Fisica Sperimentale 2 - Digilander

annuncio pubblicitario
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
3.5
74
Dipolo elettrico
Per quanto visto fino ad ora, un campo elettrico
denota la presenza di oggetti aventi carica non nulla. Vedremo adesso come anche un corpo recante
carica complessivamente nulla possa generare campi elettrici. Studieremo anche le caratteristiche di
tali campi.
Prendiamo ad esempio una molecola di acqua.
Figura 3.26: Molecola di acqua
L’atomo di ossigeno riceve elettroni dagli idrogeni, per cui viene ad essere negativamente carico mentre i due atomi di idrogeno assumono carica
positiva. La molecola, complessivamente neutra, è costituita da atomi elettricamente carichi per cui è
ovvio attendersi che generi un campo elettrico.
Casi simili, sia a livello atomico che macrosco-
z
pico, sono comuni. Succede spesso quindi di do-
(x,y,z)
ver calcolare il campo o il potenziale elettrico di
!
sistemi a carica complessiva nulla ma aventi le cariche di un segno localizzate in posizioni diverse da
R
+q
quelle dell’altro.
(0,0,d)
Il caso più semplice che si possa incontrare è
senza dubbio quello di un sistema composto da
y
"
-q
(0,0,-d)
x
due cariche di segno opposto ”+q” e ”-q” separate
da una distanza che indichiamo per comodità con
Figura 3.27: Classico dipolo costituito da due cariche di segno opposto separate di 2d. Il sistema di
coordinate è scelto in modo da semplificare al masVogliamo trovare il potenziale ed il campo elet- simo i calcoli necessari per la valutazione del campo
elettrico generato.
trico da esse generato in un generico punto dello
“2d”.
spazio.
Scegliamo un sistema di assi come in figura 3.27, con l’origine nel punto di mezzo tra le due cariche
e con l’asse "z" orientato in modo che la carica positiva sia situata sulla semiretta positiva e la negativa
sulla semiretta negativa.
Avremo chiaramente:

1
φ (x, y, z) =
q �
4πε0
1
x2
+
y2
+ (z − d)
2
−�
1
x2
+
y2
+ (z + d)
2


(3.21)
Derivando rispetto ad x, y o z troveremo le espressioni per le componenti del vettore campo elettrico
� valide sia a grande che a piccola distanza dal sistema.
E
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
75
Un caso particolare molto importante è quello in cui si sia interessati solo ai valori del potenziale o
�
del campo in punti molto distanti dalle cariche : x2 + y 2 + z 2 � 2d.
Vediamo adesso cosa accade in tale caso.
Sviluppando in serie l’espressione sotto radice presente nella equazione 3.21 ed arrestandoci ai termini
al primo ordine in ”d”, avremo, con ovvio significato dei simboli
�
�
2dz
2
x2 + y 2 + (z ± d) � x2 + y 2 + z 2 ± 2dz = r2 ± 2dz = r2 1 ± 2
r
Da cui
�
�
2
x2 + y 2 + (z ± d) � r 1 ±
dz
r2
�
Sostituendo nell’espressione 3.21 per il potenziale avremo infine:
1
φ (x, y, z) �
q
4πε0
�
1
�
r 1−
1
�− �
dz
r
1
+
r2
dz
r2
�
� �
1
2dz
q
4πε0 r3
(3.22)
Soffermiamoci sulle caratteristiche di quanto trovato, mettendo in evidenza le differenze con l’analoga
espressione per il potenziale di una carica puntiforme. Vedi equazione 3.7 .
Come si vede il potenziale della coppia di cariche:
• non ha simmetria sferica ( al numeratore della eq. 3.22 compare la coordinata “z”)
• è proporzionale al prodotto “2dq “
• varia con la distanza dal centro delle cariche come r−2 ( raddoppiando il valore di tutte le coordinate,
il potenziale si riduce di un fattore 4 )
Vediamo di renderci conto, dal punto di vista fisico, del motivo di tali caratteristiche.
• La simmetria del potenziale deve riflettere quella assiale del sistema di cariche che lo genera. Come
si può constatare la eq. 3.22 mostra questa proprietà.
• Se la distanza ”2d” tra le cariche fosse nulla esse sarebbero esattamente sovrapposte e quindi non
dovremmo avere, evidentemente, alcun contributo al potenziale elettrico. In prima approssimazione
questo dipenderà quindi linearmente dalla interdistanza tra le cariche. Inoltre, per il principio
di additività, il potenziale dipenderà linearmente pure dal valore assoluto di queste. Era quindi
prevedibile la dipendenza lineare da “2dq” mostrata dalla eq.3.22.
• All’aumentare della distanza dalle cariche, il sistema sarà sempre meno distinguibile da un oggetto
ovunque neutro. Era quindi da attendersi una diminuzione del potenziale con la distanza dal sistema
più rapida rispetto al caso della carica puntiforme. Considerazioni dimensionali, tenendo conto della
proporzionalità all’interdistanza “2d” di cui al punto precedente, portano subito a prevedere subito
la dipendenza come r−2 .
L’unica informazione ricavabile sul sistema dalla misura del potenziale o del campo a grande
distanza dalla coppia di cariche, riguarda il valore del prodotto 2dq.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
76
Per questo si dà un nome a tale prodotto e lo si indica con un apposito simbolo. Tale quantità prende
il nome di Momento Dipolare e si indica usualmente con la lettera “p” 10 . Si scrive quindi:
φ (x, y, z) �
ove, riferendosi alla figura 3.27, cos (θ) =
1
cos (θ)
p
4πε0
r2
(3.23)
z
r
Interrompo un attimo l’esposizione per sottolineare che, dato che le leggi fisiche connettono risultati di
misure, non sarebbe fisicamente corretto considerare il sistema, visto da grande distanza, come la coppia
di cariche quale in “realtà” è. Se lo potessimo osservare solo da lontano, una simile eventualità non
verrebbe neppure in mente, ed anche, qualora potessimo ipotizzarla, non sarebbe una ipotesi “fisica” in
quanto non ancorabile ad alcun dato sperimentale. Cosa sia in “realtà” il sistema, appare solo da misure
del potenziale nelle sue immediate vicinanze. Viceversa, guardando il sistema da vicino, il concetto di
dipolo perde completamente di significato: il campo è quello dovuto a due oggetti di carica definita posti
in punti ben precisi. Ciò è un esempio di come la “realtà” sia “oltre” quello che la fisica o la chimica possa
dire di essa. Ad esempio, anche ammettendo per assurdo che il misurabile sia tutto quanto si possa dire
della realtà, quando potremmo dirci talmente “vicini” ad un sistema da essere sicuri che i risultati delle
nostre misure siano connessi con la sua “reale” struttura?
Dico questo non per denigrare un metodo di approccio al reale che si è rivelato potente ed utile, ma
per riflettere un attimo sulle sue caratteristiche in modo da saperlo sfruttare al meglio e nel suo ambito
di applicabilità.
Ritorniamo, dopo questa parentesi, al ragionamento interrotto.
Si è ricavata l’espressione per il potenziale mettendosi in un sistema di coordinate scelto in modo che
i calcoli fossero particolarmente semplici. Questo non sempre è possibile. Dovremo ricavare l’espressione
per il potenziale φ nel caso generale, quando il segmento congiungente le cariche non è parallelo ad alcuno
degli assi coordinati ed inoltre il suo punto centrale non coincide con l’origine del sistema, come mostrato
in figura 3.28.
Ovviamente, una volta dato il dipolo, il valore del potenziale in un punto determinato dello spazio non
potrà dipendere dalla scelta del sistema di coordinate (il potenziale è una caratteristica del punto). Questa
considerazione ci permette di ricavare l’espressione generale per φ anche senza rifare tutto il calcolo.
Per ricondurci ad una espressione avente validità generale basta vedere se è possibile riscrivere l’espressione trovata per φ in termini di grandezze definibili indipendentemente dalla particolare scelta del
sistema di coordinate ( in altri termini scalari o vettori ).
Un esempio per essere chiari: sapete che ci sono due espressioni per il prodotto scalare tra due vettori:
s = ax bx + ay by + az bz e s =| �a | · | �b | ·cos (θ).
10 La
posizione p = 2dq ha una motivazione fisica; non è una semplice relazione matematica.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
77
Per valutare s tramite la prima di espressione abbiamo bisogno di scegliere un sistema di coordinate
mentre ciò non è necessario nel caso della seconda; in questo ultimo caso basta un righello ed un goniometro. Ora, scegliendo in modo opportuno il sistema di coordinate, la prima espressione si può semplificare
ottenendo ad esempio s = ax bx .
L’espressione matematica di una qualunque grandezza fisica che dipenda dal prodotto scalare dei due
vettori �a e �b conterrà, in detto sistema, il prodotto ax bx . Detta espressione non ha validità generale e sarà
utilizzabile solo nel suddetto sistema. Tuttavia, se riconosco di aver a che fare con un prodotto scalare,
posso sostituire in essa ax bx con | �a | · | �b | ·cos (θ). Il calcolo della nuova espressione così ottenuta
fornirà sempre lo stesso valore indipendentemente dal sistema di coordinate scelto ed avrà quindi validità
generale.
