DEL POPOLO
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il pentagramma
De eventibus musicalibus
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9 • Mercoledì, 27 magg
di Patrizia Venucci Merdžo
Gentili lettori,
l’afoso abbraccio maggiolino sembra anticiparci l’attesa stagione estiva e con essa tutto il tradizionale repertorio
festivaliero e di eventi culturali vari che movimentano le serate di questo periodo dell’anno.
Prima però vorrei spendere due parole sull’avvenimento clou di maggio, l’“Eurosong“, la competizione internazionale per la canzone d’Europa, le cui file negli ultimi
anni si sono andate ingrossando con l’ingresso dei „parenti poveri“ dell’Est europeo. Ucraina, Russia, Armenia
e altri paesi balcanici e levantini hanno modificato e anche arricchito la fisionomia musicale del festival introducendo una nota di folcloristica vitalità tramite ritmi, accenti, armonie particolari ed accattivanti gradite dal pubblico.
Nonostante l’ostentato glamour psichedelico (e circense) e
l’aura di “grandiosità”, non si può certo affermare che la
qualità abbia dominato. Al contrario, in molti casi non si è
andati più in là della solita canzonetta strillona confezionata con tre note, due accordi con contorno di improbabili
(a fini espressivi) esibizioni acrobatiche. Insomma, l’effetto
prima di tutto. Questa sì che è crisi.
Comunque, crisi o no, anche quest’anno negli anfiteatri, stadi, palazzi, piazze e chiese dell’Istria, Quarnero e
Dalmazia, le Muse celebreranno i loro riti estivi. (A proposito; ho l’impressione che le canoniche nove Muse non bastino più. Per esempio, qual è la Musa dell’hip hop? E quella del teatro alternativo? E della breakdance? Insomma, mi
pare che il Parnaso andrebbe riveduto, corretto ed aggiornato. Magari, con una filiale a Londra o a New York).
A quanto pare i festival in Dalmazia risultano solo parzialmente afflitti dalle conseguenze della crisi, almeno per
quel che riguarda il Festival di Spalato – che propone tra
l’altro tre titoli d’opera, serate sinfoniche e di musica da camera con nomi di risonanza anche internazionale – ed il
Festival di Ragusa. Il cartellone della prestigiosa manifestazione dell’antica repubblica dalmata risulta nutrito come
sempre, e la relativa rinuncia ai grossi nomi internazionali è
stata sopperita con la presenza dei migliori solisti, compagini orchestrali e cameristiche di casa nostra.
Si tratta invece con tutti i riguardi la nostra metropoli con il ZABAF, il festival di musica barocca “simbolo di
alta cultura e di tradizione europea”, il cui cartellone è una
sfilza delle più rinomate compagini di musica antica provenienti dall’Italia, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia,
Norvegia. Con il supporto materiale dell’EU.
E veniamo a casa nostra. Il 12 giugno prossimo ricorrono i quarant’anni dell’inaugurazione dell’organo della
Cattedrale di San Vito. Stiamo parlando di uno dei migliori e più capaci organi elettrici in Croazia, opera dell’organaro lubianese Jenko, idoneo ai requisiti del concertismo
e grazie al quale i cittadini di Fiume hanno potuto gustare
concerti e rassegne organistiche con maestri di spessore e
prestigio internazionali.
Dulcis in fundo. Ancora una volta, i frugoli della
CNI di Fiume si sono dati convegno nei giorni scor-
si, intorno alla Canzone per l’infanzia. Questo nostro
“Zecchino d’oro”, nel corso di 45 edizioni, ha accompagnato la crescita di generazioni di bambini e ragazzi
della nostra Comunità. Oscar Bogna, Serafino Lenaz,
Celestino Srelz, autori di decine e decine di canzoncine per l’infanzia, hanno lasciato un segno importante
nella storia del nostro festival. Canzoni che rappresentano un piccolo, ma autentico tesoro di vivacità, schiettezza e fantasia meritevole di essere immortalato su un
CD. Saremmo in molti ad ascoltarlo, e con tanta nostalgia.
Canzonissimevolmente Vostra
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Mercoledì, 27 maggio 2009
Il 5 luglio si alza il sipario del decimo “Histria Festival” con il concerto inaugurale
Cartellone in tono minore per la
di Daria Deghenghi
POLA - Pur festeggiando i
dieci anni della fondazione, e
pur essendo la direzione in grado
di esibire, tra gli appuntamenti in
cartellone, anche il nome di un
artista del calibro di Elton John,
quest’edizione del “Histria Festival”, stando almeno alle anticipazioni sul programma reperibili al
non si esibivano a Pola da decenni.
Evidentemente, il 2009 dovrà essere l’anno della crisi anche nel campo
dello spettacolo. Tuttavia, qualcosa
ne ricaveremo dopo tutto. Ma procediamo con ordine.
Il 5 luglio si alza dunque il sipario del decimo “Histria Festival”
con il concerto inaugurale del teno-
Un programma pallido
in confronto alle stagioni
precedenti, delle quali non si
fa certo fatica a ricordare le
chicche Carreras, Pavarotti e
Bocelli, un indimenticabile Sting,
le “due volte” di Zucchero, e
una lunga serie di stelle e stelline
del momento
momento, non pare destinata ad
entrare negli… annali della manifestazione.
Da un pezzo sembra che gli
anni d’oro si siano ormai esauriti
e prova ne sia l’annunciato pensionamento del fondatore e unico
direttore della rassegna dall’anno
del decollo – il compositore e docente universitario di origini albanesi Bashkim Shehu – cui dovrebbe subentrare tra un anno o poco
meno il figlio (impresario a sua
volta) Arian. È questa infatti l’impressione che si ricava da una...
prima lettura del calendario 2009
dei concerti in Arena e “dintorni”
esibito in sede di conferenza stampa e sul sito ufficiale del Festival:
pallido, davvero, in confronto alle
stagioni precedenti, delle quali
non si fa certo fatica a ricordare
le chicche Carreras, Pavarotti e
Bocelli, un indimenticabile Sting,
le “due volte” di Zucchero, e poi
una lunga serie di stelle e stelline
del momento (Anastasia, Vanessa Mae, Alanis Morisette, Norah
Jones...) senza disdegnare l’ottima scelta dei musicisti di casa
nostra e... periferia immediata, e
ci basti citare i nomi di Maxim
Mrvica, Goran Bregović con “Orchestra per nozze e funerali” al seguito, ma anche i riesumati Đorđe
Balašević e Zdravko Čolić, che
re Josè Cura che si esibirà in Arena
accompagnato dall’Orchestra sinfonica della Radiotelevisione croata. L’8 luglio riserva l’appuntamento con Sir Elton John, il cavallo di
battaglia di quest’edizione del Festival, un concerto che il pubblico dovrà pagare a peso d’oro, alla lettera,
visto che prezzi di questa portata (e
i biglietti sono in vendita dalle 380
alle 2.200 kune), a Pola almeno, non
si erano visti mai prima d’ora. Nemmeno quando a esibirsi era stato il
suo connazionale, certamente molto più modesto nelle richieste, Sting.
La cosa si spiega ricorrendo ovviamente al “mito dei costi di produzione”, molto elevati dicono, poiché
– ed è risaputo – il palcoscenico, o
meglio quinte, strumenti, luci, audio,
insomma, tutto, per Elton John deve
essere a dir poco colossale, e sta di
fatto che fino ad ora il cantante non
ha accettato di esibirsi né all’Arena
polese né del resto altrove in Croazia, pur desiderandolo, proprio perché le condizioni tecniche e logistiche dell’anfiteatro non l’hanno mai
permesso. Ma ora è stato fatto anche
questo sforzo. E i posteri possano testimoniare che l’impresa abbia avuto successo e che il suo concerto sia
stato davvero qualcosa di eccezionale, roba che mai s’era vista prima...
Sia come sia, dopo Sir John, il 12
luglio impugnerà il microfono Mi-
chael Bolton, che in Croazia è tutt’altro che una mosca bianca. Nel
2007, lo ricordiamo, si è esibito al
fianco di Carreras e Tony Cetinski
al Palasport Cibona in un memorabile concerto di beneficenza, ed è poi
tornato a cantare in duetto con Tony
al Palasport di Fiume l’anno successivo. Una carriera, la sua, costellata
da grandi soddisfazioni e coronata
da due Grammy, sei American Music Awards e 52 milioni di album e
singles venduti da un capo all’altro
del pianeta.
