Stati di memoria con giunzioni superconduttive

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Università degli Studi di Napoli Federico II
Scuola Politecnica e delle Scienze di Base
Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”
Corso di Laurea in Fisica
Anno Accademico 2015/2016
Tesi di Laurea
Stati di memoria con giunzioni
superconduttive
Relatore:
Prof. Francesco Tafuri
Dott. Davide Massarotti
Candidato:
Luca Cozzolino
Matricola: N85/580
Indice
Introduzione
1 Aspetti generali
1.1 Superconduttività . . . . .
1.2 Giunzioni Josephson . . .
1.3 Modello RSJ . . . . . . . .
1.4 Effetti di campo magnetico
1.5 Giunzioni ferromagnetiche
ii
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1
2
2
5
8
11
2 Apparato sperimentale
13
2.1 Raffreddamento tramite 3 He . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Strumentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3 Errori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3 Misure
19
3.1 Misure in campo magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.2 Misure con impulsi grandi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
3.3 Misure con impulsi piccoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Conclusioni
26
i
Introduzione
I sistemi ibridi a stato solido sembrano offrire una serie di funzionalità uniche
sia per ricerche di fisica di base che per le applicazioni. In questa visione i superconduttori offrono una serie di vantaggi, in primis la bassa dissipazione. Le
giunzioni Josephson con barriere ferromagnetiche sono di interesse per memorie
a basso consumo, e sono l’oggetto di questo lavoro di tesi. In particolare si esaminerà il funzionamento di tali giunzioni sottoposta a differenti impulsi di campo
magnetico.
Nel primo capitolo introdurrò l’effetto Josephson e il comportamento delle giunzioni in presenza del campo magnetico. In un secondo momento saranno descritte le giunzioni SI(S)FS, ovvero superconduttore-isolante-(superconduttore)ferromagnete- superconduttore, con particolare attenzione alle anomalie generate
dalla barriera ferromagnetica sulla risposta magnetica della corrente critica.
Successivamente, nel Capitolo 2, sarà descritto l’apparato sperimentale, con particolare attenzione al processo di raffreddamento e alla strumentazione utilizzata.
Saranno discussi a) come il rumore elettromagnetico incide sul tipo di misura
corrente-tensione presentata nel terzo capitolo, e b) quali sistemi di filtraggio sono
normalmente usati.
Nel terzo capitolo saranno presentate le misure effettuate. In un primo momento
si caratterizzerà la risposta in campo magnetico della giunzione, dalla quale sarà
ricavata la curva d’isteresi del ferromagnete.
Saranno poi presentati i dati sui valori di corrente critica ottenuti da misure effettuate a differenti impulsi di campo magnetico.L’obiettivo è simulare operazioni
di base di stati di memoria e determinare gli intervalli di funzionamento in campo
magnetico delle giunzioni in esame.
ii
Capitolo 1
Aspetti generali della
superconduttività e dell’effetto
Josephson
Nel 1911 a Leiden, Onnes scoprı̀ che la resistenza del mercurio crolla a zero, quando questo si trova a temperature inferiori a 4.15 K.
Fu l’inizio dell’era dei superconduttori: materiali caratterizzati da una resistenza
nulla e da un perfetto diamagnetismo1 , quando sono raffreddati al di sotto di un
certo valore della temperatura Tc , detto temperatura critica. Nel corso degli anni,
sono state proposte diverse teorie 2 per spiegare la superconduttività, tra le quali il
modello di Bardeen, Cooper e Schrieffer (teoria BCS), che è stato il primo approccio microscopico. Responsabili delle proprietà straordinarie dei superconduttori
sono le coppie di Cooper, entità bosoniche che si generano in un reticolo a causa
dell’attrazione e dell’accoppiamento degli elettroni. Secondo tale teoria, sono le
coppie i portatori delle supercorrenti [1] , non i singoli elettroni.
Se si portano due superconduttori a una distanza di circa 10 Å, separati da un
isolante che funge da barriera, si può osservare un flusso di coppie di Cooper da
un superconduttore all’altro (effetto tunnel Josephson).
Si può considerare che il sistema si comporti come un unico superconduttore,
caratterizzato, però, da parametri critici più bassi (superconduttività debole).
1
Nel 1933 Meissner e Ochsenfeld scoprirono che un superconduttore in un campo magnetico
ne esclude il flusso, se è portato al di sotto della temperatura critica. [2]
2
Gorter e Casimir, 1934; F. e H. London, 1935; Ginzburg e Landau, 1950; Bardeen, Cooper
e Schrieffer, 1957. [1]
1
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.1. Superconduttività
1.1
2
Superconduttività
Molti fenomeni naturali in cui si passa da uno stato disordinato a uno ordinato, possono essere descritti attraverso un parametro d’ordine, il cui valore cambia
durante la transizione. In un superconduttore assumiamo che le correnti siano
trasportate da super-elettroni di massa m∗ , carica e∗ e densità ρ, tali che [2]
m∗ = 2me
e∗ = 2e
1
ρ = ns
2
(1.1)
con ns la densità degli elettroni del superconduttore a temperature superiori a Tc .
La densità ρ è il parametro d’ordine nei superconduttori: è nullo nella fase normale
al di sopra di Tc e diventa finito nella fase superconduttiva al di sotto di Tc .
La teoria di Ginzburg-Landau introduce una funzione d’onda complessa dipendente
dalla posizione e dalla densità, ψ, che può essere trattata come parametro d’ordine. Questa scelta consente in maniera diretta di catturare la natura quantistica
macroscopica della superconduttività. Lo stato superconduttivo è caratterizzato
da una funzione d’onda macroscopica, il cui modulo è proporzionale alla densità
di coppie:
ψ = ρ1/2 eiϕ
(1.2)
in cui ϕ è la fase comune a tutti i superelettroni e ρ è la densità di particelle nel
macrostato superconduttivo |si
kψk2 = ρ .
