di tempo, stanno
interessando la realizzazione di nuove piste
ciclabili attorno alla cinta muraria e la ripulitura
dei paramenti esterni. Quest’ultimi sono, ma
ormai sarebbe quasi più giusto dire ‘erano’,
invasi da piante cresciute spontaneamente,
sporchi dall’inevitabile accumulo di smog e
riportavano falle evidenti, dovute alla caduta
dei mattoni originari. Un iniziale lavoro di
ripulitura era stato compiuto, e concluso, nel
2013, quando, in via del tutto sperimentale,
erano stati puliti 780 metri lineari, circa il 10
per cento di tutto il percorso. Il tratto interessato
dal cantiere sperimentale comprendeva la
porzione di Mura tra la Porta San Pietro, il
Campo Balilla fino al Baluardo San Paolino. Il
percorso per agire sul paramento è stato
condotto al fianco della Soprintendenza che
ha rilasciato il via libera all’operazione coinvolgendo numerose professionalità. Per poter
rimuovere le piante cresciute tra un mattone
e l’altro, infatti, è stato necessario ricorrere a
un diserbante specifico e autorizzato proprio
dalla Soprintendenza, capace di far seccare
la vegetazione, rimossa poi con il ‘frullino’ a
filo. Complessivamente i lavori di ripulitura
esterna, che si sono conclusi in occasione
delle celebrazioni della Santa Croce il 13 settembre, sono costati circa 600mila euro.
Contemporaneamente all’estirpazione delle
piante sono stati inseriti nuovi mattoni, per
rimpiazzare quelli caduti o rovinati. I nuovi
materiali sono stati acquistati da una ditta di
Mantova capace di creare mattoni del tutto
somiglianti a quelli usati originariamente per
costruire le Mura: sono stati scelti elementi
già vecchi, solidi e già vissuti, capaci di
garantire maggior presa e realizzati con un
materiale antico, della stessa dimensione e
di colore il più somigliante possibile all’originale.
Per mantenere ancora più stretto il legame
con la tradizione è stata utilizzata una malta
contenente calcio, e non cemento, del tutto
simile a quella utilizzata nel Cinquecento. Dei
26mila mattoni acquistati, circa 8 mila sono
stati installati tra Porta San Pietro e l’ex Campo
Balilla, i rimanenti – 18mila – sono serviti per
riparare il percorso tra Porta Elisa e Borgo
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foto Ghilardi
foto Ghilardi
foto Ghilardi
foto Ghilardi
FCRL DAL TERRITORIO
FCRLMAGAZINE 7 |2015
foto Ghilardi
MURA, UNA PASSEGGIATA INTORNO ALLA CITTÀ
Giannotti, con particolare attenzione a Porta
San Jacopo, anch’essa completamente restaurata. La Porta che dà accesso alla città
dal quartiere San Marco è stata rimessa a
nuovo a partire dal mese di maggio del 2015,
andando ad agire anche sul puntellamento
della parte superiore della porta stessa evitando
l’ulteriore caduta di mattoni.
Sempre a maggio, in collaborazione con il
Comune di Lucca e con la Regione Toscana,
sono partiti altri cantieri: quelli finanziati dalla
Regione che hanno interessano i tre baluardi,
Santa Croce, San Martino e San Paolino, e
quelli che invece si sono occupati dell’installazione della nuova illuminazione lungo il paramento esterno da Porta Elisa a Porta San
Jacopo. Questa tranche si è conclusa, come
previsto, nel mese di settembre e ha fruttato
l’installazione di 73 fasi da 150 watt l’uno. Lo
stesso impianto che illumina il tratto tra Porta
Elisa e Porta San Donato, costato, complessivamente, poco più di 400mila euro.
Nello stesso periodo è stato approvato anche
il progetto esecutivo per la riqualificazione
del percorso ciclopedonale sugli spalti delle
Mura. Nell’ottica di una progettualità che coinvolge tutto il territorio della provincia lucchese
e che ha già portato grandi benefici nel Comune di Capannori e nella primissima periferia
cittadina, anche l’anello esterno della cinta
muraria sarà gradualmente dotato della sua
pista ciclabile.
Il progetto, inoltre, si inserisce in quello già
esistente che intende realizzare un percorso
lungo l’acquedotto monumentale del Nottolini.
Il piano approvato, infatti, ha previsto la riqualificazione di più di un chilometro di percorso,
tra Porta Elisa e Piazzale Ricasoli da dove ha
inizio la passeggiata pedonale, già realizzata,
che arriva fino a Porta San Pietro. I lavori,
iniziati il 18 maggio, sono stati curati dalla
ditta Michele Bianchi Costruzioni Srl. Idealmente, e saranno questi quindi i prossimi impegni del protocollo per la restaurazione delle
Mura, tutto l’anello esterno dovrà essere percorribile a piedi, o in bicicletta, in un ambiente
non soltanto bello e inserito nel contesto naturale, ma anche sicuro.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Con la realizzazione di questo ulteriore tassello,
conclusosi in settembre in concomitanza con
l’apertura della rotonda di Porta Elisa, più
della metà dell’anello della circonvallazione
adesso è percorribile in bici. Il chilometro interessato dai lavori è stato diviso in cinque
fasi, ciascuna di 200 metri, per limitare il più
possibile disagi e rallentamenti. La pista, larga
2 metri e mezzo, è stata realizzata in asfalto
natura, perfettamente inserito nel contesto
che lo circonda, ed è delimitata da una
ringhiera parapedonale che riprende quella
che protegge gli attraversamenti dei fossati.
Da un lato quindi la ringhiera che delimita la
zona carrabile e gli alberi, dall’altro una
canaletta in terra, di due metri di larghezza,
pensata per raccogliere le acque piovane.
Lungo il percorso sono stati inoltre installati
panchine e cestini per i rifiuti per rendere
ancora più fruibile la passeggiata. La pista,
infatti, è stata pensata e realizzata con il
preciso obiettivo di valorizzare e semplificare
il passaggio di pedoni e ciclisti: le stesse stazioni di pagamento per il parcheggio sono
state poste in modo tale da non intralciare
l’utente del percorso ciclopedonale. Inoltre,
l’asfalto natura è stato steso anche sulle vie
di collegamento tra le piste ciclabili e le Mura
stesse. Anche gli alberi che corrono lungo la
pista ciclabile sono stati interessati da importanti
cambiamenti. Si è infatti reso necessario l’abbattimento di otto tigli malati posizionati sul
Viale Giusti; sorte analoga è toccata ad altre
piante della cerchia muraria. La Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca, durante la realizzazione dell’ultimo tratto di pista ciclabile,
ha commissionato all’Università di Pisa una
perizia proprio per saggiare lo stato di salute
degli alberi: studio che ha evidenziato otto
tronchi cavi, quindi pericolosi per chiunque si
trovasse a passare di lì. Gli addetti al cantiere
hanno proceduto all’abbattimento delle piante
e all’estirpazione dei ceppi e delle radici. I tigli
sono poi stati ripiantati, rispettando l’alternanza
con i lecci.
Terminati questi ultimi lavori, si pensa già alle
prossime tappe, quando la Fondazione CRL
aprirà altri cantieri per completare l’operazione
di restauro e restituzione delle Mura alla città.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
ha inoltre consegnato al Comune di Lucca la
documentazione necessaria, comprendente
le dovute autorizzazioni, per procedere con
un nuovo lotto di lavori, partiti nel giugno
2015 e finanziati dalla Regione Toscana con
uno stanziamento di poco superiore ai 2
milioni e 450mila euro. Al centro dell’attenzione,
questa volta, sono i sotterranei dei baluardi
San Paolino, San Martino e Santa Croce. I lavori, tutt’ora in corso, interessano la riqualificazione delle sortite e l’installazione di nuovi
impianti di illuminazione, per renderli omogenei
con quelli presenti lungo i paramenti esterni.
All’interno dei sotterranei, invece, le superfici
a vista sono state restaurate per eliminare le
infiltrazioni d’acqua proveniente dalle volte.
Anche le pavimentazioni sono state sistemate:
quelle in pietra hanno subito un procedimento
di consolidamento e rinforzo, mentre quelle in
terra battuta verranno reintegrate con materiale
analogo. Infine, per completare l’opera, saranno
ripristinati i percorsi che portano dai sotterranei
agli spalti, rendendo così tutta l’area piacevole,
sicura e adatta per eventi e iniziative.
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FCRL DAL TERRITORIO
Pineta di Viareggio, patrimonio della città
C
alvino ha parlato di città invisibili.
Città nascoste, continue, impossibili e reali come mai. Lo scrittore ha codificato le manie, le
follie, i difetti e i pregi della vita di
città. E non c’è brano, paragrafo o frase che
non faccia suonare in testa un campanello.
C’è Zaira, la città che custodisce gelosamente le proprie memorie, o Maurilia, dove
durante le passeggiate compaiono le cartoline del suo passato. Come a dire che la città
è questa e quella, è passato e presente, non
c’è l’uno senza l’altro. Oppure Sofronia, composta da due mezze città.
Visioni e suggestioni che tornano nelle città
di provincia o là dove la grandezza metropolitana resta un immaginario a metà tra sogno
e ambizione. Viareggio sta lì, al centro di
questa contraddizione, con il suo andare a
una doppia velocità, con il suo cercare di ridisegnare la strada. Un bisogno che in parte
è già realtà, se si pensa a quello che si sta
muovendo da un anno a questa parte. Partiamo, ad esempio, da Villa Argentina: un recupero in grande stile, condotto dalla Provincia
di Lucca, come solo una città piena di affetto
e di voglia di rivincita poteva avere. Anni di
abbandono e mistero, poi finalmente la luce
è tornata a splendere nelle stanze della bellissima villa situata tra via Vespucci e via
Fratti. Chi prima ci passava accanto, ormai
inconsapevole del tesoro prezioso che dormiva
proprio lì vicino, adesso può finalmente entrare,
camminare sul marmo nero, salire lo scalone,
affacciarsi a respirare il vento di mare dalla
terrazza. Eterno mito di tutti i viareggini, Villa
Argentina ha spalancato le porte a nuove
attività e momenti d’incontro, come la mostra
dedicata a Lorenzo Viani e alla Grande Guerra,
che ha attirato 20mila visitatori in soli cinque
mesi. O i numerosi appuntamenti che hanno
scandito l’estate, raccogliendo consensi e
partecipazione sempre in crescita.
Ma non solo. Il recupero della struttura si inserisce perfettamente in una riqualificazione
più ampia, pensata e voluta anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e dal
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Comune di Viareggio. Riqualificazione che
non può che partire dalla Pineta di Ponente,
uno dei simboli più forti e più amati di Viareggio.
Proprio di fronte a Villa Argentina, infatti, si
sviluppa la Pineta, dove da più di un anno
stanno andando avanti i lavori di restauro,
pulizia e sistemazione di quel polmone pulsante
e luogo immaginifico caro a tutta la città. Generazioni di viareggini e di turisti hanno trovato
rifugio sotto il verde degli alberi, baci rubati e
pedalate folli hanno fatto da cornice alla bella
estate. Peccato che gradualmente, giorno
dopo giorno, di dimenticanza in dimenticanza,
la Pineta si sia spopolata delle famiglie e
degli innamorati per lasciare sempre più
spazio a sporcizia, degrado e criminalità.
Sono impietosi i commenti che appaiono
sulla pagina dedicata alla Pineta su TripAdvisor,
celebre portale di recensioni: si parla di «patrimonio ignorato», «lento declino», «luogo da
evitare», «impossibile sostarvi da una certa
ora in poi». Donne e bambini sono invitati a
seguire i percorsi tracciati e la Pineta raccoglie
l’eredità di «un’occasione persa».
È anche per questo che oltre un anno fa
(giugno 2014) sono partiti i lavori per riqualificare
la Pineta. Un protocollo d’intesa tutto rivolto a
riportare la storica area verde viareggina a
nuova vita, riconsegnandola alla città in tutto
il suo splendore entro l’inizio della stagione
estiva 2016. Un investimento consistente
quello che la Fondazione ha messo a disposizione di Viareggio: un milione e mezzo di
euro divisi in tre tranche, due da 250mila
euro e l’ultima, la più importante, da un
milione di euro stanziata per il 2016. Un intervento strategico che si concretizza, nelle
intenzioni dell’amministrazione viareggina e
dell’ente di San Micheletto, come un’opportunità per lo sviluppo di tutto il territorio. Le
opere di recupero, infatti, si inseriscono nei
progetti di «Sviluppo locale e lavori pubblici,
realizzazione, ristrutturazione e adeguamento
di strutture pubbliche».
Nel passato anno e mezzo sono stati molti i
lavori straordinari portati a termine. Dal luglio
2014 i sentieri, diventati una selva inestricabile,
sono stati liberati e ripuliti. Gli alberi caduti
sono stati eliminati e sono stati sradicati i
ceppi delle piante abbattute dalle forti raffiche
di vento dei mesi scorsi. La Pineta, adesso,
ha un aspetto più rassicurante, più aperto.
Grazie all’opera di sfoltimento è migliorata
anche la visibilità: oltre a donare al parco un
profilo più ordinato, la ‘nuova’ Pineta avrà il
merito di intralciare anche le attività criminali
che trovavano un nascondiglio perfetto nell’oscurità delle piante.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
PINETA DI VIAREGGIO,
PATRIMONIO DELLA CITTÀ
I prossimi lotti di lavori, che ancora non sono
stati assegnati ma che vedranno la luce a
partire dai primi mesi del 2016, riguarderanno
interventi più consistenti, in grado di restituire
a tutto tondo il carattere ludico e aggregativo
tipico della Pineta. Dopo l’importante opera
di ripulitura e sfoltimento, saranno messi in
sicurezza e migliorati gli accessi, i bordi, gli
attraversamenti e i percorsi interni di mobilità.
Saranno, inoltre, regimate le acque superficiali,
canalizzate in fossi. Il problema della presenza
dell’acqua in Pineta è tutt’altro che da sottovalutare: è uno degli agenti che contribuisce,
infatti, alla caduta degli alberi. La scarsa rete
di drenaggio del terreno mal si concilia con le
radici poco profonde dei pini che, in un
terreno bagnato e molle, non hanno presa e
alla prima forte libecciata cadono a terra.
Sarà quindi importante dotare la zona di una
rete idrica efficace, con pompe più potenti di
quelle installate adesso, tragicamente sottodimensionate e inadatte a fronteggiare le
bombe d’acqua che colpiscono sempre più
spesso il territorio.
A parziale sostituzione delle piante abbattute,
ne verranno piantumate altre anche se non
nello stesso numero. Proprio per non incorrere
in un circolo vizioso che porta ad un difficile
monitoraggio della Pineta, le piante giovani
saranno in un numero minore rispetto a quello
originario. Prevalentemente saranno reinseriti
pini marittimi, ma spetterà poi ai botanici il
FCRLMAGAZINE 7 |2015
compito di indicare e individuare quelle che
sono le alberature più adatte. In un lontano
passato, prima ancora che venisse piantata
la Pineta, in questo angolo di città sorgeva
un fitto bosco di lecci, poi abbattuto. La
lecceta, però, costituiva una barriera ideale
contro sabbia, salsedine e vento. Fu quindi a
metà del Settecento che venne deciso di ricreare uno spazio verde: la Pineta, appunto.
Imprescindibile sarà poi l’installazione di un
nuovo sistema di illuminazione e di un impianto
di videosorveglianza. Il segreto per un luogo
sicuro è renderlo fruibile e vivo: per questo la
nuova Pineta sarà dotata di luci che correranno
lungo i sentieri e di telecamere che monitoreranno le varie zone del parco. È infatti preciso
intento dei firmatari del protocollo, soprattutto
della Fondazione Cassa di Risparmio, rendere
la Pineta un luogo tranquillo e vivibile, contribuendo a sgominare la micro e macro criminalità che per lungo tempo ha trovato terreno
fertile tra i pini.
Per fare questo sarà necessario anche intervenire sulle strutture in muratura presenti all’interno dell’area verde, valorizzando quelle
già esistenti e introducendone di nuove. Per
raggiungere l’obiettivo di un’area godibile a
360 gradi sarà quindi indispensabile ristrutturare
i bagni, i bar, i giochi per bambini e le strutture
che offrono le numerose possibilità di diverti-
mento all’interno della Pineta. Anche l’arredo
urbano sarà dotato di nuovi elementi, come
le panchine che andranno a sostituirsi a
quelle presenti adesso, pericolanti o divelte.
Lavori importanti che vanno avanti con determinazione e costanza e che riprenderanno,
dopo le dovute assegnazioni, dai primi mesi
del 2016. Un impegno che supera i confini
del decoro urbano per connotarsi come momento di rivalsa e riconquista di un’intera
città. Lavori che solo apparentemente sembrano non cambiare il volto della Pineta: metaforicamente, il cambiamento parte del centro,
da quelle piante abbattute, da quel silenzio
surreale, dal buio diventato terra di nessuno.
E proprio lì, da quel centro che si amplia
come i cerchi di un sasso lanciato in acqua,
il cambiamento coinvolge, si espande, ingloba
e assimila tutto quello che trova lungo la sua
corsa inarrestabile.
Dopo gli alberi, saranno i sentieri a cambiare,
poi le strutture e le luci e infine le persone:
dopo tutti questi miglioramenti anche il pubblico
che si aggira per i viottoli alberati avrà un altro
aspetto. Niente più spacciatori e delinquenti,
padroni indiscussi fino a poco tempo fa e
lentamente spazzati via, ma famiglie, coppie,
sportivi, bambini e ragazzi che si riappropriano
di un verde comune, di un sentimento antico
che trova spazio sotto gli alberi, su una panchina, all’ombra di un’estate. [S.B.]
53
FCRL IL TERRITORIO
Dalla Canina alla Verdecchia, la riscoperta
dei rari vitigni della Garfagnana
L
a Garfagnana come scrigno di biodiversità, non solo per le sue risorse
naturali ma più specificatamente
per le varietà orticole e legnose da
frutto che le sue vallate e montagne
hanno conservato nei secoli grazie alla particolare situazione geografica e al lavoro di innumerevoli generazioni di uomini. Questo
patrimonio che rischiava di essere dimenticato e disperdersi per sempre, da alcuni lustri
è tornato al centro dell’attenzione della ricerca
e dell’agricoltura territoriale proprio per la sua
unicità, per la tutela di sapori, colori, odori che
fanno parte della cultura rurale e che oltre a
costituire una risposta all’omologazione, sono
una risorsa capace di dare nuove risposte e
proposte per uno sviluppo sostenibile.
I territori della Valle del Serchio e della
Lucchesia ci hanno tramandato numerose
cultivar antiche per alcuni fattori determinanti:
l’articolazione e il relativo isolamento geografico,
l’attaccamento alla tradizione locale, la presenza
diffusa di un’agricoltura familiare condotta su
un tessuto di microproprietà rispetto ad altre
zone dove l’esclusiva presenza di un’agricoltura
industrializzata, o comunque concentrata su
pochi prodotti, ha determinato la veloce
scomparsa delle varietà storiche autoctone.
Con queste aspettative, per una ricerca potenzialmente fruttuosa, il professore Claudio
D’Onofrio del Dipartimento di Scienze Agrarie,
Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di
Pisa, nell’ambito del vasto programma di salvaguardia del germoplasma viticolo italiano,
ha proposto un’indagine volta al censimento,
identificazione, caratterizzazione e confronto
genetico sui vitigni presenti su tutto il territorio
lucchese. Il progetto è partito nel 2007 grazie
a un finanziamento di 18mila euro della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e ha
avuto una sua prosecuzione dal 2009 nell’alta
Valle del Serchio, grazie all’ulteriore supporto
finanziario prima della Comunità Montana
della Garfagnana e in seguito dell’Unione dei
Comuni della Garfagnana. È stato possibile
così studiare il profilo genetico dei vitigni per
l’identificazione certa dell’identità varietale e
costituire presso il Vivaio La Piana di Cam-
54
prodotto e quindi, avere indicazioni sulle
eventuali potenzialità commerciali.
porgiano un vigneto collezione che ha permesso la moltiplicazione e la messa in produzione dei vitigni per definire accuratamente
le qualitative caratteristiche dell’uva, del vino
I primi dati statistici moderni redatti dall’agronomo Filippo Re nel 1814, ci presentano
una scarna ma efficace panoramica sulla
consistenza agricola della Garfagnana allo
scorcio dell’epoca napoleonica, quando la
zona era stata temporaneamente riunita con
il Principato di Lucca. Su una superficie calcolata in 149 miglia quadrate (circa 510,5
km quadrati), 66 miglia quadrate erano boschi,
49 erano destinate a pascolo o biade, 19 incolte, 9 destinate a varie coltivazioni, mentre
6 miglia quadrate (circa 20,55 km quadrati)
erano destinate alle vigne. La prima descrizione
dettagliata dei vitigni coltivati in Garfagnana e
territorio massese redatta da Carlo Roncaglia
nel 1847 enumera ben 69 varietà di uva differenti.
