Programma - Società del Quartetto di Milano

STAGIONE 2007-2008
DELIRI
E ARMONIE
Settimane
Martedì
26 febbraio 2008
ore 20.30
Sala Verdi
del Conservatorio
Janine Jansen violino
Maxim Rysanov viola
Torleif Thedéen violoncello
14
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Alberto Conti
Marco Janni
Paolo Arcà
Con il patrocinio
e il sostegno di
Con il contributo di
Con il patrocinio
e il contributo di
Con il contributo di
Sponsor istituzionali
Sponsor “Settimane Bach”
Con la partecipazione di
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione
e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che
l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo
eccezioni consentite dagli artisti.
Janine Jansen violino
Maxim Rysanov viola
Torleif Thedéen violoncello
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
15 Invenzioni a due voci BWV 772 – 786
Alfred Schnittke
(Engels, Urss 1934 – Amburgo 1998)
“String Trio” per violino, viola e violoncello
Intervallo
Johann Sebastian Bach
Partita n. 2 in re minore per violino solo BWV 1004
Sinfonie a tre voci BWV 787 – 801
Le Settimane Bach sono sostenute dal Comune di Milano
Johann Sebastian Bach
15 Invenzioni a due voci BWV 772 – 786
15 Sinfonie a tre voci BWV 787 – 801
Partita n. 2 in re minore per violino solo BWV 1004
Allemande - Courante - Sarabande - Gigue - Chaconne
L’arte della trascrizione risale agli inizi stessi della notazione musicale, anzi ne
costituisce per così dire il naturale complemento. L’idea che un segno grafico
esprimesse un concetto valido nel tempo, oltrepassando la dimensione fisica
immediata del suo manifestarsi come fenomeno percepito dall’orecchio, svincolava per sempre la nota dal mezzo tramite il quale essa esisteva. Questa rivoluzione d’immensa portata, che ha dato origine al linguaggio musicale della nostra
civiltà, era avvenuta dapprima nell’ambito della voce umana, per propagarsi in
seguito al regno della musica strumentale, man mano che quest’ultima andava
acquistando un’espressione autonoma sempre più vigorosa. Il carattere platonico del concetto di notazione poneva dunque nella sfera ideale il valore autentico
dell’opera musicale, che proprio per il suo essere scritta e non improvvisata di
volta in volta diventava degna di assurgere al rango di pensiero. La prima e più
radicale conseguenza di questa visione consisteva nella possibilità di replicare
all’infinito un testo, in grado di mantenere la propria identità anche nel corso del
tempo, nonostante che fosse eseguito in luoghi diversi, da interpreti diversi e in
circostanze diverse. La paternità dell’autore rimaneva indiscutibile e certa, benché la sua presenza fisica non fosse più un requisito indispensabile alla riproduzione materiale del testo. Naturalmente nella concreta realtà storica il processo
abbozzato in questa sintesi si è svolto in maniera molto più complessa e controversa, ma in sostanza la direzione di fondo di questa lenta formazione di una
scrittura musicale, durata vari secoli, non è mai cambiata. All’interno di questo
processo, dunque, la pratica della trascrizione costituisce un fenomeno particolarmente significativo. Grazie allo sviluppo tecnico della costruzione di strumenti e all’introduzione della stampa musicale, divenuta nel corso del XVIII secolo
un autentico fenomeno industriale, i musicisti dell’epoca di Bach ebbero a disposizione un patrimonio di opere di gran lunga maggiore di quanto non fosse mai
accaduto prima. La trascrizione finiva dunque per svolgere compiti di varia
natura, risolvendo in parte la contraddizione che pure rimaneva aperta tra la
concezione dominante della musica come arte speculativa e la sua insopprimibi-
le natura fisica, in quanto fenomeno sonoro sottoposto alle leggi dell’acustica e
promosso dalla concreta organizzazione sociale di artigiani, liutai, musici e copisti
necessari alla sua impresa. Bach, come del resto la maggior parte dei grandi
musicisti della storia, da Josquin des Prez a Luciano Berio, amava trascrivere sia
musiche proprie, sia di altri autori. Anche l’abitudine di copiare semplicemente,
tali e quali, le partiture dei maestri costituiva un tempo, nemmeno troppo lontano, un esercizio utilissimo e raccomandato a ogni aspirante compositore, per
apprendere nel lento processo di riscrivere nota per nota un lavoro d’orchestra
l’esatta distribuzione delle voci e la maniera più appropriata di strumentare.
