L`ASINO VOLA /3

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L’ASINO VOLA
scritti molesti sullo spettacolo e la cultura nel tempo dell’emergenza
/3
novembre 2012
media >>>> Nella tela del ragno.
Ovvero: come non soccombere nella fantasmagoria
del world wide web.
La rete e i social media stanno trasformato radicalmente il nostro modo di pensare e di
sentire. Se gestita dal potere di poche multinazionali, però, la rivoluzione tecnologica
perde il suo potenziale libertario ed emancipativo divenendo il principale strumento di
controllo e livellamento sociale del tardocapitalismo.
di Letizia Gatti
Di recente ho scoperto una cosa evidentemente assai nota ma che ignoravo: world wide web significa, in
italiano, “grande ragnatela mondiale”. L’ho scoperto perché ultimamente mi capita di riflettere sulla facilità
con cui navigando in internet si viene accalappiati da questa e dalla tal altra cosa senza che, naturalmente, la si stesse minimamente cercando.
Un giorno qualunque di qualche settimana fa, senza cercarlo, ho trovato Examined Life (2008), un piccolo
film indipendente girato da una giovane regista americana, Astra Taylor, che ha ricevuto ottime critiche al
Toronto Film Festival ma che in Italia è praticamente sconosciuto.
© 2012 L’Asino Vola [email protected] www.lasinovola.it
Per questo numero mi ero ripromessa di scrivere di questo lungometraggio. Avrei detto che il film è
un atto d’amore verso una disciplina, la filosofia, guardata con diffidenza dalla massa, intesa qui nella
doppia accezione di maggioranza e di «uomo medio». Secondo l’opinione comune, infatti, la filosofia è
quella pratica un po’ esotica e un po’ onanistica frequentata da gente snob che pontifica dalla solita torre
d’avorio sul bene e sul male, su cosa è giusto e cosa è sbagliato, scrivendo in un linguaggio volutamente
arzigogolato e incomprensibile ai più. Osservava José Ortega Y Gasset nel suo saggio più celebre (La
ribellione delle masse, 1930) che «Quando si parla di “minoranze elette”, il consueto malcostume è solito
equivocare il senso di questa espressione, fingendo d’ignorare che l’uomo selezionato non è il petulante
che si crede superiore agli altri, ma colui che esige più degli altri, anche se non arriva a realizzare nella
sua persona queste esigenze superiori».
Avrei quindi continuato dicendo che Examined Life, per cercare di rendere concreta e fisica una materia
altrimenti (considerata) astratta e speculativa, tenta di gettare ponti tra due «classi di creature: quelle che
esigono molto e accumulano sopra se stesse difficoltà e doveri, e quelle che non esigono nulla di speciale, se non che per esse vivere consiste nell’essere a ogni momento ciò che già sono, senza
sforzo di perfezione su se stesse, galleggianti
che vanno alla deriva».
Uso il condizionale perché questo articolo,
come si sarà capito, non parla né di filosofia né
di masse. O meglio, non direttamente. Eterogenesi dei fini? Non proprio. Ho scelto volutamente di arrestare il discorso iniziale per scrivere
d’altro. Cioè di web e di ragni.
Il worl wide web, la “grande ragnatela mondiale”, fu inventato negli anni Ottanta
da Tim Berners Lee per raccogliere e catalogare i dati scientifici prodotti del Cern.
Dapprima chiamato progetto Enquire, nel 1989 fu ribattezzato “www”. Il 30 aprile
1993 fu messo a disposizione dell’umanità, determinando un profondo cambiamento nella nostra struttura del sentire.
Questa lunga premessa è molto più che una
divagazione perché non solo mi serve per introdurre quest’altro di cui appunto dirò ma perché
a quest’altro la premessa è intimamente connessa. E alla fine, se avete pazienza, capirete
anche il perché.
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novembre 2012
Pensando a come iniziare l’articolo sul film della Taylor cercavo di rammentare il percorso che mi aveva portato a scoprirlo e acquistarlo su internet, precisamente su Amazon, il gigante incontrastato della
distribuzione di prodotti online. Mi sembrava importante riflettere su un fatto: senza il web probabilmente
non avrei mai saputo di questo film come non avrei mai saputo di migliaia di altre cose che ogni giorno
conosco grazie alla sua natura connettiva.
