Christian Grataloup Università Paris-Diderot
Presentazione per il seminario CVM, Senigallia, venerdì 5 settembre 2014
Geostoria della mondializzazione
Il profondo rinnovamento culturale in un mondo globalizzato
Il testo segue l'ordine delle diapositive del Power Point.
1. L'idea di fondo della presentazione è quella di fare un collegamento tra la mondializzazione,
considerata nella lunga prospettiva storica, e gli strumenti intellettuali per riflettere sul
Mondo e sulla sua storia. Qui "Mondo" è scritto con la maiuscola, perché il termine è
utilizzato come un toponimo, il nome proprio di un essere geografico, quindi sociale, che non
è sempre esistito: l'umanità interconnessa.
2. La struttura della presentazione è semplice. Inizia con una constatazione, quella che da una
trentina d'anni i nostri concetti di scienze sociali sono messi in discussione in risposta
all'interconnessione del Mondo. Successivamente, il geografo che è in me si soffermerà sulla
messa in discussione del "ritratto del Mondo", della sua rappresentazione, sia in senso
mentale che cartografico. Infine verranno presi in esame i problemi simmetrici sul pensiero
del tempo delle società, che ci condurranno a parlare di storia cosiddetta "globale", e quindi
di un bisogno di geostoria.
Prima parte: la mondializzazione delle scienze sociali dai "Trenta gloriosi"
3. L'espressione francese "Trenta gloriosi" indica il periodo, compreso tra il 1945 e il primo
shock petrolifero, caratterizzato da una forte crescita in Europa (lo stesso periodo del
"Miracolo italiano"). Nella prima parte viene fatto il collegamento tra due processi, entrambi
risalenti all’incirca al 1980, ma spesso appartenenti a due narrazioni diverse: la
mondializzazione, e quello che è solito chiamare il "postmodernismo". Il primo processo
rimanda soprattutto alla storia economica, mentre il secondo alla storia del pensiero. È verso
il 1980 che nella maggior parte delle lingue i termini di "mondializzazione" o
"globalizzazione" fanno il loro ingresso nei vocabolari delle lingue correnti. Difenderò l'idea
che questi due processi sono un processo unico, e che il postmodernismo è solo l'effetto
della presa di coscienza del Mondo - soprattutto da parte degli Occidentali – che è la
mondializzazione. Questa visione modifica la prospettiva del passato introducendo una
dimensione geografica forte, che nel 1949 lo storico Fernand Braudel aveva definito
"geostoria".
4. Un aneddoto: l'espressione "postmodernismo" è nata dalla riflessione sull'architettura. È
stato Charles Jenks a coniare il termine all'inizio degli anni '70 del secolo scorso in reazione
all'architettura cosiddetta "moderna", quella della "Carta di Atene", il cui esponente più noto
fu Le Corbusier. Dalla fine degli anni '70 l'architettura è un susseguirsi di collage, citazioni,
interpretazioni locali, ecc., In pratica, l'esatto contrario della costruzione "moderna", che
voleva essere universale, atemporale e soprattutto senza luogo: in altre parole, edifici senza
storia né geografia.
5. Le manifestazioni architettoniche moderne più diffuse, ben note sia in Francia che in Italia,
sono i quartieri residenziali: i grandi complessi destinati a ospitare i nuovi cittadini e a
rispondere alla penuria di alloggi del dopoguerra. Dagli anni '70 questi progetti sono oggetto
di numerose critiche e sempre più spesso sono rasi al suolo.
6. Per questo motivo, con una precisione da far sorridere, Jenks fa risalire l'inizio del
postmodernismo alle ore 15:32 del 15 luglio 1972 (raramente si è così precisi nella storia
delle idee!). Quel giorno viene infatti distrutto un dei maggiori progetti urbanistici del
Mondo, il Pruitt-Igoe (a Saint-Louis, negli Stati Uniti), costruito dallo stesso architetto delle
Torri gemelle abbattute l'11 settembre 2001.
