LOCALIZZAZIONE, SVILUPPO REGIONALE E PRODUZIONE DI

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GEOGRAFIA ECONOMICA (GESTIONE DELL’IMPRESA E TERRITORIO)
PROF. A. CELANT
ANNO ACCADEMICO
2005/2006
MATERIALE DIDATTICO PER GLI STUDENTI FREQUENTANTI IL CORSO
DISPENSA N. 4
LOCALIZZAZIONE, SVILUPPO REGIONALE E
PRODUZIONE DI INNOVAZIONI
FILIPPO CELATA
[email protected]
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Il capitale umano da una parte viene attirato nei luoghi dove questo può
essere più produttivo, e quindi i luoghi più sviluppati. In secondo luogo
questa concentrazione di cervelli rinforza la competitività del luogo:
“ovunque si sviluppi un agglomerato di intelligenze, in un paesino come in
una grande città, lì si accumulerà ricchezza” (Kotkin 2001). Si tratta anche
in questo caso di un processo cumulativo: il capitale umano è un fattore
fondamentale per spiegare i processi di agglomerazione e urbanizzazione.
Senza gli effetti di produttività derivanti dalla dotazione di capitale umano,
le stesse città sarebbero economicamente inspiegabili:
Se ci limitassimo a postulare il tradizionale repertorio di forze economiche, le
città crollerebbero. Le teorie della produzione non contengono nulla che possa
tenere insieme una città: questa è solo un insieme di fattori di produzione –
capitale, persone e terra – che sono sicuramente più a buon mercato altrove…
A me pare che la “forza” che va postulata per spiegare il ruolo centrale delle
città nella vita economica abbia precisamente lo stesso carattere del “capitale
umano esterno” (che deriva dall’interazione tra persone)… Perché la gente
dovrebbe pagare gli affitti di Manhattan o del centro di Chicago, se non per
stare con altre persone? (Lucas 1984)
Il capitale umano assume un ruolo determinante in un contesto di
globalizzazione economica e di crescente mobilità dei fattori, perché
rappresenta una risorsa scarsa, insostituibile e tendenzialmente immobile.
Per questo assume rilevanza la capacità di promuovere uno “sviluppo
basato sulla conoscenza” (Knight 1995). In una società aperta le imprese
non possono competere solo sulla base di criteri di efficienza nei costi. Per
sopravvivere devono divenire più dinamiche, più aperte e più reattive
rispetto a stimoli esterni e cambiamenti nella domanda, nelle tecnologie, nel
mercato Le unità produttive diventano più piccole e più flessibili, e
impiegano lavoro sempre più specializzato. Il ciclo produttivo si scompone e
mentre le “fabbriche” vengono delocalizzate nei paesi in via di sviluppo, le
funzioni strategiche di direzione e di ricerca – che utilizzano lavoro
altamente qualificato – si concentrano nei luoghi dove possono attingere
alle risorse conoscitive. Gli stessi prodotti non sono più standardizzati ma
personalizzati. Il loro contenuto si è nel tempo de-materializzato, nel senso
che il bene - si tratti di un automobile o di una rappresentazione teatrale oltre a svolgere una funzione deve essere in grado di comunicare un
immagine, rispondere alle mode. L’aumento del tempo libero e del livello di
istruzione determina infine lo sviluppo di una vera e propria industria
dell’informazione dove la conoscenza è la materia prima produttiva così
come il bene finale.
Le imprese ad alto consumo di capitale umano richiedono localizzazioni
specifiche, contesti favorevoli allo sviluppo e alla diffusione di conoscenze.
Emerge in questo modo a livello locale il ruolo delle città come
concentrazioni di conoscenze e competenze e come incubatori di creatività.
A livello globale emerge invece il problema della circolazione di cervelli. Il
capitale umano lungi dall’essere immobile affluisce ed emigra verso i luoghi
dove può trovare una migliore remunerazione, condannando le aree
arretrate ad un costante drenaggio di cervelli (brain-drain).
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9. IL CAPITALE CREATIVO: CAPITALE UMANO E LOCALIZZAZIONE
Il capitale umano è quindi il motore centrale dello sviluppo regionale, e
l’accumulazione di conoscenze, competenze e creatività è una delle cause
determinanti della concentrazione di imprese. Oltre ai fattori di
localizzazione delle imprese quindi, dovrebbero essere meglio analizzate le
ragioni e le determinanti della concentrazione di cervelli.
