nota storica - CAI Cividale

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KRIZ – STENAR - PIHAVEC
La Guardia Alla Frontiera
di
Mariano Moro
Monumento ai caduti della GAF durante la battaglia del 9 settembre 1943 posto presso la Caserma “Italia” di Tarvisio
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A Ettore Mazzocoli,
appartenente alla Guardia Alla Frontiera,
con il rammarico di non averlo conosciuto.
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INTRODUZIONE
Alla fine del Primo Conflitto Mondiale il Regno d’Italia acquisì nuovi territori a discapito del
disgregato Impero Austro-Ungarico. Ciò comportò per l’Italia l’aumento della linea di frontiera che
andava da Ventimiglia a Fiume. Sul confine orientale la linea di frontiera tra l’Italia e il neonato
Regno di Jugoslavia fu tracciata in applicazione del trattato di Rapallo del 1921 (vds. Nota storica
relativa all’escursione sul Travnik Planski Vogel – anno 2010). Il Kriz, una delle vette meta di
questa escursione, fu una delle cime lungo la quale passava detta linea di frontiera.
Nel periodo tra le due guerra mondiali, per vigilare il confine e per presidiare le opere fortificate del
“Vallo Alpino del Littorio” (vds. Nota storica relativa all’escursione sul Porezen – anno 2010) fu
creato, all’interno del Regio Esercito, un corpo speciale denominato “Guardia alla Frontiera”
(GAF). In questa nota storica tratteremo la nascita, lo sviluppo e l’impiego di questa particolare
specialità del Regio Esercito la quale annoverò fra le sue fila reparti di fanteria, artiglieria, genio e
vari servizi.
IL QUADRO STORICO
Presso le nostre frontiere alpine fino al 1934 non esistevano fortificazioni degne di considerazione1.
La responsabilità quindi della copertura e della prima difesa di tali zone ricadeva sui corpi d’Armata
posti alla frontiera con la Francia, Svizzera, Austria e Jugoslavia mentre la sorveglianza ai valichi
confinari era invece affidata ai Reali Carabinieri, alla Reale Guardia di Finanza e alla Milizia
Confinaria.
Nel 1934, il nuovo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Federico Baistrocchi, il quale
intendeva trasformare l’esercito in un potente strumento offensivo, svincolò dai compiti statici di
copertura le truppe mobili (in maggioranza reparti alpini) per affidare tali incombenze ad unità
appositamente costituite che avrebbero dovuto anche presidiare le fortificazioni da realizzare nei
tratti di frontiera e in altri luoghi di valenza strategica.
A tale scopo con ordine del 4 dicembre 1934, fu deciso di costituire uno speciale corpo denominato
Guardia alla Frontiera (GAF) il quale sarebbe dovuto essere formato, secondo le linee guida
elaborate a cura dello Stato Maggiore del Regio Esercito con la circolare 3898 del 17 giugno 1935,
da reparti di fanteria, artiglieria, genio e da nuclei dei vari servizi.
Il 28 aprile 1937, con Regio Decreto 833, il Corpo della Guardia alla Frontiera fu ufficialmente
istituito ed inserito nell’ordinamento del Regio Esercito subito dopo le varie armi. Lo scopo
istituzionale di questo corpo, secondo quanto riportato nel citato decreto era dato “ dalla necessità
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Francesi e jugoslavi invece avevano cominciato a fortificare la frontiera con l’Italia fin dal 1929.
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urgente ed assoluta di rendere le grandi unità del Regio Esercito interamente disponibili per le
operazioni, e nel contempo dalla necessità di assicurare in ogni eventualità l’immediata ed efficace
difesa delle frontiere affidandola ad uno speciale corpo di nuova istituzione”.
Nell’autunno del 1938 fu definita la struttura della GAF nella quale l’elemento essenziale
dell’organizzazione era costituito dal “Settore di copertura” (retto da Generali di Brigata o da
Colonnelli) al quale fu affidata la copertura di un tratto di confine, mediante l’organizzazione di
gruppi di capisaldi, fortificazioni, artiglierie che garantivano la difesa di quel tratto di frontiera.