Ma tra un big e l’altro del pop internazionale, ecco che si ritrova un
intermezzo di musica classica destinato giocoforza a passare in secondo piano. Vanno segnalati tuttavia i
due concerti dell’orchestra sinfonica
e del coro dell’Università degli studi
polese “Juraj Dobrila” che, diretti da
Miroslav Homen, il 10 luglio all’Eufrasiana di Parenzo e il 12 al Duomo
di Pola, riproporranno il “Requiem”
di W.A. Mozart, in un programma
già sostenuto con ottimo riscontro
di pubblico e critica in occasioni
precedenti.
Agosto riserva la scena al balletto e alla musica classica. Torna
dunque all’anfiteatro polese il corpo di ballo dell’Imperial Russian
Ballet moscovita diretto da Ge-
Bashkim Shehu cede la direzione del Festival al figlio Arian
Il mitico Elton John
Il bel tenebroso Michael Bolton
VITA NOSTRA Incetta di premi degli “Angeli bianchi” della SEI di Buie al festival “Scintille”
Volando per i meravigliosi cieli della Musica
BUIE - Anche quest’anno il
coro “Angeli bianchi” della Scuola elementare italiana di Buie ha
riscosso un grande successo al Festival di musica sacra “Scintille”
che si è tenuto per la tredicesima
volta a Dignano. Con il patrocinio
della Diocesi di Parenzo – Pola,
della Regione Istriana e della Città di Dignano, al Festival hanno
partecipato venti cori con oltre
500 bambini, proponendo brani
sacri classici e inediti.
Gli “Angeli bianchi” diretti dall’insegnante Vesna Jugovac
Pavlović, hanno iniziato a parteci-
Il primo premio per la migliore
esecuzione, il premio speciale
per il migliore arrangiamento,
il premio speciale per il miglior
testo e il premio speciale per la
migliore canzone presentata al
Festival, questi i successi del coro
di voci bianche di Buie
pare al festival nel 2005 e da allora
non sono tornati mai a casa a mani
vuote, aggiudicandosi quest’anno
ben quattro premi: il primo premio per la migliore esecuzione,
il premio speciale per il migliore
arrangiamento, il premio speciale per il miglior testo e il premio
speciale per la migliore canzone
presentata al Festival. Il merito
va certamente distribuito equamente tra l’impegno degli alunni
e il talento della loro insegnante
che firma sia il testo sia la musica
della canzone vincitrice “L’amore
è il dono più bello”, con l’arrangiamento di Mauro Giorgi.
“Il coro della nostra scuola,
che conta quaranta, quarantacinque ragazzi a seconda delle generazioni, è sempre attivo e partecipe a molte manifestazioni, dentro
e fuori la scuola. L’ ‘avventura’ al
Festival ‘Scintille’ è iniziata nel
2005, quando abbiamo partecipato per la prima volta con un brano noto, ‘Gloria al Bambino’, che
ci ha portato il primo posto per
l’esecuzione tra le scuole elementari. Questo successo ci ha spronato a lavorare con maggiore impegno cosicché l’anno seguente ci
siamo presentati con due canzoni,
scritte e musicate dalla sottoscritta, e una di queste, ‘O Gesù’, ci
ha portato un nuovo primo premio
nella sezione canzoni nuove. Nel
2007 abbiamo partecipato con due
canzoni inedite, ‘Padre Nostro’ e
‘Gloria a Gesù’ vincendo il primo
e il secondo premio. L’anno dopo
invece abbiamo ottenuto due premi con la canzone ‘Sarete i miei
testimoni’. Nello stesso anno la
ditta Brolex di Buie ci ha donato le ‘niformi’ bianche e grazie a
queste siamo diventativeramente
degli ‘Angeli bianchi’” – ci racconta l’insegnate di musica e direttrice del coro scolastico, nonché autrice di canzoni Vesna Jugovac Pavlović.
Ma l’insegnante ci racconta in questa occasione di un altro progetto portato avanti da lei,
dal coro e dalla Scuola, ovvero la
pubblicazione di alcuni canzonieri, con in allegato il CD, di tematiche diverse, scritti interamente da
lei. Il primo è una raccolta di canti popolari scritti in dialetto arcaico che racconta della vita e delle
vicende della gente del territorio.
Il secondo è dedicato ai bambini
e al mondo della scuola: i loro sogni, i primi batticuori, l’amicizia;
l’ultimo invece è di tematica religiosa, adattato ovviamente, ai
bambini e alle loro necessità spi-
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Mercoledì, 27 maggio 2009
del tenore Josè Cura. Prezzi dei biglietti fino a 2.200 kune per la serata di Elton John
massima manifestazione istriana
L’imponente anfiteatro polese che accoglie la prestigiosa manifestazione “Histria festival”
Tra un balletto e l’altro anche un
concerto dei solisti Stjepan Hauser
(violoncello), Lidija Horvat Dunjko
(soprano) e Franko Božac (fisarmonica), in programma l’8 agosto all’estivo del Museo Storico al Castello, sempre con accompagnamento
strumentale della European Master
Orchestra, diretta per l’occasione da
Christopher Zimmerman. Un’ultima
esibizione della medesima orchestra
si avrà il 16 agosto, ancora una volta
al Colle Castello, per la serata concertistica dedicata a Piazzola, con
solista Fridrich Lips alla fisarmonica bayan. E per il gran finale della
stagione, il 21 agosto l’”Histria festival” torna all’anfiteatro romano per
un concerto del cantante bosniaco
Dino Merlin, all’anagrafe di Sarajevo Edin Dervišhalidović, fondatore,
nel 1983, del gruppo “Merlin”, che
ebbe vita breve ma anche un’innegabile risonanza su tutto il territorio nazionale dell’allora Jugoslavia, e che
fino al 1990 produsse cinque album.
Solista dal 1991, Merlin firma altri
tre album e un live ma anche l’inno
nazionale bosniaco-erzegovese. Del
La compagine dell’Imperial Russian Ballet
suo paese ha difeso i colori all’Eurodeminas Taranda, per riproporre pretazione della European Master song di Dublino nel 1993 e a Geru“Il lago dei cigni” (Tschaikowski) Orchestra di Vienna, diretta, nel salemme nel 1996.
il giorno 5 ed il divertissement primo caso dal maestro Zvonimir
Che anche per quest’anno l’are“Carmen e Bolero”, in agenda il Hačko, e, nell’altro, dal polese Mi- na sia off limits per Marko Perković
13 agosto, entrambi per l’inter- roslav Homen.
Thompson è cosa ormai risaputa,
Vanno segnalati i due concerti
dell’Orchestra Sinfonica e del
coro dell’Università degli Studi
polese “Juraj Dobrila” che, diretti
da Miroslav Homen, il 10 luglio
all’Eufrasiana di Parenzo e il 12
al Duomo di Pola, riproporranno
il “Requiem” di W.A. Mozart
come è noto del resto che sono state
scartate anche le proposte di altri due
concerti (Goran Bregović e Severina). Nessuno dei tre ha infatti avuto il placet della Giunta municipale
polese, che ha motivato le sue scelte con due argomenti diversi. Il primo: quest’anno l’estate concertistica
all’arena deve giocoforza durare il
meno possibile perché il monumento è oggetto di un’opera alquanto
impegnativa di conservazione e manutenzione che richiede i suoi tempi.
Si è scelto quindi di sacrificare alle
necessità di tutela del patrimonio
monumentale proprio Bregović e
Severina, ma resta da vedere perché
Merlin sia scampato alla scure del
Municipio... Quanto a Thompson,
non serve mica ricordare che la storia della guerra tra il cantante e le autorità municipali abbia avuto recentemente un epilogo giudiziario a favore dell’amministrazione cittadina.
L’Arena Thompson continuerà dunque a sognarsela e “se vorrà tornare
a citare i vertici di Pola in tribunale,
faccia pure – ha dichiarato il sindaco
Miletić – perché tanto ne uscirà perdente anche questa volta”.
