regolamento della scuola

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Ricerca scientifica e psicoterapia nella prospettiva di Nous
La Scienza e la ricerca scientifica sono un valore essenziale per Nous.
Se la ricerca è indispensabile alla psicoterapia, ne deriva che è indispensabile anche
alla formazione dello psicoterapeuta.
Per questo motivo la Scuola dedica un ammontare rilevante e continuativo di ore
annuali – complessivamente 184 nei quattro anni - all’insegnamento delle
metodologie e della loro applicazione concreta (attraverso progetti da realizzare)
della ricerca in psicoterapia.
L’allievo deve imparare ad addentrarsi nella letteratura scientifica. Deve conoscere e
familiarizzare con il processo per cui - a partire dalle teorie esistenti nell’ambito
cognitivista, nella Scienza Cognitiva, in Psicologia Clinica e nelle neuroscienze o più
in generale nella scienza – la ricerca sviluppa nuove idee, da verificare ripetutamente
affinché diventino teorie utili come riferimenti per la terapia; e viceversa come a
partire dalla pratica clinica si sviluppano conoscenze, intuizioni e scoperte che poi
diventano nuove idee capaci di estendere i confini concettuali della conoscenza,
generare nuove cornici teoriche e allargare la nostra comprensione della natura della
mente umana.
I temi affrontati negli insegnamenti sono i seguenti:
- i diversi tipi di ricerca, esito, processo, psicopatologia sperimentale, psicopatologia
dello sviluppo;
- valutazione dell’efficacia dell’intervento psicoterapeutico e studio sul processo: i
risultati delle psicoterapie e la loro misurazione;
- la metodologia dei trial clinici; terapie empiricamente supportate (EST) e terapie
basate sulle evidenze (EB);
- reviews di dati di ricerca, principi generali e rassegna dei principali risultati
scientifici sui trattamenti cognitivisti: standard, costruttivisti e mindfulness-based.
Tuttavia: nella prospettiva di Nous la ricerca è una condizione necessaria ma non
sufficiente per una buona pratica psicoterapeutica.
Via Solari 11, 20144 Milano
Nous considera rischiosa un ipotetica contrapposizione tra il ruolo della ricerca e il
ruolo crescita personale nella formazione del terapeuta.
Non si tratta di due opzioni in contrasto tra loro ma di due fattori complementari.
Il ritenerle in contrapposizione deriva - nella prospettiva di Nous - da un’idea naif
circa lo statuto epistemologico, il potere esplicativo e il ruolo della ricerca scientifica;
così come da un’idea semplicistica della natura della pratica clinica.
Nel contesto della terapia, la definizione di un corpus scientifico di conoscenze
teoriche e di modelli concettuali testati ripetutamente è solo “una parte della storia” importante - ma certamente non risolutiva.
La confusione nasce dalla mancata discriminazione e dal non riconoscimento delle
profonde differenze tra lo statuto epistemologico della ricerca e lo statuto
epistemologico della pratica clinica psicoterapeutica in quanto pratica.
La natura della ricerca ha a che fare con un attività di sviluppo di idee e spiegazioni
da testare ripetutamente con dati empirici per sviluppare teorie utili per la terapia.
Questa attività ha lo scopo riconosciuto di fornire “mappe”, schemi di spiegazione,
modelli, tecniche e protocolli da “applicare” in terapia.
Tale attività di ricerca si basa a sua volta su un’attività mentale di tipo
prevalentemente analitico-discorsivo e su processi di analisi razionale e di problemsolving concettuale.
L’errore cruciale consiste nell’attribuire alla pratica clinica la medesima natura prevalentemente analitico-discorsiva - che è propria della ricerca e nello scambiare la
terapia per un’attività essenzialmente di problem-solving concettuale.
Nella prospettiva di Nous questa è una radicale incomprensione della effettiva natura
della psicoterapia.In terapia una teoria, un protocollo, una tecnica, non sono mai
realmente applicabili solo attraverso una semplice attività mentale di tipo problemsolving da parte del terapeuta o del paziente.
Una spiegazione solo concettuale-teorica di ciò che ci accade nell’esperienza in prima
persona non ha, di per sé, potere trasformativo.
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Va compreso che, in quanto pratica, la natura essenziale della psicoterapia è quella
della performance – una specifica forma di performance - e che essa si colloca quindi
tra quelle che in inglese sono dette performance disciplines: quelle dimensioni
dell’esperienza umana che hanno essenzialmente a che fare con le capacità di
prestazione e di creatività nel momento presente.