Trascrivere dunque rappresenta una maniera molto personale di stabilire un
dialogo con il pensiero musicale di un autore, seguendo i percorsi del suo ragionamento e coltivando il gusto di studiare la maniera particolare con la quale ciascun musicista forma il suo concetto di suono. Non desta dunque sorpresa che
una giovane violinista come Janine Jansen, nel momento migliore del suo slancio strumentale, si presenti al pubblico con un concerto imperniato su una serie
di trascrizioni da Bach. Ha scelto questa strada con l’intenzione di condurre un
dialogo tra un paio d’opere per così dire originali, una dello stesso Bach e l’altra
di Alfred Schnittke, con la dimensione contrappuntistica del linguaggio di Bach,
incarnata nella maniera più limpida e inventiva dai lavori presentati in questa
particolare versione per archi. Le Invenzioni e le Sinfonie formavano in origine un ciclo di brevi pezzi per strumenti a tastiera, scritti allo scopo di fornire agli
allievi delle musiche adatte a sviluppare gradualmente la padronanza del linguaggio contrappuntistico e il gusto per la varietà di carattere dell’espressione.
Il lavoro comprende una serie di quindici musiche a due voci, chiamata inventio, e una di altre quindici a tre, con il titolo di sinfonia. Le due serie sono organizzate dal punto di vista tonale in maniera identica, salendo per gradi congiunti nel modo maggiore e in quello minore. Non c’è dubbio dunque che Bach abbia
concepito le due parti all’interno di una cornice comune. La conferma indiretta
consiste nell’autografo in bella copia del 1723, dove sul frontespizio dei due fascicoli l’autore esplica il contenuto: “nel quale agli amatori degli strumenti a tastiera, e specialmente a quelli zelanti, viene mostrato in maniera chiara non solo
come s’impara a suonare pulito a due voci, ma anche, dopo ulteriori progressi, a
far fronte in maniera soddisfacente e corretta a tre parti obbligate; allo stesso
tempo non solo a saper fare delle buone invenzioni, ma a sviluppare le stesse in
maniera soddisfacente, e soprattutto a raggiungere una maniera di suonare cantabile, il tutto mentre si acquista un forte gusto per il comporre”.
La pubblicazione a stampa delle Invenzioni e Sinfonie avvenne solo nel 1801,
ma la cospicua quantità di copie manoscritte della seconda metà del Settecento
dimostra che questi testi erano largamente usati nella didattica dell’epoca e che
questo aspetto della musica di Bach rimase ancora vivo dopo la sua scomparsa,
benché la sua produzione maggiore fosse ormai del tutto passata di moda.
Il termine usato da Bach, Inventio, appartiene al vocabolario della retorica, largamente diffusa negli studi tedeschi del XVIII secolo. In particolare, si riferisce
al De Inventione di Cicerone, che distingueva le cinque fasi dell’orazione (inventio, dispositio, elocutio, memoria e pronuntiatio). Nel contesto di questi veri e
propri studi in forma musicale, la inventio corrisponde al concetto più moderno
di tema. Lo scopo didattico di Bach consisteva nell’insegnare che un’idea risulta buona in base alla maniera in cui viene sviluppata, non solo seguendo le regole della composizione, ma anche rispettando la giusta espressione del suo carattere. Il progresso nell’abilità tecnica non doveva mai essere disgiunto dalla formazione del gusto, elemento essenziale per conferire alla forma musicale il
pieno significato del suo progetto. L’approccio graduale indicato da Bach nell’avvertimento ricordato sopra intendeva guidare lo sviluppo armonico di entrambe
le dimensioni nel giovane allievo, secondo una tradizione di musica didattica che
risaliva ai tempi di Lutero. Georg Rhau, antico predecessore di Bach nel ruolo
di Thomaskantor, dichiarava nella prefazione della sua maggiore opera polifonica, Vesperarum precum officia (1540), il suo desiderio “di assistere gli scolari
fornendo loro il mezzo per lodare Dio e imparare le verità delle Sacre Scritture,
e tramite il quale possano anche amare e studiare l’onorata disciplina della
musica”.