In compenso, la Città di Pola ha
accordato il suo placet in extremis a
un concerto fuori programma piovuto dal nulla e promosso da un’associazione culturale dal nome bizzarro (“Pas u humanitarnom djelovanju”). Il 24 giugno si terrà per
l’appunto il concerto dell’irlandese
Sinead o’Connor, nota per lo strepitoso successo del singolo “Nothing
compares to U” degli anni Novanta,
non meno che per la sua duramente
contestata crociata contro il papa e la
Chiesa cattolica. Crociata che le è
costata la carriera. Con “Theology”,
l’album della maturità e dell’ultima
svolta stilistica, sta cercando ora di
tornare sulla cresta dell’onda
In futuro la
pubblicazione
di alcuni
canzonieri, con
in allegato il
CD, contenenti
brani popolari
arcaici, canti per
l’infanzia e brani
sacri firmati da
Vesna Jugovac
Pavlović
rituali, con la viva speranza che
queste composizioni entrino anche in chiesa e vengano cantate
dai cori di voci bianche.
“Sono certa che riusciremo
a trovare il sostegno della Città
di Buie, dei Comuni e delle Comunità degli italiani presenti sul
territorio, dove abitano i bambini della nostra scuola e presso i
quali svolgono diverse attività,
dalla Regione ma anche da tut-
ti i cittadini che vorranno e potranno aiutarci in qualche modo.
Credo che questo sia un progetto
prezioso e importante fatto per il
bene dei nostri ragazzi, che sono
quanto di più prezioso si abbia,
comepure per tutta la collettività.”
Un elogio dunque all’insegnante Jugovac Pavlović, prolifica autrice di canzoni per bambini la quale, però, non dimentica
mai di esaltare la bravura e l’impegno dei ragazzi del coro, pronti
a esercitarsi in ogni momento libero oltre alle due ore settimanali previste.
Marianna Jelicich Buić
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musica
Mercoledì, 27 maggio 2009
Mercoledì, 27 maggio 2009
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MUSICALPROFILANDO Il libro dedicato ad Eugenio Visnoviz (1906-2006) rappresenta un attento contributo alla conoscenza del genialissimo musicista triestino
Incompreso e boicottato il giovane genio cedette alla propria fragilità
di Fabio Vidali
TRIESTE - Rappresenta una coraggiosa sfida ad una città “senza
memoria” e del tutto priva di autostima come Trieste, l’iniziativa dell’Università Popolare di Trieste che,
nell’ambito del suo progetto “Profili Musicali”, ha voluto rispolverare
il ricordo del pianista e compositore Eugenio Visnoviz nel centenario
della nascita. Accanto alle manifestazioni rievocative e concertistiche
puntualmente indette nel 2006 (data
anagrafica di tale centenario), l’Ente
Morale triestino è riuscito a far editare “La città musicalissima di Eugenio Visnoviz - Studi e testimonianze
in occasione del centenario (19062006” in collaborazione con il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”
di Trieste, un massiccio volume (592
pagine, più indici), a cura di Massimo Favento, che raccoglie studi e testimonianze prodotti nell’occasione.
Un copioso ed attento contributo che
non solo porta nuovi spiragli alla conoscenza di questo genialissimo musicista nostro ma fa luce su un periodo poco o punto “esplorato” della
temperie musicale delle nostre terre,
a cavallo fra la “Finis Austriae” ed il
primo quarantennio dell’annessione
all’Italia di questi territori. Varie le
firme di questi contributi, ma fondamentale fra tutti il certosino lavoro
di ricerca e di interconnessione operato da Massimo Favento sulla materia viva delle “rassegna stampa”
degli anni presi in esame, palpitante testimonianza che “attualizza”,
quasi giorno per giorno, una vicenda incentrata su Visnoviz ma debitamente incorniciata nel più vasto
ambiente locale, nazionale ed internazionale. Irrinunciabile prenderne atto per chi non voglia parlarne a
vanvera sul mero filo del “ricordo”
o del “sentito dire”. Fonti principali: l’Archivio di Stato, l’Archivio
Generale del Comune di Trieste, la
Biblioteca del Conservatorio Tartini,
il Civico Museo Teatrale e numerosi
privati, puntualmente ricordati nelle
“note a piè di pagina”. Il volume,
datato “2009”, in collaborazione col
Museo Teatrale triestino, si è giovato del contributo e del patrocinio del
Comune e della Provincia di Trieste ed è stato èdito dalla Pizzicato
di Udine che sta approntando anche
la pubblicazione dell’”opera omnia” di Visnoviz, finora prevalentemente dispersa, in base al Catalogo
aggiornato ed alla ricostruzione dei
reperti, fatica encomiabile ancora
dell’infaticabile Massimo Favento.
Ciò, indubbiamente faciliterà la conoscenza e l’auspicabile esecuzione
di quanto ci rimane del “corpus” della produzione compositoria di Eugenio Visnoviz, l’unica testimonianza
tangibile della sua genialità e del
suo intimo dramma, dato che egli
morì ben prima dell’avvento delle
registrazioni discografiche su larga
scala, oggi alla portata anche del più
squallido “guastatasti” alla moda.
Talché il suo magistero pianistico
resta un mito, affidato al malcerto
ricordo dei pochissimo (ed anzianissimi) che a tutt’oggi gli sono sopravvissuti, se ancora in possesso di
un barlume di onestà mentale. Dote,
quest’ultima, fra le più rare.
Che ièlla nascere
povero a Trieste
Eugenio nasceva nella Parrocchia di Chiadino, addì 14.12.1906 e
fù battezzato il 30 dello stesso mese.
Il padre, Giovanni, faceva lo scalpellino: la madre, Anna, nata Pregarz, faceva la portalettere. Eppure
ci fù chi, equivocando sulla pratica
musicale allora diffusissima a Trieste
in ogni strato sociale, giunse a sostenere che nacque in una “famiglia
di musicisti”. Come se l’umiltà dei
mestieri dei suoi genitori suonasse
a disdire della nobiltà della sua arte.
Eugenio succhiò, invece, col latte,
quella Musica che permeava, allora, la “musicalissima Trieste” dove
l’Arte dei Suoni era signora in ogni
casa ed in ogni strada. Anche a livello “amatoriale”. Ciò grazie ai programmi scolastici austriaci ed alla
particolare attenzione che il Comune rivolgeva all’educazione musicale popolare, elemento “aggregante”
d’una popolazione alla Musica particolarmente portata e sensibile. I fiori
nascono fra l’erba e non nel deserto.
Una “maestrina privata” di pianoforte cui fu affidato, si rese subito conto
delle straordinarie doti musicali del
giovanotto che già ad otto anni, in
casa Zuccoli, stupiva Antonio Smareglia per le sue straordinarie doti di
“improvvisatore” al pianoforte, pur
ancora del tutto digiuno di qualsiasi studio di Composizione. Iscritto al Conservatorio, già nel 1923 si
diplomava in pianoforte al Tartini,
maggiori città italiane. Ma già prima
del diploma, aggregato al “Quartetto Triestino” di Augusto Jancovich,
è trascinato in America (1922, New
York ecc.). Nel corso delle due traversate, delizia anche al pianoforte
i passeggeri del transatlantico. Ogni
santa sera.
A Trieste, celato fra le povere
mura dell’appartamentino di famiglia, Eugenio (quasi in clandestinità) dà sfogo alla sua più autentica e
tormentosa passione: comporre musica propria.
più giovanili né quelle posteriori alla
morte del prof. Skolek (1929). Evidentemente gli erano venuti a mancare o l’incudine o il martello, con la
scomparsa dell’autorevole detrattore
di Debussy, cui peraltro Eugenio era
legato da rispetto e affettuosa sottomissione.
