1 Acceleratori Di Particelle ACCELERATORI DI PARTICELLE ............................................................................................1 Premessa...........................................................................................................................2 Caratteristiche generali ............................................................................................2 Acceleratori a tensione continua ......................................................................................3 Acceleratore di Cockcroft - Walton .........................................................................3 Acceleratore di Van de Graff ...................................................................................4 Tandem Van de Graff ..............................................................................................4 Acceleratori lineari...........................................................................................................4 LINAC .....................................................................................................................4 Principio di stabilità di fase......................................................................................5 Acceleratori circolari........................................................................................................6 Ciclotrone.................................................................................................................6 Stabilità trasversale – Focalizzazione ......................................................................8 Oscillazioni di Betatrone..........................................................................................9 Betatrone ................................................................................................................10 Sincrotrone .............................................................................................................11 Radiazione di Sincrotrone......................................................................................12 Oscillazioni di Sincrotrone.....................................................................................12 Collisionatori..................................................................................................................13 Luminosità .............................................................................................................13 LHC........................................................................................................................14 2 Premessa Caratteristiche generali Gli acceleratori di particelle sfruttano in vario modo campi EM per accelerare particelle che vengono, in seguito, fatte collidere tra di loro o su di un bersaglio. A causa del tipo di campo usato, gli acceleratori sono in grado di accelerare solo particelle cariche. Sin dai primi tubi a vuoto è apparsa chiara la richiesta di energie sempre maggiori (KeV…MeV…GeV…TeV…) alle quale si correlano il maggior costo e le maggiori dimensioni. Ciò ha portato all’evoluzione degli acceleratori a bersaglio fisso in collider; valga per tutti l’esempio di LHC (14TeV, R=4.3 Km). La causa prima queste richieste risiede nella relazione di De Broglie h λ= p per sondare l’atomo o il nucleo qualche MeV è sufficiente, per sondare il protone servono i GeV! Oltre che nella fisica delle particelle i moderni acceleratori sono utilizzati in moltissimi altri campi: - Scienze dei materiali - Diagnostica e cura medica - Processi di sterilizzazioni - Ecc. Le principali caratteristiche a cui siamo interessati sono: - Tipo di particella - Energia utile per i processi - Sorgente di ioni - Intensità del fascio - Fattore di utilizzo - Tubo a vuoto (10-6-10-12 Torr per circa 1 s) - Campi