Corso di laurea triennale in Scienze dell’educazione e della formazione (L-19) (indirizzo: educatore sociale) Corso di Sociologia generale e della devianza (8 CFU) (Prof. Sebastiano Porcu) MATERIALE DIDATTICO - prima parte - anno accademico 2016/2017 - INDICE • 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma • 2. I principali concetti di base della sociologia • 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi Questa prima parte del materiale didattico si articola in : a) una premessa che sintetizza l’emergenza della sociologia come scienza autonoma (con particolare riferimento ai contributi di Comte e di Durkheim); b) i principali concetti di base della sociologia (così evidenziando la differenza tra il linguaggio della sociologia come scienza e il «linguaggio naturale» delle conversazioni di vita quotidiana sui fatti sociali; c) una chiara ed efficace presentazione – riprendendo alcuni passaggi di uno scritto di P. Berger: Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967 di cosa sia e di cosa studi la sociologia, oltre gli stereotipi ancora oggi diffusi. 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma/1 Al di là delle differenze di oggetto e di ordine epistemologico, c’è un dato comune tra la sociologia ed altre discipline che, tra Ottocento e primi decenni del XX secolo, hanno radicalmente trasformato le conoscenze della vita nelle sue varie dimensioni e manifestazioni (dall’ambiente naturale alla materia organica e non, dai fatti biologici ai fatti sociali ed alla dimensione psichica): come la microbiologia ha messo in luce tipologie e ruoli dei microrganismi, come la fisica ha progressivamente ampliato la conoscenza delle particelle elementari della materia, come la ricerca freudiana ha messo in luce l’esistenza dell’inconscio, così la sociologia - nello “scoprire” (grazie a Comte tra gli anni ’20 e ’30 dell’Ottocento) la società come livello di realtà “oggettiva”, “altra” in quanto diversa da un mero insieme di individui perché dotata di caratteristiche e dinamiche specifiche – contribuì a documentare come “le cose non sono quello che appaiono” neanche a livello di realtà sociale (P.L. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967). 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma/2 Tra i sociologi cui si deve la fondazione della sociologia come scienza autonoma il riferimento principale è a A. Comte (1798-1857) e E. Durkheim (1858-1917) Al primo, cui è riconosciuto Il ruolo di “padre fondatore” della sociologia riconosce a Comte (1798-1857), vanno riferiti: la prima definizione di società come un’unità che, se pure si articola in una vasta gamma di istituzioni e di altre componenti organizzative, rappresenta un tutto che, anticipando quanto più tardi sostenuto da Durkheim, è ben più della somma delle parti che comprende. Comte è anche il primo sociologo che ricorre alla “metafora biologica” (che ritornerà, successivamente, nella sociologia funzionalista), riprendendo dalla biologia – ed applicandoli allo studio della società, appunto considerata come un organismo – concetti quali, in particolare, funzione, gerarchia, organizzazione. E la società-organismo è l’oggetto della sociologia, che ne studia sia la dinamica (come la biologia studia le logiche evolutive degli organismi biologici), sia la statica (ovvero – al pari dello studio biologico della fisiologia – delle “costanti strutturali, comuni a ogni società nel tempo”, come “le istituzioni religiose e politiche, la proprietà e l’organizzazione della produzione, la famiglia (…) e il linguaggio” (F. Crespi, 2002). 