(1.3)
La ψ è soluzione dell’equazione di Schrödinger e la densità di corrente può essere
ottenuta semplicemente come
J=
1.2
i~e
(ψ∇ψ ∗ − ψ ∗ ∇ψ) .
2m
Giunzioni Josephson
Consideriamo la struttura superconduttore-barriera-superconduttore schemattizata in Fig. 1.1. Esisteranno due funzioni d’onda ψR e ψL , rispettivamente per il
superconduttore di destra e di sinistra. Chiamiamo |Ri (|Li) la base degli stati per
il superconduttre di destra (sinistra) [3] . Tra i due superconduttori c’è un debole
accoppiamento che ci permette di descrivere il nostro sistema attraverso attraverso
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.2. Giunzioni Josephson
3
Figura 1.1: Schema di una giunzione Josephson
un unico stato descritto da
|ψi = ψR |Ri + ψL |Li
(1.4)
La particella può quindi trovarsi in uno stato “sinistra” o “destra” con ampiezza
ψL e ψR . L’evoluzione temporale dello stato |ψi è data, quindi, dall’equazione di
Schrödinger:
i~
∂ |ψi
= H |ψi .
∂t
(1.5)
dove l’hamiltoniana in (1.5) è H = HL + HR + HT , dove HR = ER |Ri hR| e
HL = EL |Li hL| sono relative agli stati imperturbati |Ri e |Li, e dove HT è l’hamiltoniana dell’effetto tunnel
HT = K [|Li hR| + |Ri hL|] .
I valori EL e ER sono le energie dello stato fondamentale dei due superconduttori,
mentre K è la costante di accoppiamento dei due superconduttori e dipende dalla
struttura della giunzione. In assenza di un potenziale vettore A, possiamo assumere K reale. [1]
Proiettando allora sui due stati la (1.5), otteniamo la stessa equazione in termini
di ψL e ψR
∂ψL
= EL ψL + KψR
∂t
∂ψR
i~
= ER ψR + KψL
∂t
i~
Se consideriamo la giunzione collegata a una differenza di potenziale costante V ,
si avrà EL − ER = e∗ V = 2eV . Scegliando lo zero dell’energia a metà strada tra i
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.2. Giunzioni Josephson
4
due valori abbiamo
∂ψL
= eV ψL + KψR
∂t
∂ψR
= −eV ψR + KψL
i~
∂t
i~
(1.6)
Ricordando la (1.2), possiamo dividere le (1.6) in parte reale e parte immaginaria,
cosı̀ da ottenere

2 √
∂ρL


= K ρL ρR sin ϕ

 ∂t
~
(1.7)



 ∂ρR = − 2 K √ρL ρR sin ϕ
∂t
~
r

K ρL
∂ϕL
eV


=
cos ϕ +


~ ρR
~
 ∂t
(1.8)
r


K ρL
∂ϕR
eV



=
cos ϕ −
∂t
~ ρR
~
dove si è posto ϕ = ϕL − ϕR . Si può definire la densità di corrente di coppia J
J≡
∂ρL
∂ρR
=−
∂t
∂t
che, considerando le relazioni precedenti e assumendo ρL = ρR = ρ1 , vale
J=
2K √
ρL ρR sin ϕ = J1 sin ϕ
~
(1.9)
2K
ρ1 . La (1.9) è nota come prima equazione di Josephson
~
Dalle (1.8) possiamo ricavare l’andamendo di ϕ, sottraendo la seconda equazione
alla prima. Otteniamo cosı̀
∂ϕ
2eV
=
.
(1.10)
∂t
~
con J1 =
nota come seconda equazione di Josephson. Integrando, si ottiene un valore di ϕ
che possiamo sostituire nella (1.9), ricavando cosı̀ l’andamento temporale di J
2e
J = J1 sin ϕ0 + V t .
(1.11)
~
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.3. Modello RSJ
5
Assumendo V = 0, si può notare che la densità di corrente J non dipende più dal
tempo. Se il dispositivo è polarizzato in corrente, infatti, si osserva il passaggio di
una supercorrente senza caduta di potenziale fino al valore J1 , dove la giunzione
passa a un valore finito di tensione. Questa corrente è dovuta al passaggio per
effetto tunnel delle coppie di Cooper.
1.3
Modello RSJ
Figura 1.2: Circuito equivalente di una giunzione Josephson.
Uno dei modi per rappresentare una giunzione Josephson è il modello RSJ
(Resistively Shunted Junction) [1] , nel quale la giunzione è schematizzata con un
parallelo tra un resistore e un capacitore ai capi dei quali leggeremo la tensione
V (t), come visualizzato in Fig. 1.2. Polarizzando in corrente la giunzione, ricordando la (1.10), l’equazione di bilancio della corrente è
dV (t)
+ GV (t) + I1 sin ϕ(t)
dt
~ 1 dϕ
~ d2 ϕ
= C 2 +
+ I1 sin ϕ
2e dt
2e R dt
Idc = C
dove GV (t) è la corrente nel resistore, quindi può essere sostituita con V (t)/R;
CdV (t)/dt è la corrente di spostamento e I1 sin ϕ è la corrente Josephson. Possiamo introdurre le grandezze
ωJ =
2e I1
~ C
1/2
τ = ωJ t
βJ =
1 1
ωJ RC
che ci permettono di scrivere le equazioni della tensione normalizzata
η(τ ) = βJ
dϕ
V
=
dτ
RI1
(1.12)
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.3. Modello RSJ
6
dove ωJ è la frequenza di plasma della giunzione3 . Possiamo, quindi, scrivere l’equazione della corrente normalizzata
α=
d 2ϕ
Idc
dϕ
=
+ sin ϕ .
