FalzaV 10.07 6 2 8 10 12 14 6 8 Bernard Foccroulle Zoltán Kocsis quadrimestrale anno iv n.10 aprile 2007 PERIODICO DI INFORMAZIONE DISCOGRAFICA 2 Christian Lindberg 12 Costantino Mastroprimiano 10 Andrea Lucchesini 14 Jos van Veldhoven TROmbone _Christian Lindberg Infaticabile Lindberg. Impareggiabile Lindberg. Inarrestabile Lindberg. Ad altri aggettivi pensateci voi. Sembra piaggeria, ma come considerare un solista di uno degli strumenti a fiato più ingrati, per lo meno nel campo della musica colta, che grazie alle sue doti è riuscito a rendere popolare il trombone nel mondo giungendo inoltre a farsi dedicare più di ottanta concerti nell’arco di una ventina di anni? La punta di quest’iceberg, per riprendere le parole dello stesso Lindberg, è forse racchiusa proprio nella recente incisione della fida etichetta BIS che accosta tre diverse ma ugualmente esaltanti pagine dovute alla musicalità di Luciano Berio, Iannis Xenakis e Mark Anthony Turnage. Solo per trombone e orchestra di Berio fu composto a cavallo di 1999 e 2000, Troorkh di Xenakis è del 1991 mentre la revisione di Yet ENNIO SPERANZA Another Set To, composta nel 2004, risale al 2005. DI SE OLTRE OTTANTA (CONCERTI) VI SEMBRAN POCHI Come le accadde di innamorarsi di uno strumento come il trombone? In che modo si propagò la scintilla? CHRISTIAN LINDBERG: Fu il trombonista Jack Teagarden che fece nascere in me la passione per il trombone. Avevo diciassette anni e cominciai a suonare in una band dixieland proprio a scuola. 2 In quale modo un trombonista riesce ad avere un’agenda così ricca di impegni? LINDBERG: Penso di essere nato per starmene su un palco, mi riesce naturale, è una propensione che mi porto dietro un po’ da sempre. Non so perché, ma ho sempre avuto una risposta fenomenale dal pubblico. All’inizio, quando ho cominciato a studiare lo strumento, ho sempre pensato che fosse un peccato starsene in un angolo e non poter far sentire la propria voce al di là dei pochi assoli riservati. Ritenevo e ritengo il trombone uno strumento pieno di possibilità e mi sono adoperato per far vedere cosa si potesse fare con un trombone. Questo mio modo di suonare fu all’inizio un grande svantaggio, ma in seguito ho visto che il pubblico rispondeva bene alle mie sollecitazioni e ho capito che con il trombone si può essere un solista nel pieno senso della parola. Credo di esserci riuscito. Ho notato che le capita spesso di collaborare con i compositori che scrivono per lei, e quest’ultima incisione ne è un esempio lampante. Ma chi è stato il compositore che le ha scritto il concerto più idiomatico per lo strumento in cui tutto filava liscio tecnicamente? Li Christıan Con diversi compositori ho lavorato in maniera piuttosto stretta: parlo di Takemitsu, Pärt, Schnittke, Berio e Sandström. Tra tutti, credo che questi ultimi due siano stati quelli che hanno composto i brani più idiomatici e, se posso esprimermi così, meglio scritti per lo strumento, sebbene si tratti di pezzi piuttosto difficoltosi e virtuosistici. LINDBERG: Qual è secondo lei il miglior concerto odierno per trombone sia per la scrittura che per il rapporto con l’orchestra? LINDBERG: Senza dubbio il Motorbike Concerto di Jan Sandström! an Lindberg CHRISTIAN LINDBERG su bis LINDBERG solo: The Solitary Trombone BIS-CD-388 – 1 CD Lindberg Unaccompanied CONCERTI: American Trombone Concertos Orchestra Sinfonica di Malmö – James DePriest Windpower Kosei Wind Orchestra – Chikara Imamura BIS-CD-848 – 1 CD BIS-CD-628 – 1 CD American Trombone Concertos vol. 2 BBC National Orchestra of Wales – Grant Llewellyn BIS-CD-858 – 1 CD con ROLAND PÖNTINEN (PIANOFORTE): The Virtuoso Trombone BIS-CD-788 – 1 CD British Trombone Concertos BBC National Orchestra of Wales – Grant Llewellyn BIS-CD-258 – 1 CD The Criminal Trombone BIS-CD-658 – 1 CD Arabenne e altri concerti per trombone nordici Orchestre varie BIS-CD-328 – 1 CD The Romantic Trombone BIS-CD-888 – 1 CD Classical Trombone Concerti per trombone del periodo classico Australian Chamber Orchestra – Richard Tognetti BIS-CD-1248 – 1 CD Concerti per trombone del periodo romantico Orchestra Sinfonica di Bamberga – Leif Segerstam BIS-CD-378 – 1 CD Trombone Odyssey Pietre miliari per trombone e orchestra del Novecento Orchestra Sinfonica della Radio Svedese – Leif Segerstam BIS-CD-538 – 1 CD All the lonely people Concerti per trombone Tapiola Sinfonietta – Osmo Vänskä BIS-CD-298 – 1 CD The Burlesque Trombone BIS-CD-318 – 1 CD The Russian Trombone BIS-CD-478 – 1 CD Los Bandidos BIS-CD-988 – 1 CD con PER LUNDBERG (PIANOFORTE): Songs for Sunset BIS-CD-808 – 1 CD BIS-CD-568 – 1 CD Mandrake in the Corner Musica per trombone e orchestra Orchestra Sinfonica di Singapore – Lan Shui BIS-CD-1128 – 1 CD AUTORI: Wolfgang Amadeus Mozart I quattro concerti per cornbone Tapiola Sinfonietta – Jean-Jacques Kantorow BIS-CD-1008 – 1 CD Jan Sandström Musica per trombone e orchestra Orchestra Sinfonica di Lahti – Osmo Vänskä BIS-CD-828 – 1 CD Nathaniel Shilkret Concerto per trombone e orchestra Orchestra Sinfonica di São Paulo – John Neschling BIS-SACD-1448 – 1 SACD Toru Takemitsu How slow the Wind Kioi Sinfonietta Tokyo – Tadaaki Otaka BIS-SACD-1078 – 1 SACD TITOLI: The Winter Trombone Nuova Orchestra da Camera di Stoccolma – Okku Kamu BIS-CD-348 – 1 CD The Sacred Trombone Gunnar Idenstam, organo BIS-CD-488 – 1 CD Trombone e voce nell’Impero asburgico Monica Groop, mezzosoprano BIS-CD-548 – 1 CD 3 Come studia? Quali sono stati i suoi insegnanti? Cosa pensa della scuola americana di Chicago della quale si parla molto? Ho studiato e studio come molti fanno: tecnica e pezzi. Oggi più pezzi e meno tecnica. Per quanto riguarda la seconda domanda deve sapere che probabilmente detengo una sorta di guinness perché ho studiato con quindici differenti maestri, persino con basso tubisti. Sven-Erik Eriksson, Peter Gane, Dennis Wick, John Iveson and Roger Bobo sono stati i più importanti. Per tornare alla prima domanda, i primi tre anni ricordo di aver macinato studi e metodi come Arban, Schlossberg, Lafosse, Hansen and Coulliaud ma poi ho focalizzato l’attenzione sul repertorio solista memorizzando per bene ogni pezzo importante che la letteratura trombonistica concedeva. Ce li ho tutti ancora in testa. LINDBERG: ndberg Berio Henakis Turnage DEDICATI A CHRISTIAN LINDBERG Christian Lindberg, trombone Orchestra Filarmonica di Oslo Peter Rundel Novità BIS-SACD-1638 – 1 SACD CD Christian L Ci racconti dell’esperienza nelle diverse orchestre con le quali ha suonato… Le dirò una sola cosa. Avevo diciannove anni quando suonai con l’Orchestra dell’Opera di Stoccolma. Era una formazione in cui la maggior parte dei componenti aveva intorno ai sessanta anni… un bel salto generazionale che mi faceva sentire in difficoltà. Inoltre, stare seduto per circa sei ore per suonare un’opera di Wagner dove talvolta si hanno pause di venticinque minuti per poi suonare una nota di un singolo accordo era sicuramente differente che scatenarsi in qualità di membro di