Dai “Comandi di Settore” inoltre dipendevano: un deposito, più gruppi e batterie di vario calibro,
reparti del genio, nuclei dei servizi e le opere fortificate.
Le opere erano presidiate da piccoli reparti: plotoni, squadre, batterie, sezioni commisurate alle armi
in postazione, un nucleo di rincalzo e alimentazione, i servizi interni.
Alla fine del 1938, sussistevano sei Comandi GAF di Corpo d’Armata, 22 comandi di settore, una
cinquantina di comandi di sottosettore, cinque reggimenti di artiglieria GAF e alcune batterie di
settore posate allo scoperto, per un totale di personale effettivo che oscillava all’incirca sui 15.000
uomini.
Con il nuovo ordinamento dell’Esercito, varato dal Generale Pariani, alla fine del 1938 e attuato nel
1939, la GAF – da Ventimiglia a Fiume – fu strutturata su otto comandi inseriti presso i rispettivi
corpi d’armata di frontiera, 22 settori e un sottosettore autonomo, sette reggimenti di artiglieria.
Il Gen. Pariani volle estendere l’organizzazione GAF anche all’Albania occupata nell’aprile 1939 e
alla Libia.
In Albania, nell’estate del ‘39 fu istituito a Tirana un comando GAF presso il XXVI corpo
d’Armata che aveva alle dipendenze il 13° reggimento di artiglieria GAF (totale di 33 batterie) e
132 pezzi. Tali artiglierie da posizione furono dislocate parzialmente per presidiare le poche opere
fortificate presenti alle frontiere con la Jugoslavia e con la Grecia.
In Libia la costituzione della GAF risentì molto delle caratteristiche morfologiche di quel vasto
territorio privo in pratica di frontiere naturali che non permetteva una conveniente organizzazione di
una copertura fortificata permanente lungo i tratti di confine con la Tunisia e l’Egitto. Pertanto nel
1939, la GAF organizzò cinque comandi di settore fortificati con le proprie unità di posizione –
fanteria e artiglieria – a Bardia, Tobruk, Tripoli, Zuara e Nalut.
In seguito, a Tobruk fu ordinata in due settori, Tripoli in tre, mentre Bardia, Zuara e Nalut si
trasformarono in comandi di settore di copertura. In totale, furono costituiti nove comandi di
settore: XXVIII (Zuara) XXVIII A (el Votia) XXIX (Nalut) verso la Tunisia; XXX A (Amseat)
XXX B (Giarabut) verso l’Egitto; XXX (piazzaforte di Bardia) ); XXXI e XXXII (piazzaforte di
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Tobruk); XXXIII, XXXIV e XXXV (piazzaforte di Tripoli) per un totale di cinquemila uomini di
fanteria e 88 batterie di artiglieria.
Alla data dell’intervento dell’Italia in guerra – 10 giugno 1940 – la GAF comprendeva in Italia: 23
settori e 50.000 uomini; in Albania, un settore e 2000 uomini; in Libia 9 settori e 11.000; in totale
63.000 armati di circa 2.000 pezzi d’Artiglieria, 7.000 mitragliatrici, 1.000 mortai,
L’UNIFORME ED EQUIPAGGIAMENTO
L’uniforme per gli appartenenti alla GAF fu molto ispirata a quella delle truppe alpine: cappello
alpino senza penna, baveri verdi con filettatura dell’arma di provenienza (scarlatta per la fanteria,
gialla per l’artiglieria, ecc.) il fregio sul cappello era anch’esso quello dell’Arma o del corpo di
provenienza, ma con il numero romano corrispondente al settore di appartenenza.
