Diplomatico e consigliere di Federico III, poeta ed umanista

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IN CORSO DI PUBBLICAZIONE SU BULLETTINO SENESE DI STORIA PATRIA, 116, 2009
BARBARA BALDI, Pio II e le trasformazioni dell’Europa cristiana (1457-1464), Milano,
Edizioni Unicopli, 2006, pp. 271.
Diplomatico e consigliere di Federico III, poeta ed umanista, segretario del concilio e
dell’antipapa, vescovo, cardinale ed infine pontefice con il nome di Pio II, la figura di Enea
Silvio Piccolomini riflette l’estrema complessità di una vicenda personale eccezionalmente
peculiare e distintiva. Tuttavia l’itinerario personale del Piccolomini, sostiene Barbara Baldi
nel presente libro, conserva una sua unità concettuale, una sua distintiva coerenza di fondo
individuabile sin dalle opere da lui composte alla vigilia del suo pontificato fino alla sua
morte, ad Ancona, in attesa di partire per la crociata da lui promossa. Dinanzi alle divisioni
politiche e religiose che lo circondano, Piccolomini individua nella ricerca della pace e della
concordia del mondo cristiano il valore più alto che la Chiesa ha il dovere di promuovere,
all’insegna del recupero, tutto umanistico, dei valori cristiani. In tal senso, anche la
promulgazione della crociata si inserisce all’interno di un quadro di recupero, rivendicazione e
difesa della civiltà cristiana e dunque europea.
Gli studi sulla figura e le vicende di Pio II sono numerosi e diversificati, eppure, denuncia la
Baldi, la storiografia relativa alla politica italiana ed europea del XV secolo tende a dare un
insufficiente risalto alla figura di questo pontefice le cui indagini biografiche, spesso risultano,
per converso, inadeguatamente contestualizzate. Con questo libro l’autrice si propone quindi
di reinterpretare il ruolo storico di Pio II al fine di ricomporre il nesso tra la vicenda pubblica e
privata del Piccolomini e lo scenario politico a lui contemporaneo.
Alla ricerca della visione della cristianità che accompagna il Piccolomini alla vigilia della sua
elezione, il libro si apre sull’analisi congiunta, e sinora indedita, delle tre opere che Enea
Silvio aveva composto tra la fine del ’57 e l’agosto del ’58, momento della sua elezione al
soglio di San Pietro: la Germania, l’Historia Bohemica, il De Europa. In questi testi,
Piccolomini analizza le condizioni, le difficoltà e le potenzialità del papato, dello stato della
Chiesa, dell’Italia, dell’Europa e rivendica il ruolo centrale della Chiesa come l’unico
autentico punto di unione e di salvezza tra le nazioni dinanzi ad una Cristianità sempre più
scossa da dissoluzioni politiche e religiose. Già in questa prima analisi dell’‘opera
piccolominiana’ ritroviamo le grandi questioni politiche che faranno da sfondo al suo
pontificato: la peculiarità storica e politica degli stati italiani; la rivalità tra la Germania e la
Francia; il rapporto tra la Francia e la penisola; l’analisi delle nuove realtà politiche
dell’Europa orientale come la Boemia, l’Ungheria, la Polonia, la Lituania; il rapporto con il
mondo arabo.
Parallelamente ad un’analisi che abbraccia anche altre opere scritte dal Piccolomini, come i
Commentarii, la sempre difficilmente interpretabile Lettera a Maometto, fino ad arrivare alle
bolle papali da lui promulgate, Barbara Baldi ripercorre gli anni di pontificato di Pio II
attraverso un corposo spoglio dei carteggi diplomatici sforzeschi. La scelta di utilizzare
documenti relativi a questa peculiare realtà italiana viene motivata dalla studiosa in relazione
tanto alla straordinaria efficienza del sistema diplomatico milanese, che poteva vantare una
distintiva rete informativa in tutta la penisola italiana, quanto al rapporto di tipo privilegiato
che lo Sforza intratteneva con Pio II.
