sicurezza
colpi di sonno
di Alessandro Bramucci
Tenete gli occhi aperti
LA STANCHEZZA È UNA DELLE PRINCIPALI CAUSE DI INCIDENTE STRADALE.
LA COLPA, SPESSO, È DI UNA SINDROME CHIAMATA OSAS. PROVOCA
APNEE RESPIRATORIE CHE DISTURBANO IL RIPOSO NOTTURNO, E AFFLIGGE 1,6
MILIONI DI ITALIANI. UN PROBLEMA POCO CONOSCIUTO, DI CUI SI È
PARLATO IN UNA TAVOLA ROTONDA ORGANIZZATA IL MESE SCORSO A ROMA
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L’ACI, da sempre attento alle
problematiche legate alla sicurezza,
è stato tra i promotori dell’incontro.
In questa foto, Enrico Gelpi (a destra),
presidente dell’Automobile Club
d’Italia, e Franco Falcone, presidente
della Federazione italiana
contro le malattie polmonari sociali
e la tubercolosi. Insieme
hanno aperto i lavori del convegno.
P
uò colpirci in qualsiasi circostanza. Senza preavviso. Togliendoci la possibilità
di reagire. È il colpo di sonno, una delle principali cause di incidente stradale. Si deve alla stanchezza, a viaggi lunghi e monotoni ma soprattutto alla mancanza di un adeguato riposo. Prevenirlo talvolta è possibile.
In altri casi è dovuto ad una vera e propria patologia che medici e specialisti chiamano Osas,
ovvero la sindrome delle apnee del sonno. Ne
sono affetti 1.600.000 italiani, ma solo il 10%
ne è cosciente e per questo ha intrapreso
un’adeguata terapia medica. Chi soffre della
sindrome delle apnee del sonno e si mette al
volante corre un rischio fino a sette volte maggiore di provocare un incidente stradale rispetto a chi è sano. Non a caso più di 800 automobilisti perdono la vita ogni anno sulle nostre strade per distrazione, sonnolenza, difficoltà di concentrazione e scarsa reazione agli
imprevisti durante la guida. E buona parte di
queste cause sono indotte proprio dall’Osas,
una malattia caratterizzata da ricorrenti epi-
sodi di ostruzione delle vie respiratorie durante il sonno, che compromettono il riposo
notturno a scapito della capacità di attenzione durante la veglia. Un fenomeno sottovalutato nel nostro Paese, perché non ancora pienamente compreso nella sua complessità e diffusione. Proprio per lanciare un allarme alle
istituzioni e ai cittadini-automobilisti, l’Automobile Club d’Italia, da sempre attento a questa tematica, e la Federazione italiana contro
le malattie polmonari sociali e la tubercolosi
hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo Disturbi respiratori ed incidenti stradali: le apnee
nel sonno, che si è tenuta il 15 giugno a Roma e
alla quale hanno partecipato, oltre ai vertici
ACI, anche esponenti del mondo politico e medico. Un ulteriore appuntamento «fortemente voluto e sostenuto dall’Automobile Club
d’Italia – ha dichiarato il suo presidente Enrico Gelpi – nell’ambito delle attività a sostegno
del Decennio di iniziative indetto dall’Onu per
la sicurezza stradale. Decennio per il quale
l’ACI figura come capofila nel nostro Paese,
Falcone: «Anche gli stili di vita hanno il loro peso»
necessario destare interesse nei confronti della sindrome delle apnee del sonno.
Ma per fare ciò dobbiamo prima di tutto intervenire sugli stili di vita dei cittadini». L’analisi
è del presidente della Federazione italiana contro le malattie polmonari, sociali e la tubercolosi e
presidente dell’Associazione italiana pneumologi ospedalieri Franco Falcone, che ha aperto i lavori
della tavola rotonda organizzata in collaborazione con ACI, sottolineando alcune criticità di tipo
sociale e normativo. «Il problema è ridurre i rischi per chi è affetto da Osas e si mette al volante.
Un obiettivo che si può ottenere indirizzandolo verso strutture sanitarie in grado di effettuare tutti
i controlli del caso, che eventualmente lo inducano a intraprendere una terapia. Tuttavia gli
ospedali e gli ambulatori sono pochi, e le lunghe liste di attesa scoraggiano spesso i cittadini.
