Nuovi materiali e soluzioni tecnologiche per il packaging

Nuovi materiali e soluzioni tecnologiche
per il packaging
La prassi del confezionamento risponde alle attuali
esigenze dei consumatori che richiedono una maggiore
possibilità di scelta, prodotti convenienti e diversi sistemi
e condizioni di distribuzione e produzione. Garantendo la
qualità del prodotto, l’imballaggio consente il trasporto e la
distribuzione locale, regionale e globale del prodotto stesso,
rendendo in tal modo disponibili importanti risorse alimentari
ad una parte consistente della popolazione mondiale. Grazie
all’imballaggio è inoltre possibile consumare per tutto l’arco
dell’anno la maggior parte dei tipi di frutta e di ortaggi, locali
e di importazione.
Un monitoraggio continuo di materiali e tecnologie
innovative consente di esplicare tre importanti funzioni che
l’imballaggio deve assicurare: protezione e conservazione del
contenuto, comunicazione al consumatore. In questa ottica,
i biopolimeri, cioè i polimeri derivanti da risorse rinnovabili,
riciclabili e biodegradabili, rappresentano una categoria di
materiali di particolare interesse per il packaging. I biopolimeri
derivano generalmente da mais, canna da zucchero, amido di
patata o olio di ricino; si differenziano dagli altri polimeri sia
per caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità sia per
prestazioni meccaniche.
Sempre grazie agli imballaggi, è possibile fare un
uso maggiore di cibi pronti, cibi in scatola e surgelati, in una
diversa e vasta varietà di formati, per risparmiare tempo sia
sulla cottura che sulla loro preparazione.
Per biodegradazione si intende il processo che
consente a determinati microbi di digerire intere strutture
molecolari presenti nei materiali polimerici. Le plastiche
effettivamente biodegradabili sono quelle in grado di essere
completamente digerite dalle colonie microbiche con relativo
rilascio di biogas e biomassa.
L’imballaggio, come qualsiasi altro prodotto, al
termine del suo utilizzo si trasforma in un rifiuto e come tale
deve essere trattato e gestito. La soluzione che garantisce
la maggiore eco-sostenibilità è definita con il termine di
minimizzazione e necessita dell’introduzione del concetto di
eco-progettazione. Si tratta di una progettazione di prodotto
che estende le proprie competenze non soltanto alla fruibilità
e funzioni del prodotto nella sua fase di utilizzo bensì al suo
intero ciclo di vita.
Film termoformati biodegradabili
© PST Galileo - Luglio 2014
Polimeri biodegradabili vengono generalmente
impiegati per la realizzazione di film flessibili estrusi in impianti
di blow-moulding e, per termoformatura, di vaschette di vario
tipo principalmente per il settore del packaging alimentare,
ad esempio per i fast food, dove volumi elevati e relative
problematiche di smaltimento trovano nei biopolimeri
biodegradabili e compostabili una risposta significativa in
termini di salvaguardia ambientale.
Bio-Espansi Biodegradabili
Di generazione successiva è invece il PHA, un
poliestere lineare termoplastico sintetizzato da batteri
non patogeni, a partire da zuccheri o lipidi, con proprietà
meccaniche molto simili a quelle del polipropilene; di grande
interesse risulta la possibilità di produrlo con proprietà
elastomeriche. Si tratta di un polimero biodegradabile che è
certificato idoneo per contatto alimentare secondo normativa
statunitense FDA.
A differenza delle bioplastiche tradizionali espanse,
sul mercato sono oggi disponibili delle soluzioni per il
packaging derivanti da scarti di agricoltura e funghi “espansi”.
Grazie alla sua biocompatibilità trova inoltre
interessanti spazi anche nel settore medicale. Di recentissimo
sviluppo è invece il biopolimero denominato PHBH, prodotto
per sintesi batterica, che si presta a trovare ampio spazio di
utilizzo nel settore agricolo, dell’automotive ma soprattutto
nel settore del packaging alimentare.
Quest’ultime, poste in determinate condizioni
ambientali (al chiuso, al buio, senza acqua e senza aggiunta
di sostanze chimiche sintetiche), crescono e, agendo come un
collante, assimilano gli scarti agricoli, legandoli assieme per
formare un insieme strutturale e compatto.
Anche per quanto riguarda i prodotti espansi si può
parlare di ecocompatibilità e addirittura di biodegradabilità:
dalle prime schiume poliuretaniche parzialmente derivate da
soia, impiegate inizialmente nel settore auto, si è arrivati oggi
a espansi al 100% di derivazione naturale, soprattutto PLA ma
anche amido e cellulosa; con questi materiali si ottengono
prodotti dall’aspetto e dalle caratteristiche meccaniche del
tutto simili al polistirene espanso. Queste schiume trovano
applicazione nel settore dell’imballaggio, dell’edilizia o dei
trasporti.