Il prof. D’Onofrio fra il 2007 ed il 2009, esplorando profondamente il territorio grazie alla
collaborazione con Ivo Poli e Fabiana Fiorani,
ha raccolto i vitigni più interessanti annotando
i nomi attribuiti in loco a queste varietà e le
scarne notizie tramandate oralmente. La maggior parte delle 130 piante scelte e catalogate
sono state propagate per innesto e collocate
nel vigneto collezione di Camporgiano. Sono
state contemporaneamente condotte accurate
descrizioni ampelografiche delle piante: gemme, germogli, foglie, grappoli, acini e vinaccioli
dei singoli esemplari. Le indagini molecolari e
genetiche condotte nel Laboratorio di Ricerche
Viticole ed Enologiche del Dipartimento di
Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali
dell’Università di Pisa hanno portato all’identificazione di cinquanta varietà di cui ben venti
si sono rivelate essere autoctone della Garfagnana dato che i rispettivi genotipi sono
sconosciuti alle banche dati nazionali ed internazionali. Un numero davvero notevole
per un territorio piccolo. Tutti i dati e le
immagini raccolte sono stati quindi pubblicati
in rete, accessibili al pubblico sull’Italian Vitis
Database (www.vitisdb.it )
Le varietà di vite, proprio come per gli alberi
da frutto, vengono propagate per talee o per
FCRLMAGAZINE 7 |2015
DALLA CANINA ALLA VERDECCHIA, LA RISCOPERTA
DEI RARI VITIGNI DELLA GARFAGNANA
Vitis Data Base
Il Database Viticolo Italiano
innesti ottenendo dei gruppi di piante, detti
cloni il cui patrimonio genetico, e quindi le
cui caratteristiche fenotipiche e produttive,
sono sempre esattamente uguali a quelle
della pianta originaria. La vite, come molte
altre piante arboree da frutto, porta con sé
una grande variabilità genetica con la conseguenza che ogni singola pianta figlia, nata da
seme, è sempre notevolmente diversa dai
genitori pur portandone parte del patrimonio
genetico ereditato tanto da essere considerata
una nuova varietà/vitigno. Trovare viti i cui
genotipi sono praticamente sconosciuti alle
banche dati dei vitigni italiani e stranieri o che
hanno delle affinità solamente con altre viti
autoctone della zona, significa che tali piante
si sono riprodotte magari anche casualmente
dal seme, caduto ai margini della vigna oppure
mangiato da qualche animale e nato in un
luogo selvaggio. Queste nuove varietà sono
state osservate dall’uomo che le ha scelte,
propagate e messe in produzione in vigna
per le loro qualità oggettive: perché particolarmente produttive o vigorose o per il loro
adattamento al clima o ai terreni della zona.
In pratica gli agricoltori della Garfagnana hanno
prodotto nei secoli una lunga selezione di
vitigni nati e coltivati in quella porzione di territorio. A partire dal 2012 nel vigneto collezione
di Camporgiano sono state condotte vendemmie sperimentali, vinificazioni, spumantizzazioni che hanno portato alla produzione
di uno spumante rosé e spumante bianco
dalle interessanti potenzialità presentati entrambi
ufficialmente nel 2015. L’attività di ricerca
proseguirà ancora con la valutazione dei vini
finora ottenuti, il completamento del vigneto
di collezione, l’elaborazione di indicazioni per
la sua gestione, introducendo tecniche viticole
innovative e ulteriori possibilità di vinificazione
utili ai produttori che intendono cimentarsi
nelle opportunità offerte da questo studio. È
auspicabile che l’esempio sostenuto oggi
dall’Unione dei Comuni della Garfagnana
possa essere messo in pratica anche nelle
altre zone della provincia, completando la
conoscenza del patrimonio vitivinicolo storico
lucchese.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Le viti autoctone della Garfagnana
Barghigiana È caratterizzata da una produzione
tendenzialmente elevata, con grappoli mediograndi e compatti ha però il difetto di faticare ad
accumulare un adeguato grado zuccherino.
Burian bianco Detta anche Buriana o Buriano è
citata nella lista del Roncaglia del 1847. Dalla letteratura è noto anche un Buriano di Pescia
(1883). Le analisi hanno dimostrato che il Burian
della Garfagnana è una varietà strettamente autoctona.
Canina bianca Detta anche Cagnaccia Bianca
o Petognana Bianca è citata nella lista del Roncaglia
del 1847. Il vino, di buona gradazione alcolica, è
gradevole e ha sapore particolare.
Capibianchi È stato censito esclusivamente in
Garfagnana. Produce grappoli piccoli con acini di
media dimensione e buccia spessa raggiungendo
un buon grado zuccherino mantenendo un’acidità
elevata.
Carraresa Conosciuta anche come Carraresa
compatta o Carraresa rada è presente nella lista
del Roncaglia del 1847 e potrebbe provenire
dalla zona di Carrara. Attualmente è molto diffusa
esclusivamente in Garfagnana. Oltre alla foglia
sottile, lobata, ma talvolta anche quasi intera, si riconosce facilmente anche per il suo germoglio
verde, molto sottile, flessibile, e generalmente
curvato a pastorale. L’uva non è molto dolce,
acidula presenta una buccia sottile che si rompe
facilmente rendendo difficile la manipolazione dei
grappoli maturi. In Garfagnana matura agli inizi di
ottobre. La produzione è mediamente elevata ma
il vino appare poco strutturato.
Corvara o Lombardesca Definita Corvana dal
Roncaglia nel 1847 riporta alla memoria la suggestione del celebre castello di Corvaia che dominava Versilia medievale estendendo i suoi domini
anche in Garfagnana. Produce un uva dolce con
elevata acidità totale.
Della Borra Vitigno presente sporadicamente
solo in Garfagnana dimostra relazioni di parentela
di primo grado con altri vitigni toscani.
Farinella Presente nella lista del Roncaglia del
1847, è sicuramente diffusa anche in Lucchesia
e probabilmente anche nel territorio pisano. I
grappoli raggiungono la maturità agli inizi di ottobre
con una buona ma non elevata gradazione zuccherina, ma con poca acidità e tannicità, pertanto
i vini in purezza risultano di scarsa struttura.
Il Database Viticolo Italiano (www.vitisdb.it)
offre la consultazione pubblica e gratuita
delle informazioni relative alla caratterizzazione della biodiversità viticola, per agevolare l’identificazione delle varietà di vite e la
loro conoscenza a fini applicativi. La corretta
identificazione varietale della vite è il punto
di partenza per tutti coloro che, a vario titolo,
si occupano di viticoltura e di enologia, per
le molteplici implicazioni legate alla gestione
del vigneto, al rispetto della normativa, allo
studio ed al confronto dei dati sperimentali,
alla conservazione della biodiversità. L’elevato numero di varietà, la loro forte eterogeneità morfologica e la presenza di numerose
sinonimie (medesimo vitigno indicato con
nomi diversi) e omonimie (vitigni diversi indicati con lo stesso nome) rende l’identificazione varietale della vite particolarmente
complessa. Il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa dagli anni Ottanta dello scorso
secolo ha avviato un’intensa attività di recupero del germoplasma viticolo a rischio di
estinzione nelle province della costa toscana (Massa Carrara, Lucca, Pisa, Livorno,
Grosseto). In tale contesto, nel 2004, il dott.
Claudio D’Onofrio, come tesi per il conseguimento del Master in Bioinformatica
presso l’Università di Torino, ha realizzato il
prototipo concettuale e logico di un database on-line di supporto al lavoro di caratterizzazione e recupero delle varietà viticole
nel territorio toscano. L’ampio consenso ottenuto dalla presentazione del prototipo ha
permesso la realizzazione e l’estensione del
progetto a livello nazionale grazie ai finanziamenti di ColleMassari s.p.a. e Fondazione
Bertarelli. Il Vitis Data Base è on-line dal
2008 all’indirizzo www.vitisdb.it. Al momento
il Vitis Database Working Group comprende
ventisette istituzioni a livello nazionale che
svolgono ricerca in viticoltura, dieci delle
quali hanno ottenuto il finanziamento per il
progetto AGER n. 2010-2014.
55
foto Vitis Data Base
Canina bianca
Capibianchi
Carraresa
Corvara o Lombardesca
Della Borra
Farinella
Fredianella bianca
Grassella
Grisantina bianca
Groppello
Nicola nera
Pontecolfi nera
Rossara tardiva
Salacagna nera
Schioccoletto
Viti
autoctone
della
Garfagnana
Burian bianco
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Pontesca bianca
Sillicana bianca
Verdecchia
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DALLA CANINA ALLA VERDECCHIA, LA RISCOPERTA
DEI RARI VITIGNI DELLA GARFAGNANA
Le altre uve della Garfagnana
Fredianella bianca Questo genotipo è stato recentemente identificato in Garfagnana come sconosciuto. Il prof. D’Onofrio gli ha attribuito un
nome derivato dal cognome del proprietario del
vigneto in cui è stato identificato.
Grassella Carlo Roncaglia cita nel 1847 un’uva
definita Grassa ma non sappiamo se possa indentificarsi con la Grassella attuale. È presente
esclusivamente in Garfagnana. Produce uva di
buona qualità, dolce e con una buona acidità e
dà vini di buona struttura.
Grisantina bianca Genotipo sconosciuto è stata
così chiamata dal prof. D’Onofrio con il cognome
del proprietario del vigneto in cui è stata identificata.
Come suggerisce la morfologia, particolarmente
quella del grappolo, ha una relazione di parentela
con il Trebbiano toscano che è presente anche in
Garfagnana.
Groppello Detta anche Ugillina (mentre Roncaglia
nel 1847 la chiama Gruppello) è un’uva strettamente autoctona della Garfagnana, ha sapore
neutro, dolce. Il vino che se ne ottiene è di
buona qualità. In Garfagnana matura verso la fine
di settembre.
Nicola nera Ricordata nel 1847 dal Roncaglia è
oggi sporadicamente diffusa in Garfagnana. Appare
essere un vitigno strettamente autoctono.
Pontecolfi nera Questo genotipo identificato in
Garfagnana come sconosciuto è stato ribattezzato
dal prof. d’Onofrio con una delle varianti antiche
del toponimo Ponticosi.
Pontesca bianca Anche questo vitigno sconosciuto è presente solo in Garfagnana ha un nome
scelto dal prof. d’Onofrio in riferimento al piccolo
borgo di Ponticosi. La produzione appare essere
elevata, con grappoli tendenzialmente grandi e
compatti, di cui però non si conoscono ancora
bene le caratteristiche dato il suo inserimento
molto recente in collezione.
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Rossara tardiva Citata semplicemente come
Rossara dal Roncaglia nel 1847 è diversa dalla
Rossara Trentina e non è identificabile con nessuna
delle altre diverse Rossara italiane. Presenta un
grado di parentela con altri vitigni presenti esclusivamente in Garfagnana, supportando l’ipotesi
che si tratti di un vitigno strettamente autoctono
di questa zona.
Sillicana bianca Genotipo sconosciuto battezzato
dal prof. D’Onofrio con una delle varianti storiche
del toponimo Sillicagnana. Produce grappoli di
media dimensione e compattezza, poco sensibili
ai patogeni fungini con un buon grado zuccherino
e una buona acidità. I vini in purezza ottenuti dalla
prime recenti vinificazioni, appaio ben strutturati.
Salacagna nera Anche questo genotipo identificato in Garfagnana come sconosciuto, è stato
chiamato con una delle varianti storiche del toponimo Sillicagnana. Introdotto recentemente
nel vivaio collezione di Camporgiano si attende
la produzione per poterne analizzare la vinificazione.
Schioccoletto È stato identificato in Garfagnana
ma non si esclude che possa essere presente in
altre zone, anche se, considerando che il termine
fa riferimento alla durezza della buccia e croccantezza della polpa, è possibile che vi possano
essere degli omonimi. Al momento non corrisponde
a nessuno dei genotipi presenti nei vari database
viticoli.
Verdecchia Presente nella lista Roncaglia del
1847 come Verdecchia o Verduschia, la sua presenza, sporadica, è stata censita esclusivamente
in Garfagnana. Produce grappoli di dimensione e
compattezza media, acino con buccia spessa e
poco sensibile alle fitopatie fungine che raggiunge
un elevato grado zuccherino mantenendo una
elevata acidità. I primi vini in purezza ottenuti appaiono ben strutturati e interessanti.
La tradizione vinicola garfagnina vede storicamente
attestata la presenza di vitigni toscani, italiani e
stranieri introdotti più o meno recentemente, testimonianza delle antiche relazioni di questo
territorio, terra di emigrazione anche semplicemente
stagionale, con il resto d’Europa. Le analisi condotte
da D’Onofrio hanno chiarito definitivamente l’identità
di molti vitigni che spesso sono stati ribattezzati
dagli agricoltori locali con denominazioni che in
qualche caso forniscono elementi per comprendere
la loro introduzione.
Fra i vitigni toscani: Barbarossa già descritto nel
Sei-Settecento e attestato in zona alla metà dell’Ottocento; il Lupeccio e il Buonamico vitigno di
origine pisana diffusosi poi nell’Ottocento in Lucchesia e nel resto della Toscana. Il Moscato/Moscatello Nero di Lucca è invece sinonimo di Moscato Violetto sporadicamente presente in Toscana.
San Colombano Bianco è una varietà nota dal
Trecento e particolarmente diffusa nelle colline pisane. Il Seracana Nera recentemente identificato
in Garfagnana come sconosciuto, attribuendogli
uno dei nomi storicamente accertati di Sillicagnana,
è risultato corrispondere ad un genotipo, diffuso
principalmente in Toscana, indicato con differenti
nomi.
Fra i vitigni diffusi in Garfagnana ma non autoctoni
il Moscato Bianco di Lucca, il Bougiolé o Borgogna,
il Rafayon, il Nero di Spagna (chiamato in Lucchesia
Colorino di Lucca per le sue qualità tintorie).
L’Uva Rosa è lo Chasselas Rose uno dei vitigni
francesi più diffusi nel mondo e già conosciuto
nel XVI secolo, originario del lago di Ginevra.
Infine sono stati recuperati in zona anche il
Portugais Bleu introdotto in Francia dal Portogallo
alla fine del XVIII secolo e diffuso anche in
Germania e lo Sciaccarello Nero diffuso in varie
aree dell’Italia e della Francia. [I.L.C.]
Per saperne di più:
F. RE, Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia, Milano
1814
C. RONCAGLIA, Statitisca generale degli stati estensi,
Modena 1850
Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282006X
C. D’ONOFRIO, C. FAUSTO, F. MATARESE, A. MATERAZZI,
G. SCALABRELLI, F. FIORANI, I. POLI, Genotyping of
Grapevine Varieties from Garfagnana (Northern Tuscany), in «American Journal of Enology and Viticulture», in corso di pubblicazione (gennaio 2016)
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FCRL DAL TERRITORIO
I valori della Garfagnana
nella Banca della Memoria
Andrea Salani
U
na terra aspra e bellissima, dove
la storia si incontra in piccoli
paesi, in un romitorio nascosto
nel bosco, negli aneddoti narrati
di fronte ad un camino o su una
tavola imbandita. Raccontare la Garfagnana
significa prendere in considerazione molti
aspetti e stratificazioni, raccogliere testimonianze e informazioni che devono essere immagazzinate e correttamente organizzate e
divulgate.
Da qui l’idea portata avanti dall’Unione dei
Comuni della Garfagnana, e prima ancora
dalla Comunità Montana, di creare, col sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca, uno straordinario contenitore, un
centro di raccolta documentale in cui trovino
spazio fonti, pubblicazioni, studi e altro materiale
sulla storia, la cultura e le tradizioni di questi
splendidi luoghi della Valle del Serchio.
Dal 2004, la Banca dell’Identità e della Memoria
della Garfagnana si è imposta come prezioso
strumento di approfondimento per studenti,
insegnanti, ricercatori e appassionati del territorio in generale. Un luogo dove consultare
libri, videocassette, cd, dvd e tesi di laurea riguardanti la storia e la cultura della Valle.
E poi c’è l’archivio fotografico, dove accanto
alle recenti immagini di documentazione troviamo suggestive riproduzioni di foto risalenti
agli inizi del Novecento, alla Seconda guerra
mondiale fino ad arrivare al dopoguerra.
Ma la ‘Banca’ non è un semplice contenitore
statico. Incontri di approfondimento, seminari,
continui aggiornamenti per il centro studi, ma
soprattutto un’importante collana editoriale
che meglio di ogni altra iniziativa restituisce a
pieno gli intenti con cui l’Unione dei Comuni
ha dato vita a questa realtà. Nell’ampio
catalogo di questa collana abbiamo pubblicazioni come Racconti di guerra vissuta. Garfagnana 1944-1945 (Tommaso Teora, 2013),
in cui la Seconda guerra mondiale rivive attraverso le memorie dei bambini e ragazzi di
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FCRLMAGAZINE 7 |2015
I VALORI DELLA GARFAGNANA
NELLA BANCA DELLA MEMORIA
quel tempo, o Mi par centanni che vi hò
lasciati (Lorenza Rossi, 2010), analisi approfondita sulle vicende delle popolazioni garfagnine che soprattutto nel dopoguerra emigrarono alla ricerca di una nuova vita al di là
delle Alpi o addirittura oltre l’Oceano.
Tra i focus sui prodotti tipici della zona,
analizzati anche nel loro profondo legame
con la cultura rurale di queste valli, incontriamo
Il castagno in Garfagnana. Storia e attualità
(2005) in cui Pierangelo Biagioni ripercorre la
storia di questa pianta, per secoli fondamentale
pilastro dell’alimentazione degli abitanti della
Valle del Serchio; e ancora Il farro della Garfagnana tra coltura e cultura (2010), dove si
restituisce un’immagine completa del territorio
e di un popolo il cui rapporto con la terra era
stile di vita oltre che fonte di sostentamento.
Tante e decisamente divertenti i volumi legati
alle tradizioni e al folklore come, per esempio,
La gente garfagnina dicea così… (2005),
una raccolta che attraverso proverbi, ninne
FCRLMAGAZINE 7 |2015
nanne, filastrocche e befanate offre un bello
spaccato della tradizione popolare garfagnina,
o Stasera venite a vejo Tere’? (2007), in cui il
Gruppo Vegliatori di Gallicano racconta le
veglie della Garfagnana di un tempo, importantissimi momenti di aggregazione, socializzazione e comunicazione, tra discussioni,
monologhi e musica.
Non mancano poi i volumi dedicati alla storia
artistica e culturale del territorio, che spazia
da approfondimenti di rilievo, come l’ultimissima
pubblicazione di Clementina Santi dedicata
al pittore Pietro da Talada (Pietro da Talada.
Un pittore del Quattrocento tra l’Appennino
Reggiano e le Apuane, 2015), alla ricognizione
di espressioni artistiche meno auliche, testimoniate da volumi come Maestaine di garfagnana (2008) in cui Cristoforo Feliciano Ravera
ci conduce alla scoperta di immagini votive e
piccoli luoghi di culto. Un caso esemplare
che ben racconta il patrimonio diffuso di
questa terra di cultura, ‘mangiari’ e tradizioni.
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FCRL SOCIALE
L’ATTENZIONE AI
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FCRLMAGAZINE 7 |2015
BISOGNI SOCIALI
Tornare a vivere … insieme
C
itofonare via del Moro numero
tre. E trovare mini appartamenti
nuovi e luminosi, spazi comuni
caldi e colorati, visuali mozzafiato
su piazza San Salvatore, con lo
sguardo che si perde a contare i tetti della
città. Il tutto senza rinunciare alla propria autonomia.
Lucca si mette in gioco e nella provincia
dove il numero degli anziani cresce di anno
in anno partono le prime sperimentazioni di
co-housing dedicate alla terza età. L’idea è
semplice: vivere insieme in un unico alloggio
con ambienti condivisi per farsi compagnia e
sostenersi in caso di necessità, pur mantenendo intatta l’indipendenza di ciascuno. Modelli di vita alternativi, già diffusi nel nord
Europa, che stanno prendendo piede anche
in Italia: a Lucca questa è la prima esperienza
di co-housing dedicata agli anziani e una
delle prime in Toscana. Un progetto di convivenza per over 65 autosufficienti, singoli o in
coppia, partito un annetto fa e promosso
dalla Fondazione Casa, insieme alla Misericordia e grazie all’intervento diretto della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
Un’idea nata per rispondere ai bisogni di
quelle persone che si trovano in difficoltà
economica o che sono rimaste sole per vari
motivi, disposte però, godendo ancora di
buona salute, a coabitare in luoghi parzialmente
condivisi, pagando un affitto mensile comprensivo di bollette e alcuni servizi. «Si tratta
di una soluzione che permette ai privati di
condividere spazi e servizi, riducendo i costi
e migliorando la qualità della vita – spiega
Isabella Arbuatti, coordinatrice del progetto –
Ci sono sale letture, cucine e lavanderie condivise in uno stesso stabile ma anche servizi
che vanno dall’accompagnamento personalizzato al mediatore di condominio o alla fisioterapia. Il costo medio dell’affitto mensile è di
800 euro. Quota che, oltre alla locazione,
comprende anche le bollette per il riscaldamento, la luce e il consumo di acqua, nonché
la presenza quotidiana di due operatori che
si occupano della gestione amministrativa e
sociale degli appartamenti».
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Nadia Davini
A Lucca
prende piede
il co-housing
per gli over 65
della città
Dalla teoria alla pratica è stato facile: il palazzo
di via del Moro è sembrato da subito il luogo
ideale dove rendere concrete le belle parole
contenute nel progetto su carta. Articolato
su tre piani e tre mezzanini, serviti da un
ascensore, il condominio è formato da 13
ambienti per un totale di 27 posti disponibili:
spazi abitabili (doppi o singoli con bagno)
con metrature differenti, a cui si aggiunge
una zona giorno strutturata e arredata per favorire l’interazione dei residenti. All’interno di
questo contesto due ambienti sono completamente autonomi, nel senso che hanno una
zona giorno ad uso privato e prevedono una
locazione leggermente più onerosa. Al primo
piano si trova l’appartamento del co-housing,
composto da cucina, sala da pranzo, sala
formazioni, saletta sport e benessere, ufficio
con rete Wi-fi per collegarsi a internet, zona
lavanderia e due bagni. Qua vengono organizzate periodicamente attività culturali, di intrattenimento e informative, trasformando
quindi l’appartamento nel vero cuore sociale
della struttura. «Le attività proposte – continua
la coordinatrice – sono rivolte anche e soprattutto alle persone anziane che non vivono
nel co-housing: attraverso il burraco, la tombola, i corsi di lingua straniera, le presentazioni
di libri e l’organizzazione di mostre, i corsi di
informatica e di cucito, vorremmo che questo
posto si trasformasse nella casa di tutti coloro
che non vogliono stare da soli. Decidere di
vivere in una situazione di semiconvivenza è
un passo complesso, non facile, richiede
tempo. Credo sia per questo che per ora
nella residenza abitano solo tre persone: il
progetto ha bisogno di essere conosciuto,
sono convinta che prenderà piede piano
piano, in modo crescente».
Il trucco di questa struttura, alla quale si rivolgono principalmente anziani che non riescono
più a pagare l’affitto, a mantenere la casa o
persone che si sono ritrovate senza nessuno
da un giorno all’altro chiudendosi poco a
poco nella propria solitudine, sta nella giusta
sintesi tra la disponibilità di ambienti privati e
la condivisione di stanze nella zona giorno e
nell’appartamento del co-housing. Sono
61
FCRL SOCIALE
La
Fondazione
Casa
La Fondazione Casa è stata istituita nell’aprile 2007, con approvazione unanime del
Consiglio provinciale di Lucca e si è attivata
nel luglio dello stesso anno a seguito dell’avvenuto riconoscimento da parte della
Regione Toscana e la conseguente iscrizione nel Registro Regionale delle Persone
Giuridiche Private. La Fondazione ha come
scopo istituzionale la realizzazione di iniziative destinate a sostenere le situazioni di disagio personale, familiare e sociale che
hanno origine dalla mancanza di un alloggio
dignitoso. Persegue la propria missione a
stretto contatto e con il tramite dei propri
partner, delle istituzioni pubbliche e dei soggetti del terzo settore che, quotidianamente,
si occupano di far fronte alla crescente
emergenza abitativa.
Gli elementi che ne caratterizzano l’attività
sono la presenza di diverse categorie di
soci partecipanti e la costituzione di un patrimonio a struttura aperta che può accrescersi
nel tempo. Ai Fondatori originari possono
infatti aggiungersi altri Partecipanti istituzionali
nel corso della vita della Fondazione.
previsti inoltre servizi rivolti al tema dell’accoglienza, della cura della persona, della facilitazione logistica rispetto ad attività ed esercizi
del centro storico, della gestione dei conflitti
interni al condominio, fino allo sviluppo di
eventi ricreativi pensati, costruiti e organizzati
dagli stessi residenti, in collaborazione con
familiari, amici, associazioni di volontariato e
realtà sociali del territorio.
È l’approccio socio-culturale, e non assistenziale, il punto di forza del co-housing: l’obiettivo
principale, infatti, è la costruzione di una comunità sostenibile, dove la persona è al
centro della gestione e dei servizi. Una co-
62
munità che possa diventare nel tempo un riferimento anche per gli altri anziani della città.
Il tutto con il fine di arricchire il centro storico
con un progetto innovativo che diventi un
valore per la società: riportare l’anziano al
centro e consentirgli di potersi muovere liberamente. In sostanza il co-housing vuole rappresentare un’opportunità concreta di sviluppo
di nuove forme di interazione e di solidarietà.
Convivere, aiutarsi a vicenda, fa riscoprire
una dimensione di comunità. Attiva, protetta,
creativa, socialmente sostenibile, solidale:
una comunità in parte persa, oggi da recuperare.
FCRLMAGAZINE 7 |2015
Una volta erano le colonie estive
E
scursione in barca a vela o in
grotta? Villaggio sportivo o parco
naturale? Camminate ad alta
quota o rilassata vita cittadina?
Ogni anno si presenta come una
vera e propria caccia al tesoro la scelta delle
vacanze estive destinate ai ragazzi delle famiglie meno abbienti che risiedono sul territorio
provinciale. Mare e montagna, cultura, passeggiate, escursioni nei boschi e relax sulla
spiaggia: vacanze da sogno in giro per l’Italia
che nulla hanno a che vedere con le vecchie
e ormai superate colonie estive.
Alla scoperta
delle bellezze italiane
tra mare e montagna
Un programma ricercato e variegato, predisposto anche per il 2015 dalla Fondazione
Cassa di Risparmio, in collaborazione con la
Provincia di Lucca, e inserito tra le iniziative di
solidarietà orientate al mondo dei giovani. Un
appuntamento ormai consolidato, riservato a
bambini, ragazze e ragazzi di un età compresa tra i 6 e i 17 anni; un impegno iniziato
nel 2008 che in sette anni è riuscito ad abbracciare e a coinvolgere più di 3mila ragazzi,
confermando, stagione dopo stagione, il successo e il bisogno di tale iniziativa. Quest’anno, poi, è stato record di partenze: sono
529 i ragazzi che hanno ottenuto il voucher
per la destinazione scelta, a fronte di un numero totale di richieste presentate che ha superato quota 580. Alcune domande non
FCRLMAGAZINE 7 |2015
63
FCRL SOCIALE
sono state accolte perché presentate fuori
tempo massimo o poiché non rispettavano i
requisiti Isee del bando. Delle 529 domande
accolte, 341 hanno riguardato bambini in carico ai Servizi sociali del territorio. L’80% circa
dei ragazzi partecipanti è nato in Italia, 272
sono maschi e 257 femmine.
Come nelle scorse edizioni l’offerta è suddivisa tra mare e montagna: si spazia da nord
a sud, dalla montagna trentina a quella della
Garfagnana, dal mare della Romagna a
quello toscano, con sosta a Marina di Massa
e a Paestum, un giro in barca a vela o in catamarano alla scoperta del Mediterraneo, per
un totale di 10 proposte. Tra queste, poi, rientrano anche le mete sportive: Sport Holiday
mare a Scarlino, in quel di Grosseto, e il soggiorno multisportivo in montagna, a Lizzano in
Belvedere, in provincia di Bologna. I ragazzi
sono seguiti da personale specializzato di
larga esperienza, capace di coinvolgere i partecipanti in varie attività ricreative: passeggiate, osservazione della natura, bricolage,
laboratori di cinema per la realizzazione di cortometraggi, prove di cucina e corsi di lingua
straniera.
Le destinazioni sono: per quanto riguarda il
mare, Centro Keluar Torre Marina a Marina di
Massa, un parco di cinque ettari riservato ad
uso esclusivo degli ospiti, attrezzato con impianti sportivi e piscina olimpionica, a due
passi dal mare; il Sea Adventure village – Un
mare di amicizia a Paestum (Salerno), mare e
sport acquatici in una zona archeologica tra
le più belle d’Italia; l’Arcipelago toscano in catamarano (Scopriamo il nostro mare); il mar
Mediterraneo per i soggiorni in barca a vela,
da Viareggio alla Capraia, dall’Isola d’Elba a
Porto Azzurro (Settimane azzurre); Igea Marina (Rimini) con Ragazzi e cinema, durante il
quale i ragazzi avranno la possibilità di incontrare alcuni attori di cinema e televisione;
Sport Holiday mare a Scarlino (Grosseto). Per
quanto riguarda i monti: Bosentino (Trento), il
Parco dell’Orecchiella a Corfino (Lucca), il
Centro ambientale Anemone di Sillano
(Lucca), infine la vacanza multisportiva a Lizzano in Belvedere (Bologna).
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2015: LE DIECI VACANZE PROPOSTE
Centro Keluar Torre Marina – Marina di
Massa
Fantasia ed entusiasmo sono i compagni di
viaggio che guidano le attività ludiche, di laboratorio, sportive ed espressive. La dotazione di attrezzature e di spazi adeguati,
permette a tutti i partecipanti di alternare nella
propria vacanza attività ludiche e ricreative, attività sportive e di movimento, piccoli e grandi
eventi, il tutto connotato da una grande attenzione ai bisogni del singolo e del gruppo. La
vacanza offre anche l’opportunità di partecipare ad un corso di avvicinamento alla vela.
Obiettivo del corso sarà quello di far acquisire
le nozioni base di questo sport e di affinare le
competenze, ma soprattutto far vivere il mare
con spirito di responsabilità e sicurezza. Il
Centro Keluar è a Marina di Massa, al confine
tra la Liguria e la Toscana e al crocevia di meravigliose mete turistiche come il Golfo dei
Poeti e il Parco delle Cinque Terre. Torre Marina è un grosso complesso turistico, che
sorge all’interno di un parco privato di cinque
ettari riservato ad uso esclusivo degli ospiti
del Centro, attrezzato con impianti sportivi e
una piscina olimpionica di 75 metri di lunghezza.
Sea adventure village «Un mare
di amicizia» – Paestum (Salerno)
Vivere il mare e il suo ambiente è un’esperienza entusiasmante, specialmente nella bellissima terra della Campania, ai bordi di un
parco naturale ancora intatto in una zona archeologica tra le più belle d’Italia con le
spiagge incontaminate della Costiera del Cilento. Mare e sport acquatici (canoa, nuoto)
ma anche beach-volley, tennis, calcio e l’immancabile animazione organizzata da istruttori
e animatori. Inoltre le tematiche ambientali
con la visita al Parco Naturale del Cilento e
del Vallo di Diano accompagnati da esperte
guide naturalistiche e al Parco Archeologico
di Velia e Palinuro. Una vacanza entusiasmante e divertente in una regione ricca di fascino e storia.
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UNA VOLTA ERANO LE COLONIE ESTIVE
Scopriamo il nostro mare – In
catamarano nell’Arcipelago Toscano
Una crociera educativa alla scoperta del nostro mare. Una crociera su uno stupendo catamarano da ricerca, durante la quale si vive
in barca e si sperimenta un contatto unico
con l’ambiente marino. Il mare viene vissuto
intensamente, in particolare le isole dell’Arcipelago Toscano. Navigazione a vela, incontro
con delfini e balene, osservazione dei fondali,
bagni e sole su spiagge bellissime. La vita di
bordo favorisce la nascita di un vero e proprio
equipaggio, accompagnato da esperti biologi
marini/skippers. Un’esperienza indimenticabile, utile ai ragazzi per promuovere e sviluppare la cultura del mare, della navigazione e
lo stare bene insieme, per favorire corretti stili
di vita, un’alimentazione sana, l’attività fisica,
il rispetto e la tutela dell’ambiente. La barca è
un catamarano di 12 metri che può ospitare
fino a 8 ragazzi/e e 2 accompagnatori.
Durante la crociera sono previste varie attività
scientifiche: dalla cetologia alla fotografia naturalistica, da un corso di vela, navigazione e
meteorologia ad una campagna di ricerca sui
cetacei.
Settimane azzurre – In barca a vela nel
Mediterraneo
Navigazioni in flottiglia nei posti più belli del
Mediterraneo facendo tappa sulle isole più
accoglienti e famose del Mar Mediterraneo.
Da Viareggio alla Capraia, dall’Isola d’Elba a
Porto Azzurro e poi di nuovo a Portoferraio,
Capraia e Viareggio: un percorso suggestivo
per un’esperienza affascinante, tra porti attrezzati e rade, immersi nella natura e attenti
alle meraviglie di paesaggi incantati, uccelli
rari e mammiferi marini, fra amici, vela e divertimento. Una buona occasione per divertirsi
in compagnia e fare nuovi incontri ma anche
di mettersi in discussione sull’ordine e sulla
vita di gruppo. Vivere il mare, imparando a veleggiare, facendo snorkeling con la maschera, conoscere nuovi posti e ammirare i
paesaggi da un altro punto di vista: dal mare
verso la terra.
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Ragazzi e cinema – Igea Marina (Rimini)
Ragazzi e Cinema di Igea Marina opera dal
1997 nel campo dell’animazione e dell’intrattenimento per le nuove generazioni, promuovendo costanti iniziative che mirano a favorire
incontro, aggregazione e creatività fra i più
giovani, utilizzando il cinema, l’arte e la musica
come strumenti per coinvolgere bambini e
adolescenti; viene offerta la possibilità di essere protagonisti di film, spettacoli, programmi televisivi e radiofonici, partecipando
a laboratori finalizzati alla realizzazione e produzione di video.
Sport Holiday Mare – Scarlino (Grosseto)
Sport Holiday Mare si svolge per 15 giorni a
Scarlino in Maremma presso la struttura Casa
in Maremma con sistemazione in bungalow
e sarà rivolta ai ragazzi dai 12 ai 16 anni per
un massimo di 30 partecipanti a soggiorno. Il
complesso turistico Casa in Maremma è situato nel cuore della Maremma Toscana a diretto contatto con la natura, a pochi chilometri
dal mare del
Golfo di Follonica, dalle costiere dove si trovano le splendide spiagge di Cala Martina e
Cala Violina, dalla cittadina turistica di Scarlino
e dal porto turistico del Puntone di Scarlino.
La spiaggia di sabbia si trova a 10 minuti dalla
struttura raggiungibile in navetta. È ideale per
bambini, degrada dolcemente verso il mare
e consente anche ai più piccoli di nuotare in
sicurezza.
Montagna amica – Bosentino (Trento)
Una vacanza divertente tra i monti del Trentino: Bosentino, ridente paesino affacciato sul
lago di Caldonazzo e Levico. Sulla scia del
carisma dei Padri Antonio e Marco Cavanis,
le Suore Cavanis offrono un soggiorno educativo, istruttivo e occasione di condividere,
con nuove amicizie, un’esperienza che educa
alla vita.
Parco dell’Orecchiella, vivere la natura –
Corfino (Villa Collemandina)
Vivere una vacanza è mettere in moto un’infinità di energie, un’esperienza che non è solo
una pausa con le abitudini e gli affetti consueti
(amici, scuola e famiglia) ma un’occasione irripetibile per sperimentare, conoscere se
stessi, gli altri e l’ambiente circostante. Il programma Vivere la natura del Ciocco Ragazzi
propone vacanze inimitabili: sport, divertimento e – perché no? – un po’di studio in
strutture pensate appositamente per i ragazzi
e la loro sicurezza. Siamo a Corfino, a circa
1.000 metri nel Parco Naturale dell’Orecchiella nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano. Fra boschi secolari di castagni e faggi
la natura si conserva immutata da secoli e
scandisce il ritmo dell’uomo e delle stagioni.
In questo ambiente d’incanto i ragazzi imparano ad acquisire le nozioni fondamentali per
la salvaguardia dell’ambiente, ad orientarsi
con la bussola, riconoscere le orme degli animali e poi tanto sport: calcio, volley, mountain-bike, tiro con l’arco e tuffi in piscina. Il
tutto sotto la vigilanza e guida di tutor esperti
e qualificati.
Villaggio Anemone, naturalmente
imparando – Sillano (Lucca)
Il Centro ambientale “Anemone” si trova in
Alta Garfagnana nel comune di Sillano, circondato dalle Alpi Apuane e dall’Appennino
tosco-emiliano: un territorio incontaminato tra
il verde, i colori delle piante e dei fiori. Un paesaggio fantastico. Portare i giovani in questo
centro ambientale vuol dire far conoscere loro
un territorio ricco di attrattive: grotte naturali,
parchi, antiche chiese, borghi e bellissime
montagne ricche di castagneti centenari.
Sport Holiday Monti – Lizzano in
Belvedere (Bologna)
Sport Holiday Monti è una vera e propria vacanza multisportiva realizzata per avvicinare in
modo positivo i giovani allo sport in un ambiente sano e sicuro. Altri obiettivi della
vacanza sono quelli di migliorare la socializzazione, la cooperazione e l’autonomia personale.
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FCRL CULTURA & SPETTACOLI
foto Augusto Bizzi/ Teatro del Giglio
CULTURA:
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UN RICCO 2015
Tutto l’amore che c’è
a cura di Paola Taddeucci
riduzione strutturale dei costi di esercizio pongono le premesse per un equilibrio economico
almeno tendenziale. L’azienda sembra uscita
da un clima di depressione complessiva da
malato cronico, non guaribile. Bisogna stare
attenti alle ricadute, ma la febbre è scesa di
molto».
Intervista a
Stefano Ragghianti
amministratore unico
del Teatro del Giglio
Ufficio stampa del Teatro del Giglio
U
n malato cronico in via di guarigione. È questo, secondo l’amministratore unico Stefano Ragghianti, l’attuale stato di salute del
Teatro del Giglio. Con i conti a
posto, quindi, il dirigente ritiene praticabile la
trasformazione da azienda speciale in Fondazione: un cambiamento, a suo parere, non
solo formale, ma anche di sostanza per far diventare il Giglio cuore e snodo di tutti gli eventi
culturali, artistici e sociali della città. E per portare agli spettacoli un numero sempre crescente di persone, a partire dai giovani.
Commercialista, esperto in problematiche
fiscali di enti non commerciali, onlus e terzo
settore, Ragghianti è stato nominato dal sindaco Alessandro Tambellini – il teatro è di
proprietà del Comune – nell’agosto 2014.
Fino a febbraio la gestione era affidata a un
consiglio di amministrazione: per procedere
alla nomina dell’esperto è stato modificato lo
statuto.
Quali sono state le maggiori difficoltà?
«Individuare gli strumenti opportuni che fossero
anche applicabili al caso concreto e che potessero dare risultati immediati e duraturi al
tempo stesso. Eravamo tutti consapevoli che
con i tempi che corrono, la strada delle maggiori entrate – certamente da perseguire –
non poteva essere la soluzione. Occorreva
incidere sul versante dei costi, a partire anche
dai costi del personale. Su ogni argomento,
nel nostro Paese, si intrecciano almeno due,
talvolta tre e a volte anche più livelli di normativa
e considerando che il teatro del Giglio è –
caso unico in Italia – un’azienda speciale, i
problemi erano anche maggiori».
Dottor Ragghianti, com’era la situazione
finanziaria al suo arrivo e com’è oggi?
«Sinceramente, al momento della mia nomina
non conoscevo, nel dettaglio, i numeri precisi
del teatro. Conoscevo, dalla stampa, la situazione generale ignorando però nel dettaglio
i veri problemi. Nella sostanza era una situazione di perdite di esercizio strutturali e continuative, in passato mai ripianate, con conseguente perdita del patrimonio netto. La forte
rigidità dei costi di struttura almeno nel breve
periodo complicava non poco la situazione. Il
nervo scoperto e più sensibile era ovviamente
la questione del costo del personale, anche
se in realtà non era l’unica. Nel bilancio 2013
il costo del personale ha rappresentato circa
il 42% dei costi della produzione. Teatri paragonabili al nostro girano intorno al 30%».
Ci spiega meglio?
«Abbiamo oscillato un po’ tra ammortizzatori
sociali e riforme varie, poi nella sostanza si è
utilizzata la disciplina della mobilità tra enti e
società partecipate che, come noto, ha consentito il trasferimento di alcuni lavoratori
verso altre partecipate. Da lì poi il tentativo di
una seria riorganizzazione del lavoro, con riduzione di alcune spese, l’apertura della revisione della contrattazione di secondo livello,
senza contemporaneamente perdere di vista
né fermare la stagione teatrale. Sottolineo
che, grazie al senso di responsabilità di tutti,
non solo direzione aziendale ma anche organizzazioni sindacali e Rsu, non c’è stato un
minuto di sciopero o di interruzione delle
attività, salve le lecite assemblee sindacali».
Una ‘mission impossibile’ vinta?
«Non ancora definitivamente vinta, ma senz’altro
una strada virtuosa mi sembra intrapresa.
L’amministrazione ha preso atto delle perdite,
anche quelle degli esercizi precedenti, ripianando il patrimonio netto e alcune misure di
Problemi ancora aperti?
«In questo momento un mio omologo tedesco
o austriaco di un teatro più grande e famoso
o più piccolo e sperduto del mio, probabilmente sta programmando, o addirittura lo ha
già fatto, la stagione 2018 o 2019, perché,
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foto Filippo Brancoli Pantera/Teatro del Giglio
FCRL CULTURA & SPETTACOLI
per gli esercizi precedenti, governo, enti locali,
fondazioni, benefattori, e chiunque abbia a
che fare con loro, ha già deliberato contributi,
donazioni e quanto necessario. Quando noi
presentiamo un bilancio preventivo, magari
in ritardo, abbiamo la certezza del 30-40%
delle entrate, nella migliore delle ipotesi. In
questo quadro la struttura dei costi, in particolare quella del personale, non può avere
caratteri di rigidità. La questione dell’organizzazione interna è ancora in divenire e il reperimento di altre fonti è ora la vera sfida. E poi
naturalmente la trasformazione della natura
giuridica del Teatro è un percorso che può
essere davvero intrapreso».
