0005_concrezioni calcaree

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0-005 concrezioni calcaree
FORMAZIONE DISOMOGENEA DI CONCREZIONI CALCAREE PROVENIENTI DA INFILTRAZIONI
Anche se spesso vengono chiamate “efflorescenze”, le concrezioni calcaree non sono il frutto di una semplice soluzione di
sali solubili ma della trasformazione di calcari non solubili da parte di acque debolmente acide (di solito acqua piovana contenente abbondante CO2 e magari qualche altra anidride, ma anche acqua di costruzione) o dell’eventuale calce libera contenuta nella matrice cementizia e della loro, successiva, trasformazione (o ritrasformazione) in carbonati di calcio insolubili,
una volta che raggiungono la superficie esterna ed evapora l’acqua.
Il modo di guasto consiste nella formazioni di incrostazioni di colore biancastro, coerenti e bene aderenti al supporto, fragili e
porose, sulla superficie esterna di una parete o di un parapetto, all’intradosso di una copertura o sul bordo verticale di un
balcone. Tali incrostazioni hanno sempre una forma che segue l’andamento dell’acqua (colature) sulle superfici verticali o i
punti di distacco della goccia, fino a produrre piccole stalattiti.
Incrostazioni calcaree prodotte da infiltrazioni di acqua attraverso la soletta dello sporto di copertura: nel caso in esame, lo sporto, una
soletta laterocementizia rastremata, oltre a fungere da copertura del balcone sottostante, realizza il canale di gronda della copertura (piana) dell’edificio. Il canale di gronda è delimitato verso l’esterno da una soglia realizzata in elementi in pietra naturale; ovviamente la tenuta
non è assicurata in corrispondenza dei giunti di testa tra gli elementi, nonostante la sua successiva impermeabilizzazione (provvisoria).
Le incrostazioni calcaree sono riconoscibili abbastanza facilmente: i cristalli di calcite si depositano formando, sulla superficie, un deposito consistente (non aghiforme o polverulento), ben aderente al supporto (escluso il caso dei rivestimenti plastici o di smalti), biancastro (ma se l’acqua contiene altri sali, per esempio ossidi di ferro, può presentare una colorazione tra il
giallo ed il rosso) insolubile e insapore e, soprattutto, fortemente reattivo (effervescente) all’acido cloridrico.
Prevenzione in fase di progetto
Una parete perimetrale non è, normalmente, interessata da apporti idrici che non siano quelli meteorici, o almeno dovrebbe
esserlo. In tale senso dovrebbe procedere la definizione dei dettagli costruttivi di connessione con altri elementi tecnici, in
particolare coperture e pavimentazioni, facendo in modo che l’acqua raccolta dalle superfici orizzontali o inclinate venga raccolta e inviata a canalizzazioni a tenuta senza bagnare le pareti confinanti. Altrettanto, il progetto deve minimizzare il rischio
di crisi di tale sistema, ovverosia che non sia garantita la tenuta di cui sopra e le capacità di smaltimento delle acque raccolte
o, quantomeno, di minimizzare i danni che da tale evento conseguirebbero.
L’acqua meteorica può penetrare nell’allettamento del rivestimento in piastrelle ceramiche di una parete attraverso crepe prodotte per vari
motivi (foto a sinistra) o se, durante la loro messa in opera (foto di destra), non vengono messe in atto le protezioni necessarie. L’acqua
meteorica, in entrambi i casi, scioglie calcare ed asporta la calce libera presente nelle malte, percolando sulla superficie.
Le formazioni di calcare riportate in figura interessano il bordo di un balcone. Il caso è particolarmente emblematico e lo riportiamo perché
potenzialmente significativo anche per una parete perimetrale eventualmente in continuità di una copertura impermeabilizzata come in
figura. Quando, come in questo caso, l’impermeabilizzazione della soletta laterocementizia che costituisce lo strato portante non risvolta e
non forma una vasca, con espulsione dell’acqua raccolta internamente da bocchettoni o doccioni, il bordo deve smaltire sia l’acqua che
scorre sulla superficie sia quella che, attraverso le porosità della sua finitura, percola nell’allettamento di quest’ultima (vedi immagini seguenti). Correttamente, il dettaglio in figura è stato dotato di scossalina (o “riccio”) di bordo, in materiale inossidabile. Tale “riccio” preserva
il frontalino del balcone ma deve essere oggetto di manutenzione costante.
Prevenzione in fase di cantiere
Altrettanto importante è minimizzare il rischio di apporti idrici meteorici localizzati durante la costruzione delle opere. In particolare, è importante che l’acqua non raggiunga la parete durante la realizzazione delle finiture o della parete stessa, quando
sono faccia a vista.
L’acqua penetra nella
pavimentazione
L’acqua bagna il massetto
oltre a defluire sulla sup.
Qui discioglie la calce
libera (fino a saturare di
Calcio l’acqua piovana)
L’acqua tende a defluire verso il bordo esterno del
balcone, portando con sé il calcio disciolto
Qui si
deposita
il calcare
Colature e incrostazioni di calcare sulla finitura del parapetto di un balcone, nonostante il fatto che non si tratta, come nell’immagine precedente, di una semplice soletta ma di una struttura a vasca. In questo caso l’impermeabilizzazione, se esistente, non è stata adeguatamente collegata al doccione e le infiltrazioni nel massetto colano al di fuori di questo.
In questo esempio è la calce contenuta nella malta di allettamento della copertina del parapetto a produrre, disciolta dall’acqua meteorica
nei primi periodi dal suo completamento le colature di calcare. Presumibilmente il processo di formazione delle concrezioni è esaurito.
In questo caso, invece, è la calce contenuta nella malta di allettamento dei blocchi che costituiscono il parapetto a produrre le colature di
calcare: l’acqua, presumibilmente, penetra la fessura orizzontale corrispondente al piano di posa del parapetto sul solaio di copertura delle
logge e degli alloggi del penultimo piano. Tutti i parapetti sono più “mobili” delle pareti realizzate con le stesse tecnologie (sono confinati
solo in basso e sono esposti da entrambi i lati) ma la particolare forma convessa della facciata dell’edificio accentua la sensibilità del parapetto alle variazioni di temperatura e contenuto d’acqua, ovvero la sua instabilità dimensionale che si manifesta in termini di soluzione di
continuità col solaio e della finitura superficiale (intonaco). Presumibilmente, anche in questo caso, le concrezioni possono essere eliminate senza paura che vadano a riformarsi.
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