Materiale da imballo in schiuma naturale
© PST Galileo - Luglio 2014
Questo materiale è prodotto a partire da scarti di
cereali assieme ai miceli (mycelium) dei funghi, ovvero le radici
del fungo stesso, costituite da numerosi filamenti bianchi che
ramificano in ogni direzione.
La tecnologia che porta alla realizzazione di questo
materiale naturale non fa uso, rispetto alle bioplastiche
tradizionali, della frutta da coltivazione ma utilizza gli scarti
derivanti dall’agricoltura (per es. pula del riso) e dall’industria
(per es. dalla lavorazione del cotone); Attualmente trova
applicazione come packaging per oggetti di elettronica o per
prodotti alimentari (bottiglie di vino ecc.).
Per l’applicazione di grafiche, scritte e loghi sul packaging di
tipo plastico, si possono utilizzare i nuovi inchiostri ‘bio’ che
permettono al prodotto completo di ottenere la certificazione
di compostabilità.
Packaging derivante dai miceli dei funghi
L’ecoprogettazione e la conseguente attenzione
rivolta alla scelta dei materiali in un’ottica di rispetto
ambientale non rappresentano gli unici obiettivi per le
aziende del packaging: questo settore sta infatti investendo
molto per un continuo miglioramento delle prestazioni del
proprio prodotto, legate alla facilità d’uso, a nuove funzionalità
e, in ambito alimentare, a una migliore conservazione del
prodotto.
La shelf-life è senz’altro un aspetto fondamentale nel
settore alimentare; è noto che il deterioramento dell’alimento
viene accelerato dalla presenza di gas come l’ossigeno e
l’etilene, provenienti dall’alimento stesso e dall’ambiente
esterno.
Le nanotecnologie permettono oggi di realizzare film
con nanocariche non solo di argilla, già esistenti da qualche
anno sul mercato, ma anche di ioni ferro che, reagendo con
l’ossigeno, ne riducono drasticamente e per lunghi tempi
la concentrazione e rendono il packaging attivo. Inoltre,
possono essere inseriti all’interno del packaging fogli al 100%
naturali, a base mais o bambù, per assorbire l’etilene prodotto
dagli ortaggi e dalla frutta, aumentando la durata degli
alimenti senza perdere, anche a seguito dell’assorbimento, la
caratteristica di compostabilità.
Un altro ambito in cui l’innovazione dei materiali può
dare il proprio contributo significativo è quello legato alla
durata del packaging in funzione della resistenza agli UV.
Fino a ieri questa proprietà era garantita
dall’inserimento nel film di assorbitori di tipo organico che
però presentano durata limitata, non risultano idonei al
contatto alimentare e, col passare del tempo, fanno perdere
trasparenza al film.
Biopolimero a base PHA
© PST Galileo - Luglio 2014
Oggi si può ricorrere all’impiego di assorbitori
inorganici che reagiscono con i raggi UV e li bloccano;
essi mantengono una elevata trasparenza del film e non
ingialliscono nel tempo.
Test hanno confermato la non migrazione delle
sostanze nella superficie, rendendo gli assorbitori inorganici
idonei al contatto alimentare; ad oggi questi materiali
sono applicati nel settore del packaging alimentare e nella
protezione di pigmenti per il settore della cosmetica.
Merita una breve descrizione un nuovo materiale
plastico che ha trovato applicazioni ‘utili’ nel settore del
packaging, grazie ad una particolare proprietà, del tutto
anomala per un polimero: si tratta di un polietilene speciale
che, disponibile in forma di strisce, piattine e fogli, ha la
capacità di piegarsi a freddo e di rimanere nella posizione
impressa, garantendo elevata resistenza a sforzo ciclico.
Fino ad oggi questa proprietà era garantita solo da
materiali metallici come l’alluminio o l’acciaio (il classico filo di
ferro). In alcune applicazioni questo tipo di materiale conferisce
un vantaggio d’uso (il sacchetto che rimane aperto); in altre
permette di alleggerire il prodotto, sostituendo i metalli
sopracitati; può inoltre offrire un maggior grado di sicurezza
a determinati prodotti (ad esempio nei giocattoli piegabili);
in altri casi consente di ottenere un vantaggio ambientale, in
quanto, in mancanza della parte metallica, lo smaltimento del
prodotto è più semplice.
Plastica deformabile a freddo