EM (accelerazione e guida del fascio) - Sistema di focalizzazione Analizziamole più nel dettaglio: - E’ importante sapere con che particella abbiamo a che fare poiché se la sua vita media è troppo piccola, decadrà ancor prima di aver colliso con le altre particelle. Per i moderni acceleratori va bene una vita media superiore ai 2 µs (vita media del muone). - ⇒ ⇒ Si intende l’energia del CM, per 2 particelle di quadrimpulso p1 e p 2 si ha ⇒ ⇒ 2 s = p1 + p 2 r r = m12 + m22 + 2 E1 E 2 − 2 p1 p 2 se nel sistema del LAB il bersaglio è fermo ed il proiettile è in moto s si riduce a s = m12 + m22 + 2 E1 m2 dove se E1 è molto maggiore delle due masse si ha s ≅ 2 E1 m2 poiché p ² = E ² − m² se consideriamo invece due fasci collidenti otteniamo s ≅ 4 E1 E 2 per cui l’energia richiesta da un collider è circa il 10% di quella richiesta da un acceleratore a bersaglio fisso per ottenere la stessa s. E’ proprio per questo che anche a SLAC si è avuta 3 - - - - - una parziale modifica del noto LINAC in questo senso con la creazione di SLC – Stanford Linear Collider. Per ottenere gli elettroni si utilizza il classico filamento caldo, per gli ioni ci sono svariati sistemi di tubi a scarica. Ad esempio per ottenere protoni si mandano degli elettroni in un volume contente idrogeno, che ha un’alta probabilità di essere ionizzato dagli elettroni. Si crea così un plasma di e- e p dal quale questi ultimi vengono estratti grazie a degli elettrodi. L’intensità del fascio è definita come #particelle/time unit, il fascio può essere di due tipi: continuo o pulsato; nel secondo caso si parla di bunch (nel primo corrente continua). Non potendo usare per i bunch la corrente continua ricorriamo a PPP (particle per impulse) o al PPS (particle per second). Per esempio, se estraiamo PPS=1012 protoni al secondo la corrente sarà I = PPS * e = 0.2 * 10 −6 A Per Duty Cycle si intende la frazione di tempo per la quale ho a disposizione il fascio. Ad esempio se il mio boost dura 1s ed il ciclo di accelerazione 10s, allora il duty cycle 1s/10s=10%, questo è molto importante a seconda dei rilevatori utilizzati e può varia re dal 20% degli acceleratori di protoni allo 0.1% di quelli di elettroni. Sebbene non sia un componente specifico altresì fondamentale per un buon acceleratore. Dato che, durante un ciclo di accelerazione la particella percorre svariate volte la distanza terra-sole, è fondamentale un vuoto “quasi” assoluto ottenuto mediante “bakeout” (riscaldamento del metallo) e pompe a vuoto in continuo funzionamento. Campi guida e campi di focalizzazione variano molto a seconda del tipo di macchina. Esaminiamo ora in dettaglio i vari tipi di acceleratori Acceleratori a tensione continua Sono stati i primi esempi di acceleratori, in grado di raggiungere energie di qualche MeV con correnti molto alte. Oggi sono usati o nelle applicazioni mediche o per pre - accelerare particelle. Acceleratore di Cockcroft - Walton Negli anni ’30 Cockcroft e Walton accelerarono particelle fino a 25 MeV riuscendo a produrre la frantumazione di atomi di litio. Grazie ad una macchina il cui cuore è un generatore che sfrutta un sistema di rettificatori.Questi sono in grado di innalzare la tensione fino a valori non altissimi (megavolt) e con un’elevata corrente. Sfruttando un generatore in alternata collegato ad una serie di diodi e capacità succede che, per effetto dei diodi, le capacità si carichino nella semionda positiva senza scaricarsi in quella negativa 4 Così dopo 2N condensatori e 2N diodi la tensione sarà 2NV0 dove V0 è la semiampiezza dell’onda generata. I limiti tecnici di questo acceleratore sono la tensione inversa sopportabile dai diodi ed il periodo intrinseco di scarica dei condensatori. Quest’ultimo si può risolvere lavorando sulla frequenza ma il