Veniamo adesso al nostro caso. Nell’espressio-
z
ne 3.23 per φ compare p cos (θ) ove θ è l’angolo for-
(x,y,z)
mato dal segmento che connette il punto (x, y, z)
R
con l’origine e dall’asse “z”. Esso dipende quindi
dal sistema di coordinate scelto. Potremo esprimere l’espressione di cui sopra tramite il prodotto
-q
p
+q
scalare di due vettori?
y
Possiamo dare a "p" un carattere vettoriale intendendo con p� quel vettore che ha modulo 2dq,
x
per direzione la congiungente le cariche e per verso quello che va dalla carica negativa alla positi- Figura 3.28: Sistema di coordinate scelto in modo
non correlato con la posizione e l’orientazione del
va. Questo completamento del concetto di dipolo dipolo elettrico
suona anche naturale in quanto 2d , essendo la
distanza tra due punti, è il modulo di una grandezza vettoriale.
In formule
p� = q · �δ
(3.24)
ove �δ = 2d e�p è il vettore di posizione della carice positiva rispetto a quella negativa.
Indicando con �r il vettore che porta dal punto centrale del segmento congiungente le due cariche a
quello in cui calcolare il potenziale, possiamo interpretare p cos (θ) come la particolare espressione del
prodotto scalare p� · e�r , essendo e�r =
�
r
r
il versore di �r.
Si è quindi condotti a scrivere:
φ (x, y, z) =
1 p� · e�r
1 p� · �r
=
4πε0 r2
4πε0 r3
(3.25)
Per il calcolo di questa espressione possiamo non far riferimento ad alcun sistema di coordinate, quindi
essa vale in generale.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
78
� =
Veniamo adesso al Campo Elettrico; esso si ricava eseguendo il gradiente del potenziale: E
�
−∇φ.
Nel caso semplice in cui il dipolo sia orientato lungo l’asse z avremo con facili passaggi11 :
Ex
=
Ey
=
Ez
=
p 3zx
4πε0 r5
p 3zy
4πε0 r5
p 3z 2 − r2
4πε0
r5
(3.26)
Ad esempio:
d
1
Ex = − dx
φ = − 4πε
pz
0
d −3
dx r
�
� d � 2
�1/2
1
, da cui Ex = − 4πε
p z −3r−4 dx
x + y2 + z2
=
0
p 3zx
4πε0 r 5
Cosa si può dire dell’orientazione del campo?
z
Come si vede, per un dato “z”, Ex ed Ey sono dati dalla medesima espressione moltiplicata ri-
%
!
E
spettivamente per x ed y. Questo stà ad indicare
$
� ξ = Ex�i + Ey�j è diretto lungo la diche il vettore E
+q
rezione ξ� giacente nel piano indicato in figura 3.29
(0,0,d)
con π. Il piano è definito dal punto ove si considera
-q
x
il campo e dal vettore momento dipolare p� .
Chiaramente, dato che pure Ez�k giace su tale
� giacerà su π.
piano, anche E
(x,y,z)
R
"
(0,0,-d)
#
y
Figura 3.29: Campo elettrico di un dipolo. Esso
giace nel piano π definito dai due vettori �r e p�.
Possiamo quindi utilmente scomporre il campo
lungo le due direzioni definite dall’asse �k e da quello a lui perpendicolare giacente nel piano π ed indicato
con ξ� in figura 3.29.
Pertanto, sostituendo
z
r
con cos (θ) e
√
x2 +y 2
r
con sin (θ) si trova facilmente che:
Eξ
=
p 3 cos (θ) sin (θ)
4πε0
r3
Ez
=
p 3 cos (θ) − 1
4πε0
r3
(3.27)
2
Questa è una espressione di frequente uso per le componenti del campo dipolare. La relativa rappresentazione in termini di linee di forza nel piano π è rappresentata in figura 3.30.
Si poteva prevedere che il campo elettrico giacesse nel piano definito dal vettore p� e da quello di
posizione relativa �r? Provi lo studente a rispondere.
11 La componente z è composta di due termini in quanto la coordinata z compare nel potenziale sia al numeratore che al
denominatore all’interno di r
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
79
Nel caso in cui il dipolo sia posto in un punto
z
qualunque dello spazio ed inoltre non sia orientato
concordemente alla direzione positiva dell’asse z,
E
quale sarà l’espressione per il campo elettrico?
!
Analogamente a quanto fatto per il potenziale, vediamo di scrivere le espressioni trovate in
funzione di grandezze aventi significato intrinseco.
Sommando Eξ con la parte di Ez che dipende
2
da cos (θ) si ottiene
Figura 3.30: Linee di forza del campo elettrico
dipolare.
�
p 3 cos (θ) �
�
�k = 1 3 p� · e�r
sin
(θ)
ξ
+
cos
(θ)
4πε0
r3
4πε0 r3
in quanto sin (θ) ξ� + cos (θ) �k non è altro che il versore e�r .
� dovremo aggiungere a quanto sopra il restante vettore − 1 p�3 , per cui si trova infine12
Per ottenere E
4πε0 r
� =
E
1 3 (�
p · �er ) �er − p�
4πε0
r3
(3.28)
All’inizio del capitolo si era partiti portando come esempio di dipolo elettrico la molecola di acqua.
Essa non è però costituita da due cariche. Si può parlare di dipolo anche in casi come questo?
Per affrontare la questione in generale, vediamo che cosa ci si debba aspettare per il campo
p
elettrico a grande distanza da una distribuzione
ri
qualunque di cariche.
r
dq
Immaginando di dividere il volume occupa-
i
di
O
to dalla distribuzione di carica in volumetti infinitesimi dvi , ciascuno dei quali posto nel punto dello spazio definito, rispetto ad una origine
Oarbitrariamente scelta , dal vettore d�i ; vedi fi- Figura 3.31: Molecola di acqua vista come una
distribuzione di cariche
gura 3.31. Il potenziale nel punto “p” sarà dato
da:
φ (p) =
1 � dqi
4πε0 i ri
(3.29)
dove ri è la distanza tra il punto “p” ed il generico volumetto dvi contenente la carica dqi .
Si può scrivere una espressione approssimata per ri ?
Se il punto O è scelto all’interno della distribuzione di carica ed il punto “p” è lontano da essa, facendo
riferimento alla figura 3.31, si vede come, a meno di termini di ordine superiore valga: ri � r − d�i · �er
12 Per calcolare il campo generato dal dipolo in una generale situazione ci si è posti dapprima in un sistema di coordinate
nel quale il calcolo fosse particolarmente semplice. Si è riscritto poi il risultato in termini di grandezze aventi carattere
vettoriale e si è considerata la scrittura finale come avente validità generale. Se non è chiaro il motivo per cui la procedura
è corretta chiedete.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
80
dove r ed �er sono rispettivamente il modulo del vettore di posizione del punto “p” rispetto all’origine O
ed il suo corrispondente versore. Tenendo conto che di � r si trova, arrestandosi al primo termine dello
�
�−1
�
�
�
sviluppo in serie: ri−1 � r − d�i · �er
� r−1 1 + dir·�er .
�
� dqi
�
� er
1
1 Q
1
i dqi di ·�
Andando a sostituire si ha: φ (p) = 4πε
�
+
ove Q = i dqi è la carica
i ri
4πε0 r
4πε0
r2
0
complessiva della distribuzione.
Dato che �er non dipende dall’indice i della sommatoria si può riscrivere :
φ (p) �
1 Q
1
+
4πε0 r
4πε0
��
�
�i · �er
dq
d
i
i
(3.30)
r2
Come si vede l’espressione trovata per il potenziale è costituita da due termini:
• il primo non è altro che il potenziale di una carica Q di valore uguale alla carica totale del sistema
posta nel punto O scelto come origine
• il secondo è il potenziale di un dipolo di momento dipolare pari a
p� =
�
dqi d�i
(3.31)
i
posto sempre nell’origine. Esso prende il nome di “momento dipolare equivalente”, o semplicemente
“momento dipolare”, della distribuzione di carica.
Si possono avere due casi:
1. Nel caso in cui Q �= 0, il primo dei due termini in genere predomina grandemente sul secondo,
che pertanto può essere spesso tranquillamente trascurato. In altri termini il potenziale è in prima
approssimazione uguale a quello relativo ad una carica puntiforme, localizzata nel punto O, di valore
pari alla carica totale presente nella distribuzione.
2. Nel caso invece in cui il primo termine sia nullo, Q = 0, il potenziale è dovuto essenzialmente al
secondo termine. Si ha quindi in questo caso un potenziale di tipo dipolare, anche se non si è di
fronte ad un sistema costituito da una carica positiva e da una negativa. È per questo che il campo
elettrico generato da molecole è generalmente un campo dipolare.
Da quanto detto emerge un problema.
Il punto dello spazio in cui vanno localizzati sia
p
la carica totale che il momento dipolare equivalen-
ri
te della distribuzione è, come detto, l’origine O.
Dato che quest’ultima viene scelta arbitrariamente, può sembrare che l’equazione 3.30 non possa
fornire stime attendibili del potenziale nel punto
di interesse.
r
dq
O
i
di
a
d‘i
O‘
Figura 3.32: Effetto di un cambiamento origine O
sul valore del momento dipolare equivalente
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
81
Parimenti, anche il valore del momento dipolare può apparire indeterminato in quanto la scelta dell’origine determina pure i valori dei vettori d�i che
compaiono nell’espressione 3.31.
Vediamo quindi esplicitamente l’effetto di un cambiamento nella scelta del punto di origine O.
Scegliendo un nuovo punto O� come riferimento, il valore della carica totale ovviamente non cambierà.
Cambierà soltanto la sua localizzazione che andrà portata dal punto O al punto O� di figura 3.32.
�
Per quanto concerne il momento dipolare avremo che p� dovrà essere sostituito da p�� = i dqi d��i =
�
�
�
�i − �a ove �a è il vettore che definisce O� rispetto ad O.
dq
d
i
i
Esplicitando avremo quindi:
p�� =
�
i
dqi d��i = p� − Q �a
(3.32)
Si è quindi trovato che nel caso in cui Q = 0 il momento dipolare è una grandezza caratteristica della
distribuzione.
