ORAZIO LA MARCA (*) STUDI E RICERCHE SUI DANNI DA NEVE E VENTO NELLA FORESTA DI VALLOMBROSA I danni dovuti all’azione delle sollecitazioni causate da neve e vento (schianti, ovvero rotture del fusto o di parti di chioma), oppure all’azione congiunta di questi due fattori assumono, in determinate condizioni ambientali ed in determinate condizioni strutturali del bosco, dimensioni tali da vanificare in parte o in toto le finalità della coltivazione. Nella maggior parte dei casi i boschi che presentano strutture da questo punto di vista a rischio, sono interessati da schianti che possono ripetersi nel tempo e nello spazio con frequenze anche ravvicinate, tanto da rendere estremamente onerosa la gestione del bosco. Non sono rari i casi in cui interi soprassuoli vengono distrutti da eventi meteorici non necessariamente di eccezionale intensità. Come vedremo con più dettaglio oltre, la Foresta di Vallombrosa è soggetta per lo più a danni di debole e media intensità che interessano frequentemente quasi l’intera area occupata dalle abetine. Gli studi condotti in questa Foresta hanno dimostrato una stretta correlazione tra caratteristiche strutturali delle piante ed incidenza del danno. In particolare i parametri indicativi da questo punto di vista sono risultati: – il diametro a m 1,30 dal colletto; – l’altezza totale della pianta; – la quantità del fusto coperta da chioma. Gli indicatori più efficaci per prevedere il verificarsi di detti eventi sono stati il rapporto H/D, (ossia altezza totale della pianta/diametro a m 1,30 dal suolo), definito «rapporto di snellezza» e la quantità di fusto coperta da chioma verde. (*) Docente di Dendrometria. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali, Università degli Studi di Firenze. Via S. Bonaventura, 13 - 50145 Firenze. – I.F.M. n. 2 anno 2005 194 L’ITALIA FORESTALE E MONTANA Per piante d’abete bianco e douglasia i rapporti critici di snellezza, definiti in via sperimentale, sono risultati oscillare tra 85 e 90, le percentuali di chioma intorno a 40-45% (LA MARCA, 1983). Ciò sta ad indicare che quando le piante raggiungono valori di snellezza rispettivamente superiori e percentuali di chioma inferiori a quelli sopra riportati, le probabilità di schianti aumentano. Osservando il dinamismo strutturale di boschi coetanei, si è potuto notare che le piante in età giovanile presentano valori del rapporto di snellezza più bassi di quelli critici sopra riportati e fusti pressoché interamente coperti da chioma verde (100% di chioma). Con il progredire dell’età, in mancanza di tempestivi e ben dosati tagli intercalari, quindi in presenza di densità di coltivazione eccessive, l’incremento diametrico è notoriamente interessato negativamente dalle condizioni di eccessiva densità mentre l’incremento di altezza è da questo punto di vista meno influenzato (secondo alcuni Autori la densità favorisce l’allungamento longitudinale delle piante). La quota parte di fusto coperto da chioma verde, invece, si riduce progressivamente all’aumentare della densità del bosco. La risultante, come è facile dedurre, comporta un aumento dei valori del «rapporto di snellezza» fino a raggiungere e superare, anche notevolmente, i valori critici di rottura. Dai rilievi eseguiti su aree sperimentali appositamente individuate in diverse aree della Toscana è emerso in modo evidente una relazione tra alcuni parametri dendrometrici, a loro volta correlati alle densità di impianto e di coltivazione, ed incidenza dei danni. Anche l’intensità dei danni è risultata correlata ai modelli colturali praticati. Un riscontro con dati bibliografici inerenti l’argomento, riferiti per lo più ai Paesi del nord Europa, ha confermato pienamente la nostra intuizione ed ha incoraggiato a proseguire su questa strada (Cfr. bibliografia citata). Le ricerche condotte da un gruppo di lavoro che nel frattempo si era costituito all’interno dell’ex Istituto di Assestamento Forestale dell’Università di Firenze hanno portato a risultati, in perfetto accordo con quanto emerge dalla letteratura forestale straniera, che hanno dimostrato una chiara relazione tra gli schianti, la loro incidenza ed il modello colturale