primo è più difficile (diodi più resistenti). Acceleratore di Van de Graff Qui il campo elettrico viene generato attraverso un trasporto fisico di carica. Anche qui le energie si attestano sui 10 - 15 MeV, ma le correnti sono decisamente inferiori (µA contro i mA di prima). Le cariche vengono depositate su di una cinghia di cuoio che le trasporta al collettore di carica superiore (quindi la velocità della cinghia regola la quantità di carica). Da qui poi i protoni vengono accelerati in un tubo a vuoto messo a terra (0V). Il problema più grosso di questo acceleratore è l’isolamento, poiché anche la carcassa dell’acceleratore è collegata a terra e quindi superata una certa d.d.p. si creano scariche potenzialmente distruttive. Un modo per ridurre questo pericolo è il riempimento del contenitore con SF6 che è, però, altamente velenoso. Tandem Van de Graff Per superare il limite dell’acceleratore convenzionale, negli anni ’60 si penso di sfruttare più di una volta quella stessa d.d.p.. Nasce così il tandem Van de Graff. Si tratta di un Van de Graff ruotato di 90° con un elemento centrale mantenuto in tensione da cui si dipartono due tubi acceleratori. In questo caso sfruttiamo ioni negativi (p.es. O-). Gli O- partono dalla sorgente e vengono accelerati verso il corpo centrale; a questo punto passano attraverso un nuvola di gas inerte e subiscono il fenomeno dello stripping (perdita di 2 o più elettroni) dopodiché gli ioni On+ vengono accelerati dall’altra parte e portati al magnete d’analisi. L’energia che nel caso del Van de Graff vale E=qV, per il tandem vale E=(q+1)V Dove il vantaggio non risiede nell’1 ma nella possibilità di raggiungere valori di Q piuttosto elevati. Il principale svantaggio del tandem risiede nella stocasticità dello stripping, cosi potremo ritrovarci nella seconda parte del tandem ioni O4+ O5+ O6+ O7+ avendo quindi un fascio tutt’altro che monoenergetico. Per questo è presente alla fine della macchina un magnete che ci permette di selezionare le particelle desiderate; inoltre resta valido il problema delle scariche elettriche. Acceleratori lineari LINAC Per ottenere energie più elevate si deve ricorrere a d.d.p. impulsive, come nel caso dei LINAC. Un LINAC sfrutta la stessa d.d.p. ma la utilizza più volte e ad impulsi. Schematicamente un LINAC è costituito da una sorgente a cui è collegato un tubo a vuoto nel quale incontriamo periodicamente dei cilindretti cavi detti “drift tubes”. Questi sono collegati alternativamente ai capi di un oscillatore RF in modo da creare una d.d.p. alternata, per effetto della quale le particelle si muovono di moto uniforme dentro i tubi (per effetto Faraday), mentre vengono accelerati al di fuori se trovano la giusta d.d.p. Uno dei primi LINAC è quello di Wideroe, composto da un tubo di vetro all’interno del quale troviamo i drift tubes. Per assicurarsi che le particelle vedano sempre una d.d.p. buona deve essere soddisfatta la relazione vτ v cτ RC βλ L = RC = = 2 2 c 2 5 e per questo motivo le strutture sono dette βλ/2. Per quanto riguarda la lunghezza dei tubi, essa cresce all’aumentare dell’energia cinetica delle particelle e quindi per ovvi motivi tecnici un LINAC deve avere particelle con una buona K iniziale. Una volta che si arriva a v ultra relativistiche il tutto resta costante. Consideriamo l’ n-esima fenditura, la particella avrà velocità vn ed energia cinetica Kn. Detto T il periodo dell’onda di lunghezza λ, e kπ la differenza di fase tra le due fenditure abbiamo v λ 2K n λ T Ln = kv n = k n = k c 2 2 Wr 2 dalla quale è possibile ricavare una formula valida per la lunghezza totale L = N < Ln > K λ k K³ λ = Wr 2 ∆k AW0 2 integrando l’azione del campo elettrico sulla carica otteniamo il guadagno d’energia ∆K n = Qe∫ E n sin Φ( s )ds = QeE n ∆l n sin Φ ( s) L = Nk Il modello di Wideroe, però, non gestisce le HF e presenta un forte irraggiamento. Nella seconda guerra mondiale Alvarez costruì un nuovo LINAC con l’introduzione di cavità risonanti. Allo stato attuale (SLAC) si usa l’electron LINAC (si usano e- con v=c) che è in grado di utilizzare HF (3GHz) grazie ai Klystron di Potenza e che consiste in un unico tubo all’interno del quale troviamo guide d’onda sotto forma di dischi “bucati”. Principio di stabilità di fase Analizziamo ora il problema della fase delle particelle. Sia la particella sincrona (p.s.) quella che, ad ogni accelerazione, vede sempre lo stesso identico campo elettrico(nel quarto di periodo dove la tensione è crescente). Supponiamo che un’altra particella giunga lì con un lieve ritardo rispetto alla p.s., essa incontrerà una d.d.p. maggiore di quella della p.s. ed quindi impiegherà meno tempo ad attraversare il tubo, diminuendo così il suo ritardo. Analogamente per il caso dell’anticipo, per cui la fase della particella oscilla attorno a quella della p.s. ⇒ le particelle tendono a raggrupparsi attorno alla p.s. . Quanto detto non vale se la tensione è nel quarto di periodo decrescente, in quel caso si perdono le particelle, inoltre è bene non scegliere V troppo vicino al picco altrimenti è molto alto il rischio di perdere tutte le particelle. Di norma si sceglie V pari alla metà. Esiste anche la stabilità longitudinale, dovuta principalmente all’effetto focalizzante delle linee di bordo del campo elettrico nelle intercapedini La somma degli effetti in I e II non è zero poiché la particella passa più tempo in I che in II, quindi l’effetto globale è focalizzante (Shrinkage). 6 Acceleratori circolari Supponiamo di volere aumentare l’enrgia di SLAC fino a 1TeV, servirebbe un acceleratore di 15 Km! Per limitare gli eccessivi costi di produzione ci si è rivolti verso macchine a traiettoria circolare nelle quali le particelle percorrono più volte la stessa orbita. In realtà alcune queste macchine non sono perfettamente circolari, ma presentano zone rettilinee (dove ci sono i rilevatori ed i mageti di focalizzzazione) alternate a zone curvilinee (magenti di deflessione). Per tutti gli acceleratori circolari la relazione fondamentale è r r r dp = q( E + v × B) dt da cui si diparte la teoria specifica per ongi acceleratore, vediamoli in dettaglio. Ciclotrone Ovviamente il campo elettrico applicato non può essere costante poiché, essendo conservativo, la sua circuitazione e zero e non avremmo nessun aumento di energia. Per quanto riguarda B, può essere costante o meno se è costante ci troviamo di fronte ad un ciclotrone. Poiché mv ² mv = evB ⇒ r = r eB per cui le particelle accelerate in un ciclotrone percorrono una spirale. Esse vengono accelerate da due elementi dette “D” collegate ad un RF e una volta completato il loro percorso vengono estratte con campi elettrici e dirette verso il bersaglio. Notiamo che mentre per gli acceleratori a tensione continua l’energia cinetica è K = qV per gli acceleratori circolari abbiamo p² B²q²r ² K= = 2m 2m dove la dipendenza dalla carica e dal raggio è al quadrato (importante per gli ioni). Anche nel ciclotrone è fondamentale la sincronizzazione tra la particella ed il generatore RF, secondo la solita equazione τ orb = τ RC dove il primo periodo e fisso nel solo limite classico, il che si deduce dall’espressione della pulsazione della particella qB ω= . m Uno dei limiti più grandi degli acceleratori circolari è l’irraggiamento. Le particelle infatti subiscono una continua variazione dell’accelerazione e quindi irraggiano sempre proporzionalmente a γ4 (vedi luce di sincrotrone). Ritorniamo all’equazione di Lorentz e proviamo a risolverla sul piano mediano. L’orbita è chiusa e non ci sarà accelerazione da parte