CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO IL NOTAIO TRA REGOLE

CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
La
Società
Europea
tra
diritto
comunitario
e
diritto
nazionale
a cura di G. Rescio, in Il notaio tra regole nazionali ed europee (Relazioni al 40° Congresso
Nazionale del Notariato – Bari 26/29 ottobre 2003), Milano (Giuffrè), 2003, p. 131 e ss.
1. L’influenza della SE sulla s.p.a.
L’8 ottobre 2004 entrerà in vigore il Regolamento CE n. 2157/2001 sulla
Società Europea (d’ora innanzi SE) e le imprese europee di medio/grandi
dimensioni avranno a disposizione una nuova forma (struttura organizzativa)
di società per azioni disciplinata:
- da un nucleo di norme di elaborazione comunitaria, indipendenti dal
luogo in cui la società viene costituita e ha la propria sede, purché essa
sia posta all’interno di uno Stato membro;
- da un altro insieme di norme di produzione interna ai singoli Stati, in
parte da dettare appositamente per la SE, in parte desumibili dalle
disposizioni relative alle s.p.a. locali, variabile in funzione del luogo in
cui viene posta la sede unitamente all’amministrazione centrale della
singola società1.
1
Tra i più significativi contributi italiani successivi all’emanazione del Regolamento, ai quali si rimanda anche per
citazioni meno recenti, cfr. F. AMBROSIANI, Società europea e fusione internazionale, in Società, 2002, pp. 1351 ss.
(prima parte) e 1499 ss. (seconda parte), da cui si cita, nonché in La società europea. Problemi di diritto societario
comunitario a cura di U. Draetta e F. Pocar, Egea, 2002, p. 61 ss.; B. BAREL, Il Mercato unico nell’Unione Europea,
in Lo Statuto della Nuova Società Europea, Atti del convegno tenuto il 18 ottobre 2002 a cura della Camera di
Commercio di Treviso, Curia Mercatorum, 2002, p. 7 ss.; M. BIANCA, La Società Europea: considerazioni
introduttive, in Contr. e impr. Europa, 2002, p. 453 ss.; R. CAFARI PANICO, Il Regolamento della società europea e
le fusioni transfrontaliere, in La società europea, cit., p. 29 ss.; S.M. CARBONE, La corporate governance della
società europea tra norme materiali uniformi e tecniche di diritto internazionale privato, in Dir. comm. int., 2002, p.
133 ss., da cui si cita, nonché in La società europea, cit., p. 17 ss.; D. CATERINO, Il regolamento sulla Società
Europea e la connessa direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori, in Giur. comm., 2002, I, p. 479 ss.; L. DI BRINA,
Profili della Governance nella Società Europea, in Lo Statuto della Nuova Società Europea, cit., p. 61 ss.; L.
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In tal modo si introduce nel settore societario un intreccio di normative,
comunitaria e nazionali, che – anche per la complessità della materia
regolata - non ha precedenti2: cosa ben diversa essendo la semplice
emanazione di leggi nazionali attuative di direttive comunitarie, con, tutt’al
più, la necessità di verificare i modi e i limiti della diretta efficacia interna
delle direttive stesse, che ha sinora contraddistinto il diritto delle società di
capitali3.
Ne deriva l’assoluta novità delle problematiche aperte dal legislatore
comunitario nel rinunciare a dettare – stanti le note difficoltà a raggiungere
un accordo su vari aspetti di disciplina4 - una regolamentazione esaustiva a
livello comunitario, con integrazione rimessa esclusivamente all’autonomia
statutaria5.
ENRIQUES, Capitale, azioni e finanziamento della Società europea: quando meno è meglio, in Riv. soc., 2003, p. 375
ss.; A. MALATESTA, Il regolamento CE 2157/2001 sulla società europea: il difficile parto di una forma societaria
comunitaria, in La società europea, cit., p. 5 ss.; M. MIOLA, Lo statuto di Società europea nel diritto societario
comunitario: dall’armonizzazione alla concorrenza tra ordinamenti, in Riv. soc., 2003, p. 322 ss.; G.A. RESCIO, La
“Societas Europea” (SE), in Studi e materiali a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, Giuffré, 2003, p. 233 ss., da
cui si cita, nonché in Lo Statuto della Nuova Società Europea, cit., p. 45 ss.; F. RONFINI, Societas europea e Direttiva
sulla partecipazione dei lavoratori alla direzione dell’impresa, in Lo Statuto della Nuova Società Europea, cit., p. 75
ss.
2
Se si eccettua la poco significativa, almeno in Italia, esperienza del GEIE, di cui al Regolamento n. 2137/1985.
3
La nuova “marcia” ingranata nel frangente dalle istituzioni comunitarie viene inserita in un quadro di creeping
federalism (federalismo strisciante) da U. DRAETTA, La società europea e il federalismo “strisciante” del diritto
comunitario, in La società europea, cit., p. 1 ss.
4
Per esaurienti informazioni sul travagliato iter della SE e sulla progressiva riduzione del contenuto dei vari progetti di
regolamento dai duecentoottantaquattro articoli iniziali agli attuali settanta, cfr., tra gli altri, A. SANTAMARIA, Diritto
commerciale comunitario, 2^ ed., Giuffré, 1995, p. 180 ss.; A. MALATESTA, op. loc. cit.; M. MIOLA, op. cit., p. 324
ss.
5
Questa strada tenta di percorrere il progetto di regolamento sulla società privata europea (SPE), presentato nel 1998
dalla Camera di Commercio e Industria di Parigi insieme al Movimento delle Imprese di Francia e destinato alle
imprese di medio-piccole dimensioni che non fanno appello al pubblico risparmio (il progetto si legge in
http://www3.ccip.fr/etudes/dossiers/spe/fr: per sintetiche informazioni al riguardo cfr. C. ROTH, Sviluppo del diritto
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Intanto, prima di affrontare gli interrogativi che diverranno attuali a
partire dall’8 ottobre 2004, conviene chiedersi in una più immediata
prospettiva di diritto societario interno se il Regolamento SE non assuma
rilevanza giuridica già prima della sua entrata in vigore, e segnatamente dal
1 gennaio 2004, quando diverrà diritto vigente il d.lgs. 6/2003 per i suoi
aspetti di riforma del diritto italiano delle società per azioni6.
In particolare, si tratta di accertare in primo luogo se, in considerazione
della futura operatività sul territorio italiano di società azionarie in forma di
SE e della possibilità di scelta per le imprese operanti in Italia con struttura
azionaria (là dove esistano i presupposti per una scelta) tra la s.p.a. di diritto
interno e la SE di diritto, per così dire, “misto”, il legislatore della riforma si
sia preoccupato di non porre il tipo s.p.a. in condizioni di svantaggio rispetto
al tipo SE, fornendo il primo di strumenti e opzioni organizzative non
inferiori rispetto a quelle riconosciute al secondo. Che non debba avvenire il
contrario, è preoccupazione avvertita dal legislatore comunitario (peraltro
non insensibile anche al problema in discorso, come si vedrà): invero il
quinto considerando del Regolamento SE impone agli Stati membri di fare in
modo che dalle disposizioni applicabili alle SE non derivino differenze di
delle società: la società europea prefigura la società privata europea?, in La società europea, cit., p. 96 ss.): nelle
motivazioni si trova scritto che “il regolamento…deve essere completo e restare indipendente dai diritti nazionali che
non possono essere invocati, neanche a titolo sussidiario”, e che “ciò è molto importante per assicurare il carattere
unitario, dunque europeo, del testo, la chiarezza e la certezza che la forma deve apportare ai soci e ai terzi”. Sull’art. 12
(diritto applicabile) del progetto SPE, in confronto all’art. 9 del regolamento SE, v. infra § 4.
6
La data indicata può ulteriormente essere anticipata se si considera l’adeguamento statutario alla nuova normativa
praticabile sin dal 2003 in forza delle disposizioni transitorie.
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trattamento ingiustificate comportanti discriminazioni di queste ultime
rispetto alle s.p.a. di diritto interno.
Ove a tale prima domanda si dia risposta affermativa, occorre poi
chiedersi se dalle norme comunitarie dettate per la SE, e in special modo
per quelle concernenti la sua struttura (art. 38 ss.), provengano elementi
interpretativi utili per meglio delineare la portata di alcune disposizioni della
s.p.a. riformata, aiutando a prevenire o a risolvere perplessità ermeneutiche
in parte già evidenziate nel dibattito dottrinale che ha accompagnato il varo
del d.lgs. 6/2003.
Sotto il primo profilo aiuta innanzi tutto la lettura della Relazione
accompagnatoria del d.lgs. 6/2003. In essa si trova scritto (§ 6, I) che “il
sistema dualistico…è largamente ispirato agli ordinamenti tedesco e
francese e, soprattutto, allo Statuto della Società Europea stabilito dal
Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea dell’8 ottobre 2001”; e
ancora si legge (§ 6, II) che “il sistema monistico, come quello dualistico, è
anch’esso largamente ispirato allo Statuto della Società Europea” (la
sottolineatura è aggiunta).
Non può essere privo di importanza, e merita di essere rimarcato, il fatto
che, per quanto al sistema dualistico, il legislatore italiano mostra sì di
tenere in considerazione l’originale modello tedesco e la sua variante
francese, ma l’accento è posto (con la parola “soprattutto”) sulle scelte
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compiute dal legislatore comunitario, la cui influenza viene affermata come
preponderante. E ancor più ciò si nota a proposito del sistema monistico,
dove nemmeno viene citato il modello anglosassone e direttamente si rinvia
alla mediazione comunitaria7.
Del resto, se queste sono le influenze manifeste e dichiarate, non è
difficile
rinvenire
molteplici
impliciti
riferimenti
alla
disciplina
regolamentare della SE: dal minimo di capitale elevato a centoventimila
euro in coincidenza con quanto disposto dall’art. 4, § 2, reg., al
riconoscimento della s.p.a. sin dall’inizio costituita con un socio unico8; dalla
riduzione della percentuale di capitale rappresentato per la convocazione
dell’assemblea da parte della minoranza, con sua fissazione al dieci per
cento, ulteriormente riducibile dallo statuto9, alla estensione delle regole
proprie della fusione c.d. semplificata dall’ipotesi di controllo totalitario a
quella di società incorporata posseduta al novanta per cento dalla
incorporante10.
7
Anche se in quest’ultima non si fa menzione del fondamentale comitato per il controllo della gestione di cui all’art.
2409-octiesdecies c.c.
8
Al riguardo l’art. 3, § 2, reg. SE, prevede che una SE possa, anche da sola, costituire una o più SE affiliate e che, là
dove la legislazione nazionale vieti la costituzione di s.p.a. con socio unico, detto divieto non vale in tal caso,
applicandosi alla SE così costituita le disposizioni interne in tema di s.r.l. con socio unico conformi alla dodicesima
direttiva 89/667/CEE.
9
Si confrontino il nuovo art. 2367 c.c. e l’art. 55 reg. SE.
