J 1TTÀ I di T o r i n o ASSESSORATO PER LA CULTURA B H B Sm mercoledì 7 settembre 1988, ore 21 Auditorium Rai SETTEMBRE MUSICA Orchestra Sinfonica di Torino della Rai Jean-François Heisser, pianoforte Guelfo Nalli, corno Alessandro Lanzi, xilomarimba Mariano Manocchi, glockenspiel Jacques Mercier, direttore Fondata nel 1931 e prima orchestra sinfonica dell’Ente radio­ fonico concessionario del servizio pubblico (allora EIAR), l’Orchestra Sinfonica di Torino della Rai fu costituita convo­ gliando a Torino altre formazioni già operanti presso alcune emittenti del Nord Italia. Entrata in attività nella stagione 1932-33, da allora VOrchestra è stata ininterrottam ente pre­ sente sia nell’ambito musicale cittadino che in quello nazio­ nale attraverso l’appuntamento radiofonico in diretta del ve­ nerdì. Primo complesso italiano a passare la Manica dopo l’ultima guerra, ha da allora effettuato numerose tournée e concerti, toccando Austria, Belgio, Francia, Germania, Polo­ nia, Spagna, Norvegia e Svizzera. Dal 1986 la Direzione Arti­ stica è affidata a Mario Messinis, mentre dal 1987 Ferdinand Leitner ha assunto l’incarico di Direttore Principale ospite. Nato a Metz nel 1945, Jacques Mercier dopo aver seguito con­ temporaneamente studi letterari e musicali è entrato al Con­ servatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi, dove ha vinto nel 1972 il Primo Premio di Direzione d’Orchestra, asse­ gnatogli all’unanimità. Vincitore lo stesso anno del Concours International de Jeunes Chefs d’Orchestre di Besancon, dal 1982 è Direttore Artistico nonché Direttore Stabile dell’Orchestre d’ile de France. Jacques Mercier, che ha diretto molte delle più famose orchestre sinfoniche europee, ha rappresen­ tato la Francia nel quadro dell’anno “Francia-Brasile” (1987), lavorando con le più note orchestre locali in una lunga tournée in America del Sud. Jean-François Heisser, nato nel 1950, ha studiato al conservatorio di Parigi. Nel 1974 ha vinto il Concorso Vianna da Motta a Lisbona e il Concorso Internazionale di Jaen. Attual­ mente insegna al conservatorio di Parigi, ed è ospite regolare dei festival di Aix-en-Provence, Barcellona, Bratislava, Como, Lille, Metz e Montreux. Nel corso della sua carriera artistica ha suonato con molte prestigiose orchestre, in duo con altri strumentisti e con gruppi cameristici. U na parte importante della sua attività è dedicata all’interpretazione della musica contemporanea. Olivier Messiaen (1908) Des canyons aux étoiles per pianoforte solo, corno, xilomarimba, glockenspiel e orchestra Prima parte: I Le désert II Les Orioles III Ce qui est écrit sur les étoiles ... IV Le Cossyphe d ’H euglin V Cedar Breaks et le Don de Crainte Seconda parte: VI Appel interstellaire VII Bryce Canyon et les rochers rouge-orange Terza parte: Vili IX X XI XII Les ressuscités et le chant de l ’étoile Aldébaran Le Moqueur polyglotte La Grive des bois Omao, Leiothrix, Elepaio, Shama Zion Park et la Cité céleste Nel 1971 Messiaen accettò la commissione di un lavoro da eseguirsi in occasione dei festeggiamenti per il bicentenario dell’indipendenza americana. “Era una commissione per un’opera in onore degli Stati Uniti" - racconta l’autore "Dopo aver riflettuto a lungo, consultai i miei libri di geografia, tutti i libri che posseggo, più di settemila, e in particolare la col­ lezione delle Meraviglie del mondo. Vi si trova di tutto, la Sfinge egiziana, cose straordinarie, e m i dissi che le più gran­ diose e le più belle meraviglie del mondo dovevano essere i ca­ nyons dello Utah. Dovevo dunque recarmi nello Utah". Vi andò in primavera, il periodo migliore per ascoltare i canti degli uccelli: li registrò e li annotò, insieme al colore delle rocce, al profumo delle erbe selvatiche e ogni altra impressione che i grandiosi scenari naturali, ammirati dall’alto e