di E, in realtà l’orbita si modifica lievemente dopo il primo giro, ) ma poiché l’energia guadagnata in un giro è piccola approssimiamo ∆r=0. Detto s il versore tangente possiamo scrivere l’equazione di Lorentz come r dp d dp dsˆ = ( psˆ) = sˆ + p = qEsˆ − qvBxˆ dt dt dt dt separando le due componenti dp v = qE p = qvB dt r dall’ultima possiamo scrivere in termini di energia pc = qrB c 7 ovvero E ² = p ²c ² + m²c 4 = (qrB c)² + Wr2 per cui sapendo a che energia voglio arrivare posso trovare il raggio corrispondente. Nel caso ultrarelativistico trascuriamo la massa a riposo e otteniamo E = pc = qB rc ≅ 300 B rq' (q’ espresso in multipli di e) per gli ioni si considera l’energia di ogni singolo nucleone 2 k q = 48 ( Br )² A A Calcoliamo ora il guadagno di energia in un giro: W ² − Wr2 δB δr δK = δW = W B r poiché (qcB r )qc = ( pc)(qc) = qc ² mv = qW 2πr δt allora δK = 2πqr (rB& + B r&) poiché nel ciclotrone B è costante nel tempo K + 2Wr δr W ² − Wr2 δr δK = =K K + Wr r W r se, come spesso accade nei ciclotroni, K<<Wr, si ha δK δr =2 K r se ci troviamo in presenza di un sincrotrone dove il raggio non varia allora δK = 2πqr ² B& = qV RF sin Φ da cui si ricava la V necessaria ad accelerare le particelle δK V RF = q sin Φ Analizziamo ora il rapporto tra i campi in gioco e la frequenza di rivoluzione che è v pc ² 1 pc c pc = = = ν= ν0 2πr W 2πr W 2πr W quindi possiamo scrivere ν0B qB rc qB rc B ν =ν0 = =ν0 =ν0 W B ² + B0 W2 B ² + 0 q ² r ²c ² per cui B0 è costante in un sincrotrone, mentre in un ciclotrone B è fisso ed aumenta r, quindi in ogni caso la frequenza è variabile a meno che non sia il caso di un ciclotrone classico. In quest’ultimo caso si ha qc ² B ν= 2πW che per un ciclotrone classico diventa qc ² B ν= 2πWr per cui la ν rimane costante. Il primo esemplare fu realizzato nel ’32 da Livingstone, ma fu abbandonato con l’avvento di energie relativistiche. (con una parentesi del ciclotrone isocrono).A (qB rc)² + W02 8 causa di una non perfetta iniezione si può verificare che la particella devii dal suo moto sul piano o dal piano. Si possono recuperare dette particelle? E’ il problema della stabilità trasversale. Stabilità trasversale – Focalizzazione Dando opportuni campi magnetici è possibile creare forze di richiamo per effetto delle quali le particelle oscillano attorno all’orbita di equilibrio. Quelle oscillazioni sono delle oscillazioni di betatrone. Un primo semplice metodo consiste nella focalizzazione geometrica (campo di dipolo). La particella, dopo aver percorso un certo tratto, devia di un angolo α continuando a fare un orbita circolare ma con un diverso centro (ruotato rispetto al primo di α), dopo 180° la situazione ritorna al punto iniziale ottenendo così oscillazioni attorno all’orbita stabile. Di che ordine è questa fluttuazione? E’ la differenza tra i raggi ovvero rdα che per α=10-3 rad e r=103m otteniamo una fluttuazione di 1 m che è troppo elevata per i moderni acceleratori, inoltre questa focalizzazione non mi permette di recuperare il moto elicoidale lungo z. Cerchiamo quindi un campo magnetico con componenti lungo z e lungo il raggio ma non lungo la direzione di propagazione. r B = B x xˆ + B y yˆ Definiamo l’indice di campo come n=− ρ ∂B z B0 ∂x x = ρ dove ρ è il raggio stabile e B0 è il campo di dipolo se voglio contenere il moto sull’asse x. ∂B z Ovviamente per n>0 si ha < 0 per cui Bz diminuisce, e viceversa. Ora ∂x ∂B z ∂B x = ∂x ∂z che deriva da ∇×B = 0 (equazione valida tra i magneti) quindi gli indici di campo relativi ad x e z hanno lo stesso segno, ma la stabilità trasversale e longitudinale richiedono due indici diversi!! Ad esempio per quella trasversale Fz = − kz = − qv s B x ⇒ B x = −k ' z la cui derivata rispetto a z è negativa per cui n>0. Per la longitudinale Fx = − kx = −v s B z q ⇒ B z = k ' x da cui si ricava che n<0. Definiamo la focalizzazione forte con |n|>1 e debole se 0<n<1, allora abbiamo che se focalizziamo debolmente su z non disturbiamo troppo su x. Per la focalizzazione forte si utilizzano dei quadrupoli in grado di focalizzare o lungo x o lungo z, mediante combinazione dei due tipi otteniamo la focalizzazione desiderata. I quadrupoli sono costituiti da 4 magneti sagomati secondo l’iperbole xz=cost ed alternano polo N e S come in figura N S S N 9 Oscillazioni di Betatrone Analizziamo ora le oscillazioni di betatrone. Si tratta di oscillazioni radiali e perpendicolari attorno alla circonferenza stabile. Sia ŝ la nostra traiettoria stabile, supponiamo di trovare la nostra particella su di un’altra curva e consideriamo B = B z con Bs = 0 sempre. Inoltre supponiamo che v x , z << v s se ρ 0 è il raggio della traiettoria stabile, quello della traiettoria corrente è ρ = ρ 0 + x ovvero l’orbita diversa giace comunque sullo stesso piano di quella originaria. Le variazioni significative si hanno solo al I° ordine e la particella del fascio si considera come singola; inoltre durante l’oscillazione lungo x si trascura l’aumento di energia della particella (poiché quest’ultima varia lentamente rispetto al periodo delle oscillazioni). Trascurando il guadagno di energia per singolo giro (E=0), abbiamo r r r dp = qv × B dt Scomponibile nelle componenti x,z,s.Poiché dxˆ è orientato lungo ŝ si ha dxˆ = sˆxˆ (t )dα ma xˆ (t ) è un versore, ovvero r dxˆ r dα r dα =s =s dxˆ = s dα ⇒ dt dt ds ds v = − xˆ dt ρ dx v = − sˆ dt ρ dz =0 dt cambiamo variabile passando dal tempo alla coordinata curvilinea s. Attenzione: le derivante sono intese in senso improprio d d d² d² = v⇒ = v² dt ds dt ² ds ² e poniamo dx d ²x = x' ⇒ = x' ' ds ds ² per cui sostituendo otteniamo r dp v v = mv² &x& − ρ s xˆ + mv²&s& + ρ x sˆ + mv ² &z&zˆ dt ρ ρ r r il secondo membro dell’equazione deve essere uguale qv × B , eseguendo il calcolo (Bs=0) e confrontando i termini con gli stessi versori otteniamo B 1 x' '− − q z = 0 ρ p B z ' '−q x = 0 p ora le due componenti dei campi sono scritte come B x = B x 0 + B xx x + B xz z 10 B z = B z 0 + B zx x + B zz z poiché a z=0 Bz=0, si ha che B x 0 = B xx = 0 inoltre le equazioni di Maxwell tra i magneti sono ∇⋅B = 0 ∇×B = 0 da cui si ricava che B zz = 0 B xz = B zx a questo punto sostituendo nelle due equazioni differenziali di prima ed introducendo l’indice di campo n definito come B ρ ∂B n = − 0 z = − ρ 0 zx B0 ∂x B0 e l’impulso p 0 = qB0 ρ 0 e possibile sviluppare le suddette equazioni in serie di Taylor, ottenendo così (1 − n) 1 ∆p x' '+ x= 2 ρ 0 p0 ρ0 n z ' '+ 2 z = 0 ρ0 che sono le equazioni che descrivono le oscillazioni di betatrone. Vediamo ora questo acceleratore più in dettaglio. Betatrone Sono semplici acceleratori il cui principio di funzionamento si basa sulla legge di Faraday dΦ ( B) E=− dt come si nota dalla figura seguente, il betatrone è a simmetria cilindrica, per cui l’unica componente attiva di E è quella angolare, per cui possiamo scrivere dΦ ( B) 1 Eθ = − dt 2πr e poiché il betatrone accelera solo elettroni possiamo scrivere 11 Eθ = dΦ ( B ) 1 dt 2πr dalla relazione tra momento B q ed r si ricava dp dB = qr = Fθ dt dt ma poiché la forza in gioco è solo quella elettrostatica dB Eθ = r dt da cui si ottiene dB dΦ ( B) 1 = dt dt 2πr ² che è detta relazione di betatrone. Ma poiché Φ ( B ) = πr ² B possiamo scrivere dB 1 dB = dt 2 dt nota anche come relazione 2:1. Sincrotrone E’ un “ciambellone” di raggio r all’interno del quale ruotano le particelle su un orbita fissa grazie a dipoli che sagomano la traiettoria, quindi il campo magnetico non è più grande quanto l’acceleratore, inoltre il cerchi è spezzettato in tratti rettilinei (rivelazione, focalizzazione) e