L’approccio della Jansen e dei suoi colleghi a queste musiche non corrisponde in
senso stretto a una trascrizione, se non per aver impiegato in qualche punto un
arrangiamento fatto nella prima metà dell’Ottocento da Ferdinand David, il
grande violinista amico di Mendelssohn. I musicisti leggono infatti la propria
parte così com’è, direttamente dal manoscritto. Le voci corrispondono al registro di ciascuno strumento, tranne appunto alcune trasposizioni d’ottava tecnicamente necessarie. Si tratta dunque di una trascrizione circoscritta alla dimensione fisica del timbro e del colore del suono. In sostanza, però, il passaggio dalla
tastiera agli strumenti a corda accentua un aspetto sottolineato da Bach nella sua
visione di questi studi, ovvero la capacità di “suonare in maniera cantabile”. Nel
contesto del primo Settecento, la musica acquista un carattere cantabile quando
ciascuna voce raggiunge la piena indipendenza dalle altre e la sua corretta
espressione. Le Invenzioni e le Sinfonie, malgrado l’indiscutibile origine didattica per la tastiera, sono il frutto di una mente musicale così ricca di forza espressiva, da tollerare e quasi incoraggiare ogni genere di trasposizione, specie se consente, come in questo caso, di apprezzare meglio l’esatto valore della scrittura.
Diverso è il caso della Partita in re minore per violino solo, sebbene anch’essa
abbia subito numerose trascrizioni per altri strumenti. La Partita nasce all’in-
terno di un ciclo di lavori concepiti per un grande virtuoso, racchiudendo forse
il culmine dell’idea barocca di somma abilità tecnica congiunta al massimo grado
d’espressione, la celebre Ciaccona. Dal punto di vista meramente storico, infatti, la Partita fu scritta forse per il Konzertmeister della cappella musicale di
Köthen, Joseph Spiess, nel 1720, ma in senso più generale ambiva a raggiungere una sintesi pressoché impossibile tra il linguaggio polifonico della grande tradizione contrappuntistica tedesca e il carattere espressivo della nuova musica
degli affetti, secondo lo stile francese e italiano largamente diffuso nel XVIII
secolo. Il violino dovrebbe trasformarsi di volta in volta in un grande attore tragico e in un possente coro drammatico, all’interno di forme strumentali ereditate dall’antica tradizione della Suite. L’ardire di una tale concezione e l’incredibile flessibilità richiesta allo strumento destano sempre stupore in chi ascolta e il
desiderio di misurare se stesso in chi suona, senza mai esaurire le meraviglie
nascoste nel testo. Ogni epoca, a partire dal secondo Ottocento, quando il grande violinista Joseph Joachim riportò in vita questi capolavori, ha trovato nelle
Sonate e Partite uno specchio nel quale riflettere i problemi musicali del proprio
tempo. Oggi, per esempio, un musicista che decida di affrontare la Partita in re
minore, e soprattutto la Chaconne, difficilmente potrebbe prescindere dal
nuovo approccio tecnico e stilistico apportato dagli studi filologici e dalla prassi
esecutiva barocca. La Jansen, benché cresciuta in una famiglia di musicisti coinvolti in questo movimento di recupero del repertorio antico (il padre clavicembalista e uno zio cantante di musica barocca), si pone in maniera diversa.
«Conoscere l’autentico stile di suonare naturalmente condiziona l’approccio a
questa musica – sostiene la violinista – ma in fin dei conti ritengo che ciascuno
debba seguire i propri sentimenti e il proprio istinto musicale. Per me è la
maniera di respirare con la musica e di articolare il fraseggio che definisce la
personalità artistica. La musica barocca tende un po’ a richiuderti, se non si fa
attenzione».