+ βJ
2
I1
dτ
dτ
(1.13)
La (1.13) ha soluzione analitica solo nel caso in cui la capacità C → 0, in modo
da poter trascurare il termine di derivata seconda. In tal caso, si può integrare
considerando |Idc | > I1 e ottenere
#
"
1/2
πτ α2 − 1
−α
tan
ϕ(τ ) = 2 arctan
α2
T
dove T =
2πβJ
corrisponde al periodo di ϕ. Si ha che il valore medio della
(α2 − 1)1/2
tensione attraverso la giunzione è proporzionale al valore medio di dϕ/dτ
√
Z
dϕ
1 T dϕ
2π
α2 − 1
=
dτ =
=
dτ
T 0 dτ
T
βJ
che sostituito nella (1.12) ci dà la seguente relazione tra la tensione e la corrente
normalizzate, valida solo se Idc > I1
η=
3
V
dϕ √ 2
= βJ
= α − 1.
RI1
dτ
Nel limite di piccole oscillazioni e con Idc → 0.
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.3. Modello RSJ
(a)
7
(b)
Figura 1.3: Caratteristica I-V nel caso di βJ 1 (a) e nel caso di capacità finita (b).
Come si puo notare in Fig. 1.3(a), pilotando in corrente, si ha una caduta di
potenziale ai capi della giunzione con il superamento della corrente critica (α > 1),
che aumenta tendendo asintoticamente alla caratteristica di un conduttore ohmico
(rappresentata in figura dalla linea tratteggiata).
Nel caso in cui C non sia trascurabile, il modello prevede un andamento come
quello riportato in Fig. 1.3(b), dove la caratteristica mostra un comportamento
isteretico dovuto alla capacità finita della giunzione. Partendo da valori nulli di
α e V e incrementando la corrente, la tensione non aumenta fino al superamento
di I1 , dove passa a un valore finito. Questo passaggio è rappresentato in figura
dalla linea tratteggiata orizzontale. Diminuendo la corrente, la giunzione ha valori
non nulli fino a un valore I1 αc (βJ ). Anche in questo caso, aumentando Idc , la
caratteristica tende a quella di un conduttore ohmico.
La curva riportata in Fig. 1.3(b) per capacità non trascurabili è un caso intermedio
verso il limite estremo tunnel, riportato in Fig. 1.4. In questo caso l’isteresi è completa, il ramo di ritorno è quasi a corrente nulla, ed il salto in tensione nella corrente
di switching è il valore ideale di circa la somma dei gap dei superconduttori.
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.4. Effetti di campo magnetico
8
Figura 1.4: Tipica caratteristica di una giunzione Josephson Sn-Snx Oy -Sn a T =1.52
K. Scala orizzontale: 0.5 mV/div; scala verticale: 2 mA/div. [1]
1.4
Effetti del campo magnetico sulle giunzioni
Figura 1.5: Schema della giunzione con le curve d’integrazione utilizzate per trovare
la dipendenza della fase ϕ dal campo magnetico H.
Per considerare gli effetti del campo H applicato su una giunzione Josephson,
si consideri la relazione [1]
2e mc
∇ϕL,R =
Js + A
~c 2e2 ρ
dove il potenziale vettore A è legato al campo magnetico applicato secondo la
solita relazione ∇ × A = H. Possiamo integrare lungo la curva CL (CR ) che
congiunge due punti La e Lb (Ra e Rb ) per trovarne la differenza di fase, ottenendo
Z mc
2e
ϕLb (x + dx) − ϕLa (x) =
A + 2 Js · dl
~c CL
2e ρ
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.4. Effetti di campo magnetico
2e
ϕRa (x) − ϕRb (x + dx) =
~c
mc
A + 2 Js · dl .
2e ρ
CR
9
Z
(1.14)
Se lo spessore del film superconduttivo è maggiore della lunghezza di penetrazione London λL , possiamo prolungare CL e CR fin oltre la regione di penetrazione.
Tenendo conto che la densità di corrente va a zero oltre la lunghezza London [2] e
ponendo perpendicolari a Js i tratti dei percorsi passanti attraverso tale regione,
possiamo trascurare il contributo di Js all’integrale. Sommando le (1.14) e trascurando lo spessore della barriera si ottiene
ϕ(x + dx) − ϕ(x) = [ϕLb (x + dx) − ϕRb (x + dx)] − [ϕLa (x) − ϕRa (x)]
Z
Z
2e
A · dl +
A · dl
=
~c CL
CR
I
2e
=
A · dl
~c
Sostituendo l’integrale curvilineo con l’integrale di superfice di H e passando alla
notazione differenziale, possiamo riscrivere l’equazione precendente
dϕ
2e
=
(λL + λR + t) Hy
dx
~c
(1.15)
dove si è indicato con λR e λL le lunghezze London dei supercoduttori e con t lo
spessore della barriera. Integrando possiamo trovare una forma funzionale per ϕ,
grazie alla quale si può riscrivere la (1.9) in funzione del campo H applicato
2e
J = J1 sin
dHy x + ϕ0
~c
con d = (λL + λR + t), chiamata penetrazione magnetica.
Si può ottenere [1]
∂ 2ϕ ∂ 2ϕ
1 ∂ 2ϕ
1
+
−
= 2 sin ϕ
2
2
2
2
∂x
∂y
c ∂t
λJ
dove
c=c
1
4πCd
1/2
λJ =
~c2
8πedJ1
1/2
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.4. Effetti di campo magnetico
10
dove la λJ è la lunghezza di penetrazione Josephson tramite la quale possiamo identificare due tipi di giunzioni. Le giunzioni dotate di dimensione L < λJ sono dette
giunzioni “piccole”, nelle quali possiamo trascurare i campi magnetici autoindotti
e, quindi, sono caratterizzate da distribuzioni uniformi di corrente; quelle dotate di
dimensione L > λJ , chiamate perciò giunzioni “grandi” hanno le correnti confinate
ai capi della giunzione.
