Avvento 2015 Orientamenti generali

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AVVENTO 2015
"Aspettate la sua Misericordia"
Sir 2,7
ORIENTAMENTI
1
La Misericordia si fa Carne
Il tempo di Avvento è tempo di
attesa.
Tempo nel
quale il nostro cuore si apre per lasciare entrare la
Parola di Dio, perché la nostra vita si ridesti e trovi luce
e pace. Tempo nel quale la Misericordia di Dio si fa
carne. Tempo nel quale ognuno di noi è raggiunto
dall’Amore di Dio.
Questo tempo di Avvento assume un colore
particolarissimo, perché ci introduce all’anno di Grazia
che è il Giubileo della Misericordia.
Sarà questo a guidare la nostra riflessione in ogni attività. Anche questo
sussidio ci può aiutare a penetrare il senso di questo tempo. La Misericordia è
il grande dono dell’Amore incondizionato di Dio Padre, che Gesù viene a
portarci. L’ascolto quotidiano della Parola del Signore ci plasma e permette
alla Parola eterna di farsi carne in noi, come ha fatto nella Vergine
Maria.
A tutti coloro che accetteranno con il cuore di lasciarsi condurre in questo
Avvento della Misericordia dalla Buona Notizia del Vangelo, l’augurio di un
ascolto profondo ed efficace, perché con fede
rinnovata sappiamo essere
evangelizzatori di misericordia.
Lo sguardo non si fermi solo alla nostra umanità, ma anche a quella di molti
fratelli e sorelle che, vivendo
le periferie esistenziali
del non senso e
della lontananza da Dio, ci chiamano ad essere loro vicini con il volto
illuminato dalla Speranza che viene dall’aver incontrato il Signore Gesù.
Buon Avvento
Don Alessandro Bonetti
Vicario episcopale per la pastorale
2
“Aspettate la sua Misericordia” (Sir 2,7)
Il tempo liturgico dell’Avvento ha un duplice carattere: è tempo di
preparazione alla solennità del Natale, che commemora la prima venuta del
Figlio di Dio tra gli uomini; ed è anche tempo in cui, mediante questo ricordo,
l’animo dei fedeli deve orientarsi verso l’attesa della seconda venuta del
Cristo, alla fine dei tempi, accogliendo e invocando la continua venuta del suo
regno nell’oggi della Chiesa. Per questi due motivi, l’Avvento è tempo di
fedele e gioiosa ripresa spirituale, «nell’attesa che si compia la beata speranza
e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo». Esso però non è solo “preparazione”:
è anche celebrazione delle due “venute” e domanda una tensione spirituale
particolare per accogliere la grazia di queste permanenti chiamate.
Ma il tempo di Avvento per noi quest’anno, non sarà solo tempo di attesa del
Signore che viene, ma anche tempo di avvio dell’anno di grazia che è il
giubileo straordinario della misericordia, il cui inizio sarà l’8 dicembre, nella
Solennità dell’Immacolata Concezione “perla” incastonata nel cammino
liturgico di ogni Avvento. In quest’anno giubilare risalta ancora di più,
mostrando l’amore misericordioso del Padre per tutta l’umanità.
A tale proposito scrive Papa Francesco: La solennità dell’Immacolata “indica il
modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di
Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male.
Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore, perché
diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato,
Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più
grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che
perdona”1. Ecco allora che in questo Avvento focalizzeremo la nostra
attenzione su Gesù che viene a portarci la luce della misericordia del Padre. La
Chiesa trova in lui la forza e il coraggio di accogliere questo dono, ridonandolo
a tutti. In fondo l’incontro con la Luce di Cristo Gesù non può che aprirci
all’annuncio della “Buona Notizia”. La luce non può restare nascosta deve
essere messa sul lucerniere perché illumini ogni persona e ogni luogo. La
buona notizia va annunciata. La Chiesa è chiamata ad evangelizzare, a dire
tutti la speranza che viene da Gesù: Dio ci ama, ha misericordia di noi, viene a
liberarci. Accogliamo allora il desiderio di Papa Francesco che, durante il
Giubileo, il popolo cristiano rifletta sulle opere di misericordia corporale e
spirituale2, per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al
1
Papa Francesco, Misericordiae vultus, Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia,
11 aprile 2015, n. 3.