Comunque, coinvolto in un cambiamento epocale che stava sconvol-
a musiche pianistiche ne presentava anche di strumentali e vocali. Per
l’esecuzione dei brani strumentali, si
rivolse fiducioso a solisti con i quali
aveva precedentemente collaborato
(Barison, Sigon, il Quartetto Jankovich (quello della sua tournèe americana). Conobbe così la più profonda amarezza della sua carriera. Gli
interpellati si negarono perché lo
riboccante di certezze e d’autostima, ma piuttosto incline a macerarsi nei dubbi. Anche ciò non gli giovò. Non volle più fare audizioni di
musica propria e continuò ad inferire sui propri spartiti. Il “controveleno” venne dopo il suo suicidio. In un
articolo commemorativo (“Il Piccolo” del 2 novembre 1931) lo stesso
Levi, dopo averlo definito “compo-
Tra l’incudine
e il martello
Si ha ragione di credere che, anche nella pratica compositiva, Eugerio fu precocissimo, stimolato dapprima dal desiderio di fissare sulla
carta le sue improvvisazioni al pianoforte. Quando iniziò? Fra i nove
ed i dieci anni, presumibilmente. In
partenza, seguendo le orme di quei
Grandi che prediligeva: i tre “B”
(Bach, Beethoven e Brahms) che
presto s’aggiunsero Chopin e Liszt).
Proseguendo, non poteva sottrarsi al
dal Conservatorio del neonato “Premio Busoni” (“invenzione” triestina
destinata a traslocare a Bolzano ed
a diventare universalmente nota).
Di quest’iniziativa rimase a Trieste
una lapide sulla facciata del Tergesteo, inaugurata nel 1927 in ricordo
di… Ferruccio Busoni. L’omonimo
“Premio” non fu mai più bandito a
Trieste.
Arrivando all’oggi, fra i contributi consegnati alla pubblicazione del
volume su Visnoviz, spicca un breve “pensiero” di Dario De Rosa (il
celebrato pianista del mitico “Trio di
Trieste). Solo poche righe di plauso
per l’iniziativa, per precisare di averne solo “sentito parlare” come di un
mente informata dai “media” sulle
autentiche cause della morte di Eugenio. L’allucinante verità che fosse dovuta ad un disperato suicidio
attuato con l’assunzione di un’over
dose mortale di Veronal, fù “epurata” e sostituita con la più “tranquillizzante” prognosi di “polmonite
fulminante”. Ovvero un “tiro birbone” dei soliti “invidi Eumi”, anche se la causa autentica della morte venne subito a galla, sussurrata
cautamente da orecchio in orecchio.
Eppure sarebbe bastato ricorrere alle
cartelle cliniche dell’Ospedale in cui
fu ricoverato. Cartelle e non “cartella” (l’ultima definitiva). L’anno precedente (1930) Eugenio aveva già
per il 17 di quel mese, un grande
concerto commemorativo di Visnoviz (ore 21) al Politeama Rossetti, il cui incasso “netto” (tolte
le spese) sarebbe stato devoluto al
“Fondo onoranze Eugenio Visnoviz”. Detto “Fondo” era finalizzato
a raccogliere la somma necessaria
ad assicurargli una “decorosa sepoltura”, visto che quella “provvisoria” lasciava a desiderare. A farla breve, di rinvio in rinvio (ce ne
furono parecchi, anche dell’ultima
ora) tale concerto si realizzò appena domenica otto gennaio 1933 con
un matinée (inizio ore 11) sempre
ra gli Asili ed i Ricreatori nonché
le Scuole Popolari con programmi
di canto e musica, due i principali
Conservatori, innumerevoli gli insegnanti e le scuole private di musica,
molti e frequentatissimi i Teatri e le
Arene all’aperto. Tanti e fiorenti i
Circoli musicali di vario genere. Vedasi il meticoloso contributo di Stefano Crise (“L’istruzione musicale a
Trieste”, pagg. 153-183).
Negli Anni Venti, per il Sindacato Nazionale musicisti, Ettore Sigon già tuonava: “Esilio è il cestino
che sembra incombere sui musicisti nostrani, strozzati da tutta la fal-
Il “Trio di Trieste”, nella sua
ultracinquantennale attività, si guardò
bene dall’eseguire qualche brano
del musicista giuliano. E risulta
che il pianista del Trio, De Rosa, si
produsse spesso al “Circolo Visnoviz”
Si auspica la prossima
pubblicazione dell’“opera omnia”
dell’ispirato compositore nostrano
per incoraggiare l’inserimento delle
sue musiche nei normali repertori
Prima pagina della partitura dell’Adagio del Quartetto in La minore (1925)
al Politeama. Stavolta l’importo necessario fu finalmente raccolto e la
“decorosa sepoltura”, sovrastata da
una mesta “Fanciulla dormiente”
scolpita da Franco Asco, recentemente pulita e restaurata, si trova
nel Cimitero di S. Anna, Campo
secondo, M. 5894. Ultima beffa,
risulta posticipata sulla lapide la
data di morte: “1932” al posto del
sa organizzazione che ha in mano
gli interessi dell’arte. E’ intollerabile l’abbandono che la classe dei
musicisti triestini, costituenti la più
ricca compagine di splendidi valori
individuali che l’Italia vanti, deve
subire. Sono pressoché sconosciuti in tutto il resto del Paese. Cosa fa
Trieste per i suoi musicisti?”.
Chiedeva “la costituzione degli
Il volume dell’UPT dedicato al
giovane Maestro incornicia un ampio
panorama delle vicende musicali
locali del periodo precedente
la comparsa della meteora Visnoviz
ed approda nella realtà attuale
corretto 1931. L’ignoto scalpellino
generoso almeno gli regalò un anno
in più di vita. Da sottolineare che
il programma di quel concerto al
Politeama era interamente dedicato a musiche di Eugenio Visnoviz
(9 brani). Un’occasione del genere
ebbe un unico precedente: il “tutto
Visnoviz” del 1926 al Circolo Artistico triestino. Quello che lo sprofondò nel baratro dell’amarezza.
Il musicista triestino nel 1929
alla scuola del prof. Adolfo Skolek
(boemo di cultura tedesca, innovatore della tecnica pianistica quanto
“chiacenierato” per pratiche spiritistiche e anche sodomitiche). Di questo suo esame di diploma si occupò
entusiasticamente anche la stampa,
come “un paradigma musicale del
primo Novecento”. Avrebbe meritato i “pieni voti cum laude”, ma il suo
punteggio fu “solo” di 9 e 80 su 20.
Manica stretta perché ”figlio di poveracci”, anzi “orfano di padre” appena quindicenne? Contemporaneamente seguiva i corsi di Composizione di Antonio Illersberg, maestro
d’impareggiabile dottrina ed apertissimo al “nuovo” che batteva alle porte della Musica europea.
Da allora, un turbinìo praticamente quotidiano di concerti, spesso a livello di indiscriminato sfruttamento,
sia nella sua città che fuori, con ruoli
prevalentemente di “accompagnatore” di celebrità autentiche e presunte.
Nel 1924 è in tournée in Egitto come
accompagnatore del violinista Cesare Barison: nel 1925, sempre con
Barison, in un giro di concerti nelle
fascino di Debussy (che il suo professore di piano, Skolek, definiva
“brodaglia”), né alla curiosità per
Schonberg e Strawinski, ben presenti nell’aggiornato repertorio didattico di Illersberg. Cercava una “sua”
via personale, sempre timoroso di
“spiacere” all’uno e all’altro dei suoi
maestri e sempre insoddisfatto di se
stesso (insoddisfazione che coinvolgeva come un tarlo anche i suoi pur
eccellenti risultati pianistici). Così,
man mano procedeva nel comporre
e nella sua scupolosa “autocoscienza”, aveva preso la sofferta abitudine
di stracciare e cestinare le sue composizioni appena scritte. E’ sommo
merito del suo fratello maggiore,
Ermanno (emerito direttore di Banda e fondamentale conservatore delle sue musiche e memorie), se molto
si è riuscito a salvare del suo “corpus” compositorio ed anche della
sua nutritissima “rassegna stampa”,
gelosamente tramandata da parente
a parente fino a tutt’oggi. E’ curioso però osservare come non soffersero della sindrome “autodistruttiva” le sue composizioni orchestrali
gendo tutto il mondo musicale europeo e non la sola piccola Trieste,
musicalmente dopo la sospirata Redenzione, è assai poco probabile che,
un’individualità fisicamente debole e
dalla sensibilità d’un cherubino della musica quale fù Eugenio, avrebbe potuto trovare solo in se stesso
la forza di sopravvivere e di imporsi con una sua cifra personale d’arte
e di vita. Perché, in realtà, nella sua
città che tanto seppe sfruttarlo anche
se tanto entusiasticamente l’applaudì come divo del pianoforte, come
compositore Eugenio si trovò drammaticamente solo ed incompreso. Ed
anche talvolta irriconoscentemente
boicottato
Quanti “scheletri”
nel nostro armadio
Veniamo ad alcuni fatti. Correva
l’anno 1926 ed Eugenio, vincendo timori ed esitazioni, aveva finalmente
deciso di far sentire per la prima volta (e fù anche l’ultima, lui vivente)
un programma interamente dedicato alle proprie composizioni (oggi si
direbbe in “prima assoluta”). Sede,
il prestigioso Circolo Artistico, Sala
Massima di via del Coroneo. Oltre
ritenevano “ancora un ragazzetto”
cui non ritenevano di “dar corda”,
mentre quando loro serviva “insubordine” come “accompagnatore”,
non avevano esitato a tirarselo dietro con piena soddisfazione. Dovette
così ricorrere ad altri, meno “spocchiosi”, ma questo rifiuto lo ferì irrimediabilmente. Anche se i loro “sostituti” si rivelarono assolutamente
all’altezza (Baldini, Greatti, Luzzatto e Ilberti) ed il concerto fu salutato
da clamoroso successo ed ovazioni.