percorsi a piedi nelle loro profondità, gli suscitavano. Iniziò così la com­ posizione di Des canyons aux étoiles, “vale a dire, innalzandosi dai canyons fino alle stelle e ancora più in alto, fino ai resusci­ tati del Paradiso, per glorificare Dio in tutta la sua creazione: le bellezze della terra (le sue rocce, i suoi canti d ’uccelli), le bel­ lezze del cielo materiale, le bellezze del cielo spirituale. Dunque, prima di tutto opera religiosa: di lode e di contemplazione. A n­ che opera geologica e astronomica. Opera di suono-colore, in cui circolano tutti i colori dell’arcobaleno, intorno al blu della ghiandaia di Steller e al rosso di Bryce Canyon. I canti degli uc­ celli sono soprattutto quelli dello Utah e delle isole Hawaii. Il cielo è simboleggiato da Zion Park e dalla stella Aldébaran" (Messiaen, prefazione alla partitura). Come nella sinfonia Turangalila (1946-1948). in Couleurs de ta Cité céleste (1963), in Transfiguration de Notre-Seigneur Jésus-Christ (1965-1969), fede religiosa e passione naturalistica si fondono: per meglio dire, la seconda è al servizio della prima e la contemplazione della natura è riscontro della pre­ senza divina, è lode di Dio. La musica, nelle sue infinite possi­ bilità espressive ed imitative, ne è portavoce insostituibile. Oltre alla riproduzione del canto degli uccelli (che Messiaen aveva affinato a livelli virtuosistici con le opere precedenti), troviamo qui l’abbinamento armonie-colori che fin dalla giovi­ nezza aveva rappresentato una delle caratteristiche della sua sensibilità musicale. Tale abbinamento aveva trovato una for­ malizzazione parallelamente a quella dei “modi a trasposizioni lim itate”: scale dell’ambito di un’ottava che, a differenza della scala maggiore che è suscettibile di dodici trasposizioni, tanti quanti sono i semitoni che compongono l’ottava, non possono essere trasportate che un numero assai limitato di volte prima che la successione delle note si ripeta identica a quella iniziale I modi individuati da Messiaen sono sette, trasponibili da due a sei volte, per un totale di ventisette diverse successioni d suoni. Ognuno di essi ha una sua sfumatura di colore: il terzo modo nella sua terza trasposizione, ad esempio, è blu e verde e come tale è quello di base per la sezione Les Ressuscités et le chant de l’étoile Aldébaran (n. 8). Da notare il fatto che i colori dei diversi modi (come anche quelli degli accordi tonali) sono per Messiaen del tutto indipendenti dalla fonte sonora che li emette: il rapporto, quindi, non ha nulla a che vedere con il timbro degli strumenti o con quello che viene comunemente definito “colore sonoro”. In Des canyons aux étoiles Messiaen usa una grande orchestia con una vasta gamma di percussioni, alle quali si aggiungono il geofono, un grande tamburo riempito di pallini di piombo che, oscillando evoca il rumore delle pietre smosse, e Yeolifono, o macchina del vento. Agli strumenti tradizionali vengono spesso richiesti effetti particolari: è il caso del corno e del pia­ noforte nei brani solistici (n. 4, 6 e 9) o degli archi nella ripro­ duzione del verso del tetraone (n. 12) o del clarinetto, che in Cedar Breaks (n. 5) deve suonare toccando l’ancia con i denti. Complessa e ricchissima, non priva di una certa magnilo­ quenza, Des canyons aux étoiles è un’opera affascinante, im­ prontata ad un sentimento di radiosa serenità, di gioioso appa­ gamento. Seguiamola brano per brano, attraverso la partitura e le spiegazioni dell’autore. 