una dixieland band in una jam session di Basin Street Blues… LINDBERG: alcuni dei quali, tipo quello dell’eccessiva seriosità, in un modo o nell’altro volevo sfatare o rompere. Il musicista che si occcupa di Beethoven o Brahms mica deve essere necessariamente un pinguino imbalsamato, può essere un uomo che vive il suo tempo, che sa divertirsi o giocare, che ride e sorride anche quando fa musica. Sono molto contento perché la risposta che abbiamo ottenuto dai nostri concerti e dai nostri dischi è stata incredibile. Pensa che la trascrizione sia un mezzo ancora valido per aumentare il repertorio del trombone, o non ritiene questa pratica un po’ ‘illecita’? Penso che la trascrizione sia una cosa fantastica, assolutamente! La cosa più stupida nel mondo della musica classica è che spesso ti criticano in questo senso e storcono il naso su un fenomeno che è sempre esistito e che è di vitale importanza. Mozart faceva trascrizioni, Mahler pure, per non mettersi a citare gente come Bach, Schumann, Berio, Miles Davis e via così. No, grazie al cielo la musica viaggia attraverso i mezzi di cui dispone, tutti, senza curarsi di ciò che dicono i pedanti. LINDBERG: Che importanza dà allo strumento in sé? Che tipo di strumenti suona? Be’, lo strumento deve permetterti di poter espandere le tue potenzialità, e quindi ritengo che sia importantissimo anche lavorare in questo senso. Sono consulente per la Conn dal 1989 e abbiamo lavorato per produrre uno strumento che battesse in versatilità e maneggevolezza tutti gli altri modelli in circolazione. Io e mio suocero [Bela Tarrodi, un eccellente costruttore di strumenti, ndr] lavoriamo a stretto contatto, e lui ha studiato un nuova valvola che è stata una rivoluzione per lo strumento. Questa permette una purezza di suono e un’escursione dinamica che nessun altro strumento possiede. LINDBERG: 4 Lei appare come un uomo instancabile. Esiste una giornata-tipo di Christian Lindberg? Lindberg È presto detto. Ore 7.00: caffè. Dalle 7.15 alle 9.00 studio delle partiture (come lei sa, oggi dirigo anche). Alle 9 faccio colazione. Dalle 9.30 alle 11 studio lo strumento. Dalle 11 alle 12.30 circa compongo. Dalle 12.30 alle 14 corro tra i dieci e i venticinque chilometri. Alle 14 pranzo. Alle 16 suono ancora, alle 17 mi rimetto a comporre per un’ora o più. Se non sono troppo stanco continuo sino alle 20 o alle 21, altrimenti mi diverto con la famiglia. Dalle 21 in poi: vino, birra, amici, cinema, tutto ciò che ti fa veramente felice! LINDBERG: Qual è il segreto del matrimonio così lungo fra lei e la BIS Record? LINDBERG: La fantastica intelligenza di Robert von Bahr, la sua devozione e la sua passione, il suo perfezionismo, il suo reale interesse per la musica. È veramente una delle figure più importanti nell’industria della musica classica. Ci sono volte in cui mi fa arrabbiare, ovviamente possono sorgere divergenze, e so che qualche persona si è irritata per la mia cocciutaggine, ma guardando a quello che è riuscito a costruire e al tipo di energia che ha messo e mette nel suo lavoro, non credo ci sia migliore ambasciatore per la musica cosiddetta classica di qualità. Dal punto di vista musicale qual è il risultato o la cosa che la rende maggiormente orgoglioso? Sono realmente orgoglioso di essere riuscito a rendere reale, effettiva, palpabile la mia visione della musica, quella che ebbi sin dall’inizio. Sarei rimasto delle mie convinzioni anche se fossi stato frainteso. Molte persone all’inizio hanno deriso in maniera forse un po’ troppo snob i miei tentativi di far considerare anche il trombone uno strumento realmente solista… LINDBERG: Il jazz da questo punto di vista ha offerto sicuramente più chances allo strumento… Che dire? Complimenti per l’organizzazione e per la suddivisione del suo tempo! Come è nata la storia dei Los Bandidos (il sodalizio semiserio con il pianista Roland Pöntinen)? Direi proprio di sì. Per questo ho deciso di perseguire le mie idee con tenacia, perché volevo che il mondo della musica classica si accorgesse delle enormi potenzialità del trombone e credo di avercela fatta. Sono orgoglioso di aver avuto seguito e credito, il successo è andato oltre ogni più rosea aspettativa, ben oltre i miei sogni. Ma di ciò devo ringraziare anche chi sin dall’inizio ha creduto in me e nelle mie idee, persone come appunto Robert von Bahr. LINDBERG: Be’, il nostro mondo, quello della musica cosiddetta classica, si porta appresso troppi tabù Lei ha debuttato come direttore nell’ottobre del 2000. In che modo è stato spinto verso la direzione? Possiamo LINDBERG: EDITORE: Jupiter Distribuzione srl Reg. Tribunale di Verbania n. 337 del 25.11.2003 SEDE LEGALE: Lungolago Gramsci 7 – 28887 Omegna (VB) REDAZIONE: Via dell’Industria, 31/B – 28924 Verbania tracciare oggi un piccolo bilancio della sua esperienza direttoriale? L’orchestra Northern Sinfonia quasi mi obbligò a dirigere un loro concerto. Ai loro primi inviti dapprima risposi di no, ma la loro insistenza ebbe il sopravvento. E gli sono grato di questo perché fu un successo sorpendente e in tal modo ho scoperto una lato della mia personalità musicale che, col tempo, sta uscendo allo scoperto sempre di più. Pensi che la seconda orchestra che diressi mi propose di diventare da subito direttore principale. Nel 2003, tra l’altro, è uscito il mio primo CD nella triplice veste di solista, direttore e compositore. Ora sono molto orgoglioso di essere il direttore sia della Nordic Chamber Orchestra che dello Swedish Wind Ensemble. LINDBERG: EMAIL: [email protected] TEL. 0323 586200 DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Sgaria DIRETTORE EDITORIALE: Mauro Primon SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Sartore e Mauro Pelletti UFFICIO STAMPA: Donatella Buratti PROGETTO GRAFICO: Mirco Milani – [email protected] STAMPA: Press Grafica srl – Gravellona Toce (VB) FalzaV 10.07 PERIODICO DI INFORMAZIONE DISCOGRAFICA Ci sono direttori con cui ha studiato in particolar modo? Ha dei modelli particolari? Cerco di avere uno stile personale e di lasciarmi influenzare il meno possibile dagli altri. Ogni direttore è solo con sé stesso e credo che possa diventare un gran direttore solo se non imita gli altri o se non si lascia conquistare da modelli precostituiti. Lo studio va fatto da sé stessi sulla musica… Sebbene è indubbio che durante il tirocinio bisogna essere in grado di assorbire tutti gli stimoli che provengono da chi ne sa più di te. In questo senso devo moltissimo, in termini di aiuto, consigli, insegnamenti tecnici a Paavo Järvi, Gilbert Varga, Tommy Anderson, James de Preist, Hans Graf, Leif Segerstam e Okko Kamu. LINDBERG: Suo fratello Jakob è un liutista di fama mondiale. Come mai in famiglia avete scelto strumenti così desueti? C’è un Lindberg che suona almeno il violino o il pianoforte? Nostro padre è stato un grande pittore, ma suo padre non ha mai accettato l’idea che egli potesse fare l’artista. Così ha promesso a sé stesso di non ostacolare le