10
Va peraltro precisato che la percentuale non è calcolata sulla stessa base dall’art. 2505-bis c.c. e, nel regolare la
costituzione della SE mediante fusione, dall’art. 31, § 2, reg. SE, poiché la prima norma considera il novanta per cento
di tutte le azioni (o quote) della controllata, mentre la seconda si accontenta della stessa percentuale calcolata sulle
azioni (o altri titoli) che attribuiscono il diritto di voto nell’assemblea generale della controllata: dunque, potrebbe
sembrare che il socio di maggioranza (o il gruppo di controllo) sia in grado di forzare la fusione senza rapporto di
cambio per costituire una SE, ma non anche per rimanere s.p.a. Tuttavia la conclusione non è così semplice, avendosi
qui un tipico problema derivante dall’intreccio di normative comunitaria e interna. Infatti l’art. 31, § 2, consente la
fusione semplificata nel controllo non totalitario solo se non sia diversamente disposto dalla legge nazionale della
incorporata o della incorporante (o da norma appositamente dettata per la SE dal singolo Stato membro). In effetti la
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Ebbene, se si confrontano le opzioni organizzative consentite alla SE e
alla s.p.a. italiana, si constata una sicura coerenza. Per la SE l’art. 38 reg.
distingue tra sistema dualistico e sistema monistico: ferma restando la
presenza dell’assemblea, il primo è caratterizzato dall’esistenza di un
organo di vigilanza distinto dall’organo di direzione, mentre il secondo
prevede la presenza del solo organo di amministrazione. Data una così
ampia definizione di sistema dualistico, appare chiaro che in esso vi
rientrano sia il sistema dualistico di stampo germanico sia il modello
tradizionale italiano, dove pure si ha un organo di controllo/vigilanza (il
collegio sindacale) distinto dall’organo di direzione/gestione.
Che la nostra tripartizione tra sistemi tradizionale, dualistico e monistico
corrisponda alla bipartizione dell’art. 38 reg. SE, è confermato dal fatto che
l’art. 39, § 2, reg. SE, dopo aver stabilito che i componenti dell’organo di
direzione sono nominati e revocati dall’organo di vigilanza, fa salva la
possibilità che per legge interna o per statuto il relativo potere di nomina e
revoca sia attribuito dal singolo Stato all’assemblea alle stesse condizioni in
cui ciò avviene per le s.p.a. di diritto interno. Tale norma va letta proprio in
funzione del pieno recupero del sistema tradizionale italiano – in cui
norma italiana permette di prescindere dal rapporto di cambio e dalla relativa documentazione solo in presenza di due
presupposti: possesso di almeno il novanta per cento dell’intero capitale e offerta, ai soci non consenzienti della
incorporata, dell’acquisto delle loro azioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso.
L’assenza dei due presupposti riporta la fusione alla normalità. Il rispetto, sul punto, della legge nazionale da parte della
norma comunitaria sembra perciò corrispondentemente restringere l’area della costituzione di una SE per fusione
semplificata ove vi sia coinvolta una s.p.a. italiana in qualità di incorporata o incorporante, annullando ogni differenza
rispetto alla fusione che mantenga all’incorporante la veste della s.p.a.
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all’assemblea e non al collegio sindacale spetta la nomina e la revoca degli
amministratori - nell’ambito del sistema dualistico europeo11. Merita anche
sin d’ora sottolineare (ma il punto verrà ripreso) che l’estrema vaghezza con
la quale viene definita la funzione di controllo dell’organo di vigilanza
dall’art. 40, § 1, reg. SE12, impedisce di ravvisare contrasti con i compiti
assegnati dall’art. 2403 c.c. al collegio sindacale e dall’art. 2409-terdecies al
consiglio di sorveglianza.
2. Rilevanza della disciplina comunitaria della SE nella soluzione di
problemi di disciplina della s.p.a.
11
La citata disposizione non va invece utilizzata al fine di affermare l’ammissibilità, nel sistema dualistico italiano,
dello spostamento del potere di nomina e revoca dei gestori dal consiglio di sorveglianza all’assemblea per scelta
statutaria, sfruttando le ambiguità del testo dell’art. 2409-terdecies, che in realtà intende consentire la sola rimessione
statutaria all’assemblea del potere di determinazione del compenso dei gestori: cfr. al riguardo G.A. RESCIO, Postilla
sull’assemblea (si legge presso http://www.associazionepreite.it), traendo spunto soprattutto dalla genesi della norma e
dalla osservazione che la tesi contraria finirebbe per svuotare di senso la tripartizione dei modelli organizzativi e per
consentire l’uso del sistema dualistico in funzione meramente elusiva di norme specificamente destinate al collegio
sindacale. Contra M. MIOLA, op. cit., p. 362, riconoscendo anche nel sistema dualistico italiano la possibilità di
nomina e revoca assembleare del consiglio di gestione. L’Autore, inoltre (a p. 364), sembra escludere che la SE possa
essere impostata sul modello tradizionale italiano, ovverosia sulla presenza del collegio sindacale, concludendo che,
anche alla luce delle possibilità offerte dall’autonomia statutaria, questo sarebbe l’unico vero fattore di distinzione e di
competitività tra s.p.a. e SE. Tuttavia mi pare che, oltre a non tenere conto della elasticità del sistema dualistico
delineato dal Regolamento sulla SE, tale posizione, poiché comporterebbe in danno di quest’ultima una differenza di
trattamento ingiustificata con la società azionaria di diritto interno, difficilmente potrebbe reputarsi in linea con il
principio di non discriminazione espresso dal quinto considerando e dall’art. 10 reg. SE. Mi sembra pertanto che, pur
nel rispetto formale della terminologia adoperata dal Regolamento (organo di direzione/organo di vigilanza) e nel
rispetto sostanziale delle norme regolamentari inderogabili, il legislatore italiano debba fare uso della chance offerta
dall’art. 39, § 2, comma 2, cosicché niente impedisca di strutturare i due organi della SE, le loro funzioni e il loro
rapporto in termini analoghi a quanto si verifica nel modello tradizionale italiano. Su posizione non distante L. DI
BRINA, op. cit., p. 71 s., pur rimarcando la maggiore debolezza dell’organo di vigilanza della SE rispetto al collegio
sindacale della s.p.a. Al riguardo v. infra, § 5.
12
“L’organo di vigilanza controlla la gestione assicurata dall’organo di direzione, ma non può esercitare esso stesso il
potere di gestione della SE”: nessuna più precisa indicazione del tipo di controllo (di diritto e/o di merito) e dei criteri
per il suo esercizio viene offerta dal Regolamento.
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Se si notano per lo più ampie corrispondenze tra le rispettive normative
comunitaria e interna, non mancano tuttavia alcune disposizioni in tema di
SE a modello dualistico non ravvisabili in quelle introdotte dalla riforma nei
sistemi
corrispondenti
della
s.p.a.
Ci
si
riferisce
a
regole
non
espressamente riprodotte ma nemmeno manifestamente negate (nel senso
che non vi sono norme con esse contrastanti, tali da escluderne in radice la
compatibilità con quelle emanate), quali le disposizioni che prevedono:
l’obbligo dell’organo gestorio di informare l’organo di vigilanza almeno ogni
tre mesi sull’andamento degli affari sociali e sulla loro probabile evoluzione
e di dargli in tempo utile le informazioni su avvenimenti che possono avere
ripercussioni sensibili sulla situazione sociale (art. 41, §§ 1 e 2, reg.); la
possibilità, in caso di sopravvenuta mancanza di gestori, che l’organo di
vigilanza designi un membro dell’organo medesimo per l’esercizio dei
compiti di gestione con sua sospensione dalle funzioni di controllore (art. 39,
§ 3, reg.); la facoltà statutaria di attribuire la qualità di membro di un organo
ad una società o altra entità giuridica, la quale deve designare un
rappresentante, persona fisica, ai fini dell’esercizio dei poteri all’interno
dell’organo (e ciò anche nel sistema monistico: art. 47, § 1, reg.), pur
facendosi salvo l’eventuale divieto posto al riguardo per la s.p.a. nel singolo
Stato membro; l’indicazione nello statuto delle categorie di operazioni che
possono
essere
compiute
dall’organo
gestorio
soltanto
previa
autorizzazione da parte dell’organo di vigilanza (art. 48, § 1, reg.)13. Si può
13
Naturalmente non si considerano in questo frangente quelle norme dettate per la SE che non hanno alcuna chance di
applicazione alla s.p.a. per l’esistenza di regole in palese contrasto: ad esempio, la regola anti-stallo dell’art. 50, § 2,
reg. - per cui, in difetto di clausole statutarie contrarie (inammissibili ove l’organo sia composto per metà da
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aggiungere, in tema di assemblea, il potere della minoranza pari almeno al
dieci per cento del capitale di chiedere l’iscrizione di uno o più nuovi punti
all’ordine del giorno di un’assemblea generale non convocata su richiesta
della minoranza (art. 56 reg.).
Davanti a siffatte distonie un primo atteggiamento potrebbe essere quello
di rinunciare a costruire un ponte di comunicazione dalla SE alla s.p.a.,
optando per l’argomento a contrario: se il legislatore riformista dichiara di
ispirarsi a un modello, omettendone alcuni aspetti di disciplina, ciò parrebbe
comportarne il rifiuto.
Tuttavia l’argomento a contrario, come quello a simili, quasi mai è di per
sé decisivo e gli automatismi interpretativi – in un senso e nell’altro – in
genere lasciano inappagati. Il secondo, a mio avviso preferibile,
atteggiamento interpretativo consiste allora non già nell’estendere
piattamente alla s.p.a. le norme sopra segnalate (o i principi di fondo che le
ispirano), passando disinvoltamente dal silenzio-rifiuto al silenzioaccoglimento, bensì nel valorizzare gli indizi interpretativi provenienti dalla
regolamentazione della SE là dove anche altre ragioni depongano in favore
rappresentanti dei lavoratori), la parità di voti all’interno degli organi di gestione e controllo è risolta con la prevalenza
del voto del presidente dell’organo - entra in conflitto con il principio della maggioranza assoluta dei presenti, salvo
patto contrario, mantenuto dagli artt. 2388, comma 2, e 2404, comma 4, c.c.; analogamente, per quanto al sistema
monistico, l’obbligo degli amministratori di riunirsi almeno ogni tre mesi, secondo una periodicità stabilita dallo statuto,
per deliberare sull’andamento degli affari della SE e sulla loro probabile evoluzione (art. 44, § 1, reg.), sembra smentito
dalla periodicità anche soltanto semestrale delle riunioni del consiglio di amministrazione in presenza di organi delegati
prescritta dall’art. 2381, comma 5, c.c., richiamato dall’art. 2409-noviesdecies c.c.
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della loro valorizzazione nell’ordinamento della s.p.a. E tanto anche alla
luce dei seguenti criteri orientativi ed obiettivi finali:
- la s.p.a. non è un tipo rigido al punto da non consentire ciò che non è
espressamente previsto, autorizzato o regolamentato, specie quando
si tratta di definire gli spazi dell’autonomia statutaria, notoriamente
potenziata dalla varata riforma;
- nella soluzione di problemi interpretativi relativi ai sistemi diversi da
quello tradizionale la scelta legislativa di avere come modello di
riferimento lo Statuto della SE impone di privilegiare, ove possibile, le
opzioni in linea con tale modello rispetto ad altre, incluse quelle
confortate dai risultati di una indagine comparata con ordinamenti dai
quali quei sistemi originariamente derivano;
- fermi restando, anche in termini di opportunità, la concorrenza e
l’arbitraggio tra gli ordinamenti europei che la SE determina mediante
l’ingente ricorso alle normative locali sulle società azionarie, sarebbe
importante
evitare
che
si
verifichino
all’interno
del
singolo
ordinamento statale sia, per un verso, l’emarginazione della SE, sia,
per altro verso, il trattamento deteriore e la conseguente svalutazione
della società azionaria di diritto interno: quest’ultima eventualità
potrebbe, infatti, condurre alla predisposizione artificiosa dei
presupposti per la costituzione di SE mancanti di vero carattere
europeo al solo fine di sfruttarne i vantaggi concessi dalle norme
comunitarie (e da quelle interne appositamente dedicate alla SE).