Considerando giunzioni piccole con un campo applicato He lungo la direzione y,
l’integrazione della (??) ci dà
ϕ(x) =
2πd
Hy + ϕ0 .
Φ0
hc
detto quanto di flusso (2, 07 × 10−7 G cm2 ). Sostituendo questo va2e
lore nella (1.9), la corrente totale nella giunzione è data dall’integrazione di J
ZZ
2πd
Hy + ϕ0
I=
dxdyJ1 (x, y) sin
(1.16)
Φ0
con Φ0 =
dove è stata introdotta la dipendenza spaziale alla densità di corrente massima per
tenere conto della non-linearità della barriera dell’effetto Josephson.
Svolgendo l’integrale si ottiene l’andamento della corrente critica in funzione del
campo magnetico applicato
sinπ Φ Φ
Φ0 = I1 (1.17)
I
Φ
πΦ Φ0
0
con I1 = J1 WL e Φ = Hy Ld. La massima corrente Josephson descrive, quindi,
un profilo simile alla diffrazione di Fraunhofer: i minimi, infatti, si trovano in
corrispondenza dei valori del flusso magnetico multipli del quanto di flusso e sono
disposti in maniera uniforme e simmetrica rispetto all’origine.
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.5. Giunzioni ferromagnetiche
11
Figura 1.6: Andamento teorico della corrente critica in funzione del campo magnetico.
1.5
Giunzioni ferromagnetiche
Il campione preso in esame è una giunzione Josephson SI(S)FS, la cui realizzazione è divisa in due fasi: la prima prevede la produzione di una struttura SIS
(Nb-Al/AlOx -Nb), la seconda consta della deposizione dello strato ferromagnetico
(Pd0.99 Fe0.01 ) e di un elettrodo superconduttivo (Nb) [5] . Queste giunzioni sono
dotate di una cross-section di 10 × 10 µm2 . Poiché lo strato superconduttivo intermedio ha uno spessore molto minore rispetto agli altri due strati superconduttivi
(20 nm e 120 nm), possiamo allora considerare lo strato (S) soppresso e il dispositivo una giunzione SIFS.
Lo studio delle giunzioni SFS, realizzate per studiare le relazioni tra magnetismo
e superconduttività, ha portato a diverse scoperte nel campo della fisica di base,
con grandi applicazioni tecnologiche [6] . In particolare, si sono studiate le giunzioni ferromagnetiche come prototipi di memorie criogeniche, quindi dotate di bassa
dissipazione, sfruttando la presenza d’isteresi che permette l’esistenza di differenti correnti critiche, in base alla storia magnetica del campione [5] . Come si può
vedere dalla Fig. 1.7, l’applicazione di un campo magnetico esterno cambia la magnetizzazione del ferromagnete e, quindi, permette l’esistenza di due stati distinti
di alta e bassa corrente critica I1 a parità di campo magnetico. Facendo scorrere
una corrente intermedia ai due livelli, avremo una caduta di tensione ai capi della
giunzione solo nel caso in cui essa si trovi nello stato di bassa corrente.
Nella Fig. 1.7 sono mostrati i due andamenti della corrente critica in funzione del
campo magnetico, in base alla curva d’isteresi: in rosso è indicato l’andamento
lungo il ramo ascendente dell’isteresi, mentre in blu è indicato quello lungo il ramo discendente. In questo lavoro di tesi è stato affrontato lo studio di giunzioni
Capitolo 1. Aspetti generali – 1.5. Giunzioni ferromagnetiche
12
SIFS sottoposte a diversi impulsi di campo magnetico, con lo scopo di testarne il
possibile utilizzo come stati di memoria.
Figura 1.7: Andamento della corrente critica di una giuzione SI(S)FS in funzione del
campo magnetico. [5]
Capitolo 2
Apparato sperimentale
2.1
Raffreddamento tramite 3He
Figura 2.1: a) Rappresentazione schematica del criostato a evaporazione, b) e c)
Schema del processo di condensazione dell’3 He.
In Fig. 2.1 è schematizzato il criostato a evaporazione 3 He che è stato utilizzato per effettuare le misure. Il campione è alloggiato all’interno di una camera
13
Capitolo 2. Apparato sperimentale – 2.1. Raffreddamento tramite 3 He
14
a vuoto in ottone, schematizzata dal rettangolo rosso tratteggiato in figura 2.1
a, che lo isola dal bagno di 4 He liquido. Al suo esterno è presente una cannula
che collega il bagno con la 1K-pot, un dispositivo criogenico, rappresentato schematicamente in figura 2.1 b e c, che permette il raggiungimento di 1.7-1.9 K. A
essa è collegata una bobina superconduttiva. La bobina circonda il campione e
termalizza con la 1K-pot, mentre l’alloggiamento del campione termalizza con la
3
He-pot, che costituisce il punto freddo del criostato. La 3 He-pot, infatti, riesce a
raggiungere circa 300 mK, grazie al funzionamento della sorption pump (o sorb),
composta da un materiale zeolitico micro-poroso capace di assorbire molecole di
3
He. Sopra alla 1K-pot e la 3 He-pot sono ancorati due stadi di filtri a polvere di
rame che, insieme a uno stadio di filtri RC passa-basso, puliscono il segnale dal
rumore elettromagnetico, tagliando le frequenze superiori al MHz. I filtri sono di
fondamentale importanza nel caso di misure a 300 mK: bisogna filtrare il rumore
proveniente dell’elettronica di misura, a temperatura ambiente, che si propaga tramite le linee elettriche fino al dispositivo, che si trova a temperature criogeniche.