eventuali inclinazioni dei suoi figli. Qualsiasi nostra scelta è stata infatti supportata e incoraggiata, e sia io che Jakob siamo stati comunque abbastanza pazzi da scegliere due strumenti così ‘oltraggiosi’. Ma non ci sono solo folli in casa Lindberg: un altro mio fratello fa l’architetto, mentre nostra sorella è un medico specializzato in chirurgia oculistica. ● LINDBERG: Per gentile concessione de I Fiati www.tarrodi.se/cl Foto: Mats Bäcker Le nostre etichette ACCENT AEOLUS ALIA VOX ALLER RETOUR ALMAVIVA ALPHA ANDANTE ARCANA ARTE VERUM AVIE BIS BONGIOVANNI BRILLIANT CLASSICS CAMERATA CANTUS CARUS CDM Capella de Ministrers CHANDOS CHANNEL COL LEGNO COLUMNA CONCERTO CORO CYPRÈS DISCANT DIVOX DYNAMIC ENCHIRIADIS FARAO FRAME FUGA LIBERA HUNGAROTON IDIS KAIROS KML Record LIGIA LINDORO MARC AUREL MDG MEGADISC METRONOME MICROLOGUS MORELADA MUSIC AND ARTS MUSICA FICTA NIGHTINGALE ONDINE OPUS 106 OPUS ARTE PAN CLASSICS PARADIZO PASSACAILLE PHILARTIS RAMÉE RAUMKLANG RICERCAR SDG Soli Deo Gloria SIGNUM TDK TOURBILLON UNITED ARCHIVES VERMEER VERSO VMS ZIG ZAG TERRITOIRES BELGIO GERMANIA SPAGNA FRANCIA SPAGNA FRANCIA FRANCIA FRANCIA www.accent-records.de www.aeolus-music.com www.aliavox.com www.ar-prod.com www.almaviva.es www.alpha-prod.com www.andante.com www.arteverum.com GRAN BRETAGNA www.avierecords.com SVEZIA www.bis.se ITALIA www.bongiovanni70.com OLANDA www.brilliantclassics.com AUSTRIA SPAGNA www.cantus-records.com GERMANIA www.carus-verlag.com SPAGNA www.licanus.net GRAN BRETAGNA www.chandos.net OLANDA www.channel.nl GERMANIA www.col-legno.de SPAGNA www.columnamusica.com ITALIA www.musicmedia.it GRAN BRETAGNA www.the-sixteen.org.uk BELGIO www.cypres-records.com SPAGNA SVIZZERA www.divox.com ITALIA www.dynamic.it SPAGNA www.enchiriadis.com GERMANIA www.farao-classics.de ITALIA BELGIO www.fugalibera.com UNGHERIA www.hungaroton.hu ITALIA AUSTRIA www.kairos-music.com ITALIA www.labeque.com FRANCIA SPAGNA www.lindoro.com GERMANIA www.aurel.de GERMANIA www.mdg.de BELGIO www.megadisc.be GRAN BRETAGNA www.metronome.co.uk ITALIA www.micrologus.it SPAGNA USA www.musicandarts.com BELGIO www.musica-ficta.com AUSTRIA www.nightingaleclassics.com FINLANDIA www.ondine.net ITALIA GRAN BRETAGNA www.opusarte.com SVIZZERA www.panclassics.com BELGIO AUSTRIA GERMANIA GERMANIA BELGIO GRAN BRETAGNA GRAN BRETAGNA GERMANIA FRANCIA FRANCIA ITALIA SPAGNA AUSTRIA FRANCIA www.paradizo.org www.passacaille.be www.ramee.org www.raumklang.de www.ricercar.com www.solideogloria.co.uk www.signumrecords.com www.tdk-music.com www.united-archives.com www.zigzag-territoires.com DIETERIch Buxtehude _Bernard Foccroulle Direttore del Festival di Aix-en-Provence, Bernard Foccroulle non ha trascurato le sue attività di interprete. Nell’anno del trecentesimo anniversario della morte di Buxtehude, egli pubblica GAËTAN NAULLEAU un’integrale della sua produzione per organo che farà epoca. DI PAROLA E MUSICA Lei ha inciso negli anni Ottanta un’integrale Bach, per poi esplorare la musica dei suoi predecessori, Tunder, Reincken, Bruhns, Scheidemann e oggi Buxtehude: un ritorno alle fonti? BERNARD FOCCROULLE: Non del tutto. È vero che esiste un albero musicale ben identificabile che mette radici con Sweelinck, all’inizio del Seicento, e che attraverso tutti i suoi allievi conduce alla grande scuola della Germania del nord, ma io non sento la musica di Bach come la sua conclusione. Bach vi si è formato, se n’è nutrito attraverso Böhm e Buxtehude, ma egli è altro. E in fondo, il maestro che culmina all’apice di questa tradizione è Buxtehude. Per il suo genio e anche, in concreto, per l’abbondanza delle fonti musicali che ci sono pervenute – circa ottanta pezzi per organo, e quasi nulla del suo contemporaneo Reincken, che era senza dubbio un musicista della stessa levatura. spesso va di pari passo con una tessitura di plein jeu un po’ aspra. A Norden, per esempio, la forza con cui la ‘parola’ prende possesso dello spazio, e s’articola in tutti i piani sonori tipici dell’organo tedesco, è una delle più grandi fortune che ci siano per un organista. Per noi la difficoltà è di dosare quel lavoro di rilievo e la trasparenza necessaria per una polifonia. Il loro equilibrio dà a questa musica tutta la sua forza e la sua grandezza; per trovarlo, sta a noi giocare sulla registrazione e sull’articolazione. Quali caratteri principali ritrova in questa scuola tedesca? Innanzitutto, la retorica. In questa linea che parte da Sweelinck, si può seguire passo passo il modo in cui le forme si costruiscono e diventano sempre più eloquenti. Altra caratteristica, evidente, è l’importanza del corale, del contesto luterano. E poi parlerei di un profondo godimento sonoro, che arriva dalla musica stessa, sfavillante, e al tempo stesso dai colori strumentali. Penso ai grandi ripieni ma anche alla varietà assai straordinaria dei registri della famiglia dei flauti, e alla ricchezza dei registri ad ancia che nessun altro paese ha superato all’epoca. 6 FOCCROULLE: Si possono suonare oggi gli strumenti che ha conosciuto Buxtehude? La maggior parte sono scomparsi, spesso durante la guerra – e particolarmente quelli di Lubecca. Ma c’è un’eccezione a Elseneur, un organo magnifico di cui Buxtehude è stato titolare per qualche anno, e di cui la cassa e un registro sono intatti. Questo registro, il principale di quattro piedi del positivo tergale – che qualche anno fa è servito da base alla ricostruzione dell’organo –, è indicativo di un certo ideale timbrico tedesco: ‘aristocratico’, assai raffinato, ma che parla, che pronunzia con una vivacità impressionante. FOCCROULLE: In quel tempo, nella Germania del nord, si preferiscono costruire degli strumenti monumentali, e Buxtehude ne ha conosciuti un buon numero: in tali proporzioni si ritrova questa qualità di pronunzia? Assolutamente. È tutto il genio di questi organari di aver saputo preservare questo impatto delle ‘consonanti’ in organi che talvolta hanno più di cinquanta registri – cosa che FOCCROULLE: Foto: Johann Jacobs ccroulle BERNARD FOCCROULLE su ricercar Johann Sebastian Bach Corali di Lipsia Organo Sibermann del duomo di Friburgo RIC 212 – 1 CD Heinrich Scheidemann Musica per organo Organo Scherer della chiesa di S. Stefano di Tangermünde RIC 225 – 1 CD Franz Tunder Musica per organo Organi Schnitger della chiesa di San Ludgero di Norden e Raphaëlis del duomo di Roskilde RIC 239 – 1 CD Ars Musica 2000 Organo Grenzing della cattedrale di Bruxelles Johann Adam Reinken | Nicolaus Bruhns Integrale della musica per organo Organi Schnitger della chiesa di San Giacomo di Amburgo e della chiesa di San Ludgero di Norden RIC 204 – 1 CD RIC 209 – 1 CD niata sulla parola, sulla lettura dell’Antico e del Nuovo Essenziale, certo. Del resto, più in generale, sento Testamento, e sulla predica. molte più ‘consonanti’ nell’organaria barocca tedesca che in Francia. Non è un caso. È l’influenza della lingua e al Lei affronta Buxtehude con un bagaglio unico: da comtempo stesso della tradizione lupositore, da