adottato. Detti risultati in estrema sintesi possono così essere riassunti: – gli schianti interessano in modo prevalente le piante che, crescendo in boschi eccessivamente fitti, tendono ad avere uno sviluppo ipsodiamentrico squilibrato ed una chioma inserita soltanto nella parte sommitale; – lo squilibrio, se la densità permane eccessiva, aumenta all’aumentare dell’età; – la stabilità delle piante alle sollecitazioni da neve e da vento aumenta con STUDI E RICERCHE SUI DANNI DA NEVE E VENTO NELLA FORESTA DI VALLOMBROSA 195 la quota parte di fusto coperto da chioma verde nonostante il maggior peso proprio, della neve e le maggiori sollecitazioni da parte del vento. Ciò poiché nelle piante con chioma inserita in basso, il punto di applicazione delle forze cade più vicino al punto di ancoraggio della pianta e su di una sezione, comparativamente, maggiore rispetto a quella di piante con chiome estremamente ridotte ed inserite in alto; – è possibile, attraverso indicatori biometrici (rapporto H/D e percentuale di chioma), stabilire il grado di instabilità di questi popolamenti; – gli interventi selvicolturali debbono tenere conto delle condizioni di stabilità dei popolamenti ai quali sono indirizzati. In particolare una tempestiva valutazione di detti indicatori può portare alla programmazione di interventi intercalari tesi anche ad evitare che si verifichino le condizioni di instabilità sopra richiamate; – se un bosco è sottoposto a diradamenti regolari e ben distribuiti nel tempo, è possibile evitare schianti di dimensioni tali da creare problemi alla normale gestione del bosco. Le ricerche storiche condotte a Vallombrosa da GABBRIELLI et al. (1985) hanno confermato il verificarsi di episodici danni a carico delle abetine, senza possibilità di accertare eventuali relazioni tra frequenza, intensità e interventi selvicolturali praticati nei popolamenti forestali danneggiati e non danneggiati. Un’indagine appositamente condotta presso gli archivi della Foresta di Vallombrosa ha messo in evidenza una crescente incidenza relativa alla raccolta di piante morte, sradicate o troncate (per lo più classificate come «tagli accidentali», ossia non programmati) in coincidenza con la sospensione dei tagli di maturità e, salvo qualche modestissimo prelievo, anche dei tagli intercalari. Dai dati delle utilizzazioni relative al periodo 1970-1988 (LA MARCA et al., 1994), eseguite a vario titolo nella compresa assestamentale delle abetine, è emerso che i tagli accidentali nel periodo 1970-73, allorquando erano eseguiti in qualche misura sia i tagli di maturità sia i tagli intercalari, ammontavano mediamente a 940 metri cubi per anno. Nel periodo 1974-88, in coincidenza della sospensione quasi totale di qualsiasi intervento selvicolturale, i tagli accidentali risultarono ammontare mediamente a 1588 metri cubi all’anno. L’impossibilità di disaggregare i dati di archivio che costituiscono la voce «tagli accidentali» non ha consentito di effettuare ulteriori analisi tese a ricercare le possibilità di ridurre questo tipo di danno. Da una stima sommaria delle dimensioni delle piante interessate dai cosiddetti «tagli accidentali« è emerso che il fenomeno ha riguardato decine di migliaia di piante ogni anno, distribuite in modo disforme pressoché sull’intera superficie occupata dall’abete bianco. 196 L’ITALIA FORESTALE E MONTANA Dalla tav. 1 si evince che, relativamente al periodo 1970-88, circa il 50% della superficie occupata dalle abetine è stata interessata da danni rilevanti per frequenza, oppure per intensità, oppure per frequenza ed intensità (LA MARCA et al., 1994 op. cit.). Tav. 1 – Distribuzioni delle superfici della compresa «Abetina pura a rinnovazione artificiale» nelle classi di danno. CLASSE DI DANNO A B C D E TIPO DI DANNO danni irrilevanti danni lievi danni rilevanti per frequenza danni rilevanti per intensità danni rilevanti per intensità e per frequenza TOTALI PARTICELLE n. % 34 100 113 15 9 271 12 37 42 6 3 100 SUPERFICI ettari % 49 160 219 21 12 461 11 35 48 4 2 100 Fig. 1 – Distribuzione spaziale dei danni nella compresa «Abetina pura a rinnovazione artificiale» STUDI E RICERCHE SUI DANNI DA