genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all

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3.
genitori separati:
bisogni intercettati
,
ed espressi all interno
del circuito ecclesiale
Dal Censimento delle opere ecclesiali
1 | Introduzione
Ogni anno Caritas Italiana pone un’attenzione specifica, in termini di studio e di ricerca, su un particolare tema legato alla povertà e all’esclusione sociale. Quest’anno, sollecitati dalle frequenti notizie di padri separati in difficoltà, costretti a rivolgersi ad enti caritativi o, nei casi più gravi, a dormire in macchina, la scelta è ricaduta sul tema dei genitori separati. Non solo padri separati, dunque, ma l’intero universo dei genitori separati/
divorziati. Questo in primo luogo per intenti e finalità di natura esplorativa. A partire, infatti, dai dati della statistica ufficiale, ed anche della letteratura, si evince che dopo una separazione ad essere maggiormente penalizzate in termini economici sono soprattutto le
donne; il rischio per le ex mogli di cadere in uno stato di povertà o di deprivazione, attesta
l’Istat, è decisamente più alto rispetto agli ex mariti (Istat, 2011). Quindi come interpretare le tante difficoltà, tutte al maschile, trasmesse dai notiziari dei nostri mass media?
È stata proprio questa apparente contraddizione, questa particolare “situazione problematica”1 a indurci ad un approfondimento che ha riguardato non solo il mondo maschile ma anche quello femminile.
L’indagine (realizzata tra dicembre 2012 e settembre 2013), in linea con gli approcci multidimensionali della povertà, ha permesso di approfondire la condizione di vita dei
genitori separati facendo emergere quelle che risultano essere oggi le principali problematicità, legate ad aspetti materiali, relazionali e/o psicologici, evidenziando il legame tra
rottura del rapporto coniugale ed alcune forme di povertà.2
Oltre al mondo delle Caritas, la rilevazione ha coinvolto i Consultori familiari d’ispirazione cristiana (che afferiscono alla CFC, Confederazione nazionale Italiana Consultori
familiari d’ispirazione cristiana), da sempre al centro delle problematiche familiari.
Scegliendo la strada del metodo sussidiario della conoscenza, sono stati coinvolti
più soggetti che, in modi diversi, si relazionano al fenomeno indagato: i referenti dei servizi Caritas, gli operatori della CFC e, infine, gli stessi genitori separati che si sono rivolti ai circuiti considerati.
Due gli intenti conoscitivi perseguiti:
• esplorare il tema delle “povertà” (nel senso più ampio del termine) dei genitori separati/divorziati a partire dalle percezioni e dalle sensibilità degli operatori Caritas/CFC;
• approfondire il tema delle fragilità delle famiglie dei separati/divorziati attraverso le
esperienze vissute da coloro che hanno fatto riferimento alla rete ecclesiale considerata.
Due anche le fasi empiriche:
• la prima, realizzata mediante interviste semi-strutturate ai referenti Caritas/CFC coinvolti
più o meno direttamente nell’assistenza ai genitori separati/divorziati, ha permesso di
realizzare un focus sui “bisogni intercettati”, cioè letti e interpretati dalle agenzie solidali;
• la seconda, condotta attraverso l’ausilio di un questionario strutturato, ha coinvolto in
prima persona le madri e i padri separati che si sono rivolti alla rete dei servizi ecclesiali: mense, centri di ascolto, consultori, strutture residenziali/dormitori, centri di erogazione, sportelli di consulenza/orientamento. Dal primo livello dei bisogni “captati”
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Genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all'interno del circuito ecclesiale
si giunge a quello dei bisogni e delle vulnerabilità “espressi” da coloro che sono dovuti ricorrere all’assistenza e al sostegno del privato sociale.3
2 | Il focus qualitativo: “i bisogni intercettati”
L’analisi qualitativa è stata realizzata attraverso interviste in profondità ad alcuni responsabili del circuito Caritas/CFC.4 Per il primo canale la scelta è ricaduta sui referenti
di alcuni progetti specifici per padri separati.