2 Idem, n. 15.
3
dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove
i poveri sono i privilegiati della misericordia divina.
Nell’Avvento terremo il cuore rivolto all’aspetto più spirituale della
misericordia, lasciando alla quaresima, cuore del Giubileo, l’attenzione
particolare alle opere di misericordia corporale.
Cercheremo allora di riflettere su alcune delle sette opere di misericordia
spirituale:
* consigliare i dubbiosi
* insegnare agli ignoranti
* ammonire i peccatori
* consolare gli afflitti
* perdonare le offese
* sopportare pazientemente le persone moleste
* pregare Dio per i vivi e per i morti.
Il segno è la corona dell’Avvento
Segna l’attesa di Cristo Luce del mondo. Lui la luce che viene a noi per
rischiarare le tenebre del peccato donandoci la misericordia del Padre. La
corona segna l’attesa, il tempo nel quale ci avviciniamo ad incontrare il
Signore e la luce cresce e si diffonde. Dove c’è la luce di Cristo, la paura è
vinta. Il Signore si fa carne viene in mezzo a noi e ci illumina di gioia. Viene a
rivelarci l’Amore del Padre, viene a dire a ogni uomo: “Risollevate il capo, la
vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28).
Composta da un cerchio coperto con rami di pino, decorata secondo le
usanze, porta sopra quattro candele che saranno accese una per ogni
domenica di Avvento.
La candela può essere accesa all’inizio della
santa Messa dal celebrante durante il canto di
ingresso, per mostrare al popolo di Dio che il
Natale si sta progressivamente avvicinando.
Si potrebbe anche iniziare la santa Messa della
domenica di Avvento con il rito del lucernario
di cui vi diamo un esempio.
4
Il motto
Il motto dell’Avvento: “Aspettate la sua misericordia” (Sir 2,7)
La fiducia nella misericordia di Dio
non è una scusa, che delegittima
ogni regola morale. All'inizio del
cap. 2, infatti, Siracide invita il
discepolo, che chiama «figlio», a
prepararsi alla prova, inevitabile
tappa di chi vuole intraprendere un
percorso di conversione: «Figlio, se
ti presenti per servire il Signore,
preparati alla tentazione» - Sir 2,1.
Questo versetto si trova all'inizio di tutto il libro, prepara a un itinerario, una
proposta di vita sapiente, spiritualmente solida, aperta a un mondo in
cambiamento come quello del II sec. a.C. Tale percorso parte da un forte
fascino: il desiderio di servire il Signore. Il maestro è saggio, accoglie questo
desiderio e non lo delude. Il maestro, però, conosce le prove di chi si accinge a
un cammino di conversione: la tentazione di mollare, la tentazione di credere
che il peccato avrà un successo maggiore della misericordia, la tentazione di
non farcela a portare fino in fondo una scelta, la tentazione che forse non
siamo fatti per le cose dello Spirito, la tentazione di tornare alla vita di prima,
quella pagana, sono solo alcune delle prove che il discepolo dovrà affrontare.
Quella che per il Male è tentazione, infatti, per chi vive nello Spirito è una
prova. In greco è la medesima parola: peirsamos = «tentazione, prova». Il
maestro lo sa e prepara i propri discepoli. Le cadute ci saranno ma non serve
dar credito al peccato tanto da permettergli di scoraggiarci rispetto alla meta.
Siamo invitati ad attendere la misericordia elargita del Padre celeste (Sir 2,7),
il quale sarà sempre fedele alle sue promesse: nelle sue antiche promesse
nessuno di noi è stato escluso.
Il DVD “Varcare la soglia della Misericordia”
È un’occasione formativa unica da far arrivare a tutte le famiglie. Ci
sono video per tutti, anche per i bambini. Prendendone più di 10 il
costo è solo di 3 € l’uno.