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Ciò considerato, andrebbe valutata con attenzione e con favore
l’ammissibilità, nella s.p.a. impostata sul sistema dualistico (in senso
stretto), di una clausola statutaria individuante le categorie di operazioni che
il consiglio di gestione possa compiere soltanto previa autorizzazione del
consiglio di sorveglianza, ben potendo il silenzio sul punto essere colmato
dal riferimento al modello comunitario se si accoglie l’idea di fondo che il
rafforzamento dell’autonomia statutaria nella riforma consente la libera
attribuzione di competenze non espressamente imputate e riservate ad un
particolare organo14.
Ed anche il tradizionale, ma mai espressamente dichiarato, divieto di
nomina di persone giuridiche ad amministratori di società meriterebbe una
riconsiderazione critica, poiché la soluzione adottata per la SE, oltre a
consentire l’imputazione al rappresentante designato di ogni regola
destinata alla persona fisica che esercita i poteri e assolve i doveri inerenti
alla carica, ben si sposerebbe con la implicita ammissione di società di
capitali socie e amministratrici di società di persone da parte dell’art. 111-
duodecies delle disposizioni di attuazione e transitorie15.
14
E’ bene precisare che l’autorizzazione di cui sopra rappresenterebbe un limite interno (inopponibile ai terzi) al potere
di gestione comunque mantenuto sotto la propria responsabilità dai componenti del consiglio di gestione: limite che nel
sistema tradizionale è espressamente previsto in favore dell’assemblea dall’art. 2364, comma 1, n. 5, c.c., e che nel
sistema dualistico scompare dalle competenze assembleari nominate dall’art. 2364-bis (che, come noto, non esauriscono
tutte le competenze assembleari) proprio – v’è da ritenere – per consentirne la possibile previsione in favore tanto del
consiglio di sorveglianza quanto dell’assemblea, a scelta dei soci.
15
Ove, nell’ipotizzare che una s.n.c. e una s.a.s. possano avere tutti i soci illimitatamente responsabili rappresentati da
s.p.a., s.r.l. e s.a.p.a., si presuppone che in tali casi siano società di capitali ad amministrare società di persone (salvo
ricorrere alla controversa figura dell’amministratore non socio). Ciò ammesso nelle società di persone, non dovrebbero
esserci insuperabili ostacoli per ammettere la società di capitali amministratrice di altra società di capitali. E vale la
pena di precisare che, in forza di quanto stabilito dall’art. 47, § 1, reg. SE, la tradizionale tesi negativa provocherebbe
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Uno spazio potrebbe agevolmente trovare, inoltre, il potere della
minoranza qualificata di arricchire l’ordine del giorno di un’assemblea con
punti ulteriori rispetto a quelli fissati dall’organo a cui compete la
convocazione, sempre che si tratti di argomenti sui quali l’assemblea non
debba deliberare per legge su proposta degli amministratori o sulla base di
un progetto o di una relazione da essi predisposta. In definitiva, qui la regola
comunitaria irrobustirebbe una conclusione già sostenibile con l’argomento
a fortiori interpretando estensivamente l’art. 2367 c.c.
Maggiori difficoltà si hanno, invece, con le altre due norme richiamate.
L’obbligo di informazione a carico dei gestori e a favore dei controllori con
periodicità almeno trimestrale è in realtà espressamente previsto per le
s.p.a. quotate dall’art. 150 t.u.f.: la sua mancata riproduzione per le s.p.a.
non quotate davvero suona come una intenzionale astensione del legislatore
dal voler cadenzare con ritmi imposti i flussi informativi tra gli organi di
gestione e di controllo, rimettendone la scelta all’autonomia statutaria.
Quanto alla possibilità per il consiglio di sorveglianza di nominare propri
componenti quali membri del consiglio di gestione, nessuna disposizione lo
impedisce16, ma la conseguenza - in forza dell’art. 2409-duodecies, comma
non già una differenza di trattamento tra la s.p.a. e la SE, ma – e ciò è ben più grave nella prospettiva della specifica
concorrenza tra ordinamenti innescata dall’intervento comunitario in esame - tra la SE con sede in Italia e quella con
sede, ad esempio, in Olanda o in Gran Bretagna, in quanto qui il Regolamento fa salvo l’eventuale divieto disposto dal
diritto interno per le s.p.a. locali.
16
La legge vieta che i componenti del consiglio di gestione siano nominati consiglieri di sorveglianza (artt. 2409novies, comma 4, c.c.), ma non il contrario.
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10, c.c. – non può che essere la decadenza (e non già la semplice
sospensione) del nominato dalla carica di consigliere di sorveglianza.
Ciononostante è legittimo concludere che il ponte di comunicazione
aperto dal legislatore comunitario tra la SE e le società azionarie di diritto
interno può essere proficuamente percorso – almeno per quanto concerne
la s.p.a. italiana – anche nella direzione opposta a quella originariamente
pensata: non solo dalla s.p.a. alla SE, per completarne la disciplina ove
mancante, ma pure dalla SE alla s.p.a., per rettamente interpretare e meglio
comprendere alcuni aspetti innovativi introdotti dalla riforma societaria,
sullo sfondo di un opportuno trattamento non discriminatorio di modelli
azionari concorrenziali.
3. Il gioco dell’arcipelago
Viene ora il momento di occuparsi della disciplina della SE e degli ostacoli
che si incontrano nell’attraversare quel ponte di comunicazione nel senso di
marcia indicato dall’art. 9 reg. SE.
In effetti, la situazione della SE e di coloro che vi faranno ricorso si presta
ad essere metaforicamente raffigurata come quella di chi per gioco o
13
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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scommessa17 vada a vivere su di un’isola centrale sulla quale esiste soltanto
una parte delle risorse necessarie a sopravvivere, dovendosi per il resto
approvvigionare presso altre quindici isole disposte intorno e raggiungibili
con ponti di collegamento. Il gioco prevede che non si possa fare shopping a
piacere con lo scegliere per ogni necessità non soddisfatta sull’isola
centrale la diversa isola che la soddisfa nel miglior modo e al minor prezzo:
l’approvvigionamento si deve fare per intero su di una sola delle quindici
isole periferiche e lì a tal fine va tenuta aperta una capanna. Nel corso del
gioco si può cambiare l’isola fornitrice, ed anzi per il trasferimento si viene
attrezzati con un ottimo vascello, ma il viaggio richiede anche favorevoli
condizioni meteorologiche e un attento esame delle carte nautiche.
La metafora del “gioco dell’arcipelago” mette in evidenza l’aspetto che ha
maggiormente attirato l’attenzione dei commentatori della SE: il tentativo o
il risultato di favorire la creazione di un vero mercato delle regole societarie
a somiglianza di quello da tempo esistente negli Stati Uniti d’America. I
protagonisti del gioco (le SE, le società che le costituiscono e i loro soci)
tenderanno a mettere la “capanna” (la sede e l’amministrazione centrale
della SE) nelle “isole periferiche” (i singoli Stati membri) che assicurano
complessivamente migliori condizioni di offerta delle “risorse di cui è
sprovvista l’isola centrale” (le regole non date a livello comunitario e non
delegate all’autonomia statutaria dallo stesso Regolamento sulla SE).
17
Nelle intenzioni di chi l’ha inventato non si dovrebbe trattare di un gioco “a somma zero”, cioè di un gioco in cui
l’ammontare delle vincite (di alcuni) equivale all’ammontare delle perdite (di altri).
14
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Assecondando tale tendenza, per incrementare l’edilizia di capanne sul
proprio territorio (cioè per attrarre capitali), tutte le isole periferiche in
concorrenza tra loro saranno portate a migliorare e rendere più appetibile
la propria offerta18.
Ciò che ancora non risulta chiaro – e difficilmente lo sarà prima del
decorso di un adeguato periodo di prova e rodaggio – è se costituiscano seri
limiti al pieno svolgimento del gioco la costruzione delle capanne e la
perigliosità dei viaggi di trasferimento da un’isola all’altra: fuor di metafora,
si tratta di capire quanto sarà complicato porre nello Stato prescelto non
solo la sede legale ma anche l’amministrazione centrale della SE e quali
ostacoli, connessi alle normative non toccate dal Regolamento19, potranno
poi frapporsi in modo significativo ai successivi trasferimenti, in ambito
comunitario, di sede e amministrazione centrale20. Inoltre nemmeno risulta
18
Cfr., ad esempio, F. BLANQUET, La Società europea: uno strumento utile, in Lo Statuto della Nuova Società
Europea, cit., p. 42 s.; L. ENRIQUES, op. cit., p. 388 ss.; M. MIOLA, op. cit., p. 348. V’è chi prevede che la
competizione porterà, nelle materie non regolate dall’alto attraverso direttive, spesso rimaste a livello di proposta (come
la quinta), ad una armonizzazione dal basso: così M. MENJUCQ, La société européenne (réglement CE n° 2157/2001
et directive 2001/86/CE du Conseil du 8 octobre 2001), in Revue des Sociétés, 2002, p. 246. In generale, sulla dialettica
tra armonizzazione e concorrenza tra ordinamenti nel diritto societario comunitario, cfr. G.B. PORTALE,
“Armonizzazione” e “concorrenza” tra ordinamenti nel diritto societario europeo, in Armonie e disarmonie nel diritto
comunitario delle società di capitali a cura di G.F. Campobasso, Giuffrè, 2003, passim.
19
Il ventesimo considerando cita a titolo esemplificativo i settori del diritto tributario, del diritto della concorrenza, del
diritto della proprietà intellettuale e del diritto fallimentare: sui problemi derivanti dai settori non regolati alla
costituzione e al trasferimento della sede della SE cfr. J. DORMAN STOREY, The European Company Statute: The
Vision v. the Reality and the Challenges Lying Ahead, in LLC Company Law, 2002 (nonché in in
http://www.juridix.net/eu_soc/essay3_se.htm), passim; per le prime considerazioni sulla fiscalità della SE cfr. F.
BLANQUET, op. cit., p. 40 ss.; L. KLOSTER, Societas Europea und europaeische Unternehmenszusammenschluesse,
in Europaeische Zeitschrift fuer Wirtschaftsrecht, 2003, p. 297 ss.
20
Per una valutazione critica di entrambi i punti, giudicati come fortemente limitativi della libertà di stabilimento e
comunque tali da evitare un “effetto Delaware” (cioè una fuga in massa verso uno specifico Stato giudicato più
confacente alle imprese o a chi le controlla), cfr. J. DUHAMEL, Does the European company contribute to freedom of
movement of companies? Should it? Are other approaches better? How can they be brought about?, in European
Company Law, 2002 (anche in http://www.juridix.net/eu_soc/movement_se.htm), cap. 3. In senso opposto, pur
15
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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chiaro
se
la
innescata
concorrenza
tra
ordinamenti
avrà
effetti
sostanzialmente positivi per la generalità delle imprese e dei relativi
stakeholders ovvero se particolarmente gli interessi di questi ultimi
verranno pregiudicati in quanto la concorrenza sarà giocata “al ribasso” in
materie delicate, come capitale, finanziamenti e strumenti di rischio e di
debito, ricorso pubblico al risparmio, gruppi e tutela dei terzi e delle
minoranze, in cui le regole comunitarie o sono del tutto assenti o sono
limitate alle opzioni contenute nelle direttive21.
Un punto, peraltro, sembra certo. Il mercato delle regole e la
competizione tra ordinamenti presuppongono, e insieme stimolano, il
ricorso alla SE; ma quest’ultimo, a sua volta, presuppone la certezza della
disciplina applicabile. Un inadeguato livello di certezza nella ricostruzione
della normativa appropriata alla struttura organizzativa e alle vicende
costitutive, modificative e dissolutive della SE si tradurrebbe nel rifiuto della
forma societaria in discorso da parte delle imprese ovvero nel suo uso
limitato e strumentale alla realizzazione di fusioni e trasferimenti di sede
escludendo l’effetto Delaware, L. ENRIQUES, Capitale, azioni e finanziamento della Società europea: quando meno è
meglio, in Riv. soc., 2003, p. 388 ss. Giudica la situazione europea come intermedia tra quella degli USA, caratterizzata
da una competizione spinta, e quella del Canada, al contrario alquanto bloccata, I. KWAN, The Jurisdiction
Competition and the European Company, in http://www.juridix.net/eu_soc/essay4_se.htm, passim.
