Il rischio elettrico e gli impianti di cantiere

Corso per coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori
“Il rischio elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche”
Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Perugia
Fondazione Umbra per l’Architettura – Galeazzo Alessi
Codice corso OAPPC-PG-SIC-01-2013
CORSO DI AGGIORNAMENTO IN MATERIA DI SICUREZZA
PERUGIA – 13.04.2013
IL RISCHIO ELETTRICO E LE PROTEZIONE CONTRO
LE SCARICHE ATMOSFERICHE
Sommario
Il Panorama legislativo e normativo ............................................................. 2
Il titolo III Capo III del T.U. (D.Leg.vo 81/08): ........................................... 3
Le Normative CEI ......................................................................................... 3
La certificazione dell’impianto: .................................................................... 5
Il rischio elettrico: ......................................................................................... 5
IL RISCHIO DI INCENDIO ..................................................................... 8
IL RISCHIO DI FOLGORAZIONE: ...................................................... 10
L’impianto di terra: ..................................................................................... 15
Caratteristiche degli impianti elettrici di cantiere: ...................................... 17
Le Protezioni contro le scariche atmosferiche: ........................................... 24
Dott. Ing. Gianni Drisaldi
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“Il rischio elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche”
Il Panorama legislativo e normativo
La progettazione, la realizzazione e la gestione di un impianto elettrico è regolata, nel
nostro paese da un insieme di leggi, regolamenti, decreti e da normative.
In particolare si vuole ricordare:
•
•
•
Legge 186 del 1 Marzo 1968 “Disposizioni concernenti la produzione di
materiali, apparecchiature, macchinari, impianti elettrici ed elettronici”
Decreto – 22 Gennaio 2008 n.37 “Regolamento concernente l’attuazione
dell’articolo 11-quaterdieces, comma a) della legge n.248 del 2 Dicembre 2005,
recante il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli
impianti all’interno degli edifici” (G.U. n.61 del 12.03.2008)
Decreto Legislativo 09 Aprile 2008 n.81 “Attuazione dell’articolo 1 della Legge
3 Agosto 2007 n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza dei luoghi
di lavoro”
Mentre queste definiscono, a vario titolo, in tutto o in parte, i criteri di sicurezza che
devono essere seguiti nelle realizzazioni impiantistiche, le normative, siano esse
emanate dal CEI o dall’UNI e più o meno recepite in sede comunitaria, individuano gli
aspetti tecnici che devono essere rispettati nell’esecuzione di un impianto elettrico.
Oltre a questi esistono anche dei Decreti Ministeriali, che nascono per regolare alcune
attività, in particolare dal punto di vista della Prevenzione Incendi, che trattano
parzialmente le problematiche legate all’impiantistica elettrica e che indicano delle
prescrizioni tecniche cui è necessario attenersi nella realizzazione di un impianto
elettrico in ambienti in cui si svolgono attività soggette.
In questo contesto non è raro trovare anche delle discordanze o delle contraddizioni, che
creano non pochi problemi di interpretazione, ma un criterio va comunque seguito ed è
il seguente: il rispetto della normativa tecnica CEI e/o UNI, garantisce quello della
regola d’arte.
Senza entrare nel dettaglio di ciascuna legge o decreto, si possono sintetizzare alcuni
principi fondamentali che, per quanto banali possano apparire, fino alla data di
promulgazione dei documenti di cui sopra, non erano affatto chiari e questo ha
provocato uno stato dell’arte degli impianti elettrici fino alla fine degli anni ottanta,
piuttosto scadente.
In particolare i principi enunciati sono i seguenti:
1. Tutti gli impianti elettrici, di qualsiasi rilevanza e dimensione essi siano devono
essere realizzati da soggetti qualificati ed abilitati sempre riconoscibili come tali.
2. Tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche, devono essere dotate di un
marchio di sicurezza (CE) che garantisce che le stesse sono state realizzate da un
costruttore riconosciuto come tale e che si assume la responsabilità di quanto
prodotto ed immesso nel mercato.
Dott. Ing. Gianni Drisaldi
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3. Tutti gli impianti elettrici devono essere realizzati a regola d’arte ed il rispetto di
una normativa CEI e/o UNI, garantisce questo risultato.
Oltre a quanto sopra, va aggiunto un concetto fondamentale e cioè che buona parte degli
impianti elettrici, in base alla loro destinazione, deve essere progettato da un
professionista abilitato; non è questo il caso, in generale, dei cantieri dove è, invece
obbligatoria la Dichiarazione di Conformità, come più avanti verrà meglio specificato.
A titolo informativo, va evidenziato che il D.M. 37/08, che di fatto ha sostituito la legge
46/90 non si applica agli impianti di pubblica illuminazione, a meno che non siano
derivati da uno interno.
Il titolo III Capo III del T.U. (D.Leg.vo 81/08):
Il Capo III del T.U., richiama vari temi sull’impiantistica elettrica a partire dagli
obblighi del datore di lavoro, ai requisiti di sicurezza di tutti i materiali ed
apparecchiature elettriche (marchio CE) ed alla manutenzione degli stessi.
E’ molto importante sottolineare che una qualunque apparecchiatura elettrica, oltre che
dotata di marchio di sicurezza, deve essere mantenuta in buono stato di conservazione e,
soprattutto, integra negli involucri e nelle parti elettriche così da non compromettere in
alcun modo la sua sicurezza rendendo vana la certificazione del costruttore.
Infine il decreto fissa anche i criteri di sicurezza che devono essere seguiti nei lavori
elettrici, in particolare è fatto divieto di operare sotto tensione, fatto salvo casi
particolari e da lavoratori abilitati allo scopo.
Le Normative CEI
Le normative che regolano la progettazione e la realizzazione degli impianti elettrici
sono quelle emanate dal Comitato Elettrotecnico Italiano (C.E.I.).
