IVO CARACCIOLI, Già Ordinario di diritto penale Università Torino

IVO CARACCIOLI, Già Ordinario di diritto penale Università Torino, Presidente “Centro di diritto penale tributario” (fondato nel 1995)
INTRODUZIONE AL DIRITTO PENALE TRIBUTARIO
1. PREMESSA
La prima disciplina delle sanzioni penali in materia tributaria risale alla L. 7/1/1929 n. 4, entrata in vigore
il 1/7/1931, in concomitanza con quella dei “Codici Rocco” penale e di procedura penale.
In tale fondamentale testo legislativo si ritenne – al fine di una rigorosa tutela degli interessi fiscali dello
Stato – di prevedere delle importanti deroghe ai principi generali del diritto penale comune, quali la deroga alla regola della retroattività della legge penale più favorevole,la c.d.”fissità” della legge penale tributaria (impossibilità di essere modificata se non attraverso una sentenza delle sezioni unite della Cassazione), e, soprattutto, la c.d.”pregiudiziale tributaria” (in forza della quale il pubblico ministero non poteva
iniziare l’azione penale per i reati tributari se non dopo che fosse definitivamente concluso il procedimento tributario.
Tale regola – che è rimasta in vigore fino al 1982 (quando fu abolita con la L. 516/82, c.d. ”manette agli
evasori”) – aveva comportato la pratica impossibilità di una regolare celebrazione dei processi per reati
fiscali, dato che essi potevano avere inizio solo dopo la definitiva conclusione dei contenziosi amministrativi destinati alla determinazione del debito tributario ; procedimenti amministrativi che constavano allora
di ben quattro gradi di giudizio (Commissioni tributarie di primo grado,di secondo grado, Commissione
tributaria centrale, Corte di cassazione), ancorchè fosse espressamente prevista la sospensione della prescrizione dei reati.
Invero, quando il P.M. poteva dare corso al processo penale era difficile, dato il lungo tempo trascorso,
reperire documenti e sentire testimoni, e quindi questo sistema aveva sostanzialmente condotto alla paralisi della giustizia penale tributaria.
La disciplina in materia, prevista nel 1929 solo per i reati in materia di imposte dirette, era stata poi estesa
anche a quelli in materia di IVA.
Da qui l’esigenza – fortemente sentita a livello politico e patrocinata dalla Magistratura – di una riforma
che consentisse l’immediato intervento del Pubblico Ministero, ritenendosi di dovergli attribuire immediatamente la possibilità di condurre indagini ed aprire i relativi procedimenti.
In conseguenza di tale esigenza venne approvata la L. 516/82, peraltro – tenendosi conto della non completa conoscenza della materia tributaria da parte dei magistrati – con la diversa (dalla precedente) impostazione di dipendenza del contenzioso penale da quello fiscale e con la previsione di reati tributari a contenuto c.d.”semplice” (irregolare tenuta delle scritture contabili,mancata contabilizzazione dei corrispettivi,ritardo nella presentazione delle dichiarazioni. ecc.), di maggiore adattabilità alle specifiche competenze “indagatorie e repressive” dei giudici penali.
Siffatta nuova impostazione diede luogo, peraltro, ad un notevole ingolfamento dei Tribunali per procedimenti relativi a reati c.d.”bagatellari”, che condussero alla pratica impossibilità della loro celebrazione
ed alla conseguente approvazione di un’amnistia. Soprattutto preoccupò la pubblica opinione il fatto che
si potesse andare davanti ad un giudice penale per ritardati versamenti di ritenute anche di pochi giorni e
per cifre minime.
Per venire incontro a tali esigenze il Legislatore decise allora di cambiare rotta e quindi, a seguito dei lavori di Commissioni ministeriali a composizione mista, si giunse all’approvazione del D.Lgs. 10/3/2000
n. 74, ispirato a diverse regole generali:
- Eliminazione di reati (contravvenzionali) di carattere essenzialmente formale e privi di reale sostanza offensiva per gli interessi erariali
- Previsione di soli delitti a contenuto importante dal punto di vista della condotta punibile e, quanto
all’elemento psicologico, a dolo specifico
Tutte le altre condotte minori vennero, pertanto, lasciate al settore delle sanzioni amministrativetributarie.
Va, comunque, al riguardo sottolineato che con provvedimenti legislativi del triennio 2004-2006 tale sistema venne in qualche modo alterato, introducendosi delle nuove fattispecie criminose (artt. 10-bis e 10ter) consistenti nell’omesso versamento di ritenute certificate e nell’omesso versamento IVA.