In caso contrario, il valore del momento dipolare dipende dalla scelta che facciamo per il punto di
origine.
È per questo che ha senso parlare, ad esempio, di valore per il momento dipolare della molecola di
acqua che, quindi, potremo trovare riportato in un handbook. Al contrario in nessun manuale saranno
tabulati analoghi valori per complessi molecolari elettricamente carichi, come ad esempio per il (CO3 )
2−
.
Si è visto che nel caso in cui la carica totale sia diversa da zero cambia sia il valore del momento
dipolare che il punto ove localizzare dipolo e carica puntiforme.
Lasciamo allo studente, per esercizio, il rispondere alla seguente domanda.
Dalle suddette dipendenze sembrerebbe potersi
dedurre che il valore del potenziale in un punto
dipenda dalla scelta dell’origine O.
Come è possibile questo se il potenziale è una
caratteristica del punto dello spazio e quindi il
suo valore in un punto non può dipendere dalla
modalità di calcolo?
Una volta risposto alla domanda appena formulata possiamo capire, ad esempio, un piccolo
trucco che viene a volte utilizzato. Prendiamo, ad Figura 3.33: Stuttura cristallina dei carbonati. In verde il particolare ione X 2+ , con X ∈
esempio, un carbonato la cui struttura cristallina
{Ca, F e, · · · }, che carattrizza il carbonato; in
2−
rosso/grigio gli ioni carbonato (CO3 )
è riportata in figura 3.33.
Supponiamo che si vogliano studiare gli effetti
sugli stati elettronici dello ione positivo dovuti ai campi elettrici dei complessi carichi (CO3 )
attorniano.
2−
che lo
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
82
Dato che le distanze tra lo ione positivo X 2+ ed i complessi carbonato sono confrontabili con le
dimensioni lineari dei (CO3 )
2−
, non si possono trascurare i contributi dipolari presenti nella equazione
3.30. Questo fatto rende i calcoli complessi.
Invece il campo elettrico dovuto agli ioni (CO3 )
2−
sullo ione positivo, può essere tranquillamente
calcolato supponendo associata a ciascun ione carbonato una semplice carica puntiforme, prescindendo
quindi dalla sua reale struttura. Infatti, facendo uso della eq. 3.32 si può valutare, per ogni complesso,
il punto rispetto il quale p� = 0. Scegliendo tali punti, nel secondo membro della 3.30 resta solo il primo
termine e quindi gli effetti dei campi dovuti ai complessi (CO3 )
2−
si riducono a quelli di semplici cariche
puntiformi di valore −2e posizionate in punti opportunamente scelti secondo il criterio suddetto.
Si possono così calcolare in modo semplice le perturbazioni e le probabilità di transizione tra i livelli
elettronici dello ione centrale X 2+ , ottenendo risultati in accordo con i dati sperimentali.
Se, invece di avere delle cariche discrete, fossimo di fronte ad una distribuzione continua di carica
dovremo sostituire in tutte le espressioni trovate la sommatoria con un integrale ottenendo:
φ (p) �
1 Q
1 p� · �er
+
4πε0 r
4πε0 r2
(3.33)
con
p� =
ˆ
ρ�xdv
V
ove ρ è la densità di carica ed �x è il vettore di posizione dell’elemento di volume dv.
Concludendo si può dire che: sufficientemente lontani da una distribuzione di carica complessivamente
nulla, per quanto complessa essa sia, il potenziale è quello di un dipolo e quindi:
• decresce come r−2
• varia come cos (θ)
• la sua intensità dipende da un parametro caratteristico della distribuzione stessa che prende il nome
di Momento Dipolare della Distribuzione.
Da quanto si è visto, il campo dipolare è una approssimazione della situazione effettiva.
Esistono casi in cui il campo elettrico è rigorosamente di tipo dipolare?
L’esempio seguente mostra che può esistere un campo perfettamente dipolare. Il calcolo è importante
in quanto tornerà utile quando affronteremo le proprietà dielettriche della materia.
A parte questo, esso costituisce pure un esercizio riguardante l’uso del principio di sovrapposizione al
fine di semplificare i calcoli13 .
Vediamo quindi all’esempio:
13 Ricordo come si possa, a volte, evitare il calcolo di sommatorie o complessi integrali utilizzando accorgimenti di vario tipo.
Uno di questi consiste nel vedere se la distribuzione di carica a cui siamo di fronte possa essere ottenuta "sovrapponendo"
distribuzioni di carica semplici. In questi casi l’uso del principio di sovrapposizione è estremamente utile: il potenziale, od
il campo, sarà dato dalla somma dei singoli potenziali, o campi.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
83
Data una carica distribuita su di una superficie sferica di raggio “R” con densità superficiale σ =
σ0 cos (θ), trovare il campo dentro e fuori la superficie sferica.
Una distribuzione di questo tipo può essere facilmente ottenuta ricorrendo al principio di
sovrapposizione.
+ +
+
+ +
+
Immaginiamo due sfere di raggio “R” unifor-
+
+
memente cariche in volume, con rispettive densità
di carica date da ±ρ, ed aventi i centri non perfettamente coincidenti. Prendendo un sistema di
coordinate con l’origine nel punto mediano tra i
centri e con il versore �k diretto verso il centro del-
+
!
"
-
-
-
-
- - - -
Figura 3.34: Sfera superficialmente carica con
densità σ = σ0 cos (θ)
la sfera positiva, le posizioni dei centri delle sfere
saranno rispettivamente date da (0, 0, ±δ/2), come mostrato in figura 3.35. Sovrapponendo le due sfere si
genera un corpo approssimativamente sferico, neutro all’interno e carico solo in prossimità della superficie.
Se si suppone δ � R , l’oggetto assumerà forma praticamente sferica e apparirà come superficialmente
carico.
Vediamo di calcolarci la densità superficiale di
carica.
+
Facendo sempre riferimento alla figura 3.35, la
+
+
!
densità di carica superficiale in un determinato
+
R
dh
R
punto della superficie sarà data dal prodotto della
"
densità di carica in volume, relativa alla sfera che
in quel punto “emerge” dall’altra, moltiplicata per
-
il tratto indicato in figura con dh“dh�� ; in formule
σ (θ) = η
�π
2
�
− θ ρ dh
-
-
Figura 3.35: Sovrapposizione di due sfere uniformemente cariche, viste in sezione
ove η (x) è la funzione a gradino che assume valori ±1 a seconda che l’argomento sia positivo o negativo.
Il tutto si riduce quindi a valutare la dipendenza di “dh” dall’angolo θ.
Riferendosi sempre alla solita figura, tracciamo
il raggio che connette il centro della sfera positiva
h
R-d
con un generico punto della sua emisuperficie superiore. Detto raggio intersecherà la seconda sfera
in un punto distante del dh cercato dalla superficie. Tracciando da detto punto di intersezione il
raggio che conduce al centro della sfera negativa,
si viene a disegnare un triangolo che è riportato
R
! "
Figura 3.36: Triangolo da figura 3.35
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
84
per chiarezza in figura 3.36 con indicate le misure dei vari lati.
2
Dalla trigonometria sappiamo che (R − dh) = R2 + δ 2 − 2δR cos (θ). Sviluppando il primo membro,
trascurando i termini in δ 2 e dh2 si ottiene infine la relazione cercata: dh � δ cos (θ).
L’approssimazione sarà tanto migliore quanto più δ è piccolo.
Ripetendo per il semispazio inferiore le considerazioni fatte e tenendo conto che la funzione cos (θ),
cambiando di segno a
π
2,
può inglobare la funzione η, si scriverà infine: σ (θ) � ρ δ cos (θ) per ogni valore
dell’angolo θ.
L’espressione trovata è del tipo cercato, “ una costante moltiplicativa per il coseno di Teta”, e tende
a diventare esatta solo nel limite di δ tendente a zero. Nel nostro caso questo non costituisce problema
in quanto a fattore del coseno compare il prodotto δρ. Essendo la densità di carica ρ arbitraria, si può
supporre di scegliere di volta in volta il valore opportuno ρ =
σ0
δ
in modo che il prodotto δρ sia sempre
uguale a σ0 per qualunque valore di δ e quindi anche al suo limite per δ → 0
Si può quindi ritenere la nostra distribuzione di carica originaria σ (θ) = σ0 cos (θ) localizzata su di
una superficie sferica, come dovuta alla sovrapposizione di due nubi sferiche cariche con densità di carica
di valore elevatissimo, centrate in punti talmente vicini da fare sì che l’oggetto complesssivo sia per noi
indistinguibile da una sfera perfetta.
Cosa potremo dire del campo all’esterno?
Ricordo che, all’esterno di una sfera carica, il
campo è uguale a quello di una carica puntiforme
di valore uguale alla carica totale Q posta al centro
+
+
+
+
della distribuzione. È quindi perfettamente lecito
R+
pensare di sostituire le due sfere con due cariche
R-
!
puntiformi ±Q localizzate nei rispettivi centri. Ne
consegue che il campo esterno è un campo dipolare
descrivibile tramite un momento dipolare pari a
-
-
-
Q�δ localizzato al centro della sfera. Andando ad Figura 3.37: Campo all’interno dell’oggetto carico
esplicitare il valore della carica totale Q si trova: visto come la somma di due contributi
p� = Q�δ = 43 πR3 ρ �δ. Come vedete compare ancora
il prodotto δρ che sappiamo essere uguale a σ0 .
Si trova quindi p� = 43 πR3 σ0 �k .