I due fenomeni sono strettamente collegati, ma mentre tradizionalmente si
pensava che fossero le persone istruite ad affluire verso i luoghi con migliori
opportunità di lavoro, l’economista americano Richard Florida ha ribaltato
questa proposizione.
Ha sviluppato per questo una teoria del “capitale creativo” che si ricollega
alla teoria del capitale umano. Una società terziarizzata e di tipo postindustriale (Bell 1974) piuttosto che produrre e commercializzare beni,
produce e scambia informazioni e conoscenze. Nelle regioni più avanzate a
partire dagli anni ’70, l’occupazione industriale ha iniziato a diminuire,
riorientandosi verso attività non direttamente produttive e in un settore di
servizi sempre più ampio e diversificato. Le stesse produzioni industriali –
come si è già detto – hanno un contenuto sempre più immateriale:
l’informazione e la conoscenza sono sempre più importanti materie prime
produttive, e a volte il prodotto finale del processo produttivo.
L’innovazione non si sostanzia quindi solo nel miglioramento dell’efficienza
produttiva e nel miglioramento tecnologico, ma soprattutto nella produzione
di idee e nella “creatività”.
L’accumulazione di capitale creativo è la causa ultima dell’agglomerarsi delle
imprese a più alto contenuto informativo, che sono oggi i settori economici
più competitivi ed a più alto valore aggiunto.
Ma dove si localizza il capitale umano? In che modo le persone qualificate,
creative e di talento scelgono il posto dove vivere? Tradizionalmente si
pensava che queste persone affluissero nei luoghi dove possono essere più
produttive; è vero però che:
La “classe creativa” è sempre più libera nelle sue scelte localizzative, e si
sta allontanando dai centri industriali tradizionali per dirigersi verso località
più “vive” e dinamiche, come le grandi città.
Le persone di talento non si localizzano in questi centri per i motivi
tradizionali: queste sono attratte dall’abbondanza di attrattive, esperienze e
diversità, da posti piacevoli e con una elevata qualità della vita, luoghi dove
si può attingere più facilmente al flusso di conoscenze e informazioni, dove
è possibile interagire con altre persone creative e dove hanno “la possibilità
di vedere riconosciuta la propria identità di persone creative” (Florida 2002).
Se la localizzazione delle imprese è guidata dalla localizzazione di persone
creative, lo sviluppo regionale non dipende dalle scelte aziendali ma dalle
scelte individuali. Le regioni possono avere successo “solo perché è lì che le
persone creative vogliono vivere. Sono le imprese a seguire le persone
oppure – a volte – sono quelle stesse persone a originare le imprese”
(Florida 2002).
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Nell’epoca attuale il fattore lavoro – soprattutto quello più qualificato – da
una parte si muove in cerca della migliore occupazione, e dall’altra in cerca
del migliore “stile di vita”. Le persone creative e di talento che possono
facilmente trovare lavoro, in particolare, preferiscono risiedere in città – e
nelle città più dinamiche, vive e tolleranti. “Lo sviluppo economico regionale
è guidato dalle scelte di localizzazione delle persone creative – detentrici
cioè del capitale creativo – che preferiscono i posti diversi, tolleranti e aperti
alle nuove idee” (Florida 2002).
Tre dimensioni appaiono quindi critiche e determinanti:
- la tecnologia: la dimensione tecnologica e la capacità di esprimere
una struttura produttiva specializzati in settori altamente innovativi e
dinamici.
- Il talento e il capitale umano inteso come livello di istruzione e più in
generale il “talento” come capacità di produrre innovazioni e nuove
idee.
- La “tolleranza”, e cioè la capacità di sviluppare una comunità
territoriale aperta alla diversità e alle nuove idee.
L’autore sviluppa per questo il modello delle 3T, e costruisce degli indicatori
di Tecnolgia, Talento (capitale umano) e Tolleranza, dimostrando che la
compresenza di questi fattori può spiegare le dinamiche di sviluppo
regionale molto più della semplice dotazione di imprese innovative o di
imprese altamente tecnologiche, e della stessa dotazione di capitale umano.
In una società post-industriale “le regioni hanno quindi tutto da guadagnare
se diventano comunità aperte, accoglienti e diverse” (Florida 2002).
Bilbiografia
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