Le persone intervistate sono state: i responsabili del progetto AUS di Milano (casa di
accoglienza per padri separati e uomini in difficoltà economica e relazionale); il direttore della Caritas diocesana di Torino e il presidente della cooperativa Synergica, referenti della casa Nonno Mario (servizio di accoglienza abitativa temporanea); il direttore e i
membri dell’equipe della Caritas di Fano, promotori della casa di accoglienza per separati in difficoltà economica.5 Dalle voci e dalle esperienze degli intervistati possiamo riassumere in tre macro-categorie i bisogni intercettati dalla rete Caritas:
• il bisogno di ritrovare sé stessi;
• la necessità di avere un tetto dove potersi riparare;
• la mancanza di un luogo sano dove incontrare i propri figli.
Per quanto riguarda il primo punto, “ritrovare se stessi”, gli input provengono dall’esperienza della Caritas Ambrosiana che nel 2011 ha attivato un servizio di accoglienza
temporanea per uomini con un vissuto di separazione in situazione di disagio abitativo
e relazionale. Lo scopo, spiegano i responsabili, è quello di aiutare a “mettere in ordine”
la vita di coloro che, a seguito di una separazione (e con seri problemi economici), sono
molto vicini ad una caduta esistenziale. Il progetto, oltre ad offrire un “riparo”, un ambiente dignitoso dove stare per alcuni mesi, prevede un percorso di accompagnamento psicologico che aiuta a ripartire e a reintegrarsi nella società. In alcuni casi, spiega l’educatrice coinvolta nel progetto, “emergono dei veri e propri buchi esistenziali […] noi cerchiamo di ricostruire il loro vissuto, la loro storia professionale attraverso il curriculum vitae
e mentre lo facciamo ci rendiamo conto che sono state cancellate molte parti della loro
vita, anni interi”. E, rispetto a tali situazioni, l’evento separazione non aiuta, anzi rafforza
ulteriormente lo stato di precarietà. “La separazione ti mette di fronte ad un cambio totale delle abitudini […] perché finché sei a casa, hai un posto dove andare a dormire, hai
chi ti prepara da mangiare, e pur stando male, hai comunque un’identità. […] La separazione ti lascia da solo, soprattutto in un mondo maschile di 50enni che magari non sanno farsi da mangiare, stirare o fare una spesa sensata. La separazione è la dichiarazione
di solitudine e tu non sei pronto. […] Poi si incastra tutto, è un concatenarsi di questioni:
banalmente come fai a presentarti ad un colloquio o a lavoro se non ti sei fatto una doccia prima, se non hai dormito?”.
Rispetto agli interventi conclusi raccontano gli operatori: “l’obiettivo che abbiamo
raggiunto è quello della maggior consapevolezza; le persone in questi mesi nel bene
o nel male hanno potuto riprendere in mano alcune questioni, hanno avuto uno spazio
dove poterci pensare […] poi però il risolvere è un’altra questione”.
Se il progetto AUS di Milano interviene per aiutare a tessere i fili della propria vita, la
Caritas diocesana di Fano interviene per fornire una abitazione a quei padri separati che
a causa della separazione “non sono in grado di far fronte alle spese di mantenimento e
allo stesso tempo di provvedere ad una nuova sistemazione abitativa”. Il progetto si occupa proprio di fornire alloggi temporanei (mini locali con alcuni spazi comuni) a padri
separati, italiani e stranieri, che vivono situazioni di disagio economico. Anche in questo
caso non si tratta di puro assistenzialismo ma di un accompagnamento che prevede anche un contributo economico (seppur irrisorio) che ha lo scopo di responsabilizzare la
persona presa in carico. Il primo ospite della struttura, attivata nei primi mesi del 2013,
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Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia
non è una persona in uno stato di grave marginalità, racconta l‘operatrice di Fano, ma un
giovane con una posizione lavorativa sicura e stabile.
Diverso infine il terzo ambito di intervento, quello del progetto “Àncòra Papà” della Caritas diocesana di Torino. In questo caso - afferma il Direttore - l’intento è quello di “sopperire alla necessità di un luogo dove sperimentare la genitorialità”. Il progetto nasce a
supporto dell’esigenza rilevata nei centri di ascolto di avere un luogo dove incontrare i
propri figli, che non siano centri commerciali o altri luoghi pubblici. La Casa Nonno Mario (questo il nome della struttura) è un appartamento al diciottesimo piano dove ospitare per un pomeriggio o anche per alcune notti (fino ad un massimo di quattro giorni) i
propri figli e soddisfare in questo modo il bisogno di essere genitori in un ambiente neutro e accogliente. In particolare si rivolge ai papà separati che per difficoltà economica o
di lontananza dal nucleo familiare non possono garantire ai loro figli di trascorrere le ore
di visita previste dalla sentenza del giudice in un ambiente confortevole e adatto alle necessità dei più piccoli.