Qualcosa gli si era spezzato dentro
e la sua fiducia negli altri, tanto stimati, era venuta meno, aumentando la sua timidezza. Nella sua successiva recensione per “Il Piccolo”
(30.12.1926), Vito Levi, pur ritenendolo un “valore di prim’ordine” non
gli riconosceva “una fisionomia plasmata e un’espressione personale” e
s’augurava che si “scaricasse dalle
reminiscenze”. Sul “Popolo di Trieste”, un certo “ MR” (Martinelli?)
lo trovò “indeterminato sulla via da
seguire” e privo di “una parola nuova”. Cautele prudenti se non “tartufesche” per non impegnarsi in un
giudizio perentorio. Assolutamente
scoraggianti per una psiche fragile
come quella di Eugenio, non certo
sitore agguerrito” che “avrebbe potuto essere pubblicato con tutti gli
onori”, si duole di “non aver avuto
il coraggio di dirlo prima, perché,
trattandosi d’un artista concittadino,
avevamo il pudore d’esserne i primi,
e attendevamo il giudizio che sarebbe dovuto venire da un’altra città”.
Trieste è tutta qui: disistima per i
concittadini ed accoglienze con la
banda per i “foresti”. Che lo meritino o meno. Purché “foresti”.
Altri episodi comportamentali
confermano l’isolamento di Eugenio anche nel ristretto ambiente dei
“musicofili” locali. Anno 1929: un
gruppo di amici ed estimatori indìce
una sottoscrizione che fornisca ad
Eugenio i mezzi materiali per “perfezionarsi” all’estero (Vienna o Parigi) come da suo ardente desiderio.
Dalla documentazione custodita al
Conservatorio si apprende che tale
sottoscrizione avrebbe dovuto raccogliere almeno Lire 15 mila, ma
non si totalizzarono che Lire 4 mila
e rotti ed Eugenio restò a Trieste.
Particolare pietoso: alcuni di coloro
che si impegnarono per iscritto nella sottoscrizione, non versarono mai
il loro contributo in solido. Lo stesso
anno, però, Eugenio viene insignito
Attualità
e ricordi
Visnoviz a tredici anni
“grande pianista”, con l’auspicio di
un suo “riconoscimento definitivo”
quale compositore, grazie all’edizione in corso delle sue opere. Peraltro
il “Trio di Trieste”, nella sua ultracinquantennale attività, si guardò bene
dall’inserire qualcosa di Visnoviz
nei suoi repertori. E risulta che il De
Rosa si produsse spesso al “Circolo
Visnoviz”.
Un suicidio negato
Nel tartufesco ambiente triestino
può succedere che anche la tragedia
si tramuti in farsa, a sgravio di coscienza dei “benpensanti”. Dovette
passare molto tempo perché l’opinione pubblica locale fosse ufficial-
tentato il suicidio col Veronal, era
stato ricoverato, ma, essendo minore la quantità del farmaco assunto,
era stato salvato in extremis. D’altra
parte non era un mistero, per quanti lo frequentavano più da vicino,
il suo profondo stato di depressione psichica e fisica, aggravato dalla
cronica insonnia che gli provocava
permanenti stati di prostrazione. Si
favoleggiò anche d’una sua “delusione amorosa”, ipotesi da scartare,
dato il primo fallito tentativo dell’anno precedente.
Sempre all’insegna della farsa,
altre note di cronaca. Nel novembre 1931 veniva annunciato con
molto rilievo dalla stampa locale,
Si è accennato, agli esordi, che
questo massiccio volume dell’Università Popolare di Trieste su Eugenio Visnoviz incornicia un ampio
panorama delle vicende musicali
locali del periodo immediatamente
precedente la comparsa della meteora Visnoviz ed approda, dopo la
sua scomparsa, nella realtà attuale.
Ciò stimola immediatamente al confronto curioso fra queste due realtà,
dal passato all’oggi. Antecedentemente al primo conflitto mondiale,
solo a Trieste si stimava fossero in
uso circa 10 mila pianoforti (presso
i privati) che, dopo la Redenzione,
il Regno d’Italia immediatamente
tassò come “genere di lusso” al pari
dei… biliardi. Numerosissimi allo-
Enti Lirici con un rappresentante
del Sindacato nella loro direzione
e la messa fuori Legge del mediatorato”. Ciò avvenne, ma la Riforma Veltroni lo spazzò via. L’altro
ieri.
Oggi le constatazioni di Sigon
sono ritornate tutte attualissime. In
più la nostra emittente RAI è stata
privata di quell’autonomia di programmazione che rappresentava un
importante sbocco per i nostri musicisti, Visnoviz in testa, che di quell’autonomia (postumamente) beneficiò.
Tornando a Visnoviz, sarebbe ingiusto sostenere che, specie negli ultimi anni, sia stato qui colpevolmente trascurato. Ma finora s’è trattato
sempre di nobili iniziative di “nicchia” che poco hanno influito su una
sua più ampia conoscenza. Non resta
che augurarsi sia la prossima pubblicazione della sua “opera omnia” ad
incoraggiare l’inserimento delle sue
musiche nei normali repertori. Ma
prima andrebbero cambiate le coscienze. Ammesso che siano ancora
reperibili nei petti degli attuali o venturi reggitori del “sistema Musica”
nazionale ed internazionale. Di quella Musica, solo a parole, riconosciuta oggi come Patrimonio inalienabile
dell’Umanità.
6 musica
Mercoledì, 27 maggio 2009
JAZZ E CLASSICA Intervista con Monika Leskovar e Giovanni Sollima, interpreti
Comunicare con il mondo a trec
di Helena Labus
FIUME - Mancava poco che
non venisse nemmeno organizzato, invece la 18.esima edizione del festival Jazz Time, conclusasi da poco, si è dimostrata
la più ricca e variegata in assoluto. Invece della solita tre giorni
l’appena conclusa rassegna dedicata al jazz è durata non meno
di sei giorni e si è svolta contemporaneamente alla Casa croata
di cultura (HKD) e al club “Jazz
Tunel”. Come da tradizione, il
festival ha offerto anche questa
volta al pubblico fiumano l’opportunità di conoscere e ascoltare alcuni dei maggiori protagonisti della scena jazz mondiale e di aggiornarsi sugli ultimi sviluppi nel suo ambito. Ma
l’onore d’ inaugurare il festival
è spettato a un duo del tutto particolare e insolito, considerato il
profilo della manifestazione: ai
violincellisti di fama mondiale
Monika Leskovar e Giovanni
Sollima. I due musicisti di eccezionale talento hanno incantato la platea con l’interpretazione
energica e passionale di musica
barocca e di brani composti dallo stesso Sollima. Questi ultimi
muovendosi tra atmosfere sognanti ed echi di musiche popolari, tra vortici di virtuosismo e
motivi contemplativi, resi perfettamente dal dolce suono dei
violoncelli. Rimasti impressio-
La musica che cerco ha sempre
una componente melodica. C’è il
gioco, c’è il ritmo, il graffio,
ma soprattutto, c’è la voce
nati dall’altissimo livello esecutivo ed emotivo che i due virtuosi
hanno dimostrato sul palcoscenico, tenuto conto della loro reputazione nel mondo concertistico,
abbiamo colto l’occasione per un
breve colloquio con i due artisti
del violoncello. Monika Leskovar
e Giovanni Sollima, una coppia affiatata sia sul piano musicale sia su
quello privato, si sono dimostrati
persone di disarmante simpatia,
semplicità e cordialità, consapevoli del proprio talento e valore,
ma al contempo modesti.
