Sabato 31 Maggio
Melpignano
Noaidsalento è un progetto dell'associazione Lila ( Lega Italiana Lotta contro l'AIDS) di
Lecce.
La manifestazione che si terrà a Melpignano (Le) il 31 Maggio 2003, apre la settimana
delle iniziative del Gay Pride di Bari con un evento che tratterà i temi legati all'Aids
attraverso l'informazione, la poesia, l'arte, la musica, la fotografia. Questa giornata
legata al Gay Pride di Bari vuole sfatare la convinzione purtroppo ancora radicata,
che esistono solo categorie a rischio quando si parla di Aids, mentre oggi il problema è
nei comportamenti a rischio, soprattutto fra i giovani, visto il notevole aumento delle
infezioni fra eterosessuali… ma anche per ricordare che proprio il movimento
omosessuale, storicamente attivo sul fronte della prevenzione e della lotta all'Aids, ha
fatto sentire la sua voce nelle tante campagne d'informazione nel mondo.
Si esibiranno durante la serata Nidi D'Arac, Opa Cupa, Radio Dervish, Tax Free. A
seguire dance hall a cura dei selecter CoolClub.
Affinità e divergenze fra il Gatto Togliatti e me sul boicottaggio alimentare
Ricevo e volentieri pubblico e rispondo:
“Egregio Dario, le scrivo in merito all'editoriale da Lei pubblicato sul sito coolclub.it, riguardante il
boicotaggio alimentare da Lei effettuato nei confronti delle ditte americane che direttamente o
indirettamente finanziano il partito di George W. Bush jr e, quindi, il partito della guerra infinita.
Pur essendo ideologicamente d'accordo con le posizioni da Lei espresse, non posso fare a meno
di ritenermi scontento e deluso dagli effetti da lei provocati.
In qualità di Segretario Nazionale del PGI Partito Gatti Italiani, raccolgo e analizzo, e
all'occorrenza prendo i dovuti provvedimenti, le richieste di aiuto e le lamentele di tutti i gatti
italiani maltrattati dai padroni distratti dal conseguimento del loro utile personale.
Vengo all'oggetto in questione. La Gatta Ambramicina, detta anche Gatta Mutoide, la Gatta
Priciula e il Gatto Panterino, domiciliati presso il giardino della Sua abitazione, hanno mosso
pesanti lamentale riguardo al mancato acquisto da parte sua, negli ultimi mesi, dei succulenti
croccantini marca Friskies, perché Nestlè.
Ribadisco di essere assolutamente d'accordo con le Sue scelte ideologiche, ma non posso non
prendere atto che questo Suo gesto rischia di avere conseguenze terribili per la salute psicofisica
dei miei suddetti compagni gatti, che minacciano di optare per uno sciopero della fame a
oltranza, che potrebbe avere conseguenze fatali.
Restando in attesa di un Suo riscontro, le porgo distinti saluti.
Gatto Togliatti -Segretario Nazionale PGI-.
www.coolclub.it
[email protected]
Coolclub.it è un
sito internet e da
oggi anche un
foglio di
informazione.
Chiunque
abbia la voglia
di collaborare
con noi può
mandarci il suo
materiale
all’indirizzo email .
Non fatevi
pregare, siete i
benvenuti.
Gentilissimo Gatto Togliatti,
accolgo con piacere la Sua lettera. Confesso che mi dispiace essere entrato in contatto con Lei
per un dissidio, ma non nascondo, peraltro, il mio piacere nel constatare che alcune affinità di
non poco conto mi legano a Lei e al Suo partito da me da sempre stimato. Non posso far altro che
assumermi le responsabilità per le scelte da me effettuate in materia di boicotaggio alimentare,
e non avendo intenzione di fare autocritica, chiedo che Lei si faccia portavoce delle mie istanze
presso i suoi compagni già citati Gatta Ambramicina, detta anche Gatta Mutoide, detta altresì
Dal Profondo o Gatta Raffaello Sanzio, la Gatta Priciula e il Gatto Panterino (la condotta di vita di
quest'ultimo tralaltro è da ritenersi sconveniente, in quanto il Gatto in oggetto si assenta per
lunghi periodi vivendo di vagabondaggio e piccoli espedienti al limite della legalità). Dato che io
nel mio editoriale denunciavo le gravi conseguenze cui stavo andando incontro per le mie scelte
ideologico-alimentari, chiedo ai compagni Gatti di solidarizzare con me e accettare la vita di
stenti che, come Lei ben sa, spetta a chi sceglie di dissentire e opporsi al potere fascista e
dittatoriale delle multinazionali e dei governi antidemocratici.
Gatti di tutto il mondo unitevi, e credetemi, i croccantini del discount sono molto più buoni.
dario
CoolClub.it
E non è giusto!