La loro permanenza era sulle montagne nelle opere fortificate del “Vallo Alpino del Littorio”. Le
loro caserme si trovavano a breve distanza dal confine sempre in zone montane. I soldati della GAF
erano truppe alpine a tutti gli effetti e come tali avevano un equipaggiamento delle truppe da
montagna.
L’IMPIEGO BELLICO
L’Italia entrò in guerra Contro la Francia il 10 giugno 1940. Durante le operazioni belliche che si
svolsero principalmente sulle Alpi Occidentali, lungo un arco di confine che andava da Ventimiglia
alla Valle d’Aosta, la GAF fu inglobata nello schieramento del gruppo d’armate Ovest e i sui reparti
a livello - di compagnia/batteria – ebbero il compito di armare le difese fisse che nessuno attaccò e
che, quindi, rimasero pressoché inoperose data anche la corta gittata dei pezzi in dotazione.
Oltre ad alcune brevi azioni di artiglieria, la GAF partecipò alla battaglia delle Alpi Occidentali
anche con ardite pattuglie che si spinsero fino agli avamposti francesi. A tale scopo furono istituiti i
“Lupi del Moncenisio”, composti di due Compagnie GAF che agirono appunto in avanzata con le
truppe di fanteria.
In Africa settentrionale la GAF partecipò a tutte le campagne fino all’esito finale in Tunisia. Da
giugno a novembre 1940 furono inviati in Libia numerosi reparti e complementi, soprattutto
compagnie mitraglieri e plotoni controcarro con i quali fu possibile rinforzare i presisi di frontiera e
le piazzeforti.
Durante la prima offensiva britannica, a dicembre del 1940, quando le unità mobili del Regio
Esercito ripiegarono abbandonando le piazzeforti di Bardia e Tobruk, il presidio di Giarabut,
costituito da reparti della GAF agli ordini del tenente colonnello Salvatore Castagna, oppose valida
e eroica resistenza.
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Nello stesso periodo altri piccoli reparti della GAF, motorizzati con mezzi di preda bellica,
costituirono la ben nota “colonna Santamaria” dal nome del comandante, un maggiore di
complemento degli Alpini, che si distinse nella ritirata e nella ripresa controffensiva del 1941
meritando la promozione per merito di guerra e l’elogio del generale Rommel. Altre numerose
batterie della GAF furono motorizzate e passarono a far parte dei reggimenti divisionali mentre altri
reparti GAF finirono complementi a unità mobili che costituirono il raggruppamento Sahariano in
Tunisia.
Una delle ultime prove di dedizione al dovere in terra d’Africa ebbe per protagonisti gli uomini
della GAF che durante la battaglia del Mareth quando, investiti dall’offensiva dell’ 8a armata
britannica, un battaglione e una batteria GAF armati di mitragliatrici e cannoni austriaci di preda
bellica della Grande Guerra difesero con caparbietà il proprio tratto di fronte loro assegnato.
Anche in Albania, la GAF non ebbe occasione di essere impiegata nei compiti per i quali era stata
creata: copertura e prima resistenza. I suoi reparti furono trasformati in battaglioni e batterie mobili
variamente impiegati, in genere con buoni risultati specialmente durante l’attacco alla Jugoslavia
quando i tre Settori dell’Albania furono coinvolti nelle operazioni belliche sopportando l’urto delle
armate Jugoslave.
Alla frontiera con la Jugoslavia, alla vigilia delle ostilità, la GAF fu inizialmente dislocata selle
posizioni di resistenza del Vallo Alpino del Littorio. Ma dopo l’inizio della campagna militare (6
aprile 19419), avendo assunto le operazioni belliche, una fisionomia più offensiva, i reparti della
GAF effettuarono arditi colpi di mano contro i presidi avanzati Jugoslavi. Quando venne a
delinearsi prossimo il tracollo militare jugoslavo e le unità mobili cominciarono l’avanzata in
profondità all’interno del territorio avversario la GAF rimase indietro, a guardia delle posizioni di
confine fino alla conclusione del conflitto (18 aprile 1941) che si risolse con l’occupazione (in gran
parte ad opera dei tedeschi) di tutta la Jugoslavia.