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È un momento di transizione importante
per il Teatro: cosa deve diventare?
«Sotto il profilo giuridico deve ‘trasformarsi’,
abbandonare la forma dell’azienda speciale
e diventare una fondazione, obiettivo a questo
punto non più impossibile. In tale processo
occorre mutare e riqualificare profondamente
il rapporto con il territorio e con gli enti
presenti. Credo che il teatro debba essere
un soggetto che interagisce con i suoi finanziatori, in un rapporto più stretto, produttivo e
interattivo, non limitato al batter cassa. Sotto
il profilo culturale deve mantenere e sviluppare
la sua natura, confermarsi il cuore o per lo
meno uno dei poli culturali della città, contribuire
a diffondere il marchio di Lucca in Italia e nel
mondo, essere il teatro di Puccini nel senso
del teatro della società, cuore e snodo di tutti
gli eventi più importanti, non solo artistici e
musicali, ma anche sociali in senso generale».
Errori del passato da non ripetere più?
«Qualsiasi organismo, sia di diritto pubblico
che privato, anche nel settore dei servizi e
della cultura non può più prescindere dai
vincoli di bilancio, non ci sono più variabili indipendenti. Al calo di risorse deve corrispondere in tempi corrispondenti la riduzione dei
costi. È una ricetta amara, ma meno amara
che lasciar passare il tempo».
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Lo stato dei lavori di restauro fatti finora.
«Il teatro è stato dotato, come noto, di un
adeguato impianto di condizionamento che
permetterà un utilizzo più ampio e duraturo
dei locali, un allungamento della stagionalità.
Sono poi stati ristrutturati altri locali a cominciare
dai servizi e una bella rinfrescata generale,
soffitto compreso. Tocca all’amministrazione,
proprietaria dell’immobile, decidere. Personalmente ho sempre guardato con preoccupazione il progetto dell’innalzamento della
torre scenica, che il Comune sembra aver
definitivamente messo da parte, privilegiando
altri interventi. Che sono stati effettuati nei
tempi previsti, con qualche sacrificio sull’attività
– soprattutto i saggi di danza –, ma tutto
sommato limitato».
Altri interventi da prevedere?
«Ulteriori lavori potrebbero riguardare la ‘buca’,
molto stretta e con pochi posti e altre parti
del palcoscenico: il tutto con l’obiettivo di ottenere nel tempo risparmi, ad esempio nel
montaggio e smontaggio delle scene. In generale il palcoscenico non è messo molto
bene. E non dimentichiamo il San Girolamo,
altra realtà da far lavorare di più, che necessita
di lavori forse meno importanti, ma comunque
necessari».
Qual è il punto di forza delle stagioni
2015-2016?
Bene, sono contento di parlare anche di
questo. Partirei con i «Puccini Days» giunti al
loro secondo appuntamento. Quest’anno
programmati con un po’ di anticipo vedono
nomi di grandi prestigio ma anche di chiara
fama e richiamo. Il Giglio è il teatro di Puccini
e Lucca la città di Puccini. Abbiamo detto
tante volte quanto ci sia da lavorare su questo
aspetto. Ma le stagioni di prosa e di lirica non
sono da meno, come le tante attività svolte
in collaborazione con moltissimi soggetti che
non posso qui elencare. Insomma il Giglio
c’è, vivo e vivace: non è guarito del tutto, ma
è fuori pericolo. E qui voglio ringraziare due
persone: il direttore artistico Aldo Tarabella e
il direttore generale Manrico Ferrucci. Cono-
FCRLMAGAZINE 7 |2015
foto Filippo Brancoli Pantera/Teatro del Giglio
TUTTO L’AMORE CHE C’È
scere e lavorare con loro è stato anche complicato, ma molto bello. Non era né facile né
scontato lavorare nel contesto di partenza
con un amministratore che era – e resta – un
disco rotto: questo non si può fare, questo
costa troppo, questo dopo».
Parliamo della lirica.
«Per quel che vale il mio giudizio credo che la
stagione lirica sia davvero di alto livello, anche
se oggettivamente non proprio facile. A parte
la doverosa opera pucciniana - la Butterfly si
vede sempre volentieri –, le altre sono piuttosto
impegnative. Non è un cartellone scontato:
Convitato di pietra, Simon Boccanegra, Mefistofele, ma anche la Vedova allegra sono
opere toste e non frequenti nei cartelloni, mai
fatte a Lucca o mancanti da tempo. Senza
dimenticare che il Convitato porta la firma di
un lucchese: Giovanni Pacini. È un cartellone
per un pubblico qualificato, com’è, del resto,
quello del Giglio».
E la prosa?
«La stagione mi sembra particolarmente interessante. Guarda obiettivamente a un pubblico
giovane e comunque non specializzato. Senza
trascurare i più tradizionalisti, ha il chiaro
obiettivo di allargare la sala. Guarda ai grandi
temi del Novecento, il ‘secolo corto che non
finisce mai’ secondo alcuni storici: la guerra
mondiale e i dittatori, ma anche la malattia
mentale e la repressione dei deboli, la libertà
e la spinta alla liberazione che ne consegue.
E ancora la grande crisi del ’29, il tema della
propria identità in amore e nel tradimento,
l’identità e la napolitanità di questo Paese,
oltre al tema della scuola sempre al centro
dell’attenzione. La risposta in termini di abbonamenti è stata immediata».
Lei, da spettatore, che cosa preferisce di
questo cartellone?
«Fui molto colpito dal cinema prima, con un
Jack Nicholson impressionante, e dal libro
poi, che leggevo specialmente durante le
ore di latino, non ricordo se alle medie (nel
secolo scorso si faceva latino alle medie…)
o al liceo. Ero comunque molto giovane e
quel racconto mi portò alla matematica e
granitica certezza che di lì a poco il mondo
sarebbe cambiato: tutti liberi e felici senza ingiustizie, soprusi, violenze, guerre e carestie.
Non è andata esattamente in quel senso, lo
abbiamo visto. Sono legato a Qualcuno volò
sul nido del cuculo, anche se non mancherò
a nessun altro spettacolo».
E quali spettacoli che oggi mancano
vorrebbe vedere in futuro al Giglio?
«Mi auguro che la stagione di danza, almeno
parzialmente, torni presto al Teatro. È stato
uno dei tagli dolorosi, ma necessari in quel
contesto, legato ad oggettivi elementi economici nel rapporto costi rispetto alle serate
di aperture. Con il solo importante limite
della qualità, tendenzialmente vorrei vedere
di tutto al Giglio, soprattutto ciò che avvicina
i giovani».
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FCRL CULTURA & SPETTACOLI
La Toscana del Novecento
fa bella mostra di sé
C
entinaia di voci per raccontare la
storia di una regione e di un secolo. Le ha messe insieme l’iniziativa ‘Toscana 900’ che da
giugno a dicembre 2015 ha
coinvolto oltre cento musei, organizzando undici mostre, sette itinerari turistici, diciotto
eventi collaterali, visite guidate, laboratori di
didattica oltre a produrre una guida e un’app
in quattro lingue. A promuoverla la Regione e
l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze – cui si è
aggiunta come partner la Consulta delle Fondazioni di origine bancaria – nell’ambito del
più grande progetto ‘Piccoli grandi musei’,
nato per valorizzare il patrimonio artistico toscano. E questa volta in primo piano non
sono state le meraviglie del passato – dall’arte
etrusca ai grandi capolavori del Rinascimento
– per le quali la Toscana è famosa in tutto il
mondo. Protagonista, invece, è stato il secolo
‘breve’, quel 1900 che raramente viene associato alla regione di Dante. Eppure durante
quei cento anni la Toscana ha svolto un ruolo
importante nell’offrire stimoli e vivaci contesti
agli artisti che vi hanno vissuto, lavorato e
spesso raggiunto notorietà internazionale.
Senza dimenticare, inoltre, l’attrattiva esercitata sui collezionisti che hanno deciso di affidare a questi territori le proprie raccolte. Un
ruolo che si delinea chiaramente nella quantità e nella diffusione dei musei: oltre cento realtà, grandi e piccole, per raccontare,
attraverso luoghi e immagini, cento anni
d’arte.
LA GUIDA E LA APP
Sono queste realtà al centro della guida realizzata nell’occasione e intitolata, appunto,
Toscana 900. È la prima mappatura completa
dei protagonisti del secolo. Più di cento
musei, nati nelle circostanze più diverse: dedicati a singoli artisti, creati con ambizioni antologiche, espressione di una volontà locale,
frutto di una donazione oppure voluti per raccontare un’attività artistica o una storia industriale. La guida, edita da Skyra, è una ricognizione geografica che propone percorsi diversi per andare alla scoperta dei quasi 450
70
artisti legati alla Toscana: tra questi Plinio Nomellini, Lorenzo Viani, Ottone Rosai, Marino
Marini, Gino Severini, Jannis Kounellis, Daniel
Spoerri, Igor Mitoraj. Composto da trecento
pagine, in italiano e in inglese, il volume rende
conto delle realtà espositive della regione
che sono dedicate all’arte contemporanea e
aperte al pubblico: dai musei ai parchi scultura,
dalle fondazioni alle case d’artista fino all’arte
ambientale. Insieme alla guida è stata ideata
un’applicazione gratuita che oltre a riportare
gli stessi contenuti del volume cartaceo, contiene un sistema interattivo di localizzazione
tramite mappe georeferenziate, nelle quali
sono proposti una serie di percorsi del Novecento sul territorio. In totale si tratta di sette
itinerari che costituiscono un suggerimento
per visitare i luoghi inseriti, valido in ogni momento dell’anno. Ecco quali sono: Case
museo e case d’artista, Vie della scultura,
Parchi e arte ambientale, Il Novecento e
l’antico a Firenze, Itinerario in bianco e nero:
la grafica del Novecento, Musei della moda
e del design. Sul sito www.toscana900.com
si trovano tutte le informazioni in dettaglio.
Qui, invece, alcune anticipazioni.
A CASA DEGLI ARTISTI
Con il primo itinerario è possibile entrare nelle
stanze della villa di Barga che il poeta Giovanni
Pascoli elesse a domestico rifugio dove creare
i suoi versi, oppure attraversare gli ambienti
che, tra Lucca e Torre del Lago, videro
nascere le melodie del compositore Giacomo
Puccini. Sono solo due delle tante opportunità
che offre il percorso, lungo il quale si coglie
appieno quanto fosse vivo e intenso il legame
tra arte, letteratura e musica nella Toscana di
inizio ’900. Con l’intento di ricordare la
fascinosa presenza degli artisti, anche in Toscana, infatti, sono nati numerosi musei nelle
case dove vissero, nelle quali sono stati conservati o ripristinati filologicamente elementi
dell’arredo che loro stessi avevano scelto e
disposto. Queste tutte le case-museo dell’itinerario: a Firenze casa Siviero e Fondazione
Spadolini; a Fiesole museo Conti e Fondazione
Michelucci; a Pistoia casa Bartolini e casa
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www.sesinet.com
LA TOSCANA DEL NOVECENTO
FA BELLA MOSTRA DI SÉ
Melani; a Figline di Prato casa Tintori; a Loro
Ciuffenna archivio Venturi; a Castelvecchio
(Barga) casa Pascoli; a Forte dei Marmi
museo Guidi; a Torre del Lago villa Puccini; a
Lucca Puccini museum; a Viareggio musei
civici; a Crespina casa Pepi.
Guidi a Forte dei Marmi; museo nazionale di
Palazzo Reale a Pisa; Fondazione Marini,
casa Melani e Fondazione Vivarelli a Pistoia;
gipsoteca Andreotti a Pescia e parco di Pinocchio a Collodi.
L’ARTE OPEN AIR
LE VIE DELLA SCULTURA
La tradizione della scultura trova in Toscana
una propria autorevolissima autonomia nel
corso del Novecento fino ad oggi. Lo provano
luoghi di eccellenza consacrati alla fama di
artisti originari di questa terra, che hanno
inteso lasciare testimonianza vivida della loro
presenza. Lo racconta, poi, il territorio apuoversiliese che attraversa le province di Lucca
e di Massa-Carrara, sotto le pendici delle
Alpi Apuane, dove si ha l’impressione di
entrare nella patria stessa della scultura.
Questi i musei e i luoghi dell’itinerario: Marini,
Corridoio Vasariano, Novecento e Giardino
delle Rose a Firenze; Michelangelo a Caprese
(Arezzo); Archivio e museo Venturi a Loro
Ciuffenna; museo civico a Montevarchi; Accademia Belle arti, Centro arti plastiche, Laboratori Nicoli, museo del marmo a Carrara;
Fondazione Ragghianti a Lucca; centro storico
e museo dei bozzetti a Pietrasanta; museo
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In principio fu il parco di Pinocchio: lo spazio
della fiaba nato dall’estro di architetti e artisti
che si cimentarono nel creare opere integrate
all’ambiente. Oggi la Toscana è disseminata
d’interventi artistici en plein air. Un vero e
proprio ri-nascimento del paesaggio, frutto di
gesti generosi, capaci di riqualificare e interpretare con sensibilità il territorio, di proseguire
la vocazione culturale di questa terra che
torna ad essere un laboratorio sperimentale
sotto l’attenzione del mondo. Ecco i luoghi
compresi nell’itinerario: il parco di Pinocchio;
in provincia di Siena Cinque artisti per San
Gimignano, Arte nell’arte a San Gimignano,
Colle Val d’Elsa e Poggibonsi, Bosco della
Ragnaia a San Giovanni d’Asso, giardino di
Metzler a Iesa, parco Ciulli a Monticiano e
Selva di sogno a Frosini; in provincia di Grosseto il Giardino dei tarocchi a Capalbio,
giardino Spoerri a Seggiano, giardino dei
suoni a Massa Marittima.
IL BIANCO E NERO
L’arte del bianco e nero ha trovato in Toscana
larga diffusione fin dall’inizio del Novecento
anche in relazione al fiorire a Firenze di quella
che fu la stagione delle riviste. Sulle pagine
di «Leonardo», di «Lacerba», «Solaria» e «Frontespizio» il disegno e l’incisione trovarono
infatti largo impiego, concepiti sia in diretta
relazione al testo, sia in modo autonomo. Il
settore dell’illustrazione rispecchia d’altro canto
un mutamento che nel corso del XX secolo
vide il disegno costituirsi come genere a sé
stante. È tuttavia soprattutto la provincia di
Pisa ad aver sviluppato, a partire dalla seconda
metà del secolo, una precisa vocazione verso
il settore del bianco e nero tale da diventare
essa stessa un vero e proprio itinerario tematico. Una vocazione incentivata dalla presenza del Gabinetto di disegno e stampe
dell’Università di Pisa, prima raccolta italiana
dedicata alla grafica del Novecento istituita
da Carlo Ludovico Ragghianti nel 1957 e
oggi confluita nel museo della grafica di
palazzo Lanfranchi. Oltre a quest’ultimo, i
luoghi dell’itinerario sono Palazzo Blu e museo
di Palazzo Pretorio, sempre a Pisa; i musei
Merlini a Peccioli, Piaggio a Pontedera, Kienerk
a Fauglia e quello della Satira a Forte dei
Marmi.
IL NOVECENTO E L’ANTICO
In una città come Firenze dove l’antico è sedimentato da oltre un millennio, il contemporaneo trova casa sperimentando inedite liaisons
nelle vie cittadine, come nei musei e nelle
collezioni.
Per il viaggiatore che intende incontrare l’arte
novecentesca, il percorso si intreccia continuamente alla storia: ecco che la Galleria
d’arte moderna di Palazzo Pitti si visita nel
palazzo rinascimentale, poi reggia. E parimenti
le collezioni novecentesche concludono idealmente un itinerario che, partito dalle sale
neoclassiche, si sviluppa attraverso le ricerche
del realismo.
Non diversamente, nella parte terminale del
Corridoio Vasariano, con i suoi milleottocento
ritratti di tutte le epoche, si trovano esposti
71
FCRL CULTURA & SPETTACOLI
1. Niki de Saint Phalle, Giardino dei tarocchi, interno del Castello dell’Imperatore, Capalbio, Grosseto. Itinerario «L’arte open air»
2. Mostra dei costumi di Pietro Tosi. A destra «Medea», costume per Maria Callas per l’omonimo film di Pier Paolo Pasolini, 1969.
Galleria del costume, Palazzo Pitti, Firenze. Itinerario «Musei della Moda e del Design»
dal 2013 anche centotrenta autoritratti di
artisti italiani e stranieri del Novecento. Al
piano terreno della Galleria degli Uffizi, poi,
antico e moderno coesistono e s’avvalorano
vicendevolmente. E così via, con molti altri
esempi. Ecco dove sperimentare queste incontri: Palazzo Pitti, Corridoio Vasariano, musei
Marini, Novecento, Bargello, Uffizi, stamperia
Il bisonte, Giardino delle rose e villa Bardini.
LA MODA E IL DESIGN
1
Che la storia della moda sia da considerare
parte integrante della storia delle arti è ormai
ampiamente condiviso. È a Firenze, poi, con
la sfilata organizzata nel 1951 da Giovan
Battista Giorgini nella sala Bianca di Palazzo
Pitti, che convenzionalmente si fa risalire la
nascita e il riconoscimento della moda italiana
nel mondo. Non poteva essere che nel capoluogo, proprio a Palazzo Pitti, che le creazioni
della moda diventassero patrimonio da conservare e valorizzare grazie alla creazione
della Galleria del costume. Lo stesso a Prato,
per decenni patria del tessile, dove questa
storia di inventiva e di ricerca viene salvaguardata e divulgata con il Museo del tessuto.
Ma la Toscana è stata fucina di progettazione
e design anche in campo industriale, come
testimonia il Museo Piaggio, celebrazione di
un’azienda che, avvalendosi di geniali progettisti, ha dato vita a invenzioni come la
Vespa, simbolo del design nel mondo e
icona universale per molte generazioni. Ecco
tutti i luoghi dell’itinerario: musei Bitossi a
Montelupo, Piaggio a Pontedera, dell’Oro ad
Arezzo, Fondazione Querci a Calenzano, museo del tessuto a Prato e a Firenze la galleria
del Costume, Gucci Museum, musei Ferragamo e Capucci. [P.T.]
2
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Il genio toscano in mostra
«
foto Museo Piaggio
Il design toscano sorprende sempre».
È uno dei tanti commenti lasciati dai
visitatori dopo aver visto la mostra
«Creativa produzione. La Toscana e il
design italiano 1950-1990», che si è
chiusa il primo novembre ed è stato uno degli
eventi più importanti dell’estate lucchese. Allestita nelle sale della Fondazione Ragghianti
in via San Micheletto con il sostegno della
Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca,
l’esposizione, del resto, non poteva che suscitare interesse. Oltre centocinquanta i pezzi
in mostra – tra mobili, luci, vasi, arredi e vari
oggetti d’uso quotidiano – provenienti da realtà produttive che, in vari ambiti, si sono
radicate sul territorio toscano e hanno contribuito all’immagine contemporanea del design
italiano nel mondo. Presenti anche alcune
opere che sono diventate vere e proprie
icone, come la celebre poltrona Joe, a forma
di guantone; Anfibio, il divano-letto trasformabile; i mobili di Giovanni Michelucci; le lampade di Gae Aulenti ed Elio Martinelli; i servizi
in porcellana di Giovanni Gariboldi; le ceramiche di Ettore Sottsass.
GENIALITÀ, SAPIENZA E
IMPRENDITORIA ILLUMINATA
Promossa dalla
Fondazione Ragghianti,
è dedicata alla Toscana
e al design italiano
Si è trattato di un affascinante percorso nella
creatività – curato da Gianni Pettena, professore di storia dell’architettura contemporanea,
Davide Turrini, docente di design e Mauro
Lovi, architetto, grafico e pittore – che ha
attirato visitatori da tutta la regione anche
grazie al suo inserimento nell’iniziativa ‘Toscana
900’. Quest’ultima fa parte del grande progetto
‘Piccoli grandi musei’, ideato e promosso
dalla Regione e dall’Ente Cassa di Risparmio
di Firenze per la valorizzazione del patrimonio
artistico toscano e dedicato, appunto, al
secolo scorso. «Creativa produzione» è una
delle dodici grandi mostre del progetto, che
ha prodotto inoltre diciotto eventi collaterali,
una guida di trecento pagine in italiano e in
inglese sui musei toscani
e un’App collegata, in
quattro lingue.
Attraversando l’inventiva di
importanti designer italiani
e stranieri, l’esposizione lucchese ha posto l’accento
sul ruolo fondamentale delle
realtà produttive della regione, sottolineandone la
capacità nel selezionare
e attrarre talenti, soprattutto dal mondo
dell’arte e dell’architettura, e nel
definire con
loro la
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foto Centro Studi Poltronova
foto Alberto Desirò, AD Studio, Sesto Fiorentino
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3
foto Benvenuto Sabato
progettazione e la realizzazione di arredi e
oggetti d’uso quotidiano.