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma/3 A partire dalla teoria di Comte, nello sviluppo disciplinare della sociologia e nella definizione di assunti e metodi della ricerca sociologica un ruolo fondamentale è stato svolto da E- Durkheim (1858-1917), cui si devono, tra l’altro: la più esplicita definizione ed analisi della società come “realtà oggettiva”, non riconducibile a mera sommatoria di individui; l’individuazione dell’oggetto della sociologia nello studio dei “fatti sociali” (“maniere d’agire, di pensare e di sentire che presentano questa rimarchevole proprietà: esse esistono al di fuori delle coscienze individuali” e “dotati di una potenza imperativa e coercitiva in virtù della quale s’impongono a lui, lo voglia o non lo voglia”) (E. Durkheim, Breviario di sociologia, Newton Compton, Roma, 1971) e delle funzioni; l’individuazione dei fattori, culturali e strutturali, che assicurano la coesione e la stabilità delle società e dei processi che, invece, generano mutamento e, nella società moderna industriale e urbanizzata, le situazioni di «anomia cronica». 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma/4 A Durkheim, peraltro, non a caso considerato dai più il “precursore” del funzionalismo in sociologia, si deve la prima, pur parziale, messa a punto di quell’orientamento teorico-metodologico - il funzionalismo, appunto - che, grazie allo sviluppo che ha poi trovato grazie all’opera di T. Parsons (1902-1979), ha costituito il “paradigma” (modello di riferimento teorico-metodologico diffuso e condiviso entro una determinata disciplina. Si presenta come un sistema coerente e complessivo d’integrazione fra oggetti, assunti e metodi conoscitivi) largamente più diffuso in sociologia sino alla seconda metà del Novecento ed alla ripresa di vigore od alla sviluppo di altri orientamenti (in senso generale microsociologici, critici soprattutto rispetto al determinismo macrosociologico del funzionalismo). 1. L’emergenza della sociologia come scienza autonoma/5 Le stesse definizioni, ancora generali (che, qui sono anticipate e che, nelle pagine successive, saranno meglio specificate ed articolate), dei principali oggetti della sociologia e, dunque, del glossario della sociologia (oltre a società: sistemi culturali e sistemi sociali; azione sociale, relazione sociale e struttura sociale; soggetto ed attore sociale; valori e norme sociali; ecc.) sono largamente debitrici nei confronti delle stesse concettualizzazioni di Durkheim e - come nei casi di M. Weber (18641920) e di T. Parsons – degli sviluppi della teoria sociologica che la ricerca di Durkheim ha successivamente consentito. 2. I principali concetti di base della sociologia/1 Cultura Sistema di: valori condivisi in un dato gruppo sociale; norme codificate/attese; beni materiali (dimensione materiale della cultura). Sistema coerente delle credenze, delle rappresentazioni, dei valori, delle norme e delle istituzioni che, all’interno del sistema sociale, grazie anche alle norme sociali collegate ai valori, producono consenso, controllando “le spinte disordinate dell’agire individuale”. 2. I principali concetti di base della sociologia/2 Valori Insieme ordinato e coerente di sistemi simbolici (linguaggio, credenze religiose, forme artistiche, ecc.). “Sono criteri simbolici di valutazione dell’azione sociale e in quanto tali influenzano il comportamento, le modalità e le finalità dell’azione sociale stessa” (V. Cesareo, 2000). 2. I principali concetti di base della sociologia/3 Norme sociali Prescrizioni di comportamenti cui attenersi in una determinata situazione (norme prescrittive) o divieti di determinate azioni (norme proscrittive), anche a costo di eventuali costi o sacrifici per l’attore (V. Cesareo, 2000). Si articolano in più tipologie (norme d’uso e di costume; norme morali; norme giuridiche; ecc.). Hanno lo scopo di regolare i comportamenti in vista dell’attuazione dei valori di riferimento (previsti dalla cultura) di una società/di un sistema sociale. 2. I principali concetti di base della sociologia/4 Subcultura Modello culturale specifico di un gruppo sociale. Differenzia il gruppo, in modo significativo, dagli altri gruppi all’interno di una determinata società sotto il profilo di valori, credenze, stili di vita e modelli normativi. Le subculture possono avere carattere deviante/conflittuale rispetto alla cultura prevalente all’interno della società (in tal caso sono spesso definite «controculture»). L’appartenenza ad una subcultura espone un attore sociale a «imperativi contraddittori» (attese sociali di comportamento contraddittorie che provengono dai modelli normativi differenziati della cultura e della subcultura) e a un inevitabile esito di «devianza». 