frequentatore abituale dei suoi predecesterana, impersori, ma anche delle sue cantate – lei ha partecipato Vale a dire, anche qui, la pronunzia: la qualità essenziale? FOCCROULLE: con il Ricercar Consort alla lunga collana «Deutsche Barock Kantaten». Questi anni l’hanno influenzata in quanto organista? Influenzato? Lei vuol dire sconvolto! Innanzitutto, aver fatto tanto continuo mi ha portato a pensare la parte del pedale come altro che una voce diversa: un sostegno armonico, melodico ma anche ritmico. Tendo a staccarla un po’ di più, sapendo che nella musica da camera, è essenziale per il solista potersi appoggiare su un una struttura ritmica forte per essere libero. Lo stesso all’organo, è il basso che dà a un corale ornato la sua libertà vocale – direi che la libertà esiste soltanto se c’è una struttura perfettamente organizzata di sotto. Ciò che ho assimilato dai miei anni di continuo ho anche recepito che 7 non c'è frontiera tra una sonata, una cantata e un pezzo per organo. Buxtehude viaggiava stabilmente fra questi ambiti, tendiamo a separarli, per esempio sottovalutando l’importanza ‘profana’ della danza: ma ascolti la ciaccona che scaturisce alla fine del grande Praeludium in do maggiore! Bisogna cercare di affrontare queste partiture considerandole elementi fra molti altri di quella che era la pratica quotidiana di un musicista al tempo di Buxthude: è soltanto la parte emersa dell’iceberg. ● FOCCROULLE: Diapason, febbraio 2007_Per gentile concessione Dieterich Buxtehude INTEGRALE DELLA MUSICA PER ORGANO Novità Bernard Foccroulle RIC 250 – 5 CD al prezzo di 3 Bernard Foccroulle completa qui il panorama delle grandi figure dell’organo Buxtehude generoso, illuminato dalla bella qualità vocale dell’esecu- della Germania del nord (Scheidemann, Tunder, Weckman, Reincken, zione, dalla sua risolutezza digitale, dalla padronanza del suo fraseg- Bruhns…) avviato qualche anno fa. Una ventina di integrali sono state pro- gio. L’apoteosi arriva alla fine dell’ultimo volume, in cui l’organo diven- dotte dopo il rinnovamento del barocco, quelle molto caratterizzate di ta sostegno saldo ma discreto di un canto sublime ed epurato: Chapuis e di Saorgin, più recentemente e in tutt’altro stile, di Ablitzer o di Foccroulle ha incluso un pezzo vocale, il Klaglied composto da Vogel: Foccroulle realizza una sintesi di questo ricco passato, o piuttosto se Buxtehude sulla morte di suo padre, affidato a Bernarda Fink. ne alimenta per una ricreazione, che restituisce l’organo di Buxtehude in Un’esperienza quasi fisica della trascendenza. tutta la sua complessità. Tratti folgoranti e stylus fantasticus, certo, ma Riprese del suono fedeli, libretto esemplare e abbondante, prezzo ac- anche profondità mistiche delle grandi fantasie su corale, violenza, ostina- cessibile: un riferimento. Il tricentenario comincia bene e Ton Koopman zione, serietà, dolcezza e voluttà. Un lavoro d’artigiano, mai sistematico. arriva con il suo progetto di Opera omnia: tutto Buxtehude, organo, Foccroulle ha costruito l’integrale attorno a cinque strumenti sontuosi clavicembalo, cantate e musica da camera! e diversi, in cui la sua arte della registrazione trova sempre la corrispondenza tra colore e affetto. Anche qui niente di univoco. Un Pierre Dano Diapason, febbraio 2007 BÉLA BArtók _Zoltán Kocsis A brand new Bartók. Alla Hungaroton, deciso che era venuta l’ora del restyling, hanno affidato al direttore d’orchestra e pianista Zoltán Kocsis gli oneri dell’impresa e anche i certi onori che ne deriveranno. Il primo volume a essere pubblicato è in realtà il numero 2, contenente il poema sinfonico Kossuth (1903) e il balletto in un atto Il principe di legno (1914-17), su testo di Béla Balázs. Per arrivare a 32 ci vorrà un po’ di pazienza. Abbiamo pensato di ingannare il tempo ponendo alcune questioni al curatore della nuova collana. A proposito di un autore che è sì un classico, ma che si tende in generale ad apprezzare PIERCARLO POGGIO solo in relazione a un numero ristretto di composizioni. DI BARTÓK CI PARLA Con la prima uscita della «Bartók New Series» lei ha avviato un lavoro di grandi dimensioni e di notevole impegno. Qual è la ragione principale che l’ha spinta a questa impresa? C’erano molte ragioni che rendevano improrogabile un rifacimento della collana. La principale è che abbiamo ritenuto la vecchia edizione Hungaroton piuttosto obsoleta, perché costituita di incisioni che non rappresentavano al meglio quello che è lo stile autentico di Bartók. ZOLTÁN KOCSIS: 8 In base quali criteri sarà riorganizzata per l’occasione l’intera opera bartókiana? Per quanto concerne la sistemazione, abbiamo scelto di operare tenendo conto sia del genere di appartenenza di ogni singola partitura sia dell’ordine cronologico. KOCSIS: Lei ha cercato di approssimarsi alle composizioni di Bartók secondo una nuova prospettiva? KOCSIS: La questione è emersa in modo prioritario. Sono in molti a pensare che per raggiungere l’intensità del sistema agogico e accentuativo di Bartók occorra inventarsi qualcosa di nuovo e strano, ad esempio nuove combinazioni degli strumenti. Ma è stato provato da un buon numero di eccellenti performances che ciò non è vero. Nel nostro pensiero abbiamo sempre ritenuto fosse possibile riprodurre lo stile di Bartók anche attraverso l’impiego di un’orchestra costituita nel modo solito, se la direzione era di qualità. D’altro canto non bisogna incorrere nell’errore opposto, tentando di ‘classicizzare’ troppo la musica di Bartók: se non si tiene nel dovuto conto il suo approccio l’insieme diviene tragicamente accademico. riferimento precedenti versioni di alcuni pezzi e movimenti. Direttore e pianista: come è riuscito a operare e a comprendere così bene Bartók in questi due distinti ruoli? KOCSIS: Il fatto è che sul piano dello stile in Bartók non ci sono grandi differenze tra i pezzi per piano e quelli per orchestra. La musica folklorica dell’Europa dell’Est ha influito profondamente sulla sua musica, ed è impossibile non tenerne conto. È abbastanza evidente infatti come lo stile parlando-rubato delle opere per pianoforte sia stato trasposto da Bartók in quelle per orchestra. Per contro, inaspettatamente, può sorgere qualche difficoltà quando il piano e l’orchestra devono suonare insieme, perché occorre procedere a un’integrazione dei due elementi. La soluzione è la ricerca di un’unità di intenti, come avveniva ad esempio tra la Wiener Philharmoniker e le musiche di Johann Strauss. Bartók, l’uomo e la sua musica: che peso ha avuto e quanto ha influito, in negativo e in positivo, sulle sue composizioni, la sua difficile vita? Di certo, in modo conscio o inconscio, la sua rivalità con Dohnányi, Weiner e Kodály permise a Bartók di ottenere risultati che non avrebbe altrimenti raggiunto. Un autore d’avanguardia sa già in partenza di dover sempre fare fronte a riscontri negativi, anche se purtroppo Bartók ne ha incontrati più dell’usuale; d’altro canto a lui si attaglia in modo perfetto