Il processo di raffreddamento è diviso in due fasi, descritte in Fig. 2.1 b) e c). La
prima fase del raffreddamento consiste nell’immersione della camera a vuoto nel
4
He liquido, dove la termalizzazione è assicurata da piccole quantità di 4 He gas
all’interno della camera, utilizzato come gas di scambio. Arrivato a 4.2 K, una
sorption pump assorbe l’4 He, per disaccoppiare il criostato dal bagno. È necessario che il gas sia molto rarefatto o potrebbe non essere assorbito totalmente e
andare in equilibrio con il liquido esterno alla camera.
La seconda fase consiste nella condensazione dell’3 He contenuto nella 3 He-pot.
L’3 He si trova a circuito chiuso e termalizza tramite un capillare che attraversa
la 1K-pot. La condensazione avviene attraverso il pompaggio dell’4 He del bagno
nella 1K-pot. Questa è collegata a una pompa a vuoto che varia la pressione sull’elio liquido. Tale pressione può essere regolata tramite una vite micrometrica.
Durante questo processo, la sorb è tenuta sopra ai 35 K per non assorbire molecole
di 3 He. In questo modo si raggiungono temperature di circa 1.8 K, portando allo
stato liquido l’3 He, che transisce sotto 2.2 K.
Abbassandone la temperatura, la sorb assorbe molecole di 3 He, riducendo cosı̀ la
tensione di vapore sull’3 He liquido. Questo porta il sistema a un nuovo equilibrio
termico, che permette di raggiungere i 300 mK. Nelle misure qui presentate, ci si
è fermati alla seconda fase di discesa termica. Per riuscire a governare più agevolmente i cambiamenti di temperatura, si sfrutta una resistenza che ci permette di
stabilizzarci sui 4 K.
Capitolo 2. Apparato sperimentale – 2.2. Strumentazione
2.2
15
Strumentazione
Le misure sono realizzate con la tecnica detta a quattro contatti (Fig. 2.2) [2] . Se
infatti misurassimo la tensione direttamente dalle linee che portano la corrente
alla giunzione, il valore che misureremmo sarebbe affetto da un errore sistematico
causato dalla caduta di potenziale ai capi delle linee filtrate; per questo motivo si
utilizzano quattro contatti, due per polarizzare in corrente la giunzione e due per
misurare la differenza di potenziale ai capi del dispositivo.
Figura 2.2: Schema della misura a quattro contatti. [2]
In Fig. 2.3 è rappresentato l’apparato di misura utilizzato per ricavare la caratteristica tensione-corrente (I-V) della giunzione a differenti impulsi di campo magnetico. La strumentazione descritta nella parte superiore dello schema è necessaria
all’acquisizione delle caratteristiche I-V, che sono state effettuate polarizzando in
corrente la giunzione tramite un’onda triangolare generata da un Agilent 33120A,
affetto da un errore dello 0.1% del fondo scala, connesso a una resistenza di limitazione variabile. Tenendo conto che le giunzioni ferromagnetiche hanno correnti
critiche nell’ordine del mA e che il generatore può erogare una differenza di potenziale massima di 20 V, si è posta la resistenza di limitazione a 1kΩ.
La tensione in uscita è amplificata da un amplificatore a guadagno variabile alimentato a batteria, settato su un’amplificazione pari a 500. In maniera analoga,
anche il segnale della corrente passante attraverso la giunzione può essere semplificato.
I dati sono acquisiti e registrati da un oscilloscopio LeCroy 6100A, con un errore
dello 0.02% del fondo scala, che però è diverso dall’errore di misura, come sarà
spiegato nella sezione 2.3. Attraverso un programma scritto in ambiente Mathematica, si possono estrapolare le caratteristiche I-V.
Per la misura delle caratteristiche I-V in presenza di impulsi di campo magnetico
è stato utilizzato un sommatore Stanford Research SIM 980. In esso convergono
impulsi ad ampiezza variabile con periodo di 500 ms, prodotti attraverso un im-
Capitolo 2. Apparato sperimentale – 2.3. Errori
16
pulsatore Keithley 3402, con errore dello 0.5% per i periodi, e una tensione fissa
generata da un Keithley 2400 con un errore dello 0.2% del fondo scala. La bobina,
come la giunzione, è pilotata in corrente attraverso una resistenza di limitazione,
posta anch’essa a 1kΩ. A ogni impulso si ja un conseguente cambio di campo magnetico che causa uno spostamento del valore della corrente critica secondo i criteri
descritti nelle sezioni 1.4 e 1.5 e che saranno approfonditi nel prossimo capitolo.
passante attraverso la giunzione può essere semplificato.
Waveform generator
Waveform
generator
Josephson
junction
Shunt
resistance
Current amplifier
Current across thejunction
Oscilloscope
Voltageamplifier
Voltageacross thejunction
Superconducting coil
Shuntresistance
Pulse generator
Summing amplifier
Sourcemeter
Figura 2.3: Schema dell’apparato di misura.
In generale, quando si effettuano misure su una giunzione Josephson, si misurano
caratteristiche I-V al variare di temperatura e campo magnetico, in modo tale da
poterle confrontare con i modelli teorici. In questo lavoro di tesi si è prestata particolare attenzione all’andamento della corrente al variare del campo magnetico,
come sarà presentato nella sezione 3.1.