Passando dalla rete Caritas a quella dei Consultori familiari gli scenari e gli interventi mutano. I Consultori, infatti, intervengono da sempre sulle problematiche familiari offrendo servizi psico-socio-pedagogici finalizzati a promuovere il benessere della famiglia nelle varie fasi della vita. La Confederazione dei consultori d’ispirazione cristiana
coinvolta nell’indagine è articolata sul territorio nazionale secondo Federazioni regionali
(in totale 17), contando oggi 180 consultori federati.
Le aree di azione riguardano: la consulenza familiare, la consulenza ostetrico-ginecologica, la consulenza psicologica e pedagogica, la mediazione familiare, la consulenza giuridica, etica, ecclesiastica.6 La modalità di intervento, soprattutto nella mediazione
e consulenza familiare, si differenza dalla più specifica terapia familiare in quanto le persone che vi fanno riferimento non sono intesi come pazienti, bensì come protagonisti del
superamento delle loro difficoltà, attraverso l’instaurazione di un rapporto di fiducia e di
reciproca collaborazione.
I testimoni privilegiati intervistati per l’indagine sono quattro: il presidente nazionale della Confederazione italiana; il presidente regionale della Federazione Lombardia; il
presidente della Federazione Lazio; il presidente di un Consultorio familiare della provincia di Roma.7
Il confronto con gli esperti che lavorano nella rete dei Consultori spinge a riflettere sul
nuovo modello di famiglia e sul ruolo dei genitori in una società sempre più frastagliata e
spesso incapace di rispondere adeguatamente anche ai diritti basilari e quindi ai bisogni
delle persone. Da un modello familiare e societario impostato sui valori tradizionali legati al rispetto della norma, della disciplina, si è passati ad uno in cui è andato rafforzandosi “il permissivismo e l’individualismo” in cui prevale il singolo e la sua autorealizzazione. L’affanno economico e la stretta ai consumi, la facile possibilità di perdere il posto di
lavoro e il frequente naufragio dei propri sogni contro le difficoltà quotidiane sempre più
impellenti, contribuiscono quindi non solo più facilmente alla rottura dei legami che un
tempo erano impostati su un “patto per la vita”, ma anche a comprimere la capacità dei
singoli di progettare un futuro da condividere.
In termini di bisogni strettamente legati al mondo dei separati, anche nella rete CFC si
individuano tre diverse aree di bisogno/intervento:
• il disagio psicologico/relazionale sperimentato nella “crisi”;
• la gestione del conflitto (a volte “acceso, disturbante”);
• il sostegno alla genitorialità.
Rispetto al primo ambito gli input provengono dall’intervista realizzata al Presidente nazionale della Confederazione: “spesso arrivano al consultorio persone che vivono in
termini relazionali in una zona grigia […] sanno che si vogliono separare ma non sono in
29
Genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all'interno del circuito ecclesiale
grado di farlo” proprio per una fragilità psicologica e relazionale. Spesso il coniuge, spiega il Presidente, sebbene fonte di conflitto rappresenta una sicurezza, “un polo che sostiene”; solo sapere che “l’altro c’è” dà conforto e fa sentire al sicuro. “Al contrario noi
siamo portati a credere che il passaggio da coniugati a separati sia qualcosa di netto e
semplice: o ci si vuol bene, oppure ci si lascia […] in realtà c’è un’ambiguità molto forte”.
Tra lo stare insieme e il separarsi ci sono molti stadi intermedi che presuppongono consapevolezza, forza interiore. I coniugi in via di separazione sono persone fragili, spesso
incapaci di gestire i problemi e comunque legati ad un passato in cui ci si sentiva coppia, forti insieme.
Il secondo ambito di intervento dei consultori è quello della gestione del conflitto.