Oggi può dunque sostenersi che il diritto penale tributario è a contenuto sostanzialmente misto:
- da un lato il giudice penale deve occuparsi solo di reati gravi sia come condotta punibile che come
dolo richiesto
- dall’altro lato, peraltro,gli si sono ancora affidate indagini relative a fattispecie a contenuto minore, la cui individuazione, peraltro, nell’attuale momento di crisi economica, ha comportato un notevole appesantimento delle Procure della Repubblica
Con L. 23/2014 il Parlamento ha allora conferito al Governo la Delega per la riforma delle sanzioni amministrative e penali (art.8) alla luce del criterio generale di limitazione del settore penalmente rilevante ai
casi più gravi ed alle condotte più pericolose, riservando le ipotesi meno gravi alla competenza delle sanzioni tributarie.
In attuazione di tale delega, dopo lunghe discussioni, è stato approvato il D.Lgs. 24/9/2015 n.158, che
comunque ha profondamento innovato il settore ed è oggi la base del diritto penale tributario vigente.
Nei commentari finora usciti sul nuovo sistema penale tributario su questo ultimo carattere generale della
riforma è stato, pertanto, affermato: “Sanzioni lievi per chi sbaglia, pesanti per chi froda il fisco” (così
STROPPA, in La riforma delle sanzioni tributarie, a c.d.di “Italia Oggi”). Al fine dell’approfondimento
delle linee generali della riforma si vedano poi le altre monografie uscite sul nuovo testo legislativo a cura
di IORIO (ed. IPSOA), NOCERINO-PUTINATI (ed.Giappichelli), GAMBOGI (ed.Giuffrè), CARACCIOLI (a c.di)(ed.Giuffrè).
In proposito va altresì tenuto presente che nella materia delle sanzioni penali fiscali si sono avute, negli
ultimi anni, importanti, decisive, fondamentali e “rivoluzionarie” sentenze delle Corti internazionali (Europea di Lussemburgo e dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo), le quali,soprattutto in materia di “ne bis in
idem” e di prescrizione hanno cambiato in maniera decisiva l’approccio che gli studiosi e gli operatori
devono avere nei confronti del diritto penale tributario, divenuto, per tanti aspetti, una materia profondamente mutata, in continua evoluzione e da studiare a 360 gradi, a pena di trovarsi impreparati anche
nell’esercizio delle professioni.
2.DEFINIZIONI
Molto importanti son le “definizioni” contenute nell’ art. 1 D.Lgs. 74/2000 mod. D.Lgs. 158/2015.
Le modifiche apportate alle “definizioni” sono le seguenti:
- lett.b) : la definizione di “elementi attivi o passivi” (“le componenti,espresse in cifra,che concorrono,in senso positivo o negativo,alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti
ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi o del valore aggiunto e le componenti che incidono sulla determinazione dell’imposta dovuta”) viene integrata con le parole sottolineate,tese a
chiarire l’inserimento di quei componenti che incidono sull’imposta dovuta pur non essendo tecnicamente elementi reddituali : es. ritenute, crediti di imposta, ecc.
- lett. c) : la definizione di “dichiarazioni” (“per dichiarazioni si intendono anche le dichiarazioni
presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto di imposta,nei casi previsti dalla legge”) : tale inserimento è collegato
all’introduzione del nuovo reato di omessa presentazione della dichiarazione di sostituto di imposta di cui all’art. 5
- lett. f) : alla definizione di “imposta evasa” viene aggiunta una norma di carattere sostanziale quale la seguente : “non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell’esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili”.
A seguito di tale aggiunta, dunque, il principio del riconoscimento delle perdite pregresse viene
espressamente riconosciuto anche per l’omessa dichiarazione. In dottrina (PICCIOLI, in a c. di CARACCIOLI, cit. , p. 197) si è osservato che “sarà la prassi a verificare come si possa pervenire ad una
concreta applicazione della norma al fine del calcolo della soglia di punibilità”, facendosi il caso della
“esterovestizione se penalmente rilevante, in cui il reddito della società estera assunto a tassazione in
Italia riguardi più periodi di imposta dove sarà possibile operare un discernimento tra i vari risultati di
esercizio e quindi individuare uno o più periodi in perdita tali da generare un plafond deducibile negli
anni accertati, posto che con specifico riferimento a questo caso l’ oggetto dell’azione di accertamento
è dato generalmente da più annualità e quindi astrattamente idoneo ad ipotizzare periodi in perdita e in
utile fiscale”.