NEVE E VENTO NELLA FORESTA DI VALLOMBROSA 197 La presenza a Vallombrosa di due particelle impiantate a densità tra loro differenti, la part. 419 (impiantata a 2,5x2,5 m) e la part. 421 (impiantata alle densità tradizionali per la Foresta di Vallombrosa, ossia a 1,8x1,6 m), già esaminate da questo punto di vista in sede di elaborazione del Piano di Assestamento forestale del 1970 ed oggetto di rilievi specifici nel 1969; 1980; 1986 e 1992 (Cfr. rispettivamente PATRONE, 1970; PAGANUCCI, 1989; LA MARCA et al. 1993), sufficientemente omogenee tra loro per età., quota, fertilità ed esposizione, ha consentito di effettuare un confronto tra dinamismo dei principali parametri dendrometrici e stabilità delle piante che costituiscono il soprassuolo. Nonostante non si tratti di parcelle impiantate nel rispetto di rigorosi protocolli di ricerca, è possibile osservare in modo comparativo che nel popolamento forestale impiantato e coltivato a maggiore densità (part. 421), già all’età di 42 anni circa il 99% delle piante aveva raggiunto o superato il valore della soglia critica del rapporto di snellezza. All’età di 64 anni erano rimaste in piedi meno del 15% delle piante presenti all’inizio delle osservazioni, mentre la rimanente parte era stata utilizzata come «tagli accidentali» (Fig. 2 e Fig. 3). Fig. 2 – Part. 421, distribuzione delle piante in classi diametriche ed analisi del rischio sulla base dei valori del rapporto di snellezza: età 42 anni (1970). 198 L’ITALIA FORESTALE E MONTANA Fig. 3 – Part. 421, distribuzione delle piante in classi diametriche ed analisi del rischio sulla base dei valori del rapporto di snellezza: età 64 anni (1922). Il soprassuolo impiantato a minore densità (part. 419), pur partendo da condizioni di migliore stabilità complessiva (Fig. 4) rispetto al soprassuolo prima esaminato, in mancanza di interventi colturali tesi a regolare le densità, gradualmente è diventato quasi del tutto instabile e, pertanto, a rischio di schianti (Fig. 5). Dalle tavv. 2 e 3 si evince che le due particelle esaminate, impiantate rispettivamente la prima a densità di m 2,5x2,5 mentre la seconda a m 1,80x1,60, nel 1970 avevano un numero di piante significativamente differente tra loro. Dopo 10 anni quella meno densa aveva subìto il danneggiamento di 70 piante per ettaro contro le 240 della particella impiantata a maggiore densità. Nel 1986 i danni dovuti a eventi meteorici e alla concorrenza tra le piante erano, nella particella coltivata a maggiore densità, oltre cinque volte, in termini numerici, rispetto alla particella di confronto. Nel 1992, epoca dell’ultimo inventario, le due particelle a confronto presentavano quasi lo stesso numero di piante per ettaro e, come si evince dalle figg. 2-3-4-5, la quantità di piante che, sulla base dei valori del rapporto di snellezza (h/d) potevano essere valutate non a rischio erano numericamente estremamente ridotte in ambedue i popolamenti osservati. Fig. 4 – Part. 419, distribuzione delle piante in classi diametriche ed analisi del rischio sulla base dei valori del rapporto di snellezza: età 40 anni (1970). Fig. 5 – Part. 419, distribuzione delle piante in classi diametriche ed analisi del rischio sulla base dei valori del rapporto di snellezza: età 62 anni (1922). 200 L’ITALIA FORESTALE E MONTANA Tav. 2 – Dinamica del popolamento arboreo della part. 419 nell’arco di oltre 20 anni (dati per ettaro). PARTICELLA 419 ANNO 1970 Cl. diam. Piante cm n. 10 15 20 25 30 35 40 TOTALI 1980 1986 Piante n. Danneg. n. % 60 374 628 202 24 10 110 460 250 200 30 10 100.0 10 9.1 30 6.5 10 4.0 10 5.0 1288 1060 70 6.6 Residue n. 1992 Piante n. Danneg. Residue n. % n. Piante Danneg. n. n. % Residue n. 100 430 240 190 30 59 343 277 155 45 6 16 16 6 27.1 4.7 2.2 43 327 271 155 45 6 40 240 210 170 80 70 40 100.0 170 70.8 70 130 61.9 80 70 41.2 100 0 0.0 80 10 14.3 60 990 885 38 4.3 847 810 420 51.9 390 Tav. 3 – Dinamica del popolamento arboreo della part. 421 nell’arco di oltre 20 anni (dati per ettaro). PARTICELLA 421 ANNO 1970 Cl. diam. Piante cm n. 1980 Piante n. Danneg. n. % 1986 Residue n. Piante n. 0 15 20 25 30 35 40 600 1245 360 30 200 910 430 120 20 90 140 10 45.0 