la grande scalinata, lo scivolo e le torrette dell'opera di presa del canale) ed il relativo canale di Savena, che si immette nel sotterraneo torrente Aposa a Bologna, sono ancora funzionanti e connesse con il complesso sistema di canali sotterranei che percorre Bologna. Nel 1776 si decise di convogliare le acque verso nordest (allontanandole in tal modo dall'abitato di Bologna) utilizzando l'alveo del Rio Pollo e dirottandolo nell'Idice in località Borgatella, al confine col Comune di Castenaso. Per il ciclo Il territorio è sfruttato anche oggi (cave di ghiaia e sabbia) in più parti l'equilibrio ecologico è in pericolo: in particolare in località Scascoli (Loiano) dove la stretta e suggestiva gola è tormentata da un'enorme frana causata in parte dalla discussa costruzione (negli anni 80) della adiacente strada fondovalle Savena (SP65). Insieme ai torrenti Zena e Idice, la valle del Savena è costeggiata dal Contrafforte pliocenico ed è interessata dalla Vena del gesso: gode di un interessante patrimonio geologico e naturalistico, con la Grotta della Spipola e la sua dolina, gli affioramenti gessosi del Farneto e della Croara, che formano un complesso carsico di estremo interesse (con grotte e cavità naturali unite da un corso d'acqua ipogeo di ben 6 Km, il torrente carsico Acquafredda che nasce alle pendici del Monte Calvo e tributa nel Savena in località Siberia, alla Ponticella). Le vicissitudini del fiume Savena Si tratta del complesso ipogeo gessoso più vasto ed importante d'Italia ed uno dei maggiori d'Europa. Questo patrimonio è tutelato dal Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa. Centro Sociale Culturale Ricreativo “Annalena Tonelli” Via Galletta,42 La Mura San Carlo 40068 San Lazzaro di Savena Tel/fax 0516252302 Cell.3405030758 E-mail [email protected] www.centroannalenatonelli.it a cura dello storico Pierluigi Perazzini 27 ottobre 2006 ore 21,00 San Lazzaro di Savena San Lazzaro di Savena riceve il suo nome dal torrente Savena, che lo lambisce da Sud a Nord, e da un lazzaretto che ebbe origine tra la fine del secolo XII e il principio del XIII, in direzione Est (cioè controvento) rispetto a Bologna. La data non è certa, ma un documento arrivato sino a noi ricorda come esistente e funzionante l'ospedale dei poveri lebbrosi di San Lazzaro nel 1214. Tale istituzione ricoprì, durante il Medio Evo, una grande importanza per Bologna: qui, infatti, si ricoveravano gli affetti da malattie infettive, isolandoli dalla città onde impedire la propagazione delle epidemie. Attorno alla chiesa e all'ospedale si andò poi formando, a partire dal secolo XV, un piccolo borgo; col cessare della lebbra vennero meno le ragioni d'igiene che avevano consigliato l'isolamento dell’ospedale e cominciarono a sorgere le case, crebbe il numero degli abitanti e la chiesa di S. Lazzaro divenne una parrocchia. Più tardi in età napoleonica, già unito alle frazioni di Caselle e Russo (con legge del 1802), S. Lazzaro venne istituito come Comune autonomo e nel 1810 il suo territorio si accrebbe delle località di Castel de' Britti, Croara, Miserazzano e Pizzocalvo. Declassato nel 1817, in seguito alla restaurazione, ad appodiato di Bologna, riottenne piena autonomia amministrativa nel dicembre 1827 grazie anche all'interessamento di Carlo Berti Pichat che fu poi il primo priore del Comune. Con la riunione della magistratura comunale del 28 aprile 1828 prende avvio la storia contemporanea di S. Lazzaro, ma la sua storia è di gran lunga più antica: qui, infatti, ha avuto origine la civiltà villanoviana e sulla sua carrabile principale, la via Emilia (fondata dal console Emilio