Nelle definizioni dell’art. 1 è stata introdotta la lett.g-bis): “Per “operazioni simulate oggettivamente o
soggettivamente” si intendono le operazioni apparenti, diverse da quelle disciplinate dall’art. 10-bis L.
20/7/2000 n.212, poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni
riferite a soggetti fittiziamente interposti”.
L’art. 10-bis dello Statuto del contribuente è stato introdotto dal D.Lgs. 5/8/2015 n. 128 (Disciplina
dell’abuso del diritto o elusione fiscale), di cui, per quanto riguarda i rapporti con il diritto penale, interessa qui il c.13 : “Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”.
Ne deriva, dunque, che il campo dei reati fiscali rimane al di fuori della tematica – squisitamente tributaria – dell’abuso del diritto, la quale finora aveva dato luogo a denunzie e sanzioni penali in riferimento ad
un istituto, peraltro, di esclusiva creazione giurisprudenziale, e quindi privo di qualsiasi carattere di tassatività.
Altra importante definizione è quella di cui alla lett.g-ter): “Per “mezzi fraudolenti” si intendono condotte
artificiose attive nonché quelle omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che
determinano una falsa rappresentazione della realtà”.
In argomento è stato osservato che “il contribuente, per adottare mezzi fraudolenti, dovrà porre in essere
un’attività significativamente fraudolenta, adottando comportamenti inequivoci, con inevitabili riflessi
anche sul piano del dolo: si deve trattare di accorgimenti, di inganni, di condotte elaborate, intrinsecamente fraudolente” (IMPERATO, in I nuovi reati, cit.,a c. di CARACCIOLI, p.83).
3- I NUOVI REATI DI “DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA”,”DICHIARAZIONE INFEDELE”, ”OMESSA DICHIARAZIONE”
Mentre per il diffusissimo reato di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti
per operazioni inesistenti” di cui all’art. 2 D.Lgs. 74, privo di soglia quantitativa di punibilità, non sono
intervenute modifiche sostanziali, salvo l’abolizione dell’aggettivo “annuali” per le dichiarazioni, con
l’effetto di estenderne l’applicabilità anche alle dichiarazioni non annuali, importanti modifiche strutturali
sono state introdotte quanto alle fattispecie di cui all’art. 3 (“Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”) e 4 (“Dichiarazione infedele”), che risultano ora profondamente riscritte, con conseguenti rilevanti
conseguenze applicative.
Il delitto di cui all’art. 3, da “proprio” che era (in quanto applicabile solo ai contribuenti tenuti alle scritture contabili) è diventato “comune”, potendo ora applicarsi a qualunque tipo di contribuente.
La condotta punibile deve consistere in:
- “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente”
- uso di “documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre
in errore l’A.F.”
- indicazione in una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi od IVA,di “elementi attivi
per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizie”
- nuova soglia (congiunta) di punibilità : imposta evasa superiore,con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 30.000 ; ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti
all’imposizione,anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, superiore al 5%
dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque superiore
a euro 1.500.000,ovvero ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione
dell’imposta superiore al 5% dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro 30.000.
I c. 2 e 3 dell’art. 3 cit. contengono due importanti precisazioni:
- “Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’A.F.”
- “Ai fini dell’applicazione della disposizione del c.1 non costituiscono mezzi fraudolenti la mera
violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali”.
Anche il reato di cui all’art. 4 (“Dichiarazione infedele”) è stato profondamente ristrutturato, in quanto,
con il solito dolo, si realizza “fuori dei casi previsti dagli artt. 2 e 3”, con l’indicazione (in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte), di “elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi”, con la congiunta verificazione della doppia soglia di punibilità : - imposta
evasa superiore,con riferimento a taluna delle singole imposte, a 150.000 euro ; - ammontare complessivo
degli elementi attivi sottratti all’imposizione,anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti,
superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicazioni in dichiarazione
o comunque superiore a 3.000.000 euro.
Il contenuto del reato in esame è stato, comunque, fortemente ridimensionato attraverso le seguenti precisazioni:
- c. 1-bis: “non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o
passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione del criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali”;
- c. 1-ter: “fuori dei casi di cui al c. 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette” e “degli
importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie
di punibilità previste dal c. 1 lett.a) e b)”.