la seguente affermazione di Schoenberg: «non posso che manifestare apprezzamento per i miei oppositori, mi sono davvero di grande aiuto». Le delusioni che Bartók provò nella vita privata hanno senza dubbio marcato le sue composizioni, ma KOCSIS: Probabilmente anche per lei questa impresa è stata l'occasione per scoprire ulteriori aspetti della musica di Bartók… KOCSIS: Tutte le registrazioni sono state precedute da ricerche filologiche attente e meditate, secondo gli stessi criteri con cui avevo concepito tra il 1990 e il 1997 i miei otto CD sulle musiche per pianoforte del maestro. Con la medesima minuziosità abbiamo tentato di comprendere le stratificazioni compositive e dove necessario abbiamo assunto come testo di án Kocsis ZOLTÁN KOCSIS su hungaroton (selezione) Johannes Brahms Sonata n. 3 in fa minore op. 5 HCD 12601 – 1 CD Johannes Brahms Sonate per violoncello e pianoforte Miklós Perényi, violoncello HCD 12123 – 1 CD Joseph Haydn Sonate nn. 20, 28–33 Capriccio in sol maggiore – Variazioni in mi bemolle maggiore HCD 11618-19 – 2 CD Franz Liszt Concerti per pianoforte nn. 1 e 2 Orchestra del Festival di Budapest Iván Fischer HCD 31362 Wolfgang Amadeus Mozart Concerti per pianoforte K. 414 e 488 Orchestra da Camera Ferenc Liszt, Budapest – János Rolla HCD 12472 – 1 CD Wolfgang Amadeus Mozart Concerti per pianoforte K. 238, 456, 595 Orchestra da Camera Ferenc Liszt, Budapest – János Rolla HCD 31172 – 1 CD Wolfgang Amadeus Mozart Integrale delle sonate per pianoforte a quattro mani Dezső Ránki HCD 11794-95 – 2 CD Wolfgang Amadeus Mozart Sonate per pianoforte vol. 1 HCD 31802-03 – 2 CD Wolfgang Amadeus Mozart Sonate per pianoforte vol. 2 HCD 31804-06 – 3 CD Duetti per pianoforte Mozart | Ravel | Brahms Dezső Ránki HCD 11646 – 1 CD Musica per violoncello e pianoforte Debussy | Bartók | Fauré | Kodály Miklós Perényi, violoncello HCD 31140 – 1 CD Trii con clarinetto Beethoven | Brahms Kálmán Berkes, clarinetto – Miklós Perényi, violoncello HCD 12286 – 1 CD in esse confluiscono anche atteggiamenti politici, sociali e ideologici più o meno nascosti. Il Concerto per orchestra sarebbe riuscito con un’altra atmosfera se Bartók, esule in America, non avesse sofferto per la nostalgia di casa. L’opera in un atto Il castello del principe Barbablù è quella che sa colpire fortemente e in modo profondo l’animo umano. Nello Scherzo, op. 2, che è un poema sinfonico mascherato da concerto per pianoforte, convergono la tradizione lisztiana, cioè le tecniche e la strumentazione del pianoforte del XIX secolo, Quali sono a suo avviso le composizioni migliori di effetti recenti (Richard Strauss) e quell’intonazione ‘diaboliBartók? E quale la più interessante sul piano speri- ca’ che marcherà le visioni bartókiane più tarde. Tra le prove mentale? più avanzate segnalerei le quattordici Bagatelle, op. 6, il primo KOCSIS: Benché non sia necessario lo specchio delle mie ri- lavoro di Bartók a contenere musica folk ‘reale’. sposte per stabilire una gerarchia delle partiture bartókiane, dirò che la Sonata per L’interesse di Bartók per la musica di tradizione fu condue pianoforti e persiderata all’epoca come una bizzarria ‘esotica’? cussioni è sicuramen- KOCSIS: No, Bartók si occupò sempre della questione in modo te una delle migliori. rigoroso, appressandosi alla materia etnica sotto il profilo musicologico; trattò la musi9 ca popolare con metodo scientifico, aprendo una strada. Foto: Un atteggiamento che non fu mai, Andrea Felvégi ad esempio, quello di Liszt. C’è stato un momento in cui ha considerato la possibilità di ‘odiare’ Bartók dopo anni e anni di pratica della sua musica? Se la domanda è rivolta a sapere se potrei ascoltare la musica di Bartók in ogni momento, la mia risposta è no. In caso contrario, devo rispondere no lo stesso, anche se non posso non sentirmi meno coinvolto da quelle opere che lo stesso Bartók considerava meno interessanti, per esempio il Concerto n. 2. Ma, se si eccettuano pochi esempi, non posso sentirmi lontano dalla musica di Bartók, un autore che attraverso le sue sonorità ci parla in modo diretto. ● KOCSIS: www.filharmonikusok.hu www.bartoknewseries.com Béla Bartók KOSSUTH IL PRINCIPE SCOLPITO NEL LEGNO Orchestra Filarmonica Nazionale Ungherese Zoltán Kocsis BARTÓK NEW SERIES VOL. 2 Hungaroton HSACD 32502 – 1 SACD Novità LUCIAno Berio _Andrea Lucchesini L’incisione della musica per pianoforte di Luciano Berio, interpretata da Andrea Lucchesini, è la storia di una eccezionale collaborazione e di una grande amicizia, iniziata verso la fine degli anni Ottanta. L’ascolto dell’Hammerklavier, eseguito da Lucchesini, colpì molto Luciano Berio che decise di proporgli il suo Concerto II «Echoing curves», incuriosito all’idea di affidare a un pianista ‘puro’ l’esecuzione di una sua composizione. Così è iniziata l’avventura di Andrea Lucchesini nella musica contemporanea. E quel primo incontro rivelò un’immediata sintonia che negli anni divenne una profonda amicizia, «l’amicizia di un artista grandissimo – come racconta Lucchesini – capace di annullare le differenze generazionali con la sua insaziabile curiosità e sorprendente disponibilità, capace di gesti di grande generosità e di inattese e profonde commozioni». Abbiamo ripercorso con Lucchesini la produzione per pianoforte di Berio, partendo dalle Cinque Variazioni (1952-1953; rev. 1966), un chiaro omaggio a un compositore che è stato un punto di riferimento ROBERTA MILANACCIO nell’Avanguardia musicale italiana: Luigi Dallapiccola. DI 10 IMPROVVISANDO CON PRECISIONE ASSOLUTA Un anno dopo l’uscita del Quaderno di Annalibera, Berio scrisse le Cinque Variazioni. È una composizione di rara esecuzione, che contiene un’applicazione dei principi seriali senza rinunciare ad utilizzare processi di variazione. Come avverrà per tutte le composizioni per strumento solo, Berio inizia ad enfatizzare le potenzialità tecniche dello strumento stesso (aspetto che nelle Sequenze ha la sua massima espressione), e lavora in particolare sul ‘gesto’. Per questo all’interprete viene richiesto di variare continuamente i modi di approccio alla tastiera, così da rendere al meglio i mille colori di questa musica. ANDREA LUCCHESINI: Nella Sequenza IV (1966) ritroviamo tutto questo, insieme ad una alternanza di blocchi accordali e figurazioni distese in orizzontale, nonché certe suggestioni improvvisative. Una delle maggiori difficoltà per l’interprete è proprio questa: lasciarsi andare come a momenti di improvvisazione, che però improvvisazione non sono, perché tutto è scritto. Questa è una delle peculiarità della scrittura di Berio: la precisione assoluta nella scrittura. Per questo nella fase della lettura l’interprete deve essere particolarmente attento e scrupoloso nell’osservare e riprodurre i segni. Dopodiché si può far lavorare la fantasia. Così come nella Sequenza IV, anche nei Six Encores sono condensate nella brevità di stupende LUCCHESINI: miniature, tutte le caratteristiche peculiari della scrittura pianistica