Spesso - conferma il Presidente della Federazione Lombardia - c’è una “conflittualità
esasperata”, pertanto attraverso gli interventi si sviluppa un percorso di accompagnamento per creare “nuovi canali comunicativi, ridefinire i ruoli e percepire i propri confini”. Gli effetti dell’accompagnamento - racconta la Direttrice di un Consultorio della provincia di Roma - “si riscontrano soprattutto nell’aiutare i separandi a sviluppare
consapevolezza e un rapporto sereno tra loro che aiuta poi anche nella gestione dei figli”. Il tutto ricade nell’ambito della mediazione familiare, il percorso offerto alla coppia per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio.
In particolare, attraverso la mediazione familiare i Consultori si propongono di: stimolare la collaborazione dei genitori nella gestione dei figli, favorire un clima di fiducia reciproca che permetta di mantenere un livello di rispetto reciproco, permettere la
continuità dei legami genitoriali (favorendo l’equilibrio tra diritti e doveri verso i figli),
permettere la comunicazione per portare avanti un progetto educativo condiviso. Rispetto al passato si evidenziano alcuni cambiamenti: “se prima i separati si rivolgevano ai consultori soprattutto per questioni giudiziarie, magari legate a risarcimenti o ad
aspetti legali, oggi si rivolgono a noi da un lato per capire le ragioni della separazione, per acquisire consapevolezza, per andare a fondo al problema (quindi per avere un
supporto sul piano psicologico) e dall’altro per chiedere aiuto su come comunicare la
decisione ai figli e ai familiari”. Ecco dunque che si giunge alla terza vulnerabilità, il bisogno di essere sostenuti nelle relazioni con i propri figli, da reinventare e calibrare a
seguito della rottura coniugale.
3 | Il focus quantitativo: “i bisogni espressi”
L’analisi quantitativa, il secondo step dell’indagine, ha consentito attraverso il diretto
coinvolgimento degli utenti dei Consultori familiari e dei servizi Caritas di scendere a un
ulteriore livello di approfondimento, a partire dalle loro singole esperienze.
La rilevazione condotta tra il 15 maggio e il 15 luglio 2013 ha avuto un carattere
nazionale. Per l’universo Caritas risultano coinvolte sedici Caritas diocesane, una per
ogni regione ecclesiastica; 8 per il mondo dei consultori quindici Federazioni regionali,9 su un totale di diciassette. Lo strumento di rilevazione utilizzato è stato un questionario strutturato volto ad approfondire sette dimensioni, le stesse che sostanziano lo
standard di vita di ciascuno: lavoro/occupazione, abitazione, accesso ai beni primari,
stili di vita e consumi, salute e benessere psicofisico, relazioni sociali. La strutturazione del questionario è stata pensata per favorire il confronto tra il pre e il post separazione, a partire dall’ipotesi che la separazione produce un generale peggioramento nello standard di vita non solo sul piano materiale ma anche sotto l’aspetto psicologico/
relazionale e del benessere.10
Complessivamente i questionari raccolti sono stati 466; di questi circa i due terzi
(64,2%) sono stati acquisiti presso la rete Caritas, poco più di un terzo (35,8%) presso i
Consultori familiari. Scendendo più nel dettaglio dei servizi, i dati provengono soprattutto dai centri di ascolto (36,9%), dai consultori familiari (33,5%), dai servizi di accoglienza
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Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia
(18,5%) e dalle mense (8,2%). L’informazione che giunge già da questi primi dati è utile
per evidenziare le dinamiche interne al mondo della Caritas. Sono in primo luogo i centri di ascolto ad intercettare le istanze dei genitori separati. I cda, presenti in tutte le regioni d’Italia, rappresentano, infatti, il luogo privilegiato in cui si tessono le relazioni con
il territorio; dall’ascolto e dall’accoglienza della persona conseguono poi le altre funzioni specifiche: le presa in carico delle storie di sofferenza, l’elaborazione di un progetto di
“liberazione”, l’orientamento e l’accompagnamento verso specifici servizi di assistenza.
Ed è proprio dall’ascolto che a volte nascono anche dei progetti ad hoc, come quelli approfonditi nel paragrafo 2.