All’ultimo momento, poi, è stato aggiunta all’art. 4 la lett.d), secondo la quale “la parola fittizi,
ovunque presente, è sostituita dalla seguente: inesistenti”.
E’ divenuto, dunque, un carattere generale della riforma quello secondo il quale al diritto penale devono
interessare solo ed esclusivamente le inesistenze effettive, storicamente reali, non quelle che attengono a
problematiche tributarie di deducibilità, applicabilità, e simili, suscettibili di censura esclusivamente in
campo fiscale, ma non penalmente rilevanti.
Alla conclusione da ultimo indicata va ricollegata l’abolizione dell’art. 7 D. Lgs. 74 (“Rilevazione nelle
scritture contabili e nel bilancio”), dato che quasi tutte le regole previste dal quale sono confluite nella
nuova strutturazione dei reati di cui agli artt. 3 e 4.
Per quanto concerne il reato di “omessa dichiarazione” (art. 5) le modifiche introdotte riguardano:
- soglia di punibilità elevata a 50.000 euro;
- introduzione della nuova fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione di sostituto di
imposta (stessa soglia).
Tale fattispecie criminosa, nata per colpire gli “evasori totali”, è diventata negli ultimi tempi di particolare
interesse in relazione alle ipotesi di c.d. ”esterovestizione” e di “stabili organizzazioni occulte o plurime”
ed ulteriori problematiche di fiscalità internazionale.
Malgrado le sollecitazioni provenienti da varie parti di dare completa attuazione alla Delega fiscale con la
soppressione della rilevanza penale dei reati di omesso versamento di ritenute e di IVA (artt. 10-bis e ter),
il Legislatore – evidentemente per ragioni di gettito – ha ritenuto di mantenerle, peraltro con le seguenti
modifiche:
- quanto alle ritenute viene precisato che trattasi di quelle “dovute o certificate”
- per le ritenute la soglia di punibilità viene elevata a 150.000 euro per periodo di imposta
- per l’IVA la soglia di punibilità viene elevata a 250.000 euro
Il reato di “indebita compensazione” di cui all’art. 10-quater, originariamente unitario, è stato spezzato in
due distinte situazioni, con diverse pene a seconda che si tratti di “crediti non spettanti” o di “crediti inesi-
stenti”, tenuto conto che nel primo caso può trattarsi di questioni di interpretazione giuridica discutibili,
mentre nel secondo caso si è in presenza di vera e propria oggettiva e materiale inesistenza del credito.
4. RILEVANZA DEL RISARCIMENTO
Il rigido sistema del “doppio binario” introdotto nel 1982 e ribadito dalla riforma del 2000 è stato, anche
se solo parzialmente, attenuato con il D.Lgs. 158; quanto precede risulta essenzialmente dalle seguenti
circostanze:
- attenuazione della rigida disciplina preesistente della confisca attraverso il nuovo art.12 bis, che
nel c. 1 definisce meglio il contenuto nell’istituto e nel c. 2 precisa (sulla base del recepimento di
una prassi già instauratasi presso molti Tribunali) :“la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro” ; “nel caso di mancato
versamento la confisca è sempre disposta”;
- introduzione della speciale “causa di non punibilità”, consistente nel “pagamento del debito tributario” per i reati di cui agli artt. 10-bis-ter e quater c. 1,”se, prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado, i debiti tributari,comprese sanzioni amministrative e interessi,sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalla norme tributarie, nonché
del ravvedimento operoso”;
- per i reati di infedele od omessa dichiarazione previsione della non punibilità “se i debiti tributari,comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il
termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il
ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale
conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”.
In relazione a quanto precede il c. 3 dell’art. 13 dispone che “qualora, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento
del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il giudice ha facoltà di prorogare tale termine
una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione”.
Il nuovo art. 13-bis (Circostanze del reato), dispone:
c.1 : “Fuori dei casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’art. 12 se, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti,anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”
c.2: “Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può
essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al c. 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’art. 13 c. 1 e 2”
Nel c. 3 dell’art. 13-bis è stata, infine, introdotta una nuova circostanza aggravante, la quale, per la sua
genericità, sta suscitando notevoli preoccupazioni nelle categorie professionali e che dà luogo a discutibili perplessità interpretative. In forza di essa “le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono
aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza
fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso
l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale”.
In questa sede, infine, non merita particolare attenzione la disposizione dell’art. 18-bis, concernente la
“custodia giudiziale dei beni sequestrati”.
Ivo Caraccioli