Fino a non molti anni fa, ogni paese che era dotato di un Ente del genere, redigeva per
proprio conto delle normative che trattavano la materia, per cui, anche se nella sostanza
non sussistevano grandi differenze, poteva succedere che un impianto elettrico veniva
realizzato in modo diverso: in Germania (secondo le V.D.E.), in Gran Bretagna
(secondo le B.S.), in Italia (secondo le CEI) o in altre nazioni (secondo le proprie
norme), ma sempre a regola d’arte, che cambiava a seconda del luogo dell’installazione.
Questo, inoltre, creava non pochi problemi anche a chi operava nelle diverse nazioni
che doveva adattarsi alle normative locali, perciò da qualche anno è sopravvenuto l’uso
di armonizzare le norme ed a tale scopo sono sorti degli enti internazionali tra i quali
ricordiamo il CENELEC in sede europea e l’IEC in quella mondiale e quasi tutte le
normative emanate nel nostro paese in questi anni sono state armonizzate in queste sedi,
così che, dal punto di vista della sicurezza, il “linguaggio” nei vari paesi risulti unico.
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Questa necessità di armonizzazione ha comportato un grosso lavoro nei singoli Enti
normatori che sono stati costretti a redigere nuovamente tutte o quasi le loro
pubblicazioni per rispettare i criteri comunitari imposti; questo, anche se nella sostanza
degli impianti non è stato sconvolgente, nella forma è risultato significativo; comunque
è rimasto valido un principio basato sul presupposto che: l’introduzione di una nuova
norma non ha reso obbligatorio il rifacimento di un impianto realizzato nel
rispetto di quella precedente, che, se lo era prima, rimane senz’altro considerabile a
regola d’arte e solo gli impianti di nuova realizzazione o quelli soggetti a rifacimento
sostanziale devono tenere in conto della nuova norma.
Un altro vantaggio che si è avuto dall’armonizzazione è stato quello di concentrare in
poche normative le prescrizioni per l’esecuzione degli impianti ed in particolare è stata
redatta la Norma CEI 64-8 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non
superiore a 1000V in corrente alternata ed a 1500V in corrente continua” destinata,
di fatto, a tutte le installazioni elettriche con poche eccezioni, per le quali rimangono
delle normative specifiche quali ad esempio: gli impianti con pericolo di esplosione e/o
di incendio.
Questa normativa ha raccolto in sé una serie di normative specifiche che, oggi,
costituiscono delle sezioni riferite ad ambienti ed applicazioni particolari e queste sono:
-
701 - Locali contenenti bagni o docce
702 - Piscine e fontane
703 - Locali contenenti riscaldatori per saune
704 - Cantieri di costruzione e di demolizioni
705 - Strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico
706 - Luoghi conduttori ristretti
707 - Prescrizioni per la messa a terra di apparecchiature di elaborazione dati
708 - Aree di campeggio per caravan e camper
710 - Locali ad uso medico
711 - Fiere, mostre e stand
712 - Sistemi fotovoltaici solari di alimentazione
714 - Impianti di illuminazione situati all’esterno
715 - Impianti di illuminazione a bassissima tensione
717 - Unità mobili o trasportabili
751 - Ambienti a maggior rischio in caso di incendio
752 - Luoghi di pubblico spettacolo e trattenimento
753 - Sistemi di riscaldamento per pavimento e soffitto
754 – Impianti elettrici in caravan e camper
In sintesi la norma definisce la generalità delle prescrizioni, nelle singole sezioni si
trovano le indicazioni specifiche di cui si deve tener conto in funzione della particolarità
dell’ambiente trattato.
Oltre a quanto sopra vale la pena ricordare le normative che regolano le protezioni
contro le scariche atmosferiche CEI EN 62305-1/2/3/4 che più avanti vedremo in
maggior dettaglio.
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La certificazione dell’impianto:
L’art.10 del D.M. 37/2008, stabilisce che gli impianti elettrici di cantiere sono esenti
dall’obbligo della progettazione, ma impone l’obbligo della presentazione della
DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ DELL’IMPIANTO ALLA REGOLA
DELL’ARTE, questa sommariamente identifica l’impresa esecutrice dell’impianto ed
il suo titolare, il committente, le caratteristiche principali dell’impianto realizzato, ivi
inclusa la sua ubicazione e l’uso, la normativa rispettata nell’esecuzione dell’opera ed
elenca degli allegati, solo in parte facoltativi.
Assume una rilevanza fondamentale la correttezza e la completezza di tale
dichiarazione, sia per quanto riguarda il modello su cui deve essere compilata, che deve
essere quello approvato dal Decreto Ministeriale e sia sui dati inseriti; questo deve
valere anche per gli allegati obbligatori che sono:
-
la relazione con le tipologie degli impianti utilizzati
lo schema dell’impianto realizzato
la copia del certificato di riconoscimento dei requisiti professionali rilasciato
dalla Camera di Commercio Industria ed Artigianato in tempi recenti
l’eventuale riferimento a dichiarazioni precedenti, se esistono.
il progetto, se l’impianto è soggetto ad essere progettato.
Il possesso da parte del committente di una dichiarazione di conformità incompleta o
mal compilata, equivale a non averla con tutte le conseguenze del caso; inoltre va
precisato che, in conseguenza a dei recenti disposti normativi, tale documento funge da
Prima Omologazione dell’Impianto, in sostituzione di quello che era la verifica di
collaudo I.S.P.E.S.L., ma il datore di lavoro non è esentato dall’inviare a questo
organismo competente per territorio, entro trenta giorni dall’entrata in servizio
dell’impianto la dichiarazione di conformità munita degli allegati obbligatori.
Tale operazione, è costituita dalla denuncia dell’impianto di terra e delle protezioni
contro le scariche atmosferiche.