1) Le désert (“Il deserto”). "È il simbolo di quel moto del­ l’anima che le permette di udire il discorso interiore dello Spì­ rito”. Musicalmente, esso è reso dal corno solo, che ne evoca la calma pressocché immota, e dall’“eolifono”, che imita il vento che talvolta lo agita. Nel ricordo dei giorni trascorsi a Bryce Canyon, il silenzio del deserto si popola di acuti canti di uc­ celli: un tipo di gazza africana (fiati, xilomarimba, glockenspiel, pianoforte), un uccello americano e un altro giapponese (pianoforte solo), il “ sirli del deserto”, sorta di allodola afri­ cana (archi). Brano di carattere introduttivo, conduce a... 2) Les "orioles” (“ Gli orioles”): si tratta dei rigogoli americani o Uteri (in inglese orioles), passeracei dal piumaggio per lo più aranciato, che vivono nel nuovo continente in molte speci di­ verse, tutte eccellenti nel canto, qui rese da gruppi timbrici di volta in volta differenti o dal pianoforte solo. È la prima delle sezioni interamente “ornitologiche”. 3) Ce qui est écrit sur les étoiles... (“ Ciò che è scritto sulle stelle...”). Il riferimento biblico riportato in esergo alla parti­ tura riprende un versetto del Libro del profeta Daniele (cap. 5, v. 25): “Questo venne scritto: Mene, Teqel, Parsin”, “contato, pesato, diviso”, che si riferirebbe alla progressiva decadenza degli imperi babilonese, medo e persiano e che prelude alla morte del re babilonese Belsciatzar. Per collegare la musica alle tre fatidiche parole Messiaen riprende la tecnica da lui stesso definita “linguaggio comunicabile”, sperimentata in Méditations sur le Mystère de la Sainte-Trinité per organo, del 1969: agni lettera è rappresentata da un’armonia, un impasto tim ­ brico e una durata, di modo che la successione degli accordi scrive” musicalmente mene, teqel, parsin. Il brano è in forma “ad arco” A-B-C-B-A: le sezioni estreme riportano il riferinento biblico (e qui compare il sordo rullare del “geofono”); quelle intermedie propongono il canto di un uccello tipico de­ gli Stati Uniti occidentali (pianoforte solo) interrotto da un soenne corale dei fiati; la sezione centrale è un fantasmagorico oncerto di uccelli diversi, per lo più originari delle montagne leH’ovest americano: fra essi spicca lo “ scricciolo dei catyons”, che ritornerà in altre parti dell’opera, il cui canto caatterizzato da andamento accelerando-ritardando è riprodotto dal corno. ) Le Cossyphe d ’Heuglin. È il primo dei due brani per pianoarte solo ed è dedicato al canto di un variopinto merlo deiafrica sud-orientale, canto ricchissimo e multiforme. Messi­ aen usa qui alcuni “ m odi a trasp o sizio n i lim ita te ”, nproducenti, secondo le sue concezioni, diverse sfumature di colori caldi (dal fulvo al violetto) più il verde e il grigio. 5) Cedar Breaks et le Don de Crainte (“ C edar Breaks e il Dono del T im ore”). Q uesto brano, che conclude la prim a Parte del lavoro, è ispirato ad uno dei luoghi più affasci­ nanti dello U tah, C edar Breaks, “un vasto anfiteatro che scende verso un profondo baratro, le cui rocce color arancio, giallo, marrone, rosso si dispongono in muraglie, colonne, torri, pinnacoli, torrioni. Le betulle, i pini, un residuo di neve, il vento che soffia violentemente incrementano ulteriormente la grandiosità del luogo”. La suggestione naturali­ stica si sposa, nel pensiero di M essiaen, al sentim ento reli­ gioso: il paesaggio evoca il tim o r di Dio, quel senso di teverenza verso il divino che, più elevato della rozza paura del castigo, innalza verso l’adorazione. La form a è un am ­ pliamento della triade lirica della G recia classica: in trodu­ r n e , strofa, due antistrofe, epodo, coda. L’orchestra, ar­ ricchita dal geofono e dall'eolifono, è qui usata in tu tta la sua am piezza, con effetti sonori particolari ottenuti attra­ verso tecniche di em issione e im pasti tim brici inusuali. Ri­ torna il “ linguaggio com unicabile” che, nella seconda anti­ strofe, enuncia in greco le parole Santo possente, Santo immortale. 