7. Tutto questo sarebbe rimasto confinato alla storia dell'architettura e non ne avrei mai
parlato, se l'espressione "postmodernismo" non fosse stata ripresa da alcuni filosofi, in
particolare Jean-François Lyotard, in "La condizione postmoderna" del 1979, nello stesso
momento in cui l'espressione "globalizzazione" si diffonde nel linguaggio giornalistico. Il
postmodernismo epistemologico è la constatazione che la modernità sia finita, modernità
come inventata dall’Europa nel XVIII secolo con la Filosofia dei Lumi, e in particolare la
convinzione nell’idea di Progresso. Infatti, in pochissimo tempo, si è assistito negli anni '80
alla fine delle "grandi narrazioni", ossia delle grandi griglie di lettura evoluzionistiche, prima
fra tutte il marxismo. È anche la fine delle grandi ambizioni classificatorie sistematiche,
strutturalismo compreso.
8. Nei campus delle università statunitensi il postmodernismo si diffonde molto velocemente
utilizzando autori europei, spesso sotto forma di collage di loro testi: Michel Foucault,
Jacques Derrida, ecc. Gli intellettuali francesi ne traggono subito giovamento, perché questa
rottura intellettuale viene battezzata oltre-atlantico come la French Theory, quando in realtà
si trattava di un movimento di pensiero statunitense. L'aspetto importante fu di dubitare
sistematicamente delle categorie che fino ad allora avevano strutturato le scienze sociali.
Sulla dispositiva ho scritto "trouble" in riferimento al famoso libro di Judith Butler, Gender
Trouble (trad. it., Questione di genere), momento fondante dei genders studies, un aspetto
essenziale delle opere postmoderne.
9. Ma occorre anche parlare degli studi postcoloniali, il cui caposaldo è rappresentato da
Orientalism (trad. it., Orientalismo) di Edward Saïd, del 1978 (anche se l’autore non è
d'accordo). Tutti i Subaltern Studies si inseriscono chiaramente in questo movimento
postmoderno, che è al tempo stesso la messa in discussione della supremazia del pensiero
occidentale e, per gli Occidentali, la messa in discussione dei loro schemi mentali. Una
tendenza che il titolo del libro di Dipesh Chakrabarty, Provincializzare l'Europa, ben traduce.
10. Tra le trasformazioni, almeno lessicali, si segnalerà, per quanti insegnano storia o geografia, il
lento scomparire di espressioni quali "sotto-sviluppo" (addirittura "paesi meno avanzati"), "in
via di sviluppo", ecc. Queste espressioni, esplicitamente evoluzionistiche, si basano sull'idea
che tutte le società seguano lo stesso percorso, lo "sviluppo", con un lessico nettamente
storico e temporale. È nel 1980 con il Rapporto Brandt che viene coniata l'espressione
"Nord/Sud", espressione spaziale e non temporale, geografica e non evoluzionistica.
11. In ambito storiografico, anche la formalizzazione in regimi di storicità rappresenta una
rottura. In Francia, i “regimi di storicità” di François Hartog, con il passaggio dal "futurismo"
al "presentismo", concettualizzano il cambiamento …
12. … sulla scia di Reinhart Kosellek.
Seconda parte: Un ritratto del Mondo diventato opaco
13. Quando si dice "Mondo" si vede innanzitutto un planisfero classico = "orientato" a Nord e
incentrato sull'Europa. Ho messo in questa diapositiva un planisfero "politico", perché uno
dei principali retaggi della globalizzazione europea (su cui non ho tempo di soffermarmi) è
l'organizzazione delle società sotto forma di Stati nazione.
14. La rappresentazione più classica del Mondo si basa sulla proiezione di Mercatore, risalente
alla seconda metà del XVI secolo, incentrata orizzontalmente sull'equatore e verticalmente
sul Meridiano di Greenwich. La scelta di questo meridiano 0° coincide con l'apogeo della
globalizzazione europea ("conferenza del meridiano" di Washington del 1884). Anche se i
modi di rappresentare in piano la superficie terrestre possono variare notevolmente (oltre
800 famiglie di proiezioni), questo tipo di planisferi è diventato ovunque la norma dal XVI
secolo.
