MUSICA A CE ORTE IN COLLEZIONE D agli strume nti music ali di Casa d’ Este alle c olle zioni storic he MUSICA A C E ORTE IN COLLEZIONE D agli strumenti musicali d i C a s a d ’Es t e alle collezioni storiche 2 MUSICA A C E ORTE IN COLLEZIONE D agli strumenti musicali di Casa d’Este alle collezioni storiche Comune di Modena Assessorato allo Sport Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Modena e Reggio Emilia Sedi espositive Palazzo Comunale di Modena Galleria Estense Centro Commerciale La Rotonda Caffè Concerto Piazza Grande 20 giugno - 7 luglio 2002 A cura di Lorenzo Frignani Nunzia Lanzetta Collaborazione all’organizzazione Assessorato allo Sport del Comune di Modena Coordinamento Maria Carafoli Testi Lorenzo Frignani Nunzia Lanzetta Patrizia Radicchi 4 Fotografia e Grafica dell’evento Giorgio Giliberti Enti prestatori Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Modena e Reggio Emilia Biblioteca Estense Universitaria di Modena Lorenzo Frignani e collezionisti privati Crediti fotografici Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Modena e Reggio Emilia Biblioteca Estense Universitaria di Modena Ideazione Laboratorio Didattico presso il Centro Commerciale La Rotonda Nunzia Lanzetta Si ringraziano Accornero Giovanni Balboni dr. Andrea M° Bellei Marcello Caffagni dr.Mirco Caffè Concerto Piazza Grande Calzolari Alessandra Cavicchi dr.Gianni Centro Commerciale La Rotonda Comune di Pieve di Cento Chiarelli Alessandra M° Fanfoni Luca Frignani Eugenio Adalgisa Geremia M° Grondona Stefano Groppetti dr.Roberto Intelisano Giovanni Milano dr Ernesto Parmiggiani Rolando Parmiggiani Marina Piccinini Anna Maria M.se Rangoni Macchiavelli Claudio M° Scrollavezza Renato Trevisani dr. Filippo 5 La musica che ci trasmette tante emozioni e l'arte che la fa vivere diventano protagoniste di questa mostra, Musica nelle mani, che ci fa conoscere gli artefici di un rapporto così speciale: strumenti musicali e liutai che li hanno creati, facendo della liuteria un'arte unica. Per la nostra Amministrazione questo evento è occasione, nell’ambito della tradizionale manifestazione Serate Estensi, di intrecciare ancora una volta un proficuo connubio tra pubblico e privato, strettamente connesso, nello specifico, a due aspetti del collezionismo: quello aristocratico, che ha radici profonde nella storia della città di Modena e dei suoi Duchi, gli Este (rappresentato in questa mostra da un piccolo, prezioso ed eterogeneo nucleo di strumenti musicali che sarà possibile ammirare presso la Galleria Estense di Modena); e il collezionismo storico, praticato dai tanti "amatori" di ieri e di oggi, che, con passione, ricercano strumenti pregiati non solo per la raffinata qualità della tecnica artigianale che li ha realizzati, ma anche per la sublime armonia di suoni che sanno produrre. Una passione spesso nota ed apprezzata solo tra gli specialisti del settore, che con questo evento va oltre gli “addetti ai lavori" presentando nella prestigiosa ambientazione delle sale storiche del Palazzo Comunale quegli strumenti musicali, nucleo di collezioni che hanno radici antiche, specialmente nella nostra regione che per tradizione può vantare un grande patrimonio musicale. 6 Per esplicito intento dei promotori, la chiave di lettura di questo evento è sostanzialmente didattica, consapevoli che i molteplici aspetti del collezionismo musicale e della tipologia degli strumenti non potevano essere racchiusi in proposte troppo specialistiche. Una mostra per tutti, dunque, che riserva una sorpresa nel ridefinire la figura del Duca Francesco II, fino ad oggi avvolta da un alone di opacità, e che alla luce di nuovi documenti si configura come singolare figura di mecenate e raffinato cultore delle arti e della musica. Un ulteriore aspetto di questa esposizione, che va segnalato, è la sua continuazione “oltre la mostra”, dilatandosi all’interno del “Caffè Concerto” in Piazza Grande e del Centro Commerciale “La Rotonda” (dove saranno attivi due laboratori didattici per i più piccoli), proiettando così un evento culturale nei luoghi della nostra quotidianità. Agli organizzatori, ai collezionisti che hanno generosamente messo a disposizione pezzi pregiati delle loro raccolte, agli enti pubblici e ai privati che hanno collaborato, a tutti coloro che hanno reso possibile questa importante esposizione, va il mio sentito ringraziamento. Giuliano Barbolini Sindaco di Modena 7 M usica a corte T estimonianza preziosa della passione musicale, che in tempi e modi diversi ha animato il collezionismo e mecenatismo dei Duchi d' Este, è un piccolo ma pregevolissimo nucleo di strumenti musicali, oggi nelle raccolte della Galleria Estense. Si tratta di una collezione che 8 se pur eterogenea, sia per periodo di esecuzione che per stile e materia dei manufatti, riesce a tradurre il gusto collezionistico di una casata, quella degli estensi, dagli splendori del rinascimento ferrarese allo sfarzoso ‘600 barocco. Nicolò Dell’Abate Modena 1512 - Fontainebleau 1571 Allegoria della musica Affresco trasportato Galleria Estense Modena 9 La musica a Ferrara con il duca Alfonso II N Il Lauro Secco... Madrigali a cinque voci... Ferrara, 1582 Biblioteca Estense Universitaria, Modena 10 el Rinascimento, a Ferrara i Duchi d' Este fecero della loro corte un innovativo centro di cultura e di sperimentazione stilistica al pari di grandi casate come quella dei Gonzaga a Mantova e dei Medici a Firenze. In questo contesto la musica ebbe un posto di rilievo, come arte tra le arti, presente quotidianamente nel cerimoniale di corte, con un ampio repertorio sia per la musica da cappella, nelle funzioni religiose, sia per la musica d'intrattenimento: musica da ballo, musica per i banchetti, musica per i tornei. Alfonso II, ultimo duca estense a Ferrara, manifestando un'intensa volontà di grandezza, perpetuò uno stile di vita grandioso e un ambizioso programma culturale atto ad affermare il prestigio di Casa d'Este. In tale contesto la vita musicale a corte si arricchì ulteriormente, nonostante Ferrara, come tanti altri centri italiani, nella seconda metà del cinquecento attraversasse una profonda crisi culturale oltre che economica. Nell'ambizioso programma culturale del Duca rientrava la creazione di un concerto di voci femminili. L’idea di un simile repertorio musicale era venuta nel 1568 in seguito alla visita di Stato compiuta a Modena da Alfonso II d' Este con la seconda moglie Barbara d'Austria, ove i coniugi avevano assistito ad un'esibizione musicale di Tarquinia Molza, dama di grande prestigio culturale, poetessa e musicista il cui canto si associava alla maestria nel suonare il cembalo, il liuto e la viola da gamba. La pratica del canto femminile in questi anni era già in voga a Ferrara, con le stesse sorelle del duca, Leonora e Lucrezia che si dilettavano in canto, e con i concerti al castello delle sorelle Lucrezia e Isabella Bendidio, abili cantrici; ma solo in seguito alle nozze di Alfonso con Margherita Gonzaga, avvenute nel 1579, si delineò la situazione ottimale per la realizzazione di quel concerto di dame che avrebbe dato prestigio, invidia e fama al ducato estense, suscitando un sempre più crescente ed esclusivo interesse del Duca per la musica In seguito a questo matrimonio si strinsero, infatti, i rapporti con la corte dei Gonzaga a Mantova, qui il Duca ebbe occasione di assistere al canto di Laura Peperara, restando profondamente ammirato dalle doti musicali e strumentali della dama, tanto da chiedere a Guglielmo Gonzaga di avere Laura a Ferrara come dama di Margherita. Laura era stata educata nell'ambiente di corte, poiché figlia di Vincenzo Peperara precettore dei principi Gonzaga; qui era divenuta allieva di Jaques de Wert, maestro della cappella di corte, acquisendo un'eccellente formazione musicale che affiancava alla pratica del canto lo studio dell'arpa, di cui era gran virtuosa.. Arrivata alla corte ferrarese nel maggio del 1580, Laura iniziò subito ad esercitarsi ed esibirsi al fianco di Anna Guarini, figlia del poeta Battista Guarini. Anche Anna possedeva ottime qualità canore e un eccellente pratica strumentale, in particolare del liuto. Per completare il trio, e realizzare il progetto di quel concerto femminile, tanto desiderato dal Duca, alle due dame venne in seguito affiancata la contessa Livia d'Arco. L'ingresso di Livia nel concerto avvenne nel 1582, ben due anni dopo l'inizio dell' attività musicale delle altre due dame e fu ritardato dalla necessità di approfondire lo studio della viola, sotto la guida di Lazzaro Luzzaschi, organista e direttore della musica da camera di Alfonso II. L' eccezionalità del concerto delle dame, denominato nell' ambito della stessa corte Concerto delle dame Principalissime, e il successo della musica secreta - così chiamata a corte - era legato sia al ricercato repertorio musicale creato appositamente dal Luzzaschi spesso in collaborazione