Alfred Schnittke
“String Trio” per violino, viola e violoncello
Moderato
Adagio
Per completare un programma imperniato sulla musica di Bach, i musicisti
hanno scelto di rivolgersi a un lavoro di Alfred Schnittke, compositore russo ed
esponente di spicco di quel composito gruppo di tendenze eterogenee emerse
negli anni Ottanta e riunite sotto l’etichetta abbastanza generica di “post-
moderno”. Con questo termine la critica tentava d’individuare un filo rosso tra
musicisti delle più disparate provenienze, ma accomunati dall’esigenza di recuperare un rapporto con la storia, nettamente reciso nei decenni precedenti dall’ala più radicale della nuova musica. Ciascuno di questi nuovi autori interpretava naturalmente in maniera del tutto personale la necessità di tornare a esprimere nuove dimensioni spirituali con il linguaggio tradizionale, anche per le
diversissime storie personali che ciascuno di loro aveva alle spalle. Schnittke era
cresciuto in una famiglia ebrea d’origine tedesca, trasferitasi in Unione sovietica nel 1926. Grazie alla professione del padre, Schnittke aveva avuto la possibilità da giovane di recarsi per qualche anno a Vienna e in generale di conoscere
un po’ meglio la situazione musicale internazionale rispetto ai suoi compagni di
studi. Malgrado l’aiuto e la stima di personalità autorevolissime come Dmitrij
Šostakovič, Schnittke rimase tuttavia confinato ai margini della scena musicale
russa, sbarcando il lunario soprattutto come autore di musiche per il cinema. La
sua maniera beffarda di sottrarsi alla ritualità ideologica del regime sovietico e
anche il mai sopito antisemitismo serpeggiante in tutti gli strati della società
russa contribuirono a tenere Schnittke in una condizione di sostanziale isolamento, dalla quale riuscì a sottrarsi principalmente grazie all’aiuto di musicisti
come Gidon Kremer, che si prodigò moltissimo per far conoscere la sua musica
a livello internazionale. Il Trio per archi risale appunto alla metà degli anni
Ottanta, nella fase forse più favorevole alla sua musica. Schnittke scrisse il lavoro su commissione dell’Alban Berg Stiftung di Vienna, per celebrare il centenario della nascita dell’autore. Il Trio è composto da due movimenti lenti,
“Moderato” e “Adagio”, strettamente connessi l’uno all’altro tramite riferimenti tematici e uniti da molteplici caratteristiche di scrittura. Per festeggiare un
compleanno, Schnittke aveva scelto di sicuro una maniera piuttosto insolita,
scrivendo una musica calata in un clima livido e animata da uno spirito grottesco, a tratti quasi allucinato. L’autore mostra nel Trio il lato più tragico della sua
musica, rinunciando anche a quel travestimento ironico spesso usato come paravento, per mascherare il terribile pessimismo della sua visione della vita. Ma il
senso del suo intervento appare giustificato dal legame di Berg con il mondo
espressivo di Mahler, che figura senza dubbio tra le fonti del suo stile, sebbene
in una dimensione resa ormai del tutto problematica e quasi disseccata dalla
distanza storica. In ogni caso Schnittke mostra anche in questo lavoro cupo e in
sostanza disperato la grande forza espressiva della sua musica, che ha saputo
scuotere la scena musicale un po’ impigrita e confusa dello scorcio conclusivo del
secolo scorso, generando un salutare scandalo e una maggiore attenzione alle
molteplici possibilità dei linguaggi musicali.
Oreste Bossini
JANINE JANSEN violino
La violinista olandese Janine Jansen ha studiato con Coosje Wijzenbeek,
Philipp Hirshhorn al Conservatorio di Utrecht e si è diplomata con Boris Belkin.
Nel settembre 2003 ha ricevuto il Premio del Ministero per la Cultura, il più
importante riconoscimento olandese.