Monika Leskovar, zagabrese,
ha iniziato lo studio del violoncello alla Scuola di musica Elly
Bašić, proseguendo poi nella classe del Maestro Valter Dešpalj. Nel
1996 è allieva di David Geringas
a Berlino del quale diventa assistente nel 2006. Ha preso parte
ai corsi di perfezionamento tenuti da Mstislav Rostropovič e Bernard Greenhouse, mentre nel corso della sua carriera concertistica
ha suonato con le più prestigiose
orchestre mondiali e vinto diversi
premi in concorsi internazionali.
Da quanto tempo suoni assieme a Giovanni Sollima?
Sono circa tre anni che teniamo concerti insieme in questa insolita formazione. Giovanni si
occupa anche di composizione, il
che è una fortuna dato che il fondo musicale per il duo di violoncelli è piuttosto scarso. Eseguendo
i suoi brani riusciamo a sopperire
alla mancanza di spartiti offrendo
al contempo qualcosa di nuovo al
pubblico. I miei concerti solistici
sono invece incentrati esclusivamente sul repertorio classico.
Come hai reagito all’invito di
partecipare a un jazz festival?
È stato divertente. D’altro canto, il progetto che sto portando
avanti assieme a Giovanni rientra
in qualche modo nell’ambito di un
jazz festival. Finora ci siamo presentati con questo programma in
Italia, a Berlino e ad Amsterdam.
Da violoncellista di formazione classica, come ti sei trovata nell’interpretazione di questi brani?
L’esecuzione della musica di
Giovanni richiede scioltezza e
È un bel segno poter
comunicare con il
mondo. Credo che
questo lo abbiano capito
anche le istituzioni e
che lo stesso vale anche
a Fiume, una città
molto aperta, che sente
l’energia di altri luoghi.
Lo stesso succede anche
in Italia, a Berlino
e a New York
disinvoltura e un temperamento
‘rockettaro’, per così dire. A volte mi sento un po’ goffa sul palcoscenico, mi sembra di essere ancora un po’ troppo ‘classica’ nell’approccio... Comunque, cerco di
‘liberarmi’ sempre di più di volta
in volta, per cui pian piano spero
di migliorare in questo senso... Intanto, si tratta di un’esperienza che
arricchisce e che mi aiuta a maturare e a ritornare a Haydn oppure
al rococò con nuova energia e idee
fresche.
Quando hai iniziato a suonare il violoncello?
Avevo sei anni quando mi hanno fatto conoscere il violoncello
ed è stato amore a prima vista.
Qual è il periodo nella storia
della musica che preferisci? C’è
un compositore la cui musica ti è
particolarmente vicina?
Le mie preferenze cambiano
a seconda del periodo in cui mi
trovo nella vita. Quando ero più
giovane mi piaceva suonare molto la musica del periodo romantico, mentre ora prediligo Bach
e Beethoven. D’altro canto, c’è
tanta bella musica in ogni periodo
storico, per cui è sempre difficile
fare delle distinzioni. Però, devo
dire che nel corso della mia carriera ho suonato in prevalenza il
repertorio romantico. Il mio temperamento è più incline a Dvorak
che a Bach...
Hai frequentato un master
dal grande Mstislav Rostropovich. Come hai vissuto questa
esperienza?
Rostropovich ha tenuto il master per circa 400 violoncellisti nel
quadro del Festival di Kronberg,
che è dedicato a questo strumento.
È stata un’esperienza emozionante, divertente e molto importante
per me. In quell’occasione suonavo il concerto di Dvorak per violoncello e orchestra e posso dire
che ho avuto modo d’ imparare
GIRO TONDO QUANTO CANTA IL MONDO Cinquanta spettacoli lirici all’Arena di Verona
Dalla caliente Carmen a Floria Tosca
VERONA - L’87° Festival Lirico 2009 della Fondazione Arena di Verona anima l’estate veronese dal 19 giugno al 30 agosto
con 5 opere e una Serata di Gala
che ha come grande protagonista il tenore Placido Domingo
per i 40 anni dal suo debutto in
Arena. Cinquanta spettacoli nella cui esecuzione saranno impegnate alcune tra le voci più note
del panorama lirico, affiancate da
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo
areniani.
Apre la stagione il 19 giugno Carmen di Georges Bizet,
nell’ormai celebre allestimento
di Franco Zeffirelli, che rivive
quest’anno una nuova atmosfera
con scene completamente rinnovate dal Maestro fiorentino. Le
prime quattro recite del 19/27
giugno e 2/9 luglio sono affidate
alla straordinaria conduzione musicale di Placido Domingo e alla
bacchetta del Maestro Julian Kovatchev, tutte le altre. Le repliche
il 27 giugno, 2-9-14-18-23-30 luglio, 2-13-20-23-25-28 agosto.
Seconda opera in cartellone
in scena il 20 giugno, Aida di
Giuseppe Verdi. L’allestimento
di Gianfranco de Bosio, ispirato alle suggestioni scenografiche
della storica produzione del 1913
firmata dall’architetto Ettore Fagiuoli, conferma Aida come opera più amata e più rappresentata
in Arena con 49 edizioni per un
totale di 532 rappresentazioni.
Dirige l’orchestra il Maestro Daniel Oren. Repliche il 25-28 giugno, 4-12-16-22-26-28-31 luglio;
5-8-16-18-21-27-30 agosto.
Il 26 giugno prima rappresentazione di Turandot di Giacomo
Puccini, terza opera in cartellone,
con la regia di Yuri Alexandrov,
allestimento di enorme successo
con scene e costumi di Viache-
slav Okunev. Il Maestro Daniel
Oren dirige ancora una volta l’orchestra. Le repliche il 3-10-17-29
luglio e 4-7 agosto.
Quarto titolo, Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, in scena l’11 luglio con repliche il 15-25
luglio, 1-6-14 agosto, nel già applaudito allestimento del regista argentino Hugo de Ana che ne cura
anche scene, costumi e luci. Sul
podio il Maestro Antonio Pirolli.
Il prestigioso evento del 24
luglio 2009, una Serata di Gala,
vede come protagonista uno degli artisti più amati dal pubblico areniano e internazionale, il
grande tenore Placido Domingo
per i 40 anni dal suo debutto in
Arena. Il programma prevede
l’esecuzione dell’ultimo atto di
Otello, Cyrano de Bergerac e
Carmen con l’affiancamento al
Maestro madrileno di importanti
artisti lirici. La conduzione mu-
Un’immagine dell’“Aida” nell’anfiteatro veronese
sicale è affidata al Maestro Pier
Giorgio Morandi.
Ultima opera ad essere rappresentata, Tosca di Giacomo
Puccini, in scena il 15 agosto,
con regia, scene, costumi e luci
di Hugo de Ana, una produzio-
ne di cui è stato realizzato anche un DVD. L’orchestra dell’Arena di Verona sarà diretta
nuovamente dalla bacchetta del
Maestro Pier Giorgio Morandi. Le repliche il 19-22-26-29
agosto.
musica 7
Mercoledì, 27 maggio 2009
straordinari al Festival Jazz Time di Fiume
centosessanta gradi, con gioia
molto dl Maestro Rostropovich,
sia da un punto di vista musicale che umano. Era una persona di
grande carisma, molto spiritosa, d’
un immenso sapere... è triste non
averlo più tra di noi.