con il poeta Giambattista Guarini, sia alla preparazione artistica delle musiciste che raffinarono le loro competenze unite a doti canore naturali, con puntuali e quotidiane esercitazioni sotto la guida dello stesso Luzzaschi, di Ippolito Fiorini, liutista e maestro di cappella, di Jaques Wert e, per un periodo, con la preziosa partecipazione di Tarquinia Molza, chiamata a corte nel 1583 ove rimase fino al 1589. L' Arpa di Laura I Liutaio romano (Cerchia di Govan Battista Giacometti), Giulio Marescotti, Orazio Lamberti, 1581 - 1591 Arpa estense Legno decorato l clima artistico musicale, l' ammirazio ne verso la musica secreta e le sue dame, spinsero il Duca a commissionare strumenti nuovi, tra cui un arpa, un liuto e una viola. Alfonso II volle creare intorno al concerto una splendida cornice visiva, facendo decorare e miniare gli strumenti e racchiudere i libri di musica in raffinatissime legature, quegli stessi libri che spesso il duca in persona offriva in visione ai colti ospiti che assistevano al concerto. L’arpa fu eseguita a Roma, attraverso l'ambasciatore ducale Giulio Masetti, presumibilmente in una bottega della cerchia di Giovanni Battista Giacometti Si trattava di un arpa moderna in legno d' acero e di pero verniciato, composta da una doppia fila di 58 corde. La decorazione dell' arpa, attuata tra il 1587 e il 1589, fu affidata al pittore ferrarese Giulio Marescotti, mentre il disegno dei fregi superiori fu eseguito da Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo che provvide anche a decorare “alla damaschina” la viola e il liuto destinate a Livia e Anna. L’esecuzione del fregio fu poi realizzata da Orazio Lamberti, fiammingo di Aarsele , mentre la doratura degli stessi fu attuata da Giovan Battista Rosselli. La ricca decorazione dell’ arpa rimanda al genere delle grottesche della prima metà del’500, con una decorazione ricca di motivi miniaturizzati, tipica dei motivi propri delle legature, che crea nei risultati uno strumento elegantissimo, la cui decorazione con grande varietà cromatica e di stili, riassume e sintetizza il gusto artistico e l’ influenza della cultura per tanti aspetti cosmopolita della Ferrara della seconda metà del XVI secolo. Sulla cassa sonora, che si dilata verso il retro in una composizione ad arabesco di derivazione orientale, dall’alto verso il basso, sono inserite in cornici alternativamente monocrome e policrome - su fondo oro, giallo, verde, rosso - dodici figurette, identificabili, sia per i simboli che le contraddistinguono, sia per le iscrizioni poste al di sotto delle singole cornici, con le divinità che presiedono all’ ispirazione artistica. Al di fuori delle cornici, come sul davanti dello strumento, una miriade di raffigurazioni naturalistiche con ricche decorazioni floreali e faunistiche, rimandano ad un ricco erbario. 11 L’ arpa e le sue dame scomparvero dalla scena con la morte del Duca Alfonso II. Stessa sorte subì parte della ricca collezione estense, compresi molti strumenti musicali che andarono dispersi o distrutti dal degrado. Trasferita a Modena nel 1601, l’arpa di Laura - per lo scarso interesse e le difficoltà del momento - passò da un magazzino all’ altro fino ad essere dimenticata. Grazie a Luigi Francesco Valdrighi e ad Adolfo Venturi, nella seconda metà dell’ ‘800 questo strumento preziosissimo che, solo per una fortuita vicenda è arrivato intatto ai giorni nostri, venne sottratto all’oblio. La musica alla corte di Modena Domenico Galli notizie dal 1687 al 1691 Violoncello (particolare) Legno intagliato Galleria Estense, Modena 12 Alla morte di Alfonso II d’Este, in assenza di figli, suo successore, designato per testamento, fu il cugino C e s a r e d’Este, ma P a p a Clemente VIII non riconobbe tale Domenico Galli notizie dal 1687 al 1691 Violino Dedica a Francesco II D’Este Legno intagliato Galleria Estense, Modena diritto e il dominio di Ferrara, in seguito alla Convenzione Faentina del 12 gennaio 1598, venne incorporato allo Stato della Chiesa. Il 28 gennaio 1598 Cesare fu quindi costretto a lasciare Ferrara per trasferire la Capitale a Modena. che da piccola città di provincia dello stato estense si innalzò a Capitale. Per il Duca nel vecchio castello furono anni difficili, in cui risultò arduo il tentativo di recuperare almeno una parte delle ricche collezione ferraresi, sottoposte all’ inarrestabile depredazione da parte dei cardinali papali, Pietro Aldobrandini e Scipione Borghese, con la conseguente dispersione di tanti pezzi pregiati tra cui non pochi strumenti musicali. L’ impegno di Cesare d’Este di edificare e organizzare sul piano culturale la nuova corte investì anche la vita musicale, con la riqualificazione della cappella musicale estense, attuata soprattutto grazie all’ impegno di Orazio Vecchi. Nunzia Lanzetta Francesco II d’Este ed il collezionismo artistico e musicale estense L ’alone di opacità che ancora circonda il duca Francesco II d’Este è da limitare, forse, solo all’uomo politico e di governo, ma non certo, alla luce di nuovi documenti, alla sua singolare figura di mecenate e di raffinato cultore della musica e delle arti. Ad una storiografia parca nell’attribuire doti di capacità a un duca ritenuto succube del parente prossimo Cesare Ignazio, e piuttosto orientata al riconoscimento di una negletta intraprendenza, ha fatto sì da contrappeso l’individuazione di interessi musicali e artistici, ma ciò è stato visto più come habitus esteriore ed effimero che come segno evidente di un più ampio progetto culturale. Eppure numerose sono le ‘prove’ in grado di riconoscere gli originali gusti musicali del duca, e la sola raccolta di manoscritti di Alessandro Stradella, offerta dopo la morte del musicista allo stesso Francesco II e oggi appartenente alla ricca collezione musicale della Biblioteca Estense, è di per sé un dato assai significativo. Molte altre testimonianze potrebbero essere citate, per le quali si rimanda ai diversi studi di carattere tematico eterogeneo sull’iconografia musicale, sul teatro, sull’oratorio, sull’opera, sul costume, sul patrimonio artistico generale, che già hanno cercato di offrire un’immagine della corte nel breve periodo di governo di Francesco II d’Este. Tali contributi, pur delineando una più chiara fisionomia del duca-mecenate, non hanno ancora inciso adeguatamente sul giudizio della critica storica, restia a riconoscere nella promozione della cultura e delle arti operata da Francesco II uno degli strumenti prediletti ai fini della realizzazione di quell’ideale progetto di assolutismo monarchico facente parte delle aspirazioni o dei programmi dei regnanti del tempo. La recente inventariazione degli atti amministrativi della “borsa segreta” estense, da parte dell’Archivio di Stato di Modena, viene in aiuto per fare chiarezza sui programmi culturali di Francesco II, sui suoi poliedrici interessi e sui suoi finora Domenico Galli Sonate, (particolare) Biblioteca Estense Universitaria, Modena 13 ignorati meriti, svelando una lucente icona che non è altro che la proiezione, l’emblema e la celebrazione di un ambiente colto e raffinato. La visione d’insieme, che scaturisce da tale prezioso materiale, permette di recuperare e giustamente valorizzare la figura di Francesco d’Este, nel contesto storico di fine Seicento.2 I nuovi documenti offrono una messe di informazioni sorprendenti riguardanti il nome e il numero degli artisti stipendiati e occasionali, dei comici, dei musicisti, dei costruttori di strumenti musicali, dei pittori, degli scultori, degli indoratori e intarsiatori, dei copisti, dei gioiellieri, dei ricamatori e sarti, dei fornitori di libri e stampe. Ciò consente di colmare le lacune del ‘già noto’ e permette, attraverso la raccolta e comparazione dei dati, la ricostruzione puntuale della storia di una corte nei suoi molteplici aspetti. Nella loro peculiarità le fonti ritrovate consentono anche di valutare la ricchezza dei mercati del tempo, la qualità dei prodotti, il valore assegnato ai prestatori d’opera e ai loro servigi, di ricavare le provenienze geografiche degli artisti e la collocazione temporale della loro permanenza in territorio modenese, gli eventuali spostamenti in altri luoghi degli artisti salariati e in alcuni casi i dati anagrafici. Diversamente da quanto generalmente accade, questi atti non limitano l’informazione al solo sintetico compenso, già di per sé importante e tale da suggerire analisi critiche ma, fornendo elementi precisi sulla ragione dell’emolumento, offrono anche la possibilità di ridisegnare l’ambiente dall’interno e nei suoi rapporti esterni. 