Fu un incontro unico, quasi magico, tra la
multiforme genialità degli artisti e imprenditori
illuminati, che non ebbero esitazioni nel rischiare,
pur di innovare e sperimentare, mettendo in
produzione opere che, all’epoca, erano sicuramente fuori da ogni schema. Ma – sottolinea
Turrini – in tale incontro tanto peculiare entrò
anche un terzo elemento fondamentale: la
sapienza artigianale di altissima qualità radicata
e stratificata in tutta la Toscana.
La mostra, quindi, ha aperto lo sguardo su
questa fenomenologia di prodotti e coralità
di apporti, tentando di ricomporre il quadro
delle complesse relazioni tra manifatture e
cultura del progetto che si svilupparono nella
regione a partire dalla seconda metà degli
anni Cinquanta. E la cultura progettuale era
rappresentata da nomi come Giovanni Michelucci, Pier Luigi Spadolini, Corradino
D’Ascanio – l’inventore della Vespa Piaggio
– Roberto Segoni, il Gruppo Toscano, Giò
Ponti, Ettore Sottsass, Archizoom, Superstudio
e molti altri.
IN PRINCIPIO FU LA VESPA
4
foto Martinelli Luce
Agli albori di questo percorso entusiasmante
della creatività toscana fu senza dubbio la
Vespa, disegnata nel 1946 da D’Ascanio.
Tra i prodotti di disegno industriale più conosciuti al mondo, è nella collezione permanente
del Moma di New York e più volte utilizzato
come simbolo del design italiano. E pensare
che quello strano motore a due ruote – che
D’Ascanio progettò ispirandosi a un uomo
comodamente seduto in poltrona – non lo
voleva distribuire nessuno insieme con Enrico
Piaggio. Ma l’imprenditore ci credeva, e alla
fine riuscì a trovare i partner per lanciare la
produzione. Che volò subito e non si è mai
fermata.
Dopo la Vespa, fu poi l’industria del mobile e
della ceramica a dare occasione ai progettisti
di educazione fiorentina di produrre le prime
realizzazioni. «In particolare Spadolini, allievo
di Michelucci – spiega Pettena –, apre per il
design toscano una stagione di risonanza
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IL GENIO TOSCANO IN MOSTRA
Vespa 150, 1959, Piaggio & C. Spa, Pontedera (PI), Museo Piaggio «Giovanni Alberto Agnelli»
Ettore Sottsass Jr., Teiera Basilico della serie The Indian Memory, 1972, Alessio Sarri ceramiche, Sesto fiorentino
De Pas, D’Urbino, Lomazzi, Joe, 1970, Centro Studi Poltronova, Agliana
Fernando Farulli, Zuppiera con ramaiolo, 1957, Natale Mancioli et C., Montelupo fiorentino
Brian Sironi, Elica, 2009, Martinelli Luce, Lucca
Una sala espositiva della mostra ‘Creativa produzione. La Toscana e il design italiano 1950-1990’, Fondazione Ragghianti, Lucca
(giugno/novembre 2015): in primo piano alcuni oggetti della produzione dell’azienda Up & Up, Massa
foto Ghilardi
1.
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6.
6
nazionale e internazionale». Che proseguì e
si perfezionò negli anni Sessanta, influenzando
non solo ricerca e proposizione progettuale
di buona parte del panorama architettonico
mondiale, ma anche la produzione a venire
del design italiano, che tuttora viene guardato
come insostituibile fonte di ispirazione e di
tendenza.
Nell’esposizione, dunque, è stata ripercorsa
questa bellissima storia con la sequenza
delle opere in ordine cronologico, azienda
per azienda, in un allestimento che l’architetto
Lovi ha pensato come a un grande libro tridimensionale. Oltre quindici le imprese dai cui
archivi e collezioni sono arrivati i 150 pezzi:
tra queste Piaggio, Richard Ginori, ColleVilca,
Martinelli Luce, Poltronova, Mancioli, Bitossi,
Up & Up, Ultima edizione, Egizia, Sari, Casigliani, Pampaloni, Giovannetti, Fantacci, Edra.
In mostra anche alcune opere recenti a di-
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mostrazione – sottolinea Turrini – che la
creativa produzione è ancora, in buona parte,
in divenire.
ERA SCRITTO NEL DNA
Per la Fondazione Ragghianti questo appuntamento era scritto nel dna. «Non potevamo
non affrontarlo – afferma il direttore Maria
Teresa Filieri –, memori dell’attenzione che
Carlo Ludovico Ragghianti, fin dagli anni Cinquanta, aveva rivolto al design e alle arti applicate, testimoniata dai numerosi interventi
su «seleArte», interesse che Pier Carlo Santini
sviluppò come direttore della Fondazione».
Un aspetto che anche il presidente Giorgio
Tori evidenzia, ricordando la mostra «La forza
della modernità», organizzata nel 2013 nella
sede di via San Micheletto e dedicata alle arti
minori tra il 1920 e il 1950. «“Creativa produzione” – dice Tori – costituisce quasi il seguito
di quell’esposizione. Fu appunto da quel crogiolo di iniziative, caratterizzate dall’affermazione
della genialità e del buon gusto italiano, che
presero le mosse architetti, artisti e disegnatori
per interpretare, a livello non più di manufatto
personale ma in una dimensione industriale e
commerciale, le nuove esigenze di una società
in espansione, passato il fosco periodo della
seconda guerra mondiale. Le attuali difficoltà
economiche, nelle quali si dibatte il nostro
Paese da oltre dieci anni – conclude il presidente – non potevano non portare alla luce
un settore nel quale la genialità, l’individualismo
e la creatività italiane offrivano uno sbocco di
carattere economico in grado di caratterizzarne
la ripresa e lo sviluppo». [P.T.]
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FCRL CULTURA & SPETTACOLI
Alla ricerca del nostro secolo breve
La GAMC di Viareggio
O
ttone Rosai, Leonardo ai tempi
dell’iPad, il nuovo allestimento
della collezione del secondo dopoguerra, il lightshow con le
macchine psichedeliche. Sono
alcuni degli eventi e delle mostre che hanno
caratterizzato il 2015 alla Galleria comunale di
arte moderna e contemporanea di Viareggio
(www.gamc.it). Un anno importante, che ha
fatto conoscere meglio il patrimonio custodito
nel museo, allestito nello storico Palazzo delle
Muse, in piazza Mazzini, e composto da oltre
tremila pezzi di circa 750 protagonisti dell’arte
del XX secolo. Tra questi c’è la più significativa
raccolta pubblica di opere di Lorenzo Viani,
viareggino e originale esponente dell’espressionismo europeo. Alle collezioni permanenti
sono dedicate otto sale (dalla numero 1 alla
numero 8), mentre le restanti sette vengono
riservate alle mostre e agli eventi temporanei.
ROSAI E VIANI A CONFRONTO
Proprio davanti ai dipinti realizzati da Viani per
la stazione di Viareggio, nella sala 7 della
Galleria, sono stati esposti i due cartoni dei
quadri murali che il pittore fiorentino Ottone
Rosai fece per la stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Un confronto molto particolare
tra due grandi autori del Novecento che, con
le loro produzioni, celebrarono l’italianità attraverso la narrazione della civiltà contadina e
del mondo del lavoro. Per l’infrastruttura fiorentina, inaugurata nel 1935 e progettata dal
Gruppo Toscano di Giovanni Michelucci, a
Rosai fu affidato il compito di dipingere due
pitture per la sala del bar: l’artista scelse di
raffigurare due paesaggi tipici toscani.
Concesse in prestito dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, le due vedute sono state
messe di fronte alle grandi tele Lavoratori del
marmo in Versilia e Lavoratori del porto e partenza del marinaio che Viani fece per la
stazione di Viareggio, inaugurata nel giugno
1936, cinque mesi prima della sua morte.
Due stili a confronto per capire come l’arte
entrò in due importanti opere pubbliche contemporanee. Da una parte Santa Maria Novella,
uno dei più significativi esempi di architettura
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ALLA RICERCA DEL NOSTRO SECOLO BREVE
LA GAMC DI VIAREGGIO
razionalista in Italia. Dall’altra la stazione di Viareggio, la città nuova che si candidava definitivamente a capoluogo della Versilia e del turismo balneare dopo essere già stata collegata
al capoluogo toscano con l’apertura, nel 1932,
dell’autostrada Firenze-Mare.
LEONARDO AI TEMPI DELL’IPAD
1
Cento artisti di ogni parte del mondo, invece,
sono stati i protagonisti della mostra «Leo ex
machina»: un percorso che ha visto coniugarsi
sorprendentemente arte e tecnologia, visionari
marchingegni e curiosità storiche. Con il sottotitolo “Leonardo ai tempi dell’iPad”, l’esposizione ha infatti portato nelle sale della Gamc
ingegni e nuove ‘macchine’ ispirate al mito e
alla contemporaneità del genio di Vinci, celebrato anche all’Expo di Milano. Un’idea nata
dall’associazione culturale Bau di Viareggio,
ma sicuramente non nuova: il tema della
macchina si è più volte incrociato con l’arte
contemporanea, dai futuristi a Duchamp, da
Fluxus alla Net Art. La rassegna ha incluso
opere prodotte per il numero Dodici del singolare contenitore di cultura contemporanea
Bau e lavori di numerosi artisti storici, per la
prima volta esposti in Versilia, provenienti dal
Museo ideale Leonardo da Vinci e dalla collezione Palli di Prato. Tra questi figurano alcuni
protagonisti di primo piano della ricerca letteraria, artistica e performativa degli ultimi
decenni in ambito di poesia visiva, arte concettuale e body-art. All’interno di questa esposizione si è svolto anche un incontro con
Matteo Guarnaccia, figura leggendaria dell’underground italiano. Fumettista, illustratore,
saggista e designer (di recente ha collaborato
con la stilista Vivienne Westwood), Guarnaccia
è stato protagonista di «Lightshow: l’arte delle
macchine psichedeliche», offrendo una carrellata su diverse forme di arte cinetica prodotta
dagli anni Sessanta del secolo scorso con
l’ausilio di proiezioni liquide, luci stroboscopiche,
caleidoscopi, laser e altri congegni.
SEGNO, GESTO E MATERIA
Da luglio le opere della collezione Pieraccini
hanno un nuovo allestimento curato da Ales2
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FCRL CULTURA & SPETTACOLI
1. GAMC – Galleria d’arte moderna e contemporanea, Viareggio, veduta della Sala Viani
2. Victor Vasarely, 007 Lapidaire-s, 1971, olio su tavola, donazione Pieraccini. Segno, gesto, materia. Esperienze europee nell’arte
del secondo dopoguerra. Opere dalla donazione Pieraccini, Viareggio, GAMC, 12 luglio 2015 – 12 luglio 2017
sandra Belluomini Pucci, responsabile scientifico della Gamc, Claudia Fulgheri e Gaia
Querci. Con il titolo «Segno, gesto, materia.
Esperienze europee nell’arte del secondo
dopoguerra», la sistemazione è rientrata nelle
iniziative culturali di Toscana ’900, l’articolato
progetto che ha attraversato gran parte del
2015 con mostre, visite guidate e musei
aperti in tutta la regione. Promosso da Regione
Toscana, Ente Cassa di Risparmio di Firenze
e Consulta delle Fondazioni bancarie toscane,
Toscana ’900 ha messo al centro l’arte del
secolo scorso. Come quella che pervade la
collezione Pieraccini del museo viareggino,
composta per la maggior parte di opere grafiche, oltre a quadri e sculture di autori italiani.
Ci sono inoltre esemplari di arte etnica – manufatti asiatici e sudamericani –, reperti archeologici non solo del bacino mediterraneo
e oggetti di inizio Novecento.
L’allestimento è diventato più moderno e intuitivo per guidare i visitatori alla scoperta di
questi tesori: un universo pulviscolare per il
quale non è più possibile parlare di movimenti,
ma piuttosto di tendenze, o meglio, manifestazioni autonome scaturite da nuovi esempi
espressivi. La collezione, quindi, è stata suddivisa in sette sezioni: arte gestuale e segnica,
informale, pittura materica, il nuovo fronte
dell’astratto, neofigurazione e la Versilia.
VIANI, MAGNIFICA PRESENZA
A Lorenzo Viani, grande figlio della Versilia, la
Gamc deve la sua nascita. Il primo nucleo
del museo, infatti, fu costituito nel 1979 con
l’acquisto da parte del Comune di cinquanta
opere di Viani della collezione Varraud Santini
che, insieme ad altre acquisite o presenti in
altre donazioni, ha permesso alla galleria di
avere la più importante raccolta pubblica dedicata all’artista. La Gamc ne ha complessivamente 85, tra cui la Benedizione dei morti
del mare, ritenuto il capolavoro di Viani, il
Volto Santo e la Testa pazza, unica scultura
nota del maestro viareggino. Conserva inoltre
diciassette matrici xilografate, testimonianza
eccezionale dell’attività incisoria dell’artista. In
collezione anche il busto che lo scultore
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Arturo Martini eseguì nel 1937, sulla scia dell’emozione provocata dalla prematura morte
– l’anno prima – di Viani. Esposta alla Biennale
di Venezia, fu poi donata da Martini alla città
di Viareggio come omaggio all’amico scomparso. Venne collocata in una piccola piazza
all’inizio del molo della Passeggiata a mare,
su un basamento di marmo, ma poi fu
rimossa negli anni Novanta per proteggerla
dai ripetuti interventi di “graffitisti” e sostituita
con una copia identica realizzata dal laboratorio
Cervietti di Pietrasanta.
Viareggio è stata sempre al centro della vita
di Viani, dove abitò quasi ininterrottamente
salvo alcuni brevi periodi a Parigi e a Montecatini. L’artista era nato in Darsena nel 1892
da genitori lucchesi – Rinaldo ed Emilia Ricci,
originari di Pieve Santo Stefano – che avevano
lasciato le colline a pochi chilometri da Lucca
dove erano fattori. Giovane, si avvicinò agli
anarchici mentre compiva i suoi studi, molto
stentati per via di una naturale insofferenza
alle discipline accademiche, all’Istituto d’arte
di Lucca e all’Accademia di Firenze, su consiglio di Plinio Nomellini che fu il suo mentore
e lo incoraggiò a proseguire nel cammino
artistico. Si staccò ben presto dalla pittura
toscana di fine Ottocento, perché l’accademismo in cui era caduta non si confaceva al
suo carattere di libertario. A Parigi nel 19081909 e nel 1910-1911, non fu direttamente
influenzato dal movimento liberty allora in
voga bensì, oltre che dai maestri del passato
come Daumier e Goya, più consoni al suo
temperamento, dall’espressionismo tedesco,
la cui disperazione si ritroverà anche molti
anni più tardi nelle xilografie, di estrema semplicità e crudezza. Suoi soggetti preferiti
furono i barconi sulle solitarie spiagge della
Versilia, la povera gente, caratterizzata con
pietà ma anche con simpatia, le Alpi Apuane,
racchiuse in forme geometriche che ricordano
Cézanne: tutto reso con colori nei toni fondamentali, tenuti insieme dai contorni in nero
intenso, in bruno, che formano l’intelaiatura
della composizione con un disegno serrato
ed essenziale. Viani fu anche scrittore. Morì
ad Ostia, dove si trovava per realizzare un’o-
pera, a 44 anni per un attacco più forte di
asma di cui soffriva da tempo.
IN VIAGGIO NELL’ARTE
Per far conoscere ai ragazzi le opere che custodisce e gli artisti che le crearono la Gamc
organizza visite guidate e attività di laboratorio
rivolte a scuole di ogni ordine e grado. Tre i
percorsi didattici proposti. Il primo porta alla
scoperta della galleria, con un viaggio nella
storia dell’arte italiana ed europea dalla fine
del 1800 fino ai nostri giorni. Il secondo percorso è incentrato su Viareggio e sulla figura
di Viani. Attraverso la visione delle sue opere
vengono ripercorse le vicende della città nei
primi trent’anni del 1900, alla luce di una prospettiva tutta personale che caratterizza la
complessa e articolata produzione di una
personalità eclettica e tormentata. Nella terza
visita guidata, in esterno, gli studenti conoscono
Viareggio come città del Modernismo. Percorrendo la Passeggiata una serie di edifici
dalla diversificata funzione – cinema-teatro,
negozi, caffè, stabilimenti balneari, villini –
sono espressione del gusto Liberty e connotano in modo capillare il tessuto urbano. Poi
ci sono i laboratori, riservati agli allievi più
piccoli delle scuole d’infanzia e primarie:
astrattismo, un mondo di colori e ritratti. [P.T.]
I percorsi e i laboratori si svolgono dal lunedì al sabato dalle 9 alle 13 e si possono
prenotare dal lunedì al venerdì in orario 9-13
e 14-19 al numero telefonico 0584 581118
o alla mail [email protected].
Questi, invece, gli orari di visita per il pubblico fino a giugno 2016: dal martedì alla
domenica dalle 15,30 alle 19,30 (chiuso il
lunedì). Biglietti: 8 euro intero, 4 ridotto. Gratis fino a 14 anni.
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Storia di un’anima
E
Silvestro Lega
alla Fondazione
Centro Matteucci
per l’arte moderna
di Viareggio
Fondazione Matteucci
state e inizio d’autunno con un
inedito Silvestro Lega al Centro
Matteucci per l’arte moderna di
Viareggio. Nella sede di via D’Annunzio fino al primo novembre i visitatori hanno potuto ammirare alcune opere
finora mai esposte dell’artista, uno dei maggiori esponenti dei Macchiaioli.
Si tratta dei ritratti della famiglia Febbroni,
riemersi dopo trent’anni di ricerche in archivi
italiani e stranieri e oggi inseriti ufficialmente,
dopo la mostra viareggina, nel catalogo generale dell’artista, la cui prima pubblicazione
risale al 1987. L’esposizione – dal titolo
Lega, storia di un’anima. Scoperte e rivelazioni
– è stata curata da Giuliano Matteucci, direttore del Centro, in collaborazione con
Silvio Balloni.
Non una semplice mostra monografica, bensì
un’occasione di approfondimento dell’opera
dell’artista romagnolo – era nato nel 1826 a
Modigliana, ma visse per lo più a Firenze,
dove morì nel 1895 – e che ha visto la presenza di venti dipinti sin qui mai esposti al
pubblico. Provenienti da collezioni private, il
corpus principale era costituito dai sei esemplari
del cosiddetto ‘nucleo Fabbroni’, ritenuto disperso dopo la mostra di Modigliana del
1926, allestita in occasione del centenario
della nascita del pittore.
Alle venti opere inedite sono state accostate
trenta già note, così da dar conto globalmente
della produzione di Lega, dagli esordi a
Firenze fino all’ultimo periodo di Gabbro, nella
campagna livornese. Una produzione per il
cui approfondimento rimane imprescindibile
il catalogo generale edito nel 1987.
Da quella data l’artista romagnolo – che non
ebbe una vita fortunata e morì poverissimo
all’ospedale di Firenze – è stato oggetto di
un grande numero di iniziative che ne hanno
messo in luce il ruolo di protagonista nel panorama dell’arte italiana del XIX secolo. Non
ultima la mostra del 2013 promossa dal
Museo d’Orsay all’Orangerie di Parigi con
enorme successo.
Se la complessa e raffinata personalità di
Lega può dirsi definita, rimangono, tuttavia,
molte lacune nella ricostruzione della sua
produzione: un significativo numero di dipinti
è infatti disperso o ancora da identificare. La
scoperta del nucleo Fabbroni è, quindi, un
evento di grande rilievo.
Lega eseguì i ritratti a Tredozio, in Romagna,
dove viveva la famiglia Fabbroni, presso cui
trovò sostegno in diversi momenti critici della
sua vita. Soggiornò da loro una prima volta
tra il 1855 e il 1857, dopo aver lasciato temporaneamente Firenze, dove si era trasferito
dall’età di 17 anni. A questo periodo appartengono i ritratti dei coniugi Fabbroni e della
madre di lui. In queste opere, pur giovanili,
Lega dà prova di notevole maestria nell’interpretare le psicologie dei soggetti che va ritraendo: il severo e moderato dottor Fabbroni,
dall’aria dura di pater familias sottolineata dall’abito nero, quasi funereo, una personalità in
linea con la madre, gentildonna pre-napoleonica. Affascinante lo sguardo della moglie
Elisa Pieraccini, che rivela sensibilità e passionalità, pur frenata dal rigido ambiente familiare.
La seconda volta di Lega a Tredozio, nel
1870, fu motivata da un fatto drammatico: la
morte per tubercolosi, a 35 anni, dell’amata
Virginia Batelli e di altri componenti della
famiglia di lei, con cui viveva a Firenze, dove
era tornato da tempo e aveva partecipato felicemente e attivamente, assieme ai Macchiaioli
toscani, alla stagione della Piagentina, la zona
periferica di Firenze dove i pittori andavano a
dipingere all’aria aperta, sull’esempio degli
Impressionisti. La morte di Virginia e degli altri
Batelli fu un durissimo colpo per Lega, al
quale venne meno il mondo di affetti che lo
avevano accompagnato in quegli anni e gli
avevano dato la serenità non solo per dipingere, ma anche per apprezzare l’esistenza
quotidiana.