Il rischio elettrico:
Se da un lato l’impianto elettrico ha consentito un elevato accrescimento della qualità
della vita ed ha permesso un enorme sviluppo della società, dall’altro ha comportato
anche la presenza di alcuni rischi con conseguenze spesso gravissime sia per la vita
degli uomini, che per la tutela del patrimonio. In generale si individuano due grandi tipi
di rischi:
a)
IL RISCHIO DI INCENDIO
b)
IL RISCHIO DI FOLGORAZIONE
Per chiarire la natura e le cause che generano tali eventi occorre trattare alcuni principi
fondamentali dell’elettrotecnica con precisi risvolti sugli impianti utilizzatori:
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I principi fondamentali:
La legge fondamentale dell’elettrotecnica (legge di Ohm) si esplica in due formule
molto semplici:
V
=RI
P
= V I (per i circuiti in corrente continua) = V I cosφ (per circuiti in corrente
alternata)
dove :
V è la tensione espressa in Volt
I è la corrente espressa in Ampere
R è la resistenza espressa in Ohm
P è la potenza espressa in Watt
φ è l’angolo fra i vettori V ed I
L’impianto utilizzatore: è quell’insieme di componenti fra loro collegati ed alimentati
all’origine da una sorgente di energia e/o connessi ad una rete elettrica pubblica o
privata in un punto che viene definito di consegna o di fornitura.
La tensione di esercizio (V) alternata con cui viene alimentato un impianto elettrico può
essere di quattro diverse categorie:
Categoria 0:
Tensione nominale < 50 Volt
Categoria I:
Tensione nominale < 1000 Volt
Categoria II:
Tensione nominale < 30.000 Volt
Categoria III:
Tensione nominale > 30.000 Volt
La Categoria 0 è quella che un tempo veniva chiamata: Bassissima Tensione ed è
utilizzata solo per circuiti terminali di comando o di illuminazione o per scopi
particolari. Comporta grandi vantaggi dal punto di vista della sicurezza contro le
folgorazioni, perché, eccetto rari casi, il suo valore di tensione è al di sotto dei limiti di
pericolosità per il corpo umano; di controparte presenta il limite di elevate correnti che
ne condizionano l’uso (legge di Ohm).
La Categoria I, che viene normalmente definita Bassa Tensione, è quella tipica della
distribuzione dorsale e secondaria degli impianti utilizzatori civili ed industriali ed ha
come valore tipico pari a 400V, quando si distribuisce in trifase e 230V in monofase.
La Categoria II, indicata come Media Tensione, è quella delle forniture industriali e/o
civili dotate di cabina propria di trasformazione; dal punto di vista dell’utilizzo è quasi
sempre tipica del distributore, anche se alcuni utenti particolari hanno delle linee interne
di Media Tensione che distribuiscono energia elettrica ai vari centri di potenza
attraverso più cabine di trasformazione MT/BT. In genere la tensione tipica è di 20.000
Volt, anche se permangono ancora valori diversi: 8.800V, 10.000 V e 15.000 V a
seconda delle zone.
La Categoria III , più propriamente chiamata Alta Tensione è di competenza degli enti
distributori di energia che servono, attraverso grandi elettrodotti e sotto stazioni di
trasformazione, le grandi utenze o formano la distribuzione primaria della rete elettrica.
In genere, la tipica distribuzione elettrica di Bassa Tensione, prevede l’uso della
tensione trifase + neutro con tensione concatenata (fase-fase) pari a 400V e quella
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stellata di 230V (fase-neutro). Quest’ultima, tipica per la grande maggioranza delle
utenze civili di bassa potenza viene anche definita come monofase.
La classificazione dei sistemi di distribuzione:
La distribuzione elettrica tipica in Bassa Tensione, come sopra detto, prevede le tre fasi
(L1-L2-L3), il Neutro (N) ed il conduttore di terra (PE); in base alle modalità di
collegamento all’impianto di terra si distinguono tre diversi sistemi distributivi:
Sistema TT:
Questo sistema prevede il neutro collegato direttamente a terra dove le masse
dell’impianto sono anch’esse collegate a terra, ma in modo indipendente da quello del
sistema di alimentazione. In altri termini: l’impianto di terra, a cui è collegato il neutro
del sistema elettrico di alimentazione e che proviene da una rete elettrica esterna, è
diverso dall’impianto di terra dell’utente. Questo sistema è l’unico ammesso in Italia per
tutti gli impianti utilizzatori alimentati dalla rete di Bassa Tensione dell’ENEL. In
questo sistema l’impianto di terra svolge la funzione di convogliare verso terra la
corrente di guasto quando avviene il cedimento dell’isolamento di una parte attiva di
una massa.
Sistema TN:
Questo sistema si caratterizza per avere un impianto di terra unico: sia per
l’alimentazione elettrica, che per le masse. In questa situazione, il conduttore di neutro
(N) è allo stesso potenziale di quello di protezione (PE) e si possono configurare due
situazioni: quella in cui i due conduttori vengono distribuiti entrambi (TNS terra-neutro
separati) e quella in cui sono uniti in uno unico (TNC terra-neutro comune).
Questo sistema è tipico delle utenze industriali con fornitura elettrica in Media Tensione
e propria cabina di trasformazione, infatti: la rete elettrica di Media Tensione non
distribuisce il Neutro, che viene ricavato dall’utente collegando all’impianto di terra il
“centro stella” del trasformatore MT/BT, cioè di quella macchina elettrica che, agli
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avvolgimenti del primario, presenta una tensione diversa da quella in uscita del
secondario.
Sistema IT:
Questo sistema, presenta le parti attive dell’impianto di alimentazione, neutro incluso,
isolate da terra, mentre le masse sono connesse a quest’ultima.
La classica configurazione di questo sistema è quella di un impianto alimentato da un
generatore elettrico (ad esempio un gruppo elettrogeno).
IL RISCHIO DI INCENDIO
Oltre alla tensione (V), la grandezza fondamentale di un impianto elettrico è
sicuramente la corrente (A), tralasciamo volutamente le leggi fondamentali
dell’elettrotecnica, poiché si vogliono chiarire dei concetti principali tesi a mostrare gli
effetti e le cause dei rischi elettrici.