14 Ripercorrendo le vicende di un luogo e degli uomini che in esso hanno operato possono, così, essere avviate indagini più ampie di carattere economico, artistico, sociale, umano. Il quadro che emerge con evidenza è quello di una città estremamente vivace ed attiva, aperta e correlata ad altre realtà, disposta al prestito di manodopera artistica e al reclutamento sul mercato italiano ed europeo delle maestranze più disparate, grazie ai rapporti dinastici, ai contatti diplomatici e al regime stanziale dei suoi funzionari-residenti. E’ proprio la varietà inimmaginabile di informazioni a favorire una visione, straordinaria e affascinante. Attraverso le annotazioni relative alla ‘libraria’ si coglie l’aspetto del collezionismo letterario coltivato dal duca. Oltre le notizie sugli acquisti e dunque sulla quantità e qualità del materiale bibliografico, si ricava la fonte di approvigionamento tanto di manoscritti, quanto di stampe, carte geografiche, disegni, gazzette, almanacchi e lunari, provenienti in prevalenza dalle piazze veneziane e del nord Europa (principalmente Amsterdam, Lione, Londra e Anversa). Non di rado vengono indicati sia i nomi degli stampatori sia i titoli delle opere acquisite; ciò consente, ad oggi, riscontri sul patrimonio bibliografico tuttora posseduto e sulla sua storia. Allo stesso modo il territorio parigino appare invece una delle più attraenti piazze per comperare lussuosi gioielli (“una boveta da ritratto arricchita di diamanti”, provveduta a Parigi, costò nel 1684 lire 7.514.17) e abiti ricamati “d’oro, et argento”, rifiniti di bottoni dipinti o di diamanti. Il dinamismo interno della corte può essere ricostruito attraverso il calendario delle feste, degli intrattenimenti ordinari e straordinari, oppure tramite le musiche composte o copiate (delle quali in alcuni casi viene fornito oltre il titolo, anche il numero dei fogli acquistati e ricopiati, il nome del copista, le parti strumentali), i ‘donativi’ elargiti ai musicisti, ai cantanti, ai comici. Se a ciò si aggiungono ulteriori indicazioni provenienti dai resoconti dei funzionari e dagli ‘avvisi’3 si conosce anche il tessuto sociale cittadino e si recepisce, attraverso l’immediatezza Giovan Battista Cassarini Sorgniano, 1643-Carrara, 1700 Violino (retro) Marmo bianco di Carrara Galleria Estense, Modena dell’espressione e il taglio cronachistico delle recensioni, l’incidenza e il riflesso determinato dalla corte sulla vita e sul costume urbano. L’attenzione rivolta invece dal Signore alla immagine personale, con evidenti scopi dispettacolarità pubblica, emerge anche dalle annotazioni relative al corredo ‘privato’per sè e i suoi famigliari (perle, anelli, smeraldi e rubini, collane, pendenti, “punte da busto di diamanti”, “orologi gioiellati”, camei, lapislazzuli), mentre nel campo degli arredi del Palazzo immenso è l’interesse per le opere d’arte: quadri, arazzi e drapperie, mobili, tavolini di marmo, decori e pitture, statue di “busso” (legno di bosso) e di marmo affidate agli scalpelli dei carraresi Francesco e Andrea Baratta, Giovanni Lazzoni, del comasco Tommaso Loraghi4e di Bernardo Falcone. E’soprattutto il gusto spiccato per gli oggetti artistici cosiddetti ‘minori’ a stupire; negli elenchi risultano maioliche pregiate, tra le quali non può non sorprendere la presenza, negli anni 1681 e 1688, di due catini e un bacile di “Rafael d’Urbino”, argenti riccamente lavorati (bacili, vascelli, “galere armate”, fruttiere, panieri e tabacchiere, coltelli indiani e alla turchesca), scatole d’agata, vasi d’alabastro, scrigni dorati, brocche e scatolini, medaglie d’oro ed orologi, diaspri di Boemia e pietre dure, “cristalli di monte”, cornici e piedistalli, lavori d’intaglio. Non mancano curiosità (lumache orientali), “inventioni”, “instromenti matematici”, “carte di globi”, un cannocchiale astronomico, mappamondi: lussuosi ornamenti che, nell’appagamento di un gusto estremamente raffinato, indubbiamente conferivano prestigio e potere e consentono, ora come allora, la percezione delle reali risorse economiche della corte (oggi verificabili con esattezza attraverso il computo delle entrate e delle uscite). Con il nome degli artefici di tali opere viene alla luce un mondo sommerso che, relegato per lungo tempo in un rango inferiore dell’arte, è invece testimonianza di una cultura della manualità in grado di creare preziosi e rarissimi manufatti. Sorprendente è il numero degli artisti menzionati e delle loro qualifiche: intarsiatori (Federico Piazzalonga, Lorenzo Hail, Marcantonio Mazarino o Mazzarini, Torri, Matteo Coppini), intagliatori, ebanisti, indoratori, miniatori, ricamatori, incisori, fabbricanti di vetri e cristalli (Francesco Verrio ed Enrico Vidman), gioiellieri (in prevalenza francesi: Denis, Henri Gascar, anche pittore, Palliot, “Maffeo”), argentieri (Carlo Antonio Canoppi o Canovi e Girolamo Avosani), ma anche più noti o pregevoli pittori (Pellegrino Ascani, Domenico Bettini, Francesco Guienotti o Guyenot, Baldassarre Bianchi, Bartolomeo Schedoni, Bresciani5, Alfonso Gioia) e scultori. Di tali artisti si conosce il luogo di provenienza e, talvolta, anche una breve descrizione dell’oggetto elaborato; ciò ovviamente consente raffronti e forse può favorire attribuzioni incerte. Nella molteplicità degli aspetti relativi alla musica e al teatro6, si intende, in questa sede, segnalare il gusto per il collezionismo strumentale, individuabile nell’elevato numero di commissioni (spinette di Giuliano Giovannini, cembali di Sebastiano Ossa, organi, chitarre, un violone “da Cremona”, timpani, un non meglio specificato “instromento dato”) tra le quali figurano alcune rarità, tuttora presenti presso la Galleria Estense. Si fa riferimento in particolare agli strumenti in marmo provenienti dalla città di Carrara, riconosciuta come principale luogo di rifornimento di Domenico Galli Sonate, (capilettera) Biblioteca Estense Universitaria, Modena 14 materiale di qualità e sede di pregiata lavorazione scultorea. I contatti tra le due corti appenniniche, favoriti da evidenti ragioni di vicinanza geografica, erano stati rafforzati nel tempo dalle parentele dinastiche7, pur non essendo da escludere, anche per questi luoghi, l’aspetto della ‘mobilità’ cui andavano soggetti gli artisti. Nel corso del Seicento aumentarono sensibilmente le richieste della corte estense ai signori di Massa Carrara per il prestito di scultori, da impiegarsi soprattutto negli interventi alle fabbriche di Sassuolo o per il Palazzo Ducale, per “balaustri”, bassorilievi e cornici, per tavolini di mischio, brocche, statue e altari. Nel 1646 Carlo I Cybo aveva già concesso a Francesco I d’Este Giuseppe Guidi8 per le fabbriche di Sassuolo, nel 1662 Giovanni Lazzoni veniva reclamato dalla Duchessa Laura Martinozzi per la costruzione di Angelo Maria Eschini Antiporta incisa in Giuseppe Colombi La Lira Armonica... Bologna 1673 Biblioteca Estense Universitaria, Modena 16 una statua per le esequie del Duca (e a Modena lo scultore risulta risiedere ancora negli anni 1667-69 e 1682)9, mentre il carrarese Andrea Baratta lavora per la corte estense tra il 1685 e il 1694 fornendo, tra gli altri lavori, un busto di Francesco II, statue, tavolini di marmo bianco e “di marmo coloriti”10. Non meno interessante lo scambio di musica e musicisti; ad esempio l’agostiniano massese Agostino Guidoni, organista e maestro di cappella nella Chiesa di S. Andrea di Carrara dal 1665, prestò i suoi servigi al Duca Francesco I, ad Alfonso IV e, nel 1677 e nel 1689, a Francesco II11. Gli strumenti musicali in marmo rientrano a pieno titolo nella amichevole dinamica di scambio tra le due corti e, in quanto ‘oggetti’ senza dubbio particolari, furono offerti ad una personalità disposta ad accogliere con entusiasmo ciò che apparteneva all’area della sperimentazione e dell’eccezionalità ma, nel contempo, anche alle categorie della raffinatezza artistica assoluta e del collezionismo più esclusivo. Il Duca Francesco II ricevette la chitarra di Michele Antonio Grandi nel 1686, non sappiamo se acquistata o regalata dalla famiglia Cybo di Massa Carrara. Si ritiene che a favorire l’arrivo a Modena degli strumenti in marmo sia stata anche la permanenza a Massa Carrara del chitarrista e tiorbista carpigiano Pietro Bertacchini, già secondo soprano nella cappella ducale di Modena, poi al servizio dei Cybo negli anni 1685-86 (sopraggiunto dalla vicina Lucca, dove aveva ricoperto l’incarico di maestro della cappella palatina)12; ma le abilità di Grandi avrebbero già potuto essere note a corte se si presta fede alle affermazioni del figlio Giacomo, che riferisce di “diversi lavorieri” del padre svolti al tempo del duca Francesco I13. Furono, comunque, soprattutto lo stupore e la meraviglia suscitati dalla chitarra14 del carrarese a determinare all’artefice ulteriori commissioni, certamente un clavicembalo e, forse, anche quattro flauti e una cornetta, consegnati al Duca nel novembre dell’anno successivo. In realtà i documenti archivistici registrano l’arrivo a Modena solo di un clavicembalo e di un “ornamento di acqua benedetta”, riportandone i relativi compensi e gli oneri per il trasporto riconosciuti al mulattiere ducale, inviato appositamente per il carico a Carrara; nessuna