Come notate, nel risultato non compare traccia delle ipotesi introdotte circa la struttura “reale”
dell’oggetto, ma solo ciò che di esso è a noi misurabile.
A qualunque distanza dalla distribuzione di carica, il campo sarà esattamente di tipo dipolare. All’esterno infatti, saremo sicuramente a distanze r dal dipolo, che schematizza la reale distribuzione, maggiori
del raggio R della sfera.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
85
Invece l’interdistanza tra le cariche puntiformi, localizzate sui centri delle due immaginate sfere, deve
essere considerata infinitesima se l’oggetto ci appare come sferico.
Quindi r � δ sarà sicuramente valida fino alla superficie dell’oggetto.
Vediamo adesso di calcolarci il campo all’interno della sfera.
Come sappiamo il campo interno ad una distribuzione di carica a simmetria sferica è radiale ed in
� =
modulo proporzionale alla distanza dal centro : E
ρ
r
3ε0 �
. Vedi pagina 57 .
Nel nostro caso, se siamo all’interno dell’oggetto, saremo all’interno di entrambe le sfere cariche
� =
che supponiamo lo costituiscano. Per cui, sommando i due corrispondenti contributi, avremo E
ρ
3ε0
[�r+ − �r− ] ove �r+ ed �r− sono i vettori che portano dai centri delle due sfere al punto considerato.
Come si vede dalla figura 3.37, �r+ − �r− = −�δ per cui si trova infine che:
� = − ρ �δ = − σ0 �k
E
3ε0
3ε0
.
Si può esprimere tale campo pure in termini del momento dipolare associato alla distribuzione
ottenendo:
p�
� =− 1
E
4πε0 R3
(3.34)
Si è quindi trovato che il campo elettrico all’interno della buccia sferica è uniforme e diretto in senso
opposto al momento dipolare.
Questo risultato sarà utile in seguito; vedi pagina ??.
Ci sono però casi in cui il momento di dipolo
elettrico di una distribuzione è nullo: ad esempio
quello della molecola di CO2 . Ciò in genere accade per motivi di simmetria della distribuzione. In
Figura 3.38: Molecola di Anidride Carbonica
questi casi occorre sviluppare all’ordine successivo
il termine r−1 presente nell’espressione 3.29 per del potenziale di una distribuzione di cariche, ottenendo, dopo i termini riportati in eq. 3.30, un contributo che varia come r−3 . Questo contributo è detto
potenziale di quadrupolo elettrico. Proseguendo eventualmente nello sviluppo si ottengono i termini di
�
1
−i
ottupolo e così via: φ = 4πε
i=1,∞ Ci r
0
Nel caso della molecola di CO2 il primo termine diverso da zero è quello di quadrupolo.
Arrestandosi nello sviluppo della eq. 3.29 al secondo termine si trova:
φ (p) �
ove: p� =
´
V

1�
1  Q p� · �r
+ 3 +
4πε0 r
r
2
ρ (�r) �r dv ed infine Qi,j =
´ �
V
i,j
Qi,j

xj xi
+ ···
r5
(3.35)
�
3xi xj − δi,j r2 ρ (�r) dv sono le nove componenti del tensore
momento quadrupolare elettrico ove xk indica, a seconda del valore dell’indice, una qualunque delle tre
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
86
coordinare x, y o z.
Normalmente gli elettroni degli atomi e delle molecole danno luogo a momenti di dipolo elettrici, i
quali sono responsabili di alcune proprietà dei materiali.
I nuclei atomici invece, essendo costituiti da cariche di un solo segno ed avendo forma raffigurabile
classicamente tramite ellissoidi di rotazione, non possiedono mai momento dipolare elettrico. La forma
non sferica dà però luogo a momenti quadrupolari elettrici, tramite i quali interagiscono con i campi
elettrici dovuti agli elettroni atomici che li attorniano.
Anticipiamo a questo punto che, essendo le cariche nucleari in moto all’interno della struttura, il nucleo
interagisce con gli elettroni atomici anche tramite interazioni magnetiche, vedi 203. I nuclei atomici quindi
costituiscono utili "sonde" per lo studio della struttura elettronica degli atomi, dei legami chimici e di
numerose proprietà della materia.
Interazione di un dipolo con un campo elettrico esterno.
Al pari delle cariche elettriche, anche i dipoli interagiscono con campi esterni. La situazione è ovviamente più complessa in quanto sul dipolo agirà in generale non solo una forza ma anche un momento di
forze. Ricavare forze, momenti, energie è tuttavia semplice in quanto basterà considerare il dipolo come
costituito da una coppia di cariche opposte localizzate in punti molto vicini tra loro.
Tre esempi.
1) Supponiamo di porre il nostro dipolo in un campo elettrico non uniforme; la forza agente su di esso
sarà data da
�
�
� (+q) − q E
� (−q) = q E
� (+q) − E
� (−q)
F� = q E
� (±q) indichiamo il valore del campo nei punti ove sono presenti le due cariche.
ove con E
Dato che i due punti sono molto vicini, sviluppando in serie il campo rispetto al punto centrale tra le
cariche troviamo
� (+q) − E
� (−q)
E
�
�
� �
ξ
i
δi
�
d
Eξ
dxi
� �
e�ξ
=
�
ξ
=
0
�
i
(Eξ (+q) − Eξ (−q)) e�ξ �
δi
�
d �
E
dxi
�
0
ove gli e�ξ sono i versori degli assi coordinati.
Si ha quindi per la forza F� :
F� = q
�
i
δi
�
d �
E
dxi
�
0
�
�
�E
�
= p� · ∇
0
(3.36)
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
dove
�
�E
�
∇
�
0
87
è una grandezza tensoriale valutata nel punto centrale tra le cariche. Essa è rappre-
� E)
� prende il nome di “Gradiente di Campo
sentabile tramite una matrice 3 × 3, il cui opposto (−∇
Elettrico”.
Supponiamo adesso, per semplicità, che il campo elettrico sia diretto, vedi figura 3.39, come p�.
E
Scegliendo la direzione coordinata �k diretta come p�, come mostrato in figura 3.39, avremo per
p
l’equazione 3.36
F� = p
�
�
d
E �k
dz
Come si vede sul dipolo orientato parallelamen-
Figura 3.39: Forza agente su di un dipolo elettrico
te al campo agisce una forza diretta verso la zona dovuta ad un campo elettrico esterno
ove il campo è più intenso. Il contrario avverrebbe
se il dipolo fosse orientato antiparallelamente al campo. In entrambi i casi, ovviamente, non agisce alcun
momento di forza.
2) Se il dipolo fosse posto in un campo elettrico uniforme, ma non fosse orientato parallelamenE
te al campo, avremo un momento di forze agente
p
sul dipolo tendente ad orientarlo parallelamente al
F
F
campo.
!
Al contrario la forza totale agente sarà nulla.
Facendo
riferimento
alla
figura
3.40,
il Figura 3.40: Momento di forza agente su di un dipolo
momento varrà:
� = p� × E
�
�τ = �δ × q E
(3.37)
3) Si può dare pure l’espressione per l’energia di un dipolo posto in un dato punto dello spazio. Si ha
infatti U = q φ (+q) − q φ (−q), da cui sviluppando in serie il potenziale si perviene a:
� �
�
�
U = q �δ · ∇φ
= −�
p·E
0
(3.38)
� Questo risultato
L’equazione appena trovata dice che l’energia minima si ha per p� parallelo al campo E.
si accorda con la direzione del momento agente trovata al punto precedente.
Riepilogo dei punti principali della sezione
Pure oggetti aventi carica elettrica complessivamente nulla possono generare campi elettrici. Detti
campi si ottengono utilizzando il principio di sovrapposizione.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
88
Qualora poi si sia interessati al valore dei campi a grande distanza, sviluppando in serie il potenziale
si ottenendo i contributi dipolare, quadrupolare ecc.
Si è visto in particolare il contributo dipolare ricavando le espressioni per il potenziale e per il campo
generato.
Da notare il procedimento usato per trovare le espressioni valide in qualunque sistema di coordinate
una volta note quelle ricavate scegliendo opportuni sistemi di assi.
Abbiamo mostrato l’esempio del campo dovuto ad una sfera superficialmente carica con densità σ =
σ0 cos (θ) i cui risultati troveranno in seguito applicazione.
Interazione di un dipolo con campi esterni. Forze e Momenti agenti, Energia potenziale.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
3.6
89
Relazione tra densità di carica e forma geometrica del conduttore
Fino ad ora si sono trattati casi in cui la carica era posta su conduttori aventi forme molto semplici.
Tramite calcolo diretto abbiamo valutato i valori dei campi e delle densità di carica dovuti, o riducibili,
a distribuzioni di simmetria talmente elevata ( sferica, piana , cilindrica) da dover considerare tutti i
punti come tra loro equivalenti. Abbiamo visto anche l’utilizzo del metodo delle immagini. Pure per
l’applicazione di detto metodo è necessario che i corpi conduttori abbiano forme geometriche semplici.
Cosa dire per le densità di carica, in condizioni di equilibrio, relative a conduttori aventi forma
qualunque e per i campi da queste generati?
dq
Non voglio introdurre complessi metodi di calcolo , ma semplicemente ricavare dei criteri qualitativi che ci facciano vedere come la carica si
distribuisca.
Per iniziare a renderci conto di quanto accade consideriamo una lastra infinita uniformemente
Figura 3.41: Piano infinito uniformemente carico
con evidenziata la carica contenuta in un particolare
elemento di superficie.
carica. La figura 3.41 rappresenta un piano metallico infinito carico con evidenziata la carica “dq” contenuta in un particolare elemento della sua superficie.