Come trascorri il tempo libero, i momenti in cui non ti dedichi al tuo strumento?
Faccio del fitness. Sono entusiasta dello sport. Amo pure i film,
la danza moderna e i musei.
Violoncellista e compositore,
Giovanni Sollima nasce a Palermo da una famiglia di musicisti. Presso il Conservatorio della sua città si diploma in violoncello con Giovanni Perriera e in
composizione con il padre, Eliodoro Sollima, perfezionandosi a
Salisburgo con Antonio Janigro
e a Stoccarda con Milko Kelemen. Intraprende giovanissimo
una brillante carriera internazio-
Amo tanto la musica barocca e
tutto il ‘700, perché è un periodo
di grande invenzione in cui si
cercava di trovare la forma giusta
e definitiva del violoncello; e
poi, per me il violoncello è uno
strumento cantante
nale di violoncellista, collaborando con grandi musicisti come
Franco Ferrara, Claudio Abbado,
Giuseppe Sinopoli, Jorg Demus e
Martha Argerich. Parallelamente
sperimenta nel campo della composizione occupandosi di generi
diversi: rock, jazz, electric, minimalismo anglosassone e musica etnica di tutta l’area mediterranea, dalla Sicilia al Mondo
arabo, dai Balcani a Israele, dalla
Turchia all’Andalusia. Nelle sue
creazioni si avvale dell’utilizzo
di strumenti acustici occidentali
e orientali, di strumenti elettrici
ed elettronici, e di altri di sua invenzione (l’aquilarco, il d-touch,
il body-cello....) o di sua ricostruzione, come lo è, ad esempio, il
violino tenore raffigurato nei quadri di Caravaggio. Le sue composizioni sono eseguite in tutto il
mondo da nomi di prestigio come
Riccardo Muti con la Filarmonica della Scala, Yuri Bashmet con
I Solisti di Mosca, Daniele Gatti con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Ivan Fischer
con l’Orchestra dell’Accademia
di Santa Cecilia di Roma, nonché da solisti come Yo-Yo Ma,
Mischa Maisky, Viktoria Mullova, Katia Labeque, Enrico Dindo, Julius Berger, David Geringas
e tanti altri.
Il suo modo di esprimersi in
concerto, di suonare il violoncello e di sperimentare con il suono
è, in un certo senso, poco ortodosso...
Non so cosa sia l’ortodossia.
Nel mio lavoro mi occupo molto anche del repertorio classico,
della musica barocca - ultimamente mi sono dedicato alla suite di Bach - e nemmeno qui non
c’è ortodossia, c’è invece molta
improvvisazione. I musicisti del
barocco avevano la musica scritta
al 60 p.c.. È incredibile come questi musicisti avessero un rapporto
bilanciato tra la scrittura e la fantasia estemporanea. Io sono molto
curioso e la curiosità mi spinge a
sperimentare...
Come mai ha deciso di partecipare a un jazz festival assieme
a Monika? Come avete concepito il programma?
Credo che oggidì non ci siano
più barriere tra i generi. Da dieci
o da quindici anni non c’è questo
‘settorializzare’ che credo faccia
male alla musica. È interessante
entrare in un contesto diverso e
sentire un’energia diversa. Credo
che il pubblico sia, tutto sommato, uno, nel senso che sceglie ciò
che gli piace o non gli piace. C’è
grande musica nel jazz, da Charlie
Parker fino a Chick Corea e al jazz
contemporaneo, come anche c’è
grandissima musica in altri campi.
È un bel segno poter comunicare
con il mondo a 360 gradi. Credo che questo lo abbiano capito
anche le istituzioni e che lo stesso vale anche a Fiume, una città
molto aperta, che sente l’energia
di altri luoghi. Lo stesso succede
Musica antica con strumenti originali
Sinfonie d’altri tempi a casa Romei
FERRARA - Sei domeniche per riscoprire le composizioni musicali di grandi maestri del passato, interpretate da strumenti di antica foggia. Dal 19 aprile al 24 maggio l’Accademia Bizantina torna a Ferrara per festeggiare i dieci anni dei
“Concerti di casa Romei”, con una nuova edizione della rassegna di musica barocca nella cornice del palazzo di via Savonarola.
Diverse le formazioni, quasi sempre in duetto, con cui l’Accademia si presenterà nel corso della rassegna e ad arricchire il
programma sarà la presenza di associazioni umanitarie e di volontariato.
La manifestazione è promossa dalla Soprintendenza per i Beni
architettonici e paesaggistici e gode del patrocinio del Comune e
della Provincia di Ferrara oltre che della Fondazione Carife.
I Concerti di Casa Romei - Musica antica con strumenti originali
L’edizione presente propone un programma ricco e ricercato
che esplora il repertorio del duo e quindi della musica “domestica” con due piccole, ma preziose digressioni nel primo e ultimo
concerto, con le trio sonate del Brixia Musicalis e l’Accademia
Bizantina con le Sonate a Quattro di Gioachino Rossini.
Questa splendida casa patrizia si rianimerà come in una splendida domenica del ‘700 in cui un liuto e una viola da gamba o un
violino e un cembalo ingannano il tempo in giochi musicali barocchi.
Palazzo Romei
In questa sorta di viaggio onirico incontreremo alcuni capolavori per duo come le sonate per violino e cembalo o quelle per
viola e cembalo di J.S.Bach, ci imbatteremo in delicati cammei di
musica francese per due violini o per tiorba e viola da gamba, saremo invitati a due mattine di grande festa con trio sonate e concerti grossi.
La novità di quest’anno è che ogni concerto sarà abbinato ad
una associazione umanitaria impegnata nel sociale o a favore dei
bambini che in tutto il mondo soffrono per problemi diversi.
anche in Italia, a Berlino e a New
York. Per i musicisti questo è un
fatto molto bello. È stato estremamente interessante prendere parte
a un jazz festival. Per quanto riguarda il programma, vi ho voluto inserire la suite del compositore
barocco Marin Marais perché trovo che abbia un colore molto speciale, molto commovente. Amo
tanto la musica barocca, tutto il
‘700, perché è un periodo di grande invenzione in cui si cercava di
trovare la forma giusta e definitiva
del violoncello... E poi, per me il
violoncello è uno strumento cantante, questo è il suo DNA. Quindi, la musica che cerco ha sempre
questa componente. C’è il gioco,
c’è il ritmo, il graffio, ma soprattutto - c’è la voce.
CALENDARIO DEI CONCERTI
A CASA ROMEI
Domenica 19 aprile
DAL “SONAR A TRE” ALLA “TRIOSONATA”
Brixia Musicalis - Associazione Don Bosco 3A Operazione Mato Grosso
Domenica 26 aprile
I CARATTERI DELLA DANZA
Tiziano Bagnati, Cristiano Contadin
Associazione Takku Ligey Ravenna
Domenica 3 maggio
LE SONATE PER VIOLA E CEMBALO
DI J. S. BACH
Diego Mecca, Valeria Montanari
Associazione Namasté
Domenica 10 maggio
MUSICA FRANCESE PER DUE VIOLINI
Jun Okada, Stefano Rossi
Associazione Vola nel cuore
Domenica 17 maggio
LE SONATE PER VIOLINO E CEMBALO
OBBLIGATO DI J. S. BACH
Stefano Montanari, Ottavio Dantone
Aism Ferrara
Domenica 24 maggio
LE SONATE A QUATTRO DI G. ROSSINI
Accademia Bizantina
Associazione Aut Aut
8 musica
Mercoledì, 27 maggio 2009
LE GRANDI VOCI Maria Caniglia, la grande diva d’anteguerra si esibì pure a Fiume
Una vocalità di leggendario splendore
Maria Caniglia nacque a Napoli nel 1905, da Roberto Caniglia di Rivisondoli, medico, si
diplomò nel Conservatorio napoletano di S. Pietro a Majella e
fu una grande interprete di calibro internazionale del repertorio
verdiano.