testimonianza archivistica resta invece degli altri oggetti. La puntualità con cui i registri e le bollette di pagamento annotano i movimenti di denaro escluderebbero la consegna di tali strumenti di più piccolo taglio, ma si può supporre che flauti e cornetti fossero inclusi nel trasporto del cembalo (avvenuto probabilmente per la via del Cerreto), uno strumento che, per le sue grandi dimensioni, deve aver posto non pochi problemi, finendo con il far trascurare dal computo, forse, altro materiale. Si può invece confermare che, nel 1687, Michele Antonio era accompagnato a Modena dal giovane figlio Giacomo (nato a Carrara nel 1677)15, insieme al quale soggiornò ‘a dozena’, cioè a pensione, a spese della camera ducale, per un mese e quattordici giorni16. Di Michele Antonio Grandi si conoscevano, fino ad oggi, solo i dati anagrafici essenziali, ma i documenti emersi offrono molte informazioni sul suo conto e sulla sua famiglia. Il capotistipite del ramo carrarese della famiglia Grandi è Matteo, originario di Bologna, stanziatosi a Carrara nel secondo ‘500. Da Matteo nacque Michele Antonio, padre di Francesco Maria e, dall’unione di quest’ultimo con Giovanna Fucigna, il futuro scultore. Venuto alla luce, nella casa paterna situata nella frazione di Grazzano il 2 dicembre 1635, Michele Antonio fu battezzato il giorno stesso nella chiesa di S. Andrea, dove poi fu sepolto il 15 settembre 170717. Vissuto in una famiglia di scultori e commercianti di pietra grezza, c’è da pensare che Grandi abbia imparato l’arte dell’intaglio nella bottega del padre o comunque in Carrara, prima di perfezionarsi sotto la probabile guida del Bernini a Roma. Se ciò è ipotizzabile dalla raccomandazione, caldeggiata dal cardinale Alderano Cybo al cavaliere Gian Lorenzo nell’ottobre 1659, un atto notarile del febbraio successivo, attestante il suo ritorno a Carrara per lavori ad un altare della Chiesa di S. Andrea, può essere interpretato come un’ulteriore prova dell’accoglimento del carrare- se nella cerchia berniniana18. Questa notizia rende più verosimile, tra l’altro, quanto affermato da Giovanni Tiraboschi, relativamente ad un impiego di Grandi presso “una cappella del Gesù” a Roma; proprio in quegli anni Bernini fu impegnato con la sua bottega nella chiesa del noviziato dei Gesuiti, Sant’Andrea al Quirinale Si può ancora documentare con certezza un rapporto duraturo con il cardinale Alderano Cybo, per il quale Grandi (a meno che non si tratti del padre) dapprima scolpì la cornice in marmo bianco e mischio per il bassorilievo dell’abside della cattedrale di Jesi (a. 1663), per rivestire poi un ruolo di consigliere e soprintendente sia per i lavori di costruzione della Cappella Cybo presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma (negli anni tra il 1683 e il 1687)19, sia per le opere agli altari del transetto del Duomo di S. Giovanni Battista Vitali Artificii Musicali... (frontespizio) Modena, 1689 Biblioteca Estense Universitaria, Modena 17 Pietro a Massa (a. 1687)20. Di una successiva tarda commissione di “un’arma”, cioè uno stemma, da parte del prelato (a. 1697) poco è dato ancora di sapere21. Se Michele Antonio Grandi è, ad oggi, “l’intagliatore” più ‘noto’ di strumenti musicali (a lui è anche attribuito il salterio della collezione medicea conservata presso la Galleria dell’Accademia di Firenze, Collezione del Conservatorio Cherubini)22, c’è da pensare che la città di Carrara coltivasse ars sculptorea in un settore, a dir poco esclusivo, soprattutto in considerazione dell’esistenza di un altro strumento, un violino in marmo, di inconfutabile creazione ad opera del carrarese Giovanni Battista Cassarini, conservato nella stessa Galleria Estense. Altre testimonianze bibliografiche, nel confermare la sopravvivenza di questa tradizione a Carrara fino alla metà dell’800, inducono a pensare ad una vera e propria scuola di cui purtroppo si è perduta ogni traccia persino a livello di memoria storica. Andrea Fortini (sec. XVIII), detto Domenico, “intagliatore di strumenti a fiato” (flauti, clarini e ottavini), fu probabilmente l’ultimo rappresentante di più generazioni di carraresi, specialisti in un’arte che richiedeva rara maestria23. Pochi sono i dati relativi a Giovanni Battista Cassarini e, al fine dell’identificazione della famiglia, fondamentale è la firma leggibile sul fondo dello strumento. Il cognome registrato, contenente un’ evidente abbreviazione (“Casrini), confuta precedenti interpretazioni e attribuzioni (finora Casarini) e rende giustizia a questo raffinato artista, del quale nulla avremmo potuto altrimenti conoscere, in quanto gli storici menzionano esclusivamente il nome di Sante scultore (forse un fratello) e dell’ornatista Bartolomeo (1686-1773), ignorando Giovanni Battista. La consultazione degli atti nota- 18 La chitarra di Michele Antonio Grandi rili, di battesimo, morte, matrimoni, ha consentito, se non altro, di precisare i dati anagrafici, di avanzare qualche notizia sulla famiglia e di individuare rapporti di conoscenza tra le famiglie Grandi e Cassarini. Giovanni Battista Cassarini nacque, probabilmente a Sorgnano, una piccola località presso Carrara, il 22 maggio 1643 (morì a Carrara il 13 aprile 1700), figlio di Bartolomeo (a sua volta figlio di Santino) e di Virginia Conti (figlia del musicista spoletino Simone Conti). Del suo matrimonio con Francesca Zambelli si conoscono le figlie Caterina e Virginia24. L’elevato numero delle famiglie Cassarini a Carrara, nel corso del Seicento, non ha certo agevolato l’esatta ricostruzione genealogica, ancora in fase di studio. E’ comunque evidente il coinvolgimento del casato nell’arte della lavorazione del marmo e del legno, di cui sono testimonianze tangibili la qualità e il colore del decoro del violino25. La presenza poi nell’asse materno di un musicista, l’organista e maestro di cappella Simone Conti26, al servizio della Chiesa di S. Andrea, rende ancor più verosimile l’esercizio professionale in un ambito ‘scultoreomusicale’. Qualche testimonianza supporta nell’affermazione di rapporti di conoscenza tra le famiglie Grandi e Cassarini; i documenti notarili27 confermano reciproche presenze in occasione di vendite e atti testimoniali rendendo così verosimili anche contatti professionali tra i due scultori. Patrizia Radicchi. Michele Antonio Grandi Grazzano (Carrara) 16351707 Chitarra (particolare) Marmo bianco con intarsi in marmo nero Galleria Estense, Modena L a chitarra, realizzata interamente in marmo bianco, presenta ricchi motivi ad intaglio, con riempimenti in pasta di marmo nera. Fregi floreali e vegetali a foglia d’acanto decorano lo strumento tanto sulla tavola armonica quanto sulle fasce e, parzialmente, sul cavigliere a paletta, caratterizzato da forma ondulata sui lati esterni e sul margine superiore. Lo strumento si compone di due pezzi: una lastra di marmo per la tavola armonica e il manico, una base concava per la cassa armonica e il fondo. I fregi della tastiera propongono nove piccoli boccioli, formati da tre elementi di cui un calice centrale più grande e due petali laterali più piccoli -presenti anche sulla tavola armonica- con dimensioni progressivamente ridotte dall’alto verso il basso, in corrispondenza del diverso spazio che intercorre tra un tasto e l’altro. La sezione tra il capotasto e il primo tasto e la porzione sottostante all’ultimo tasto mostrano invece differenti piccoli motivi a foglia. I tasti –in numero di dieci-, costituiti da barrette di metallo scuro con piccola scanalatura centrale (forse ottone brunito) sono in rilievo e risultano inseriti nel marmo mentre il capotasto è in marmo bianco e in altorilievo con piccole incisioni longitudinali colorate di nero corrispondenti ai cinque ordini di corde doppie. Sulla paletta si trovano cinque ordini di piroli o caviglie, la cui forma -allargata nella testa con parte terminale a sfera- si appoggia su una base circolare che si inserisce nel cavigliere. Il retro della paletta è completamente in marmo bianco. Lo spessore del manico, di forma arrotondata, aumenta gradualmente fino al tacco, decorato anch’esso con motivo a foglia, mentre la superficie risulta interamente suddivisa in undici piccoli spazi rettangolari leggermente svasati in basso, alternati nei colori bianco e nero, le cui differenti dimensioni sono determinate dalle diverse misure delle sezioni dei tasti. La tavola armonica, dal punto di vista decorativo è articolata in tre sezioni, ciascuna delle quali presenta caratteristiche proprie. La parte superiore mostra un calice centrale vegetale (rovesciato verso il basso) che si dirama in due volute a foglia d’acanto dalle quali fuoriescono quattro boccioli Michele Antonio Grandi Grazzano (Carrara) 16351707 Chitarra Marmo bianco con intarsi in marmo nero Galleria Estense, Modena 19 (fior di loto), simmetricamente protesi verso l’alto e discendenti verso la rosetta. Due boccioli compaiono