Che poi non è giusto che arriva la primavera, tutti si innamorano, si sbaciucchiano e io no. Non mi piace
mica essere investito da piogge di ormoni grandi come meteoriti mentre bevo vino rosso a una festa di 18
anni mentre mi sento vecchio a soli 25 anni e Cicci pure ma non vale. E poi non è giusto che a Previti gli
danno solo 11 anni, ad Andreotti niente e a me mi condannano ancora a un anno di militare. Mi dà proprio
fastidio che quel fico di Ippolito Chiarello oltre a essere bravo abbia anche un incredibile successo con il
gentil sesso nonostante il naso priapeo. E non è giusto neanche che gli occhi di Claudia siano quasi più belli
dei suoi bellissimi quadri, che le mani di Grazia siano così musicali quando abbracciano il caffè, che Marika
riesca a trasformare ogni birra in un piccolo distillato di coccole, che quella bellissima cameriera del caffè
non lavora più. E poi la vita è così ingrata da non lasciarci neanche la libertà che solo la musica può dare:
aumenta l'iva sui cd vergini e si inaspriscono le sanzioni contro la contraffazione di cd musicali e dvd.
Non mi piace affatto vedere tutti questi turisti felici a Lecce, e io pure se faccio finta non riesco a fare il turista
a Lecce. E allora devo partire, ma non ho i soldi e le bollette hanno fatto una piccola torre di babele
nell'ingresso che rischia di sfondare il soffitto e sommarsi a quelle dei nostri vicini.
Non mi piace affatto che quelli della guerra preventiva stanno ancora lì, che i liberati si sentono più oppressi
di prima e che sono incazzati come le iene e non sono neanche ridens. E poi non è giusto che Giorgio è alto,
bello, abbronzato, con i dred e un sacco di donne e io piccolo, bianco, spelacchiato e solo. Non è giusto poi
che Paola mi sorride sempre, mi accarezza e io lo faccio solo dopo quattro medie perchè sono timido. E non
è giusto che Berlusconi se la prende con i giudici quando gli arrestano gli amici. E non è giusto Berlusconi.
Non è giusto che al Gf 3 quel primate di Floriana sia in finale e quel grande filosofo contemporaneo di
Pasquale sia fuori lontano dalla sua ciccina. E non è giusto neanche che ad Amici di Maria de Filippi ci sia in
finale quel peluche a molla di Michele che ce l'ha con gli ebrei. Poi non è giusto che solo dario mio può fare
finta che non sa scrivere, anch'io voglio.
Osvaldo
Caro Bush io ho fame…
Volevo fare la spesa senza finanziare la guerra. Volevo
mangiare esclusivamente prodotti non americani. Volevo
evitare di dare soldi a chi ne ha già troppi e bombarda
per prendersi anche quelli degli altri. Non volevo mettere
benzina al “piombo” nel mio motorino. Ho studiato, lo
giuro, liste di pagine e pagine con tutti i prodotti da
boicottare, ore passate davanti agli scaffali dei
supermercati cercando prodotti acquistabili senza
sentirmi in colpa.
La guerra è iniziata circa un mese fa e non credo che sia
ancora finita. Lo dicono ma continuo a non crederci. È
poco credibile che tutti quei crociati postmoderni siano in
vacanza sulle sponde del fiume Tigri. Non ho mai visto un
salvagente pesante come uno zaino pieno di munizioni,
bombe a mano, spazzolini da denti al laser e
tagliaunghie in fibra di uranio impoverito. Non ho mai visto
donne belle ed eleganti come le marines americane
prendere il sole con una tuta di kevlar addosso: comoda,
leggera e altamente protettiva contro i raggi ultravioletti.
Non ho mai visto tutto questo ma questo mi dicono che
devo credere e io da bravo bimbo obbediente e
elettroshocchizzato che guarda tutti i telegiornali nazionali
ci credo e credo che la guerra sia in effetti finita.
È circa un mese che io vado avanti a boicottare
l'America e gli unici risultati visibili sono che adesso il mio
motorino, fermo da un mese, non parte più, e soprattutto
che io sto morendo di inedia.
Chiedo ufficialmente che gli elicotteri ONU paracadutino
cibi, bevande, alcoliche, e medicinali e tutto quello che
riempie un pacco di aiuti umanitari nel mio giardino
sperando che i gatti non mangino tutto visto che da
quando ho scoperto che i croccantini Friskies sono Nestlé
non compro neanche più quelli. dario.
Stephen Malkmus & The Jicks
Acre
Pig Lib
Venerdì 9 Maggio
Istanbul Cafè
Venerdì 9 Maggio all'Istanbul Cafè di Squinzano Acre
da Roma. Una band dalle influenze indie e noise rock
unite a sonorità elettronico-industriali. Una band che
unisce alla classica formazione e strumentazione
rock il suono del computer e dei sintetizzatori. Pezzi
strumentali che esplorano percorsi musicali “non
comuni e ricchi di incognite”. In questo miscuglio
sonoro, che può ricordare a tratti gruppi come gli
Shellac, si inserisce l'elettronica a variare il tema
sonoro e dare spessore e originalità al progetto.