3.1 Chi sono le persone che si rivolgono ai servizi del circuito ecclesiale (e perché) Tra i separati/divorziati che si sono rivolti al circuito ecclesiale la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c’è una leggera prevalenza delle donne (53,5%),
rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un’equa divisione. Per quanto riguarda l’età si tratta in particolare di persone nella fascia d’età centrale (45-54 anni)
e di giovani adulti (35-44 anni).
Per quanto riguarda il livello di istruzione, prevale la licenza media inferiore (34,9%)
seguita dal diploma di scuola media superiore (28,6%), dalla licenza elementare (14,5%)
e dall’attestato professionale (10,0%). Le motivazioni che hanno spinto gli utenti a chiedere aiuto sono legate a bisogni di tipo materiale e immateriale: le difficoltà economiche (21,7%), il disagio abitativo (15,0%), l’impossibilità di accedere ai beni di prima necessità (cibo e vestiario) (12,1%); il bisogno di ascolto (13,1%) e l’assistenza psicologica (12,3%).11
Ma in quale fase del processo di separazione sono stati intercettati? Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio. Dei procedimenti di divorzio quasi la totalità risulta ormai anche conclusa.
Considerando i tempi di separazione, il 34,0% vive uno di questi stati da meno di un
anno, il 20,0% da meno di due anni, il 20,2% da un tempo che va dai due ai cinque anni, il
25,8% da oltre 5 anni.
Come detto, l’indagine si è focalizzata non sui separati e/o divorziati in generale ma
in particolare sui genitori che vivono o che hanno vissuto la rottura dell’unione; questo in
primo luogo perché si ritiene che tale situazione li esponga a maggiori oneri economici
e sociali. Rispetto al totale degli intervistati, i due terzi (66,5%) ha figli minorenni; su questi ovviamente grava un peso materiale e sociale più pesante, sia in termini di cura che
di mantenimento.
3.2 Le dimensioni della povertà e dei bisogni - Ma quali risultano essere le principali difficoltà intercettate? In primo luogo si registra un alto disagio occupazionale. Come
illustrato nella tabella 1 gli occupati rappresentano meno di un terzo degli intervistati
mentre coloro che sono in cerca di un’occupazione (disoccupati e inoccupati) sono quasi la metà ( 46,1%).
La grave situazione sul fronte dell’occupazione è l’elemento che maggiormente condiziona il post separazione. Esiste un ampio filone della letteratura sociologica che approfondisce il tema delle conseguenze economiche della rottura e quella che potrebbe
definirsi una costante è che gli impatti maggiormente negativi (in termini economici) si
riscontrano in coloro che risultano più fragili a livello occupazionale. Fino ad oggi a ricoprire tale situazioni di svantaggio sono state in primo luogo le donne collocate in posizioni occupazionali subalterne, a volte anche per scelta personale per quella che potremmo
definire la divisione del lavoro all’interno del matrimonio.
Rispetto alle interviste realizzate non emerge un particolare svantaggio delle donne;
i livelli di disoccupazione, infatti, risultano alti sia per i maschi (45,1%) che per le femmine (41,4%)
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Genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all'interno del circuito ecclesiale
Condizione professionale
%
TABELLA 1
Occupato
31,2
In cerca di nuova occupazione
43,1
In cerca di prima occupazione
3,0
Studente
0,6
Inabile al lavoro
3,7
Casalinga/o
6,5
Pensionato/a
7,8
Altro
4,1
Totale
(valore assoluto)
Intervistati
per condizione
professionale
|%
100,0
(464)
Anche la dimensione abitativa evidenzia delle situazioni di gravi criticità vissute sia
sul piano della sistemazione che su quello del grado di affaticamento rispetto agli oneri
di spesa fissi (mutuo, affitto, pagamento delle utenze di luce, gas, ecc.). Rispetto al preseparazione, quando il 43,7% degli intervistati viveva in abitazioni di proprietà e il 42,0%
in affitto, la situazione nel post separazione risulta decisamente alterata. Dichiara di aver
cambiato abitazione l’87,7% degli uomini contro il 53,1% delle donne. E scendendo nel
dettaglio delle situazioni si evidenzia che:
• si dimezza la percentuale di coloro che vivono in una casa di proprietà (si passa dal
43,7% al 20,3%);
• diminuisce notevolmente la percentuale delle persone in affitto (dal 42,0% al 26,7%);
• aumentano vistosamente le situazioni di precarietà abitativa: cresce il numero di persone che vivono in coabitazione con familiari ed amici (dal 4,8% al 19,0%), che ricorrono
a strutture di accoglienza o dormitori (dall’1,5% al 18,3%), che vivono in alloggi impropri (dallo 0,7% all’5,2%) (cfr. Tab. 2).