21
Ottimistiche le previsioni di E.A. STOREY III, Does the European company provide an opportunity for jurisdictional
competition and is this/would this be desirable?, in LLC Company Law, 2002 (anche in
http://www.juridix.net/eu_soc/essay5_se.htm), passim, il quale fonda le proprie conclusioni sulle notevoli differenze
ravvisabili sul piano giuridico, economico e sociologico tra il sistema europeo e il sistema americano. I. KWAN, op.cit.,
p. 10, ritiene giustamente che, aumentando il livello di armonizzazione europea delle regole societarie, si indirizza la
“corsa” verso l’alto, cioè verso la massima efficienza.
16
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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transfrontalieri22, seguito – non appena possibile – da trasformazione in
società azionaria di diritto interno23.
Si comprende, dunque, quanto importante sia, perché il gioco
dell’arcipelago venga iniziato e continuato proficuamente, che il giocatore
abbia chiaro dove rinvenire le risorse per la sua sopravvivenza e che egli
possa percorrere agevolmente, o almeno senza rilevanti ostacoli, i ponti di
collegamento che portano dal centro alla periferia tutte le volte che ciò si
renda necessario. In altre parole, nella SE, in quanto struttura societaria di
diritto “misto”, comunitario e interno, apprezzabile quale “tipo generale
incompleto” di stampo comunitario da concretizzarsi nei “tipi specifici”
derivanti dal completamento realizzato dalle varie normative nazionali24,
22
Sottolineano le opportunità concesse dal reg. SE come rimedio al fallimento della proposta, sinora non approvata, di
decima direttiva sulle fusioni transfrontaliere, tra gli altri, F. AMBROSIANI, op. cit., p. 1351 ss.; L. IDOT, Un
événement: le statut de la société européenne enfin adopté, in Europe (Juris Classeur), 2002, p. 19; M. MIOLA, op.
cit., p. 349 ss. Per quanto ai trasferimenti di sede transfrontalieri, v’è da dire che i noti casi Centros e Ueberseering (al
riguardo cfr., per tutti, T. BALLARINO, Il diritto societario europeo, in Lo Statuto della Nuova Società Europea, cit.,
p. 20 ss.; S.M. CARBONE, op. cit., p. 134 ss.) ne hanno attenuato assai la rilevanza, ponendo semmai il problema del
coordinamento tra le posizioni sostenute dalla recente giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di libertà di
stabilimento e le regole in materia di sede e amministrazione centrale e loro trasferimento fatte proprie dal reg. SE: v.,
ad esempio, C. TEICHMANN, Minderheitenschutz bei Gruendung und Sitzverlegung der SE, in Zeitschrift fuer
Unternehmens- und Gesellschaftsrecht, 2003, p. 399 s.
23
Il procedimento è regolato dall’art. 66 reg. SE e la decisione non può essere adottata prima che siano decorsi due anni
dalla costituzione della SE e che siano approvati i primi due conti annuali. Sul pericolo che la SE venga adoperata in
funzione elusiva delle regole sulla partecipazione dei lavoratori degli ordinamenti – come la Germania - che la
impongono, attraverso la posizione della sede in Paesi che non contengono quelle regole e la successiva trasformazione
della SE in società azionaria locale, mancando una norma che imponga il mantenimento di quei diritti, cfr. F.
KUEBLER, Leitungsstrukturen der Aktiengesellschaft und die Umsetzung des SE-Statuts, in Zeitschrift fuer das
gesamte Handelsrecht und Wirtschaftsrecht, 2003, p. 227 ss., pur ritenendo che gli ostacoli frapposti alla costituzione e
alla successiva trasformazione della SE non fanno prevedere un esodo collettivo delle tedesche AG in ordinamenti più
laschi in materia di coinvolgimento dei lavoratori.
24
E’ comune – soprattutto tra gli autori di lingua tedesca – l’osservazione che la SE si risolve in quindici diversi tipi
societari, tanti quanti sono gli ordinamenti nazionali rientranti nella UE, cfr., tra i molti, K.J HOPT, Europaeische
Aktiengesellschaft – per aspera ad astra?, in Europaeische Zeitschrift fuer Wirtschaftsrecht, 2002, p. 1; M. LUTTER,
Europaeische Aktiengesellschaft. Rechtsfigur mit Zukunft?, in Betriebs-Berater, 2002, p. 1 s. Adde F. AMBROSIANI,
op. cit., p. 1355 s.; M. MIOLA, op. cit., p. 336 s. Ciò è vero nel senso che non esisterà un tipo uniforme di SE, bensì un
tipo con caratteristiche proprie in ogni Stato membro (così M. MENJUCQ, op. cit., p. 233). Resta fermo però, nella
17
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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assumono rilievo centrale l’interpretazione sistematica dell’art. 9 reg. SE e
le connesse problematiche attinenti al riempimento delle lacune derivanti
dall’accentuata incompletezza del Regolamento istitutivo.
4. Fonti comunitarie e interne di disciplina della SE: l’ordine dei livelli e la
ripartizione delle competenze.
Si inizi con la individuazione delle fonti da cui deriva la disciplina della SE.
L’art. 9 ne indica tre: il Regolamento, lo statuto, nel senso di documento
contenente i patti sociali della SE25, la legge del singolo Stato membro in cui
la SE pone la sua sede26. Ma ne dimentica altre due, implicitamente
richiamate dall’art. 1, § 4, reg. SE27: gli accordi con le rappresentanze dei
lavoratori
con
consultazione,
i
quali
si
partecipazione,
regola
ecc.)
il
coinvolgimento
degli
stessi
(informazione,
nell’organizzazione
societaria in conformità al disposto della direttiva 2001/86/CE e, in ipotesi di
mancato perfezionamento di tali accordi, le “disposizioni di riferimento”,
poste in allegato alla direttiva, che stabiliscono la misura minima di
struttura organizzativa della società, un nucleo di base sottratto alla disponibilità dei legislatori nazionali, a cui spetta un
compito di integrazione e completamento: donde la qualificazione di “tipo generale incompleto” (di diritto comunitario)
sfociante in differenti “tipi specifici” (di diritto misto: comunitario e nazionale), sostenuta nel testo.
25
In senso ampio, anche inclusi elementi variabili non a seguito di modifica statutaria come i nomi dei primi
amministratori e consiglieri di vigilanza: v. artt. 40, § 2, e 43, § 3, reg. SE.
26
L’art. 12 del progetto di Società Privata Europea (v. retro, nota 5), sfruttandone il carattere chiuso, stante il divieto di
fare appello al pubblico risparmio e di emettere azioni al portatore (art. 2), tenta di lasciare come uniche fonti il
regolamento istitutivo e lo statuto (purché non contrasti con il primo), espressamente sottraendo alle leggi nazionali
ogni materia trattata nel Regolamento, ancorché priva di disciplina; ma non può fare a meno di introdurre un’eccezione
generale costituita dai casi in cui il regolamento espressamente rinvia al diritto nazionale delle società.
27
Sulla incompletezza dell’art. 9 cfr. F. KUEBLER, op. cit., p. 224 s.
18
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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coinvolgimento dei lavoratori nella SE28. Tuttavia, mentre quelle indicate
nell’art. 9 sono fonti indispensabili delle regole di disciplina, quelle
riconducibili alla direttiva 2001/86/CE interessano necessariamente le sole
SE la cui costituzione venga effettuata da almeno una società nella quale già
sia presente una forma di partecipazione dei lavoratori agli organi sociali29,
poiché negli altri casi non è imposta alcuna misura minima di
coinvolgimento ed è improbabile – benché non escluso - che si addivenga ad
accordi in merito.
La ricostruzione dell’ordine gerarchico delle fonti obbliga ad inventariare
una molteplicità di piani nei quali alcune fonti – in particolare: lo statuto e la
legge nazionale – intervengono in più livelli a seconda del diverso rapporto
che volta a volta si instaura con il vertice, rappresentato dal Regolamento, e
reciprocamente tra loro. Al riguardo, analizzando l’art. 9 nel contesto delle
altre norme regolamentari, possono svolgersi le seguenti osservazioni.
a) In posizione di preminenza si trova il Regolamento30, il quale contiene:
i) disposizioni inderogabili assolutamente, cioè non derogabili da qualsiasi
fonte diversa da quella comunitaria; ii) disposizioni derogabili dallo statuto;
iii) disposizioni di rinvio allo statuto o al legislatore nazionale per la
28
In realtà anche qui vi sarà una legge dello Stato membro che recepirà le disposizioni di riferimento, le quali peraltro
hanno un contenuto talmente particolareggiato da potersi applicare direttamente anche in difetto di una legge interna di
attuazione. In argomento cfr. M. HEINZE, Die Europaeische Aktiengesellschaft, in Zeitschrift fuer Unternehmens- und
Gesellschaftsrecht, 2002, p. 80 ss.; F. RONFINI, op. cit., p. 75 ss.
29
E si superino le diverse soglie percentuali, circa il rapporto tra i lavoratori che già godevano di tali diritti e il numero
complessivo dei lavoratori della SE, stabilite dall’art. 7, § 2, Dir. 2001/86/CE.
30
Sullo stesso piano del Regolamento si situa la Direttiva 2001/86/CE, nella parte in cui può dirsi direttamente
prescrittiva nei confronti dei soggetti coinvolti nella SE.
19
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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creazione di regole non offerte dal legislatore comunitario o per la scelta
tra, o introduzione di, regole già predisposte da quest’ultimo.
La inderogabilità della disposizione regolamentare rappresenta il
principio di fondo. Dall’art. 9 si deduce che non può porsi il problema se una
data disposizione sia o no derogabile, poiché o ciò è espressamente previsto
o altrimenti la norma non è disponibile né dallo statuto né dalla legge
nazionale. Quest’ultima, infatti, oltre che quando espressamente richiamata,
si applica solo per le materie non regolate e per gli aspetti a cui il
Regolamento non si applica. Anzi, a ben vedere, mentre si riscontrano
norme regolamentari che affermano la loro derogabilità da parte dello
statuto, non sembrano esistere norme regolamentari che dichiarino una
loro generica derogabilità da parte della legge nazionale: per quest’ultima
si tratta sempre di rinvii o di autorizzazione alla introduzione di apposite
norme dal contenuto determinato o almeno indirizzato dal Regolamento.
Le disposizioni regolamentari devono essere integrate in primo luogo dai
principi generali espressi nei considerando del Regolamento e, in quanto ciò
si renda necessario, dai principi generali di diritto comunitario delle
società31. Questi ultimi si rendono particolarmente utili nella copertura delle
lacune in materie scarsamente disciplinate dal Regolamento, sottratte in
gran parte all’autonomia privata e (almeno per ora) mancanti di normative
31
Non sembra che la rilevanza dei principi sopra indicati sia ostacolata da un loro mancato espresso richiamo nell’art. 9
reg. SE (a differenza di quanto fa l’art. 12 del progetto di regolamento sulla Società Privata Europea, che vi aggiunge
anche, in ultima istanza, i principi generali comuni alle leggi nazionali non contrastanti con il regolamento).