2. I principali concetti di base della sociologia/5 Devianza La devianza può essere definita come «non conformità a una norma o complesso di norme accettate da un numero significativo di individui all'interno di una collettività». Tutte le norme sociali sono accompagnate da sanzioni che promuovono il conformismo e proteggono dal non conformismo. Una sanzione è qualsiasi reazione al comportamento di un individuo o di un gruppo volta ad assicurare l'osservanza di una data norma. «Devianza» e «criminalità» non sono sinonimi, anche se in molti casi possono coincidere. Rispetto a quello di criminalità, riferito specificamente a un comporta- mento che viola la legge, il concetto di «devianza» è assai più ampio. Molte forme di devianza non sono sanzionate dalla legge. (A. Giddens, 2014). 2. I principali concetti di base della sociologia/6 Devianza e innovazione Riprendendo il concetto di anomia dalla sociologia di Durkheim (indebolimento della coesione sociale e degli orientamenti normativi di una società: a) nelle fasi di disorganizzazione sociale che accompagnano il mutamento sociale; b) nella società moderna dove prevale l’individualismo a seguito del passaggio dalla «solidarietà meccanica» alla «solidarietà organica», basata sulla sempre maggiore differenziazione funzionale dei ruoli sociali), Robert Merton ha interpretato la criminalità e la devianza «come risultati della tensione causata dall’insufficienza dei mezzi legittimi per raggiungere obiettivi socialmente approvati» (J.C.Alexander, K.Thompson, 2010). Merton ha classificato, tra le «cinque principali risposte a tale tensione», e come forma particolare di devianza, la «innovazione», che consiste in un comportamento che combina l’accettazione degli scopi culturali della società e l’uso di mezzi trasgressivi per conseguirli. I fenomeni di innovazione svolgono un ruolo fondamentale nell’evoluzione culturale e sociale. 2. I principali concetti di base della sociologia/7 Azione sociale Ogni tipo di agire dotato di senso in quanto tiene conto dell’agire altrui. Il senso (F. Crespi, 1985) “può essere inteso come ogni significato (rappresentazione, valore, norma, sentimento, ecc.) elaborato dal soggetto cosciente, che orienta l’agire di quest’ultimo”. 2. I principali concetti di base della sociologia/8 Azione sociale: i «tipi ideali» di Max Weber «Rispetto all'agire sociale, Max Weber distingue quattro tipi ideali fondamentali di determinazione dell'agire: a) in modo razionale rispetto allo scopo (Zweckrational), quando l'agire è determinato prevalentemente da aspettative nei confronti di oggetti del mondo esterno o di altri uomini, in relazione a scopi perseguiti razionalmente, secondo il modello mezzi-fini (ad esempio l'agire economico o tecnico); b) in modo razionale rispetto al valore (Wertrational), quando l'agire è determinato prevalentemente da credenze consapevoli nell'incondizionato valore in sé di un determinato comportamento in quanto tale, prescindendo dalle sue conseguenze (ad esempio, il comportamento di un martire della fede); c) affettivo (Affektuell), quando l'agire è determinato prevalentemente da affetti, emozioni, stati attuali del sentire (ad esempio, il comportamento di un innamorato); d) tradizionale (Traditional), quando 1'agire è determinato , prevalentemente da abitudini acquisite (ad esempio, le regole della «buona educazione»). E’ importante sottolineare subito il significato che assume, nella definizione dei quattro tipi ideali, il riconoscimento della presenza di una dimensione di razionalità non solo nell'agire strumentale, che si orienta in vista del raggiungimento di uno scopo concreto, ma anche nell'agire che si determina in base a valori etici, estetici, politici o religiosi». (F. Crespi, 1985). 