15.4 2.3 110 770 420 120 20 55 485 440 195 70 15 TOTALI 2235 1680 240 14.3 1440 1260 1992 Danneg. Residue n. % n. 30 54.5 120 24.7 30 6.8 25 365 410 195 70 15 180 14.3 1080 Piante Danneg. n. n. % 300 390 190 90 30 20 1020 230 320 120 30 10 Residue n. 76.7 82.1 63.2 33.3 33.3 70 70 70 60 20 20 710 69.6 310 Ciò sta ad indicare che in mancanza di opportuni, dosati e tempestivi diradamenti le piante di abete di Vallombrosa, se impiantate a densità tradizionali, entrano ben presto in forte competizione e, dal punto di vista della loro capacità di resistere alle sollecitazioni causate da eventi meteorici, manifestano precoce instabilità. Se all’atto della esecuzione della piantagione le piante vengono collocate a dimora a distanze maggiori, in mancanza dei suddetti interventi colturali, i danni derivanti dall’eccessiva densità vengono soltanto procrastinati nel tempo. STUDI E RICERCHE SUI DANNI DA NEVE E VENTO NELLA FORESTA DI VALLOMBROSA 201 Nella particella 419 all’età di 62 anni erano rimaste in piedi poco più del 30% delle piante presenti all’inizio delle osservazioni. La rimanente parte è stata asportata in conseguenza di eventi contingenti che sfuggono a qualsiasi previsione e che costringono a rincorrere gli eventi. L’incidenza dei danni e la distribuzione delle piante in differenti classi sociali ha posto in evidenza che, nei popolamenti forestali studiati, le piante dominate sono maggiormente soggette a danni da neve e vento, ossia quelle che normalmente sono abbattute in occasione di ordinarie operazioni colturali. La resistenza a rottura di piante dominanti di abete bianco, valutata secondo modelli matematici, è risultata dieci volte superiore a quella di una pianta dominata della stessa specie (LA MARCA et al., 1994). Quanto sopra ha suggerito di impiantare prove sperimentali in proprietà private dato che nella Foresta di Vallombrosa gli indirizzi gestionali dell’epoca non consentivano, nemmeno su modeste superfici, la realizzazione di interventi selvicolturali tali da dare risposte su base sperimentale ai problemi che, con la sospensione quasi totale di qualsiasi intervento selvicolturale, divenivano sempre più preoccupanti. Inoltre proprio per questa Foresta erano elaborate teorie alquanto fantasiose che apologizzavano la teoria dell’abbandono delle foreste o, al massimo, ammettevano, operazioni colturali a carico di piante morte o moribonde. I risultati delle ricerche sperimentali condotte sia nel nostro Paese che all’estero hanno confermato la validità del valore predittivo del «rapporto di snellezza» e della percentuale di chioma nei confronti degli schianti da neve e vento. Inoltre le osservazioni sperimentali hanno confermato la possibilità di ridurre notevolmente gli schianti intervenendo, in modo opportuno e tempestivo, sulla densità di coltivazione del bosco. BIBLIOGRAFIA BARONI A., 1988 – Schianti da neve e vento a Vallombrosa nell’inverno 1986. L’Italia forestala e Montana, 2: 89-99. FORNAINI L., 1804 – Dissertazione sopra la coltivazione degli abeti. Stamp. Reale. Firenze. GABBRIELLI A., SETTESOLDI E., 1985 – Vallombrosa e le sue selve. Nove secoli di storia. MAF Collana verde N. 68 - Roma. LA MARCA O., 1983 – Il problema degli schianti nei boschi. Ricerche sperimentali su alcuni popolamenti di conifere. Annali dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, 32: 69-114. LA MARCA O., et al., 1993 – Ulteriori indagini sugli schianti in boschi di Abete bianco. L’Italia Forestale e Montana, 2: 63-82. 202 L’ITALIA FORESTALE E MONTANA MARCA O. et al., 1994 – Danni alle abetine di Vallombrosa nel periodo 19701988. Linea ecologica, 2: 15-20. PATRONE, 1970 – Piano di Assestamento della Foresta di Vallombrosa. Tipografia Coppini. Firenze. PAGANUCCI L., 1989 – Sperimentazione sulla densità d’impianto nelle abetine di Vallombrosa. L’Italia Forestale e Montana 1: 30-43. SARACINO A., ZANUTTINI R., 1987 – Osservazioni sui danni da neve e ghiaccio sulla Serra di Ivrea. Cellulosa e Carta 6: 36-46. VIDULICH A., 1988 – Indagini sugli schianti da neve a carico dei soprassuoli di Pino silvestre (Pinus sylvestris L.) in provincia di Bolzano. L’Italia Forestale e Montana 2: 100-118. LA