Lepido nel 187 a.C.), è passata tutta la storia d’Italia; la leggenda vuole che Giulio Cesare il giorno prima di guadare il Rubicone, che da qui dista 60/70 chilometri, si accampasse nei luoghi dove oggi insiste San Lazzaro. IL FIUME SAVENA Toponimo Una notazione lessicale: l'esatta accentazione del toponimo è Sàvena (come praticamente solo i bolognesi pronunciano correttamente di primo acchito) e non Savéna come sarebbe forse più comune secondo la fonetica italiana. In effetti, a parte il significato della parola etrusca Sàvena che significa letteralmente "vena d'acqua", lo stesso Dante Alighieri, nella Divina Commedia, individua i bolognesi come coloro che stanno "fra Sàvena e Reno" e solo l'accentazione fonetica sulla prima "a" è coerente con la metrica dei versi danteschi. "E non pur io qui piango bolognese anzi n'è questo luogo tanto pieno, che tante lingue non son ora apprese a dicer 'sipa' tra Sàvena e Reno; e se di ciò vuoi fede o testimonio, rècati a mente il nostro avaro seno." (Dante Alighieri, Inferno, Canto XVIII) Il corso d'acqua La chiesa e l'ospedale di San Lazzaro in un disegno del 1671 Dopo pochi chilometri dalle sorgenti, il Savena entra in provincia di Bologna, percorre una valle piuttosto incassata e ad andamento pressoché rettilineo, bagnando Pianoro e la periferia sud orientale di Bologna e termina attualmente il suo corso immettendosi nel torrente Idice presso San Lazzaro di Savena dopo circa 55 Km. La portata media annua è di circa 6 m3/sec, quella minima di circa 0,3 m3/sec, quella delle piene ordinarie può arrivare a 150 m3/sec, ma nelle massime piene (centennali) si possono superare i 400 m3/sec ed anche più, come accadde nella piena del 4 novembre 1966, nel corso della quale esondò nei pressi di Rastignano e San Ruffillo. Il corso del torrente è costeggiato, in parte, dalla SS65 della Futa che collega Bologna a Firenze ed in parte dalla Strada Fondovalle che collega Pianoro con Castel dell'Alpi, passando, fra l'altro, per le spettacolari Gole di Scascoli, lunghe circa 2 Km, con pareti precipiti a picco sul fiume ed una larghezza che, in certi punti, è pochi metri. I crinali che costeggiano il tratto iniziale sono rivestiti da boschi di latifoglie (faggete). Scendendo, poco dopo l'ingresso nella Provincia di Bologna, il corso d'acqua forma il lago di Castel dell'Alpi (San Benedetto Val di Sambro), formatosi a causa di varie frane, la più recente nel 1951. Più a valle le latifoglie lasciano spazio a una flora meno montana (sambuchi e pioppi). Storicamente il Savena è stato utilizzato per dare energia a numerosi mulini (Mulino dell'Allocco, nel tratto montano, Mulino Parisio e Mulino di Frino nell'immediata periferia di Bologna) che ne costeggiavano il corso, e forniva acqua anche a canali che passavano per la città di Bologna, come il Canale Fiaccalcollo o Fiaccacollo che costituì per un periodo il fossato esterno alla Cerchia Muraria delle 18 Porte (cosiddetta Cerchia del Mille). A tale scopo, fin dall'Alto MedioEvo fu sbarrato in località San Ruffillo (attualmente alla periferia di Bologna) con una Chiusa che è addirittura più antica della più celebre di Casalecchio, sul Reno. Tra Bologna e San Lazzaro di Savena l'alveo non è naturale ma è stato creato nel XIX secolo per proteggere la città dalle periodiche inondazioni. In origine il Savena, uscendo dal territorio di Pianoro a San Ruffillo, piegava verso occidente circondando Bologna ed andava ad alimentare le acque del canale Navile (ancora oggi ne rimangono le tracce nella toponomastica della città. La Chiusa di San Ruffillo (caratteristica nella sua morfologia più moderna con