anche in mezzo ai tralci. Il fregio inferiore, al di sotto della rosetta, ripropone –a specchio- gli stessi motivi delle volute superiori che si dipartono però da un nodo centrale-, con dimensioni più ampie e con arricchimenti nel disegno interno; compaiono anche gli stessi boccioli, due dei quali allungati verso l‘alto, altri due più piccoli verso i bordi e due minuscoli rivolti all’interno. In basso i tralci terminano con due corolle con lo stesso numero di petali disposti a ruota. Motivi di fiore aperto con pistillo, orientati verso i bordi, si trovano sotto la cordiera e completano in modo armonico la composizione decorativa. Disegni geometrici costituiti da otto elementi biforcati, si trovano disposti a raggiera all’interno della rosetta, circondata da una doppia cornice che, internamente, presenta piccoli cerchi in pasta nera inseriti in cerchi bianchi di maggiori dimensioni contornati, a loro volta, da doppia filettatura nera; esternamente la rosetta si articola in fregi a forma di gigli, alternati nelle dimensioni, con terminali a piccole sfere. Il ponticello, posto a separazione del grande e ricco fregio a volute dal motivo a petali di chiusura, fuoriesce in altorilievo dalla tavola armonica degradando bilateralmente fino a fondersi col disegno della tavola stessa; presenta doppie incisioni longitudinali da riferirsi ai cinque cori, dei quali segni visibili appaiono anche sul bordo esterno inferiore. In corrispondenza di tali piccole incisioni si trovano, nel bordo bianco superiore che incornicia la fascia, cinque ordini di fori Domenico Galli Sonate, (frontespizio) Biblioteca Estense Universitaria, Modena 20 doppi sotto i quali si evidenziano un piccolo tassello rettangolare di marmo bianco e due semicerchi in rilievo, entrambi forati. Intorno alla tavola armonica si trova una filettatura nera, inserita in mezzo all’orlo bianco che corre tutt’intorno allo strumento; il bordo, lievemente sporgente e poco arrotondato, ha uno spessore lievemente variabile. La fascia presenta otto doppie volute concatenate che ripropongono i disegni della parte inferiore della tavola armonica, con direzione di apertura verso l’alto. Superiormente ed inferiormente corre una filettatura nera inserita nel mezzo del bordi bianchi; nella parte inferiore del bordo compaiono piccoli tagli longitudinali colorati di nero. Lo strumento, restaurato nel 1995 presenta alcune venature sulla tavola armonica, dovute a piccole lesioni, opportunamente incollate e stuccate. Alcuni piroli, perduti, sono stati sostituiti da materiale nuovo, mentre le corde non sono state ripristinate. Una macchia di colore giallo si trova nella parte superiore del fregio centrale. Il violino di Giovanni Battista Cassarini I l violino è realizzato in marmo bianco statuario con delicatissimi intagli di pasta di marmo lavorata nei colori rosso e giallo Siena. Sulla tavola armonica, di forma arrotondata nella parte superiore e priva di due spigoli (“punte”) rispetto agli attuali strumenti, si appoggiano la cordiera, il ponticello e la tastiera, quest’ultima in sospensione sopra il piano. La cassa mostra decori tanto sulla tavola armonica quanto sul fondo e sulle fasce. Sulla tavola, sopra il ponticello, si apre - su un nodo di colore rosso chiaro doppiamente filettato e chiuso da sottili nastri incrociati -, un disegno a ventaglio di colore rosso con volute vegetali, viticci e terminali di piccoli fiori con quattro petali aperti; nella parte inferiore, sotto il ponticello, il decoro vegetale si struttura intorno a due piccoli fori armonici laterali e risulta più spesso di quello soprastante. La tavola armonica risulta lievemente rialzata intorno alla filettatura nera che corre intorno a tutto lo strumento ed è contornata da un piccolo bordo sporgente. Il fondo, come la tavola, è lievemente bombato e il bordo simmetricamente spor- Giovan Battista Cassarini Sorgniano (Carrara ), 1643-Carrara, 1700 Violino Marmo bianco di Carrara Galleria Estense, Modena gente rispetto al piano superiore. Tra i fregi del fondo della cassa, quello superiore è sviluppato in egual misura nel senso della larghezza e della lunghezza, mentre quello inferiore è meno esteso nel senso dell’altezza. Entrambi, di colore rosso, incorniciano un grande giglio, di tipo francese, della stessa tinta Nel manico il capotasto è lievemente sporgente e di colore nettamente più bianco rispetto al colore generale dello strumento La voluta del riccio completa il cavigliere e presenta due ben modellate scannellature che separano i nastrini; le parti laterali del riccio chiudono con due piccole nocette. I quattro piroli o bischeri, sui quali si avvolgono le estremità delle corde, sono infissi sul cavigliere e ripropongono la stessa forma dei piroli della chitarra. La tastiera presenta, dal basso verso l’alto, un piccolo disegno geometrico di forma romboidale che schiude un cuore con parte terminale interna conclusa da una piccola croce. Al di sopra, la tastiera ha una decorazione ripartita in quattro sezioni, divise tra loro da barrette orizzontali, di colore giallo, equidistanti l’una dall’altra; tra i piccoli spazi barrette di colore alternato (giallo Siena e rosso) si inseriscono nella serie di minuscoli cerchi ordinati a gruppi di due e tre, riempiti di pasta nera. Sul retro del manico si trovano due figure geometriche modulate sulla forma e sulle dimensioni del manico e allungate verso il covino o tallone; di colore chiaro, ciascuna figura -attraversata da nove piccole tacche-, risulta orientata nella parte terminale in direzione convergente. Il ponticello poggia su due piccoli fori; lateralmente ad esso si trovano i due intagli a forma di effe privi di taglietti trasversali. Nella parte alta della cordiera, sotto un sottile rilievo, si trovano quattro fori di aggancio per le relative corde. In basso, una piccola fessura ha la funzione di legare la cordiera al bottone sottostante, tramite una corda di sostegno (originariamente forse un budello). La fascia, incollata alla tavola armonica e al fondo, presenta losanghe sviluppate nel senso della larghezza, in pasta nera. All’interno, sul fondo, risulta incisa la seguente iscrizione: “D.O.M/Jo. Baptista Casrini/Carrara 1687” La maggiore pesantezza dello strumento nella 21 parte alta fa ipotizzare l’utilizzo di un diverso spessore del marmo tra la sezione superiore e quella inferiore. Si segnala, nella parte interna, la presenza della catena in legno. Restaurato nel 1995, lo strumento è in ottimo stato di conservazione; ricostruiti solo una porzione del ponticello e, probabilmente, due piroli. Il flauto dolce (attribuito a Michele Antonio Grandi) I l flauto dolce in marmo conchigliare lumachella, ha una lunghezza di cm. 34 e un tubo a forma conica nella parte terminale. Sotto l’imboccatura a becco si trovano il labio e 6 fori, più un foro laterale per il mignolo, sottostante al primo foro e lievemente spostato rispetto ad esso. E’ presente il foro posteriore. Restaurato nel 1995, lo strumento presenta evidenti segni di rottura in tre pezzi, uno tra il primo e il secondo foro, e l’altro all’altezza del quarto foro; tali lesioni non intaccano comunque la particolare bellezza determinata, oltre che dalle proporzioni e dalla cura di lavorazione, dalla rara qualità di marmo, di per sé già decorativo. E’ probabile che lo strumento sia opera di Michele Antonio Grandi e facesse parte della serie di strumenti sopraggiunti a Modena nel 1687, su commissione di Francesco II. Questi strumenti, entrati a far parte della Galleria Estense negli anni 1686-7, compaiono negli inventari del 175128. Da tali documenti risulta la presenza di due flauti, “uno più grande dell’altro di marmo venato di bianco e rosso; ed il più piccolo tutto rosso”, mentre relativamente alla chitarra si ricava anche l’esistenza della custodia (“sua cassa e serratura”), oggi scomparsa. Un errore di valutazione appare nell’individuazione del materiale definito “d’alabastro”, comprensibile se si considera la trasparenza, l’omogeneità e il candore del marmo utilizzato per il violino e la chitarra. Secondo la testimonianza di Luigi Francesco Valdrighi gli strumenti sarebbero stati riconsegnati a Francesco V nel 1868, in quanto “provati di essere di proprietà privata”29. La conferma dell’esattezza della notizia si ricava dalla loro 22 presenza nel catalogo del Museo degli strumenti musicali di Vienna, pubblicato nel 192030. Di lì a poco (23 giugno 1923) gli strumenti in marmo tornarono alla Galleria Estense, insieme ad altri beni restituiti dall’Austria-Ungheria. Ciò si evince dalla lettera di riconsegna da parte del Ministero d e l l a P u b b l i c a Istruzione (Direzione Generale per le Antichità e le Belle Arti), rappresentato dall’allora Regio Ispettore della Pinacoteca di Brera di Milano, Dott. Mario Solmi, conservata presso la Soprintendenza di Modena. Dalla ricevuta risultano la chitarra, il violino e “un piffero di marmo macchiato con relativi sostegni”31. E’ evidente che, nell’ultimo caso, al di là della definizione utilizzata, si alluda chiaramente al flauto dolce in marmo di lumachella. Manca invece l’altro flauto, forse il più piccolo, presente negli inventari del 1751. NOTE 1 Per informazioni su questi studi si rimanda alla bibliografia generale; nel presente articolo si forniscono esclusivamente, in forma succinta, le fonti archivistiche. 