Nel 1997 ha debuttato al Concertgebouw di Amsterdam, nel novembre 2002 con la
Philharmonia Orchestra e Vladimir Ashkenazy. Da allora si è esibita con le più
importanti orchestre del mondo (Gewandhausorchester di Lipsia, Radio
Symphonie Orchester Berlin, Orchestre National de France, Orchestre de la
Suisse Romande, Mozarteum di Salisburgo, Kirov Orchestra, Israel
Philharmonic, NHK Symphony Orchestra di Tokyo, Academy of St. Martin-inthe-Fields) con direttori quali Frans Brüggen, Neeme Järvi, Riccardo Chailly,
Valery Gergiev, Sakari Oramo, Mikhail Pletnev e Leonard Slatkin.
Nel 2003 ha debuttato ai BBC Proms per la serie “BBC New Generation Artist”,
nel 2005 ha inaugurato i BBC Proms con il Concerto di Mendelssohn diretta da
Roger Norrington.
Appassionata camerista, ha fondato l’International Chamber Music Festival di
Utrecht e, dal 1998, fa parte di Spectrum Concerts Berlin, una serie di concerti alla
Philharmonie di Berlino.
Nella stagione 2005/2006 ha debuttato negli Stati Uniti dove si è esibita con le maggiori orchestre sinfoniche ed è stata in tournée con la Orpheus Chamber Orchestra.
Ha al suo attivo numerose registrazioni (Edison Classic Public Award nel 2004
e 2005). Recente è la registrazione dei Concerti di Mendelssohn e Bruch con
Riccardo Chailly e la Gewandhausorchester di Lipsia.
Suona il violino di Antonio Stradivari “Barrere” (1727) affidatole dalla Elise
Mathilde Foundation tramite la Stradivari Society of Chicago.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
MAXIM RYSANOV viola
Originario dell’Ucraina, Maxim Rysanov ha iniziato gli studi alla Scuola
Centrale di Mosca. Vive a Londra dove ha studiato alla Guildhall School of
Music and Drama. Premiato in concorsi internazionali tra i quali la Lionel
Tertis International Viola Competition e il Concorso di Ginevra, dal 2007 fa
parte del “BBC New Generation Artist Scheme”.
Come solista e in formazioni cameristiche è ospite di festival e istituzioni musicali in tutto il mondo (Royal Albert Hall, Wigmore Hall, Bridgewater Hall e St.
John’s Smith Square). Dedica parte della sua attività alla musica contemporanea; ha eseguito in prima mondiale il Duo Concertante per viola e violoncello di
Artyom Vassiliev allo Spitalfields Festival. Nella stagione scorsa ha debuttato in
Giappone e Cina con Julian Rachlin e Mischa Maisky in un arrangiamento per
trio delle Variazioni Goldberg di Bach e ha eseguito al Festival di Pechino la
Sinfonia Concertante di Mozart, ripresa con Janine Jansen, la European Union
Youth Orchestra e Vladimir Ashkenazy a Londra. Tra gli impegni recenti il
debutto in Germania nel Concerto di Bartók, le Variazioni Goldberg di Bach per
trio nei maggiori centri musicali europei (South Bank Centre a Londra, National
Concert Hall a Dublino, Philharmonie a Berlino, Konzerthaus a Vienna) e un
concerto da solista al Mostly Mozart Festival alla Barbican Hall a Londra.
Da qualche anno si dedica inoltre alla direzione d’orchetra. Il suo debutto discografico in duo con Evelyn Chang ha meritato una nomination per il premio
Editor’s Choice della rivista Gramophone.
Suona una viola di Giuseppe Gaudagnini del 1780 della Elise Mathilde Foundation.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
TORLEIF THEDÉEN violoncello
Il violoncellista svedese Torleif Thedéen si è imposto all’attenzione internazionale per aver vinto nel 1985 tre tra i più importanti concorsi per violoncello del
mondo: “The Hammer-Rostropovich Prize” a Los Angeles, “Pablo Casals
Competition” a Budapest e il premio dell’“European Broadcasting Union's
International Tribune” per giovani interpreti a Bratislava. Da allora suona
regolarmente non solo con le maggiori orchestre svedesi, ma anche con orchestre
quali BBC Philharmonic Orchestra, City of Birmingham Symphony Orchestra,
Konzerthausorchester Berlin, Orchestra Filarmonica di Mosca, Orchestra
Filarmonica Ceca, Rotterdam Philharmonic, Netherlands Philharmonic
Orchestra e Israel Sinfonietta con direttori di primo piano tra i quali Esa-Pekka
Salonen, Paavo Berglund, Neeme Järvi, Franz Welser-Möst e Gennady
Rozhdestvensky. In ambito cameristico è ospite regolare di istituzioni musicali
quali Wigmore Hall a Londra, Carnegie Recital Hall a New York,
Concertgebouw di Amsterdam e Berliner Philharmonie e di festival di primo
piano (Primavera di Praga, Schleswig-Holstein, Bordeaux, Oslo, Bath,
Stavanger e Kuhmo).