20
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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interne dedicate: si pensi, per esempio, alla costituzione di SE Holding e alle
preziose indicazioni rinvenibili sia da quanto disposto dallo stesso
Regolamento per la vicina fattispecie della fusione sia dai principi elaborati
nella Terza e nella Sesta Direttiva in materia societaria32.
b) Al secondo livello si trovano le disposizioni statutarie espressamente e
direttamente riconducibili al Regolamento: direttamente, nel senso che è lo
stesso Regolamento a rimandare allo statuto, senza l’intermediazione del
richiamo alle leggi nazionali che a loro volta danno spazio all’autonomia
statutaria. Esse prevalgono sulle disposizioni inderogabili della legge locale,
la quale pertanto non trova applicazione come se la materia fosse regolata
dal legislatore comunitario.
Peraltro, in via di eccezione, non mancano casi in cui il Regolamento, nel
rinviare direttamente allo statuto, ne delimita gli spazi di autonomia
nell’ambito dei confini stabiliti dal diritto societario interno al singolo Stato
in cui la SE ha sede33. E vi è persino un caso nel quale, assegnandosi allo
32
Cfr., a tal riguardo, K. OPLUSTIL, Selected problems concerning formation of a holding SE (societas europea), in
German Law Journal, 2003, p. 108 ss., sulle orme di C. TEICHMANN, Die Einfuehrung der Europaeischen
Aktiengesellschaft. Grundlagen der Ergaenzung des europaeischen Statuts durch den deutschen Gesetzgeber, in
Zeitschrift fuer Unternehmens- und Gesellschaftsrecht, 2002, pp. 383 e 416 (del quale v. anche Minderheitenschutz, cit.,
p. 387 ss.), e di J. NEUN, in M.R. THEISEN/M. WENZ, Europaeische Aktiengesellschaft. Recht, Steuern und
Betriebswirtschaft der Societas Europaea, Stoccard in Zeitschrift fuer Unternehmens- und Gesellschaftsrecht, 2003, pp.
66 ss. e 139.
33
Per l’art. 47, § 1, lo statuto può prevedere la nomina di società o entità giuridiche quali membri degli organi di
direzione e vigilanza, salvo che sia diversamente disposto dalla legge interna per le locali società azionarie. La stessa
riserva ripropone il § 3 dell’art. 47, nell’autorizzare lo statuto a fissare condizioni particolari di eleggibilità per i membri
che rappresentano gli azionisti. Inoltre l’art. 59, § 1, nel fissare per le modifiche statutarie il quorum deliberativo
assembleare dei due terzi dei voti espressi, fa salva la più elevata maggioranza (prevista o) permessa per le s.p.a. locali:
dunque, l’autonomia statutaria è qui concessa dal Regolamento che ne delimita i confini in parte in via diretta (solo in
aumento del quorum) e in parte mediante relatio al diritto societario interno, nella misura in cui questo la ammette.
21
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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statuto un ruolo di supplenza delle eventuali carenze della legislazione
nazionale (oltre che di quella comunitaria), l’autonomia statutaria sussiste
soltanto in difetto di regole normative emanate dal singolo Stato membro34.
Va da sé che in tali ipotesi, benché si rimanga nell’ambito di un’autonomia
statutaria direttamente riconducibile al Regolamento, si scende di livello
gerarchico, in quanto per definizione le disposizioni statutarie che ne sono
frutto non possono qui prevalere sulle disposizioni inderogabili della legge
locale.
Ancora, le non numerose (poco più di una decina) norme regolamentari
che fanno espresso e diretto riferimento allo statuto talora, il più delle volte,
consentono, talaltra impongono, l’uso dei poteri di autonomia: si può
distinguere, allora, un’autonomia statutaria facoltativa, ad esercizio libero
(nell’an e nel quomodo), ed una imposta (nell’an, ma libera – almeno in dati
limiti – nel quomodo). La distinzione è affidata sia alla lettera sia allo scopo
della singola norma regolamentare. La lettera segnala l’autonomia
statutaria facoltativa con incisi che fanno salva una diversa disposizione
statutaria35 o con l’uso del verbo “potere” seguito dal verbo di azione
34
Così fa l’art. 56, nel demandare allo statuto – in difetto di apposite norme interne - la determinazione delle procedure
e dei termini relativi alla richiesta della minoranza qualificata di mettere nuovi punti all’ordine del giorno di
un’assemblea generale.
35
Si vedano, ad esempio, gli artt. 46, § 2 (restrizioni statutarie alla rieleggibilità dei membri degli organi), e 50, §§ 1 e
2 (clausole statutarie sulle maggioranze necessarie per le decisioni degli organi di gestione e controllo e sulle regole
anti-stallo).
22
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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all’infinito36, mentre quella imposta viene segnalata con l’uso del verbo di
azione al presente37 o con altri espedienti letterali38.
Fermarsi all’interpretazione puramente letterale, però, potrebbe non
bastare. La tecnica utilizzata porterebbe, ad esempio, a ritenere che in base
alle espressioni presenti negli artt. 40, § 2, e 43, § 3, per i quali i primi
membri degli organi di vigilanza e di amministrazione “possono essere
designati dallo statuto della SE”, sia possibile costituire SE acefale e non
operative, fino a che la prima assemblea, successiva alla costituzione, non
abbia nominato i membri degli organi (e, in ipotesi di sistema dualistico, fino
a che i membri dell’organo di vigilanza, così nominati, non abbiano a loro
volta nominato i direttori). L’interpretazione letterale, piuttosto balzana, in
realtà si presta ad essere rettificata, considerando i diversi modi di
costituzione della SE. Nella costituzione per trasformazione nulla vieta che
la società azionaria, anche nella nuova veste di SE, mantenga la stessa
struttura
organizzativa
e
gli
stessi
componenti degli
organi
che
36
Ad esempio, lo statuto “può prevedere” che una società sia membro di un organo (art. 47, § 1) , “può fissare”
condizioni particolari di eleggibilità (art. 47, § 3), “può prevedere” una percentuale inferiore al 10% del capitale
sottoscritto per la convocazione dell’assemblea o per l’aggiunta di punti all’ordine del giorno (artt. 55, § 1, e 56).
37
Ad esempio, lo statuto “stabilisce” il numero dei membri degli organi o le regole per determinarlo (artt. 39, § 4, 40, §
3, e 43, § 2); le procedure e i termini per l’aggiunta di punti all’ordine del giorno su richiesta della minoranza “sono
stabilititi” (dalla legislazione nazionale o in mancanza) dallo statuto (art. 56)
38
Così l’art. 38, nell’enunciare l’alternativa tra sistema dualistico e monistico, aggiunge l’espressione “a seconda della
scelta adottata dallo statuto”: questa espressione da un lato obbliga il legislatore nazionale a non impedire alcuna delle
opzioni suddette alle SE costituite sul proprio territorio, se del caso emanando le opportune regole di complemento ove
uno dei due sistemi fosse sconosciuto a quel determinato ordinamento (cfr., ad esempio, F. KUEBLER, op. cit., p. 224);
e dall’altro impone allo statuto di effettuare una scelta in merito, non potendosi ivi prevedere entrambi i sistemi con
criteri che permettano di variare la struttura di governance senza passare per una modifica statutaria. E da ciò, anche in
ordine a quanto precedentemente osservato circa il trattamento non ingiustificatamente diverso da riservare alla SE in
rapporto alla società azionaria locale, può trarsi un buon argomento per affermare lo stesso principio nella nostra s.p.a.
pur nel difetto di una norma interna altrettanto chiara al riguardo (ma ricorrendo le ragioni sostanziali che sorreggono
quel principio).
23
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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precedentemente aveva: nessuna designazione vi sarà allora né nello
statuto né altrove. Nella costituzione per fusione può darsi che l’indicazione
delle cariche, che non è una voce del progetto, non sia contenuta nello
statuto: ma allora dovrà essere contenuta nell’atto di fusione conclusivo del
procedimento. Viceversa, nella costituzione di SE affiliata, ove si fa rinvio
alle norme nazionali sulla costituzione di s.p.a., le cariche non potranno non
essere designate nello statuto, con ciò intendendosi il documento
solitamente articolato in atto costitutivo e statuto in senso stretto. In
definitiva, è da ritenersi obbligatoria la nomina delle prime cariche da parte
dello statuto tutte le volte che non sia possibile in altro modo assicurare sin
dall’inizio il funzionamento degli organi della neocostituita SE39.
Per converso, l’art. 48, § 1, nel prevedere che lo statuto “precisa le
categorie di operazioni soggette ad autorizzazione concessa all’organo di
direzione dall’organo di vigilanza, nel sistema dualistico, o ad esplicita
decisione
dell’organo
di
amministrazione,
nel
sistema
dualistico”,
sembrerebbe imporre allo statuto una elencazione di operazioni da
autorizzare in un caso o da prendere collegialmente (escludendosene la
delega) nell’altro caso40. Peraltro, il rinvio totale all’autonomia statutaria
per
determinare
tali
operazioni
svuota
di
significato
l’apparente
imposizione. Non si potrebbe, infatti, reputare contra legem la fissazione di
39
E ciò rappresenta il criterio da seguire anche nella costituzione della SE Holding.
Al legislatore nazionale è data la possibilità – che sarebbe opportuno non cogliere, lasciando ampio spazio
all’autonomia privata - di predeterminare le categorie di operazioni rilevanti ovvero, nel sistema dualistico, di attribuire
all’organo di vigilanza il potere di individuare tali categorie.
40
24
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
condizioni ed elementi di identificazione della “categoria di operazioni” –
perché ricorrano gli estremi dell’autorizzazione dell’organo di vigilanza o
della
deliberazione
necessariamente
collegiale
del
consiglio
di
amministrazione – talmente improbabili, purché possibili, da non potersi in
concreto
pressoché
mai
verificare:
per
esempio,
attraverso
la
determinazione del valore delle operazioni in misura stratosferica. Meglio
sarebbe allora ritenere che la lettera della norma sia qui da spiegarsi, in
base alle vicende storiche che ne hanno accompagnato la nascita41, come
ripiego al fallito tentativo di precisare in modo inderogabile nello stesso
Regolamento le categorie di operazioni in oggetto, e che la maturata scelta
finale operi nel senso della più ampia libertà al riguardo, dando spazio a
quella che si è sopra denominata autonomia statutaria facoltativa.
c) Al terzo livello si trovano le leggi dei singoli Stati membri
specificamente dettate per le SE che hanno sede sul proprio territorio, in
queste incluse sia quelle in vario senso riconducibili al Regolamento sia
quelle
da
emanare
in
attuazione
della
direttiva
2001/86/CE
sul
coinvolgimento dei lavoratori. E’ sulle prime che vorrei soffermare
l’attenzione.
Tali leggi, secondo quanto si ricava dall’art. 9, possono occupare lo
spazio lasciato libero dal Regolamento e, nei limiti sopra indicati, dallo
41
Sulle quali vicende cfr. M. MIOLA, op. cit., p. 356 s.
25
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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statuto42; in caso di contrasto con questi ultimi, esse devono essere
disapplicate. Per contro, le stesse leggi prevalgono sulla normativa della
s.p.a. locale e sulle disposizioni statutarie che da questa traggono
fondamento, impedendone l’invocabilità nella SE.
Qual è la loro funzione? In termini generali, come dichiara l’art. 68, si
tratta di prendere “le disposizioni appropriate per assicurare un’attuazione
efficace del…regolamento”, in linea con il ventiduesimo considerando che
spiega il differimento dell’entrata in vigore del regolamento con la necessità
che ciascuno Stato abbia il tempo (oltre che di recepire la direttiva sul
coinvolgimento dei lavoratori) di instaurare “i meccanismi necessari a
permettere la costituzione ed il funzionamento delle SE” con sede sul
proprio territorio.