La forza agente sulla suddetta carica sarà, per ovvi motivi di simmetria, nulla. Non vi sono quindi ragioni per cui la carica “dq” debba spostarsi dalla posizione occupata. Consequentemente una distribuzione
uniforme di carica costituirà la situazione effettiva per il sistema.
Supponiamo adesso di tagliare in due la lastra
lungo una linea molto prossima alla carica “dq” e
di allontanare poi la semilastra destra; vedi figura
3.42. Adesso la forza agente sulla nostra carica in-
dq
finitesima non sarà più nulla. Prevarranno infatti
le forze repulsive causate da tutte le cariche poste
alla sua sinistra; ne consegue che la carica “dq”
Linea di Taglio
verrà sospinta verso il bordo tagliato della lastra.
Figura 3.42: Piano infinito di figura 3.41 tagliato
in prossimità della carica “dq”. Il semipiano destro
la densità superficiale in prossimità dei bordi deb- viene quindi asportato.
Si comprende quindi come, in una lastra finita,
ba essere maggiore di quella relativa alle regioni
centrali.
Dal fatto che il campo elettrico immediatamente esterno ad un conduttore è legato alla densità di carica
localmente esistente, vedi eq. 3.17, consegue che esso assumerà in prossimità dei bordi valori maggiori
rispetto a quelli relativi alla regione centrale della lastra.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
90
Si può giungere alla medesima conclusione pure ragionando in termini del potenziale elettrico. Trattandosi di una lastra metallica, il valore del potenziale dovrà essere lo stesso in tutti i punti. Ora, nel
caso della lastra tagliata, un elemento di superficie lontano dai bordi sarà attorniato da cariche elettriche
poste in tutte le direzioni rispetto ad esso. Al contrario un elemento di superficie sul bordo vedrà cariche
elettriche solo in una direzione. Affinchè il valore del potenziale sia il medesimo per le due situazioni,
occorre evidentemente che la densità di carica superficiale in prossimità dei bordi sia maggiore che non
nelle regioni centrali. Questo semplice ragionamento porta anche a prevedere che la densità di carica sui
bordi sia circa il doppio di quella centrale.
Un altro esempio caratteristico è quello di
conduttori aventi parti aguzze, vedi figura 3.43.
Cosa accade del campo elettrico in prossimità
di una punta?
Si potrebbe fare anche adesso un ragionamento basato sul valore comune a tutti i punti per il
potenziale ma, per giungere alla medesima con-
Figura 3.43: Conduttore con punte aguzze
clusione in modo diverso, notiamo che le cariche
elettriche in un conduttore carico tenderanno ad allontanarsi il più possibile le une dalle altre. Ora,
l’estremo della punta aguzza è “il più lontano possibile” dalla massima parte della superficie del corpo.
Qualitativamente parlando, ci sarà quindi da aspettarsi sulla punta una densità di carica maggiore che
altrove. Connesso a ciò, ci aspetteremo inoltre campi elettrici elevati nelle immediate vicinanze di questa.
Per rendersi maggiormente conto della cosa,
prendiamo un esempio in cui sia facile eseguire una
Q3
valutazione numerica.
Consideriamo due sfere conduttrici di raggi R1
Q2
R2
Q1
ed R2 ( con R1 � R2 ) collegate da un lungo e
sottile filo conduttore. Immaginiamo di fornire a
detto sistema una certa carica elettrica Qtot . Par-
R1
Figura 3.44: Sfere metalliche cariche collegate
te di essa, Q1 verrà a trovarsi sulla sfera grande elettricamente tra loro
mentre la rimanente si troverà praticamente tutta
sulla sfera piccola. A rigore della carica elettrica si troverà pure sul filo metallico che collega le sfere. Si
può tuttavia supporre che il filo sia talmente sottile da rendere tale carica Q3 trascurabile rispetto a Q1
e Q2 . In altre parole l’effetto del filo è solo quello di far sì che le due sfere vengano a trovarsi allo stesso
potenziale.
Domandiamoci: Quale sarà il valore comune del potenziale delle sfere?
Suddividendo la superficie totale S nei tre contributi S1 , S2 ed S3 relativi rispettivamente alla sfera
grande, piccola ed al conduttore di collegamento, avremo per il potenziale nel generico punto �r1 interno
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
91
alla sfera grande:
φ (�r1 ) = φ1 =
1
4πε0
ˆ
S
σ (�x) ds
1
=
| �r1 − �x |
4πε0
ˆ
S1
ˆ
ˆ
σ1 (�x) ds1
1
σ2 (�x) ds2
1
σ3 (�x) ds3
+
+
| �r1 − �x |
4πε0 S2 | �r1 − �x |
4πε0 S3 | �r1 − �x |
ˆ
ˆ
1
σ1 (�x) ds1
1
σ2 (�x) ds2
�
+
4πε0 S1 | �r1 − �x |
4πε0 S2 | �r1 − �x |
mentre nel generico punto �r2 della sfera piccola avremo:
φ (�r2 ) = φ2 =
1
4πε0
ˆ
S
1
σ (�x) ds
�
| �r2 − �x |
4πε0
ˆ
S1
1
σ1 (�x) ds1
+
| �r2 − �x |
4πε0
ˆ
S2
σ2 (�x) ds2
| �r2 − �x |
Per semplificare, supponiamo che le sfere siano sufficientemente lontane da poter trascurare gli effetti
di induzione dell’una sull’altra. In questo caso:
1
φ (�r1 ) = φ1 �
4πε0
ˆ
σ1 (�x) ds1
1 Q1
=
| �r1 − �x |
4πε0 R1
1
φ (�r2 ) = φ2 �
4πε0
ˆ
σ2 (�x) ds2
1 Q2
=
| �r2 − �x |
4πε0 R2
S1
ed analogamente:
S2
Ora, essendo le due sfere collegate, deve essere φ1 = φ2 per cui
Q1
R1
=
Q2
R2
od anche, in termini della
densità di carica:
(3.39)
σ 1 R 1 = σ 2 R2
Dato poi che i campi elettrici, in prossimità della superficie, sono proporzionali alle densità di carica
si ottiene:
� 1 = R2 E
�2
E
R1
(3.40)
In parole: i campi immediatamente fuori le sfere stanno in proporzione inversa ai raggi delle stesse.
Per una superficie generica, il parametro importante è il raggio di curvatura: il raggio della sfera che
meglio approssima localmente la superficie.
Questo risultato è molto importante da un punio
gg
sm
Co
ico
co è troppo intenso l’aria cessa di essere un buon
Ra
to di vista pratico in quanto se il campo elettri-
isolante.
Molecola
e-
Riferendosi alla figura, 3.45 le interazioni di
agenti ionizzanti, quali ad esempio i raggi cosmici,
con le molecole dell’aria generano coppie di elet-
Molecola
Figura 3.45:
ionizzanti
Ionizzazione causata da agenti
troni liberi ed ioni positivi. Usualmente, se non
è presente alcun campo elettrico, l’elettrone si ricombinerà con lo ione positivo e consequentemente il
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
92
numero di particelle cariche presenti sarà basso. Diverso sarebbe il caso se nella zona fosse presente un
forte campo elettrico. In questo caso l’elettrone verrà accelerato ed allontanato dallo ione, prevenendo
così la ricombinazione.
Inoltre, muovendosi l’elettrone in aria, vi è probabilità finita che esso urti una molecola neutra.
Indicando con λ il libero cammino medio, l’elettrone al momento dell’urto avrà acquistato in media
una energia pari ad < U >= e Eλ. Ora l’energia richiesta per ionizzare una molecola è dell’ordine
della diecina di elettron-volt, ad esempio 12.5 per quella di ossigeno. Se fossimo in condizioni tali che
e Eλ ≈ 10eV , l’elettrone sarebbe in grado di ionizzare la molecola urtata producendo quindi, con effetto a
catena, ulteriori particelle cariche libere di muoversi che produrrebbero, a loro volta, ulteriore ionizzazione
del mezzo. Il gas diverrebbe quindi altamente conduttore.
Vediamo di calcolarci il valore del campo elettrico per cui questo avviene.
Occorre per questo conoscere λ.
Supponendo l’aria un gas perfetto avremo:
Molecole
Molecola
pV = nRT .
Potremo, da questa, calcolarci il volume a disposizione di ogni molecola. Ponendo n = 1, p ≈
Elettrone
105 N/m2 ed R � 8.31 J/ (mole Kº), ricaviamo il
Elettrone
volume che compete ad una mole Vmol � 25 litri. Figura 3.46: Elettrone che procede nello spazio. Nella figura di destra è mostrata una molecola ed il voluIl volume a disposizione per ogni molecola è dato me che in media ad essa compete. Nella parte sinistra
sono mostrati i volumi competenti a tre molecole in
quindi da v = VNmol
� 4 10−26 m3 che corrisponde successione lungo la traiettoria della particella.
A
ad un cubetto di lato l � 3.5 10−9 m.
La figura 3.46 mostra un elettrone che procede in direzione di una molecola. Domandiamoci quale
probabilità abbia l’elettrone di urtare la molecola contenuta nel volume ad essa associato.
Avremo, indicando con d ∼ 1.4 Å le dimensioni lineari della molecola:
prob ∼
d2
2 10−20
�
� 1.6 10−3
l2
12.25 10−18
Il libero cammino medio si otterrà valutando il numero η di cubetti che dovremmo impilare affinchè
metà della superficie frontale sia oscurata dalle molecole e moltiplicando il risultato per il lato del singolo
volumetto.