Prima della
separazione
Dopo la
separazione
Casa di proprietà
43,7
20,3
Affitto
42,0
26,7
Usufrutto/usogratuito
4,3
6,1
Coabitazione familiari/amici
4,8
19,0
Alloggio improprio
0,7
5,2
Strutture di accoglienza/dormitori
1,5
18,3
Altro
3,0
4,4
100,0
(460)
100,0
(458)
Abitazione
Totale
(valore assoluto)
Anche rispetto all’accesso ai beni di prima necessità (cibo e vestiario) si evidenziano
situazioni di grave difficoltà. Dalle interviste fatte emerge che già prima della separazione una percentuale non trascurabile di intervistati aveva sperimentato situazioni di grave affaticamento: il 23,7% ammette, infatti, di aver avuto problemi nell’acquisto di cibo
e vestiario. Nel post separazione però tale percentuale sale addirittura al 66,1%. Tra gli
utenti Caritas (escludendo quindi gli intervistati della rete CFC) a sperimentare situazioni di grave deprivazione sono 8 intervistati su 10 (l’81,7%). Per far fronte a tali difficoltà,
in molti (soprattutto della rete Caritas) fanno riferimento a servizi socio-assistenziali del
territorio, in particolare ai centri di distribuzione beni primari (49,3%), le mense (28,8%) e
gli empori/magazzini solidali (12,9%).
32
TABELLA 2
Intervistati per
tipologia di
abitazione - pre e
post-separazione
|%
Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia
Oltre ad una diminuzione dello standard di benessere materiale, dalle interviste si riscontra anche un peggioramento dello stato di salute. Il tutto è perfettamente in linea
con i dati della letteratura che dimostrano come i separati e i divorziati (rispetto ai coniugati) siano più soggetti ad ansie nevritiche, a fobie, a depressioni o a mancanza di fiducia in sé stessi.12
Anche tra gli utenti Caritas/CFC si dimostra un aumento dei disturbi psicosomatici:
a seguito della separazione il 66,7% degli intervistati accusa infatti un numero più alto
di problematiche. Scendendo nel dettaglio, i disagi che registrano maggiori aumenti (in
punti percentuali) sono soprattutto quelli che afferiscono all’area psicologico/relazionale: senso di solitudine (+ 33,1) e di fallimento (+28,9), mancanza di fiducia negli altri (+27,9), senso di inadeguatezza del ruolo genitoriale (+23,1), senso di colpa (+19,5),
mancanza di fiducia in sé (+19,4). Si sottolinea come il “senso di fallimento” e il “senso
di solitudine” vengano percepiti da oltre il 40% degli intervistati (senza differenze di genere o di tipologia di utenza), confermando così, anche empiricamente, le analisi dei referenti delle Caritas e dei Consultori, approfondite nel paragrafo precedente.
Aumentano vistosamente anche alcuni sintomi dell’area psicosomatica: la depressione (+22,1), l’insonnia (+19,1), i disturbi dell’umore (+12,6) e gli attacchi di panico (+9,0).