di Berio, in particolare l’uso molto accurato del pedale tonale, quasi un cantus firmus che si muove parallelamente alle figurazioni delle dita. Dopo la Sequenza IV, nel 1967 Berio torna nuovamente a scrivere per la tastiera: nasce Rounds. LUCCHESINI: Questo è un pezzo completamente diverso, di carattere più sperimentale. Fu scritto inizialmente per clavicembalo, con l’indicazione di eseguire, alla ripetizione, la stessa pagina solo capovolta. È evidente l’ironia verso certe avventure estremizzanti degli anni Cinquanta. A parte la Sonata e la Sequenza, spesso i pezzi per pianoforte sono una presa di posizione espressiva in merito a una questione tecnica o interpretativa particolare. Ne è un esempio il primo dei Six Encores, Wasserklavier. Si discuteva tra amici sull’incipit del Primo Intermezzo op. 117 di Brahms. Il giorno seguente Berio scrisse questo brano che iniziava con le prime note dell’Intermezzo e che, pur nella fluidità di un andamento melodico di sapore ottocentesco, pone all’interprete non pochi problemi di resa, a causa di una scrittura verticale di grande spessore armonico e di non facile a Lucchesini realizzazione tecnica, resa invisibile da un’apparente semplicità. In maniera completamente diversa, la tendenza alla provocazione è molto presente anche in Touch, che Berio scrisse in occasione del mio matrimonio. È un raffinato piccolo divertimento, la cui idea ispiratrice sta proprio nella gestualità decisamente intima a cui i due esecutori sono costretti, in un continuo incrocio di mani, di braccia e di gambe, che sembra proprio incoraggiare un approccio erotico. Luciano Berio ne… Le difficoltà per l’interprete nell’eseguire questo pezzo riguardano anche la capacità di rendere in un unico arco, 23 minuti di musica, in cui si susseguono episodi molto diversi, che necessitano di un’opportuna caratterizzazione timbrica, espressiva ed anche di un notevole virtuosismo. Nel 2001 al Festival di Zurigo è stata eseguita per la prima volta la Sonata. Nella stessa serata era in programma l’Hammerklavier di Beethoven. In altre occasioni, lei accosta la musica di Berio ad alcune Sonate di Scarlatti. Cosa l’ha portata ad abbinare così differenti produzioni che, in effetti, risultano particolarmente congeniali all’ascolto? LUCCHESINI: L’abbinamento centrato a Zurigo era BerioBeethoven. Non un Beethoven qualsiasi, ma quello dell’Hammerklavier, la sua sonata più moderna e rivoluzionaria. In entrambi i casi all’interprete è richiesto di spingersi ‘oltre’. L’altro abbinamento è invece un vero e proprio ‘montaggio’, fra i Six Encores e cinque Sonate di Scarlatti e avvicina due mondi completamenti diversi, senza soluzione di continuità. Oltre ad un certo effetto straniante, che inizialmente spiazza Con la Sonata, si compie il percorso compo- un po’ gli ascoltatori, mi pare che il risultato sia quello di una sitivo di Berio intorno al pianoforte. Come reciproca illuminazione, tra due mondi musicali così lontani, riferisce il dedicatario, Berio la definì «un che però sono uniti dalla meravigliosa astrattezza di una scritenorme brano per pianoforte quasi impos- tura per tastiera scintillante e dal fluire abbondante di idee sibile da suonare», ma sappiamo bene che musicali di grande effetto. Nell’abbinare Scarlatti a Berio il lavorò molto con lei sull’eseguibilità di processo è un po’ quello di Rendering. Berio avrebbe potuto molti passaggi. scegliere di scrivere tutto ‘alla Schubert’, mentre ha genialLUCCHESINI: Una delle caratteristiche di Berio mente deciso di separare nettamente lo sviluppo degli appunera di spingere sempre l’esecutore al limite. ti schubertiani dagli inserti di sua esclusiva invenzione. C’è un aneddoto intorno a questo fatto, che ci riguarda. Nella Sonata, sono indicati alcuni Come si inserisce nella sua attività l’esperienza 11 tempi di metronomo che non si di interprete della musica di Berio? possono variare perché legati da LUCCHESINI: Non capita tutti i giorni di poter lavorare con comFoto: rapporti di proporzione, e uno dei positori di quella grandezza. Anche le piccole cose che lui mi Roberto Masotti passaggi, alla velocità indicata, ri- ha detto fin dalla prima volta che ci siamo incontrati, le consulta ineseguibile. Ne parlai con servo tra i ricordi più importanti e cari. Berio, suggerendogli di modificare Berio insisteva molto sulla necessità che la musica contemun po’ il tempo, ma lui non sentì poranea uscisse dalla nicchia degli specialisti e venisse afragioni e mi disse: «Prima o poi frontata, serenamente, come tutto il resto del repertorio, nascerà qualcuno che lo saprà fa- con la stessa convinzione e con lo stesso slancio. Un’altra lere». Alle mie ulteriori insistenze, zione di Berio che per me è stata fondamentale è il gusto accettò di aggiungere «ma flessibi- della sfida, che ti spinge a osare sempre, sia nella formulale…», lasciando però immutato il zione dei programmi che nell’interpretazione, e a non tempo. Amava molto la provocazio- smettere mai di cercare. ● MUSICA PER PIANOFORTE Novità Andrea Lucchesini Avie AV2104 L’antologia di Andrea Lucchesini della musica per pianoforte solo di Berio co- le differenze fondamentali con il disco concorrente. Lucchesini, che pre più o meno lo stesso repertorio di un disco di Francesco Tristano Schlimé presentò la prima esecuzione della composizione nel 2001, impiega qui pubblicato lo scorso anno sull’etichetta Sisyphe. Entrambi comprendono poco più di 23 minuti, con una luminosità di tocco e un’intensità nervo- tutti i pezzi più importanti – le Cinque Variazioni nello stile di Dallapiccola, la sa che sembrano un abbinamento perfetto per l’ossessione della musi- Sequenza IV e la tarda Sonata – come pure le miniature raccolte in una serie ca con un singolo suono ripetuto che gradualmente si trasforma in raf- di Six Encores e la versione pianistica di Rounds, scritto in origine per clavi- fiche di moto perpetuo. Schlimé ci mette più di cinque minuti in più, esi- cembalo. Ma mentre Schlimé include la Petite Suite del 1947, opera giovanile bendo gesti più marcati e più enfatici. Il pianista belga ha meno cura e assolutamente atipica, il disco Avie presenta un paio di pezzi tardi a quat- delle sottili sfumature di Berio, che la registrazione Avie cattura così tro mani, Touch e Canzonetta, piccoli caratteristici saggi di linee intrecciate fedelmente per Lucchesini. e ritmi stratificati che Berio dedicò a Lucchesini e a sua moglie – che in que- Esecuzione: ★★★★★ | Suono: ★★★★ sta registrazione lo affianca. È la lettura della straordinaria Sonata, tuttavia, che mette in evidenza Andrew Clements BBC Music Magazine, aprile 2007 MUZIO CLEmenti _Costantino Mastroprimiano Anche nel pianoforte esistono le specializzazioni. Ci sono gli stacanovisti di Liszt, gli habitué di Mozart, c’è chi esegue solo Chopin. Un pianista votato a Clementi, ancora mancava. Costantino Mastroprimiano colma questa lacuna, dovuta ad un atteggiamento di sufficienza tutto moderno nei confronti di un compositore al