In un simile contesto, un ruolo d’eccezione assume dunque la figura di Ottone del Carretto,
ambasciatore residente a Roma per conto dello Sforza. Le sue lettere ed i suoi giudizi
rappresentano il filtro attraverso il quale è possibile seguire il dispiegarsi dei rapporti
diplomatici tra Roma e Milano e più in generale tra il papato e le altre potenze italiane ed
europee. Al fine di allargare il più possibile l’ottica delle relazioni inter-statali, la Baldi ha
esteso la propria analisi anche agli altri fondi del carteggio sforzesco al fine di comprendere i
rapporti intercorsi tra il duca di Milano e le altre realtà italiane ed europee. Una visione
indubbiamente ‘di parte’ dunque, attraverso la quale l’autrice si adopera per far emergere un
contesto politico generale il più possibile oggettivo e rispondente al reale incentrato sulla
figura di Pio II e sulla sua azione politica.
Il pontefice e lo Sforza mostrano sin dall’inizio una comunanza di intenti politici; in primo
luogo basati sull’interesse al mantenimento di un equilibrio politico tra gli stati italiani dinanzi
alle mire egemoniche francesi. La realtà italiana rappresenta per Pio II il campo di interessi
privilegiato entro il quale muove il suo impegno politico nel richiamo alla Lega italica di cui
egli rivendica il ruolo di guida assoluta e di capo spirituale. Tuttavia, avverte la Baldi, anche la
partecipazione di Pio II alle vicende prettamente italiane vanno interpretate nel contesto di una
più ampia visione del papato che comprenda l’intera realtà cristiana all’interno della quale
viene avvertito come assolutamente necessario effettuare un rilancio meditato e consapevole
del ruolo e del prestigio della Chiesa di Roma. La dieta di Mantova, la crociata rappresentano
dunque la risposta che questo ‘papa d’azione’ oppone al senso d’insufficienza che egli ravvisa
nella propria politica dinanzi ai limiti che intercorrono nel rapporto con gli stati italiani, alle
minacce del re di Francia, al rafforzarsi dell’opposizione tedesca. In particolare, la vicenda del
Piccolomini mostra sin dai suoi esordi un carattere di netta opposizione alla monarchia
francese che – al di là dei contrasti che emergono attraverso la rivendicazione angioina del
regno di Napoli o al più generale tentativo di intrusione all’interno dello scenario politico e
diplomatico italiano – assume per Pio II i caratteri di un’autentica ‘battaglia politico-religiosa’
la cui posta in gioco è costituita dalla proclamazione e/o dalla difesa di un non contestabile
rapporto tra il papato e le idee conciliari, tra il papato e gli stati europei, tra il papato e le
‘chiese nazionali’.
Definito da numerose interpretazioni storiografiche un idealista, un sognatore, un personaggio
‘anacronistico”, in sintesi, più un letterato che un politico, Pio II, sostiene la Baldi, è invece il
primo a rendersi conto della fortissima sproporzione tra ideologia e realtà concreta. Tuttavia,
sostiene la studiosa, il progetto della crociata, per quanto ostinatamente propugnato nel corso
di tutto il suo pontificato, trae origine, di fatto, dalle minacce di un concilio antipapale, dalle
accuse di inadeguatezza mosse al proprio pontificato dalle potenze oltremontane, dalle
provocazioni del re di Beomia e del re di Francia. Il rilancio della politica papale assume
quindi i toni del recupero dei valori cristiani in un ennesimo tentativo di difesa del proprio
operato e del proprio onore che si traduce in un ultimo disperato sforzo di riunire le forse
cristiane sotto la guida del papato. “Di fronte alla realtà europea, conclude la Baldi, solo il
papa-crociato avrebbe potuto conciliare il papato, la monarchia pontificia e la Chiesa
universale”.
BARBARA GELLI
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