2.3
Errori
Come si è detto, l’oscilloscopio ha un errore dello 0.02%, ma quest’errore non è
applicabile alle nostre misure. Il segnale che giunge all’oscilloscopio attraverso i
filtri dell’apparato è affetto da rumore elettromagnetico che fa variare sensibilmente
la misura. Possiamo allora stimare l’errore relativo di cui è affetta la misura
attraverso un’analisi del rumore, misurando l’andamento della tensione ai capi
Capitolo 2. Apparato sperimentale – 2.3. Errori
17
della giunzione.
Tensione (mV)
1.56
0.78
0.00
-0.78
-1.56
0
1700
3400
5100
6800
8500
10200
Tempo (clock)
(a)
Tensione (µV)
5.9
0.0
-5.9
-11.8
310
620
930
1240
1550
1860
2170
Tempo (clock)
(b)
Figura 2.4: (a)Tensione ai capi della giunzione in funzione del clock dell’oscilloscopio.
(b) Ingrandimento della tensione in corrispondenza del ramo di supercorrente.
Un esempio di misura di differenza di potenziale ai capi della giunzione è mostrato
nella Fig. 2.4(a). Per fare una stima del rumore a cui è soggetta la misura, è stata
presa la larghezza in tensione del ramo di supercorrente, ovvero il ramo parallelo
all’asse dei tempi, evidenziato in Fig. 2.4(b), ed è stata confrontata tale larghezza
con l’intervallo di tensione misurato. Si è ottenuto un errore relativo dello 0.3%, che
è di un ordine di grandezza maggiore dell’errore dello strumento. Siamo, quindi,
legittimati a considerare questo come l’errore relativo della misura. In maniera
Capitolo 2. Apparato sperimentale – 2.3. Errori
18
analoga, dall’andamento della corrente è possibile stimare un errore relativo dello
0.2%. Queste incertezze influenzano le stime delle grandezze misurate in questo
lavoro di tesi, come le correnti critiche al variare del campo magnetico.
Prima di effettuare misure di switching tra stati di memoria, si sono acquisite
caratteristiche I-V a intervalli di 0.6 G. Per la bobina superconduttiva si ha un
fattore di conversione tale che a una corrente erogata di 1 mA corrisponde un
campo generato di 3 G, quindi il campo applicato dipende dalla tensione applicata
alla bobina.
Capitolo 3
Misure
3.1
Misure in campo magnetico
Prima di effettuare misure di switching tra i due valori di corrente critica, si è
studiato il comportamento della giunzione SIFS al variare del campo magnetico
applicato, in assenza di impulsi. Partendo da zero, il campo è stato applicato per
step di 0.6 G fino a 24 G. Per ogni step di campo magnetico è stata misurata la
caratteristica IV dalla quale è stata estrapolata la corrente critica per ottenere il
grafico dell’andamento di I1 in funzione del campo magnetico H, mostrato in
Fig. 3.1(a).
Discesa
0.0025
Salita
100
Magnetizzazione (G)
Intensità di corrente(A)
Direzione campo
0.0020
0.0015
0.0010
0.0005
50
Discesa
Salita
Direzione campo
0
-50
-100
0.0000
-15
-10
-5
0
5
10
15
-20
Campo Magnetico (G)
-10
0
10
20
Campo Magnetico (G)
(a)
(b)
Figura 3.1: (a) Grafico della corrente critica in funzione del campo magnetico H.
(b) Grafico dell’isteresi del ferromagnete.
Quando il ferromagnete ha raggiunto il campo di saturazione, che è dell’ordine di
10 G e si determina dal valore di campo per il quale le curve nera e rossa in Fig.
3.1(b) cominciano a sovrapporsi, si è invertito l’andamento del campo magnetico,
passando, cosı̀, sulla curva di magnetizzazione discendente del ferromagnete, ovve19
Capitolo 3. Misure – 3.2. Misure con impulsi grandi
20
ro la curva che si ottiente passando da campi applicati positivi a campi negativi.
L’andamento della corrente critica in questo caso è descritto dalla curva nera, che
mostra un picco in corrispondenza di -1.20±0.01 G. In maniera analoga, dopo aver
portato il sistema nella zona di sovrapposizione, si porta il ferromagnete sulla curva ascendente dell’isteresi, ovvero quella che si ottiene passando da campi negativi
a campi positivi. L’andamento della corrente critica è dato dalla curva rossa e ha
un massimo in 1.20±0.01 G.
Per ricavare la Fig. 3.1(b), è stata sfruttata la distribuzione dei massimi e dei minimi dell’andamento della corrente critica(Φ/Φ0 = n per i minimi,Φ/Φ0 ≈ n + 1/2
per i massimi). Nel caso di giunzioni ferromagnetiche, infatti, il flusso del campo
magnetico agente sulla giunzione è scomponibile in un contributo dovuto al campo
applicato e uno dovuto alla magnetizzazione
ΦH + ΦM
Φ
=
Φ0
Φ0
(3.1)
con ΦH = HLdm . Il parametro dm è detto lunghezza magnetica della giunzione e
indica la lunghezza entro cui il campo magnetico penetra all’interno della giunzione. Per valori di H superiori al campo di saturazione, il contributo dovuto a ΦM
è costante e non dipende da H, e dunque si può calcolare dm [7] . In questo modo,
si è trovato in letteratura un valore di dm ≈ 160 nm. Possiamo, allora, ricavare il
flusso dipendente dalla magnetizzazione e quindi la magnetizzazione stessa:
4πM =
Φ − ΦH
Φ − HLdm
=
LdF
LdF
(3.2)
dove dF è lo spessore dello strato ferromagnetico (≈ 15 nm) e L è la larghezza
della giunzione (≈ 10 µm).
3.2
Misure con impulsi grandi
Ci si è posti su uno dei picchi del pattern in campo magnetico per avere la maggior
differenza possibile tra i due livelli di corrente critica, per motivi che saranno chiariti in seguito in questo paragrafo. In particolare, si è posto 0.40 V come tensione
di offset della bobina, quindi una corrente di 0.40 mA, a cui corrisponde un campo
magnetico di 1.2 G, in modo da porsi sul picco della corrente critica nel caso di
magnetizzazione ascendente.