Affranto, lasciò la Toscana per far ritorno in
Romagna, dove trovò di nuovo il sostegno e
il calore dei Fabbroni. È di questo periodo il
ritratto alla giovane Maria Virginia, che nel
nome e nella dolcezza gli ricordava la sua
Virginia. Anche qui, il pittore cattura lo sguardo
della ragazza e lo smorzato sorriso di chi
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FCRL CULTURA & SPETTACOLI
Fondazione Matteucci
1. Silvestro Lega, Ritratto di Elisa Fabbroni, 1856, olio su tela, collezione privata
2. Silvestro Lega, L’elemosina, 1864, olio su tela, collezione privata
2
guarda alla vita con curiosità e entusiasmo.
A caratterizzare il soggiorno a Tredozio anche
alcune suggestive scene d’interni, rispondenti
al gusto naturalista che in Italia si stava sostituendo alla Macchia, in risposta alle sollecitazioni che provenivano d’Oltralpe.
L’evento di Viareggio, oltreché l’occasione di
riunire l’importante ciclo – a quasi un secolo
dalla retrospettiva di Modigliana del 1926 –
ha offerto l’opportunità di scoprire una cospicua
serie di quadri rintracciati negli ultimi anni. Tra
questi Tiziano e Irene Di Spilimbergo, ricordato
dallo stesso Lega come uno dei lavori più
rappresentativi del periodo accademico, Visita
alla balia, nella versione presentata a Parma
e a Torino nel 1970, che precede l’altra di
Palazzo Pitti.
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E ancora la redazione intermedia di La lezione
della nonna, il quadro donato nel 1899 dalla
regina Margherita di Savoia al municipio di
Peschiera del Garda. Lega lo aveva eseguito
tra il 1880 e il 1881 probabilmente a San
Prugnano, vicino a Firenze, nella villa della famiglia Cecchini, suoi amici e mecenati. Fu
acquistato dai Savoia, che lo collocarono
nella villa Reale di Monza prima di donarlo al
Comune di Peschiera.
Nella mostra si sono visti, poi, Il cuoco, inviato
all’Esposizione universale di Parigi del 1878
e il cosiddetto cofanetto Tommasi, dono del
pittore all’allievo Angiolo Tommasi e alla moglie
Adele in occasione della nascita del loro primogenito Ugo.
Il disegno espositivo ha dato rilievo all’atmosfera
dell’ispirazione di tali ritrovamenti, oltreché attraverso un’attenta ricerca documentaria, tramite un confronto con motivi ad essi direttamente correlati o affini. È il caso dei Tra i fiori
del giardino, L’educazione al lavoro e L’elemosina che, collocati accanto alla redazione
finale, ne hanno attestato il meditato e analitico
processo creativo. Un percorso, quello della
mostra viareggina che, suddiviso in sezioni
cronologico-tematiche ha permesso, seppure
in termini riassuntivi, di ricomporre lo straordinario spaccato della vicenda umana e artistica
del pittore. [P.T.]
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La Versiliana. Estate 2015
C
ultura e intrattenimento, attualità
e futuro. Danza, prosa, libri, approfondimento politico, risate,
musica, arte. Alla Versiliana c’è
posto per tutti i gusti. Da zero a
novantanove anni, ognuno può trovare un
valido motivo per scegliere il Festival: dallo
spazio bambini al Caffè, dal grande teatro immerso nella pineta dove si alternano i migliori
dell’intrattenimento, come Enrico Brignano,
della danza, come la stella Eleonora Abbagnato o big della musica, come Massimo Ranieri, fino ad arrivare al Pontile di Marina di
Pietrasanta che ha ospitato gli appuntamenti
con l’epica.
Incastonata tra le spiagge dorate della Versilia
e le Apuane, la Versiliana è un luogo magico
e unico, un luogo dove si può giungere accaldati e uscirne rinfrescati e, se si può dire,
anche con qualcosa in più in termini di cultura
e apprendimento.
Ricco e articolato, il Festival della Versiliana
per la sua 36° edizione si è presentato al
pubblico con un programma teatrale all’insegna
della multidisciplinarietà e dell’alta qualità artistica. Un programma che ha abbracciato tre
diversi palcoscenici su cui si sono articolati
oltre quaranta spettacoli, di cui nove prime
nazionali con grandi nomi dello spettacolo,
che hanno registrato quasi 19mila presenze
complessive.
Con il suo teatro, il suo Caffè, le mostre
d’arte e le attività per i più piccoli, la formula
della Versiliana non finisce mai di stupire e
di attrarre consensi. Un modo intelligente
per vivere l’estate, non solo un mero contenitore di eventi, ma una fabbrica di cultura,
un marchio di qualità da esportare, capace
anche di uscire dai canonici spazi.
CANTAMI, O DIVA
Fiore all’occhiello dell’edizione 2015 del Festival
La Versiliana sono state le letture dell’Iliade
realizzate al Pontile di Tonfano con sei eventi
in prima nazionale che si sono alternati in
questa suggestiva cornice, sperimentata per
la prima volta con successo nella passata
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foto Alessandro Fabbrini
FCRL CULTURA & SPETTACOLI
il grande musical per tutta la famiglia firmato
Compagnia della Rancia, con la regia di
Saverio Marconi e le musiche dei Pooh.
IN PUNTA DI PIEDI
Nel cartellone della danza hanno invece
brillato su tutti due grandi stelle italiane tra le
più amate al mondo: Eleonora Abbagnato
alla sua prima volta sul palco della Versiliana
e Alessandra Ferri, le cui presenze hanno
sancito ancora una volta il prestigio del festival.
Applauditissime sono state anche le due
serate con i Momix, la straordinaria compagnia
creata da Moses Pendleton, applauditi da
oltre mille spettatori per ciascuna serata. All’interno del cartellone danza, si è dato spazio
ai diversi generi di questa disciplina, ospitando
anche il tango con la Compagnia Naturalis
Labor e la danza contemporanea con lo
spettacolo Tosca X della compagnia Artemis
Danza di Monica Casadei.
VERSILIANA EXTRA!
edizione come nuova location per gli spettacoli
della Versiliana.
Una scelta – quella di allestire un apposito
palco sulla rotonda del pontile – che ha riscosso unanimi consensi, complici le onde
del mar Tirreno, i tramonti purpurei e il profumo
di salmastro, ma soprattutto i grandi cantori
del teatro contemporaneo che si sono avvicendati nella narrazione dei celebri versi di
Omero. Le gesta di Achille, di Ettore, di
Patroclo e degli dei bizzosi dell’Iliade sono
state infatti affidate alle interpretazioni di Moni
Ovadia, Tullio Solenghi, Giuseppe Cederna,
Amanda Sandrelli, Maddalena Crippa, Dario
Vergassola e David Riondino, ciascuno dei
quali ha affrontato i versi dell’Iliade attraverso
la propria personale interpretazione.
LUCI SUL PALCO
Lusinghieri in termini di presenze e gradimento
anche i risultati ottenuti dagli spettacoli di
prosa e danza messi in scena nel Teatro
della Versiliana. Ancora una volta, il grande
palcoscenico immerso nella pineta amata da
Gabriele D’Annunzio, ha ospitato nel solco
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della sua lunga tradizione, attori e compagnie
tra i più applauditi del panorama teatrale
italiano, i debutti di spettacoli in prima nazionale,
così come le muse della danza. La stagione
di spettacoli al teatro si è inaugurata il 10
luglio con lo spettacolo di Simone Cristicchi
Magazzino 18, accompagnato dall’orchestra
e dal coro di voci bianche del Festival Puccini
di Torre del Lago, nell’intento di rafforzare il
legame con le istituzioni culturali del territorio.
Apprezzatissima anche la prima nazionale di
Caravaggio con Vittorio Sgarbi, uno straordinario viaggio nella vita e nell’opera di Michelangelo Merisi, con cui il grande critico d’arte
italiano ha affascinato gli spettatori. Lo spettacolo che la Fondazione ha coprodotto con
Promomusic, girerà a partire dall’autunno nei
più grandi teatri, portando con sé il nome del
Festival La Versiliana. Ancora, in prima nazionale
per la sezione dedicata alla prosa, il festival
ha messo in scena Otello con Filippo Dini e
Antonio Zavatteri per la regia di Carlo Sciaccaluga. Successo anche per il nuovo spettacolo la Bisbetica con la frizzante Nancy
Brilly, così come per le due serate di Pinocchio,
Positivi anche i risultati del cartellone di comici
e show-man denominato Versiliana Extra!
con una menzione d’onore per lo show del
grande Enrico Brignano che anche quest’anno
si è aggiudicato la palma dello spettacolo più
visto registrando il sold-out e ben 1.600
spettatori, seguito dal concerto di Massimo
Ranieri che ha totalizzato più di 1.300 spettatori.
Oltre a loro, il pubblico della Versiliana ha
potuto anche applaudire Teresa Mannino,
Brunori srl, i Genesis Piano Project, I Legnanesi,
Ale e Franz, Dodi Battaglia e Tommy Emmanuel, Francesco Tesei, The Glenn Miller Orchestra, i Big One, Niccolò Fabi e Stefano
Bollani.
SPERIMENTAZIONI CONTEMPORANEE
Con il titolo di Versiliana Upgrade Festival, il
festival ha dato vita ad una nuova sezione
sperimentale dedicata alla scena contemporanea. Al Teatro delle Scuderie Granducali di
Seravezza la Fondazione La Versiliana ha
messo in scena, grazie alla collaborazione
della Fondazione Terre Medicee, undici spettacoli, di cui uno in prima nazionale, dedicati
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foto Alessandro Fabbrini
LA VERSILIANA. ESTATE 2015
CRESCERE E DIVERTIRSI
ALLA VERSILIANA DEI PICCOLI
All’interno di un festival che fa della multidisciplinarietà e della varietà il suo tratto distintivo,
La Versiliana dei Piccoli, ovvero lo spazio dedicato esclusivamente ai bambini e alle loro
famiglie, ha fatto la propria parte, proponendo
anche quest’anno spettacoli, laboratori, attività
e presentazioni di libri, distinguendosi per la
partecipazione attiva dei bambini stessi. Alla
Versiliana dei Piccoli, i bimbi di tutte le età
hanno potuto trovare tante opportunità per
crescere con intelligenza e imparare divertendosi. Le attività hanno riscontrato un ottimo
andamento: gli spettacoli nell’Arena sono
stati seguiti da 2.122 piccoli spettatori e a
queste presenze si aggiungono anche i tanti
bambini che ogni giorno hanno frequentato i
diversi appuntamenti.
LA CITTÀ DELLE OPINIONI
alla prosa e danza contemporanea che hanno
ottenuto anche il Patrocinio della Commissione
Nazionale Italiana per l’Unesco.
UN CAFFÈ …
Vetrina di richiamo ambita da scrittori, politici
e personaggi dello star system e frequentata
sempre da un numeroso e affezionato pubblico,
il Caffè de La Versiliana edizione 2015, si è
articolato in 56 incontri che ogni giorno –
dagli inizi di luglio e fino agli ultimi di agosto –
hanno scandito i pomeriggi estivi all’ombra
dei pini. Le presenze agli incontri del prestigioso
e storico talk-show, firmato Versiliana, si sono
confermate, al pari dello scorso anno, attorno
alle 35mila unità, a cui vanno aggiunti i tanti
telespettatori che hanno seguito gli incontri in
televisione, grazie a NoiTv che ha ripreso e
trasmesso integralmente ogni puntata. Al programma del Caffè ha collaborato il giornalista
David De Filippi chiamato dalla Fondazione a
coordinare l’intero palinsesto. In due mesi il
prestigioso palco del Caffè, intitolato a Romano
Battaglia, compianto patron del salotto a due
passi dal mare, ha visto alternarsi ben 127 tra
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ospiti e conduttori. Si è parlato di tutto: di
politica con gli incontri condotti da Luca
Telese, di letteratura e volti femminili con le rubriche di Catena Fiorello e di Flavia Piccini, di
enogastronomia e salute con gli incontri curati
da Claudio Sottili e Fabrizio Diolaiuti. Da segnalare che la Fondazione La Versiliana ha
ottenuto per gli incontri dedicati al gusto e al
benessere il patrocinio del Padiglione Italia
per Expo 2015. Ma si è parlato anche di giornalismo, sport, musica, economia, scienza,
arte e tanto altro. Tra gli incontri più gettonati
rientrano sicuramente quelli con i politici:
i ministri Graziano Delrio e Stefania Giannini, i
parlamentari Matteo Salvini, Giovanni Toti, Daniela Santanchè, Renato Brunetta, Pippo
Civati, Deborah Bergamini, ma anche quelle
con personalità come Dacia Maraini, Francesco
Guccini, Mario Giordano, Giacomo Agostini,
Platinette, Concita De Gregorio, Katia Ricciarelli
e Fabio Genovesi, solo per citarne alcuni.
Un Caffè che ha dunque proseguito quella
radicata tradizione di approfondimento culturale,
di spazio libero di confronto e dibattito, che
nel corso degli anni lo ha reso celebre.
La città delle opinioni, così Pietrasanta è stata
ribattezzata dal suo Sindaco, Massimo Mallegni, dopo che a conclusione della stagione
2015, la Versiliana ha ospitato, oltre alla VI
edizione della festa annuale del «Fatto quotidiano», anche la nuovissima rassegna «Controcorrent», firmata dal «Giornale» e dal suo
direttore Alessandro Sallusti. Una rassegna
che ha portato la città sotto i riflettori nazionali.
Un successo, che in soli quattro giorni ha
raccolto oltre 3mila presenze e il gradimento
del pubblico, tanto che la Fondazione ha già
intenzione di replicare per il prossimo anno.
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foto Alessandro Fabbrini
FCRL CULTURA & SPETTACOLI
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foto Alessandro Fabbrini
LA VERSILIANA. ESTATE 2015
Fondazione, assessorato alla cultura e Centro Arti Visive operavano
ciascuno per conto proprio. Nell’epoca delle razionalizzazioni e delle
visioni comprensoriali, Pietrasanta si propone di dare il buon esempio
e comincia a riorganizzarsi, individuando nella Fondazione Versiliana
lo strumento valido per un rilancio di tutto il territorio. Questo compito,
così complesso e impegnativo, è stato affidato dal consiglio di amministrazione a Massimiliano Simoni, chiamato a svolgere l’importante
ruolo di direttore artistico.
Massimiliano Simoni, già presidente della Fondazione La Versiliana,
della Fondazione Festival Pucciniano, di Sicilia Turismo e Cinema
Spa, con esperienza di direzione artistica maturata in molteplici
istituzioni dello spettacolo e della cultura a livello nazionale (Bolgheri
Melody e Pompei Festival tra le più recenti), si è già messo all’opera
per lavorare al programma della stagione di prosa invernale del teatro
comunale di Pietrasanta.
VISTI DA VICINO:
IL NUOVO C.D.A DELLA FONDAZIONE VERSILIANA
VERSO IL 2016:
SI RIPARTE CON LA FONDAZIONE (LA) VERSILIANA
Archiviata la stagione 2015, per la Versiliana si prospetta un cambio
di passo, una vera e propria rivoluzione voluta dalla nuova amministrazione comunale di Pietrasanta, guidata dal Sindaco Massimo
Mallegni. Una rivoluzione che si rivela già nel nome: non più Fondazione
La Versiliana, ma Fondazione Versiliana, nel senso della Versilia e dei
‘Versiliani’ di dannunziana memoria, per far subito riferimento alla
visione geografica ampia di questa nuova creatura che diventerà il
fulcro di tutta l’attività culturale e turistica del territorio. A partire dalla
metà di settembre si sono insediati infatti i nuovi organi dirigenziali
della Fondazione. Nomi ed esperienze di livello: presidente Piero Di
Lorenzo, presidente onorario Aldo Giubilaro, vice presidente Francesco
Pellati, membri del consiglio Maria Antonietta Di Benedetto, Emilio
Giorgi e Simone Tonlorenzi.
Li attende un compito davvero impegnativo, perché dalla Fondazione
Versiliana dovrà ripartire l’intera macchina culturale e turistica della
zona. La Fondazione Versiliana si occuperà infatti del suo festival e
della stagione invernale del teatro, ma anche del coordinamento di
tutti i soggetti che nella città di Pietrasanta, operano a livello artistico
e culturale. Quindi dai Premi Carducci e Barsanti alle mostre; dal
Museo dei Bozzetti, con la sua nuova sezione che sarà allestita a
Palazzo Panichi, al Museo Archeologico, sino ai grandi eventi di
richiamo come Anteprime Mondadori e le rassegne organizzate dai
quotidiani, «Il fatto quotidiano», «Il giornale» e gli altri che verranno.
Un’impostazione completamente nuova rispetto al passato, quando
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Piero Di Lorenzo, presidente. Già consulente per le relazioni esterne
e i rapporti istituzionali per numerosi enti e società pubbliche e private
come Aeroporti di Roma, Guardia di Finanza, Borsa Immobiliare; presidente di LDM Comunicazione e di IRBM Science Park, colosso del
biotech.
Aldo Giubilaro, presidente onorario. Attualmente Procuratore Capo di
Massa, in magistratura dal 1975, già membro del Consiglio Superiore
della Magistratura, componente esterno della Commissione parlamentare
Antimafia.
Francesco Pellati, vicepresidente. È stato membro della consulta sindacale di Confindustria e coordinatore del comitato di presidenza
della Camera Nazionale della Moda Italiana, consigliere di amministrazione di Bianchi e Nardi (impresa di produzione borse per marchi
internazionali tra i quali Chanel) e membro del comitato direttivo di
Mardi (impresa di in joint venture con Christian Dior). Consigliere di
amministrazione del Banco di Napoli e della Banca Cassa Risparmio
di Firenze.
Emilio Giorgi, consigliere. Già direttore di Unicredit, di Citigroup
Global Corp & Inv Bank, di Swiss Re Capital Managemnet&Advisory,
attualmente capo dell’ufficio investimenti della Fondazione E.N.P.A.M.
Maria Antonietta Di Benedetto, consigliere. Già responsabile del Research Department del The Boston Consulting Group e successivamente in McKinsey; direttore della divisione New Media del Sole 24
Ore ed ex amministratrice di Global Publishers Italia. Si è fatta
conoscere in Versilia per aver ideato la Onlus, Più Forte del vento.
Fanno parte invece del nuovo consiglio d’indirizzo: Mirco Baldi,
Susanna Biagioni, Manuela Bottari, Emanuele Giannelli, Lodovico
Gierut, Cristiano Landi, Maria Grazia Macchiarini, Juri Maremmani,
Nicola Moschetti, Monica Pardini, Jaele Pasquini, Costantino Paolicchi,
Stefano Pellacani, Diego Pelucchini, Anna Silvestro.
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FCRL RICERCA E FORMAZIONE
RICERCA E
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FORMAZIONE
Luci accese
sulla notte dei ricercatori
È
interessante parlare di un evento
che di norma viene visto e compreso per lo scopo divulgativo e
ludico, ma che ha invece una dimensione specialistica molto importante anche per la vita degli Atenei. Si
parla molto di Europa, di fuga dei cervelli, di
ricerca, ma l’obiettivo in questo caso è di
compiere un passo in più e portare questi
temi in mezzo alla gente, alla portata di tutti.
Quale gente? Quella comune, composta non
tanto dagli addetti ai lavori, ma da chi, pur non
rifacendosi agli esercizi della valutazione della
ricerca tipici di un ricercatore, vuole comunque approfondire le proprie conoscenze.
Ecco la Notte europea dei Ricercatori, l’iniziativa, sostenuta dalla Commissione Europea
nell’ambito del Marie Skłodowska-Curie Actions, un programma della UE che mira ad
accrescere l’attività scientifica dei ricercatori
in Europa, che si svolge simultaneamente
ogni anno in tutta l’Unione. Si tratta di un
evento dedicato alla divulgazione scientifica
e all’apprendere divertendosi. In quell’occasione si ha l’opportunità di incontrare dei ricercatori, parlare con loro e riscoprire cosa
fanno realmente per la società in modo interattivo e appassionante. Il tutto avviene tramite
esperimenti pratici, spettacoli scientifici,
attività di apprendimento per bambini, visite
guidate dei laboratori di ricerca, quiz su argomenti scientifici e altro ancora.
La Notte Europea dei Ricercatori è un’iniziativa
che si tiene l’ultimo venerdì di settembre. Nel
2015 si è svolta venerdì 25 settembre nelle
24 nazioni d’Europa, coinvolgendo circa 300
città. Tra queste non è mancata Lucca e la
sua Scuola Universitaria di Alti Studi IMT che
per la prima volta ha organizzato una serie di
eventi rivolti a tutto il territorio. La Regione Toscana quest’anno ha infatti voluto realizzare
una grande manifestazione corale, per aiutare
a comprendere l’importanza e l’utilità concreta
della ricerca. Il 25 settembre a Lucca la Notte
dei Ricercatori si è accesa grazie a Imt, che
con il patrocinio del Comune e in collaborazione
con la Fondazione Cassa di Risparmio di
Lucca, ha organizzato nel Complesso di San
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Vincenzo Tedesco*
Francesco varie iniziative. Così Rodolfo Metulini
e i ricercatori del progetto ViWaN che hanno
parlato della rete globale degli scambi di
acqua virtuale (intesa non come acqua che
si beve ma quella utilizzata nel commercio industriale): un tema di particolare attualità nell’anno dell’Expo, visto che i flussi dell’acqua
virtuale sono legati a vari fattori, dall’esportazione
dei prodotti agricoli ai movimenti dei migranti.