Nell’inverno 1942-1943, in seguito allo sviluppo della guerriglia partigiana jugoslava che andava
investendo i nostri confini orientali, la GAF costituì due grossi raggruppamenti di forze presidiarie
oltre frontiera. Inquadrati nella 2a Armata del generale Roatta, essi sostennero la guerriglia dei
partigiani di Tito e non furono poche le loro perdite.
In Patria quando la guerra volse al termine, i soldati della GAF furono dislocati lungo le coste a
formare batterie antisbarco.
All’armistizio dell’8 settembre 1943, i reparti della GAF condivisero le vicende del resto
dell’esercito. Le opere fortificate del “Vallo Alpino del Littorio” furono abbandonate, le caserme
svuotate e molti sodati catturati dai tedeschi finirono nei campi di concentramento in Germania.
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Nello sbandamento generale non mancarono episodi di energica resistenza ai tedeschi e ai partigiani
jugoslavi.
Nella resistenza ai tedeschi, la GAF ancor prima dell’armistizio, fu la prima a respingere nel
tarvisiano le colonne tedesche che tentavano di entrare in Italia.
La sera dell’8 settembre 1943 a Tarvisio, dopo vana resistenza a delle opere fortificate di Porticina e
di altre località, i militi della Caserma “Italia” ebbero un duro scontro con i tedeschi che volevano il
loro disarmo. Si combatté tutta la notte, la caserma fu incendiata ed i nostri ebbero 25 morti.
LA FINE DEL CICLO OPERATIVO
Nel dopoguerra la “Guardia alla Frontiera” non lasciò eredi: il suo ciclo operativo si aprì nel 1934 e
si chiuse l’8 settembre 1943. Le esigue forze concesse all’Italia non videro ricostituiti i reparti della
GAF, mentre le superstiti strutture delle sue fortificazioni, il “Vallo Alpino del Littorio”, furono
riutilizzate per la difesa dei pericolosissimi confini che il trattato di pace aveva assegnato all’Italia.
Il principe di Piemonte volle coniare per la GAF una frase “DAI SACRI CONFINI GUARDIA
SICURA”. A questo motto i soldati della GAF tennero sempre fede in pace e in guerra. La prova
del loro valore sono le 34 medaglie d’oro concesse ai uomini che per vari motivi fecero parte del
Corpo della Guardia alla Frontiera.
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LA STORIA DI
ETTORE MAZZOCOLI
Caporal Maggiore
Del 12° Reggimento G.A.F
Il breve riassunto della nascita, sviluppo e l’impiego bellico della GAF è terminato ma, prima di
concludere questa nota storica, si ritiene di dover riportare la storia e la testimonianza di Ettore
Mazzocoli, padre di Alberto Mazzocoli, Assessore del Comune di Forni Avoltri, e amico della
nostra Sottosezione, che prestò servizio nel 12° Reggimento della Guardia alla Frontiera, al quale è
dedicato questo scritto.
Ettore Mazzocoli, di Ernesto e Barbolan Camilla nacque a Collina di Forni Avoltri (UD) il 4
settembre 1917.
Chiamato alle armi il 29 marzo1939, fu assegnato al “Corpo della Guardia alla Frontiera” del VI
Corpo d’Armata di Bologna per essere il giorno successivo inviato in aggregazione al 3°
Reggimento di Artiglieria di Reggio Emilia per l’addestramento.
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Il 5 agosto 1939, al termine del prescritto ciclo formativo, Ettore venne inviato, per svolgere il
servizio militare di leva, al 12° Reggimento Artiglieria GAF di Osoppo2 dove, pochi giorni dal suo
arrivo, in data 25 agosto 1939,
gli giunse comunicazione della sua promozione al grado di
Caporale .