15. Ma quello che è soltanto un modo di vedere è diventato anche un modo di pensare. Segue
un esempio, tratto da un manuale francese di un secolo fa, del pensiero che vede l'Europa al
centro, non solo della rete mondiale che essa aveva creato a partire dal XV secolo, ma anche
della Terra e delle terre emerse. Si pensava che questa centralità traducesse la naturale
supremazia europea. La funzione della geografia scolastica è spesso quella di naturalizzare
realtà di fatto sociali.
Estratto del manuale citato nella diapositiva 13:
"La Francia è situata nell'emisfero boreale, il più popoloso e civilizzato. Sorge tra il 42° e il
50° di latitudine, ovvero al centro della zona temperata, la più propizia allo sviluppo della
civiltà. Si trova infine all'incirca al centro delle terre emerse: quasi la stessa distanza separa la
Francia dall'Asia nord-orientale e dall'America nord-occidentale, o la Francia dalla Nuova
Zelanda e dalla punta del Sud America".
16. Ma è verso gli anni '70 - e il fatto non deve più stupirci - che planisferi diversi escono dal
mondo degli specialisti per essere diffusi tra il grande pubblico in risposta a nuove
aspettative. Un chiaro esempio è rappresentato dalla mappa di Stuart McArthur, datata
1979. Non sarete sorpresi di sapere che si tratta di un planisfero australiano (qui una
cartolina). Tecnicamente, si tratta dello stesso planisfero della diapositiva 12, ma orientato a
Sud e incentrato sul 180° meridiano.
17. Esiste anche la moda della proiezione cosiddetta "di Peters" (in realtà, di Gall). Peters era il
militante terzomondista che si è fatto promotore di questa proiezione (un Mercatore con un
coefficiente che "distanzia" i paralleli alle basse latitudini e li avvicina alle alte latitudini per
essere conforme alle superfici delle terre emerse). La mappa di Peters evita di sottovalutare
l'importanza delle regioni intertropicali, quindi dei paesi poveri.
18. La globalizzazione economica solleva peraltro un problema di rappresentazione, che consiste
soprattutto in una "boucle" del Mondo, una circolazione di uomini e di merci. Questa nuova
configurazione è stata tradotta nel 1985 dall’espressione "Triade". Ho rifiutato la mappa
della figura 16 per l'Atlas des mondialisations per un articolo sul commercio mondiale.
19. Alla fine ho pubblicato la mappa incentrata sul polo nord. Le proiezioni polari sono diventate
oggi molto comuni. A fare da pioniera è stata la bandiera dell'ONU adottata nel 1947.
20. Faccio ora una piccola digressione per avanzare una critica "postmoderna" della suddivisione
più banale e più diffusa che ci sia: quella in parti del mondo, o continenti. Occorre
innanzitutto ricordare che non si tratta affatto di una suddivisione naturale, bensì di una
creazione storica europea, che merita un piccola annotazione.
21. Tutto nasce dal mappamondo medievale, detto "T in O", che divide il mondo abitato in tre,
circondato da un oceano, secondo i testi dei Padri della Chiesa, e in particolare di Isidoro di
Siviglia. È a questa disposizione che dobbiamo il termine "orientamento" (il Paradiso
terrestre è laddove sorge il sole e in alto al mappamondo).
22. Sappiamo tutti che l'Europa deve il suo nome a una figura della mitologia greca, una delle
tante conquiste di Zeus, che ricorda inequivocabilmente il debito greco nei confronti della
Fenicia.
23. Di fatto, tutto ha origine nello spazio matriciale del mondo greco, il mar Egeo, la cui sponda
occidentale è chiamata Europé e quella orientale Asié: due termini costruiti probabilmente
su radici semitiche indicanti il Ponente e il Levante. Pertanto Europa = Ovest = Ponente =
Occidente e Asia = Est = Levante = Oriente. In origine si tratta semplicemente di
orientamento, di direzione, e non di territori.
24. I padri della Chiesa recuperano questi termini per essere conformi alla diffusione
dell'ecumene secondo la Genesi, ovvero a partire dai tre figli di Noè, andato ognuno in una
direzione.