Immaginando un semplice circuito dotato di un interruttore in serie al generatore, che
nel nostro caso è la rete di alimentazione esterna, del cavo elettrico su cui circola la
corrente ed il carico, per esempio costituito da una lampadina, si distinguono i seguenti
parametri:
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-
La Tensione: V
La corrente circolante dovuta al carico: IB
La corrente massima sopportabile dal cavo: IZ
La condizione ideale di funzionamento è quella in cui IB < IZ , cioè quella in cui la
corrente circolante dovuta al carico è inferiore a quella sopportabile dal cavo.
Nel caso in cui si verifichi la condizione opposta e cioè: IB > IZ si ha un
surriscaldamento del cavo per effetto della legge di Joule che può innescare un evento
incendiario; questa situazione può presentarsi in due casi: per sovraccarico o per
cortocircuito.
Il primo sussiste quando nel nostro circuito si aumentano i carichi (per esempio
incrementando il numero e/o la potenza delle lampadine) così che la corrente circolante
cresce a valori non sopportabili dal cavo, anche se, spesso, la differenza non è mai
molto elevata.
Il cortocircuito, invece, si presenta quando si crea un “by-pass” al carico stesso,
condizione tipica di un guasto per cedimento dell’isolamento fra due parti attive, questa
situazione fa si che, azzerandosi la resistenza conseguente al carico, per la citata legge
di Ohm, la corrente circolante cresce a valori notevolissimi che possono provocare un
surriscaldamento del cavo o un cedimento del suo isolamento con conseguenze che
possono provocare incendi.
Va detto che per attribuire una causa elettrica ad un incendio, spesso viene utilizzato il
termine “cortocircuito”, mentre in realtà sarebbe più corretto parlare di sovraccarico che
è molto più frequente e si sviluppa in un innalzamento della temperatura del cavo per un
tempo più lungo e per il quale si riscontrano, non poche volte, delle lacune nei mezzi di
protezione.
Per contenere gli effetti di tali eventi, che generalmente vengono denominati
“sovracorrenti”, occorre prevedere dei dispositivi di protezione che sono, generalmente
costituiti dagli interruttori automatici magnetotermici o dalle valvole fusibili.
Questi sono caratterizzati dal valore della corrente nominale di intervento IN che deve
soddisfare la seguente relazione: IB ≤ IN ≤ IZ , cioè deve essere superiore a quella di
impiego dovuta al carico ed essere inferiore a quella sopportabile dal cavo.
Nel caso degli interruttori magnetotermici, questi esercitano la protezione contro i
sovraccarichi (correnti meno elevate), utilizzando l’effetto termico e quella contro i
cortocircuiti (correnti più elevate) grazie alla parte magnetica. La protezione viene
svolta grazie all’apertura automatica del circuito in presenza della sovracorrente
indesiderata.
Con lo stesso principio funziona anche la protezione che si effettua grazie alle valvole
fusibili, che sono costituite da un filamento che, in presenza di una sovracorrente fonde
per effetto Joule, prima che nel circuito si generino pericolosi surriscaldamenti; la
differenza fondamentale sta nel fatto che l’interruttore automatico magnetotermico, oltre
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ad esercitare una migliore e più completa protezione, consente di riattivare il circuito
con semplicità, una volta eliminata la fonte del guasto, senza dover eseguire interventi
di sostituzione dell’apparato, come avviene per le valvole fusibili.
Naturalmente, quando si parla di coordinamento delle protezioni contro le
sovracorrenti, si intende il frutto di un calcolo teso a verificare la compatibilità delle
correnti circolanti dovute al carico, con la portata dei cavi e con il valore e la curva di
intervento del dispositivo di protezione.
Occorre evidenziare che le portate dei cavi variano in funzione delle loro sezioni che
sono normalizzate (vedi descrizione nell’appendice) per il tipo di isolamento (gomma o
pvc) e per la posa. In particolare occorre notare che: la portata dei cavi non cresce
linearmente con la sezione, perché ciò che determina questo valore è la capacità di
dissipare il calore prodotto dal passaggio di corrente che è esercitata dalla parte
superficiale del cavo che, in proporzione al diametro è maggiore per i cavi di piccola
sezione, piuttosto che per quelli che l’hanno elevata.
Per gli stessi motivi, i cavi che hanno una guaina in gomma sono favoriti nei confronti
di quelli isolati in pvc e quelli posati in aria libera dissipano meglio il calore di quelli
contenuti all’interno di tubazioni chiuse poste sotto intonaco.
IL RISCHIO DI FOLGORAZIONE:
Il principio fisico su cui si basa l’esistenza di un impianto elettrico è quello della
circolazione della corrente che si ottiene quando il circuito si richiude attraversando il
carico; in particolare, nello schema più semplice che possiamo ipotizzare che è quello di
una pila (generatore in corrente continua), la corrente inizia a circolare dal polo positivo
della stessa, una volta chiuso l’organo di comando (interruttore), attraversa il carico
(lampadina) e si richiude sulla pila esattamente al polo negativo (schema 1).
Nel caso di un sistema distributivo TT o TN, il principio è sempre lo stesso, anche se
operiamo in corrente alternata e con tensioni e correnti molto più elevate; se prendiamo
ad esempio un impianto monofase derivato da uno trifase e proveniente da una cabina di
trasformazione: la corrente circola nella fase, attraversa il carico ed il circuito si
richiude, grazie al conduttore di neutro, nel trasformatore in cabina (schema 2).
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Conseguentemente, è evidente che se supponiamo di inserirsi “in parallelo” alla
lampadina, cioè tocchiamo i due suoi poli (fase e neutro) con due parti del nostro corpo
(schema 3), siamo investiti da una corrente che sarà tanto più alta quanto minore è la
nostra resistenza.