Durante il suo servizio militare ebbe modo di svolgere compiti di osservazione anche presso le
opere del “Vallo Alpino del Littorio” dell’importantissimo Sbarramento di “Sella Ratace” (XVII
Settore di Tarvisio – Sottosettore di XVII/d “Val Romana” nei pressi di Fusine Laghi sul confine
con l’allora Regno di Jugoslavia).
Mentre era a casa, per un beve periodo di licenza, gli giunse l’ordine di trasferimento per l’Albania
dove nell’estate del 1939 a Tirana era stato istituito il comando GAF presso il XXVI corpo
d’Armata ma, proprio mentre stava per partire, pervenne un contrordine ed egli rimase a Osoppo
dove il 3 marzo 1940 fu promosso Caporal Maggiore .
Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in conflitto contro la Francia. Nonostante il fatto che la
dichiarazione di guerra non comportasse il diretto impiego del 12° Reggimento di Artigleria GAF
su quel fronte, numerose batterie, compresa quella di Ettore, furono inviate di rinforzo alle truppe
impegnate sulle Alpi Occidentali.
Destinato al fronte nella zona di Ventimiglia, frazione di Latte, luogo di schieramento delle batterie
da 65/17 (frazione di Latte) fu impiegato nei combattimenti fino al termine di questa breve ma
cruenta campagna militare.
Al termine del conflitto, dopo la sigla dell’armistizio tra l’Italia e la Francia del 26 giugno 1940,
Ettore rientrò a Ventimiglia con la speranza di tornare a casa in congedo o quantomeno di essere
trasferito a Milano. Nulla di tutto ciò poiché l’unità di Ettore3 subì la sorte di tante altre batterie che
non fecero più ritorno ai rispettivi Gruppi di appartenenza ma, dopo una breve permanenza
nell’Italia meridionale, furono inviate in Africa Settentrionale dove parteciparono con valore,
unitamente agli altri reparti italiani, alle operazioni militari nel Gabel Cirenaico dove tanti militi
della GAF persero la vita o furono fatti prigionieri.
Il 1° ottobre 1940, il reparto di Ettore fu, infatti, raggiunto dall’ordine di trasferimento per Napoli.
Al suo arrivo in città egli con i suoi commilitoni fu alloggiato in una caserma talmente piena di
cimici da costringerli a bruciare persino i materassi per non essere divorati da esse. Il reclamo
avanzato dagli ufficiali ottenne lo spostamento del reparto a Torre Annunziata ove per un mese fu
addestrato all’uso dei nuovi cannoni in dotazione al Regio Esercito.
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Il Reparto originariamente formato per fornire le sezioni di artiglieria al XVII Settore di Copertura era schierato a difesa dei confini nella zona di
Tarvisio.
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Trattenuto alle armi per esigenze belliche.
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Il 26 dicembre 1940 giunse l’ordine di trasferimento per il fronte africano e il reparto di Ettore salpò
da Napoli alle undici di sera. Il viaggio durò tre giorni poichè il convoglio destinato a Tripoli
(Libia), a causa dei bombardamenti effettuati dall’Aviazione Inglese (R.A.F) nello stretto di Sicilia,
fu costretto a girare al largo dell’isola di Malta.
Sbarcati a Tripoli il 28 dicembre 1940, trovarono ad attenderli gli automezzi che li trasportarono
fuori Tripoli dove rimasero per qualche giorno. Il 5 gennaio 1941 le batterie del 12° Reggimento
GAF furono inviate verso il Gebel Cirenaico con compito di organizzare le difese per arrestare
l’avanzate degli inglesi incalzanti le nostre truppe in ritirata dopo i duri combattimenti di Sidi El
Barrani e Sollum.
Quando l’unità giunse in quel teatro operativo, iniziarono i primi combattimenti con le avanguardie
inglesi che vennero comunque respinte.