Trascurando la possibilità che alcune molecole si trovino nascoste dietro le pecedenti avremo
prob · η e quindi λ ∼ η · l ∼
l
2·prob .
Da cui si ottiene λ ∼ 10−6 m.
Per avere il valore del campo elettrico che rende l’aria conduttrice scriveremo:
E∼
10
∼ 106 ÷ 107 V olt/metro
e·λ
1
2
=
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
93
Concludendo, per campi elettrici del suddetto
ordine di grandezza, l’aria non è più isolante ma
diviene conduttrice per l’enorme numero di particelle cariche e libere di muoversi che si vengono a
generare.
Su questo principio si basa il funzionamento di
alcuni parafulmini.
Sempre questo principio è alla base del funzionamento di un particolare tipo di microscopio
detto ad emissione di campo.
Figura 3.47: TorreEiffel durante un temporale
Quest’ultimo è rozzamente schematizzato in figura 3.48 mostrante la camera e la lastra di vetro, rivestita di materiale fluorescente, ove si forma l’immagine della punta metallica che costituisce il campione da studiare. La camera è riempita con Elio a
bassa pressione ed una differenza di potenziale è applicata tra le pareti della camera e la punta.
Il funzionamento del microscopio è riassunto
schematicamente per punti.
• Quando un atomo di Elio urta la punta può
essere ionizzato
• Lo ione He+ viene respinto dalla punta e,
dato che la sua velocità iniziale è molto piccola, si muove praticamente lungo una linea
di campo.
• Esso urta lo schermo provocando emissione
di luce.
Ora un atomo di Elio viene più facilmente ionizzato se urta un atomo della punta piuttosto che se
si viene a trovare sopra l’interstizio tra un atomo
ed un altro. A causa di ciò, si forma sulla lastra
Figura 3.48: Microscopio ad emissione di campo:
schema. Si nota la punta fatta del materiale in studio, la finestra ove compare l’immagine ed, in colore,
la camera riempita con Elio a bassa pressione.
di vetro una mappa della dislocazione degli atomi
sulla punta metallica. L’ingrandimento ottenibile
con tale microscopio si aggira sui due milioni.
Esso viene usato per studiare difetti reticolari, bordi di grano, danni da radiazione, fenomeni di
adsorbimento ed altro.
Per terminare una domanda: secondo voi campi elettrici tali che l’aria divenga conduttrice si possono
ottenere comunemente anche in casa?
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
3.7
94
Capacità
Consideriamo un conduttore carico isolato (sufficientemente lontano da altri corpi conduttori). Il suo
potenziale φ si otterrà prendendo un punto qualunque di esso e calcolando l’integrale
1
φ=
4πε0
ˆ
σ
ds
r
(3.41)
s
dove σ è la densità superficiale di carica, s è la superficie del conduttore ed r è la distanza tra il ds ed il
punto scelto per valutare il potenziale.
La carica totale Q presente sul conduttore sarà invece data dall’integrale
Q=
ˆ
σds
(3.42)
s
In entrambe le espressioni compare la densità di carica σ; possiamo domandarci se, dato un particolare
corpo, vi sia in generale una relazione fissa tra questi due integrali che non dipenda dal particolare valore
della carica totale fornita.
� 0 (�x) e potenziali
Od anche: ammettiamo di saper determinare densità di carica σ0 (�x), campi elettrici E
φ0 (�x) nel caso particolare in cui Q = Q0 e supponiamo di fornire al conduttore una carica
(3.43)
Q = α Q0
� (�x), densità di carica σ (�x) e potenziale
con α costante assegnata; quali saranno i nuovi valori per campi E
φ (�x)?
Notiamo che, dato che nelle espressioni sopra scritte per φ e Q compaiono integrali differenti, non è
automatico dedurre che pure la densità di carica ed il potenziale siano scalari della medesima costante
α che compare nella eq. 3.43. Esistono infatti infiniti modi di modificare σ nella eq. 3.42in modo da
ottenere un valore per la carica pari ad α Q0 Coulomb.
Un esempio con i liquidi: se verso una determinata quantità di acqua in una bottiglia avrò, fino
ad un dato livello, ρ = 1 e, a livelli superiori, ρ = 0.
Se raddoppio la quantità di acqua nella bottiglia, si sposta semplicemente il confine tra le due
zone a differente densità. Dove la densità era 1
essa resterà immutata.
Figura 3.49: Bottiglia semipiena di acqua
Se invece di acqua allo stato liquido introducessi acqua allo stato di vapore, avrei nella bottiglia densità uniforme, di valore intermedio tra zero ed
uno. Raddoppiando la quantità di acqua, la densità raddoppierebbe ovunque.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
95
Come si comporterà la carica? Come l’acqua nel suo stato liquido, oppure in quello di vapore od in
un altro modo ancora?
La cosa più semplice sarebbe che la nuova σ fosse scalata dalla vecchia tramite la costante α: σ = α σ0 .
Cosa potremmo dire per i campi elettrici in tale eventualità?
Per l’additività dei campi, il loro modulo sarebbe ovunque scalato di α, mentre le direzioni ed i versi
resterebbero identici a prima. In particolare, nella suddetta ipotesi essi rimarrebbero nulli all’interno
del conduttore e, sulla superficie, normali a questa. In altre parole essi rispetterebbero le condizioni che
dobbiamo imporre. Pure il valore totale della carica varrebbe quanto deve.
Se la soluzione è unica, l’ipotesi indicata corrisponderà alla reale situazione.
� (�x) = α E
� 0 (�x) e conseguentemente, sostituendo nella espressione per il potenziale,
Avremo E
φ (�x) = α φ0 (�x)
(3.44)
In altre parole, dalle eq. 3.43 e 3.44 segue che, per un conduttore isolato, Potenziale e Carica Totale
sono tra loro proporzionali.
Si scrive quindi :
Q=Cφ
(3.45)
Non dipendendo dal valore della carica depositata, la costante C è una caratteristica geometrica del
conduttore.
Essa prende il nome di capacità e la sua unità di misura si chiama Farad [ Dimensionalmente : Farad
= Coulomb/Volt ]. Essa è numericamente uguale alla carica che dobbiamo porre su di un conduttore per
farne variare il potenziale di un Volt.
Il farad è una unità di misura molto grande, come si può anche vedere dall’esempio sotto riportato
per un conduttore sferico. Nella pratica quindi si adoperano i suoi sottomultipli. I più comuni sono il
Microfarad ed il Picofarad rispettivamente definiti come µF = 10−6 F e pF = 10−12 F .
Tre domande a cui invitiamo lo studente a rispondere da solo:
• Sulla base di quali considerazioni ci si poteva attendere che l’unità di misura della capacità fosse
molto grande?
• Per quali motivi chimico-fisici l’acqua liquida si comporta diversamente dalle cariche elettriche?
• Per quale motivo non si può parlare di capacità per un materiale isolante, sebbene sia possibile
depositare su di esso carica elettrica?
Tornando all’esposizione, notiamo come l’introduzione del concetto di capacità e della relativa unità di
misura permette di scrivere le dimensioni della costante ε0 che compare nella legge di Coulomb come
[ε0 ] = C 2 N −1 m−2 = C 2 J −1 m−1 . Dato poi che V = J C −1 , si ha: [ε0 ] = CV −1 m−1 = F m−1 o, in
parole, [ε0 ] = F arad/metro come comunemente si trova scritto.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
96
Una semplice applicazione : capacità di un conduttore sferico di raggio R.
In questo caso, per calcolare il valore comune del potenziale di tutti i punti del conduttore, conviene
calcolare il potenziale al centro della sfera. Questo punto è infatti equidistante da tutte le cariche e si
può portare fuori dal segno di integrale la distanza r = R. Si ha allora, con ovvio significato dei simboli:
φ=
1
4πε0
ˆ
s
σ
1 Q
ds =
r
4πε0 R
Per quanto detto, vedi eq. 3.45 , la capacità della sfera sarà quindi data da :
Csf era = 4πε0 R
(3.46)
Come si vede, la capacità di una sfera cresce linearmente con il suo raggio.
In ogni caso, anche per una sfera molto grande, come ad esempio per una di un metro di raggio
(corrispondente a due metri di diametro) il valore della capacità è piccolo.
�
�
R=1
9 −1
Avremo infatti: Csf
· 1 � 110 pF
era � 9 10
La piccolezza di questo valore riflette il fatto che la carica che possiamo depositare su di un oggetto
metallico è sempre esigua.
Motivi contingenti di vario tipo pongono un limite superiore al potenziale assumibile da oggetti
metallici: φmax ∼ 104 ÷ 105 V olt. [ sa lo studente indicarne alcuni?]
Prendendo come esempio una sfera di 10 cm di raggio si trova quindi Qmax ∼ 11 · 10−12 · 105 ∼
10−6 Coulomb.
Invitiamo adesso lo studente a calcolarsi per esercizio l’ordine di grandezza delle forze che Coulomb
poteva misurare nelle sue esperienze con la bilancia di torsione.
Si ha sovente la necessità di accumulare cariche molto più grandi dei 10−6 Coulomb.
Come si può procedere in tale caso? È evidente che non servirà un gran che adoperare sfere di grande
diametro. La carica accumulabile dipende infatti solo linearmente dal raggio della sfera. Come si potrà
dunque fare?
Il riflettere su come facciamo a caricare un corpo ci permette di individuare un “artificio”.
Per caricare un corpo dobbiamo procurarci della carica elettrica, che, necessariamente, dovremo
prelevare da un altro.
In definitiva, nel caso più semplice, al termine del nostro procedimento avremo due corpi caricati con
cariche di segno opposto.