2 Archivio di Stato di Modena (d’ora in poi ASMo), Camera Ducale, Borsa segreta, bb. 273, 284, 286-9, 293, 297, 298. Su questo materiale è in preparazione uno studio approfondito, relativo all’arte e alla musica, nel periodo di governo di Francesco II. 3 ASMo, Avvisi e Notizie dall’Estero, bb. 63-5. 4 ASMo, Cancelleria estense, Referendari, Consiglieri, Cancellieri e Segretari, b. 52b, Lettere di Giuseppe Busseti; Archivio per materia, Scultori, b. 17/1; Cose d’arte, Miscellanea, b. 19/1; Carteggio Principi Esteri, b. 1507/C. 5 Di costui, il 10 settembre 1688, furono acquistati “due quadri di battaglie”. 6 Anche su questo argomento è in corso una ricerca sistematica. 7 Le attestazioni di amicizia erano sensibilmente aumentate a seguito dell’unione di Alderano I Cybo con Marfisa d’Este e, nel primo Seicento, dopo i due matrimoni tra i Cybo e i Pico della Mirandola. 8 ASMo, Carteggio Principi Esteri, b. 1208/3. 9 Archivio di Stato di Massa (d’ora in poi ASMs), Cybo Malaspina (salvo diversa indicazione), Lettere ad Alberico II Cybo Malaspina, b. 328, n. 231; b. 329, n. 38; b. 331, n. 127; b. 332, n. 31; ASMo, Carteggio Principi Esteri, bb. 1209/4, 1507/C. 10 ASMs, Lettere a Carlo II Principe di Carrara, b. 463, n. 67; Arch. Card. Alderano, b. 23, p. 181; b. 24, p. 99. 11 ASMs, Notarile Carrara, (d’ora in poi si omette) Lombardelli Angelo, b. 100, fasc. 1665-75, p. 548; ASMo, Carteggio Principi Esteri, bb. 1208/3, 1212/7. Anonimo sec. XVII (Michele Antonio Grandi ?) Flauto dolce Marmo di lumachella Galleria Estense, Modena 12 Bertacchini viene richiesto dai Cybo anche nell’aprile 1687; ASMo, Carteggio Principi Esteri, b. 1212/7. 13 ASMo, Archivio per materia, Scultori, b. 17/1. Potrebbe però anche trattarsi di un errore di scrittura e alludere invece a Francesco II. 14 Teoricamente è da suffragare quanto affermato da Bertacchini nella sua autobiografia -oggi purtroppo perduta-, relativamente all’impatto prodotto dal suono del marmo in ambiente modenese quando egli vi fece ritorno nel 1686. Pur mancando la chitarra del foro centrale, utile per far vibrare la cassa armonica, non si esclude la produzione di suono, in considerazione del fatto che la cassa è in un pezzo unico di marmo, scavato al suo interno. 15 Archivio del Duomo di Carrara (d’ora in poi ADC), Battesimi, VIII, p. 29. 16 ASMo, Archivio per materia, Scultori, b. 17/1; Carteggio Principi Esteri, b. 1208/3, 1217/7, 1209/4. Non si può invece documentare la presenza di Grandi nell’anno precedente, riportata da Bertacchini e ripetuta dagli storici successivi. Per la chitarra e “l’ornamento di acqua benedetta” Grandi ricevette, non sappiamo se un compenso o un donativo, rispettivamente doppie 25 per un valore di lire 825, mentre per il clavicembalo doppie 80, cioé lire 2640. 17 ADC, Battesimi, IV, V, VI, VII, VIII; Matrimoni, I, Morti I-II, III. 18 Bibliothèque Nationale de France, Ms Italien 2082, f. 68-69v, cit. in Fabrizio Federici, “Qual redivivo Augusto”. Il cardinale Alderano Cybo (1613-1700) mecenate e collezionista; tesi di laurea dell’Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Storia delle Arti, relatore Prof. Antonio Pinelli, anno accademico 2000/2001, pp. 18-19. ASMs, Lombardelli Angelo, b. 99, fasc. 1660-61, 1 agosto 1660; Lombardelli Angelo, b. 104, Indice 1637, 1662 e 1669. 19 ASMs, Carteggio di Veronica Cybo Salviati, b. 476, n. 174; Arch. Card. Alderano, b. 6, e p. 437; b. 24, p. 99. 20 ASMs, Arch. Card. Alderano, b. 24, p. 99. 21 ASMs, Archivio Card. Alderano, b. 29, pp. 849, 851, 981 e col 185. 22 Franca Falletti, Renato Meucci, Gabriele Rossi Rognoni (a cura di), La musica e i suoi strumenti. La collezione Granducale del Conservatorio Cherubini, Ministero per i Beni e le Attività Culturali- Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze, Pistoia e Prato,Firenze, Giunti 2001. 23 ASMs, Archivio privato Canonico P. Andrei, Miscellanea storica, b. 7, fasc. 59, p. 88. 24 ADC, Battesimi, VI, p. 116; Battesimi, VII, p. 92; Battesimi, VIII, p. 4; Morti, III/A, p. 125; Morti, III/B, p. 3. 25 ASMs, Agostini Paolo, b. 95, Rubrica, 1 aprile 1620; Schiffini Gio. Battista, b. 133, fasc. 1691-2, pp. 97-99. 26 Rimando, per costui, al mio articolo Alberico Cybo Malaspina e la musica nello Stato di Massa Carrara:1553-1623, <<Studi Musicali>>, XXX, 2001, n. 2, pp. 348-9. 27 ASMS Ghirlanda Leandro, b. 115 (1673-77), fasc. 1673-74, pp. 4-6; Lombardelli Angelo, b. 98. (fasc.1651-54), pp. 110-14. 28 ASMo Camera Ducale, Cassa segreta, n. 24108, Inventario generale dei dissegni, medaglie e altro, cit. in Ducal Galleria Estense. Dissegni, Medaglie e altro. Gli inventari del 1669 e del 1751 a cura di Jadranka Bentini e Patrizia Curti,<<Materiali per la Storia di Modena Medievale e Moderna>>, pp. 103, IX, Panini, Modena 1999. Ringrazio il Prof. Renato Meucci per i consigli e i suggerimenti offerti per la compilazione delle schede e per la segnalazione dell’esistenza di questi strumenti. 29 Luigi Francesco Valdrighi, Nomocheliurgografia antica e moderna, ossia elenco di fabbricatori di strumenti armonici con note esplicative e documenti estratti dall’Archivio di Stato di Modena, <<Memoria della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena>>, Modena, Soc. Tipografica, serie 2^, vol. II, 1884, p. 160 , rist. Bologna, Forni, 1967. 30 Julius Schlosser , Die Sammlung alter Musikinstrumente, Wien, Schroll. 1920, pp. 59, 67, 77. 31 Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Modena e Reggio Emolia, Atti della della direzione, prot. n. 1032 Patrizia Radicchi. Domenico Galli Sonate, (capilettere) Biblioteca Estense Universitaria Modena 23 D ue preziosi intagli: il violoncello e il violino di Domenico Galli Per il duca Francesco II, la cui passione per la musica e la letteratura superava i doveri di governo, furono realizzati dal parmense Domenico Galli , intagliatore, decoratore, calligrafo e musicista due strumenti, pregevoli esempi dell'arte dell' intaglio. Si tratta di un violino e violoncello definiti muti, poiché il ricco intaglio trafora la cassa sonora, mostrando chiaramente che simili preziosi manufatti sono stati commissionati più per accrescere il gusto collezionistico del principe che per rispondere a reali esigenze di qualità strumentale. Il violino realizzato nel 1687 presenta, in un piccolo medaglione in cima alla tastiera, una iscrizione ove vi è la dedica dell' artista al duca: ”SER..MA ALT.ZA/ La mia dolcezza animata dal commando augusto di V.A.S. ardisce sperare benigno gradimento di quest’ opra che figlia de di lei serenissimi co tante bocche quanti sfori mostra, ambisce pubblicare all’ universo / Parma il di P.o Sett. bre 1687/di V.A.S./ Um.o Div.oet ob.oS.o/ Dom.o Galli”. Anche il violoncello presenta analoga dedica, e fu offerto dall’artista al Duca l’ 8 settembre 1691 corredato da una rassegna di dodici sonate composte appositamente per Francesco II d'Este. 24 Domenico Galli notizie dal 1687 al 1691 Violoncello Legno intagliato Galleria Estense, Modena Lo strumento è impreziosito da un ricchissimo intaglio in una profusione di idee decorative e motivi allegorici che culminano nel fregio superiore ove è raffigurato un drago svolazzante. Nella cassa, sul retro, il prezioso intaglio si snoda in una serie di raffigurazioni allegoriche con Orfeo che suona la lira e nella parte bassa Ercole che abbatte l’ Idra , Pallade, il leone e la Perfidia. Queste allegorie secondo Luigi Francesco Valdrighi1 erano riferibili alle vicende politiche occorse alla sorella del Duca Francesco II, Maria Beatrice d' Este, la quale andò sposa a Giacomo Stuart, diventando regina d' Inghilterra. Nel 1688 i cattolici Stuart furono però spodestati, insieme al loro figlioletto Giacomo Stuart III, erede al trono cattolico d’Inghilterra, dal protestante Guglielmo d'Orange. Il ricco intreccio di intagli rimanda ad una rappresentazione, quasi soffocante, di ornati, puttini, fiori, frutti, ricci, armi, medaglioni, espressione tipica del gusto barocco, forse esageratamente ripetuto nell’ intaglio ma efficace nella composizione. La viola contralto di Girolamo e Antonio Amati ecentissima la collocazione, a pieno titolo, nel percorso espositivo della Galleria Estense di un pregevolissima viola, esempio della liuteria cremonese dei primi decenni del ‘600. La viola, di taglia piccola (la cassa misura 406 mm di lunghezza, il che la rende per dimensioni estremamente rara) fu eseguita dai fratelli Girolamo e Antonio Amati. Dall’ etichetta all’interno della