curvilinei (deflessione). Poiché p = erB il campo magnetico deve crescere con l’impulso, ciò vale anche per v ν= r che deve anche essere in fase con la tensione acceleratrice. Anche queste sono macchine a funzionamento impulsato. Per la generazione di B si possono usare bobine in grado di arrivare a 2T ma così inizia ad essere rilevante l’effetto Joule, se invece utilizziamo dei superconduttori riusciamo ad arriva re anche a 67T. Le particelle immesse non possono avere energia nulla, altrimenti dovrebbe essere B=0, ma anche a bobina “spenta” resta sempre un Bresiduo dovuto al ciclo di isteresi, per tanto si deve avere B>Bresiduo e le particelle devono essere iniettate con p diverso da zero mediante un CW o un linac. Il guadagno di energia per un giro è δK = qV sin Φ s e in ogni giro guadagno la stessa energia. Dalla relazione δK = 2πqr (rB& + B r&) si ricava che per un sincrotrone (r=cost) δK = 2πqr ² B& La frequenza di rivoluzione è ν0B ν= B ² + B0 con 12 Wr qcr nel caso relativistico B0 è trascurabile rispetto a Bm, per cui ν → ν 0 Æ Velocità vicine a c e frequenza costante. Esaminiamo ora di aspetti peculiari di questo acceleratore. B0 = Radiazione di Sincrotrone E’ l’energia irraggiata da una particella accelerata (visibile anche nei ciclotroni), sottoforma di radiazione a spettro continuo emessa tangenzialmente all’orbita con un apertura angolare γ –1. La potenza è q ² a ² 1 − β ² sin ²θ P= 6πε 0 c ³ (1 − β ²)³ dove θ è l’angolo tra velocità ed accelerazione. Per gli acceleratori circolari q²a² 1 P= 6πε 0 c ³ (1 − β ²)² e poiché l’accelerazione centripeta è ωr a = ω ²r ⇒ β = c allora q ²ω ² β ² 4 P= γ 6πε 0 c Per cui (se la velocità angolare è costante), l’energia persa in un giro è 2π q ²ωγ 4 q ² βγ 4 Eloss = PT = P = = ω 3ε 0 c 3ε 0 r che nel caso ultrarelativistico diventa q ²γ 4 γ4 Eloss = ≅ 6 * 10 −15 3ε 0 r r e poiché E γ = m0 a parità di energia, l’emissione è inversamente proporzionale alla massa. Ad esempio il rapporto di luce tra elettrone e protone e di 1013!! Per capire l’importanza del fenomeno basti pensare che per E=30GeV e r=120m si ha Eloss=650MeV, per cui non è conveniente accelerare!! Oscillazioni di Sincrotrone Si tratta di oscillazioni di fase della particelle (con conseguente oscillazione di energia) , che vengono anche dette longitudinali. A causa di queste oscillazioni al particella tende a scostarsi dalla fase stabile, pur rimanendo sul piano dell’orbita originaria. Prendiamo come riferimento la “particella sincrona”, caratterizzata dai valori Ws Φs ωs δts. Lo scarto di fase e di energia tra la p.s. ed un’altra generica particella è ∆W = W − Ws ∆φ = φ − φ s Poniamo 13 ∆W ϕ = ∆φ Ws per cui se le oscillazioni sono piccole rispetto all’energia della p.s. supporremo w<<1 e analogamente per φ. I due coefficienti sono adimensionali. Considerando un solo giro possiamo scrivere δ (W − Ws ) = qV [sin φ − sin φ s ] dove qVsinΦ è il guadagno della particella in un giro. Poiché l’energia della p.s. varia lentamente in rapporto al periodo delle oscillazioni di sincrotrone, possiamo scrivere ∆W qV = δ [sin φ − sin φ s ] Ws Ws ovvero qVω w& = [sin(ϕ + φ s ) − sin φ s ] 2πWs che è la prima equazione per le oscillazioni di sincrotrone. Eseguendo un ragionamento analogo per la fase otteniamo δ (φ − φ s ) = ω RF (δt − δt s ) = hω s (δt − δt s ) w= δϕ δt = hω s 1 − δt δt s ∆ω ω = hω s 1 − = − hω s ωs ωs poiché la variazione di omega può essere correlata alla variazione di energia come segue ∆ω = Γs w ϕ& ≅ ωs dove Γs è un fattore di compressone che riguarda i rapporti tra le masse in movimento. Possiamo quindi scrivere la seconda equazione differenziale come (sono stati rimossi i pedici “s”.) ϕ& = hωΓw e qVω w& = [sin(ϕ + φ s ) − sin φ s ] 2πWs otteniamo così l’evoluzione temporale dell’energia