Massimo Minervini, ricercatore del progetto
Phidias, ha spiegato nel suo stand come
l’analisi e l’elaborazione di immagini trovi applicazioni non solo in campo medico ma
anche in agricoltura, ad esempio per selezionare le varietà di piante. Mentre Walter Quattrociocchi e i ricercatori del Laboratorio di
Computational Social Science hanno illustrato
come riconoscere le dinamiche della (dis)informazione al tempo dei social media e come
difendersi dalle informazioni errate che circolano
in rete.
Gianna Vivaldo e i suoi colleghi del progetto
Multiplex fanno ricerca sui sistemi complessi.
Nel loro stand hanno spiegato come questa
materia apparentemente così astratta abbia
invece molte applicazioni nella vita di tutti i
giorni: l’analisi dei post fatti su Twitter ad
esempio è già stata usata in passato per
cercare di prevedere gli esiti elettorali. Yesim
Tonga ha illustrato invece lo studio avviato da
Imt per valutare l’impatto economico di Lucca
Comics&Games.
Allo stand del professor Marco Paggi è stato
possibile capire grazie alla meccanica cosa
hanno in comune pannelli solari, carta e
adesivi. È stato inoltre aperto alle visite il laboratorio sperimentale di meccanica dei materiali, che si trova in quella che un tempo era
l’officina farmaceutica del convento francescano. Ma non finisce qua. Per incrementare
il contatto tra Imt e il territorio sono state organizzate visite guidate nella singolare biblioteca
* Vincenzo Tedesco è il direttore amministrativo
di Imt Alti Studi Lucca
di Imt, realizzata nella Chiesa di San Ponziano,
e nel campus – di solito non accessibile al
pubblico – ricavato nelle antiche celle dei
frati: attività che l’amministrazione di Imt vuole
rendere continuativa, in modo da rendere
più forte e profondo il legame con la città.
Protagonisti indiscussi della Notte dei Ricercatori sono stati gli allievi dell’Istituto che
hanno raccontato le discipline presenti nella
scuola e quale sia l’impatto dell’alta formazione
e della ricerca nelle loro e nelle nostre vite.
Largo spazio, poi, anche alle conferenze:
una su tutte, I musei e il loro pubblico (al
Museo nazionale di Villa Guinigi in via della
Quarquonia). Emanuele Pellegrini, docente
di Storia dell’arte a Imt, e Antonia d’Aniello,
direttrice dei Musei nazionali di Lucca, si
sono confrontati su come sia cambiato nel
corso dei secoli il pubblico che frequenta i
musei. Attraverso alcune testimonianze concrete, hanno inoltre analizzato come siano
mutati il ruolo e l’organizzazione stessa dei
musei e delle loro collezioni. Nell’auditorium
Cappella Guinigi è stato proiettato il video
Destination Imt realizzato per Imt dal regista
Antonio Nardone su iniziativa della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca. Infine la serata
con la conferenza L’intelligenza delle Piante
del professor Stefano Mancuso, direttore del
Laboratorio internazionale di Neurobiologia
vegetale di Firenze, che ha spiegato che le
piante sono capaci di sofisticate strategie di
comunicazione e difesa e di una vita sociale
con aspetti così particolari da non trovare
eguali in gran parte del mondo animale. La
giornata si è conclusa in piazza San Francesco
con spettacoli di scuole di danza e con
alcuni gruppi musicali.
Imt però vuole fare di più: per il prossimo
anno la Scuola vuole candidarsi per ottenere
il finanziamento della Commissione Europea
come sostegno diretto alle idee e alle menti
brillanti di cui l’istituto dispone.
Ricerca sempre ricerca. Al giorno d’oggi viviamo una situazione complicata per quanto
riguarda il vasto e variegato mondo della ricerca: ricercatori arrabbiati perché le procedure
di reclutamento non decollano, finanziamenti
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FCRL RICERCA E FORMAZIONE
ridotti all’osso, meccanismi di avanzamento
di carriera non idonei o non sufficienti. E
un’avversione generalizzata verso i meccanismi
di valutazione che poi potranno consentire
alle Università di avere più finanziamenti e
quindi più autonomia. Ben vengano dunque
manifestazioni come la Notte dei Ricercatori
che consentono di avvicinare le persone ai
mille rivoli delle attività dei ricercatori, ma il
problema, almeno in Italia, non cambia:
l’utilizzo ragionato e responsabile dei finanziamenti e la possibilità che scuole di eccellenza come Imt possano beneficiare dei
fondi, distribuiti misurando concretamente i
risultati raggiunti e non solo sulla base della
percentuale ricoperta all’interno del sistema
universitario. L’obiettivo è arrivare all’erogazione
dei finanziamenti premiando in concreto le
Università che producono ottimi risultati nella
ricerca e che, per esempio, utilizzano meccanismi di reclutamento internazionali per i
giovani ricercatori, utili a evidenziare e a
rendere efficace la concorrenza tra ricercatori
che quindi possono vedersi anche non rinnovati i contratti se non lavorano secondo
standard di eccellenza. Linee guida che
sono già parte integrante della strategia
attuata da Imt e che diventeranno elementi
salienti dell’attività futura della Scuola.
Marie Skłodowska-Curie Actions è un
programma europeo ai cui finanziamenti
possono accedere i ricercatori impegnati in
ogni disciplina, dall’assistenza sanitaria alla
ricerca pura. I fondi, inoltre, permettono di
sostenere i dottorati industriali, che combinano la ricerca accademica con il lavoro in
azienda, e altre misure di formazione innovativa volte a migliorare lo sviluppo professionale.
Oltre a beneficiare di una generosa sovvenzione, i ricercatori hanno la possibilità di
acquisire un’esperienza all’estero e nel
settore privato e di integrare la loro formazione
con altre competenze o discipline utili per la
loro carriera.
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Un sogno che si avvera:
quando la ricerca diventa prevenzione
Alessandro Petrini
C
ase basse in mattoni marroni,
con cancelli e inferriate per proteggere ogni possibilità d’ingresso. Morris Park Avenue
attraversa in senso longitudinale
l’intero East Bronx e per interi isolati lo scenario non cambia. Poi una leggera curva sulla
destra, si intravede qualche albero, mentre lo
sguardo può iniziare a distendersi sui grandi
edifici immersi nel verde che si trovano ai due
lati della strada. Siamo in Eastchester Road,
in una zona sviluppatasi subito fuori dai quartieri popolari di New York, che negli anni è diventata quartier generale di multinazionali e di
istituti di ricerca, la maggior parte specializzati
Intervista a Ilaria Russo,
giovane ricercatrice
lucchese e vincitrice
di una borsa di studio
della Fondazione CRL
per studiare strategie
di prevenzione
sull’insufficienza cardiaca
nel settore dell’healthcare, l’assistenza sanitaria. Ci sono il Jacobi Medical Center e il Calvary Hospital e tra le due strutture, troviamo i
padiglioni che ospitano la facoltà di medicina
della Yeshiva University, l’Albert Einstein College of Medicine. Per arrivare al laboratorio di
ricerca del professor Nikolaos Frangogiannis
bisogna dirigersi verso l’edificio sud e percorrere una cinquantina di metri all’ombra degli
alberi, con panchine in pietra lungo le quali gli
studenti si fermano a parlare e a confrontarsi.
Questo per Ilaria Russo non è un posto qual-
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FCRL RICERCA E FORMAZIONE
siasi, ma ‘il posto’. Quello che ha cercato e
fortemente voluto, perché desiderava studiare con colui che per lei è il migliore: Frangogiannis appunto. È lui – confida – che per
anni è stato fonte d’ispirazione. «Ho studiato
sui suoi scritti e mi è sempre piaciuto il suo
modo di scrivere e soprattutto l’argomento di
studio al quale ha dedicato tutta la sua vita.
Mi era stata proposta una posizione a Maastricht, ma sono una sognatrice e volevo imparare dal migliore». Così l’arrivo a New York
negli ultimi giorni del 2014 e l’inizio di un
nuovo percorso.
«Ambizioni e certezze possono coincidere».
Ilaria ne è convinta e lo ripete più volte mentre
racconta la sua storia. Nel frattempo ci ritroviamo in un cortiletto interno dominato da un
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busto di Albert Einstein e delimitato dai nomi
di tutti i benefattori che hanno contribuito alla
nascita e allo sviluppo della facoltà di medicina. Trentatré anni, lucchese, una formazione liceale classica al «Nicolò Machiavelli»
di Lucca, racconta che nella sua testa c’è
sempre stata l’idea di fare ricerca perché
«sono una persona estremamente curiosa e
sono sempre stata affascinata dalla scienza
biomedica». Al di là delle convinzioni personali, sono i singoli episodi a darle ragione e a
spingerla naturalmente verso quella direzione.
Ricorda dei suoi 16 anni quando, in prima
liceo, fu una delle primissime a essere interrogata in chimica. «Fu un’interrogazione eccellente e quando tornai al banco il
professore mi fece i complimenti e mi chiese
cosa avrei voluto studiare dopo la maturità.
Risposi medicina e lui mi disse che avrei
avuto successo perché “ho la dritta”. È come
se nelle sue parole si fosse riflessa questa
mia grande passione che ho voluto rincorrere
e agguantare. La verità è che non avrei potuto
fare altro».
Il suo percorso universitario inizia a Milano con
la laurea triennale in biotecnologie mediche
alla Statale, poi il trasferimento alla Milano Bicocca per la laurea specialistica in biologia
funzionale e molecolare. «Ho sempre discusso tesi sperimentali di ricerca cardiovascolare. Per la triennale ho fatto un tirocinio di
quattro mesi all’Istituto di fisiologia clinica del
Cnr di Pisa, dove mi sono occupata di studiare l’innervazione ortosimpatica nel cuore
diabetico; per la specialistica ho studiato un
particolare ceppo murino in un modello di
ischemia e riperfusione miocardica». Un lavoro sviluppato grazie al tirocinio effettuato in
un laboratorio del «Mario Negri» di Milano che
ha dato inizio a un rapporto lungo quasi otto
anni: prima una borsa di studio triennale in
una scuola post laurea di specialità in ricerca
biomedica, poi un programma di dottorato di
ricerca del Miur in un corso di perfezionamento in scienze farmacologiche.
Qui nel tempo le nasce l’esigenza di fare
esperienza all’estero. «In Italia c’è povertà di
opportunità per i giovani ricercatori e questo
va di pari passo con il nepotismo – spiega –
. Le persone con il cognome giusto si prendono le poche possibilità finanziarie a
disposizione, anche oltre il loro merito. Così
mi sono ritrovata in un contesto in cui non
avrei avuto spazio e mi è stato proposto di finire il dottorato all’estero. Credo che andare
lontano dal proprio Paese sia comunque un
passo che deve compiere ogni ricercatore. Il
nostro settore infatti è universale ed è importante confrontarsi con altre realtà accomunate
dalla passione e dalla conoscenza dello
stesso argomento».
Ecco che inizia la ricerca ‘del posto’, i contatti
via mail con il professor Frangogiannis che si
concretizzano in occasione di un congresso
a Dallas con la proposta di una posizione per
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UN SOGNO CHE SI AVVERA:
QUANDO LA RICERCA DIVENTA PREVENZIONE
due anni. «A quel punto diventava vitale ottenere una borsa di studio che mi permettesse
di vivere due anni a New York. Per mesi mi
sono data da fare in ricerche bussando a tantissimi istituti e fondazioni bancarie». La svolta
grazie all’incontro con Maria Carmela Mazzarella, consigliera d’amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, che le
ha confermato che sarebbe stato indetto da
lì a poco un bando di ricerca e che lei
avrebbe avuto i criteri elettivi in quanto lucchese. «Ho partecipato e nel maggio del
2014 ho avuto la conferma che sarebbe
stato erogato il finanziamento, così ho avuto
tutto il tempo per preparare il trasloco». Si
tratta di 30mila euro in due anni per finanziare
un progetto sull’identificazione di nuovi target
molecolari per lo sviluppo di strategie terapeutiche preventive dell’insufficienza cardiaca.
«L’insufficienza cardiaca è un problema sanitario molto diffuso, perché nel 2015 ancora
se ne può morire nonostante l’esistenza dei
farmaci salvavita. La questione quindi ha un
forte impatto sanitario e socioeconomico perché si spende moltissimo per la gestione del
paziente e per le ospedalizzazioni. Per questo
è necessario continuare a fare ricerca in questo campo». Un tema che alla dottoressa
Russo sta particolarmente a cuore perché
negli ultimi anni buona parte dei finanziamenti
si è spostata su altre patologie. «Sto studiando il ruolo di una proteina, la Smad 3, che
pare coinvolta nello sviluppo della patologia
nei soggetti diabetici. In una visione prospettica questa proteina potrebbe rappresentare
un interessante target farmacologico, anche
a scopi preventivi».
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POLI DI
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INNOVAZIONE
Innovazione nel settore cartario
con InnoPaper
U
n nuovo impianto per il riciclo
dello scarto di pulper di cartiera
in plastica seconda vita. Il progetto LIFE Eco-Pulplast (Local
circular ECOnomy by an innovative approach for recycling paper industry
PULper waste into new PLASTic pallets), annunciato un anno fa, è passato a settembre
scorso alla fase operativa, avendo ottenuto i
finanziamenti dall’Unione europea grazie al
bando Life 2014. Un’opportunità importante,
coordinata da Lucense e attuata dall’azienda
lucchese Selene, per riciclare lo scarto industriale delle cartiere che utilizzano macero, attraverso la realizzazione, con un investimento
di 1 milione e 200mila euro, di un impianto dimostratore volto a testare una tecnologia innovativa di recupero di plastiche miste (in
prevalenza scarto di pulper) per la produzione
di materiali e prodotti in «plastica seconda
vita», utilizzabili dalle aziende del distretto cartario. Il fine ultimo, attraverso una serie di investimenti innovativi, è di valorizzare gli scarti
e rimetterli in produzione, così da chiudere il
ciclo del riuso.
Oltre a essere un modello virtuoso di economia circolare e di simbiosi industriale, LIFE
Eco-Pulplast, che durerà in tutto trenta mesi,
rappresenta un esempio concreto e innovativo di quanto possa essere fatto a livello locale grazie alla collaborazione tra diversi
soggetti del territorio. I partner dell’iniziativa
sono Selene SpA, capofila, azienda leader in
Italia nel settore degli imballaggi flessibili in
plastica, fortemente impegnata in un piano di
investimenti che punta sulla sostenibilità ambientale delle produzioni. L’industria, dopo
l’acquisizione di una nuova unità produttiva a
Marghera, Venezia, dove realizza imballaggi
partendo da scarti di lavorazione, vede nel
progetto LIFE Eco-Pulplast un’interessante
prospettiva di sinergia con le cartiere: l’obiettivo è contribuire all’innovazione degli imballaggi dell’industria cartaria proponendo
involucri di plastica elastica copri pianali, che
uniscono integrità e riduzione del consumo.
Nel progetto un ruolo di primo piano, poi, è
giocato da Lucense, organismo di ricerca im-
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Il Polo di Innovazione
gestito da Lucense
promuove progetti
di ricerca applicata
e di trasferimento
tecnologico,
in particolare nell’ambito
della sostenibilità
ambientale,
dell’efficienza
dei processi e della
qualità dei prodotti
I Poli di Innovazione sono raggruppamenti di
imprese indipendenti («start-up» innovatrici,
piccole, medie e grandi imprese, nonché organismi di ricerca) attivi in un particolare settore o regione e destinati a stimolare l’attività
innovativa incoraggiando l’interazione intensiva, l’uso comune di attrezzature e lo scambio
di conoscenze ed esperienze, contribuendo
così in maniera effettiva al trasferimento di tecnologie, alla messa in rete e alla diffusione
delle informazioni tra le imprese che costituiscono il Polo stesso. Negli ultimi due anni la
Regione Toscana ha avviato la trasformazione
dei Poli di Innovazione regionali in Distretti Tecnologici. Pertanto, il Polo InnoPaper si avvia a
trasformarsi in Distretto Tecnologico Cartario a
partire dalla seconda metà del 2016.
pegnato da anni nell’individuazione e sperimentazione di soluzioni innovative per la valorizzazione degli scarti industriali e soggetto
gestore del Polo di Innovazione della Regione
Toscana per il settore cartario, InnoPaper. E
ancora: Serv.Eco, consorzio delle cartiere del
Distretto Cartario lucchese che opera su tematiche di interesse ambientale e, infine, Zero
Waste Europe Foundation, rete europea di
soggetti che si ispirano ai principi dei rifiuti
zero.
La carta è il prodotto più riciclato in Europa,
con un tasso che ha raggiunto la cifra record
del 72 per cento. L’industria cartaria ha contribuito al raggiungimento di questo risultato:
il 54 per cento della materia prima del settore
proviene infatti da carta e cartone riciclato, utilizzati prevalentemente per la produzione di
carta per ondulatori e per imballaggio. Nonostante i continui investimenti in impianti e processi di trattamento effettuati dagli attori della
filiera del riciclaggio, che hanno portato l’efficienza del processo di riciclaggio a valori di
assoluto rispetto, resta però un 7 per cento
di materiale non riutilizzabile. Quest’ultimo
prende il nome di ‘scarto di pulper’, composto in prevalenza da materia plastica eterogenea e fibre di cellulosa, con la presenza di
impurità quali metalli e inerti. Nel solo territorio
del Distretto Cartario lucchese la produzione
di scarto di pulper ammonta a circa 100mila
tonnellate all’anno, con un tasso di umidità
medio del 30 per cento. Attualmente questo
tipo di scarto viene smaltito in discarica, in regime di proroga annuale, o presso impianti di
termovalorizzazione, con costi ambientali ed
economici elevati che, oltre ad erodere la
competitività delle imprese, sono causa di un
impatto ambientale non trascurabile. Pertanto, le aziende cartarie si trovano ad affrontare in maniera del tutto autonoma la gestione
dello smaltimento di scarto di pulper e su di
loro ricade la responsabilità di cercare soluzioni al problema.
Il Distretto Cartario lucchese, supportato in
questo proprio da Lucense, è infatti da tempo
leader in Italia per le politiche ambientali, nel
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foto Carlo Cantini/Archivio Publied
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tentativo di avviare azioni concrete per la riduzione dei propri impatti ambientali. Oltre al
progetto LIFE Eco-Pulplast, che rappresenta
un’azione concreta di economia circolare, la
società pubblico-privata con sede nell’area
del Polo Tecnologico Lucchese è impegnata
in attività e progetti di ricerca e innovazione,
realizzati in collaborazione con le imprese
della filiera cartaria, per il miglioramento dei
processi di produzione e di trasformazione
della carta, lo sviluppo di nuovi prodotti e la
riduzione degli impatti delle operazioni logistiche. Lucense ha svolto negli ultimi anni attività
di studio, test e sperimentazione di tecnologie
per il trattamento e la lavorazione dello scarto
di pulper, al fine di trasformarlo in materia
prima seconda, da utilizzare in altri settori produttivi, quali i conglomerati bituminosi o per la
produzione di manufatti in plastica: la volontà
è di creare le condizioni per la nascita di una
nuova filiera produttiva sul territorio regionale.
Merita inoltre ricordare, a titolo di esempio, il
progetto High-Tissue (www.hightissueproject.com), per la realizzazione di una linea di
trasformazione del tissue ad alta efficienza,
realizzato in collaborazione con Fabio Perini
SpA e Milltech Srl e finanziato dalla Regione
Toscana, e il progetto Europeo Bioboard
(www.bioboard.eu), per lo sviluppo di nuovi
imballaggi multistrato per alimenti eco-sostenibili e più facilmente riciclabili. Fra i progetti
più recenti, è opportuno citare Slat-Cat avviato con Futura SpA. per l’automazione integrata del processo di trasformazione della
carta tissue.
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foto Carlo Cantini/ Archivio Publied
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INNOVAZIONE NEL SETTORE CARTARIO
CON INNOPAPER
IL POLO DI INNOVAZIONE INNOPAPER
InnoPaper è il Polo di Innovazione finalizzato a
sostenere l’attività di trasferimento tecnologico
e di supporto all’imprenditorialità del settore
cartario. Il Polo, gestito da Lucense, si avvale
delle attrezzature tecnico-scientifiche già disponibili nell’ente, tra cui quelle del laboratorio
Centro Qualità Carta e del comparto ICT.
Sono attive inoltre collaborazioni e accordi con
centri universitari, anche per l’utilizzo delle rispettive dotazioni strumentali e di laboratorio.