Musica come dice il nome stesso della band
“contraria al dolce”, atmosfere cupe, esecuzioni
gelide, di una precisione chirurgica. Incontro di
percorsi musicali diversi, suoni che esplorano il noise,
suoni che sembrano venire d'oltreoceano ma che
rappresentano in realtà uno dei progetti più
interessanti del sottobosco italiano. Musica futuribile
quella di Acre, musica che supera gli standard
classici e si avventura nella sperimentazione e
l'improvvisazione.
Matador Rec.
ISTANBUL CAFE'
Maggio 2003
ven 09 - ACRE live crossover da Roma / sab 10LOUNGE LIZARD dj funky-beat, break and bossa /
dom 11- TRUMANS WATER live la legenda alternative
noise americana / ven 16 - VALVOLE DAVOLI +
PEPPERMINT live lounge band / sab 17 - DJ DUCA &
IN NOMINE NOCTIS dark, metal, gothic / ven 23 BANGLATOWN indierock, elettronica / sab 24 ROYAL RUMBLE la sfida finale / ven 30 - AHRIMAN live
prog metal band.
Folkabbestia
Sabato 10 Maggio
Chlorò
Grande concerto sabato 10 Maggio al Chlorò di
Calimera con i Folkabbestia.
Folkabbestia è una energica e divertente miscela di rock,
tarantelle, canzone italiana d'autore, shs, melodie slave e
folk irlandese.
Costituitasi nell'attuale formazione nel 1995 ha in breve
tempo ottenuto importanti riconoscimenti, ricevendo
ovunque apprezzamenti sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Hanno partecipato al Festival di Arezzo Wave
nel 1996, al festival interceltico di Lorient-Francia e alla biennale di giovani artisti del mediterraneo.
La band riscopre la musica italiana d'autore ampliandola a nuove sonorità: nelle loro canzoni, tragicomiche
storie d'amore e disavventure nonsense convivono con melodie popolari del sud Italia, rivisitazioni di antichi
canti di marinai e suggestioni letterarie.
Strumenti quali il violino, la fisarmonica e la tammorra conferiscono alle loro canzoni un sapore etnico e le
melodie popolari sono riprese ed inserite in un contesto musicale "urbano" e moderno.
I viaggi in Irlanda e i tradizionali contatti della città di Bari con la sponda opposta dell'Adriatico hanno fatto il resto,
imprimendo alla band una particolare impronta multiculturale.
Nei loro concerti emergono le radici meridionali e il calore della gente del Sud, ed il pubblico è solito immergersi in
una atmosfera di travolgente partecipazione.
Il 10 Maggio, dopo un alunga assenza, i Folkabbestia tornano nel Salento per presentare il loro ultimo lavoro: “Non è
mai troppo tardi per avere un' infanzia felice”.
Premetto che i Pavement sono il mio gruppo preferito, premetto che
tutti i miei amori indie sono Pavement correlati, premetto che non sarò
obiettivo ma ci proverò.
Comincio con una ammissione, questo disco non è a livello di nessuno
dei dischi dei Pavement. Il secondo album solista di Stephen Malkmus
ha perso, più del primo forse, tutta quella violenza creativa,
quell'indomabile eclettismo pop, quella geniale ingenuità che ha
stravolto i canoni del song writing fin dall'inizio dei primi anni 90.
Anni in cui i Pavement hanno confezionato veri e propri capolavori
(Rolling Stone e Alternative Press hanno segnalato Slanted And
Enchanted, il primo lp della band, nella lista dei cento dischi più
importanti della storia del rock). Anni in cui la musica dei Pavement è
diventata più accessibile, ha esplorato la psichedelia, il blues, il
Krautrock, anni in cui i Pavement hanno giocato con i generi e le
etichette in album che riconosco come tappe importanti della mia
giovinezza. Nel 99 l'ultimo disco della band e oggi Pig Lib. La prima
sensazione che si ha mettendo su il disco è che Stephen Malkmus stia
crescendo, maturando. C'è nella scelta dei suoni e di alcuni
arrangiamenti un' attenzione alla musica folk, una morbidezza blues
che piace ma che viene subito spiazzata da quel modo sgembo e
obbliquo di scrivere musica a cui siamo abituati. È un lavoro un po' più
curato, elaborato del precedente, la band emerge di più, alcuni solo
e linee melodiche sembrano attingere alla tradizione. "Vanessa from
Queens", "Craw Song", "Animal Midnight" e "Ramp of Death" sono vere
e proprie chicche del pop impreziosite da un organo anni 60 che le
rende morbide e calde. Non manca la grinta in questo disco in episodi
come “Sheets”. Un album per nostalgici? Sicuramente no. Pig Lib è un
disco che vale quanto costa (e quanto costa) e Stephen Malkmus
resta l'uomo che ha creato l'anti Seattle, l'uomo che ha graffiato il pop
e ha preso a calci molti standard e convenzioni che rinchiudevano la
canzone in una strofa, un inciso e un ritornello.