L’artificio consiste nel tenere il secondo conduttore, da cui preleviamo la carica, molto vicino a quello
su cui la andiamo a depositare.
Vedi i conduttori indicati con A e B in figura 3.50.
Così facendo il potenziale di A viene ridotto a causa della carica di segno opposto posta su B. Analogamente il potenziale di B non sarà eccessivamente basso perché nelle sue vicinanze è presente una carica
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
97
positiva. Le espessioni per i potenziali in punti generici dei due conduttori sono infatti date dalle seguenti
espressioni, in termini delle densità di carica e delle distanze rx−y dal generico punto della superficie X
su cui si integra a quello interno alla superficie Y ove si valuta il potenziale
φA
φB
=
1
4πε0
ˆ
=
1
4πε0
ˆ
s
s
σA
1
4πε0
ˆ
1
dsA +
rA−B
4πε0
ˆ
rA−A
dsA +
σA
s
s
σB
dsB
rB−A
(3.47)
σB
dsB
rB−B
Esse sono costituite da due termini di segno opposto e di valore confrontabile qualora rA−A � rB−A
e rA−B � rB−B .
Le densità di carica presenti nelle eq.
3.47
A
obbediscono poi alle condizioni:
+Q
QA
=
ˆ
σA dsA
=
ˆ
σB dsB = −QA
(3.48)
SA
QB
SB
-Q
B
Detto in altri termini, il lavoro fatto per cari-
Figura 3.50: La carica che andiamo a depositare su
di un corpo dovrà essere necessariamente estratta da
ricarlo, debbo spostare le cariche solo di piccoli un altro.
care il conduttore A è piccolo in quanto, per ca-
tratti.
Come si può realizzare praticamente ciò?
Nella figura 3.51 è schematicamente mostrato un esempio.
Si prende una lastra conduttrice piana e si deposita sopra di essa una pellicola isolante. al di
Lastre metalliche
sopra di questa ultima si pone la seconda lamina
piana conduttrice. La lamina isolante può essere molto sottile, ad esempio una comune pellicola
di plastica per alimenti ha spessore dell’ordine dei
Figura 3.51: Schema di costruzione di un condensa10−5 m, e garantisce sia l’isolamento elettrico tra tore piano. Le due lastre metalliche, dette armature,
sono tenute separate da una sottile pellicola isolante
le lastre che la breve distanza tra di esse. Come
vedremo quando tratteremo delle proprietà dielettriche dei materiali, vedi pagina ?? e seguenti, la sua
introduzione produce ulteriori effetti che per ora omettiamo.
L’insieme dei due conduttori A e B costituisce quello che prende il nome di Condensatore, i singoli
componenti metallici A e B sono detti Armature.
Vogliamo adesso cercare una relazione che leghi cariche totali e potenziali.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
98
Supponiamo di partire da un prefissato valore
+q
±Q0 per le cariche dei due corpi. Supponiamo di
+Q
conoscere i potenziali φA e φB a cui essi vengono
così a trovarsi. Immaginiamo a questo punto di
-Q
moltiplicare per una costante arbitraria α i valori
delle cariche presenti in “A” ed in “B”. Otterremo,
per il principio di sovrapposizione dei campi, per le
condizioni al contorno da imporre e per l’unicità
della soluzione, densità di carica sulle armature
Figura 3.52: Semplice modo per caricare un condensatore. L’armatura inferiore è collegata a “terra” e
sulla superiore vengono depositate in fasi successive cariche elettriche tramite una bacchetta metallica
che viene di volta in volta caricata
scalate dalle precedenti per l’identico fattore α.
Da questo consegue che ciascuno dei quattro termini presenti nelle espressioni 3.47 risulterà moltiplicato per α.
Essi potranno quindi essere scritti come proporzionali alle cariche totali depositate sui corpi
φA
φB
=
1
4πε0
=
1
4πε0
ˆ
ˆs
s
σA
rA−A
dsA +
1
4πε0
σA
1
dsA +
rA−B
4πε0
ˆ
s
ˆ
s
σB
rB−A
dsB = pA,A QA + pB,A QB
(3.49)
σB
dsB = pA,B QA + pB,B QB
rB−B
ove si introducono i coefficienti pX,Y detti coefficienti di induzione i quali sono invarianti rispetto allo
scambio degli indici e dipendono unicamente dalla geometria del sistema14 .
Sommando e sottraendo tra loro le due equazioni 3.49, tenendo conto della seconda delle 3.48 e delle
proprietà dei coefficienti di induzione si ottiene:
φA + φB
=
(pA,A − pB,A + pA,B − pB,B ) QA = (pA,A − pB,B ) QA
φA − φB
=
(pA,A − pB,A − pA,B + pB,B ) QA = (pA,A − 2 pB,A + pB,B ) QA
(3.50)
Analizziamo adesso la seconda delle 3.50.
Essa mostra una proporzionalità diretta tra QA e la differenza di potenziale esistente tra le armature
15
. Questa relazione si può anche scrivere come:
Q = C �φ
(3.51)
ove Q e �φ sono rispettivamente i valori assoluti della carica presente in una delle due armature e della
differenza di potenziale tra di esse. Nella 3.51 è inoltre introdotta la costante C, definita in termini dei
coefficienti di induzione ed omogenea ad una capacità, detta Capacità del Condensatore o semplicemente
�
relazione trovata è un caso particolare della φi = i pj,i Qj , valida per un sistema formato da un numero qualunque
di conduttori.
15 Dato che in metalli in condizione di equilibrio il potenziale è uniforme, invece di parlare di differenza di potenziale tra
punti si può, in tale particolare situazione, parlare di differenza di potenziale tra oggetti
14 La
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
99
Capacità qualora la specificazione omessa sia di fatto ovvia.
Se le due armature metalliche sono molto vicine, tutti e quattro i coefficienti di induzione assumono
valore comparabile. In tale caso, ad esempio
C=
1
1
�
pA,A − 2 pB,A + pB,B
pA,A
Quindi la capacità del condensatore può essere molti ordini di grandezza superiore alla capacità di un
conduttore isolato.
Dalla prima delle equazioni 3.50 vediamo che,
nel caso in cui i conduttori siano di eguale forma geometrica, il valore del potenziale assunto da
un corpo è uguale ed opposto a quello relativo
all’altro. In queste condizioni infatti pA,A = pB,B .
Vediamo alcuni esempi
a) Condensatore piano
Esso è costituito da due lastre piane di uguale
superficie disposte a piccola distanza l’una dall’altra e parallele tra loro come mostrato in figura
3.54.
Per valutare la capacità dovremo scrivere la differenza di potenziale tra le armature un termini
della carica depositata su di esse. La differenza
di potenziale sarà data dalla 3.6, per cui sceglien-
Figura 3.53: Bottiglia di Leida. Essa è costituita da
due armature metalliche rispettivamente interna ed
asterna ad un separatore in vetro avente, in questo
caso, forma di bicchiere. Per poter facilmente depositare cariche sull’armatura interna, essa è connessa ad un conduttore recante all’estremo una piccola
sferetta
do per cammino una linea di campo nella regione
centrale tra le lastre avremo �φ = E d . Indicando con σc la densità superficiale di carica nella regione
centrale della lastra e trascurando l’effetto dei bordi si trova che E =
σc
ε0
�
Q
S ε0 ,
ove S è la superficie delle
lastre. Si ha quindi : �φ � d SQε0 .
La capacità C sarà quindi data da :
+Q
S
C = ε0
d
(3.52)
Facciamo adesso una valutazione numerica.
d
-Q
Figura 3.54: Condensatore piano
Prendiamo il caso di lastre aventi superficie
S = 1 m2 separate da una distanza d = 10−5 m. Avremo C = 8.854 10−12 · 105 F = 0.8854 µF .
Paragonando questo valore con l’analogo per la sfera di un metro di raggio vediamo che si è ottenuto
un valore circa quattro ordini di grandezza maggiore e questo con un oggetto il cui volume può essere
enormemente inferiore a quello del caso precedente. Va infatti notato come lo spessore delle lamine
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
100
metalliche sia del tutto ininfluente. Questo permette di scegliere come armature dei sottili fogli metallici,
ad esempio del tipo di quelli di alluminio che servono per confezionare alimenti. In questo modo il
condensatore, essendo materialmente composto da un pacchetto costituito da tre sottili fogli, potrà essere
“arrotolato”, prendendo la forma di un cilindretto avente volume dell’ordine dei 10−4 m3 .
Domanda: Abbiamo fatto riferimento ad un effetto dei bordi; in cosa consiste?
Come ricorderete, vedi pagina 89, la densità di carica in prossimità dei bordi di una lastra conduttrice
all’equilibrio è maggiore che al centro. Questo comporta per la densità nella regione centrale che σc <
Q
S.
Consequentemente la eq. 3.52 sottostima il valore reale della capacità del condensatore. Un’ottima
approssimazione per C si trova sostituendo ad S l’area che si otterrebbe se le dimensioni lineari delle
lastre fossero più grandi di un tratto pari ai 3/8 della loro separazione d.
�
�
Quindi Creale � ε0 Sd 1 + 34 √dS
b) Condensatore cilindrico
Questo condensatore è formato da due armature cilindriche coassiali di raggi rispettivamente
Ra
Rb
dati da Ra ed Rb , vedi figura 3.55 .
Per trovarne la capacità seguiremo la stessa
procedura che nel caso precedente valutando la dif-
L
ferenza di potenziale tra le lastre, sempre in una
zona lontana dai bordi.
È per questo necessario conoscere il valore del
campo elettrico tra le armature.