TABELLA 3
casi di disturbi
percepiti prima
e dopo la
separazione e
aumento | prepost separazione
| in punti
percentuali % *
Percepito
prima della
separazione
Percepito
dopo la
separazione
Aumento
punti
percentuali
Senso di solitudine
16,5
49,6
33,1
Sintomo
Area disagio
Area psicologicorelazionale
Area
psicosomatica
Area dipendenze
Senso di fallimento
12,9
41,8
28,9
Mancanza fiducia
negli altri
11,6
39,5
27,9
Senso inadeguatezza
ruolo genitoriale
9,7
32,8
23,1
Senso di colpa
10,3
29,8
19,5
Mancanza fiducia in sé
16,7
36,1
19,4
Depressione
17,6
39,7
22,1
Insonnia
20,6
39,7
19,1
Disturbi dell’umore
17,0
29,6
12,6
Attacchi di panico
12,0
21,0
9,0
Mal di testa
26,4
34,8
8,4
Disturbi alimentari
6,2
11,4
5,2
Colite
6,9
11,8
4,9
Allergia
8,2
9,0
0,8
Disturbi digestivi
12,7
23,2
0,5
Disturbi da sostanze
legali (tabacco, alcool,
antidepressivi)
8,8
13,7
4,9
Disturbi da dipendenza
da gioco
1,3
3,0
1,7
Disturbi da dipendenza
pc/internet/social network
1,9
2,6
0,7
Disturbi per abuso
di sostanze illegali
(droghe, farmaci)
3,9
3,9
0
* percentuali calcolate sui casi
33
Genitori separati: bisogni intercettati ed espressi all'interno del circuito ecclesiale
Per concludere questo contributo che ha considerato molti aspetti della vita dei separati, ci soffermeremo sulle conseguenze che la rottura del legame coniugale ha sulla
genitorialità. La separazione e il divorzio, infatti, portano con sé (anche) una ridefinizione
dei rapporti con i figli che non si pone nello stesso modo per i padri e per le madri; questo non solo perché durante il matrimonio gli uni e le altre avevano per lo più differenti responsabilità e modalità di rapporto e presenza con i figli; ma anche perché dopo la
separazione mentre le madri si trovano spesso a fronteggiare la quotidianità della presenza dei figli e della responsabilità nei loro confronti, i padri, viceversa, sono obbligati a
ridefinire i rapporti in assenza della quotidianità (anche dopo l’introduzione della legge
sull’affido condiviso).
Con la stessa intensità con cui la letteratura si sofferma sugli svantaggi economici
delle donne a seguito della separazione, approfondisce il tema tutto al maschile delle ricadute sul rapporto con i figli, tanto da parlare in alcuni casi anche di crisi del rapporto
padre-figli.
Anche nella rilevazione condotta sui servizi Caritas/CFC si evince che la separazione influisce negativamente sul rapporto tra padri e figli; il 68% degli ex mariti intervistati
riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione (a fronte di un cambiamento percepito solo dal 46,3% delle donne). E tra loro il 58,1% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconosco per lo più un miglioramento) (cfr. Tab. 4).
Madri
Padri
Totale
Migliorati
44,2
12,8
26,6
Peggiorati
34,2
58,1
47,6
Non sa
21,6
29,1
25,8
Totale
(valore assoluto)
100,0
(111)
100,0
(141)
100,0
(252)
TABELLA 4
Intervistati
per tipo di
cambiamento
percepito
(rispetto al
rapporto con
i figli) e sesso
|%
Gli elementi che rendono particolarmente insoddisfatti i padri nel rapporto con i figli
sono: la frequenza di incontro, gli spazi di vita e i luoghi di incontro, il tempo da dedicare
alla relazione, la possibilità di partecipare a momenti importanti quali compleanni, ricorrenze, feste, ecc (cfr. Tab. 5).
34
Madri
Padri
Frequenza d’incontro
8,1
4,7
Frequenza contatti (telefonate, videochiamate, ecc.)
8,0
5,5
Spazi di vita/luoghi di incontro
7,6
4,1
Tempo da dedicare alla relazione
7,5
4,5
Qualità della relazione
8,3
5,0
Possibilità di organizzare gite/vacanze insieme
4,5
2,9
Possibilità di partecipare/condividere momenti importanti
(compleanni, ricorrenze, feste)
7,2
4,4
TABELLA 5
Grado di
soddisfazione
espresso
rispetto al
rapporto con
figli per genere
- Valore medio
(punteggi da 1 a
10; 1: per niente
soddisfatto;
10: molto
soddisfatto)
Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia
J. Dewey, 1938, Logic, the theory of inquiry, New York; trad.it. Logica, teoria dell’indagine, Torino, Einaudi,
1974.
2
L’indagine è stata curata dalle ricercatrici Federica De Lauso e Gaia Terzani.
3
In questo rapporto verrà presentata solo una sintesi dei principali risultati; il rapporto di ricerca completo verrà pubblicato nel mese di ottobre (2014).
4
Le interviste sono state realizzate tra dicembre 2012 e maggio 2013.