Inoltre chi vuole curarsi ha bisogno di attrezzature particolari che deve utilizzare in casa, tutte
le notti, per un periodo di tempo esteso. E questi strumenti non sempre sono a disposizione. Ciò si
deve alla mancanza di una strategia coordinata su tutto il territorio italiano, e soprattutto alle ridotte
risorse economiche a disposizione. Per il singolo malato di Osas la soluzione c’è, è nota e risolve
il problema. Si tratta solo di trovare un meccanismo che la renda disponibile su scala nazionale.
La proposta di dotare gli autotrasportatori affetti da questa patologia di attrezzature installate
sul mezzo di trasporto mi sembra, ad esempio, molto intelligente». La strada da percorrere,
secondo Falcone, potrebbe essere quella di modificare alcune cattive abitudini degli italiani.
«In attesa di trovare la copertura economica, intanto possiamo eliminare alcuni fattori di rischio.
Ad esempio spiegare ai cittadini che gli stili di vita influiscono fortemente sulla sindrome
delle apnee del sonno. Da questo punto di vista seguire una dieta corretta è fondamentale,
ed è un primo passo da compiere a costo zero».
L’altro nodo da sciogliere secondo Falcone è la dicotomia tutela della privacy/sicurezza
dei cittadini, che non impone ai medici di segnalare alle autorità competenti un soggetto affetto
da Osas pur mettendo a repentaglio la sua incolumità. «Sono contrario alla denuncia di eventuali
pazienti malati, perché non dobbiamo criminalizzare nessuno. Dobbiamo invece spiegare
che un controllo può prevenire gravi problemi non solo quando si è al volante. Che la cura
è possibile è costa poco (circa 1000 euro l’anno) e può realmente migliorare la qualità della vita».
«È
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sicurezza
colpi di sonno
Oltre 800 automobilisti
muoiono ogni anno sulle
strade italiane a causa di
distrazione e sonnolenza.
I dati relativi agli effetti
della sindrome delle
apnee nel sonno (Osas)
sono stati illustrati
alla Camera dei Deputati.
d’intesa con il governo e il Parlamento». Proprio al mondo politico sono state indirizzate,
nel corso dell’incontro, alcune richieste per ridurre le conseguenze su strada dell’Osas. Una
sindrome ignorata da buona parte degli italiani, e che in altri Paesi viene considerata in
modo completamente differente. In Belgio,
Finlandia, Francia, Germania, Olanda, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Ungheria,
l’Osas e altre sintomatologie respiratorie sono citate nella valutazione dell’idoneità alla
guida. In Italia manca ancora una norma che
disciplini il rilascio e il rinnovo della patente
in tal senso, con ripercussioni per gli automobilisti che si trovano a viaggiare nel Vecchio
Continente. «Le differenze normative anche
sulle patologie invalidanti per la guida – ha
aggiunto il presidente dell’Automobile Club
d’Italia, Enrico Gelpi – dimostrano come in
Europa si circoli liberamente, ma con regole
troppo diverse che generano pericolo sulla rete stradale e squilibrio nel tessuto sociale. Come più volte ribadito dall’ACI, un Codice della Strada europeo risolverebbe il problema for-
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nendo lo stesso sistema di riferimento e di
comportamento ai conducenti e alle autorità
competenti».
Una diversità dal punto di vista normativo, alla quale l’Italia potrebbe porre rimedio «con
l’introduzione del certificato di idoneità alla
guida – ha sostenuto Gian Luigi Gigli, presidente dell’Associazione italiana di medicina
del sonno – e con analisi preventive per le categorie più a rischio come gli autotrasportatori». Tuttavia, prima di intraprendere questa
strada, la comunità scientifica e le istituzioni
italiane devono affrontare un ulteriore ostacolo. Nel nostro Paese infatti non è previsto
l’obbligo di segnalare soggetti affetti da Osas
all’autorità competente. La legge non chiarisce il corretto comportamento degli operatori sanitari, che devono assolvere il dovere di
tutela della privacy dei pazienti, ma anche il
ruolo di tutela della salute pubblica. In pratica, nel momento in cui un medico viene a conoscenza che un suo paziente è affetto dalla
sindrome, non è obbligato a segnalare il problema. Se lo facesse verrebbe meno al codice
deontologico che gli impone di non divulgare i risultati delle analisi. Ma omettendo tale
denuncia – e questo è il paradosso – non garantisce la massima sicurezza per il suo assistito e per la comunità. L’unica soluzione è
convincere il paziente a intraprendere una terapia, come ha spiegato il past president della Fimpst (la Federazione italiana contro le
malattie polmonari sociali e la tubercolosi),
Antonino Mangiacavallo: «Il rimedio è la pressione positiva continua nelle vie aeree, che è
in grado di eliminare le apnee e migliorare il
riposo notturno. Ma prima è necessario che
tale malattia venga individuata con accertamenti ai quali ci si deve sottoporre spontaneamente. Eventuali approcci coercitivi, soprattutto nella segnalazione della patologia all’autorità competente per il rilascio e il rinnovo
della patente di guida, allontanerebbero il paziente dalle strutture di diagnosi e di cura».