Distinguiamo le misure per impulsi di campo grandi, cioè tali da raggiungere il
campo di saturazione del ferromagnete, e le misure per impulsi di campo piccoli,
che non permettono il raggiungimento di tale campo. Le misure discusse in questa
Capitolo 3. Misure – 3.2. Misure con impulsi grandi
21
sezione e nella prossima sono state effettuate mandando impulsi di campo della
durata di 500 ms, tali da poter far passare il ferromagnete da un ramo dell’isteresi
all’altro. Una prima analisi è stata fatta con impulsi magnetici tali da portare il
ferromagnete nella zona di saturazione.
Quello che vogliamo provare è la possibilità di sfruttare una giunzione SIFS come
una memoria criogenica, sfruttando i due diversi livelli di corrente critica, evidenziati in blu in Fig. 3.2, dovuti alla differente magnetizzazione della barriera. Se,
infatti, la corrente applicata fosse minore della corrente critica, misureremmo una
tensione nulla, poiché il dispositivo continuerebbe a essere nello stato superconduttivo. Nel caso in cui la corrente applicata fosse maggiore della corrente critica,
il dispositivo potrebbe transire a uno stato resistivo, portandosi a una tensione
non nulla. Possiamo, allora, far coincidere i due casi rispettivamente alle variabili
logiche “0” e “1” e, quindi, utilizzare le giunzioni come memorie. Inoltre, è stato
fornito un offset finito di campo magnetico pari a 1.2 G per sfruttare la grande
differenza tra i livelli di corrente critica evidenziati in blu nella Fig. 3.2. Per
esempio, le giunzioni analizzate non possono funzionare con offset di campo nullo
dal momento che le due curve rossa e nera tendono a sovrapporsi a zero campo.
Discesa
0.0025
Salita
Direzione campo
Intensità di corrente(A)
0.0020
0.0015
0.0010
0.0005
-5
0
5
Campo Magnetico (G)
Figura 3.2: Grafico dell’andamento della corrente critica in funzione del campo magnetico. I punti blu indicano i due livelli corrente critica sul quale ci si è posti per effettuare
le misure.
In Fig. 3.3 sono riportate le caratteristiche I-V con impulsi di campo di ampiezza
di ±5V, che portano il campo a -13.8 G e 16.2 G. L’incertezza sul valor medio
Capitolo 3. Misure – 3.3. Misure con impulsi piccoli
22
delle correnti critiche è maggiore dell’errore che si otterebbe propagando l’errore
assoluto sulla media. In tal caso, infatti, l’errore sulle medie sarebbe di ±7 µA per
lo stato ad alta corrente, mentre sarebbe di ±2 µA per lo stato a bassa corrente.
Le oscillazioni delle misure sono dovute al fatto che, dopo ogni impulso, la giunzione non raggiunge esattamente lo stesso stato iniziale. Per ottenere la stima
dell’errore assoluto si utilizza, quindi, la semidispersione massima per i due valori
di corrente critica. Nello stato di alta corrente, si ha un I1a = 2.40 ± 0.04 mA,
mentre per lo stato di bassa corrente si ha una I1b = 0.79±0.03 mA; l’intervallo tra
le correnti (gap), quindi, ha un’ampiezza di ∆I = 1.61 ± 0.07 mA. I due valori di
corrente sono molto distanti fra loro, poiché si è raggiunto il campo di saturazione.
0.003
Intensità di corrente (A)
Impulsi di campo di -5V
0.002
Impulsi di campo di +5V
0.001
0.0000
0.0005
0.0010
Tensione (V)
Figura 3.3: Caratteristiche I-V con impulsi di campo magnetico di ±15 G.
3.3
Misure con impulsi piccoli
Si è voluto studiare la risposta della giunzione anche in presenza di piccoli impulsi,
cioè impulsi inferiori al campo di saturazione,, per un’eventuale implementazione
con onde elettromagnetiche. Se, infatti, si inviassero onde sulla giunzione durante
gli impulsi di campo grandi, questa non avrebbe effetti misurabili sui valori delle
correnti critiche. Inviandola, invece, su un campione soggetto a impulsi piccoli, quindi su una giunzione con magnetizzazione non satura, l’accoppiamento del
campo magnetico dell’onda con la giunzione potrebbe cambiare i valori di corrente
critica misurati.
Capitolo 3. Misure – 3.3. Misure con impulsi piccoli
23
Una considerazione da fare preliminarmente alle misure che saranno illustrate, è
quella sull’“azzeramento” della giunzione. Come criterio per confrontare misure ripetute in successione, dopo ogni coppia di impulsi se n’è effettuata un’altra coppia,
capace di raggiungere il campo di saturazione e quindi riportare il ferromagnete
nello stesso stato iniziale. A questo scopo, sono stati generati impulsi di ampiezza
di 5 V (15 G) dopo ogni acquisizione. Non c’è la necessità che gli impulsi siano
simmetrici rispetto all’offset, poiché arrivate al campo di saturazione, le curve d’isteresi si sovrappongono.
Una prima analisi è stata fatta su coppie d’impulsi dotati di ampiezza +0.8 V e
-1.6 V, tali da portare il campo magnetico applicato a ±3.60 G. Si sono acquisite
le misure di dieci coppie, non allo scopo di fare un’analisi statistica sulle correnti
critiche, ma per stimarne la riproducibilità. Quello che ci interessa stimare, infatti,
è l’ampiezza del gap ∆I tra la corrente critica bassa, che corrisponde a quella misurata dopo l’impulso positivo, e la corrente critica alta, misurata dopo l’impulso
negativo.