Si spiega così perché vi siano norme regolamentari che obbligano i
legislatori nazionali ad intervenire tempestivamente con apposite specifiche
disposizioni la cui mancanza aprirebbe delicati problemi interpretativi: con
soluzioni spazianti dalla impraticabilità di alcune modalità costitutive43 o di
42
E’ bene anticipare che tale spazio subisce una significativa restrizione ad opera del Regolamento mediante i rinvii
specifici al diritto interno delle società azionarie, casi nei quali manca il potere del legislatore nazionale di dettare, per la
sola SE, un’apposita diversa regola: v. infra, sub e).
43
Così, nel caso di mancata designazione dell’autorità competente ad effettuare i controlli di legittimità di cui agli artt.
25 e 26, in violazione di quanto prescritto dall’art. 68, § 2, si perde la possibilità di ricorrere alla costituzione per
fusione, salvo che si ritenga di individuare comunque nel notaio l’autorità competente in applicazione analogica delle
norme interne di attuazione della direttiva comunitaria in materia di fusione societaria là dove esse individuano nel
notaio l’autorità di controllo della legittimità del procedimento di fusione (sul ruolo del notaio nella costituzione della
SE cfr. G.A. RESCIO, La “Societas Europea” (SE), cit., p. 239 ss.; H. HECKSCHEN, Die Europaeische AG aus
notarieller Sicht, in Deutsche Notar-Zeitung, 2003, p. 253 ss.). Con riguardo alla costituzione di SE Holding gli artt. 32,
§ 3, e 33, § 3, richiedono l’emanazione di regole di pubblicità del progetto e del soddisfacimento delle condizioni per la
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
successive
importanti
vicende44
alla
inammissibilità
della
stessa
costituzione di SE con sede nello Stato non ottemperante45; e con
l’inevitabile conseguenza – ove non si arrivi alla conclusione più drastica, in
effetti poco confacente agli intenti comunitari – di una netta perdita di
capacità concorrenziale, in confronto con gli altri Stati membri, nell’attrarre
sul proprio territorio le SE.
Tuttavia, sia in tema di vicende costitutive e modificative sia in tema di
struttura
organizzativa,
nel
Regolamento
si
nota
una
presenza
preponderante di rinvii ad apposite disposizioni emanabili dai legislatori
nazionali in via del tutto facoltativa46. Si tratta di opzioni concesse ai singoli
costituzione in linea con la direttiva 68/151/CEE; e ugualmente dispone per la pubblicità del progetto di trasformazione
in SE l’art. 37, § 5 (nelle altre modalità costitutive la pubblicità è già assicurata dalle norme nazionali in tema di fusione
e di costituzione di s.p.a., ma il legislatore nazionale dovrebbe comunque intervenire per assicurare il rispetto degli artt.
12, § 1, 13 e 28). L’inadempimento del legislatore nazionale, a causa del principio di tassatività dei fatti soggetti a
pubblicità, difficilmente sarebbe rimediabile con lo strumento dell’analogia (pur ricorrendone i presupposti), integrato
dal riferimento all’autorevole fonte comunitaria. Ne deriverebbe la perdita di quelle modalità costitutive mancanti di
adeguata copertura pubblicitaria.
44
Ai fini del trasferimento di sede della SE in altro Stato membro l’art. 8, § 7, comma 1, prescrive l’emanazione di
apposite norme di tutela dei creditori e dei titolari di altri diritti sorti prima della pubblicazione del progetto, anch’essa
da regolarsi come in occasione della costituzione (artt. 8, § 2, e 13). L’inadempimento del legislatore nazionale, ove
manchi – come in Italia - una disciplina del trasferimento transfrontaliero rispondente alle preoccupazioni del
regolamento, dovrebbe provocare l’impossibilità per la SE ivi stabilita di trasferirsi in altro Stato membro.
45
Vi sarebbe da chiedersi se questa radicale conclusione non sia la logica conseguenza della mancata individuazione,
richiesta dall’art. 68, § 2, dell’autorità competente a convocare l’assemblea nel caso previsto dall’art. 55 o se piuttosto
si possa colmare la lacuna direttamente individuando quell’autorità nel tribunale in applicazione analogica dell’art.
2367, comma 2, c.c. (l’inottemperanza del legislatore nazionale all’art. 56, come si è già visto, è rimediabile dallo
statuto della SE). Similmente, se si considera che l’art. 64, §§ 1 e 2, obbliga a emanare le disposizioni che portino la
SE, che non abbia l’amministrazione centrale nello Stato in cui ha la sede, a regolarizzare entro un dato termine la
propria posizione ovvero, in difetto, ad andare incontro a liquidazione, in ipotesi di inadempimento del legislatore
nazionale (e al cospetto del rilievo dato nel Regolamento alla teoria della sede effettiva, cioè della coincidenza
territoriale tra Stato della sede e dell’amministrazione centrale, pur con le deroghe connesse al ventitreesimo
considerando), l’alternativa correrebbe – se non mi inganno - tra la conclusione radicale enunciata nel testo e
l’integrazione di una causa di scioglimento (di diretta derivazione regolamentare) della SE comunque costituita al
verificarsi dell’evento.
46
Cfr., ad esempio, gli artt. 8 (§§ 5, 7 e 14), 19, 24 (§ 2), 30, 31, 34, in relazione alle vicende; gli artt. 39 (§§ 1,2,3 e 4),
40 (§ 3), 41 (§ 3), 43 (§§ 1 e 2), 48 (§§ 1, comma 2, e 2), 50 (§ 3), 59 (§ 2), in relazione alla struttura.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
Stati per dare norme alternative o parzialmente derogatorie rispetto a
quelle elaborate dal Regolamento. La loro ratio, dunque, diversamente da
quella sottesa al rinvio a norme nazionali di obbligatoria emanazione e
all’attribuzione generale del potere di legiferare in materie totalmente o
parzialmente non regolate in sede comunitaria (di cui all’art. 9), non consiste
nella più efficace attuazione del Regolamento, anche se in definitiva si
intende sempre agevolare la costituzione e il funzionamento delle SE.
L’obiettivo principale immediato dei rinvii facoltativi, soprattutto di quelli
relativi alla struttura organizzativa, è l’inserimento armonico delle SE tra i
tipi societari azionari diffusi nei vari Stati membri, al fine di evitarne il
rigetto a causa della eccessiva distanza – con le note incognite in punto di
costi transattivi - rispetto ai tipi di diritto esclusivamente interno. Il
legislatore nazionale è così, in molti casi, autorizzato ad allontanarsi in tutto
o in parte dalla regola comunitaria per adottare la stessa regola o una
regola più prossima a quella stabilita per la società azionaria di diritto
interno. Ciò è palese in quei casi di rinvio nei quali l’unica possibilità
concessa al legislatore nazionale è l’uniformazione al diritto interno della
s.p.a.47. Ma la stessa ratio ricorre tutte le volte che il rinvio specifico a norma
da emanarsi per la SE pare risolversi nella rimessione, alla valutazione del
singolo legislatore nazionale, di una scelta opinabile in relazione alle
diverse esperienze nazionali relative alla disciplina dei rapporti interni alle
s.p.a.48.
47
Cfr. artt. 39 (§§ 1 e 2, comma 2), 43 (§ 1), 50 (§ 3), 56.
Cfr. artt. 2 (§ 5), 8 (§§ 5 e 14), 19, 24 (§ 2), 30 (comma 2), 31 (§ 2, comma 2), 34, 37 (§ 8), 39 (§§ 3 e 4), 40 (§ 3), 41
(§ 3), 43 (§ 2), 48 (§§ 1, comma 2, e 2), 59 (§ 2).
48
28
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
Questa lettura potrebbe sembrare restrittiva a chi volesse spingere sul
pedale dell’acceleratore della concorrenza tra ordinamenti e intendesse
obiettare che, una volta concessa un’opzione, essa può essere sfruttata dal
singolo Stato membro indipendentemente dal trattamento riservato alla
s.p.a. locale, con politiche che vanno dalla protezione ad oltranza dei propri
tipi nazionali all’attrazione disinvolta di SE sul proprio territorio. La replica a
tale ipotetica obiezione riposa sui limiti generali che incontra il legislatore
nazionale nel dettare apposite disposizioni sulla SE sia nelle materie non
coperte dal Regolamento (ove l’intervento è ammesso anche in assenza di
specifici rinvii, come si desume dall’art. 9), sia nelle materie regolamentate
allorquando sussista l’opzione per una diversa regolamentazione49.
A parte la necessità di rispettare comunque le direttive applicabili alle
s.p.a. (art. 9, § 2), viene qui in considerazione il già richiamato principio di
non discriminazione, enunciato dal quinto considerando (e riaffermato
dall’art. 10): gli Stati membri sono tenuti a fare in modo che le disposizioni
applicabili alla SE non ne comportino una differenza di trattamento
ingiustificata (né restrizioni alla loro costituzione e al trasferimento della
loro sede in altro Stato membro) rispetto alle società azionarie di diritto
interno. Tale principio non è da intendersi come riferito esclusivamente ai
pericoli di una discriminazione a danno della SE e a favore delle s.p.a. locali,
49
Il carattere davvero generale dei limiti di cui si va ad esporre non consente di riferirli solo al primo tipo di intervento
e non anche al secondo.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
come a prima vista parrebbe, ma come altresì comprensivo di un reciproco
principio di non discriminazione a danno delle s.p.a. locali e a vantaggio
delle SE costituende sul medesimo territorio. Lo si deduce dall’art. 69,
norma programmatica che assegna un termine di cinque anni dall’entrata in
vigore del Regolamento per stabilire l’opportunità di introdurre modifiche
ad alcuni aspetti fondamentali dello stesso. Vi è inclusa (lett. d) la
valutazione dell’opportunità di permettere in futuro che nelle leggi che uno
Stato membro emana nell’esercizio delle competenze conferitegli dal
regolamento (o per garantirne l’effettiva applicazione ad una SE) si possa
ammettere che nello statuto della SE siano inserite disposizioni che da dette
leggi si discostino o le integrino, “anche qualora tali disposizioni non fossero
consentite nello statuto di una società per azioni con sede nello Stato
membro in questione”.
Ciò significa che per ora non è dato di attribuire alle SE, al di là di quanto
direttamente preveda il Regolamento, uno spazio di autonomia (non solo
minore, ma neanche) maggiore di quello riconosciuto alle s.p.a. locali. La
concorrenza tra ordinamenti, beninteso, non viene meno: ma, almeno nella
fase iniziale, essa si può giocare non sulle sole norme di complemento
destinate alle SE e sopra una più ampia autonomia statutaria a queste
ultime riconosciuta, bensì sulla totalità del sistema societario azionario
realizzato dai singoli Stati membri. La SE diviene in tal modo un volano per il
continuo aggiornamento competitivo delle norme sul diritto locale delle
società azionarie, come di fatto è avvenuto per la nostra riforma societaria.
30
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
d) Al quarto livello si devono porre gli atti di autonomia privata
direttamente autorizzati da leggi interne (a loro volta autorizzate dalle
disposizioni del Regolamento e della Direttiva concernenti la SE)
specificamente destinate alle SE: gli accordi sul coinvolgimento dei
lavoratori e le disposizioni statutarie ammesse per le sole SE. Questo livello,
non esplicitamente menzionato nell’art. 9, si giustifica per il fatto che senza
alcun dubbio le regole così create prevalgono sulle norme inderogabili
destinate genericamente alle s.p.a. di diritto interno.