Non possiamo, però, dimenticare che il conduttore di neutro è collegato all’impianto di
terra in cabina (centro-stella del trasformatore), perciò: se si tocca con una parte del
corpo (ad esempio una mano) un componente dell’impianto in tensione e si ha,
contemporaneamente, un’altra parte del corpo (ad esempio i piedi) in contatto con il
terreno, anche in questo caso, il nostro corpo, che ha una sua conducibilità, si pone “in
parallelo” al circuito elettrico e viene attraversato da una porzione di corrente che può
essere dannosa fino a generare danni letali per il nostro fisico (Schema 4).
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L’entità di questo danno è funzione del valore della tensione a cui si è sottoposti, di
quello della corrente e del tempo di esposizione; l’evento che si genera è definito come
folgorazione che può provocare effetti patofisiologici di tetanizzazione muscolare
reversibili o irreversibili con probabilità di fibrillazione ventricolare mortale crescente.
Va evidenziato che le condizioni sopra richiamate sono abbastanza comuni, in quanto, a
meno che non si adottino particolari precauzioni (scarpe di gomma, guanti isolati, etc.)
può variare il valore di resistenza complessiva del circuito mano-piede-terreno, ma una
conducibilità sussiste quasi sempre.
Il rischio elettrico di folgorazione può essere generato da due tipi di contatti: quelli
diretti e quelli indiretti:
Il contatto diretto avviene quando la persona tocca intenzionalmente o casualmente
una parte dell’impianto in tensione e viene attraversato dalla corrente conseguente, il
contatto indiretto si genera quando si entra in contatto con una massa di un involucro,
normalmente non in tensione, ma che, a causa di un guasto in atto nell’isolamento,
accidentalmente si trova in tensione.
Per quanto riguarda il primo tipo di contatto, quello diretto, è più semplice prevedere
delle protezione che sono generalmente di tipo meccanico, costituite da involucri o da
distanziamenti dalle parti in tensione, per il secondo tipo, più subdolo in quanto non è
prevedibile da parte della persona, sussistono vari sistemi, anche in funzione delle
condizioni ambientali.
La Tensione di Contatto UC cui viene sottoposta una persona in caso di contatto
indiretto ha un valore limite che è normalmente fissato in 50 Volts, ma che, in alcuni
casi, viene convenzionalmente individuato in 25 Volts (Cantieri edili, ambienti
zootecnici, locali adibiti ad uso medico) in quanto si ritiene che in questi ambienti le
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condizioni della persona sono tali da farne diminuire la propria resistenza elettrica
equivalente e quindi renderlo più vulnerabile agli effetti della corrente.
A lato si schematizza una tipica situazione
per la quale un soggetto risulta sottoposto
ad una tensione di contatto a causa di un
guasto di un’apparecchiatura che, per
perdita di isolamento, risulta essere sotto
tensione.
Di conseguenza a quanto sopra,
indipendentemente dal
sistema di
distribuzione, risultano evidenti due primi
metodi di protezione basati su due
principi, il primo legato ad impedire che
gli involucri vadano sotto tensione ed il
secondo che prevede l’uso di tensioni
inferiori a quelle limite.
Nel primo caso parliamo dell’uso
di involucri a doppio isolamento
cioè di custodie dotate di
isolamento supplementare che
evitino, in caso di un guasto nel
circuito, che la parte esterna vada
sotto tensione; in queste condizioni
è proibito collegare all’impianto di
terra tali custodie.
Nel secondo caso, invece, si prevede l’uso di tensioni derivate da trasformatori con
primario di categoria 1 (230V o 400V) ed il secondario di categoria 0 (12-24-48V).
Questi impianti vengono definiti SELV,
PELV o FELV, ma vanno considerati
validi per l’eliminazione delle protezioni
meccaniche solo i primi, perché realizzati
attraverso trasformatori di sicurezza, cioè
con gli avvolgimenti separati e quindi in
grado di evitare che un guasto
dell’isolamento non comporti il passaggio
della tensione del primario sul secondario.
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Questi metodi di protezione contro i contatti indiretti trovano frequente applicazione per
la risoluzione di problemi parziali, ma, per diversi motivi, non possono essere estesi a
tutto l’impianto elettrico.
Nei sistemi di distribuzione tipici delle utenze civili in Bassa Tensione (i sistemi TT), la
protezione viene affidata anche e sopratutto a dei dispositivi automatici chiamati
Interruttori Differenziali, questi rilevano le dispersioni di corrente che si presentano
per guasti sul circuito elettrico intervenendo ogni volta che si presenta questo evento.
In realtà questa protezione si ottiene
rispettando sempre la relazione: RA IA
≤50V dove:
RA è la somma delle resistenze del
dispersore e dei conduttori di protezione
delle masse e IA è la corrente che provoca
il funzionamento del dispositivo di
protezione cosa che sarebbe teoricamente
possibile anche con l’uso di un normale
interruttore automatico magnetotermico
con particolari caratteristiche, ma in
presenza di valori di resistenza molto
bassi che sono spesso difficili da ottenere,
per cui si preferisce l’uso di tali dispositivi
che sono in grado di rilevare dispersioni di
corrente anche di 30 mA.
Tale tipologia di protezione è spesso usata
anche per i sistemi TN-S, anche se per
questi, che “vedono” una fuga di corrente
verso terra come un cortocircuito (neutro e
terra sono collegati allo stesso potenziale)
si può calcolare l’impedenza dell’anello di
guasto e verificare che le protezioni
intervengano entro dei tempi prestabiliti.
Esiste un altro metodo per effettuare la protezione contro i contatti indiretti ed è quello
della separazione elettrica.
Questo si basa sul principio di alimentare
l’impianto attraverso l’uso di un
trasformatore di isolamento che ha la
stessa tensione, sia al primario, che al
secondario, ma che elettricamente sono
isolati, così che il circuito a valle si trova
ad avere il neutro isolato da terra (sistema
IT) e quindi impedisce la richiusura del
circuito attraverso il centro-stella del
trasformatore.