25. Tra i numerosi avatar di queste tre parti del Mondo è possibile citare i Re magi, secondo una
tradizione recente del mondo latino (non prima del XIV secolo), che non esiste nel vangelo di
Matteo (l'unico a parlare di magi). Il terzo re, il più giovane (per rappresentare anche le tre
età dell'uomo) e africano, diventa nero nell'iconografia occidentale. I magi sono quindi i
continenti (il più vecchio è l'Asia e il più giovane l'Europa).
26. L'anno della svolta è il 1507, quando a seguito della lettura del Mondus novus di Amerigo
Vespucci, il cartografo Waldseemüller chiama "America" la quarta parte del mondo. L'evento
segna due fatti: la laicizzazione di questa suddivisione (si dimentica la Genesi) e l'affermarsi
dei termini "Europa" ed "Europeo". È effettivamente da questo momento che gli Europei
chiamano così sé stessi, e non più la Cristianità (latina).
27. La questione dei confini di questa suddivisione non ha molta importanza fino al XVIII secolo.
Tuttavia, in concomitanza con lo sviluppo del pensiero classificatorio della scienza europea, si
avverte la necessità di assegnare ogni luogo (isole comprese) a una parte del Mondo. È in
questo frangente che si scelgono gli Urali per separare l'Asia dall'Europa, e responsabile della
scelta è l'Enciclopedia, a causa dei legami tra Diderot e l'imperatrice Caterina II di Russia.
28. Non so resistere alla tentazione di mostrarvi una simpatica illustrazione della sufficienza
francese. L'affresco, intitolato "La Francia colonizzatrice e i cinque continenti" è tuttora
visibile a Parigi al museo della Porte Dorée (già museo coloniale). La Francia (la vergine
vestita di rosso) al centro guida l'Europa civilizzatrice e con l'altra mano tiene la colomba
della pace. Agli angoli sono raffigurate le altre quattro parti del Mondo ...
29. Ma questa suddivisione culturale è anche, e soprattutto, oggi una posta in gioco intellettuale
e geopolitica. Basti pensare all'integrazione europea, giacché che ogni "paese europeo" può
essere candidato. Ma che cos'è un paese europeo? In senso più ampio, questa suddivisione è
alla base di tutte le nostre statistiche mondiali. In particolare, da quando con la modernità la
visione evoluzionista è stata messa in discussione, le classificazioni di matrice continentale si
sono spesso sostituite alle tipologie dai primitivi ai civilizzati.
30. In particolare, Africa e Asia sono solo delle “non Europe”, regioni che esistono quando
l'Europa ritiene di non essere più sé stessa andando a est (Asia) o a sud (Africa).
31. Tuttavia questa suddivisione di origine europea, questa visione eurocentrica, ha assunto
anche una dimensione di identità territoriale, dall'affermarsi della dottrina Monroe
all'Unione africana. Possiamo chiamare queste identità di regioni del Mondo
"continentalismi".
32. L'affermarsi dell'appartenenza all'Europa (qui della Georgia) è la questione che più ci è
familiare. È estremamente evidente per le isole: perché Malta o Cipro non hanno sollevato
problemi entrando in Europa?
33. In un testo solenne del 2004 l'Unione africana ha chiesto la decolonizzazione di tutte le terre
africane facendone l'elenco. Si tratta dell'unico testo a fare un uso geopolitico della Tettonica
delle placche, ma lo fa in modo abbastanza imperialista, annettendo all'Africa delle isole
ambigue (Madera, le Azzorre, ecc.). Di fatto, se l'Africa è un'invenzione europea, il termine è
diventato oggi molto identitario, in ogni caso a sud del Sahara (preciso che insegno anche a
Dakar).
34. L'uso della parola "Asia", e soprattutto dell'aggettivo "asiatico", deriva sempre più
dall'integrazione di Australia-Nuova Zelanda, ma abbandonando il Medio Oriente (il Golfo) e
l'"Asia centrale". Esempio: la "crisi asiatica" del 1997. La pubblicità della Singapour Airlines
sulla diapositiva ne fornisce una simpatica illustrazione, con la città-Stato "al centro naturale
(sic) dell’Asia" e gli aeroporti collegati (le foglie di loto) che includono regolarmente Sydney,
Brisbane, Christchurch, ecc., ma senza superare a ovest Caraci.