Osvaldo
Cristina Donà
Dove sei tu
Mescal Rec.
È da giorni che cerco il giusto luogo e il giusto momento per
ascoltare e provare a scrivere di questo cd. Il nuovo, il terzo, di
Cristina Donà. “Dove sei tu”. Oggi credo di averli trovati, il
luogo e il momento giusti. Tre di pomeriggio sotto il sole.
Play. Apertura d'archi. Mi sembra di essere nel favoloso
mondo di Amelie invece entro nel giardino di Cristina. È la sua
mano ad accogliermi. La sua foto occhi socchiusi e poi violino
viola violoncello. Da subito sono parole soffuse sussurrate e poi
dolcemente urlate con la sua voce sempre suadente e
modulata. Sono echi di immagini scolpite dalla mente di una
cantante poetessa, sono figure che prendono forma in
sonorità curate e limpide. Sospiri e toni che danzano, balzano
accompagnati da un gioco, che sorprende e non ti aspetti, di ritmi e stili diversi che si uniscono insieme in un tutto
eterogeneo. Sempre melodico dolce profondo. Come sono i suoi testi, profondi. Sono parole perfettamente accostate. È
vita e cuore. Gli arrangiamenti sono studiati, con la precisione di chi, artista in crescita, originalmente in crescita, si fa
matura e si addolcisce. Notevole la differenza da Tregua, il suo primo cd (1997), più elettronico, con chitarre elettriche e
distorte, minore quella con il secondo, Nido (1999). Cambia la produzione. Non più Manuel Agnelli bensì Davey Raymoor
dei Cousteau. Forse anche questo incide. Cristina ti guida. E io, dopo il mio “viaggio” lungo 54' 49'' con tredici tappe, apro i
miei occhi. Accanto a me, su una panchina, una splendida bimba riccia. “Cos'è? - mi chiede. Le porgo la mia cuffia.
Premo play. I suoi occhi e le sue labbra si schiudono nel più dolce dei suoi sorrisi. “Bella”- mi dice.
Ore tre e mezzo di notte. Lo riascolto, il cd, prima di addormentarmi e “la luna è limpida ed io rimango invisibile come
sempre”.
“Invisibile… quando ti vorrei dire che non sopravvivo”.
Ma di sicuro, in questa notte, “ io ti verrò a cercare…” - anche se - “difficile è trovarsi ora”.
Trombe, chitarra acustica e Cristina.
Buona notte e bon voyage…
Valentina
Chimo
Lila dice
Oscar Mondadori
Quello che Lila dice fa venire il rosso alle guance, fa pompare il sangue
veloce, fa sparire tutto il marcio che c'è intorno. Perchè Lila è un angelo,
un angelo biondo caduto nell'inferno della periferia, perchè dove Lila va
in bici la vita è degrado, povertà e lei “ un bel giorno è sbocciata come
un fiore al sole, il giorno dopo era qui, adesso ti sfonda gli occhi non vedi
altro che lei”. Perchè per Chimo ora esiste solo lei, ed è di lei che scrive nel
buio della notte, nel rustico di un palazzo diventato scrittoio. Scrive di lei
che parla solo con lui, di lei a cui piace guardarsi allo specchio mentre
viene posseduta da sconosciuti, di lei che un giorno sul toboga gli ha
mostrato “la porta della valle dove tutto è felice”, di lei, della banlieue di
Parigi, della vita degli immigrati magrebini come lui, di lei che è bionda,
bella, sensuale, innocentemente diabolica.
Strana la storia di questo splendido libro di Chimo, pseudonimo dietro cui
si nasconde l'autore di questo che è una sorta di diario, l'ossessivo
appuntare su due quadernoni che sono stati consegnati all'editore da un
intermediario. Un libro schoccante non tanto per il suo contenuto
decisamente erotico, ma per l'equilibrio che l'amore e il sesso
raggiungono, un amore paradossalmente platonico che supera il corpo,
la carnalità per diventare qualcosa di alto. Lila non è più oggetto di
desiderio, ma punto di fuga dalla realtà, Lila è tutto “al punto che se
anche non è qui, lei c'è”.
“Lila dice” non è solo una storia d'amore, è uno spaccato dell'altra
Francia, di quella raccontata da Kassovitz ne “L'odio”, la storia di chi vive
un giorno dopo l'altro con un passato tutto uguale e un futuro senza
prospettive, la vita di chi compra il pane usato, di chi ruba, di chi si
prostituisce, di chi non si sposta perché altrove sembrerebbe solo più
pezzente.
Lontano da libri come “ Baise moi” di Virginie Despentes perché pieno di
poesia oltre che di sesso, lontano anche da quella letteratura nuova fatta
di minimalismo e storie di strada, un libro bello perché sincero, innocente
nel suo essere perverso, un libro che risveglia il desiderio nascosto di
amare il piacere senza vincoli e limitazioni.