Essere forme di performance è ciò che accomuna attività diverse quali per es. la
musica, gli scacchi, l’acting, gli sport a livello avanzato, le arti marziali, ecc.
L'aspetto di performance comune a tali attività è riconosciuto e studiato da discipline
quali la Positive Psychology (in alcune sue aeree), i Performances Studies e le stesse
Psicologia Sperimentale e Psicologia dello Sport, il chè tuttavia nulla toglie al fatto
che, alla fine, si tratta di apprendere a realizzare una buona performance e non solo
a teorizzarne.
Cosa significa - realmente - “applicare” una teoria, una tecnica, un protocollo, ecc.
nel vivo, “qui e ora” di una psicoterapia in atto?
Un giocatore di scacchi può leggere tutti i libri fondamentali della teoria scacchistica,
conoscere a memoria gli schemi di gioco dei grandi maestri ma non riuscire mai a
vincere un torneo vero contro un bravo giocatore.
Nella vela, uno skipper può conoscere tutto o quasi delle caratteristiche progettuali e
tecnologiche del proprio scafo, conoscere in dettaglio le teorie sulle andature e le
tattiche di regata e tuttavia non essere capace di condurre la propria barca con un
andatura sufficientemente fluida tra onda e onda, momento dopo momento in modo
da guadagnare metri sugli altri. Oppure essere incapace di cogliere il momento
giusto per virare, cambiare bordo o lato del campo di regata, ecc. O semplicemente
non aver abbastanza esperienza perchè noi si possa accettare con sufficiente
serenità la proposta di una crociera di altura sotto la sua guida in mari difficili.
Un pianista può padroneggiare tutta la teoria musicale e scientifica relativa
all’Armonia, i principali titoli di storia della musica, i testi di riferimento circa
l’interpretazione pianistica e anche, nel dettaglio, le teorie fisiche sull’acustica e
quelle neuropsicologiche sulla percezione della musica.
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Possedere una spiegazione per tutto a tutti i livelli... e tuttavia non arrivare mai a
suonare con sufficiente intensità, concentrazione, capacità interpretativa affinchè chi
ascolta possa percepire e risuonare interiormente alla bellezza di quel pezzo (nota
1).
Se intende essere un bravo clinico, la condizione del terapeuta non è essenzialmente
diversa da quella del bravo skipper o del bravo musicista.
In terapia una teoria, un protocollo, una tecnica, non sono realmente applicabili solo
attraverso una semplice attività mentale di tipo problem-solving da parte del
terapeuta o del paziente.
Ci sono allora anche altri fattori cruciali, oltre alla conoscenza teorica, che entrano in
gioco nella pratica terapeutica e determinano come risultato una buona performance,
volta per volta, in ogni singola e unica seduta in cui il terapeuta si trova impegnato
con la persona che condivide il suo studio.
(Eventualmente poi verificabile sistematicamente con i metodi della ricerca ed aperta
a essere interpretata attraverso diverse ipotesi di spiegazione teorica).
Quali altri fattori sono dunque cruciali per riuscire in una buona prestazione
psicoterapeutica?
Come già detto: la capacità di consapevolezza, presenza e apertura a ciò che si
presenta momento dopo momento all’esperienza, per favorire visione penetrativa e
comprensione intuitiva di quello che il momento presente richiede, e la capacità di
lasciar esprimere la nostra creatività innata che sa trovare la risposta adeguata.
Una continuativa consapevolezza diretta e immediata del proprio funzionamento
mentale, dei propri pattern di reazione emozionale, della propria struttura psicofisica ed energetica.
Una più profonda e sofisticata presenza a sè stessi portata nell'immediatezza
imprevedibile dell'esperienza relazionale, nell'accadere qui e ora dell'interazione con
l'altro.
(Nota 1)
Le tre analogie proposte sono anche tre esempi di contesti
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e condizioni di performance progressivamente più distanti
e via via irriducibili a modalità di “soluzione” in soli termini di problem-solving
logico-discorsivo.
Negli scacchi le la completa definibilità e formalizzazione delle condizioni e delle
regole del gioco rende possibile anche performance di alta qualità fondate sul solo
potere algoritmico: è il noto caso di “ big blue” il software che a volte riesce a vincere
anche con grandi maestri. Questo però solo grazie a tali condizioni di partenza così
limitate e a non-umane capacità di calcolo e di memoria.
Negli altri casi, in particolare nella irradiazione di bellezza del pianista ispirato, non è
pensabile - in linea di principio - una “soluzione” computazionale, neppure negli
sviluppi più futuribili dell’A.I..
La psicoterapia è più vicina al secondo e terzo esempio che non al primo.
Ottobre 2009
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