Tuttavia, se risulta corretta la suesposta ricostruzione dei margini di
intervento del legislatore nazionale nella elaborazione di norme apposite
per la SE, il presente livello andrebbe ristretto, in buona sostanza, ai soli
accordi sul coinvolgimento dei lavoratori, non potendosi per ora accordare
alla SE, con leggi interne, spazi di autonomia non concessi alla s.p.a. (salvo,
naturalmente, che tali spazi si leghino ad aspetti non ricorrenti nella s.p.a.).
e) Al quinto livello si pongono le leggi dei singoli Stati membri destinate
alle s.p.a. di diritto interno, le quali comprendono anche quelle emanate in
funzione della natura dell’attività svolta dalla società (art. 9, § 3). A rigore
bisognerebbe limitare questo livello alle sole disposizioni inderogabili,
poiché soltanto queste prevalgono sulle disposizioni statutarie consentite
dal diritto interno che, per esplicita indicazione dell’art. 9, rappresentano un
livello inferiore. In realtà è ovvio che le osservazioni che seguono valgono
31
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
anche per le disposizioni derogabili nella misura in cui esse non vengano
effettivamente disapplicate dal singolo statuto di SE.
Come per le leggi appositamente dedicate alla SE, anche l’applicazione
delle leggi destinate alla s.p.a. locale può fondarsi o su specifiche
disposizioni di rinvio contenute nel Regolamento o sulla norma generale di
chiusura, contenuta nell’art. 9, per la quale tale fonte concerne le materie
non disciplinate dal Regolamento ovvero gli aspetti non regolati di una
materia parzialmente disciplinata dal Regolamento50. Tuttavia, mentre per
le leggi appositamente dedicate alla SE il rinvio specifico si giustifica con la
necessità di emanare alcune indispensabili regole di complemento (non già
rinvenibili negli ordinamenti locali) ovvero con l’opportunità di rimettere al
legislatore nazionale la scelta se disapplicare alcune norme regolamentari a
carattere non “strategico”, ove giudicate troppo distanti dal diritto locale e
motivo di un eventuale rifiuto del ricorso alla SE, il rinvio specifico al diritto
della s.p.a. obbedisce alla finalità di
uniformare coattivamente, in
selezionati segmenti di disciplina, il diritto della SE al diritto della s.p.a. del
luogo in cui la SE colloca la propria sede.
Più analiticamente, le norme regolamentari che prevedono un rinvio
specifico al diritto della s.p.a. locale sono divisibili in tre gruppi, a seconda
che si preoccupino di:
50
Il rinvio a disposizioni societari locali, in aggiunta, potrà essere contenuto anche in leggi nazionali specificamente
dedicate alla SE.
32
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
i)
uniformare, senza possibilità contrarie, la portata di una norma
regolamentare a quella corrispondente di diritto interno della
s.p.a.51;
ii)
restringere uno spazio di libertà concesso dal Regolamento allo
statuto della SE nei limiti di quanto consentito dal diritto interno
della s.p.a.52;
iii)
evidenziare la mancanza di una disciplina comunitaria per un intero
settore o per parte rilevante dello stesso con conseguente
applicabilità della disciplina prevista dal diritto interno per la s.p.a.,
proprio allo scopo di escludere che una diversa disciplina possa
essere appositamente dettata per la SE dal legislatore nazionale53.
La identificazione della descritta finalità di “uniformazione coattiva” al
diritto nazionale della s.p.a. si fonda sulla duplice notazione che, da un lato,
nelle norme di rinvio che vi rientrano non si fa mai riferimento alla
possibilità per il legislatore nazionale di dettare regole apposite per la SE, e
che, dall’altro, il mero richiamo dei diritti nazionali per singoli settori
51
Cfr.: in tema di gestione e controllo, gli artt. 47 (§§ 2, lett. a, e 4) e 49; in tema di assemblea, gli artt. 54 (§§ 1 e 2),
55 (§§ 1 e 3), 56, 57, 59 (§ 1); in tema di capitale minimo, l’art. 4 (§ 3); in tema di fusione semplificata, l’art. 31 (§§ 1 e
2, comma 1).
52
Cfr. l’art. 47, § 1, comma 1 (nomina di enti come membri di organi), e § 3 (introduzione statutaria di condizioni di
eleggibilità alle cariche sociali).
53
Cfr. l’art. 3, § 2, per quanto alla SE unipersonale; l’art. 5, per la disciplina del capitale, delle azioni, delle
obbligazioni e altri titoli assimilabili; l’art. 15, § 1, per quanto alla costituzione della SE; gli artt. 18, 24, § 1, e 25, § 1,
in tema di fusione; l’art. 36, in ordine alla costituzione di SE affiliata; gli artt. 52 e 53, in ordine alle competenze,
all’organizzazione, allo svolgimento e al voto in assemblea; gli artt. 61 e 62, per la redazione dei conti annuali e
consolidati, loro controllo e pubblicità; l’art. 63, per scioglimento, liquidazione, insolvenza, cessazione dei pagamenti e
procedure analoghe. A ciò si aggiungano i considerando nn. 12 (rinvio alle leggi nazionali sulla s.p.a. che fa ricorso
pubblico al risparmio e alla transazione di titoli), 15, 16 e 17 (rinvio alle leggi nazionali della controllata e della
controllante per l’applicazione delle regole sui gruppi, in linea con le regole di diritto internazionale privato), nonché 18
(rinvio alle sanzioni vigenti per le s.p.a. in caso di infrazioni alle corrispondenti norme stabilite dal Regolamento).
33
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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sprovvisti di regolamentazione comunitaria sarebbe totalmente inutile a
fronte del rinvio generale agli ordinamenti locali delle società azionarie
contenuto, a mo’ di chiusura, nell’art. 9, § 1, lett. c, punto ii, se non
comportasse il voluto effetto di impedire, in quei settori, una produzione
normativa nazionale ad hoc.
Si impone allora la duplice conclusione che, solo là dove non vi sia un
rinvio specifico al diritto della s.p.a., il legislatore nazionale possa
intervenire a regolamentare la materia (entro i limiti generali sopra
enunciati); e che, solo là dove manchino tanto un rinvio specifico al diritto
della s.p.a. quanto una regola nazionale specificamente dettata per la SE,
venga in considerazione il rinvio generico e residuale al diritto societario
interno contenuto nell’art. 9.
f) Al sesto livello si collocano le disposizioni statutarie consentite dal
diritto interno della s.p.a., ed ovviamente non contrastanti con le fonti
sovraordinate. Esse presuppongono che si verta in una materia per la quale,
in forza di un rinvio specifico o dell’applicazione residuale sopra esaminata,
si renda applicabile la normativa della s.p.a., la quale accordi spazi di
autonomia.
Dati i molteplici rinvii riscontrati, non è azzardato ritenere che l’ampiezza
della autonomia statutaria interna, riflettendosi in corrispondente ampiezza
dell’autonomia statutaria della SE, sia un fattore competitivo fondamentale
34
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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nel “gioco dell’arcipelago”; e ciò contribuisce a dar forza a quegli
orientamenti interpretativi della nostra riforma societaria tendenti a dare il
maggior spazio possibile alla regolamentazione contrattuale dei rapporti
sociali.
g) Al settimo ed ultimo livello si situano le disposizioni derogabili, ma in
concreto non derogate, del diritto interno della s.p.a.
Anch’esse
presuppongono che si verta in una materia per la quale, in forza di un rinvio
specifico o dell’applicazione residuale sopra esaminata, si rendano
applicabili le norme della s.p.a.: ma con l’ulteriore presupposto che
l’autonomia statutaria, pur concessa, non venga sfruttata, sì da lasciar posto
alle regole dispositive o suppletive di legge.
5. “Uniformismo” e “localismo” nella individuazione delle “materie” e
degli “aspetti” regolati.
Il sistema architettato è indubbiamente complesso, ma all’uomo (e
all’imprenditore) moderno è familiare la complessità: essa non spaventa, se
la si può affrontare in modo ordinato e con adeguati strumenti di
orientamento. Come si diceva poco fa, non importa quanti ponti di
comunicazione bisogna percorrere; importante è poterli percorrere senza
ostacoli e ben sapendo chi è in grado di fornire, e quindi dove trovare, ciò di
cui si ha bisogno.
35
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Il principale problema generale, che sotto il profilo dei rapporti tra diritto
comunitario e diritto interno, può intravedersi già in questa fase di attesa,
precedente all’emanazione delle leggi dei singoli Stati membri concernenti
le SE che avranno sede sul proprio territorio, consiste nella interpretazione
della lettera c) dell’art. 9, § 1: là dove si circoscrive l’area di rilevanza della
normativa nazionale - quella apposita per la SE e, in difetto, quella destinata
alla s.p.a. - con riguardo alle “materie non disciplinate dal presente
regolamento” e, “qualora una materia lo sia parzialmente”, con riguardo
agli “aspetti ai quali non si applica il presente regolamento”.
A prima vista l’interpretazione pare agevole. Si lascia spazio al
legislatore nazionale sia
negli argomenti sistematici
nei quali il
Regolamento omette di dare una qualsiasi disciplina (le “materie”) – per
esempio: i gruppi, le azioni e obbligazioni, le operazioni sul capitale, lo
scioglimento e la liquidazione, la costituzione di SE affiliate, ecc. – sia in
particolari frammenti, privi di regolamentazione, di più vasti argomenti
sistematici solo parzialmente o non compiutamente regolati (gli “aspetti”).
Data la limitata quantità di articoli e norme dettate dal Regolamento, anche
un superficiale confronto fra le materie dagli stessi regolate e le
corrispondenti materie regolate nelle società azionarie di diritto interno fa
notare come in tutte le materie affrontate ex professo dal Regolamento,
36
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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dalle vicende costitutive alla struttura organizzativa, vi siano numerosi
aspetti rimasti privi di disciplina54.
Non sembra che sulla individuazione delle materie non regolate (anche
grazie ai rinvii specifici al diritto locale della s.p.a.) possano sorgere dubbi
interpretativi. Invece per la individuazione degli aspetti non disciplinati si
può già ora anticipare che non mancheranno contrasti di vedute.
A parte i dissensi originati da motivi del tutto contingenti, come
l’ambiguità di redazione di una singola norma regolamentare, si potrà
registrare la contrapposizione tra due orientamenti di fondo: uno – che si
potrebbe denominare “uniformista”
– tendente sin dall’inizio alla
valorizzazione estrema del dettato del Regolamento, sì da espandere al
massimo la portata di ogni singola disposizione comunitaria, con l’effetto di
ridurre il più possibile lo spazio di movimento del legislatore nazionale;
l’altro – che si potrebbe definire “localista” – portato ad optare, al contrario,
per interpretazioni restrittive della fonte di disciplina di primo livello, al fine
di consentire più ampi margini di manovra ai singoli Stati. L’anima
composita della SE si presta ad operazioni interpretative finalizzate,
secondo i diversi obiettivi perseguiti, ad aumentarne la componente
comunitaria o, viceversa, nazionale.
54
Lo nota anche M. MENJUCQ, op. cit., p. 239, ravvisandovi lacune da colmare attraverso il diritto nazionale relativo
alle società anonime.
37
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Non v’è da credere che una di queste due impostazioni sia a priori
migliore dell’altra: la prima, perché più in linea con le istanze unificatrici
che una vera SE aspira (e l’originale SE aspirava) a soddisfare o perché
idonea a diminuire il numero delle varianti nazionali di singoli aspetti di
disciplina; la seconda, perché più efficace nello spirito della concorrenza tra
ordinamenti o in grado di accrescere le probabilità di buona accoglienza
della SE sui vari territori nazionali. Molto meglio sarebbe il riuscire a
valutare la meritevolezza degli obiettivi di volta in volta perseguiti, nel loro
rapporto con quelli avuti di mira dal legislatore comunitario, attraverso la
proposta interpretativa di segno estensivo o restrittivo. Anche se si ha
l’impressione che l’accentuata incompletezza del Regolamento finirà per
spingere gli interpreti più spesso verso impostazioni di tipo “localista”,
cercando a valle soluzioni ed equilibri mancanti o insoddisfacenti al più alto
livello.