6) Appel interstellaire (“ Appello interstellare”). Messiaen riporta un a frase del Libro di Giobbe (“O terra, non coprire il mio sangue, e il m io grido non abbia ove celarsi”, cap. 16, v. 18) e due versetti del Salmo 146 (“ Egli è Colui che ri­ sana chi h a il cuore spezzato e che lenisce i suoi dolori; Egli conta il num ero delle stelle e dà a tu tte loro un nom e”, vv. 3-4). Si tra tta di un solo del corno, caratterizzato da diffe­ renti tecniche di em issione del suono e dal ritorno, nella parte centrale, del canto dello “ scricciolo dei canyons”. 7) Bryce Canyon et les rochers rouge-orange (“Bryce Ca­ nyon e le rocce rosso-arancio”). G rande sezione conclusiva della seconda parte, ispirato ad u n ’altra m eraviglia n ato rale dello U tah, il Bryce Canyon: “un circo gigantesco di rocce rosse, arancio, violette, dalle form e fantastiche. (...) Ecco un uccello superbo: la ghiandaia di Steller: il suo ven tre, le sue ali e la sua lunga coda sono blu, la testa e la ere sta sono nere. Quando vola al di sopra del canyon, il blu del suo volo e il rosso delle rocce hanno lo splendore delle ve trate gotiche. La musica di questo brano cerca di riprodurre tutti questi colori”. In partitura, tre citazioni, fra cui una tratta dalla descrizione della nuova G erusalem m e neWApo­ calisse di San Giovanni: “ Le fondam enta della città sonc adorne di pietre preziose: (...) la sesta di cornalina, (...) la nona di topazio, (...) la dodicesim a di am etista” (cap. 21, vv. 19-20). La ghiandaia, introdotta dal canto del “ merlo nero dalla testa gialla” al pianoforte solo, lancia tre ri­ chiam i glissati ascendenti; i canti di altri uccelli dello U tah si alternano e si mescolano ai m aestosi agglomerati sonori delle rocce rosso-arancio. La form a riprende la triade della lirica greca: strofe, antistrofe, epodo e coda. 8) Les ressuscités et le chant de l ’étoile Aldébaran (“ I risu­ scitati e il canto della stella A ldébaran”). A ldébaran è la stella più brillante della costellazione del Toro ed è anche, secondo l’etim ologia araba, “la seguente”, perché segue la Pleiade. I due concetti rim andano alla resurrezione dei corpi attraverso l’im m agine di San Paolo: “ un astro è diffe­ rente da un altro per splendore. Così è anche la resurre­ zione dei m orti” (Lettera ai Corinti I, cap. 15, 41-42). La musica di M essiaen è qui trasparente, intessuta di eterei ar­ monici sovracuti, punteggiata dal canto dei tordi am eri­ cani, basata su m odi e accordi che, nella poetica del­ l’autore, sonorizzano le sfum ature turchine. 9) Le Moqueur polygioite (“Il tordo beffeggiatore”). Terzo solo, nuovam ente del pianoforte, dedicato al canto del ‘m im o” o “tordo beffeggiatore”, passeraceo am ericano così chiam ato perché im ita il verso degli altri uccelli; ad esso sono talora intercalati i richiam i di alcuni uccelli au­ straliani. Le figurazioni sono più varie che nella pagina precedente per pianoforte solo (n. 4) e gli effetti tim brici più ricercati. 10) La Grive des bois (“ Il tordo dei boschi”). Pagina in cui si fondono inestricabilm ente ornitologia, teologia e musica. Il canto del tordo dei boschi è un breve richiam o di quattro note, esposto, all’inizio nella form a più semplice dal flauto contralto e dal corno, e per l’autore “simboleggia quell’ar­ chetipo che Dio ha voluto per noi nella predestinazione, che noi deformiamo in misura maggiore o minore nel corso della vita terrena, e che non si realizza pienamente che nella vita celeste, dopo la resurrezione”. 