2. I principali concetti di base della sociologia/9 Rel-azione sociale “Un comportamento di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità” (M. Weber). “L’elemento della reciprocità mette in evidenza che la dinamica delle interrelazioni sociali è fondata su un insieme di aspettative reciproche e su possibilità calcolate soggettivamente circa le conseguenze del proprio agire” (F. Crespi, 1985). 2. I principali concetti di base della sociologia/10 Società Sistema determinato di relazioni sociali coordinato in base a norme sociali e codici di comunicazione che assicurano la prevedibilità dell’azione e la differenziazione/integrazione dei ruoli sociali (divisione sociale del lavoro) Sistema determinato di relazioni sociali, mediate simbolicamente, fra soggetti dotati di autocoscienza “Ogni società presenta quattro caratteristiche essenziali: a) possiede una cultura più o meno omogenea; b) è un insieme di rapporti sociali formali e informali; c) evidenzia al suo interno differenze socialmente rilevanti in termini di potere, reddito, prestigio; d) è direttamente o indirettamente riferibile a un contesto spazio temporale” (V. Cesareo, 2000). E’ un sistema di sistemi sociali ed il sistema sociale più ampio e più complesso. 2. I principali concetti di base della sociologia/11 Sistema sociale “Complesso di posizioni o ruoli, occupati o svolti da soggetti individuali o collettivi i quali interagiscono mediante comportamenti, azioni, attività di natura specifica (economica, politica, educativa, religiosa, sportiva, ecc.), nel quadro di norme regolative e di altri tipi di vincolo che limitano la varietà degli atti consentiti a ciascun soggetto nei confronti degli altri. La trama dei rapporti e delle relazioni relativamente stabili - indipendenti dall’identità degli individui o collettività coinvolti nel sistema sociale a un dato momento - che derivano da tali norme costituisce la struttura del sistema” (L. Coser, 1987). 2. I principali concetti di base della sociologia/12 Istituzione sociale Modello di comportamento cogente. In alcuni casi, ma non sempre (come, ad es., nell’istituzione tradizionale del “fidanzamento”), “si materializza” in un’organizzazione. 2. I principali concetti di base della sociologia/13 Ruolo sociale Insieme coerente di modelli di comportamento (socialmente attesi sulla base di norme sociali) orientati all’espletamento di una funzione. Il ruolo può essere anche definito (L. Gallino, 1993) come “l’insieme delle norme/aspettative che convergono su un attore in quanto occupa una determinata posizione in una più o meno strutturata rete di relazioni sociali, ovvero in un sistema sociale”. Dunque il ruolo è un “comportamento socialmente atteso”. Il ruolo è l’aspetto prescrittivo di una posizione sociale. Ha la funzione di regolare/rendere prevedibile – e integrabile con altri – il comportamento dell’attore. Il processo (regolato da norme sociali) di distribuzione del ruoli sociali (relativi alle diverse funzioni, non solo di tipo economico), entro una società, costituisce la divisione sociale del lavoro. 2. I principali concetti di base della sociologia/14 Status sociale Lo status è l’aspetto allocativo di una posizione sociale. Le risorse che vengono allocate (distribuite) tra i diversi status sono - in mix variabili tra le diverse società/situazioni storiche – risorse materiali (denaro ed altri beni), potere, prestigio ed altre risorse socialmente scarse. Se il ruolo è relativo agli “obblighi” di un attore, lo status è relativo ai “diritti” di un attore in relazione al ruolo che svolge. Lo squilibrio tra le diverse dimensioni/risorse assegnate ad uno status (ad es.: tra quantità di prestigio e di ricchezza; tra potere e prestigio, ecc.) è definito incongruenza di status. Può essere, ad es, il risultato di una mobilità sociale discendente che crea incoerenza tra lo status che si modifica «in peggio» e le aspettative di chi svolge il ruolo connesso allo status). 2. I principali concetti di base della sociologia/15 Posizione sociale Una posizione sociale comprende due parti: ruolo e status. Una posizione sociale è, dunque, uno status-ruolo. 