È certamente strabiliante poter accedere così facilmente a una tale quantità di informazioni. Ma come si
fa a gestirle senza esserne travolti? Cosa succede alla coscienza nel momento in cui viene trasportata
nel flusso di dati, immagini e suoni che ogni giorno vengono generati su internet? Siamo il cobra ipnotizzato dal fachiro o siamo in grado di nuotare in modo indipendente nella corrente? Eccetera.
Senza pretendere di esaurire il discorso, ho provato a darmi alcune risposte.
Il web è una creatura tentacolare e seducente che ogni istante ti dice «immergiti e sguazza»; «fallo finché
non ne sarai sazio e poi ricomincia. Ancora e ancora». È un po’ come la casetta di marzapane di Hänsel
e Gretel: un nido dolce ma pieno di insidie. A un certo punto la strega cattiva preparerà il pentolone per
cucinarci a puntino.
La rete, specialmente in questa fase 2.0, sta diventando sempre più pervasiva e seducente. Prima che tu
cerchi qualcosa è quel qualcosa a cercare e trovare te. Gli intertesti funzionano esattamente così: creano
collegamenti tra oggetti diversi, ti linkano continuamente a. Spesso si tratta di pubblicità che si presentano
come suggerimenti amichevoli per soddisfare la nostra inarrestabile bulimia consumistica.
© 2012 L’Asino Vola [email protected] www.lasinovola.it
Ma perché il world wide web sarebbe una “grande ragnatela mondiale”? L’idea si fonda sul presupposto
– erroneo – che esso sia un enorme tela fatta di un unico centro e governata da un unico ragno. Abbiamo
appena accennato alle perverse logiche di mercato che regolano le nostre vite, alla mano invisibile di
quei pochi grandi monopoli che nell’«era dell’accesso» «controllano una parte determinante dei contenuti
culturali che costituiscono, a loro volta, l’esperienza a pagamento del mondo postmoderno» (Rifkin), fino
a far coincidere la vita stessa con il mercato. Tuttavia, anche a voler guardare soltanto dalla parte di chi
detiene il potere, nello scacchiere globalizzato non si muove un solo ragno. Sono pochi, ma non è uno
solo. Per di più le cose sono molto più complesse e sfaccettate di così dal momento che ogni individuo,
e in maniera sempre più insistente, è sollecitato a diventare produttore di contenuti. Social media come
Facebook, Twitter, Myspace hanno segnato un passo fondamentale in questa direzione.
Quindi, diversamente da una struttura centrale, il web – lo dice la parola stessa – è una maglia che connette oggetti di natura diversa tra di loro. Abita nella dimensione dell’inter, del poli e del pluri: è intertestuale, interattivo, interconnesso, policentrico, polivoco, poliedrico, plurale, plurieccetera. Se deve assomigliare
a qualcosa, assomiglia più che altro a una tela (web, appunto). Ma non nel senso di una ragnatela. Nel
senso di una semplice rete.
La ragnatela comunque resta un’immagine efficace per spiegare alcuni fenomeni cognitivi e percettivi di
particolare rilevanza. Essa rimanda all’idea di invischiamento, di sostanza collosa a cui si rimane imbrigliati e da cui è difficile liberarsi. Nel 1989 Gianni Vattimo, uno dei maggiori esponenti del postmoderno
filosofico, nel suo saggio La società trasparente, sosteneva che «nonostante lo sforzo dei monopoli e
delle grandi centrali capitalistiche» i mass media avrebbero favorito l’«esplosione e la moltiplicazione di
Weltanschauungen, di visioni del mondo». Nella società postmoderna i mezzi di comunicazione avrebbero permesso di fare esperienza di «libertà come oscillazione continua tra appartenenza e spaesamento».
Da un punto di vista strutturale il web è stato associato spesso all’immagine del labirinto proprio per quella sensazione di spaesamento di cui parla Vattimo. Tuttavia, lungi dal produrre un effetto di emancipazione
e liberazione, come vorrebbe il filosofo torinese, la moltiplicazione di immagini ed esperienze fantasmagoriche invera, oggi, ciò che Debord scriveva già nel 1967, in piena fioritura del movimento antimoderno:
«L’intera vita delle società, in cui dominano le moderne condizioni di produzione, si annuncia come un
immenso accumulo di spettacoli»; «Considerato secondo i suoi veri termini, lo spettacolo è l’affermazione
dell’apparenza e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come semplice apparenza».