cassa armonica si desume che sia stata realizzata nel 1620. L' attribuzione alla bottega Amati2 confermata dal modello della cassa, del riccio e delle "FF" insieme alla proporzione della forma, gli spessori e la bombatura della tavola e del fondo, non lasciano dubbi circa l'originalità; al contrario non sono originali la cordiera e la R Domenico Galli notizie dal 1687 al 1691 Violino Legno intagliato Galleria Estense, Modena 25 L a musica nelle mani tastiera , comunque sostituiti in un intervento di restauro antico . L'’assenza di documenti d’ archivio e di riscontro negli inventari estensi non consente, allo stato attuale, di risalire al committente ne’ a quando e come sia arrivata nelle collezioni ducali. Da un altro cartellino a corredo dello strumento si desume che sia stata restaurata a Mainz nel 1795. Sottoposta nel 1914 ad intervento di restauro dal liutaio modenese Pietro Messori, la viola si presenta oggi in ottimo stato di conservazione. Nelle collezioni della Galleria Estense si conserva un altro strumento attribuito alla Bottega Amati: si tratta di un violoncello attribuito a Nicola Amati da un etichetta posta all' interno della cassa <Nicolaus Amatius Cremonien Hiero/Nimi filii Antoni Nepos fecit Ao.1676>. Una recente indagine fa ritenere che lo strumento sia una copia riferibile a Scuola Tedesca dell' '800, nello stile dei violoncelli di Nicola Amati, ove anche l'etichetta è "una copia". NOTE 1 L.F. Valdrighi. Di un’arpa un violino e un violoncello che si conservano nell' odierno Museo Artistico Estense. Nel testo Valdrighi descrive sul retro del violino il ricco intaglio allegorico riferibile a Maria Beatrice Stuart e alle sorti della sua famiglia,. E' questo un errore che ha generato tra gli storici confusione, poiche il violino è stato eseguito nel 1687, un anno prima della cacciata degli Stuart. ( 1688) In realtà le allegorie: Ercole, Pallade, Orfeo, il leone ecc, non sono sul retro del violino ma sono sul retro del Violoncello, costruito tre anni dopo(1691) la cacciata degli Stuart. 2 La viola Amati è stata oggetto di studio da parte del liutaio Carlo Chiesa di Milano, la cui relazione tecnica sul manufatto è stata utilissima per la redazione di questa scheda Nunzia Lanzetta Antonio e Girolamo Amati Primi decenni del sec. XVII Viola contralto Galleria Estense, Modena 26 Fabbricatore Gennaro chitarra (particolare) Napoli – 1822 L a “musica nelle mani” è un’affermazione coniata per puntualizzare il fulcro intorno al quale ruota la capacità di creare e di usare uno strumento musicale, l’utensile più bello e più straordinario che “ l’homo faber “ abbia saputo costruire, ricavando da una materia inerte (sia questo legno, metallo, osso), il modo di generare il suono e le meraviglie che dal suono o dai suoni, opportunamente organizzati dalla mente umana, si possono generare. Con le mani il liutaio, il cembalaro o il costruttore di strumenti a fiato, generano lo strumento musicale ed il musicista, con l’interazione delle mani su di esso, genera il suono,”fiore” di quella creazione, che emana il suo “profumo”, in musica. Questa successione di eventi è altresì la summa di tecnica, logica, ispirazione, istinto, intuizione, ovvero l’uomo nella sua essenza creativa. Ecco perché gli strumenti musicali possono essere considerati una delle testimonianze più complete della storia dell’artigianato creativo, poiché raccontano il lavoro dell’uomo nel corso dei secoli, le sue invenzioni e tecnologie, i meccanismi, i congegni e le alchimie che l’Antico ha dovuto da sempre escogitare per “trasferire sulla terra”, “le armonie delle sfere celesti” (Severino Boezio,V° sec.). Un oggetto progettato per fare musica, è un oggetto d’arte, per sua natura fragile e delicato, con una struttura calcolata, in ogni tempo, al limite delle possibilità costruttive e proprio per questa ragione esso è particolarmente soggetto al degrado, alla perdita delle sue qualità intrinseche ed è inoltre esposto a tentazioni di recuperi funzionali indiscriminati, che hanno purtroppo già com- 27 promesso in passato molti documenti ed esemplari unici. C ome oggetto d’arte , lo strumento musicale si è sempre identificato come qualcosa di esclusivo, a volte di unico, quindi una rappresentazione di preziosità che ha sempre appassionato nobili ed aristocratici delle varie epoche, eleggendolo a simbolo di una ricchezza non solo oggettiva. Lo strumento musicale ha accompagnato l’uomo nei suoi riti tribali, nelle sue battaglie di conquista, nei suoi lutti, nei suoi momenti di vita sociale, nei momenti di riflessione e di ispirazione, nei suoi pellegrinaggi. C ome oggetto storico, ha ricevuto un contributo fondamentale dalla cultura Islamica, che ha completamente condizionato e trasformato la nostra cultura. Basti pensare che fino all’avvento dell’Islam, non si conosceva il “suono continuo” su uno strumento a corda. Gli Islamici ci hanno portato lo strumento ad arco con il “rebàb” (diverrà la medioevale “ribeca”) ed i “kemànge” a braccio e a gamba. Il liuto con la cassa piccola ed il manico lungo era già noto agli Egiziani, ma gli Arabi hanno introdotto lo ”el-ud “, < il legno> (perché aveva la tavola armonica in legno e non in pelle), che si trasformò nelle varie accezioni di “Lute”, “Laute” e da noi “Liuto”, con la grande cassa ovoidale, il fondo bombato a strisce, il manico corto e largo ed il cavigliere a spatola ripiegato. Il liuto sarà il protagonista di tutta la nostra cultura del Rinascimento, tenterà di sopravvivere all’avvento delle più comode “tastiere” con gli arciliuti, le tiorbe e i chitarroni, ma infine rimarrà solo un importante testimone di una grande civiltà musicale. J.W. Oberlennder flauto diritto contralto in avorio Norimberga Callezione privata 28 E pensare che nel 1507, in assoluto, fu proprio musica liutistica, la prima musica “strumentale” stampata. La moda del liuto, seguita a breve termine da quella della chitarra, si diffuse per tutta l’Europa. Lo strumento aveva i requisiti per essere ben accetto ovunque: a corte, in chiesa, nella strada. E’ infatti uno strumento polifonico, che permette di assecondare il gusto musicale più colto; è facilmente trasportabile e ciò lo rende idoneo a svariate occasioni di musica d’insieme. Ha una sua intrinseca nobiltà timbrica, tanto da venir definito come “il divin Liutto, Rè di tutti li strumenti”. La moda del liuto creò un notevole mercato di strumenti, corde e accessori vari. Si pensi, ad esempio, che secondo le scritture contabili del Porto di Londra, tra il 1567 ed il 1568, nel corso di dieci mesi, vennero importati 86 liuti (di cui 12 da Anversa, 14 da Colonia e 24 da Venezia) e 13.848 corde di budello. Nella stessa epoca, acquistare un liuto, per esempio a Bologna, città con un’elevata concentrazione di liutai, equivaleva oggi ad acquistare un mini-appartamento. Ora, poteva accadere che uno strumento appartenente ad una famiglia, acquistasse un particolare favore del pubblico e sviluppasse, col tempo, una sua letteratura autonoma, che non era più riconducibile a quella della famiglia originaria. Così è accaduto al violino, illuminante prova dell’intelligenza umana; da una sterminata famiglia di viole (da gamba, da braccio, d’amore, pompose e via dicendo) e dalle lire da braccio (che denunciano la loro origine Islamica dal cavigliere con i piroli frontali), Cerino Lorenzo flauto traverso in avorio fine XVIII sec. Torino Callezione privata anche i liutai contribuirono, con lenta ed implacabile tenacia, a condensare in quattro strumenti ad arco (violino, viola, violoncello e contrabbasso, corrispondenti alle voci di soprano, tenore, baritono e basso), tutte le proprietà delle famiglie originarie, riducendone anche l’incordatura a quattro corde semplici. E’ accaduto altrettanto per lo strumento più piccolo della famiglia del liuto, quello che già alla fine del Seicento veniva chiamato “mandolino”. Nel secolo XVIII° si hanno diversi modelli di mandolini, ognuno dei quali era espressione di letteratura musicale piuttosto sviluppata. Nella classificaz i o n e Ottocentesca si avevano così il mandolino lombardo, il napoletano, il genovese, il bresciano, il fiorentino, il padovano, il senese, il romano, il siciliano. Dal mandolino, inoltre, si sviluppò un’intera famiglia di cordofoni a pizzico che comprendeva il modello soprano, il tenore ed il basso. Riguardo alla chitarra, attorno al XVI° secolo, si ha una prima diffusione di un modello di strumento a quattro ordini di corde (es.Belchior Dias ),assai apprezzato in Spagna, Francia ed Italia. Con l’aggiunta di un quinto ordine di corde (“ordine” sta per corda doppia), lo strumento si afferma in tutta Europa, con forme e dimensioni diverse, creando delle vere scuole nazionali. Parallelamente si consolida la fama di alcuni liutai, i cui strumenti già all’epoca erano ricercati e collezionati: ricordiamo i Sellas di Venezia, attivi già nella prima metà del Seicento. I Voboam