Come intervenire quindi? «È necessario trovare una soluzione per salvaguardare la privacy
attraverso un codice di comportamento per il
personale medico – ha proposto Mangiacaval-
sicurezza
colpi di sonno
Un momento dei lavori. Solo
il 10% degli italiani affetti
da Osas è consapevole
del disturbo e si cura
in modo appropriato. Gli
automobilisti che soffrono
di questa sindrome corrono
un rischio fino a sette
volte maggiore di provocare
un incidente stradale.
lo – coinvolgendo Parlamento e Commissione
Europea nell’emanazione di una direttiva per
tutti gli Stati membri». La comunità scientifica è convinta quindi della necessità di sollecitare tanto le istituzioni italiane quanto quelle europee per la promozione di campagne di
comunicazione e sensibilizzazione, e per l’or-
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ganizzazione di eventi come quello promosso
dall’ACI, per informare i cittadini sulla pericolosità dell’Osas. «Una malattia subdola», come l’ha definita Alberto Braghiroli, del Centro di medicina del sonno ad indirizzo respiratorio di Novara. «Perché difficile da identificare, ma che ha ripercussioni anche sulla du-
rata della vita». Si stima che nel nostro Paese
il 4% degli uomini e il 2% delle donne soffrano della sindrome delle apnee nel sonno. «Percentuale che sale fino al 20% tra gli autotrasportatori – ha spiegato Onofrio Resta, responsabile del Gruppo di studio sulla medicina respiratoria del sonno della Simer – a causa del
loro stile di vita più sedentario». Per avere
un’idea concreta di cosa ciò comporti, basti
pensare che oltre ad influire negativamente
sui livelli di attenzione, la malattia allunga i
tempi di reazione: a 130 km/h i conducenti affetti da Osas percorrono 22 metri in più rispetto agli altri prima di frenare o impostare una
manovra correttiva; a 40 km/h la differenza è
di 9 metri. Statistiche poco note o sottovalutate dagli automobilisti, che spesso adottano
misure inadeguate prima di intraprendere un
viaggio. «Un caffè, la musica ad elevato volume mentre si è alla guida o una breve sosta –
ha sostenuto il direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria e delle comunicazioni, Santi Giuffrè – sono solo palliativi che non
risolvono il problema». Gli incidenti dovuti alla sonnolenza hanno caratteristiche ben precise: avvengono più facilmente nel primo pomeriggio e nelle prime ore del mattino, e sono particolarmente gravi per la mancanza di
una reazione di difesa da parte del guidatore.
Eppure è difficile stabilire con certezza se è
stato il sonno a determinare il sinistro. I controlli delle forze dell’ordine nel 2010 sono aumentati del 100% rispetto al 2009, ma resta la
necessità di prevenire. «Anche per questo – ha
ribadito Giuffrè – abbiamo avviato una serie
di campagne di informazione per sensibilizzare gli automobilisti, in particolare rivolte
agli autotrasportatori e a contrastare l’abuso
di alcol». L’esigenza di informare è quindi la
priorità, alla quale si affiancano una serie di
proposte avanzate dai rappresentanti delle associazioni e delle società del settore medicoscientifico intervenuti proprio nel corso del
dibattito. Si tratta di linee guida per ridurre
gli incidenti dovuti a sonnolenza e distrazione imputabili a disturbi respiratori, che si basano sulla comunicazione ai cittadini ma anche sulla definizione di tempi certi e brevi tra
la diagnosi e il trattamento, che corrispondano a un periodo di sospensione dalla guida.
Per gli autisti professionisti, in particolare, dovranno essere attivati opportuni ammortizzatori sociali cui si dovrebbero anche accompagnare misure di tutela del posto di lavoro.
Per quanto riguarda i costi, le stime confermano che aumentando il numero di pazienti
si riduce il costo per la società che queste patologie comportano. Infine è necessario, secondo la comunità scientifica, prevedere sanzioni per chi nasconde la propria patologia se
questa è già stata accertata da una struttura
sanitaria, ed evitare estemporanee iniziative
locali disgiunte da un piano nazionale.