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In un testo di particolare rilevanza critica (L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, 2000),
Jeremy Rifkin osserva che le «multinazionali dei media stanno impiegando la rivoluzione digitale nelle
comunicazioni allo scopo di connettere il mondo e, nel farlo, spingono inesorabilmente la sfera culturale
nel dominio di quella economica, dove tutto viene mercificato sotto forma di esperienza culturale personalizzata, spettacoli commerciali di massa e intrattenimento individuale». A uno sguardo più attento, quindi,
quel che Vattimo definiva come il «mondo delle merci, delle immagini» e cioè «il mondo fantasmagorico
dei mass media» si rivela essere la forma di un «nuovo ipercapitalismo fondato sull’accesso a esperienze
culturali».
Peraltro, è curioso notare come il concetto di fantasmagoria rimandi a quello di turbinio, vortice, ridda e
come etimologicamente la parola ridda, che significa «movimento disordinato, agitato, convulso di molte
persone o cose, anche astratte» (Treccani), si riferisca a un’antica danza popolare italiana dove più persone giravano in tondo cantando e tenendosi per mano. Il cyberspazio è dunque questa girandola vorticosa che produce una sensazione di capogiro. Proprio come il girotondo di una ridda.
A dispetto dei facili entusiasmi, diventa particolarmente urgente saper gestire questo flusso inebriante di
informazioni. In altri termini, ritorna centrale la questione del metodo. La bussola del buon esploratore è
infatti la sua facoltà critica. Per non disperdersi nello spettacolo della grande tela – il che può certamente
costituire un’attività ludica gradevolissima, a patto che, però, si sappia cosa si sta facendo – è necessario
possedere solidi strumenti di indagine che ci accompagnino nella nostra esplorazione. È importante, cioè,
tenere alta la guardia, mantenere desto il dubbio sulla veridicità di ciò che sentiamo, guardiamo, leggiamo. Solo così si può pensare di navigare in un oceano sterminato di informazioni fabbricate ogni giorno
in modo compulsivo da milioni di persone senza venirne sommersi. Bisogna saper cercare e sapere di
potersi perdere, ma solo quando lo si desidera. Sapere, insomma, controllare il proprio spaesamento,
riconoscendo il limite tra sana ebbrezza e incontrollata ubriachezza.
© 2012 L’Asino Vola [email protected] www.lasinovola.it
È molto facile sentirsi una mosca nel labirinto ipnotico del web. Non trovare vie d’uscita. Si ha la sensazione di volare all’impazzata e di sbattere la testa contro tutto perché la luce ovunque è terribilmente attraente. Come piccoli insetti si rimane impigliati nella tela. Vince lui, il ragno. Cioè vincono loro, i ragni grandi e
piccoli che di volta in volta disegnano pazientemente la propria tela.
Ma ci sono delle volte in cui, invece, a fare la fine della mosca è lei, l’informazione che troviamo senza
cercare. In quel preciso momento il ragno siamo noi. Stiamo tentando di non soccombere nella fantasmagoria del world wide web.
P.S.: Per chi non avesse capito il senso della divagazione iniziale.
La piccola mosca che ho catturato qualche settimana fa è Examined Life di Astra Taylor. Un messaggio
in bottiglia buttato nel mare magnum del web. L’ho raccolto, l’ho guardato e l’ho meditato. E nel prossimo
articolo l’avrò anche ributtato in mare perché navighi verso altri lidi. Bisogna, però, saper masticare come
ruminanti per poter digerire i pensieri. Scrivere impone questo: di fermarsi a riflettere e chiarire le idee a
se stessi; di fare luce sulle matasse che il pensiero pensato inevitabilmente annoda a sé nelle sue molteplici ramificazioni.
Di questi tempi è un privilegio e un atto di resistenza poter pensare lentamente e scrivere pensando
profondamente. È una battaglia contro la prima delle tirannie: il tempo. Che è figlia della più subdola delle
dittature moderne, ossia il valore di scambio.
Il mio messaggio in bottiglia ripartirà il prossimo mese. Perché, nel frattempo, avrò certamente catturato
qualche altro animaletto nella mia tela.
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