Intensità di corrente (A)
0.0025
Impulsi di -1.6 V
0.0020
Impulsi di +0.8 V
0.0015
0.0010
0.0000
0.0005
0.0010
0.0015
Tensione (V)
Figura 3.4: Caratteristiche I-V con impulsi di campo magnetico di ± 3.6 G.
Come si può vedere dalla Fig. 3.4 l’incertezza sul valor medio delle correnti critiche
è maggiore dell’errore che si otterebbe propagando l’errore assoluto sulla media. In
tal caso, infatti, l’errore sulle medie sarebbe di ±7 µA per lo stato ad alta corrente,
mentre sarebbe di ±5 µA per lo stato a bassa corrente.
Come detto in precedenza, per ottenere la stima dell’errore assoluto si utilizza,
quindi, la semidispersione massima per i due valori di corrente critica. Nello stato
di alta corrente, si ha un I1a = 2.42±0.02 mA, mentre per lo stato di bassa corrente
si ha una I1b = 1.94 ± 0.03 mA; il gap, quindi, ha un’ampiezza di ∆I = 0.48 ± 0.05
mA. Come ci si aspettava, l’ampiezza del gap si è ridotta del 70% avendo utilizzato
Capitolo 3. Misure – 3.3. Misure con impulsi piccoli
24
impulsi inferiori al campo di saturazione
Sono state effettuate, allora, misure con altri impulsi di campo, per testare la possibilità di utilizzare la giunzione anche con impulsi più piccoli. A tale scopo, si sono
effettuate misure con impulsi di ampiezza +0.4 V e -1.2 V, tali quindi da generare
un campo magnetico di ± 2.4 G. Come nel caso precedente, si sono acquisite le
misure di dieci coppie per stimarne l’ampiezza del gap ∆I tra la corrente critica
bassa e la corrente critica alta.
Intensità di corrente (A)
0.003
0.002
0.001
0.0000
0.0005
0.0010
0.0015
Tensione (V)
Figura 3.5: Caratteristiche I-V con impulsi di campo magnetico di ± 2.4 G.
Dal grafico in Fig. 3.5 si nota una sostanziale sovrapposizione dei due livelli. Utilizzando anche in questo caso la semidispersione massima come errore assoluto,
nello stato di alta corrente critica si ha una I1a = 2.44 ± 0.02 mA mentre per lo
stato di bassa corrente critica si ha I1b = 2.43 ± 0.03 mA. I due valori si sovrappongono, rendendo impossibile la distinzione tra i due livelli di corrente critica.
Dunque, per quanto detto in precedenza, non è possibile utilizzare il dispositivo
come memoria con tali impulsi di campo.
Solo con stati di corrente distinguibili, ovvero con un gap tra le correnti abbastanza
ampio, è possibile avere una memoria funzionante, leggendo la caduta di tensione
ai capi della giunzione. Se si fa scorrere una corrente di bias intermedia tra i due
livelli di corrente critica, si registra una caduta di tensione, e quindi la variabile
logica “1”, solo nel caso di stato a bassa corrente. In Fig. 3.6 si confrontano i
valori dei livelli di corrente critica alta e bassa ottenuti con impulsi di campo di
± 2.4 G e ± 3.6 G.
Capitolo 3. Misure – 3.3. Misure con impulsi piccoli
25
3.6 G
2.4 G
2.5
Intensità di corrente (A)
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
Figura 3.6: Confronto dei due risultati descritti. Le correnti critiche nel caso di impulsi
di ±3.6G permettono l’indivuazione di una corrente di bias, mentre gli impulsi di ±2.4G
non lo permettono.
Nella tabella di seguito sono presentati i risultati per i diversi valori di impulsi di campo utilizzati e, nell’ultima colonna, la loro utilizzabilità come memorie
criogeniche. Solo per impulsi di campo superiori a 3 G è possibile utilizzare il
dispositivo come memoria.
Impulsi (G)
±2.4
±2.7
±3
±3.6
Gap (mA)
0.001
0.08
0.13
0.48
Errore gap (mA)
0.005
0.09
0.06
0.05
Memoria
No.
No.
Sı̀, sebbene il gap sia stretto.
Sı̀.
Tabella 3.1: Le prime tre colonne contengono informazioni circa l’ampiezza degli impulsi, l’ampiezza del gap e il suo errore. La quarta colonna contiene informazioni sulla
utilizzabilità come memoria. Si noti che per impulsi di campo minori di 3 G è stata
misurata un gap sovrastata dall’errore assoluto.
Conclusioni
Nel presente lavoro di tesi si è analizzata la possibilità di produrre stati di memoria tramite l’utilizzo di giunzioni Josephson a barriera ferromagnetica (giunzioni
SIFS). Le barriere ferromagnetiche generano una speciale risposta magnetica della
corrente critica, che può essere utilizzata per stati di memoria e controllata tramite
impulsi magnetici.
Nel Capitolo 3 è stato dimostrato che generando impulsi di campo abbastanza
grandi è possibile avere due livelli effettivamente distinti, utilizzabili come stato
logico 1 (stato a corrente critica bassa) e stato logico 0 (stato a corrente critica
alto), come nel caso di impulsi di ±3.6 G.
La differenza tra i livelli tende a diminuire con il ridursi dell’ampiezza degli impulsi
di campo, fino a rendere impossibile l’utilizzo del dispositivo come memoria, come
nel caso degli impulsi di ±2.4 G.
Il dispositivo risulta utilizzabile come memoria per impulsi di ampiezza maggiore
di ±3 G.
Questo è il primo passo fondamentale per una ingegnerizzazione della modulazione
della corrente critica di una giunzione SIFS in un dispositivo più complesso.
26
Bibliografia
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27
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