a Parigi, che produssero strumenti intarsiati e riccamente decorati di gran pregio, come pure J.Tielke, di Amburgo, famoso anch’egli per gli intarsi. In Italia Antonio Stradivari portò il proprio personale contributo alla costruzione della chitarra ed in seguito Luigi Marconcini, della corte di Ferrara (allievo di Omobono Stradivari, figlio del sommo Antonio) ed il figlio Giuseppe Marconcini, allievo di Lorenzo Storioni. Menzionato nell’anno 1816, nel Carteggio del Conte Cozio di Salabue, come abile aggiustatore attivo in Ferrara, G. Marconcini fu inoltre buon violinista e amico di Nicolò Paganini. Mentre a Napoli, alla Corte della Regina Margherita, GiovanBattista e Gennaro Fabbricatore furono fra i più famosi costruttori di chitarre. Ignoto alla nostra cultura il “salterio”, derivato dall’arabo “qànùn” (medioevale:canone). Quando si applicherà una tastiera al salterio, nasceranno la spinetta, il clavicembalo e, alla fine, anche il pianoforte, che non è altro che un grande salterio non più a pizzico, ma a percussione. Questi sono solo alcuni accenni storici al fascino di esercitarsi nella “raccolta” di violini, chitarre, flauti, arpe, cembali, e strumenti musicali in genere, fino a creare la “collezione storica”, ricca di suggerimenti per coloro che cercano il fascino dell’antico e godono dell’esperienza profonda di G. Gelso (?) fece in palazzo Zambeccari Bologna – 1806 29 essere nel mezzo delle conoscenze insite nelle forme degli oggetti che la compongono. Ma una raccolta pone la necessità di una catalogazione; ed è antica la preoccupazione di catalogare gli strumenti musicali nei loro vari generi. I cinesi, ai quali si è spesso avuta l’abitudine di far risalire antiche invenzioni o antiche soluzioni, hanno proposto delle classificazioni pittoresche come i loro manufatti, secondo la materia, i punti cardinali, le stagioni dell’anno, gli elementi (terra-aria-acqua-fuoco). Per esempio i tamburi, se matericamente fanno parte della pelle (membrana percossa), rappresentarono il Nord, l’inverno, l’Acqua e via dicendo. Il mondo Greco e Romano, invece, impostò una classificazione che perdurò nel Medioevo e, naturalmente, andiamo già sul concreto: si stabilirono le tre grandi classi degli strumenti a percussione (senza distinguere gli idiofoni dai membranofoni), degli strumenti a fiato e degli strumenti a corda. I primi furono chiamati dai Greci “kroustikon”, dai Romani “pulsatile” e dai Medioevali “percussionalia”. Gli strumenti a fiato per i Greci erano “pneumatikon”, per i Romani “inflatile” e per i Medioevali “inflatilia”. Gli strumenti a corda “enchordo” (Greci), “tensile” (Romani), “tensibilia” (Medievali). Ma dobbiamo arrivare alla fine del 1700 per rag- 30 giungere una chiara e unanime classificazione tipologica delle famiglie di strumenti, con la nascita dell’orchestra classica, per la quale operarono tre fra i maggiori compositori di tutti i tempi: F.J.Haydn, W.A. Mozart e L.V. Beethoven. A quell’epoca, il clavicembalo e la sua famiglia di strumenti derivati, stava perdendo popolarità rispetto al nuovo pianoforte, gli strumenti a fiato venivano perfezionati con valvole e chiavi, la famiglia del violino veniva modificata secondo una nuova geometria e suonata coi nuovi archi modificati da Tourte (Francia), la famiglia dei liuti lasciava sempre più spazio alle chitarre. A poco a poco, i legni e gli ottoni si diversificarono, acquistando una maggiore importanza, fino ad assumere una propria autonomia, al punto di divenire essi stessi concertanti (migliorie tecniche ed il conseguente ampliamento delle potenzialità espressive di questi strumenti musicali, fecero assumere loro ruoli di primo piano nelle produzioni musicali dei musicisti del tempo, sia con la funzione di solisti che come formazioni di gruppo. Mozart e Haydn, in particolare, composero opere nelle quali il ruolo dei “legni” e degli “ottoni” era di primo piano). L’esposizione dei “quadri sonori” divenne così sempre più ricca di sfumature timbriche e colori d’espressione e fu rivolta ad un pubblico sempre più vasto. Quest’ultimo fattore, in molti casi, condizionò lo stile costruttivo degli strumenti musicali verso COLLEZIONe Lorenzo Frignani e C ollezioni Private Anonimo liuto (particolare) probabilmente Napoli XVIII sec. 31 chitarra MARCONCINI GIUSEPPE Ferrara - 1805 32 chitarra MARCONCINI GIUSEPPE Ferrara - 1824 33 chitarra MARCONCINI GIUSEPPE Ferrara - 1800 Callezione privata 34 chitarra FABBRICATORE GENNARO Napoli - 1801 Callezione privata 35 chitarra FABBRICATORE GENNARO Napoli - 1820 36 chitarra FABBRICATORE GENNARO Napoli – 1822 Chitarra di pregevolissima fattura, probabilmente destinata ad una persona molto importante della nobiltà dell’epoca. Strumenti di questo livello nascevano spesso come pezzi unici 37 chitarra FABBRICATORE GENNARO Napoli – 1830 Splendido esempio dove si manifestano già influenze “viennesi” (nella meccanica) e “francesi” (nella decorazione floreale della tavola armonica e nel modello del ponticello Callezione privata 38 chitarra GIOVAN BATTISTA FABBRICATORE Napoli – 1799 Uno dei primi esempi di chitarra a 6 corde semplici 39 chitarra DE GRADO GAETANO Napoli – 1807 Raffinatissimo strumento di questo autore del quale si hanno pochissime informazioni biografiche 40 chitarra RIVOLTA GIACOMO Milano – 1807 Di questo importante autore milanese ne parla il Conte Cozio di Salabue nel suo “Carteggio” per la qualità delle sue vernici. Uno strumento analogo è conservato nella collezione di strumenti storici del Castello Sforzesco di Milano 41 chitarra GUARMANDI FILIPPO Bologna – 1803 Callezione privata 42 chitarra ERTL JOHANN Vienna – 1817 43 chitarra ZUCCONI GIACOMO Bologna – 1811 Importantissimo autore bolognese di cui si conoscono pochissimi strumenti 44 chitarra DA GENNARO Napoli - 1822 Raffinatissimo autore di cui mancano notizie biografiche 45 chitarra STAUFER GEORG prima metà XIX sec. Il più importante autore viennese del primo ottocento. Particolarità delle sue chitarre era la possibilità di regolare il manico con un sistema “basculante” agendo su di una vite che fissava il manico stesso alla cassa armonica 46 chitarra LACOTE RENE’ Parigi – prima metà dell’ottocento Callezione privata 47 chitarra etichetta PONS Londra – inizio XIX sec. 48 chitarra ROMANO MARENGO-RINALDI Torino - metà XIX sec. Strumento costruito su modello e nello stile dei“Guadagnini”. 49 chitarra PANORMO LOUIS Londra – 1849 Callezione privata 50 liuto Anonimo probabilmente Napoli XVIII sec. 51 mandolino SMORSONE GIOVANNI Roma – 1721 Callezione privata 52 mandolino MOLINARI GIUSEPPE Venezia - metà XVIII sec. Callezione privata mandolino PRESBLER GIUSEPPE Milano - 1793 Callezione privata mandolino ANONIMO metà XVIII° sec. Callezione privata 53 mandolino GIOVAN BATTISTA FABBRICATORE Napoli – 1781 Callezione privata 54 mandolino VINACCIA GIOVANNI Napoli – metà XVIII sec. Callezione privata Pochette di mandolino Napoli – metà XIX sec. mandolino ALBERTINI E FIGLI Milano – XIX° sec. 55 salterio Anonimo metà XVIII sec. Callezione privata salterio Anonimo probabile Venezia metà XVIII sec. Callezione privata 56 57 violino GOBETTI FRANCESCO Venezia – 1713 Callezione privata 58 violino CAPPA GOFFREDO Saluzzo – c.1700 59 Armonium portativo Dupuy Parigi – metà XIX sec. 60 fortepiano Anonimo (probabilmente austriaco) inizio XIX sec. Callezione privata 61 Bibliografia generale - G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese o Notizie della vita degli scrittori natii degli Stati del Serenissimo di Modena (…), Modena, Società Tipografica, 1786, vol. VI, pp. 432-3. - G. Campori, Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori, ec. della Provincia di Massa, Modena, Carlo Vincenzi, 1873. - L. F. Valdrighi, Pietro Bertacchini e altri musicisti del secolo XVII, <<Musurgiana>>, n. 6, Modena, G. T. Vincenzi, 1881. - A. Venturi, La Regia Galleria Estense, Modena, 1882, pp. 109-111. - L.F. 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Chitarra LACOTE RENE’ Parigi – prima metà dell’ottocento Chitarra etichetta PONS Londra – inizio XIX sec. Chitarra ROMANO MARENGO-RINALDI Torino – metà XIX sec. Chitarra PANORMO LOUIS Londra – 1849 Liuto Anonimo probabilmente Napoli XVIII sec. Mandolino SMORSONE GIOVANNI Roma – 1721 Mandolino MOLINARI GIUSEPPE Venezia - metà XVIII sec. Mandolino PRESBLER GIUSEPPE Milano - 1793 Mandolino ANONIMO metà XVIII sec. Mandolino GIOVAN BATTISTA FABBRICATORE Napoli – 1781 Mandolino VINACCIA GIOVANNI Napoli – metà XVIII sec. Pochette di mandolino Napoli – metà XIX sec. Mandolino ALBERTINI E FIGLI Milano – XIX° sec. Salterio Anonimo metà XVIII sec. Salterio Anonimo probabile Venezia metà XVIII sec. Siolino GOBETTI FRANCESCO Venezia – 1713 Violino CAPPA GOFFREDO Saluzzo – c.1700 Armonium portativo Parigi – metà XIX sec. Fortepiano Anonimo (probabilmente austriaco) inizio XIX sec. Fortepiano Anonimo (probabilmente bolognese) fine XVIII sec. Bibliografia Indice 63