La sua registrazione del Concerto per violoncello di Šostakovič ha vinto nel 1995
il “Cannes Classical Award”, le Suites per violoncello solo di Bach l’Editor’s
Choice del BBC Music Magazine nel 2001.
Dal 1992 è docente al Conservatorio Reale di Copenhagen e, dal 1996, anche al
Edsberg’s Music Institute di Stoccolma. Nel 2003 ha ricevuto la medaglia svedese “Litteris et Artibus”.
Suona un violoncello costruito da David Tecclar nel 1711.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Prossimi concerti:
Martedì 4 marzo 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Andrea Lucchesini pianoforte
Mario Brunello violoncello
Marco Rizzi violino
Jörg Widmann clarinetto
Alessio Allegrini corno
Alcuni tra i nomi di spicco della nuova generazione di solisti italiani incontrano il
clarinettista tedesco Jörg Widmann, ormai perfettamente affermato anche come
compositore, per dar vita a un omaggio alla musica da camera di Brahms. Due
lavori splendidi, benché appartenenti a epoche diverse, come il Trio con corno
op. 40 e il Trio con clarinetto op. 114 dialogano con la musica del nostro tempo,
nel Trio espressamente dedicato a Brahms da György Ligeti e in un Notturno
dello stesso Widmann. Il raffinato omaggio scaturisce dalla radice ancora piena
di linfa della musica da camera del grande maestro, senza la quale non sarebbe
neppure nata gran parte della storia musicale del Novecento.
Programma (Discografia minima)
J. Widmann
Nachtstück
J. Brahms
Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte
in la minore op. 114
(Jörg Widmann, Jan Vogler, Ewa Kupiec,
Berlin Classics BER 1749)
G. Ligeti
Trio per corno, violino e pianoforte
“Hommage à Brahms”
J. Brahms
Trio per corno, violino e pianoforte in mi
bemolle maggiore op. 40
(William Purvis, Rolf Schulte, Alan
Feinberg, Daniel Phillips, Richard Goode,
Bridge Records BRI 9012)
martedì 11 marzo 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Quartetto Rosamunde
Haydn, Larcher, Beethoven
Società del Quartetto di Milano
via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it
e-mail: [email protected]
Quartetto per Brera – Primavera 2008
Torna, dopo il successo dello scorso anno, la rassegna Quartetto per Brera,
organizzata dalla Società del Quartetto in collaborazione con la Soprintendenza
per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico della Lombardia
Occidentale: quattro appuntamenti in marzo, il sabato pomeriggio alle 17 nella
Sala VIII della Pinacoteca di Brera, per ammirare i capolavori della pinacoteca milanese e ascoltare un concerto affidato a interpreti italiani.
Si esibiranno il Trio Matisse pianoforte, violino e violoncello (1° marzo), il Trio
Rosso-De Martini-Biraghi flauto, violino e chitarra (8 marzo), Ruggero
Laganà clavicembalo (15 marzo), Fulvio Luciani e Massimiliano Motterle
violino e pianoforte (29 marzo).
Ingresso alla Pinacoteca e al concerto € 5. I primi 20 Soci che acquisteranno il
biglietto avranno un posto riservato nelle prime file. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla segreteria della Società (tel. 02 795.393, [email protected]).
Anche quest’anno la Soprintendenza, in occasione dei concerti, offre quattro
visite guidate a Capolavori scelti della Pinacoteca. Prenotazione obbligatoria (per un massimo di 25 persone) dal lunedì al venerdì precedenti
(tel. 02 72263.204, ore 9.30 - 12.30).