Osvaldo
Trumans Water
Domenica 11 Maggio
Istanbul Cafè
I Trumans Water sono uno dei gruppi che più ha
sperimentato negli ultimi dieci anni. Probabilmente,
ad influire sul loro suono saranno state le onde
dell'Oceano Pacifico che si riversavano lentamente
sulla costa della loro città: San Diego, California.
Sappiamo tutti quanto la California abbia dato alla
psichedelica a partire dagli anni '60, ma il suono dei
Trumans Water sembra avvicinarsi di più ai primi Pink
Floyd uniti ai Jesus and Mary Chain di “Psycho
Candy”, e quindi all'Inghilterra. Sì, perché la loro era una sperimentazione pura, anche non avendo una tecnica elevata.
“Of Thick Tum” (Justice My Eye, 1992), li rende celebri proprio per questo loro osare. Ma c'è anche l'attitudine punk e una
lieve venatura pop, che in proporzioni maggiori, si può dire essere stata la chiave del successo dei “Sonic Youth”.
“Spasm Smash” (Homestead, 1993) segna un altro lavoro pieno di spasmi, rock'n roll e di sperimentazioni così irriverenti
che pochi hanno espresso nella storia della musica rock.
Dopo la tetralogia Godsped (Godspeed The Vortex, Godspeed The Static, Godspeed The Hemorrage, Godspeed The
Punchline), la band si trasferisce a Portland. Il suono continua ad evolversi, sembrando free-jazz misto a rumore. Suoni,
quasi casuali, ma che alle volte sembrano essere scritti su uno spartito.
“Action Ornaments” (Runt, 1997) continua ad avere sempre lo stesso sperimentalismo, e sembra che la band non sia
spaventata dalle scarse vendite. “Fragments Of A Lucky Break” (Trance Syndicate, 1998), invece, sembra meno ostico, e
le canzoni hanno una struttura più vicina ad una “canzone”.
Tre anni di silenzio e arriva “Trumans Water” (Emperor Jones, 2001). Don Caballero si sposa con Captain Beefheart, la
psichedelia incrocia sempre il chitarrismo dissonante e a tratti inquietanti.
Il loro live è una rievocazione del lisergico Sid Barret unito ad implosioni ed esplosioni chitarristiche. Dissonanti ed
assordanti, sembrano avere qualcosa in comune con i MudHoney. D'altronde sono gli stessi anni, lo stesso periodo, ma il
loro revival è solo in parte uguale. Sicuramente, più vicini ai Sonic Youth, i Trumans Water regalano un live pieno di
emozioni ed indimenticabile, perché loro, forse, sono tra i pochi a sapere, e potere, osare ed esagerare.
A. Baricco
Senza Sangue
Rizzoli
Era lei. Bambina. Distesa su un fianco, per terra, rannicchiata, ginocchia al petto e
mani tra le gambe, piedi uniti. Cercava calore e affetto, protezione, nel suo stesso
corpicino. E' ancora lei, a distanza di venti, trenta, forse quaranta o cinquanta anni.
Distesa su un fianco, in un letto, rannicchiata, ginocchia al petto e mani tra le
gambe, piedi uniti. Cerca calore e affetto, protezione, questa volta nel corpo di chi
le è accanto, il corpo di chi un giorno le ha distrutto e salvato, allo stesso tempo, la
vita. Quel giorno, per loro era un regolamento di conti, un delitto da compiere per
un mondo migliore, una vendetta. Per lei è stata un'inspiegabile tragedia di spari e
urla e sangue e disperazione. È stato l'orrore di morte senza un perché, un'immagine
non vista ma che è diventata incancellabile marchio nella mente. È stata la voce
del fratello, “bellissima così pulita e infinitamente bambina” azzittita con un unico
freddo irreparabile colpo. È stato un bacio sulla fronte una carezza e un addio. Il suo
papà scomparso per sempre… “Non era questo che volevo - le disse - ricorda
sempre che non era questo che volevo” incitandola a mettersi al riparo, a
nascondersi.
Quel giorno, quel momento, quel pezzo di tragica vita è catapultato nelle ultime
pagine. E allora l'inizio e la fine del libro si sovrappongono. Si spiegano l'una
attraverso l'altra. E la donna si sente esattamente uguale alla bambina di tanto tempo prima. Non più Dulce o Donna Sol, e tutti i
diversi nomi con cui l'hanno sempre chiamata. Ora, nuovamente, solo Nina.
Guscio e animale, in quel letto come in quella botola. Alla ricerca di un riparo e uno scudo, di una spiegazione, di una parola.