Figura 3.55: Condensatore cilindrico
Applicando la legge di Gauss, vedi equazione
3.13 , ad un cilindro di raggio r con Ra < r < Rb ed altezza h � L, si trova E 2πr h =
λh
ε0
�
1 Qh
ε0 L
Da cui:
E�
1 Q1
2πε0 L r
Integrando si ricava il valore della differenza di potenziale tra le lastre, ottenendo: �φ �
1 Q
2πε0 L
La capacità del condensatore cilindrico è quindi data da:
C = 2πε0
ln
L
� �
Rb
Ra
ln
�
Rb
Ra
�
(3.53)
ove L è l’altezza del condensatore ed Ra ed Rb sono i raggi delle armature interna ed esterna.
Osserviamo l’espressione appena trovata.
Essa ci dice che: limRb →∞ C = 0 .
Matematicamente, ciò è dovuto al fatto che la differenza di potenziale �φ ( che è l’integrale del
campo) dipende dalla distanza come ln (r). Esso cresce cioè all’aumentare della distanza dall’asse. Ne
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
101
consegue che, anche una carica molto piccola distribuita sull’armatura centrale, è in grado di generare
differenze di potenziale comunque elevate ( basta allontanarci sufficientemente dall’armatura interna).
Come può fisicamente accadere questo? Cosa c’è di sbagliato?
Una volta capito il campo di applicabilità della 3.53, possiamo porre Rb = Ra + d con d interdistanza
tra le armature e sviluppare in serie la 3.53 nel caso in cui d � Ra .
Si otterrà:
C � 2πε0 L
Ra
d
c) Condensatore sferico
Questo condensatore è costituito da due armature sferiche concentriche di raggi Ra ed Rb
ed è schematicamente mostrato in figura 3.56.
Procedendo come nei casi precedenti si trova:
�φ =
Q
4πε0
ˆ
Rb
r−2 dr =
Ra
Ra
Q R b − Ra
4πε0 Ra Rb
Rb
Da cui:
C = 4πε0
Ra Rb
R b − Ra
(3.54)
Figura 3.56: Condensatore sferico
Terminiamo osservando il motivo che matematicamente giustifica il fatto che le capacità dei condensatori siano molto più grandi delle capacità dei conduttori.
Osservando le espressioni trovate noterete come, a parte ε0 e costanti numeriche, la capacità di
un corpo dipenda solo dalle sue dimensioni lineari. Invece la capacità di un condensatore contiene a fattore il rapporto tra il quadrato delle sue
dimensioni lineari e l’interdistanza tra le armature. Quindi le capacità dei condensatori sono più
grandi di quelli delle armature singolarmente prese
Figura 3.57: Alcune forme tipiche di condensatori
elettrici commerciali
per un fattore dell’ordine delle dimensioni lineari
diviso l’interdistanza. Tale fattore è usualmente molto maggiore di uno.
Questa constatazione matematica quale motivazione fisica esprime?
3.7.1
Reti di condensatori
Un condensatore si presenta come una pasticca od un cilindretto da cui emergono due conduttori metallici,
internamente collegati alle due armature.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
102
La figura 3.57 mostra l’aspetto di alcuni tipici condensatori commerciali.
Avendo a disposizione più condensatori, si possono connettere in vari modi i conduttori metallici che
da loro fuoriescono formando reti di condensatori.
Si possono poi prendere due fili conduttori e collegarli a due punti diversi e tra loro isolati della rete
di condensatori.
Ci si può domandare se la rete, vista dai terminali che ad essa abbiamo saldato, si comporti come un
condensatore singolo e, nel caso, di quale capacità.
Per rispondere alla domanda dobbiamo supporre di trasferire dalle armature connesse ad un terminale
a quelle connesse all’altro una quantità complessiva di carica Q, determinare la differenza di potenziale V
che si viene a generare tra di esse e vedere se possa essere scritta la relazione di proporzionalità Q = Ceq V
definente la Capacità Equivalente Ceq . Altre volte può essere invece preferibile domandarsi quanta carica
occorra trasferire per avere una determinata differenza di potenziale tra i terminali.
I casi più semplici sono quelli di condensatori collegati in serie od in parallelo tra loro.
Serie di condensatori
La figura 3.58 mostra due condensatori colle-
C1
gati in serie tra di loro. Supponendo di trasferire
una carica Q dalla seconda armatura del secondo
condensatore alla prima del primo, come mostrato
Q
in figura, si genererà un campo elettrico nel conduttore complessivamente formato dalla seconda
C2
armatura del primo condensatore, dalla prima del
Figura 3.58: Condensatori in serie
secondo e dal filo metallico di collegamento. Consequentemente, per annullare detto campo, una carica −Q si porterà dalla prima armatura del secondo
condensatore sulla seconda del primo.
Otterremo quindi due condensatori carichi con identici valori ±Q per le cariche sulle corrispondenti
armature. La differenza di potenziale ai capi liberi della serie sarà data dalla somma delle differenze di
potenziale rispettivamente presenti tra gli estremi dei due componenti. Avremo quindi:
Q
Q
V = V1 + V2 =
+
=Q
C1
C2
Ciò significa: Ceq =
�
C2 + C1
C1 C2
�
C 1 C2
C2 +C1
Estendendo il ragionamento al caso generale di una serie di n condensatori avremo:
� 1
1
=
Ceq
C
i=1,n i
(3.55)
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
103
od, in parole: l’inverso della capacità equivalente della serie è dato dalla somma degli inversi delle
singole capacità.
La capacità totale risulterà quindi più piccola della minore tra le capacità dei singoli componenti.
Parallelo di condensatori
L’esempio più semplice di parallelo è mostrato
in figura 3.59.
In questo caso, sempre a seguito del trasferimento di carica, la differenza di potenziale ai ca-
C1
V
pi dei due oggetti deve essere la medesima, per
cui la carica trasferita si depositerà sulle armature
C2
in relazione alla capacità dei singoli condensatori.
Avremo:
V =
Q1
Q2
=
C1
C2
Figura 3.59: Parallelo di due condensatori
e quindi, per la carica complessivamente trasferita Q :
Q = Q1 + Q2 = V (C1 + C2 )
Da cui: Ceq = C1 + C2
Nel caso generale di un parallelo formato da n condensatori avremo:
Ceq =
�
(3.56)
Ci
i=1,n
In parole: la capacità equivalente di un parallelo è data dalla somma di tutte le capacità ed è pertanto
maggiore del massimo valore componente.
Molti casi possono essere schematizzati tramite
serie e paralleli di condensatori.
C1
Per valutare, ad esempio, la capacità equivalente della rete di figura 3.60 si dovrà dapprima
C2
considerare la serie di C3 e C4 . La sua capaci3+4
tà equivalente Ceq
=
C3 C4
C3 +C4
C3
C4
verrà poi messa in
parallelo a C2 ed il risultato dovrà infine essere
Figura 3.60: Rete di condensatori schematizzabile
come successioni di serie e paralleli
considerato in serie con C1
Il risultato finale sarà quindi:
Ceq =
�
C1 C2 +
C3 C4
C3 +C4
C1 + C2 +
�
C3 C 4
C3 +C4
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
104
Vi sono poi casi in cui è opportuno ragionare fisicamente al fine di evitare tediosi calcoli ed altri infine
in cui la rete non è scomponibile in serie e paralleli.
Un esempio del primo tipo è dato dalla rete
illustrata in figura 3.61 composta da condensatori
C
di identica capacità C.
Sebbene si possa procedere come nell’esempio
precedente, è utile notare che, se la rete è molto
lunga la capacità equivalente della parte indicata
Figura 3.61: Esempio di una lunga rete di condensatori di equale capacità composta dalla successione di
celle identiche
in rosso in figura deve essere praticamente uguale alla capacità equivalente totale.
Questa considerazione fa subito scrivere che:
Ceq �
C (C + Ceq )
C + C + Ceq
da cui, con qualche passaggio, si ricava Ceq . Si ottengono, dal punto di vista matematico, due soluzioni
ma, ovviamente, solo la positiva ha significato fisico.
Un classico esempio di rete non schematizzabile
tramite serie e paralleli è invece mostrato in figu-
Q
Q/3
ra 3.62, ove per semplicità le capacità dei singoli
componenti sono supposte tutte uguali a C.
Per valutare la capacità equivalente dovremo
Q/3
-Q/3
Q/3
-Q/3
immaginare di trasferire una carica Q dalle armature connesse ad un terminale a quelle connesse all’altro e valutare la differenza di potenziale V che
si viene a determinare. Detta differenza di potenziale sarà data dalla somma delle tre d.d.p ai capi,
ad esempio, dei tre condensatori rappresentati in
Q
-Q/3
C
Figura 3.62: Rete di condensatori uguali collegati tra
loro secondo gli spigoli di un cubo. I terminali sono
posti in corrispondenza di due vertici opposti della
struttura.
rosso in figura.
Ora, essendo i condensatori uguali e data la simmetria dei collegamenti, la carica trasferita si dividerà
in parti uguali sulle armature connesse al terminale esterno. La carica presente su ciascuno di essi sarà
quindi pari a
Q
3.
Una carica uguale ed opposta verrà quindi richiamata sull’altra armatura dei condensatori collegati
ai terminali. Osservando la figura, si nota subito che questa armatura è collegata a due condensatori, per
cui i condensatori non connessi ai terminali dovranno portare cariche pari a
Ne segue quindi che la differenza di potenziale V cercata sarà data da:
1
V =
C
�
Q Q Q
+ +
3
6
3
�
Q
6.
CAPITOLO 3. ELETTROSTATICA
105
da cui:
Ceq =
6
C
5
Scarica