Questo sistema, utilizzato per particolari
ambienti (sale operatorie) prevede alcune
accortezze tecniche, quali ad esempio, il
continuo controllo dell’isolamento.
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Un’ultima annotazione va fatta precisando che il garantire la protezione contro i contatti
indiretti, è un’assicurazione in più contro i rischi di incendio, perché un guasto verso
terra può comportare una sovracorrente che, se non viene eliminata, può essere fonte di
pericolo di incendio.
L’impianto di terra:
L’impianto di terra, per essere efficace, deve essere affidabile e di lunga durata, cioè
deve poter mantenere le sue caratteristiche nel tempo, oltre a garantire un basso valore
di resistenza per garantire il funzionamento delle protezioni, come sopra indicato.
Il D.P.R. 547/55, il decreto che regolava la sicurezza negli ambienti di lavoro, indicava
un valore numerico minimo di resistenza dell’impianto di terra fissato in 20 Ohm, oggi
le norme CEI, non indicano più un valore di soglia, perché fissano il valore limite della
tensione di contatto UC come prima indicato; infatti la norma si pone l’obbiettivo che
l’utente sia salvaguardato in modo che non debba essere sottoposto ad una tensione di
contatto, che è pari al prodotto fra la corrente cui è investito e la resistenza verso terra,
non superiore a 50V negli ambienti ordinari e 25V in quelli particolari, fra i quali sono
inseriti anche i cantieri edili.
Pertanto se si utilizza un dispositivo di protezione differenziale con corrente di
intervento pari a Id: 0,03 A per garantire una tensione di contatto inferiore a 25V, sarà
necessario che il valore di resistenza somma fra quelle del conduttore di protezione (in
genere trascurabile) e quella dell’impianto di dispersione di terra non superi 833 Ω.
Gli elementi che compongono l’impianto di terra sono:
Il Dispersore che è un conduttore in contatto elettrico con il terreno e che può essere
intenzionale cioè appositamente posato allo scopo, o di fatto cioè che svolge la stessa
funzione pur essendo presente per altri motivi (ad esempio il ferro del calcestruzzo di
fondazione di un edificio), di seguito si riportano le sezioni previste per i dispersori:
DIMENSIONI
TIPO DI ELETTRODO
ACCIAIO ZINCATO
A CALDO
RAME
Piastra
Spessore
3mm
3mm
Nastro
Spessore
Sezione
3mm
100mm2
3mm
50mm²
Tondino o conduttore
massiccio
Sezione
50mm²
35mm²
Ø ciascun filo
Sezione corda
Ø esterno
Spessore
1.8mm
50mm²
40mm
2mm
1.8mm²
35mm²
30mm
3mm
Picchetto massiccio
Ø
20mm
15mm
Picchetto in profilato
Spessore
Dim.trasversale
5mm
50mm
5mm
50mm
Conduttore cordato
Picchetto a tubo
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Il Conduttore di terra che ha la funzione di collegare eventuali dispersori fra loro, la
cui sezione deve essere la seguente:
In rame non protetto contro la corrosione
16 mm2
In acciaio zincato non protetto contro la corrosione
16 mm2
In rame protetto contro la corrosione
25 mm2
In acciaio zincato protetto contro la corrosione
50 mm2
Inoltre il Conduttore di terra collega il dispersore al Collettore o Nodo principale di
terra, che, a sua volta, raccoglie tutti Conduttori di protezione, che connettono le
varie masse e prese di terra ed i Conduttori equipotenziali principali che svolgono la
stessa funzione per le masse estranee ed i Conduttori equipotenziali secondari.
La sezione minima dei conduttori di protezione è la seguente:
Sezione dei conduttori di fase S in mm2
S< 16 mm²
*
Sezione minima del conduttore
protezione Sp in mm2
S=Sp*
16mm²<S<35mm²
16mm²
S>35mm²
Sp=0,5 S
di
Se il conduttore di protezione non fa parte della stessa conduttura di alimentazione, la sezione
minima è di 2.5mmq in presenza di protezione meccanica e di 4 mmq in assenza di quest'ultima
E’ opportuno introdurre due definizioni che sono fondamentali per comprendere la
funzione dell’impianto di terra.
Massa: Parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che non è
in tensione in condizioni ordinario, ma che può andarci in caso di guasto. Questo è il
tipico caso degli involucri metallici di protezione di apparecchiature elettriche che
possono andare sotto tensione in caso di guasto dell’isolamento principale ed è per
questo motivo che questo tipo di massa va collegato alla rete di terra attraverso il
conduttore di protezione.
Massa Estranea: Parte conduttrice non facente parte dell’impianto elettrico in grado di
introdurre un potenziale. In genere questo tipo di masse sono gli elementi metallici che
costituiscono la struttura di un edificio o le tubazioni idriche o del gas, esse sono
classificate tali in funzione della loro resistenza verso terra e, per ambienti ordinari, si è
stabilito che non sono da considerarsi masse estranee, quelle che presentano un valore
resistenza inferiore a 1000 Ω. Questo valore è diverso per i cantieri edili dove, viene
considerata massa estranea ogni parte metallica che ha un valore di resistenza
verso terra inferiore a 200 Ω.
Il dimensionamento delle varie parti componenti gli impianti di terra è regolato dalle
normative, vale, la pena ricordare un principio fondamentale sulla necessità di collegare
all’impianto di terra una Massa Estranea, che è costituita da quelle parti conduttrici non
elettricamente alimentate, che sono in grado di introdurre un potenziale di terra; in altri
termini: nei cantieri edili, tutto ciò che ha un basso valore di resistenza verso terra e che,
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convenzionalmente, viene fissato al di sotto di 200 Ohm, deve essere collegato
all’impianto di terra.