Alla ricerca di quello sguardo che una volta sola nella sua vita aveva incontrato, donandole pace. Quello sguardo lo incontra, di
nuovo, e allora la rabbia e i ricordi e l'odio, e l'inferno e il sangue e il freddo non esistono più. E lei si lascia addormentare accanto
all'unico uomo, orrendo angelo, che per un'intera vita aveva atteso. Una vita frammentata in mille vite che gli altri ci avevano
visto in essa. La sua vita si ricompone, adesso, in lui. Soltanto lui era quello giusto e lei lo sapeva, “solo pensando che chi ci ha
salvati una volta lo possa poi fare per sempre”.
Questo è Senza sangue, questo è Baricco, sempre Baricco.
Sono le sue parole, accostate mischiate che si urtano e si fondono in un romanzo che evoca immagini che possono piacere e non
piacere, emozionare o non emozionare.
E Baricco si evolve accostandosi alla musica adesso. Lo fa con un reading di pezzi tratti dal suo City. Lo fa con uno spettacolo
tutto teatrale. Lo fa con l'accompagnamento dei dolci psichedelici Air.
Valentina
Nada Trio
Venerdì 23 Maggio
Cantieri Teatrali Koreja
Il Nada Trio è una formazione composta da Nada Malanima, l'indimenticabile ragazzina prodigio della canzone
italiana oggi una fra le più grandi interpreti del panorama musicale nostrano, e da Fausto Mesolella (alla
chitarra) e Ferruccio Spinetti (al contrabasso) della Piccola Orchestra Avion Travel.
I tre hanno messo su, all'inizio quasi per gioco, un recital di straordinaria bellezza, in cui Nada rilegge tutta la sua
storia musicale, con raffinatezza e grande intensitá, ma anche con un po' di ironia.
"Musica leggera da camera" é la definizione più appropriata di questo spettacolo che, tra le altre cose,
comprende brani come la tragica e stralunata "Come faceva freddo" (di Piero Ciampi, grande autore
maledetto); la popolare "Ma che freddo fa" qui arrangiata con un brio ed una vivacità attualissima; grandi
successi come "Il cuore è uno zingaro", "Amore Disperato", "Ti stringeró "; canzoni di Battiato, Conte, e degli stessi
Avion Travel stravolte con eleganti colpi d'ala; classici della tradizione popolare come "Maremma", "Luna Rossa"
e "La Porti un Bacione a Firenze".
La personalissima timbrica vocale di Nada ben si amalgama con la chitarra di Mesolella capace di spaziare dai
ritmi gitani, alla new-age, al rock'n'roll con strabiliante abilitá e con il contrabbasso di Spinetti che si libera in
melodie fantasiose e struggenti. Riconoscibile è infatti la contaminazione di questo progetto con il mondo della
Piccola Orchestra Avion Travel, da cui prende a prestito quella leggerezza e sensibilitá musicale che incide
profondamente nelle canzoni e nella sensibilitá di chi le ascolta.
QUEL JAZZ IRONICO E POCO SACCENTE
Syd Barret: il cancello dell' alba.
Teatro Italia - Gallipoli 02 aprile 2003
Sono passati 30 anni dalla pubblicazione del grande “The Dark Side of The Moon”
dei Pink Floyd. La solita remasterizzazione, il solito battage pubblicitario, le
copertine, le ovazioni planetarie. 35 anni fa però è successo qualcosa di più
importante. Usciva dal gruppo nel 1969 Keith Roger “Syd” Barrett, l'inventore dei
Pink Floyd, colui che li aveva voluti, sognati, la band a cui aveva dato il nome
fondendo i nomi dei suoi due bluesman preferiti. Testa Matta. Aveva solo 22 anni
quando nel 1969 Syd abbandonò la sua band. Forse è voluto scappare
semplicemente dallo star business che non apparteneva alla sua mentalità. Andò
via nel momento in cui era una delle stelle più luminose della Londra psichedelica
in pieno fermento da acidi. Occhi sbarrati, sguardo assente. E di questo esagerato
rapporto che Syd aveva con le droghe che “aprono la mente” è intrisa tutta la sua
storia. C'era la musica, primo vero amore, c'era la pittura, gli amici e le fughe
lisergiche, spesso lunghe, alla fine senza ritorno.