Per esemplificare e meglio comprendere la gravità e la concretezza del
problema, si ipotizzi che il legislatore italiano ritenga opportuno consentire
anche alla SE con sede sul proprio territorio, così come avviene per la s.p.a.,
la possibilità di scegliere il nostro modello tradizionale in alternativa al
modello dualistico in senso stretto e al modello monistico. Tale opportunità
può essere colta in forza dell’art. 39, § 2, comma 2: uno Stato membro può
(stabilire o) “permettere che lo statuto preveda che il membro o i membri
dell’organo di direzione siano nominati e revocati dall’assemblea generale
alle stesse condizioni previste per le società per azioni”. Tuttavia occorre
38
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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chiedersi se ciò sia sufficiente per potersi configurare un modello
alternativo di SE “italiana” nella quale l’organo di vigilanza sia
sostanzialmente assimilabile al collegio sindacale. V’è chi lo nega
decisamente55; e v’è chi invece lo ammette, ma sottolineando che il sistema
tradizionale italiano si presenterebbe indebolito dalla revocabilità ad nutum
dei componenti dell’organo di vigilanza da parte dell’assemblea e dalla
mancanza di prerogative e poteri propri del collegio sindacale56.
In particolare, si fa notare che l’autorizzazione concessa dall’art. 39 fa
espressamente salve le “condizioni previste per le società per azioni” in
ordine alla nomina e alla revoca assembleari dei membri dell’organo di
direzione, ma non anche dei membri dell’organo di vigilanza. Perciò, mentre
alla SE italiana potranno rendersi in tale variante applicabili l’art. 2380-bis e
ss. c.c., la nomina e la revoca dei componenti dell’organo di vigilanza
rimarrebbero in ogni caso regolati in via esclusiva dalle disposizioni
comunitarie57.
Ma qui si pone l’interrogativo cruciale: il Regolamento comunitario
disciplina l’”aspetto” della revoca dei membri dell’organo di vigilanza, sì da
non lasciar spazio sul punto al legislatore nazionale? Secondo l’opinione che
si sta esponendo58, il Regolamento non prevede un regime di stabilità
55
M. MIOLA, op. cit., p. 364, per il quale, anzi, il nostro sistema tradizionale rimane “l’unico fattore di distinzione in
termini di competitività” tra SE e s.p.a., a vantaggio di quest’ultima.
56
L. DI BRINA, op. cit., p. 71 s.
57
L. DI BRINA, op. loc. ult. cit.
58
L. DI BRINA, op. cit., p. 64 s.
39
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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dell’organo di vigilanza: né preclude la revoca senza giusta causa; né
determina, in tal caso, un obbligo risarcitorio a favore del revocato. Questa
omissione darebbe luogo a un’apparente lacuna, poiché in realtà l’interprete
potrebbe ricavarne indicazioni in termini precettivi dopo aver sciolto il
dilemma circa l’intenzionalità (o non) del silenzio osservato in proposito dal
legislatore comunitario. L’intenzionalità del silenzio si ricaverebbe
dall’importanza dell’aspetto in esame nel sistema di governo societario
basato sull’organo di vigilanza e starebbe a significare “scelta legislativa di
assoggettare l’organo al gradimento permanente dei soci”: dunque,
ineliminabile revocabilità ad nutum da parte dell’assemblea.
E’ questo un esempio, al di là della sua condivisibilità59, di orientamento
interpretativo “uniformista”: esso pretende di ricavare l’elaborazione di una
regola uniforme implicita da un silenzio, valutato come intenzionale, del
legislatore comunitario. L’ipotetico opposto fautore dell’orientamento
interpretativo “localista” potrebbe però convincentemente replicare che il
silenzio del legislatore equivale ad assenza di norma, e l’assenza di norma
integra il presupposto per l’intervento del legislatore nazionale. La stessa
59
Anche a volerne condividere tutti i passaggi argomentativi, infatti, la conclusione pare troppo condizionata dalla
“attesa” dell’interprete (indotta dalla nostra disciplina del collegio sindacale) di una normativa che assicurasse la
stabilità della carica, con l’esito, non trovandola, di asserirne l’assoluta instabilità. In realtà, se si considera che i
rapporti a tempo determinato sono per loro natura stabili e unilateralmente non revocabili (almeno in difetto di giusta
causa), il silenzio sul punto avrebbe potuto preferibilmente valorizzare – si ripete: in una impostazione “uniformista” la norma dell’art. 46, comma 1, in base alla quale i membri degli organi sono designati per un periodo stabilito dallo
statuto, non superiore a sei anni, per concludere che in questo periodo i membri dell’organo di vigilanza non possono
essere revocati (almeno in difetto di giusta causa). E cfr. T. REDENZ, Critical discussion and comparison of the
provisions in the European Company Statute concerning Corporate Governance and in different European Corporate
Governance Codes, in LLC Company Law, 2002, p. 11, il quale sembra ritenere che sia impossibile rimuovere dalla
carica tanto i membri dell’organo di vigilanza quanto (fuori dell’ipotesi prevista nell’art. 39, § 2) dell’organo di
direzione.
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intenzionalità del silenzio, quand’anche sia dimostrata, prova poco:
l’intenzione potrebbe essere proprio quella di rimettersi alle valutazioni del
legislatore nazionale.
Decisiva è, a mio avviso, la coerenza della soluzione interpretativa
proposta con gli obiettivi fatti propri dal Regolamento sulla SE. Sotto questo
profilo, mentre non si vede quale nesso logico o armonia sistematica leghi
una implicita regola di forzata revocabilità ad nutum60 dei membri
dell’organo di vigilanza al quadro complessivo delineato dalle norme
comunitarie, la flessibilità delle regole in tema di revoca in relazione alle
diverse impostazioni nazionali di governo societario ben si presta a dare
piena efficacia al recupero del sistema tradizionale italiano nell’ambito del
sistema dualistico (obiettivo trasparente dell’art. 39, § 2) nel rispetto del
principio comunitario di non discriminazione della SE rispetto alle s.p.a.
locali (quinto considerando).
Anche circa il contenuto del potere dell’organo di vigilanza e gli strumenti
di cui lo stesso è provvisto ci si può chiedere se si tratti di “aspetti” regolati
in modo esauriente a livello comunitario, sì da non consentire interventi da
parte del legislatore nazionale. Superata l’affermazione, in sé non
persuasiva, che la stessa revocabilità ad nutum inciderebbe sulla portata dei
poteri dell’organo di vigilanza, affievolendoli61, occorre guardare piuttosto
60
O anche l’opposta regola della irrevocabilità: v. la nota precedente.
L. DI BRINA, op. cit., p. 65, per il quale, a causa della instabilità dell’organo, la “sorveglianza” che esso esercita
tende ad allontanarne il ruolo da quello riservato al collegio sindacale per avvicinarlo a quello di “mera vigilanza” dei
61
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agli
“aspetti”
effettivamente
regolati
e
al
modo
in
cui
detta
regolamentazione si sviluppa.
In verità, quanto al contenuto del controllo, tutto ciò che si legge nell’art.
40 è che l’organo di vigilanza “controlla la gestione assicurata dall’organo di
direzione, ma non può esercitare esso stesso il potere di gestione” (art.
40)62: dopo di che, se si tratti di un controllo di legittimità o di merito, se esso
si estenda o no ai principi di corretta amministrazione, nonché
all’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, non
viene detto. Ancora una volta, i silenzi prevalgono nettamente sulla
disciplina positiva. Su tale base è più corretto sforzarsi di enucleare un
concetto uniforme di “controllo”, quale emergente dai dettagli e dai silenzi
del Regolamento, o non è più saggio ritenere che quel concetto dovrà
specificarsi e frazionarsi, alla luce delle diverse norme nazionali di
completamento
e
delle
prassi
orientate
ai
vari
codici
di
autoregolamentazione63, in una pluralità di nozioni di controllo funzionali ai
diversi sistemi di governance?
membri non titolari di deleghe del consiglio di amministrazione. In realtà, la supposta instabilità dell’organo, se
potrebbe incidere sulla efficacia dell’esercizio del potere di controllo, in quanto ne porrebbe i componenti sotto
l’influenza della maggioranza assembleare, non pare che abbia alcuna rilevanza in ordine al contenuto del controllo
(cioè alla natura e alla funzione dello stesso).
62
Sul punto cfr. O. LANGE, Ueberlegungen zur Umwandlung einer deutschen in eine Europaeische Aktiengesellschaft,
in Europaeische Zeitschrift fuer Wirtschaftsrecht, 2003, p. 304 s.
63
Sulla possibilità che, in connessione con i principali codici europei di autoregolamentazione, si formi all’interno
dell’organo di vigilanza una serie di commissioni (audit, remunerazioni, nomine, pianificazione strategica, valutazione
performance, personale, rischio di credito, negoziazioni con le rappresentanze dei lavoratori) finalizzate alla maggiore
efficienza dell’attività di controllo, cfr. T. REDENZ, op. cit., p. 5 s., anche per la determinazione delle categorie di
operazioni per le quali, sempre in forza dei codici esaminati, sarebbe opportuna l’autorizzazione dell’organo di
vigilanza ai sensi dell’art. 48 (finanziamenti, cambiamenti di strategie e politiche aziendali, nuovi investimenti, contratti
di consulenza, ecc.).
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Quanto agli strumenti di diritto comunitario, espressamente contemplati
dall’art. 41 a vantaggio dell’organo di vigilanza, per l’esercizio del proprio
potere di controllo, la situazione è diversa. Qui si riconoscono obblighi di
informazione a carico dell’organo di direzione, poteri di richiedere a
quest’ultimo ragguagli e di procedere o far procedere a verifiche; inoltre si
specifica che ciascun membro può prendere conoscenza di tutte le
informazioni comunicate all’organo. Per quanto al solo potere di richiedere
ragguagli, si autorizzano gli Stati membri a prevedere un potere individuale
in luogo di un potere ad esercizio collegiale. Insomma, non si può certo dire
che questo “aspetto” non sia regolato. Ciononostante, il fautore di un
orientamento “localista”, pur trovando sulla propria strada ostacoli
decisamente maggiori, potrebbe tentare di sostenere che, fermi restando i
poteri espressamente contemplati, non contrasti con la normativa
comunitaria l’aggiunta di ulteriori strumenti di controllo64.
Una posizione intermedia, del resto, potrebbe ancora una volta trovare un
sostegno decisivo nel principio comunitario di non discriminazione. Il che
avverrebbe se ad esempio il legislatore italiano volesse prevedere a favore
dei membri dell’organo di vigilanza, per il solo caso di nomina dell’organo di
direzione della SE da parte dell’assemblea, il potere di procedere, anche
64
La espressa attribuzione al legislatore nazionale del potere di estendere ad ogni membro dell’organo di vigilanza la
facoltà di chiedere ragguagli necessari al controllo (art. 41, § 3) induce a pensare a contrario che gli altri poteri ivi
contemplati sono ad esercizio necessariamente collegiale (cfr., infatti, T. REDENZ, op. cit., p. 9). Ben più difficile
sarebbe, invece, desumere da quell’unico richiamo all’intervento del legislatore nazionale una totale inammissibilità di
ogni altro intervento in materia.
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individualmente, ad atti di ispezione e di controllo, come stabilito per il
collegio sindacale dall’art. 2403-bis c.c., o altri poteri tipici di quest’ultimo,
non esplicitamente denegati dal Regolamento all’organo di vigilanza della
SE.
In conclusione, i principi generali del Regolamento – in evidenza, il
principio di non discriminazione – possono aiutare l’interprete a mediare tra
spinte “uniformistiche” e spinte “localistiche” nel raggiungimento di un
accettabile equilibrio tra diritto comunitario e diritti nazionali e di una
sufficiente misura di certezza nella ricostruzione della disciplina della SE.
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