quale geni della statura di Beethoven, per citare solo un nome, tributarono manifestazioni di stima. Mastroprimiano non si occupa solo di Clementi, ma buona parte delle sue attività sono dedicate alla riscoperta di una figura che, soprattutto per il pianoforte, è imprescindibile. Un lavoro appassionante, che ha portato l’esecutore ad impegnarsi dapprima sul versante teorico (è curatore della pubblicazione dell’opera omnia di Muzio Clementi in edizione urtext, e, per le celebrazioni del 2002, è stato tra gli organizzatori del Convegno «Muzio Clementi: compositore-(Forte)pianista-editore» in collaborazione con la Società Italiana di Musicologia e il Conservatorio di Musica CHIARA SIRK di Perugia), poi su quello esecutivo. DI 12 COSÌ NON L'AVEVA MAI FATTE NESSUNO Maestro, il suo percorso d’indagine, esemplare in un paese in cui raramente teoria e prassi si accompagnano, trova il compimento nella registrazione dell’integrale delle Sonate di Clementi per la Brilliant. Com’è nato questo progetto? COSTANTINO MASTROPRIMIANO: Già Maria Tipo e Piero Spada avevano registrato tutte le Sonate di Clementi, ma nessuno aveva pensato di eseguirle su uno strumento d’epoca. Questa è la prima particolarità dell’integrale che propongo, la seconda è che userò strumenti diversi a seconda delle sonate. Quindi per le Sonate viennesi del primo box ho suonato su uno strumento ‘viennese’, copia di Andrea Restelli da un Ludwig Dulcken del 1790 circa. Per il secondo dedicato alle sonate giovanili, userò una copia di Ugo Casiglia da un Silbermann, strumento di Carl Philip Emanuel Bach, uno degli autori, che Clementi stesso dice, insieme a Scarlatti, Händel e alla scuola violinistica italiana, contribuirono alla sua formazione tastieristica. Per le Sonate precedenti al 1798, data in cui entra in affari come costruttore di pianoforti, c’è un Brodwood originale, che si trova in Olanda. Per le registrazioni successive abbiamo qualche Clementi in Austria e in Inghilterra. Perché proprio le tastiere antiche? A volte dimentichiamo quanto il pianoforte sia cambiato: quello di Mozart aveva due ottave in meno del nostro. Poi iniziarono a costruire strumenti con tasti in più e Clementi scriveva per questi. Aveva un ottimo senso degli affari: certe Sonate, di cui lui era editore, poteva eseguirle solo chi comprava il suo pianoforte. La grandezza di queste com- MASTROPRIMIANO: www.mastroprimiano.it www.fondazionearcadia.org stroprimiano posizioni però non sta solo nell’uso innovativo e curioso dello strumento, ma soprattutto nel modo di usare la mano. Clementi è il primo che usa le dieci dita con modalità diverse. Ogni dito ha una sua specifica nuance. Veramente si pensa sempre a lui come ad un campione della tecnica: non è così? nismo. Pensare che non si sa con chi si è formato pianisticamente, sembra sia stato un autodidatta. Nel 1766 va in Inghilterra, dove fa sei anni di studio matto e diventa il più importante insegnante della sua epoca. Andarono a lezione da lui Hummel, Czerny, Moscheles, John Field, che arrivò a San Pietroburgo dove fondò la scuola pianistica russa. Sulla sua tomba, in Westminster, gli inglesi hanno voluto scrivere «padre del pianoforte», perché ha fondato il modo moderno di usare il pianoforte. Liszt quando debuttò a Londra, nel 1822, da chi volle avere la benedizione? Da Clementi. Beethoven nella sua biblioteca aveva tutte le Sonate di Clementi, non tutte quelle di Mozart. Chopin prescriveva ai suoi alunni esercizi dal Gradus, perché li riteneva fondamentali. Poi il pianoforte e la sua didattica hanno avuto altre evoluzioni e quando è venuto meno il modo corretto di leggere la documentazione clementina è anche andata persa parte della sua validità. No. Le cronache del suo soggiorno in Svizzera ricordano la libertà estrema che aveva nel suonare. L’incomprensione che incontrò a Vienna è dovuta proprio al suo stile, assai lontano da quello adottato normalmente da un esecutore al pianoforte. Lo stesso Mozart aveva un modo di suonare più pacato, meno pianistico di quello di Clementi che usava la mano in modo acrobatico e aveva un’escursione dinamica maggiore. In continuazione prescriveva il pianissimo e il fortissimo, soprattutto sui pianoforti viennesi, perché voleva da questi strumenti una sonorità più spiccata, come gli offrivano quelli inglesi. Questo cofanetto rivela le sonate più esasperate dal punto di vista pianistico, perché le eseguiva su uno Ha avuto qualche sorpresa nel corso di questo lavoro? strumento che non gli era assolutamente congeniale. MASTROPRIMIANO: Diciamo che sul pianoforte alcuni pezzi per Clementi voleva rivelare ciò di cui sia l’esecutore, sia lo stru- me erano irraggiungibili. Mi sono detto: vediamo cosa succemento potevano essere capaci rispetto a quello che si sentiva de con un pianoforte dell’epoca. Quando ho iniziato a studiare le Sonate di Clementi al fortepiano sono rimasto incredulo. in quel periodo a Vienna. Cambiano completamente. MASTROPRIMIANO: Com’è nato il suo interesse per Clementi? Perché Clementi è importante? C’è chi ha Quante uscite sono previste? scritto studi più complicati o più utili, ma, studiandolo mi MASTROPRIMIANO: L’edizione completa sarà di 16, forse 17 CD, sono reso conto di quanto sia attuale e che nel suo modo di penso usciranno abbastanza velocemente, nel giro di un paio scrivere e di usare il pianoforte ci sono molte cose che tro- d’anni. veremo in Beethoven, Chopin, Liszt e in tutto il grande pia- MASTROPRIMIANO: La collaborazione con Brilliant com’è nata? Ho scritto alla casa discografica proponendo un disco di Clementi e mi hanno risposto di essere interessati solo all’integrale e così è stato. Non esiste neanche la registrazione del Gradus su strumento originale. 13 MASTROPRIMIANO: Foto: Questo impegno ha prodotto risultati? Ovvero, ha visto cambiare opinione su Clementi? Laura Crippa In Italia è molto difficile sradicare le abitudini. Solo se racconto tutto questo allora si desta l’attenzione e tutti si meravigliano del pianismo espresso da Clementi. Del resto Johann Christian Bach diceva che non si azzardava a suonare le composizioni di Clementi, che potevano essere suonate solo dall’autore. Nel necrologio di Haydn ci fu chi scrisse «lui era grande, ma nelle sonate per pianoforte non può essere certo avvicinato a Clementi. Adesso si sta facendo notare un giovane, si chiama Beethoven, speriamo mantenga le premesse». Di tutto questo ci siamo dimenticati. ● MASTROPRIMIANO: Muzio Clementi LE SONATE VIENNESI Costantino Mastroprimiano, fortepiano Novità INTEGRALE DELLE SONATE VOL. 1 Brilliant Classics 93338 – 3 CD JOHANN SEBAstian Bach _Jos van Veldhoven È un Bach sacro dall’organico essenziale e dalle sonorità trasparenti quello proposto dal direttore Jos van Veldhoven con i musicisti della Netherlands Bach Society. Per l’etichetta Channel Classics sono recentemente usciti due cofanetti dedicati alla Passione secondo Giovanni e alla grande Messa in si minore, in cui si avverte un riflesso delle innovative