Caratteristiche degli impianti elettrici di cantiere:
Per gli impianti elettrici di cantiere, oltre ad una sezione specifica della norma CEI 64-8
sez.704, esiste anche una guida CEI 64-17; di seguito si sintetizzano le principali
caratteristiche di un impianto elettrico a servizio di un cantiere:
Campo di Applicazione:
•
•
•
•
•
Lavori di costruzione di nuovi edifici
Lavori di riparazione, trasformazione, ampliamento e demolizione di edifici esistenti
Opere pubbliche
Lavori di movimentazione terra
Lavori simili
Le parti degli edifici che sono sottoposte a trasformazioni strutturali, quali ampliamenti,
riparazioni importanti o demolizioni, sono considerati cantieri per la durata dei lavori e
nella misura in cui lavori necessitano della realizzazione di un impianto temporaneo.
Per i luoghi di servizio dei cantieri, quali: uffici, spogliatoi, mense, sevizi igienici,
spacci, sale riunioni, etc. si applicano le prescrizioni generali contenute nella norma CEI
64-8.
Raccomandazioni generali:
L’impianto di cantiere è per sua natura temporaneo poiché destinato ad essere
smantellato al termine dei lavori, ma è evidente che la durata del cantiere, mesi o
anni,comporta un utilizzo dell’impianto più o meno intenso. Ne consegue che in un
cantiere per il quale si prevede una lunga durata l’impianto debba essere progettato e
realizzato con maggior funzionalità rispetto ad uno per breve durata.
Una lunga durata del cantiere consiglia inoltre una revisione periodica dell’impianto
stesso. Occorre comunque tenere in conto delle condizioni climatiche, di rischi d’urto,
d’acqua, di polveri che sono tipici di questo tipo di attività e ciò deve imporre la scelta
di apparati solidi ed in grado di resistere opportunamente agli agenti sopra descritti.
La presenza di linee aeree ed interrate:
Un primo problema è costituito dalla presenza di impianti elettrici attivi sia aerei, che
interrati e di questo occorre tenere conto provvedendo o ad opportuni distanziamenti,
che sono fissati dal DPR 164/56 e che determinano una distanza minima di 5 m,
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Figura 1
Oppure agendo con schermature, come ad esempio, indicato in figura 2:
Figura 2
Alimentazione e sistemi di distribuzione:
In generale i casi più frequenti sono quelli che riportano un allaccio in Bassa Tensione
dalla rete pubblica o quella derivata da un Gruppo Elettrogeno.
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A lato si riporta un esempio di tipico allaccio in
Bassa Tensione derivato da una linea aerea di
proprietà dell’ente distributore.
In questo caso il sistema di connessione a terra
è quello denominato TT che prevede che le
masse
dell’impianto
siano
collegate
all’impianto di terra indipendentemente.
In basso si riporta lo schema tipico di questo
sistema di distribuzione elettrica.
Anche nel caso in cui si debba provvedere all’alimentazione elettrica attraverso un
gruppo elettrogeno, è opportuno utilizzare lo stesso tipo di connessione, in quanto
quella tipica degli impianti derivati da sorgenti autonome (sistema IT) necessitano di un
sistema di controllo dell’isolamento, fra le parti attive e la terra, cosa sconsigliata per
questo tipo di installazioni.
Tipologie delle condutture elettriche:
Le scelte dei cavi sia per quanto riguarda il tipo di cavo, che le modalità di posa che
devono tenere in conto esigenze di sicurezza, funzionalità ed economicità.
Le tipologie di cavi più comuni ammesse sono:
Tipo di cavo
FG7R o FG7OR
0.6-1 kV
H07RN-F
0,45-0,75 kV
N07V-K
0,45-0,75 kV
Posa Fissa su
tubo o canale
Posa fissa su Posa
pass. o fune
interrata
ADATTO
ADATTO
ADATTO
ADATTO
ADATTO
NON
ADATTO
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ADATTO
NON
ADATTO
NON
ADATTO
Posa mobile
NON
ADATTO
ADATTO
NON
ADATTO
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Dove:
• FG7R o FG7OR cavo uni-multipolare con isolamento in gomma e guaina in pvc.
•
•
H07RN-F cavo unipolare o multipolare, isolato in gomma (G) sotto guaina esterna
in policloroprene (neoprene) resistente all'acqua ed all'abrasione, per posa mobile.
N07V-K cavo unipolare, isolato in gomma PVC.
Nella posa interrata, qualora non si preveda il recupero del cavo, la quota di
interramento deve essere pari almeno a 0,50 m e deve essere interposto un nastro di
segnalazione a circa 20 cm dalla quota di posa (vedi figura 3)
Figura 3
Qualora il cavo sia collegato ad una fune (Figura 4), le fasciature non danneggino la
guaina di protezione e la distanza fra due fissaggi (L) sia almeno di 2 metri.
Figura 4
Per evitare danni, i cavi non devono passare attraverso luoghi di passaggio per veicoli o
pedoni; quando questo debba avvenire, devono essere protetti attraverso delle protezioni
speciali contro i danni meccanici ed i contatti accidentali
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Nel caso di posa su palo con sella di sostegno dei cavi (figura 5) questa, che è
comunque considerata una posa fissa, non ammette l’uso di legacci tramite il filo di
ferro, ma prevede solo la posa per appoggio su superfici non taglienti e con raggi di
sella e frecce che possono essere calcolate tramite i valori forniti dalla guida CEI 64-17.
Figura 5
Infine le condutture devono essere disposte in modo che non vi sia alcuna sollecitazione
sulle connessioni, fatto salvo che non siano specificatamente progettate allo scopo e, a
meno che non siano disposte idonee protezioni meccaniche, non devono passare
attraverso luoghi destinati al passaggio dei veicoli e dei pedoni.