11) Omao, Leiothrix, Elepaio, Shama. Sono i nom i di quattro uccelli esotici, tu tti rintracciabili nelle isole H aw aii nsieme ad altri citati in questa sezione. U n ’altra pagina sclusivamente ornitologica, quindi, costruita in form a si­ mile a quella del rondò: il ritornello è basato su una meloia di corni e fagotti, dapprim a scoperti, poi inseriti in una strum entazione via via più grandiosa e com plessa; gli epi­ sodi presentano il canto dei diversi uccelli, in un crescendo di esuberanza e di lussureggiante varietà tim brica; due ca­ denze del pianoforte solo riproducono il canto dell 'omao, 'il miglior cantore delle isole Hawai”. :2) Zion Park et la Cité celeste (“ Z ion Park e la C ittà cele­ ste”). “Coloro i quali scoprirono le muraglie rosa, bianche, malva, rosse, nere, gli alberi verdi, e il limpido fiu m e di <ion Park, vi videro un simbolo del Paradiso. Ricordando he la montagna di Sion è un sinonimo della Gerusalemme celeste, io ho fatto come loro”, così presenta M essiaen que­ st’ultim a p arte del lavoro, ultim a tappa di questa esplora­ zione naturalistica e spirituale. Si alternano diverse frasi di un corale, inizialm ente esposto dai fiati, con episodi basati sul canto degli uccelli: fra questi spicca il tetraone (o “gallo delle praterie”), le cui strane grida coinvolgono la quasi to­ talità dell’orchestra in un pullulare di strum enti a percus­ sione, brevi note appoggiate dei fiati ed effetti rum oristici degli archi; riconosciam o ancora lo scricciolo dei canyons •corno solo) e m olti altri volatili già uditi in precedenza. Nelle pagine conclusive, tra le ultim e strida del tetraone si la strada un carillon che “ su un accordo di la maggiore (im ­ mutabile com e l’eternità), porta con la sua risonanza la gioia finale”. Rosy Moffa leggere di musica 1988: Messiaen compie 80 anni. "Settembre Musica ’’ onora la ricor­ renza dedicandogli una serie di concerti. Meno intraprendente, l’editoria italiana si fa un po’ desiderare: i contributi sono quasi inesistenti - qualcosa si può trovare sulV'ultimo Boulez’’ dell’Eì naudi (1). E allora si va all’estero. I due lavori migliori su Messiaen si devono infatti ai suoi allievi Harry Halbreich (2) e Sherlaw Johnson (3), quest’ultimo decisamente più interessato alle opere che non alla vita del compositore. Notevole anche la ricognizione pano­ ramica di Paul Griffiths (4), ma soprattutto interessante l’indagine di Serge Gut (5) sul cosiddetto gruppo "Jeune France” al quale Mes­ siaen apparteneva. Antoine Goléa (6) e Claude Samuel (7) si sono invece divertiti a scandagliare l ’artista con la tecnica dell’intervista vecchio trucco sempre nuovo della maieutica giornalistica. Senza infamia e senza lode Claude Rostand (8) e Alain Perier (9): sono cosette distensive che si leggono in m ezz’ora, così come il Roger Nichols (10) o il librino della Mari (11). Ma Messiaen è un musicista serio e merita letture ben più impegnate: i suoi scritti sulla tecnica compositiva (12) o le ricerche sul suo mondo spirituale (13). “Io sono innanzitutto un musicista cattolico. Tutte le mie opere, reli giose o non, sono un atto di fede e glorificano il mistero del Cri sto” disse Messiaen: in questo senso le sue composizioni, quali che siano, acquistano una risonanza straordinariamente profonda e proiettano l ’uomo oltre i limiti dell’umano. Davide Cantin > (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) (13) P. BOULEZ, Punti di riferimento, Einaudi, Torino 1984. H. HALBREICH, Olivier Messiaen, Fayard, Paris 1980. R.S. JOHNSON, Messiaen, Dent and Sons, London 1975. P. GRIFFITHS, Olivier Messiaen, Faber and Faber, London 1985. S. GUT, Le groupe Jeune France, Honoré Champion, Paris 1984. A. GOLEA, Rencontres avec Olivier Messiaen, Julliard, Pari 1960. C. SAMUEL, Entretiens avec Olivier Messiaen, Belfond, Pa­ ris 1967. C. ROSTAND, Olivier Messiaen, Ventadour, Paris, 1957. A. PERIER, Messiaen, Du Seuil, Paris 1979. R. NICHOLS, Messiaen, Oxford University Press, London 1975. P. MARL Olivier Messiaen, Seghers, Paris 1965. O. MESSIAEN, Technique de mon langage musical, Leduc, Paris 1944. A. ROSSLER, Contributions to the spiritual world of Olivier Messiaen, Gilles and Francke, Duisburg 1986. La maggior parte dei testi indicati può essere consultata presso la Civica Biblioteca Musicale “Andrea Della Corte” - Villa Tesoriera - corso Francia 192.