teorie sulla prassi esecutiva proposte da Rifkin e altri musicologi. Senza dubbio la scelta musicale che più colpisce riguarda la sostituzione del coro con un agile ensemble vocale formato da una quindicina di cantanti, suddivisi al loro interno fra solisti (ma il termine storico, ripreso da van Veldhoven, è «concertisti») e «ripienisti». Ne risulta una sonorità quasi rinascimentale e madrigalesca, seppur assai densa e florida, cui contribuisce del pari l’intento del direttore olandese di ridurre al minimo la differenza fra cantanti e strumentisti in considerazione del fatto che talvolta lo stesso Bach, nella sua musica vocale, reimpiegò pagine strumentali. Direttore artistico della Netherlands Bach Society dal 1983 e professore di direzione corale nei Conservatori di Amsterdam e dell’Aja, Jos van Veldhoven è anche un attento cultore di 14 musica secentesca, con versatili interessi per i MARCO BIZZARINI repertori tedesco, francese e italiano. DI UN BACH CHE PUNTA AL CUORE DELL’ASCOLTATORE Maestro, la prima domanda sorge spontanea: quali sono i motivi che l’hanno indotta a incidere la JohannesPassion e la Messa in si minore di Bach con un piccolo gruppo di cantanti anziché ricorrere a un coro tradizionale? Si tratta di una scelta dovuta a pure ragioni storiche, oppure è anche una questione di preferenze e gusti personali? presenti un caso diverso? Non c’è dubbio: la musica di Bach è profondamente diversa da quella di Mozart. È complessa, polifonica, talvolta richiama perfino la musica rinascimentale. È molto espressiva, molto emozionale, spesso molto individuale. A differenza di altra musica del JOS VAN VELDHOVEN: Vede, noi sappiamo che Bach ha sempre im- Settecento non è composta per fare effetto piegato piccoli gruppi di cantanti. Sappiamo pure che i solisti sulle grandi folle, ma per commuovere il intonavano le parti corali assieme ai cosiddetti ripienisti. cuore di una singola persona. Ecco perché ho voluto registrare la Messa in si minore in questo modo. Ma sono anche convinto che un piccolo organico di Molti lettori saranno curiosi di sapere cocantanti e strumentisti aiuti a rendere il suono più trasparenme lei è diventato musicista e come si te ed espressivo. è innamorato della musica di Bach. VAN VELDHOVEN: Da giovane cantavo tutti i giorni in un coro di raMi permetta tuttavia, solo per un attimo, di fare l’av- gazzi. Si faceva musica di Palestrina, Schütz, Haydn, Mozart, vocato del diavolo. In una recente intervista Frans Stravinskij… Naturalmente c’era anche Bach. Più tardi ho coBrüggen ha ricordato una lettera di Mozart in cui il com- minciato a suonare la sua musica per strumenti da tasto ed è positore parla di un’esecuzione delle sue sinfonie affi- allora che ho cominciato ad ammirarlo profondamente. data a un’immensa compagine orchestrale. Allo stesso modo, diverse testimonianze storiche attestano che molti capolavori musicali dell’età barocca ebbero organici monumentali. Lei crede che la musica di Bach rap- VAN VELDHOVEN: I cofanetti dei vostri dischi dedicati ai capolavori bachiani sono realizzati in collaborazione col Museo del Catharijneconvent di Utrecht. Ne risulta una veste grafi- dhoven JOS VAN VELDHOVEN – CAPPELLA FIGURALIS – THE NETHERLANDS BACH SOCIETY su Channel Classics ❚❚❚❚ Santi e Peccatori Dialoghi musicali nel Seicento Dietrich Buxtehude Membra Jesu Nostri Anne Grimm – Johannette Zomer – Peter de Groot – Andrew Tortise – Bas Ramselaar CCS SA 24006 – 1 SACD Wolfgang Amadeus Mozart Requiem CCS 12498 – 1 CD ❚❚❚❚ Angeli e Pastori Un natale nel Seicento CCS 15198 – 1 CD ❚❚❚❚ Amore e Lamento Monteverdi | Della Ciaia | Carissimi CCS SA 18102 – 1 SACD CCS SA 17002 – 1 SACD ❚❚❚❚ Morte e Devozione Buxtehude | Tunder | Weckmann | Ritter Johannette Zomer – Peter Harvey CCS SA 20804 – 1 SACD ca elegantissima, con booklet ricchi di splendide immagini di opere d’arte. Può raccontarci com’è nata questa collaborazione? Il museo si trova proprio nella via dove abito, nel centro di Utrecht. Una volta andai a trovare il direttore Guus van den Hout e gli proposi un progetto di collaborazione. The Netherlands Bach Society propone musica del Sei-Settecento, mentre il suo lavoro riguarda dipinti e oggetti d’arte sacra. Ora, grazie a questa sinergia, noi siamo visibili e ascoltabili in tutto il mondo, il che ci aiuta entrambi. VAN VELDHOVEN: www.bachvereniging.nl Nella Messa in si minore di Bach l’esecuzione da lei diretta presenta una voce maschile di alto come Passione secondo Matteo BWV 244 Gerd Türk – Geert Smits – Johannette Zomer – Andreas Scholl – Hans Jörg Mammel – Peter Kooy CCS 11397 – 3 CD BACH Passione secondo Giovanni BWV 245 Gerd Türk – Stephan MacLeod – Caroline Stam – Peter de Groot – Charles Daniels – Bas Ramselaar CCS SA 22005 – 2 SACD BACH Oratorio di Natale BWV 248 Johannette Zomer – Annette Markert – Gerd Türk – Peter Harvey BACH CCS SA 20103 – 2 SACD Kyrie, Gott Vater in Ewigkeit Grande messa per organo Leo van Doeselaar BACH CCS 13498 – 1 CD ‘concertista’ e una voce femminile di alto come ‘ripienista’. Può svelarci com’è avvenuta la scelta della voce maschile o femminile per questo ruolo vocale così importante nella musica del Settecento? VAN VELDHOVEN: Sappiamo che lo stesso Bach affidava le parti acute a voci di ragazzi. Ai nostri giorni noi siamo soliti sostituirli con soprani (donne) e alti (uomini e/o donne). Personalmente, per le parti solistiche, preferisco i controtenori uomini perché cantano al meglio per quanto riguarda l’estensione della loro voce, e questo è un grande vantaggio per la musica di Bach. Ma nei gruppi, mi piacciono anche una o più voci femminili di contralto, per una miglior qualità di colore dell’insieme. Nel campo della musicologia bachiana, quali studiosi hanno dato le idee più preziose alla prassi esecutiva storicamente informata? 15 VAN VELDHOVEN: Un numero davvero grande di musicologi ha contribuito a tutto ciò che oggi sappiamo su Bach. Potrei ricordare Wolff, Melamed, Rifkin, Parrott, Geck, Petzoldt, Schulze, ma ce ne sono sicuramente molti altri. Per tutti i direttori che intendano impegnarsi seriamente nella musica di Bach, ora abbiamo a disposizione una solida cornice in base alla quale prendere decisioni per eseguire e registrare questa musica straordinaria. Oltre a Bach, lei ha inciso anche autori italiani come Monteverdi e Carissimi. Per il futuro ha forse in progetto di registrare altri capolavori del Barocco italiano? La musica italiana del SeiSettecento rappresenta sempre una ricchissima fonte d’ispirazione per il nostro gruppo. Certamente, avremmo molti desideri in questo ambito, per esempio progetti dedicati a Cavalli, Carissimi, Della Ciaja, Conti, Scarlatti e Pergolesi. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. ● VAN VELDHOVEN: Foto: Marco Borggreve Johann Sebastian Bach MESSA IN SI MINORE BWV 232 The Netherlands Bach Society Jos van Veldhoven Dorothee Mields Johannette Zomer Matthew White Charles Daniels Peter Harvey Novità Channel Classics CCS SA 25007 – 2 SACD