Il 23 gennaio 1941 però si scatenò in quella zona del fronte l’offensiva britannica che si avvaleva di
unità composte di robuste formazioni corazzate le quali, coadiuvate dall’aviazione e dall’artiglieria,
irruppero nel settore tenuto dai reparti del XX Corpo d'Armata che, nonostante un tentativo di
estrema resistenza il 2 febbraio 1941, per evitare l’accerchiamento, furono costretti al ripiegamento
su Bengasi. Quattro delle sei batterie del 12° Reggimento GAF che si fermarono fra Bengasi e
Agedabia caddero vittime dell’accerchiamento operato dagli inglesi il 5 febbraio 1941.
Per Ettore, che faceva parte di una di queste batterie, cominciò la dura detenzione nei campi di
concentramento e di lavoro inglesi. Privato immediatamente, come per i suoi commilitoni, degli
effetti personali quali anelli, orologi e fotografie, fu portato con i suoi sventurati compagni nel
campo di Bengasi del quale ricorderà i pidocchi e la mancanza d’acqua.
Inviato in un secondo tempo prima a Tobruk e poi nel campo di concentramento di Suez (Egitto), fu
costretto a sopportare il caldo, le marce, le punizioni collettive e ad accontentarsi di una razione da
un litro d’acqua al giorno.
Dopo il lungo periodo di detenzione a Suez, Ettore fu trasferito in Sud Africa, prima a Durban e
successivamente a Città del Capo (Sud Africa) da dove, dopo due giorni, a bordo di un treno merci
venne trasferito a Johannesburg.
In seguito fu trasferito all’ospedale di Pretoria e sottoposto a prelievi del sangue, visite e le
disinfezioni per l’imminente trasferimento in Inghilterra.
Da Città del Capo, dopo cinquantasei giorni di traversata, giunse a Glasgow (Scozia). Alla rinuncia
delle mansioni di collaborazionista, che lo avrebbero impiegato anche in lavori di carico e scarico
armi, fu inviato a svolgere lavori agricoli nella fattoria di una famiglia inglese.
Finalmente il 28 luglio 1946 imbarcatosi a Liverpool (oltre un anno dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale) a Ettore fu concesso di far rientro in Patria.
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Giunto a Napoli il 6 agosto 1946, per non fare la quarantena, egli fuggì ma quando arrivò in treno a
Roma fu fermato dalla M.P. (Polizia Militare) la quale dopo averlo interrogato e rifocillato lo munì
del biglietto ferroviario per raggiungere il domicilio al quale pervenne dopo altri tre giorni di
viaggio.
Quando arrivò a casa, i suoi familiari, non essendo ancora giorno, erano tutti a letto. Egli bussò alla
porta ma non gli venne subito aperto perché sua sorella all’inizio lo scambiò per un soldato tedesco.
Finalmente, dopo il primo imbarazzante momento, fu riconosciuto e accolto festosamente dai suoi
cari ancora increduli nel rivedere Ettore sano e salvo.
Ettore Mazzocoli, per aver partecipato alle operazioni militari nel periodo bellico 1940-1943 fu
insignito, il 1° luglio 1950, della “Croce al Merito di Guerra”.
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BIBLIOGRAFIA
Per approfondire l’argomento, si segnalano i seguenti testi:
ALESSANDRO BERNASCONI – DANIELA COLLAVO, “Dai Sacri Confini Guardia Sicura”La
Guardia Alla Frontiera 1934 - 1943, Temi Editrice, 2002, Trento;
ALESSANDRO BERNASCONI – GIOVANNI MUSIZZA, Il Testimone di Cemento, LNB La
Nuova Base Editrice, maggio 2009, Udine;
DORELLO FERRARI, La Guardia Alla Frontiera, Studi Storico Militari (1992) – Stato Maggiore
dell’Esercito Ufficio Storico,1994, Roma;
MARIA TOCH, Esperienza di Guerra, articolo tratto dal Giornale Sociale, Circolo Culturale E.
Caneva Unione Sportiva di Collina;
Copia del Foglio Matricolare e Caratteristico di Ettore Mazzocoli, Custodito presso il Centro
Documentale di Udine.
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