e della fase della particella rispetto alla particella di riferimento. Collisionatori Come descritto a pagina 3 è molto più conveniente, dal punto di vista energetico, utilizzare due fasci collidenti piuttosto che un bersaglio fisso. Ciò ha però lo svantaggio della limitatezza della fisica e degli esperimenti eseguibili (vedi fasci secondari), in oltre è difficile coprire tutto l’angolo solido nella zona di interazione, rischiando così di perdere dei prodotti. Anche il funzionamento del collider è impulsato, ossia le particelle viaggiano in bunch. Luminosità E’ un parametro essenziale ed è definito,per un collider, come dN = Lσ dt dove il primo membro è il numero di interazioni per unità di tempo. Spesso si usa la luminosità integrata ovvero 14 Lint = ∫ Ldt ' = N σ dalla quale si può ricavare il numero medio di eventi in un intervallo temporale fissato. Possiamo scrivere N dN N& = = Φ N bσ = A N bσ dt A dove A è l’area comune fra i due bunch; poiché lo scontro avviene tra bunch e bunch, Nb è il numero di particelle in un pacchetto. Le particelle che arrivano sono N A N bunchν per cui N N L = ν A b N bunch A quindi per avere un buona luminosità bisogna rendere piccola la sezione trasversale dei pacchetti nelle zone di interazione che, supponendo una distribuzione gaussiana dei fasci, è data da A = 4πσ xσ y è anche possibile effettuare misure a bassa luminosità, ma per non vedere il fondo è necessario che questo parametro sia alto. LHC L’LHC è un dei più grandi collider al mondo. Esso si basa sull’apparato preesistente del LEP, un collider elettrone positrone con una circonferenza di 27 Km; a differenza di quest’ultimo, con LHC si potranno studiare interazioni ione-ione e protone-protone(preferite a quelle pp per la difficoltà di creazione di antiprotoni e della necessità del loro “raffreddamento”). Per le collisioni pp sono in funzione i due rilevatori ATLAS e CMS (fortemente importati alla ricerca del bosone di Higgs o di qualche altro meccanismo di rottura spontanea di simmetria), mentre delle collisioni tra fasci di ioni si occupa l’esperimento ALICE (studio delle condizioni dell’universo dopo 10-12s,e raggiungimento di densità pari a quelle delle stelle di neutroni). E’ inoltre in funzione un quarto esperimento detto LHC-b per lo studio della fisica del b. LHC è costituito da 2 canali controrotanti in modo da poter effettuare collisioni tra fasci di protoni equienergetici. Il sistema di immissione sfrutta l’apparato preesistente al CERN. Le particelle (protoni prodotti dalla ionizzazione di H e pre-accelerate da un quadrupolo a RF) vengono portate a 50 MeV da un LINAC e successivamente iniettate nel PS Booster dal quale escono sottoforma di pacchetti di 1011 da 1.4 GeV da qui proseguono il loro cammino verso PS ed SPS che li inietterà nel collider in versi opposti con un energia di 450 GeV. A questo punto raggiungono l’energia di 7 TeV in circa 20 minuti mentre vengono tenuti in traiettoria da un campo magnetico di 8.33 T generato da circa 1200 dipoli magnetici con spire in Niobio-Titanio nei quali l’He superfluido funge da refrigerante. In quest’ottica è molto importante tenere sotto controllo la temperatura, onde evitare la vaporizzazione dell’He con conseguenti problemi di tensione. Poiché la frequenza di collisione è di 40 MHz, avviene una ogni 20ns, ma i pacchetti sono equispaziati? Moltiplicando la somma della lunghezza di bunch e dello spazio inter-bunch per il numero di bunch ottengo un valore di 21.4 Km che è inferiore ai 27 Km dell’anello, per cui ad un certo punto ci sarà un bunch isolato messo in modo da non interferire con gli altri “pilot bunch”. la corrente di fascio è di 0.54 A e l’energia persa per radiazione di sincrotrone è di 4.2 KeV per giro, la potenza irradiata di circa 3.7 KW.