Quello che ci resta di questo menestrello psichedelico sono alcuni singoli stupendi
che anticiparono l'uscita del primo disco e avevano un sapore vagamente pop
(Candy & Currant Bun, See Emily Play, Arnold Lane), due album con i Pink Floyd (il
capolavoro The Piper At The Gates of Dawn e A Sarceful of Secrets) e tre album
solisti (MadCap Laughts, Barrett, Opel). Da lui l'innovazione nell'uso di suoni
“elettronici” per modulare le vibrazioni della chitarra, slide supportati da echi e
delay, sperimentazioni in fasi di registrazione con l'utilizzo di Loop che a volte
potevano durare parecchi minuti. Poi la sua voce, dissonante/disincantata, i testi
all'apparenza sconnessi ma pieni di riferimenti a religioni orientali, a scrittori e artisti
della Londra Underground di fine anni 60, la descrizione dei numerosi viaggi. Nel
suono delle sue chitarre acustiche o elettriche che fossero, nei suoi suoni folk, blues
o puramente rock c'era l'autodistruzione, l'autoannullamento, la coscienza di
voler a tutti i costi essere diverso. La consapevolezza della genialità ma anche
della sregolatezza. Oggi Syd vive sereno, fra le mura della casa dove è cresciuto, a
Cambridge, con la sorella RoseMary, dipinge, forse suona, forse ha riacquistato la
lucidità mentale, forse non l'ha mai persa. Gli amici di un tempo Roger Waters,
David Gilmoure, Rich Wright e Nick Mason lo ricordano in ogni disco con un verso o
intere canzoni… “The Dark Side of The Moon”, “Wish you Were Here” (disco
interamente dedicato a Syd), “The Wall”, parlano di lui, delle sue stranezze. I nuovi
Pink Floyd dipendono psicologicamente da lui. “Shine on You”, “Crazy Diamond”.
30 anni dopo.
Vivo d'artista quasi da sempre con questo nome che non resta in mente,
così difficile da ricordare per uno che a casa non può ritornare. Sergio
Cammariere ha fatto la gavetta. Non proviene da una boy band, non è
un divo televisivo, non ha quindici anni, i brufoli in faccia, il capello unto e
l'alone di ragazzo prodigio (neanche sotto l'ascella giacché non balla).
Non è un figo, non viene da Saranno famosi o da Operazione trionfo. No!
Sergio Cammariere è un pianista, ha una buona voce e scrive musica per
le canzoni. Per questo forse è simpatico. O meglio per questo forse mi è
simpatico. Perché odora di club, puzza di fumo e di chiuso, quando suona
emette vagiti di approvazione e incastona tra un pezzo e l'altro il suo urlo
di battaglia: situescion.
Il baffuto crotonese è un virtuoso del pianoforte e se qualche volta pare addirittura esagerare negli assolo non credo sia per cattiveria o
per mania di protagonismo. No, intanto gli piace suonare (e si sente) e poi, credo, che dopo anni di fumosi e piccolissimi club, trovarsi in
una situazione di concerto con la gente che ti ascolta e che conosce le tue canzoni indurrebbe anche il più timido dei musicisti a
gongolare.
Il percorso musicale di Cammariere non è quantitativamente molto cospicuo. In pratica ha un solo vero album all'attivo Dalla pace del
mare lontano. Pubblicato un anno fa è stato ristampato di recente con l'aggiunta di Tutto quello che un uomo, il pezzo che lo ha portato al
terzo posto di Sanremo e alla vittoria del premio della critica. Cammariere è la testimonianza che il Festivalone, di tanto in tanto, può
portare alla ribalta cantautori di un certo spessore che si consacrano in questo modo al grande pubblico. È stato il caso recente di Daniele
Silvestri, Carmen Consoli, gli Avion Travel, (io aggiungerei anche Elio e le storie tese) solo per fare alcuni nomi. Ma pare che Sergio questa
azzeccata decisione della casa discografica l'abbia quasi subìta. Pur giocando questa possibilità con classe, oserei dire, e con coraggio
(anche se ha scritto canzoni migliori) pare che abbia del rancore nei confronti del motivetto festivaliero e che lo suoni un po' controvoglia.
Quasi a rivendicare la sua alterità da Sanremo, quasi a sottolineare che su quel palco c'era già stato sei anni prima ma per ricevere il
prestigioso premio Tenco. Così Tutto quello che un uomo è buttata lì, nel bel mezzo del concerto, come fosse un dovere. In sala tutti la
cantano e questo forse dispiace un po' poiché gli altri brani sono sconosciuti ai quasi mille paganti della serata.
Sergio sa stare sul palco e la sua musica non mi pare monotona. Spazia, varia, concede tango e jazz, ritmi sudamericani e poesia
(quella di Roberto Kunstler, autore di tutti i testi). Ironizza e concede spazio al battito frenetico dei piedi e alla riflessione. Dalla pace
del mare lontano è un buon lavoro di esordio (gli concedo tre palle) per un cantautore piccolino confrontato a Paoli Gino. Ma se
nuoto e resto a galla forse il merito è di Dalla che mi dice - ma che pena! Sembri il figlio di D'Alema. D'altronde il baffo non mente.
Gazza
Cesare
Via
Sì, è così, alle volte ti capitano cose che non t'aspetti. Sei lì
tranquillo, bevi la tua birra, scambi due chiacchiere con gli
amici, ti innamori di una bella bruna, fumi una sigaretta. Tutto
normale, niente di speciale, una pacifica giornata di festa, la
festa dei lavoratori. Per quanto rientri nell'universo dei cosiddetti
lavoratori atipici, sei pur sempre un lavoratore, e questa è la tua
festa, ed è giusto così.