InnoPaper opera sulle tematiche di interesse
del Distretto Cartario, tra cui quelle relative alle
aree ambiente ed energia; qualità, sicurezza
e responsabilità sociale; progettazione, produzione, logistica e manutenzione. I principali
obiettivi del Polo InnoPaper sono: stimolare e
recepire la domanda di innovazione delle imprese aderenti al Polo, svolgendo la funzione
di intermediario specializzato nel campo della
ricerca e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche; accompagnare le imprese all’accesso di servizi specialistici per sostenere la
diffusione dell’innovazione, anche attraverso
l’erogazione diretta di servizi avanzati; facilitare
l’accesso da parte delle imprese alla conoscenza scientifica e tecnologica.
Sono 130 i soggetti, suddivisi tra imprese e
centri di ricerca, che hanno aderito a InnoPaper: oltre alle principali università e consorzi
interuniversitari regionali, il Polo collabora con
associazioni di categoria, enti, consorzi e Poli
tecnologici.
Linee di azione
Da quando sono state avviate le attività del
Polo di Innovazione InnoPaper, Lucense ha
operato per la promozione e l’offerta alle
aziende della filiera cartaria di servizi di diverse
tipologie e con diverse modalità di erogazione
e marketing:
◆ servizi tecnici di sperimentazione: prove,
test e omologazioni del Centro Qualità
Carta su carta, cartone, imballaggi, anche
per merci pericolose, tissue, paste, materiali assorbenti, film;
◆ servizi per l’efficienza ambientale ed energetica: ricerche e consulenze per la ridu-
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FCRL DALLE PARTECIPATE
zione dei consumi di risorse nel processo
cartario; ricerche, progettazione e sperimentazione di tecnologie a minore impatto
ambientale per la valorizzazione degli scarti
di produzione (pulper waste e fanghi);
◆ servizi avanzati e qualificati per l’innovazione
di prodotto e di processo.
Il Polo di Innovazione InnoPaper, forte della
sua esperienza e della collaborazione con
Università ed altri enti di ricerca, è inoltre impegnato su diverse linee di azione:
◆ potenziamento del laboratorio di prove
Centro Qualità Carta;
◆ sperimentazione e validazione di tecnologie
innovative per la valorizzazione energetica
dello scarto di pulper e il suo riutilizzo in prodotti derivati, nonché per lo smaltimento dei
fanghi industriali;
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◆ sviluppo
di metodologie e tecnologie,
anche con soluzioni ICT, per il miglioramento della progettazione, della gestione
dei processi e delle operazioni aziendali,
della sicurezza nei luoghi di lavoro e per l’ottimizzazione dei processi, per l’efficienza
energetica e la riduzione dell’impatto ambientale;
◆ sviluppo di progettualità per favorire l’ideazione di nuovi prodotti o per nuovi impieghi
dei prodotti di cartone esistenti;
◆ promozione e sviluppo di progettualità
anche attraverso percorsi di responsabilità
sociale finalizzati al recupero e alla valorizzazione del patrimonio culturale ‘cartario’.
Laboratorio Centro Qualità Carta
Il laboratorio Centro Qualità Carta (CQC,
www.cqc.it), che da anni opera a servizio del
Distretto Cartario lucchese, è riconosciuto su
tutto il territorio nazionale come punto di riferimento per il settore. Infatti si rileva che, oltre
alla richiesta di servizi di prove e test che Lucense eroga attraverso il proprio laboratorio,
sta aumentando la richiesta di consulenze sia
su temi specifici inerenti lo studio e l’ottimizzazione degli imballaggi e dei prodotti a base
cellulosica sia per progetti di innovazione di
prodotto e di processo. In questo contesto,
il laboratorio CQC opera fornendo servizi ad
aziende dislocate su tutto il territorio nazionale
ed è stato scelto da alcune multinazionali
come partner tecnico-scientifico per lo svolgimento di prove e test di valutazione e vali-
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INNOVAZIONE NEL SETTORE CARTARIO
CON INNOPAPER
I numeri del
distretto cartario
dazione delle prestazioni degli imballaggi utilizzati e prodotti.
Metodologie e sistemi ICT
Questo ambito di azione viene condotto seguendo le richieste delle aziende della filiera
relativamente alla risoluzione di specifiche
problematiche tecnico-gestionali (quali ad
esempio quelle relative alla gestione della produzione, della manutenzione, della logistica)
con l’impiego di metodologie e strumenti ICT
appositamente progettati e sviluppati. Oltre
agli incontri tematici dedicati ad approfondire
gli aspetti di maggior interesse per l’avvio e lo
sviluppo di azioni di innovazione, Lucense ha
anche condotto un’azione di «benchmarking
dei processi aziendali», finalizzata alla realizzazione di uno strumento software, fruibile
online, per individuare le necessità di miglioramento e di innovazione delle imprese della
filiera cartaria e per fornire le informazioni utili
a supportare i processi di collaborazione e di
sviluppo delle imprese stesse. Lucense infine, oltre allo sviluppo di sistemi informatici e
telematici avanzati, è attiva da tempo per promuovere, in collaborazione con gli stakeholders coinvolti (Provincia di Lucca, Comune di
Lucca, Confindustria Lucca, Telecom Italia) gli
investimenti infrastrutturali finalizzati all’attivazione della connettività a banda larga per le
aziende della filiera cartaria e alle soluzioni ICT
innovative da fornire anche alle imprese incubate nel Polo Tecnologico Lucchese.
Usi innovativi del cartone
Lucense promuove inoltre la progettazione e
lo sviluppo di usi innovativi dei materiali a base
cellulosica. La valorizzazione del cartone attraverso il suo utilizzo per la produzione di elementi e complementi di arredo, dopo la
positiva esperienza del progetto Città Sottili,
si è poi concretizzata nella nascita della SpinOff denominata 55100 srl (www.55100.it).
L’azienda progetta e realizza allestimenti e arredi in cartone e altri materiali innovativi ed
ecosostenibili, rivolgendosi a un mercato che
richiede sempre più personalizzazione.
55100 agisce come una ‘sartoria del car-
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tone’, grazie alla quale realizza progetti unici
e su misura avvalendosi di una qualificata rete
di artigiani e fornitori, piccole e grandi aziende
della filiera cartaria. Tra le realizzazioni toscane, si ricordano gli allestimenti di un negozio fiorentino, del Centro Visite del Parco
turistico e naturalistico del lago di Sibolla,
l’area reception dell’evento It’s Tissue, alcuni
ambienti della Fondazione Spazio Reale di
Campi Bisenzio (Firenze); altre installazioni
sono relative ad alcuni ambienti della DTM Technologies (una Spin-Off di Ferrari SpA), alcuni ambienti della Di Gennaro SpA (azienda
leader nel riciclaggio di plastica, carta e legno)
e gli allestimenti realizzati, per conto di Regione Umbria, al Vinitaly di Verona ed al Caos
Museum di Terni.
Via della Carta in Toscana
InnoPaper ha inoltre supportato la valorizzazione della tradizione locale di produzione
della carta, costruendo un’offerta turistica in
un’area poco sviluppata, con l’obiettivo di rafforzare l’identità e il prestigio delle imprese del
Distretto Cartario. «La Via della Carta in Toscana» è un progetto di sistema interprovinciale di offerta culturale, incentrato sul tema
della tradizione industriale cartaria, promosso
e sostenuto proprio dal Distretto Cartario di
Capannori, che ha confermato in questo la
volontà di valorizzare le proprie radici culturali.
La Via della Carta in Toscana è un’iniziativa
culturale, mirata a diffondere la conoscenza
della centenaria tradizione cartaria locale e a
creare un percorso turistico-culturale ad essa
collegata. Il valore del progetto è stato riconosciuto anche dalla Regione Toscana, che
lo ha inserito all’interno del nuovo piano della
cultura, nell’ambito di interesse regionale denominato «La Svizzera Pesciatina e l’Industria
Cartaria».
L’industria cartaria rappresenta uno dei
settori economici più importanti della Toscana. All’interno della regione si trova infatti
il Distretto Cartario lucchese, il più grande
distretto cartario d’Europa.
Il Distretto comprende un’area di 12 Comuni
(Capannori, Porcari, Altopascio, Pescia, Villa
Basilica, Borgo a Mozzano, Fabbriche di Vallico, Gallicano, Castelnuovo Garfagnana,
Barga, Coreglia Antelminelli, Bagni di Lucca),
distribuiti fra le province di Lucca e Pistoia,
per un’estensione di circa 750 kmq ed una
popolazione di circa 121mila individui.
Il settore cartario e cartotecnico è quantificabile, secondo i dati forniti da Confindustria
Lucca e riferiti al solo territorio del Distretto
Cartario, in 120 impianti produttivi, con oltre
6.200 dipendenti, pari al 23% degli addetti
totali dell’industria, un fatturato di circa 3 miliardi e 850 milioni di euro, pari a circa il 40%
dell’industria provinciale, e un indotto economico che si estende a diversi settori.
In termini di materie prime, le aziende del distretto acquistano oltre un milione di tonnellate di fibra vergine e circa un milione e
200mila tonnellate di carta da macero.
Le principali specializzazioni produttive sono
rappresentate da:
• carta tissue in bobine, con una produzione distrettuale di oltre un milione di tonnellate annue, pari a circa il 75% della
produzione nazionale, che viene trasformata in carta igienica, rotoli asciugatutto,
fazzoletti, tovaglioli;
• carta per ondulatori, con una produzione
di circa un milione di tonnellate annue, pari
al 40% della produzione nazionale, cartone ondulato in fogli e scatole.
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Il passo di Gentucca
Ma come fa chi guarda e poi s’apprezza
più d’un che d’altro, fei a quel da Lucca,
che più parea di me aver contezza.
El mormorava; e non so che «Gentucca»
sentiv’io là, ov’el sentia la piaga
de la giustizia che sì li pilucca.
«O anima», diss’io, «che par sì vaga
di parlar meco, fa sì ch’io t’intenda,
e te e me col tuo parlare appaga».
«Femmina è nata, e non porta ancor benda»,
cominciò el, «che ti farà piacere
la mia città, come ch’om la riprenda».
(Dante, Commedia, Purgatorio, XXIV, vv. 34 ss.)
Nella primavera del 2013, durante le ultime fasi del restauro del
Complesso conventuale di San Francesco, nei locali del San Franceschetto, un’iscrizione sepolcrale dedicata a un cavaliere della
famiglia Morla attira l’attenzione degli archeologi impegnati nel cantiere.
L’iscrizione («Hoc est sepulcxrum domine Vanne uxoris quandam
domini Ceci Morle militis et domini Sigxerii Morle militis eius filii et
Octoboni Morle item eius filii et domine Mantuccie uxoris et descendentium ex eis An. D. 1348») segnalava la presenza della tomba fatta
costruire da donna Vanna, moglie del cavaliere Cecio Morla, per sé,
per i figli Sigherio e Ottobono, donna Mantuccia e i loro discendenti.
Di per sé l’iscrizione sarebbe potuta rimanere una tra le tante ritrovate
nel corso dei lavori se non fosse stato per una reminiscenza dantesca
che ha portato a ripensare all’intrigante e misteriosa figura di Gentucca,
la gentildonna a cui nella Commedia Bonagiunta Orbicciani affida
profeticamente il compito di «far piacere Lucca» al Poeta costretto all’esilio. Appartenente alla consorteria dei Morla, Gentucca sposò
infatti uno dei figli di Lazzaro Fondora, ricco uomo di affari lucchese a
cui si deve la costruzione della chiesa di San Franceschetto (1309),
edificio che porterà il complesso conventuale ad assumere la forma
architettonica che ancora oggi conserva.
Per Gentucca, vissuta nei primi decenni del Trecento, San Francesco
fu molto probabilmente luogo di preghiera ed è credibile l’ipotesi che
sia stata sepolta qui insieme ai discendenti di Lazzaro Fondora. I
muri, le schegge delle lavorazioni in pietra, i resti di maiolica e i segni
del cantiere originario del complesso conventuale, come altri reperti
venuti alla luce durante i lavori di recupero funzionale del San
Francesco, ci raccontano quindi anche un po’ della sua quotidianità.
Studi, ricerche e ipotesi che si ritrovano nel libro, edito dalla PubliEd,
Il passo di Gentucca. Il San Francesco di Lucca nel Medioevo: un itinerario archeologico curato da Giulio Ciampoltrini e Consuelo Spataro,
con contributi di Alessandro Giannoni e di Andrea Saccocci. È
proprio seguendo il «passo di Gentucca» attraverso la città, che
questo volume intende accompagnare il lettore in un interessante itinerario archeologico, alla scoperta di sempre nuovi dettagli sulla
storia di Lucca. Un percorso che, grazie all’interesse della Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca, partendo dalla ricostruzione della
‘storia archeologica’ del San Francesco (il cantiere iniziale, la costruzione
della Cappella Guinigi, lo sviluppo dei chiostri, la costruzione dell’oratorio
di San Franceschetto) inevitabilmente si allarga all’intera zona
circostante, svelandone interessanti dettagli relativi ad un arco
temporale che va dal completamento della cerchia muraria romana
(1220) alla costruzione delle ‘mura dei Borghi’ (1370).
Il passo di Gentucca. Il San Francesco di Lucca nel Medioevo, a
cura di Giulio Ciampoltrini e Consuelo Spataro, PubliEd Editore in
Lucca, 2014
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Le Croniche di Giovanni Sercambi
in lingua corrente
Le Croniche di Giovanni Sercambi rappresentano una preziosissima
testimonianza di storia lucchese e italiana e contengono il racconto di
«alquante delle molte cose che son seguite in Lucca e in altri paesi»
tra il 1164 e il 1423. Cuore della ricerca del Sercambi è il mito della
Libertà cittadina, raccontato e ricostruito attraverso fatti, persone e situazioni recuperati da fonti antecedenti la sua nascita o direttamente
dalla sua esperienza di intellettuale e di uomo politico. Dichiarazioni di
guerra e trattati di pace, battaglie, conquiste e sconfitte, carestie e
pestilenze, miracoli e apparizioni, il tutto contenuto in due codici originali, molto probabilmente scritti dalla stesso Sercambi, oggi conservati
nell’Archivio di Stato di Lucca.
Il volume curato da Giorgio Tori ed edito nei mesi scorsi dall’Accademia
Lucchese di Lettere Scienze ed Arti per i tipi di Maria Pacini Fazzi
editore, raccoglie le notizie ‘illustrate’ del primo codice che giunge
fino all’anno 1400 e fu suddiviso dal suo autore in tre parti. La prima
va dal 1164 al 1313 e tratta «del tempo che Luccha era in sua
libertà, vivendo a parte guelfa, fino a tanto che fu riducta a parte
ghibellina, et che perdeo sua libertà»; la seconda va dal sacco di
Lucca perpetrato dai pisani di Uguccione della Faggiuola (14 giugno
del 1314) fino al recupero della libertà, iniziato nel 1368. La terza, va
dalla libertà recuperata fino all’avvento della signoria di Paolo Guinigi
(1400). Sercambi, in origine, intendeva scrivere solo fino a quella
data, poi il susseguirsi degli avvenimenti lo convinse a proseguire nel
suo lavoro e quindi ad iniziare un secondo codice che però rimase
incompleto, a causa della sua morte, avvenuta nel 1423.
Finalmente, grazie a questa nuova edizione, questa pietra miliare
della storiografia lucchese che copre 250 anni di storia può essere
letta e consultata in italiano corrente, superando le difficoltà legate
alla lingua del Trecento.
Fino ad oggi l’unica edizione completa delle Croniche era quella di
Salvatore Bongi del 1892 contenente la trascrizione del testo, l’apparato
di note e le illustrazioni graficizzate in bianco e nero; mentre tutte le illustrazioni del primo codice, corredate solamente dalle didascalie
furono edite nel 1978 anche in questo caso a cura dell’Accademia
Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti. A rendere ancora più preziosa e
completa l’opera di Tori è la possibilità di avere nello stesso volume il
testo integrale e tutte le illustrazioni originali. Un apparato iconografico
che rende il manoscritto uno dei più singolari ed esclusivi del XIV
secolo a livello europeo. Si tratta di 600 immagini che riproducono
parte del testo e che per la loro freschezza fanno del codice, in un
certo senso, il primo racconto ‘a fumetti’ della storia.
Le Croniche di Giovanni Sercambi, dal volgare all’italiano a cura di
Giorgio Tori, Maria Pacini Fazzi Editore, 2015
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Nel segno di Boccherini: un nuovo cd
dedicato alla grande musica lucchese
Lucca e la grande tradizione musicale della città salgono di nuovo
alla ribalta nazionale grazie a un cd dedicato alla musica di Luigi Boccherini, eseguita da Simone Soldati (pianoforte) e Alberto Bologni
(violino). L’iniziativa editoriale è di «Amadeus», il più diffuso mensile
italiano di musica che, nel numero di agosto, ha presentato la registrazione di quattro delle sei Sonate op. V che contribuirono all’affermazione internazionale del compositore lucchese, imponendolo innanzitutto all’attenzione del pubblico parigino.
Il cd, realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca, ha visto la luce grazie alla collaborazione tra due interpreti
d’eccezione del panorama italiano, il pianista lucchese Simone Soldati
e il virtuoso del violino Alberto Bologni, anche lui toscano, e il Centro
studi «Luigi Boccherini», che ha fornito i testi di accompagnamento e
ha offerto la propria consulenza musicologica in fase di realizzazione.
Nel disco, il rigore della prassi esecutiva si fonde magistralmente con
l’uso degli strumenti moderni e con la fantasia interpretativa dei
musicisti dando vita a un’incisione assolutamente originale nel
panorama delle esecuzioni di musica strumentale del Settecento.
Boccherini, che trascorse molta parte della sua esistenza in Spagna e
oggi riposa a Lucca, nella chiesa di San Francesco, viaggiò moltissimo
in Italia e in Europa. È durante il suo breve soggiorno a Parigi che
nascono le Sei Sonate di cembalo e violino obbligato (Venier, 1769),
quattro delle quali vengono riproposte nel cd da Bologni e Soldati.
Si tratta di componimenti in cui, a differenza della sonata barocca per
violino e basso continuo e della sonata beethoveniana, non è l’arte
violinistica a trionfare ma è la tastiera a rappresentare il fulcro della
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composizione. Al violino obbligato, infatti, spetta il compito – tutt’altro
che secondario – di apportare varietà timbrica e di arricchire l’‘ordito’
della scrittura strumentale, contribuendo a renderla brillante e
immediata. La sonata con tastiera e accompagnamento del violino
era un genere molto in voga nella Parigi di quegli anni e Boccherini
affida a queste sue pagine la ricerca di affermazione sulla scena internazionale.
A Simone Soldati e Alberto Bologni, entrambi docenti dell’Istituto Superiore di Studi Musicali «Luigi Boccherini» di Lucca, si deve il merito
di aver riportato queste sonate in repertorio, basandosi su una
versione per violino e fortepiano approntata dallo stesso Boccherini.
Nell’attività di Simone Soldati la musica d’insieme ha sempre ricoperto
un ruolo centrale. Presente in prestigiose stagioni concertistiche in
Italia e all’estero, ha al suo attivo numerose collaborazioni con
musicisti, attori e esponenti del mondo della cultura. Convinto
sostenitore del valore della divulgazione musicale, è impegnato come
direttore artistico dell’Associazione Musicale Lucchese, ha fatto parte
del centro Tempo Reale di Firenze ed è attivo in Donatori di Musica.
Alberto Bologni vanta una carriera concertistica intensa e multiforme
che lo ha visto esibirsi nelle principali sale da concerto e nei teatri in
Italia, Europa, Usa e America del Sud come solista insieme a importanti
orchestre e in formazioni da camera, dal duo al quintetto. È stato per
dieci anni primo violino solista della Camerata Musicale Città di Prato.
Bologni suona un violino Santo Serafino datato Venezia 1734.
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Periodico della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
Autorizzazione del Tribunale in corso
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2015
da Tipografia Tommasi
Referenze fotografiche:
Archivio fotografico Fondazione Cassa di Risparmio di
Lucca; Archivio Fotografico Lucchese Arnaldo Fazzi,
Comune di Lucca; Database Viticolo Italiano; Fondazione Centro Matteucci per l’arte moderna, Viareggio;
Fondazione Ragghianti, Lucca; Gabinetto Fotografico
Soprintendenza Lucca; GAMC, Viareggio; Imt - Alti
Studi Lucca; Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca; Publied
Editore in Lucca; Ufficio stampa co-housing Del Moro;
Ufficio stampa La Versiliana; Ufficio stampa Lucca Classica Music Festival; Ufficio stampa Teatro del Giglio,
Lucca; Ufficio stampa Toscana ’900Archivio fotografico
Fondazione CRL, Archivio fotografico Fondazione Ragghianti, Archivio fotografico PubliEd, Gilberto Bedini,
Franco Bellato, Mark Berry, Carlo Cantini, Luigi Cosentini, Fondazione Palazzo Boccella, Foto Alcide, Gabinetto fotografico della Soprintendenza BAPSAE di Lucca
e Massa Carrara, Lucio Ghilardi, Iacopo Giannini, Iacopo
Lazzareschi Cervelli, David Linch - Item Editions, Luca
Lupi, Alessandro Petrini, Giovan Battista Romboni
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piega costola
RIVISTA DELLA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA
CONGRESSO ACRI – FESTIVAL LUCCA CLASSICA – EVENTI – CULTURA – SOCIALE – POLI DI INNOVAZIONE
piega costola
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