5
Ringraziamo gli intervistati per la partecipazione e la collaborazione; in particolare: per la caritas di Milano
Alessandro Pezzoni e Roberta Palvarini; per la Caritas di Torino, Pierluigi Dovis e Emanuele Ferragatta; per
la Caritas di Fano, Angiolo Farneti , don Mauro Bargnesi e Luana Mastrogiacomi
6
Cfr. www.cfc-italia.it
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Anche per i Consultori ringraziamo sentitamente tutti gli intervistati: il prof. Domenico Simeone, Presidente
della Confederazione italiana dei consultori familiari d’ispirazione cristiana (che ha avuto un ruolo di primo
piano nel coinvolgimento delle Federazioni regionali), don Edoardo Algeri (Lombardia), il dott. Pantaleo Nestola (Lazio), la dott.ssa Enrica Clemente Cichi (Roma).
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Le Caritas diocesane partecipanti sono: Cagliari, Fano, Foggia, Genova, Matera, Milano, Palermo, Pescara,
Pozzuoli, Prato, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Terni, Torino, Vicenza. Per ciascuna è stato individuato un referente territoriale al quale è stato affidato il compito di coinvolgere quei servizi (promossi
e/o gestiti dalla Caritas stessa) che potevano intercettare istanze e necessità di genitori separati: centri di
ascolto, mense, dormitori, strutture residenziali, centri di erogazione beni. I questionari sono stati raccolti solo presso 15 Caritas diocesane. Ringraziamo tutti i referenti Caritas che hanno reso possibile la rilevazione dei dati; in particolare: Giovanni Artuso, Ilenia Bruno, Sabina Calicchio, Monica D’allevo, Wally Falchi,
Lucia Foglino, Matteo Gandini, Ciro Grassini, Massimo Mandrelli, Luana Mastrogiacomi, Giuseppe Mattina,
Roberta Molina, Alessandro Pezzoni, Marcello Porceddu, Nella Restuccia, Maria Tricarico.
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Le Federazioni regionali attivate sono: Federazione regionale Abruzzo, Federazione regionale Calabria, Federazione regionale Campania, Federazione regionale Emilia Romagna, Federazione regionale Lazio, Federazione regionale Liguria, Federazione regionale Lombardia, Federazione regionale Marche, Federazione
regionale Piemonte, Federazione regionale Puglia, Federazione regionale Sardegna, Federazione regionale Sicilia, Federazione regionale Toscana, Federazione regionale Triveneto, Federazione regionale Umbria.
I questionari sono stati raccolti solo presso 11 Federazioni regionali. Ringraziamo tutti i Presidenti delle
Federazioni regionali e i Presidenti dei Consultori coinvolti: don Edoardo Algeri, Francesca Barone, Alberto
Battini, Erica Bonino Compagnone, Raffaele Cananzi, Michela Di Gennaro, padre Salvatore Franco, Giuseppe Iazzetta, Angiolina Motroni, Pantaleo Nestola, Daniela Notarfonso, Deborah Pantana, Paola Paolini, padre Antonio Santoro, Lucia Vannini, Dino Verdolin, Luciano Viana.
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Il questionario è stato sottoposto a tutti coloro, madri e padri separati, che nell’arco di un preciso intervallo temporale (due mesi, tra il 15 Maggio e il 15 Luglio 2013) si sono rivolti alla rete dei servizi Caritas/CFC
selezionati. Il tutto quasi come a voler scattare una sorta di fotografia di un particolare intervallo temporale. Rientravano nell’analisi: uomini e donne, italiani e stranieri, nuovi utenti e persone già prese in carico dai
servizi, neo separati, separati di “vecchia data” e divorziati; questo senza pretesa di giungere ad alcun tipo
di rappresentatività dell’utenza.
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Le percentuali sono calcolate sulle risposte (in totale 965) e non sui casi.
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M.Barbagli, C.Saraceno, 1998, Separarsi in Italia, Bologna, Il Mulino; nel testo Barbagli e Saraceno rimandano agli autori: Goode (1956), Weiss (1975), Gray(1978), Bloom et al. (1978), Spanier e Thompson (1984),
Kohler Riessman (1990), Chiriboga et.al (1997).
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