Dispositivi di protezione, comando e di sezionamento:
Fermo restando che la tensione di contatto massima ammessa nei cantieri è pari a 25V,
oltre alle protezioni contro le tensioni dovute a contatti diretti, che vengono effettuate
attraverso isolamento di parti attive e l’utilizzo di involucri, la protezione contro le
tensioni dovute a contatti indiretti può essere effettuata solo attraverso dispositivi ad
interruzione automatica dell’alimentazione (Interruttori differenziali), in particolare:
•
•
All'origine dell'impianto deve essere previsto un quadro che comprenda i dispositivi
di protezione, sezionamento e di comando principali.
Sul cavo di ingresso di ciascun quadro deve essere previsto uno o più dispositivi che
assicurino il comando ed il sezionamento dello stesso.
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•
•
•
•
Devono essere previsti dei dispositivi che per l'interruzione di emergenza
dell'alimentazione di tutti gli apparecchi utilizzatori per i quali possa essere
necessario interrompere tutti i conduttori attivi per eliminare un pericolo.
I dispositivi di sezionamento dell'alimentazione devono essere adatti per essere
fissati nella posizione di aperto (ad es.: mediante lucchetto o riposti all'interno di un
involucro chiuso a chiave).
L'alimentazione degli apparecchi deve essere effettuata dai quadri di distribuzione
che devono essere conformi alla normativa EN 60439-4 che comprendono:
-I dispositivi di protezione contro le sovracorrenti
-I dispositivi di protezione contro i contatti indiretti
-Prese a spina
Le prese a spina e gli apparecchi utilizzatori portatili permanentemente connessi
fino a 32 A, devono essere protette con dispositivi aventi corrente differenziali non
superiori a 0.03A, o devono essere alimentati con circuiti SELV o devono essere
con separazione elettrica utilizzando un trasformatore per ciascuna presa.
Prescrizioni particolari per i quadri elettrici:
Nei cantieri sono ammessi solo quadri elettrici costruiti in serie denominati ASC in
base alla normativa CEI 17-13/4 che abbiano apposta dal costruttore una targhetta
indelebile riportante:
• IL NOME O IL MARCHIO DI FABBRICA DEL COSTRUTTORE
• IL TIPO, O IL NUMERO O ALTRO MEZZO DI IDENTIFICAZIONE CHE POSSA CONSENTIRE DI
OTTENERE DAL COSTRUTTORE TUTTE LE INFORMAZIONI NECESSARIE
•
•
LA CONFORMITÀ ALLA NORMA EN 60439-4
•
TENSIONE DI FUNZIONAMENTO NOMINALE
VALORE
DELLA CORRENTE NOMINALE DEL QUADRO E LA FREQUENZA PER LA
CORRENTE ALTERNATA
Impianto di illuminazione di cantiere:
Deve avere le stesse caratteristiche della distribuzione degli impianti di Forza Motrice,
in tal senso è consigliabile un grado di protezione minimo pari a IP4X, inoltre è
necessario che i cavi di collegamento siano adatti alla posa mobile , così come gli
apparecchi devono avere la caratteristica idonee di trasportabilità, quindi è opportuno
prevedere apparati dotati di cavalletto di sostegno (vedi figura 6)
Figura 6
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Impianto di terra:
Per quanto attiene all’impianto di terra è opportuno ricordare, ancora una volta, che la
tensione di contatto nell’area di cantiere deve essere al massimo pari a 25V, per cui
nell’ipotesi più classica che è quella di un impianto TT alimentato in Bassa tensione,
vale la seguente relazione:
Ra≤ 25/Idn
Dove:
Ra = somma delle resistenze del dispersore e dei conduttori di terra delle masse
Idn = corrente nominale differenziale dell’interruttore differenziale.
Per quanto attiene ai collegamenti di equipotenzialità, si ricorda che nei cantieri edili
sono considerate masse estranee, e quindi vanno collegate a terra, tutte quelle
masse metalliche in grado di introdurre un potenziale elettrico, che hanno una
resistenza verso terra inferiore a 200 Ω.
Infine, si rammenta che nella stessa area di cantiere l’impianto di terra deve essere
unico, quindi non sono ammessi diversi impianti di terra, anche se fra loro distanti, di
seguito si riportano alcuni esempi di connessioni equipotenziali e di dispersori (fig.7-8)
Figura 7
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Figura 8
Le Protezioni contro le scariche atmosferiche:
Il D.M.37/2008 prevede l’obbligo di un impianto di protezione dalle scariche
atmosferiche in tutti gli edifici e di volumetria superiore a 200 mc.
Parimenti, le normative CEI EN 62305-1/2/3/4 che hanno sostituito le CEI 81.1 e 81.4,
definiscono le modalità di realizzazione di questo impianto, sinteticamente detto di
parafulmine, specificando, in base ad un calcolo probabilistico esplicitato dalla norma,
se l’edificio può definirsi autoprotetto, oppure necessita di un impianto base ed
integrativo.
Se il calcolo probabilistico definisce l’edificio autoprotetto, significa che la probabilità
che venga colpito da un fulmine è così bassa da non rendere necessario la realizzazione
di un impianto di protezione.
Viceversa, se la probabilità è significativa, la norma indica le caratteristiche principali
dell’impianto ed identifica le dimensioni della maglia di captazione, la posizione e la
dispersione di terra.
Oltre a questo, le normative indicano anche le procedure per determinare la necessità di
inserire a monte dell’impianto degli organi di protezione (SPD) per le fulminazioni
indirette entranti attraverso le linee elettriche e telefoniche.
Senza entrare nel dettaglio della peculiarità della norma, i parametri che servono ad
identificare il livello di probabilità che un edificio sia soggetto ad essere investito da
una scarica di origine atmosferica, sono legati alla ubicazione geografica ed orografica
del luogo, alle dimensioni dell’edificio, alle attività che in esso si svolgono, al suo
carico di incendio, etc.
Nel caso dei cantieri, occorre anche qui eseguire una verifica sulle singole strutture
ricordando che, le stesse possono essere valutate singolarmente.
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