Insomma, sei lì, in uno dei pub che frequenti normalmente, dove
normalmente vai a ballare, o a sentire dei concerti punk rock, e mentre sei lì, un uomo e una donna, senza altro che
una sedia e un lampadario, ti prendono e all'improvviso ti trascinano in una atmosfera incredibile, nuova.
Una chiacchierata al bar, il racconto di una storia che non conoscevi e che una volta ascoltata non ti lascia più, te
la porti dietro, cominci a pensarci, diventa quasi una piccola ossessione.
Una storia di viaggio, di migrazione, una storia di lavoro, ancora più atipico del tuo, assurdo direi.
Una storia degli anni '50, di quelle vecchie, che non interessano a nessuno, una storia di disperati.
Ci sono le strade, in questa storia, i loro nomi, che sono delle storie a sé, c'è il dolore, c'è il riso, c'è l'amore. C'è
Marcinelle. Ci sono Cristina e Fabrizio. Ci sono le miniere e i minatori.
Teatro di narrazione, teatro di memoria, teatro civile, teatro di impegno, teatro di denuncia. Possiamo chiamarlo
come vogliamo, quello che è certo, è che le storie si raccontano quando c'è l'urgenza di farlo, e quella che ci
raccontano Fabrizio e Cristina è una storia che va raccontata, e ascoltata.
Belgio, 1956. Come dicevano Dario Fo e Enzo Jannacci, che cosa è successo? Niente, è scoppiata la miniera sono
morte 256 persone. Non è successo niente.
E la storia è proprio questa: una miniera in Belgio salta in aria, i minatori muoiono, molti di quei minatori sono italiani,
ex contadini venduti dallo stato italiano a quello belga in cambio di carbone che veniva estratto dal sottosuolo.
Una storia come tante, era il dopoguerra, la ricostruzione, qualche vittima era necessaria, chi se ne preoccupa.
Già, non se ne preoccupava nessuno allora, perché dovremmo farlo noi adesso?
Perché le strade hanno dei nomi e quei nomi sono delle storie, e quando incontri via dei Martiri di Marcinelle a Tuglie
che porta dritto a Collepasso se ti tieni strettamente a sinistra, come fai a non chiederti chi erano questi martiri?
Chiedetelo a Cristina e Fabrizio, ve lo racconteranno. Dario.
Insintesi
Sono la fusione di modi diversi di sentire la musica, l'unione di stili differenti che incontrandosi diventano una cosa sola, nuova.
Ognuno mette la sua, il suo pensiero e il suo gusto. E ogni pezzo nasce quando piace a tutti. Parlo degli Insintesi, ne parlo con
Checco, sugli scalini dell'ateneo, dove ogni giorno a qualunque ora (mai dopo le 7 però che è rigorosamente in sala prove) lo
incontri, che appende locandine. Seduti, secondo scalino in basso a sinistra, mi racconta… Dal 98, insieme, Checco, Pastic e
Alessandro Lorusso, in collaborazione con la suggestiva voce di Michela Giannini, sperimentano, primissimi nel Salento, l'elettronica
come elemento essenziale all'interno di un gruppo. Dj set con componenti live, voci effetti e strumenti. La drum'n'bass si arricchisce
di altre sfumature. In primis, l'influenza dub, che dilata il suono e crea sospensione nelle menti di chi l'ascolta e al suo ritmo balla.
“Non riesco a dare una definizione precisa di ciò che siamo-spiega Checco- non mi piace darla”. Non un gruppo, ma un insieme di
progetti. Che partono dalla musica e intraprendono altre strade. Quella della poesia ad esempio. A chi pensa che lirica ed
elettronica siano diametralmente opposte, gli Insintesi hanno risposto con Inter
sonos, scritti di Antonio rivisitati lavorando sul suono delle parole. Si avvalgono
della collaborazione di videomakers, Fabio e Federico, lasciando che la loro
musica si completi con immagini proiettate. Perché quello che ricercano, sempre,
è uno “spettacolo che sia sperimentale”. L'interazione con esperienze totalmente
differenti dalle loro è il loro punto di forza e di partenza, è l'innovazione, è quello per
cui gli Insintesi sono quello che sono. Numerose le bands con cui condividono
serate e musica, per divertirsi, misurarsi, crescere. In uscita il cd dei Nidi d'Arac, al
quale loro hanno collaborato, curando le parti elettroniche. Dall'estate gli Insintesi
saranno live set: Pastic ai campionatori, Francesco effetti e voce, Sandro alle
chitarre elettriche. Altre voci si aggiungeranno e alterneranno, sicuramente
ancora Michela. Dunque, l'Insintesi crew procede nel suo percorso alternativo, ma
“c'è ancora molto da fare e da dire”afferma convinto Checco. A vederlo non
sembra mai soddisfatto. Durante le serate tutti ballano, lui no. Se gli chiedi perché ti
dice “La musica per me ha un effetto cerebrale. La vivo nel cervello più che col
corpo”.
Insintesi: 100% cerebral music.
Valentina