2. I principali concetti di base della sociologia/16 Mediazione simbolica Le diverse forme espressive che, attraverso il linguaggio, si configurano come rappresentazioni della realtà (racconto mitologico; religione; arte; tecniche; sapere scientifico; filosofia; sistemi di diritto; regole di comportamento; ecc.) costituiscono altrettanti modi in cui il soggetto riesce a mediare simbolicamente il rapporto con se stesso, con gli altri, con le cose (F. Crespi, 1985). 2. I principali concetti di base della sociologia/17 Funzionalismo “L’analisi di fenomeni culturali e sociali nei termini delle funzioni che essi svolgono in un sistema socioculturale. Nel funzionalismo la società è concepita come un insieme di parti interconnesse, nel quale nessuna parte può essere compresa se isolata dalle altre. Un qualsiasi mutamento in una delle parti è considerato causa di un certo grado di squilibrio, che produce, a sua volta, ulteriori cambiamenti in altre parti del sistema e addirittura una riorganizzazione del sistema stesso. Lo sviluppo del funzionalismo è basato sul modello del sistema organico che troviamo nelle scienze biologiche” (G.A. e A.S. Theodorson, 1969). 2. I principali concetti di base della sociologia/18 Morfostasi e morfogenesi Allo squilibrio i sistemi reagiscono attivando i propri meccanismi di omeostasi, che tendono a ripristinare lo stato iniziale del sistema. Solo i sistemi sociali hanno la capacità di attivare (nel corso del loro specifico ciclo di vita) la morfogenesi, ovvero mutamenti della struttura del sistema allo scopo di mantenere la capacità del sistema stesso di perseguire i suoi scopi. Anche i sistemi biologici hanno capacità morfogenetiche ma tali capacità possono operare solo attraverso i lunghi processi di evoluzione della specie. Ai processi morfogenetici è collegato il fenomeno della differenziazione sociale («processo attraverso cui le parti di una società o di un sistema sociale più circoscritto acquisiscono gradatamente una identità distinta in termini di funzione, attività, struttura, cultura, autorità, potere, o altre caratteristiche socialmente significative e rilevanti». N.J.Smelser, 1987). 2. I principali concetti di base della sociologia/19 Soggetto “Il soggetto cosciente è pensato in Weber (…) come centro relativamente autonomo, dotato di autoconsapevolezza e di razionalità, mosso da motivazioni e capace di scelta e decisione” (F. Crespi, 1985). E’ il “risultato” di un processo di socializzazione/educazione efficace. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/1 Come possiamo dunque definire il sociologo? Passando in rassegna le varie immagini che di lui esistono nella mentalità corrente, abbiamo già individuato alcuni elementi che vanno inclusi nella nostra definizione. Tenteremo ora di mettere insieme questi elementi, costruendo quello che in sociologia si chiama un «tipo ideale». Ciò vuol dire che l'immagine che noi tracceremo non si trova nella realtà in forma pura, ma soltanto in vari gradi di approssimazione o divergenza. Essa non rappresenta una media empirica. Neppure pretendiamo che tutti quelli che oggi si considerano sociologi si possano riconoscere senza riserve nella nostra concezione, né intendiamo negare a chi non vi si riconosce il diritto di usare tale designazione: non è nostro scopo scomunicare nessuno. Siamo però, persuasi che il nostro « tipo ideale» risponde all'autoconcezione della maggior parte dei sociologi appartenenti al filone centrale della disciplina, sia storico (almeno di questo secolo) che contemporaneo. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/2 Il sociologo, dunque, ha come fine la comprensione della società sulla base di un metodo. Questo metodo è di indole scientifica. Ciò significa che quanto il sociologo scopre e afferma circa i fenomeni sociali che studia rientra in un certo quadro di riferimento abbastanza rigorosamente definito. Una delle caratteristiche principali di questo quadro di riferimento scientifico è che i procedimenti devono obbedire a certi criteri di verificabilità. In quanto scienziato, il sociologo si sforza di essere oggettivo, di controllare le sue predilezioni e i suoi pregiudizi personali, di intendere chiaramente anziché giudicare normativamente. Naturalmente questo controllo non si estende alla totalità della sua esistenza in quanto uomo, ma soltanto al suo operare in quanto sociologo. Il sociologo non pretende che il suo quadro di riferimento sia l'unico in base al quale si può osservare la società. Del resto ben pochi scienziati, a qualsiasi disciplina appartengano, affermerebbero oggi che il mondo si può osservare soltanto scientificamente. Il botanico che osserva un asfodelo non ha motivo di contestare al poeta il diritto di osservare lo stesso fiore in tutt'altra maniera. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/3 Ci sono molti modi di giocare. Il punto non è di negare i giochi altrui, ma di riconoscere bene le regole del proprio gioco. Il gioco del sociologo, abbiamo detto, ha delle regole scientifiche. Perciò il sociologo deve conoscere bene il significato di queste regole. Deve, cioè, interessarsi di questioni metodologiche. La metodologia non è il suo fine, Il suo fine, ripetiamo, è il tentativo di comprendere la società. La metodologia serve a realizzare questo fine per comprendere la società o il particolare settore della società che egli studia in un dato momento, il sociologo può impiegare diversi mezzi. Uno di questi è la tecnica statistica. La statistica può essere molto utile per rispondere a certe domande sociologiche. Ma la statistica non è sociologia. In quanto scienziato, il sociologo deve badare al significato esatto dei termini che usa: deve, cioè, interessarsi di terminologia. Ciò non vuol dire che egli deve necessariamente inventarsi un suo nuovo linguaggio, ma soltanto che non può adoperare avventatamente il linguaggio corrente. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/4 Infine, l'interesse del sociologo è essenzialmente teoretico. Il sociologo persegue, cioè, la comprensione in se stessa. Egli può anche preoccuparsi dell'applicabilità e delle conseguenze pratiche dei suoi risultati, ma a questo punto lascia il quadro di riferimento sociologico per entrare nell'ambito dei valori, convinzioni ed idee che ha in comune con altri che non sono sociologi. Il sociologo è una persona che ha un interesse appassionato, inesauribile, sfacciato, per i fatti degli uomini. Suo habitat naturale è ogni luogo ove gli uomini si incontrano. Il sociologo può avere interesse per molte altre cose, ma il suo interesse dominante è per il mondo degli uomini, per le loro istituzioni, la loro storia, le loro passioni. E siccome gli uomini lo interessano, nulla di ciò che essi fanno può essergli del tutto indifferente. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/5 Naturalmente lo interesseranno gli avvenimenti che coinvolgono le credenze fondamentali degli uomini, i loro momenti di tragedia, di grandezza, di estasi. Ma lo attrarranno anche i fatti banali, di ogni giorno. Gli accadrà di provare rispetto, ma il rispetto non gli impedirà di voler vedere e capire. Gli accadrà di provare ripugnanza o disprezzo, ma anche questo non gli impedirà di voler trovare risposta alle sue domande. Nella sua ricerca della comprensione, il sociologo percorre il mondo degli uomini ignorando i confini usuali. Nobiltà e degradazione, potenza e umiltà, intelligenza e stoltezza sono per lui ugualmente interessanti, per quanto possano differire rispetto ai suoi valori e le sue predilezioni personali. Così, le sue domande possono condurlo in ogni possibile strato della società, nei luoghi più noti e meno noti, più rispettati e più disprezzati. E se è un buon sociologo andrà in tutti quei luoghi, perché le sue domande lo dominano al punto che egli non potrà fare a meno di cercare risposta. Possiamo dire la stessa cosa in tono minore. Possiamo dire che il sociologo, con tutta la dignità del suo titolo accademico, è il tipo che non può fare a meno di ascoltare i pettegolezzi, che ha la tentazione di guardare dal buco della serratura, di leggere la posta altrui, di aprire i cassetti chiusi. Prima che qualche psicologo disoccupato si accinga a costruire un test attitudinale per sociologi sulla base di un voyeurismo sublimato, precisiamo subito che parliamo soltanto metaforicamente. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/6 Quella che ci interessa è la curiosità che prende ogni sociologo davanti a una porta chiusa dietro la quale ci sono voci umane. Se è un buon sociologo vorrà aprire quella porta, capire quelle voci. Dietro ogni porta chiusa, immaginerà nuovi aspetti della vita umana non ancora percepiti e compresi. Il sociologo si occuperà di cose che altri considerano troppo sacre o troppo volgari per un'indagine oggettiva. Troverà proficua la compagnia di preti o di prostitute non a seconda delle sue predilezioni personali ma delle domande che in quel momento si pone. Si occuperà anche di cose che per altri sono insignificanti. Gli interesseranno le interazioni umane connesse alla guerra o alle grandi scoperte intellettuali, ma gli interesseranno anche i rapporti che esistono tra il personale di un ristorante o tra un gruppo di bambine che giocano alle bambole. L'oggetto principale della sua attenzione non è il significato ultimo dell'agire umano, ma l'azione in se stessa in quanto costituisce un esempio della molteplicità infinita del comportamento umano. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/7 In questi viaggi attraverso il mondo degli uomini, il sociologo incontrerà inevitabilmente altri curiosi di professione, i quali potranno anche considerarlo un intruso, un cacciatore di frodo nella loro riserva. In qualche luogo incontrerà l'economista, in altri lo studioso di scienze politiche, in altri ancora lo psicologo e l'etnologo. Ma è probabile che le domande che lo hanno condotto in quei luoghi siano diverse da quelle che muovono gli altri cacciatori. Le domande del sociologo sono sempre sostanzialmente le stesse: «Come si comportano gli uomini in questa situazione?», «Che relazioni hanno tra loro?», «Come sono organizzate istituzionalmente queste relazioni?», «Quali sono le rappresentazioni collettive che muovono gli uomini e le istituzioni?». Cercando di rispondere a queste domande nei diversi casi specifici, il sociologo dovrà naturalmente affrontare problemi economici e politici, ma li affronterà in modo un po' diverso dall'economista o dallo studioso di scienze politiche. La scena che egli osserva è la stessa scena umana di cui si occupano questi altri studiosi, ma l'angolazione del sociologo è diversa. Appare chiaro di conseguenza che non ha senso tentare di delimitare un particolare settore che il sociologo possa considerare di sua esclusiva pertinenza. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/8 Ogni attività intellettuale diventa eccitante quando conduce alla scoperta. A volte anche il sociologo penetra in mondi che gli erano del tutto sconosciuti: il mondo del crimine, il mondo di una strana setta religiosa o il mondo configurato dai particolari interessi di una categoria - gli specialisti in medicina, i dirigenti militari o gli esperti pubblicitari. Ma di solito il sociologo si muove in campi d'esperienza che sono familiari a lui e a quasi tutti quelli che appartengono alla sua società: le sue ricerche riguardano comunità, istituzioni e attività di cui i giornali parlano continuamente. Eppure anche in queste ricerche c'è l'emozione della scoperta: non, stavolta, l'emozione di scoprire cose totalmente nuove, ma di scoprire che le cose note hanno un diverso significato. L'interesse della sociologia nasce dal fatto che la sua prospettiva ci consente di vedere sotto una nuova luce il mondo dove abbiamo sempre vissuto. Anche questo determina un mutamento di coscienza, E dal punto di vista esistenziale tale mutamento è più importante di quanto non sia in altre discipline intellettuali, perché è più difficile segregarlo in un particolare settore della propria mente. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/9 L'astronomo non vive nelle galassie remote, e il fisico nucleare quando non è in laboratorio può mangiare, ridere, sposarsi e votare senza pensare ai segreti dell'atomo; il geologo studia le rocce solo quando lavora e il glottologo con la moglie parla la sua lingua. Il sociologo invece vive nella società quando lavora e quando non lavora. La sua vita stessa è inevitabilmente parte della sua materia di studio, Siccome gli uomini sono uomini, anche i sociologi riescono a segregare le loro percezioni professionali dalle loro faccende quotidiane, ma è piuttosto difficile riuscire a farlo in buona fede. Il sociologo opera nel mondo comune degli uomini, a contatto di quella che molti di loro chiamerebbero la realtà. Le categorie che egli adopera nelle sue analisi non sono che perfezionamenti delle categorie che regolano la vita di tutti: potere, classe, status, razza, appartenenza etnica. Perciò certe indagini sociologiche hanno un apparente carattere di banalità. Uno le legge, riconosce situazioni note, pensa che sono tutte cose che sapeva già e si meraviglia che ci sia gente che sta a perdere tempo su ovvietà simili, finché si imbatte improvvisamente in un'osservazione che sovverte completamente la sua precedente visione di questi fatti noti. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/10 E’ a questo punto che si comincia ad intuire l'interesse della sociologia. Possiamo dire che il primo ammaestramento della sociologia è questo: le cose non sono quello che appaiono. Anche questa sembra un'affermazione elementare, ma non lo è poi tanto. La realtà sociale si rivela costituita da molti strati di significato. La scoperta di ogni nuovo strato modifica la percezione dell'insieme. Gli antropologi adoperano il termine «shock culturale» per definire l'effetto prodotto sull'individuo dallo scontro con una cultura per lui totalmente nuova. Spesso lo shock non è accompagnato soltanto da disapprovazione o disgusto ma anche dall'eccitazione di scoprire che il mondo può essere veramente tanto diverso da quello che si conosce. L'emozione del primo viaggio all'estero è data, in parte, proprio da questo. L'esperienza della scoperta sociologica si può definire uno «shock culturale» senza spostamenti geografici. In altre parole il sociologo viaggia in casa sua con risultati da shock. Non intendiamo dire con questo che le scoperte sociologiche sono sempre - e neppure di solito - sconvolgenti per il proprio senso morale: tuttavia esse hanno in comune con l'esplorazione di paesi remoti l'improvvisa illuminazione di aspetti nuovi e insospettati dell'esistenza umana nella società. E’ questo che costituisce il lato emozionante della sociologia e la sua giustificazione umanistica. 3. Cos’è e cosa studia la sociologia: oltre gli stereotipi (da: P. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967)/11 Chi non vuole fare scoperte sconvolgenti, chi preferisce credere che la società è proprio come gli hanno insegnato all'oratorio, chi ama la sicurezza delle norme e dei precetti di quello che Alfred Schutz ha definito il « mondo-dato- per-ovvio », farà bene a non occuparsi di sociologia. E anche chi non prova tentazioni davanti alle porte chiuse, chi non ha curiosità per gli esseri umani, chi è soddisfatto di ammirare il paesaggio senza chiedersi come saranno gli uomini che vivono nelle case oltre il fiume, forse farà bene a non occuparsi di sociologia. La troverebbe sgradevole e comunque inutile. Altrettanto si può dire per chi ha interesse per gli uomini soltanto se può modificarli, convertirli o riformarli, perché si accorgerebbe che la sociologia serve, a questo fine, assai meno di quanto non creda. E chi tiene soprattutto alle proprie costruzioni concettuali farà meglio a dedicarsi allo studio dei topolini bianchi. La sociologia può appagare, alla lunga, soltanto chi non sa immaginare nulla di più appassionante dell'osservare gli uomini e capire i fatti umani.