Terza parte: effetti di ritorno sulla storia cosiddetta "globale"
35. Il cambiamento del nostro punto di vista sul Mondo e sulle sue rappresentazioni corrisponde
a un mutamento di prospettiva storica.
36. Il planisfero che mette al centro il "Noi", l'Europa, e gli "Altri" intorno corrisponde a una
visione dello spazio organizzata dal tempo. Un testo di un autore di guide di viaggio, un
rappresentante della seconda generazione di enciclopedisti, Joseph-Marie de Gerando,
illustra chiaramente questa visione:
"Il navigatore filosofo che naviga verso le estremità della Terra ripercorre in effetti il
cammino dei tempi; viaggia nel passato; ogni passo che compie è un secolo che oltrepassa".
Considérations sur les diverses méthodes à suivre dans l’observation des peuples sauvages, 1800.
37. Gli antropologi del XIX secolo distinguevano così il selvaggio, la barbarie, la civiltà (Lewis
Morgan).
38. Questo corrispondeva al pensiero dell'economia liberale (Rostow) …
39. … come del pensiero marxista (i modi di produzione), solo che il "modo di produzione
asiatico" introduceva una forma di diversità geografica.
40. Un ottimo esempio, tuttora attuale, è rappresentato dall'applicazione geografica della
transizione demografica.
41. Tra le applicazioni della classificazione delle società, la museografia è particolarmente
caricaturale. Esempi di musei parigini: Louvre, Orsay, Pompidou (evoluzione), ben distinti dal
Branly.
42. La denominazione ufficiale del museo Quai Branly (dall'architettura tipicamente
postmoderna) è "Musée des civilisations des Amériques, d’Afrique, d’Asie et d’Océanie" (a
voi la ricerca del continente dimenticato), in chiara rottura con il vecchio Musée de l’homme,
pensato come una galleria dell'evoluzione (al Palais de Chaillot, la cui architettura è
tipicamente moderna).
43. Nella produzione storica, una mappa che rappresentava i popoli del mondo alla vigilia delle
Grandi scoperte fu diffusa da Fernand Braudel ("Civiltà, culture e popoli primitivi verso il
1500" (Civiltà materiale, economia e capitalismo, tomo 1, pagg. 40-41).
44. La sua leggenda è tipicamente evoluzionista, con una visione tradizionale (e falsa) che
posiziona gli allevatori tra il Paleolitico e il Neolitico.
45. Il risultato corrisponde di fatto al testo di Gerando: i civilizzati sono al centro (l'Europa si
trova addirittura nel centro geometrico della figura) e i cacciatori-raccoglitori in posizione
periferica.
46. Questa rappresentazione del mondo, anche nel passato, non è più sostenibile in un mondo
globalizzato. Un esempio permette di vederne le conseguenze storiografiche: basta
interrogarsi sulla nozione di Antichità, il cui concetto di universalità non funziona più. Se
prendiamo un planisfero dell'ecumene di circa 2000 anni fa, possiamo dire di essere
"nell'Antichità"? Ovunque? E se non è universale, dove?
47. La nozione ha veramente senso solo nel bacino del Mediterraneo e all'interno di confini
cronologicamente precisi. Di fatto, l'Antichità è anche una regione, una suddivisione sia
geografica che storica, quindi geostorica.
48. Il vecchio storico belga Henri Pirenne aveva sollevato il problema in modo diverso dal
semplice spostamento della data che segna la fine dell’Antichità.
49. Legava la nascita dell'Europa al nord del Mediterraneo con la divisione del Mediterraneo in
due mondi (o addirittura tre, con Bisanzio).
50. La separazione era quindi tanto temporale ...
51. ... quanto spaziale.
52. La questione sollevata da Marc Bloch sull'uso della nozione di "società feudale" al di fuori
dell'Europa era già una questione di storia globale. Questa ricomposizione passa attraverso
una riflessione geografica sul passato delle società.
53. È la condizione per evitare di considerare il Mondo diviso in entità eterne e essenzializzate:
"civiltà" di cui Huntington ha dato una visione di scontro. Ricomporre geograficamente il
passato è diventata una necessità civica mondiale.
54. Grazie dell'attenzione.