La sua splendente carriera
iniziò al Teatro Regio di Torino
nel 1930 e si concluse a Il Cairo nel 1959, con l’interpretazione della Tosca, che ne esaltava
al massimo grado le caratteristiche vocali e il talento interpretativo. Fu soprano lirico, poi
spinto e drammatico, secondo
le tappe di una naturale matu-
razione che non ne alterò mai lo
splendore, la fluenza, la pienezza
vocale né la classicità espressiva,
derivatale dalla grande tradizione ottocentesca italiana. Gli “anni
della Caniglia” si identificano con
il quindicennio dal 1935 al 1950,
in cui l’artista fu il “soprano d’obbligo” del Teatro alla Scala. Ancora oggi rappresenta un magistrale
riferimento per il teatro lirico, un
perfetto esempio di bellezza vocale all’italiana.
Chiamata sulle principali scene italiane a fare coppia fissa con
i maggiori tenori, fu per cinquecento rappresentazioni al fianco
del più popolare fra essi: Benia-
QUIZ - CHISSÀ CHI LO SA?
1. Come si chiama la cantautrice, nota per le sue azioni controverse e opinioni che non poche volte hanno suscitato aspre
polemiche e che ha raggiunto
un successo planetario nel 1990
con la suggestiva interpretazione del brano di Prince “Nothing
compares you”?
a) Annie Lennox
b) Sinead O’Connor
c) Kate Bush
2. Una delle più celebri “Ave
Maria” nella storia della musica fu composto da Charles Gounod, il quale scrisse la linea melodica sulle note del...
a) Preludio n.1 del “Clavicembalo ben temperato” di
J.S.Bach
b) l’Ouverture del “Flauto
magico” di W.A.Mozart
c) l’Intermezzo della “Cavalleria Rusticana” di P.Mascagni
3. È una delle cantanti pop
americane più amate, dotata di
una vasta estensione vocale, tanto che è stata inserita nel Guinness dei primati per aver cantato la nota più alta in assoluto nel
brano “Emotions”. Parliamo di...
a) Whitney Houston
b) Beyoncé Knowles
c) Mariah Carey
4. Il Magnificat è un inno
cantato (o recitato) di frequente nella liturgia cristiana, noto
anche come “Il canto di Maria”,
in quanto deriva dalle parole
che Maria avrebbe pronunciato
dopo l’Annunciazione. Il testo è
stato molto popolare tra i compositori, tanto che nella storia
della musica esistono numerosi
esempi di Magnificat. Tuttavia,
quello più conosciuto è il Magnificat BVW 243 di...
a) W.A.Mozart
b) J.S.Bach
c) S.Rachmaninov
5. La cantante statunitense Beyoncé Knowles ha avuto
l’onore di interpretare la canzone intitolata “At last” alla cerimonia d’insediamento di Barack Obama nel gennaio scorso. Originariamente, il brano è
cantato da...
a) Ella Fitzgerald
b) Billie Holliday
c) Etta James
6. S’ intitola “Golden
Brown” uno dei maggiori successi del famoso complesso inglese...
a) The Rolling Stones
b) The Stranglers
c) The Clash
7. Lo Stabat Mater (latino
per “Stava la madre”) è una
preghiera, più precisamente una sequenza cattolica del
XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi (anche se la questione è controversa), che medita sulle sofferenze di Maria,
madre di Gesù, durante la crocifissione e la Passione di Cristo. Fu un canto molto amato
sia dai fedeli sia dai compositori. Infatti, nel corso dei secoli lo posero in musica oltre...
a) 400 compositori
b) 600 compositori
c) 1000 compositori
8. La sequenza “Salve Regina” fa parte della cantata “Trsatski spomen”, composta nel
1991 per coro, voce recitante,
orchestra e organo in occasione
del 700.esimo anniversario del
Santuario di Tersatto dal noto
compositore, direttore artistico
di cori, organizzatore e pedagogo di Fiume...
a) Ivan Matetić Rojngov
b) Josip Kaplan
c) Dušan Prašelj
9. Chi è l’autore del musical
“A little night music”, composto nel 1973 e ispirato al film di
Ingmar Bergman “Sorrisi di una
notte d’estate”?
a) Andrew Lloyd Webber
b) Stephen Sondheim
c) Claude-Michel Schönberg
10. Uno dei pionieri del futurismo, Luigi Russolo, pittore e musicista, costruì nel
1913 i primi strumenti capaci di produrre rumori, in linea con l’idea che la musica non debba essere composta da suoni armonici, bensì
da rumori della quotidianità
mescolati assieme disordinatamente. Questi strumenti venivano chiamati...
a) rumorarmonio
b) rumorintonatore
c) intonarumori
Il Teatro Comunale “Maria Caniglia” di Sulmona; è il più grande dei teatri storici abruzzesi ed
ha ottime doti acustiche. Progettato dall’ Ing.
Conti con riferimenti al Teatro Quirino di Roma,
fu costruito tra il 1931 e il 1933 per iniziativa di
un gruppo di cittadini benemeriti
mino Gigli. Fu applaudita, in allestimenti prestigiosi, a Parigi, a
Bruxelles, a Salisburgo; si esibì
in Sudamerica a Buenos Aires e a
Rio de Janeiro. A Londra interpretò la Traviata e l’Aida. Nella stagione 1938-39 approdò, con grande successo, al Metropolitan di
New York, portando in scena allestimenti prestigiosi: Otello, Aida,
Falstaff, Simon Boccanegra e Tosca. Impossibilitata a causa della
Come Floria Tosca
Maria Caniglia come Amelia in “Un ballo in maschera”
guerra a tener fede alla riconferma
al Metropolitan, fù a Berlino e in
seguito a Fiume, Zagabria, Lubiana e in altre città europee, salutata
ovunque come un’ambasciatrice
eloquente di italianità.
Come fa notare Roberto Chiarelli “la sua voce, veramente eccezionale per schiettezza, fluidità,
la pastosa dolcezza del timbro, il
volume e la potenza del registro
grave, era capace, di un canto puro
e soave, articolato su un accento
veramente espressivo e suadente; il settore acuto era squillante
e sicuro.
Nel primo periodo della carriera, Maria Caniglia ebbe con tutta
probabilità la più bella voce di soprano che l’Italia vantasse prima
di Renata Tebaldi. Sicuramente
l’ampiezza lasciava prevedere una
certa attitudine anche ad un genere più spinto, ma il timbro aveva
dolcezza, velluto, calore e il fraseggio poteva contare sia su acuti pieni e squillanti sia su delicate
modulazioni e, infine, su un eccellente legato.
D’altra parte la decisione di
avventurarsi nel repertorio drammatico, venne presa dalla Caniglia quasi per necessità: infatti, in
quel periodo (si direbbe una storia
già conosciuta) le cosiddette “voci
verdiane” erano molto poche anche in conseguenza della fine di
alcune carriere come ad esempio
quelle di Bianca Scacciati, Rosa
Ponselle, Giannina Arangi-Lombardi.
Ovviamente, il passare degli
anni incise in modo negativo sul
piano vocale. Pur mantenendo volume e potenza, il registro grave si
fece sempre più scuro e risonante
e si notava una perdita di estensione verso l’alto tradendo uno sforzo che in precedenza non esisteva,
con inevitabili ripercussioni sulla
facilità di emissione e sulla stessa
intonazione. Volle cimentarsi allora in alcuni ruoli del registro mezzo-sopranile.
Dopo quasi trent’anni di carriera, si ritirò dalle scene nel ‘59
con Tosca al Teatro dell’Opera
del Cairo.
È indubbio che Maria Caniglia
fu il soprano più noto ed acclamato nel ventennio 1930/50 e fu una
delle ultime grandi voci uscita dalla scuola napoletana dopo Giannina Arangi-Lombardi ed Ebe Stignani.. Si spense a Roma il 16
aprile 1979”.
Mici musicisti
Miaooo... vi è piaciuta la mia interpretazione?
Appasssionatamente...appasssionatamente...
Anno V / n. 39 del 27 maggio 2009
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
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Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: MUSICA [email protected]
Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo
Impaginazione: Željka Kovačić
Collaboratori: Daria Deghenghi, Helena Labus e Fabio Vidali
Fotografie: Ivor Hreljanović, Helena Labus
La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la
Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004
Soluzioni: 1. b), 2. a), 3. c), 4. b), 5. c), 6. b), 7. a), 8. c), 9. b),
10. c).