5
Rito del Lucernario
In questa domenica di Avvento siamo chiamati a vivere l’antichissimo rito del
lucernario. Accenderemo la candela della corona dell’Avvento. Essa ci indica
che stiamo vivendo il tempo dell’attesa di Cristo Luce del mondo che
celebreremo nel prossimo Natale. Con la sua nascita Gesù prende dimora nella
storia e la sua luce risplende in ogni uomo. Egli illumina chi giace nelle tenebre
e nell’ombra di morte. La luce di queste quattro lampade ci accompagnerà
nell’attesa, ci indicherà che è giunto il tempo di preparare il cuore all’Avvento
della Misericordia del Padre che in Gesù si fa speranza viva per tutti.
Le luci della chiesa siano soffuse. Entra il celebrante con una candela accesa accompagnato dalla musica.
Arrivato ai piedi dell’altare si canta il ritornello del’inno del Giubileo a cui si alterna il testo biblico
proposto per la domenica. Durante il canto e la lettura il celebrante accende la corona dell’Avvento. La
prima settimana 1 candela, la seconda 2 e così via.
Canto: Misericordes sicut Pater, Misericordes sicut Pater (2 volte)
Testo per la I domenica di Avvento:
Il Signore è mia luce e mia salvezza di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrà paura?
Sal 27, 1
Testo per la II domenica di Avvento:
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via, fra tutte le genti la tua salvezza.
Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti.
Sal 67,1-2
Testo per la III domenica di Avvento:
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che
abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai
aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete...
Is 9,1-3
Testo per la IV domenica di Avvento:
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?». Risplenda su di noi, Signore, la luce
del tuo volto. Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e
frumento.
Sal 4,7-9
Accesa la candela della corona si accendono le altre candele dell’altare e tutte le luci della
chiesa. Poi inizia il canto d’ingresso e il celebrante prende posto alla sede e inizia la santa
Messa.
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I Domenica di Avvento
“Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza”
Nel Vangelo di Luca, che sarà proclamato nel ciclo C, della prima Domenica di
Avvento, Gesù esorta alla fiducia e alla speranza. La venuta gloriosa del Figlio
dell’uomo non sarà un giorno di distruzione e di annientamento, ma di
liberazione, in cui i credenti rialzeranno la testa.
Il linguaggio è quello apocalittico, ossia il genere letterario utilizzato
nell’Antico Testamento per descrivere “il giorno del Signore”. Alla fine dei
tempi Dio verrà e il cosmo non può rimanere inerte di fronte a questo
straordinario evento. Tutto è chiamato a partecipare alla sua maestà, anche il
cosmo.
Il temine ‘apocalittico’ indica la rivelazione, ossia il togliere il velo, lo scoprirsi
di Dio. Tale rivelazione è affidata ad un linguaggio carico di immagini
simboliche talora terrificanti, che risente della cultura del suo tempo. Per
questo, per molti di noi, il termine apocalittico è sinonimo di ‘catastrofico’.
Non bisogna dimenticare che siamo di fronte ad un modo di comunicare, più
che ad una cronaca di eventi futuri. L’obiettivo dello scrittore è quello di far
comprendere un contenuto che va oltre le immagini simboliche che usa.
Il nostro testo segue immediatamente il discorso di Gesù sulla devastazione di
Gerusalemme visto come la fine di ‘un mondo’, profezia di ciò che accadrà al
mondo. Quando l’evangelista riporta queste parole di Gesù, Gerusalemme è
già stata distrutta dai romani e i suoi abitanti dispersi. Egli così, può far
comprendere alla sua comunità come la parola di Gesù merita di essere
ascoltata. I cristiani devono riuscire a decodificare i segni che continuamente
sono chiamati a vedere nella storia.
La vita dell’umanità è carica di eventi tragici, di cambiamenti epocali. Ma tali
cambiamenti hanno sempre un risvolto positivo: quello di una rinascita,
dell’abbattimento del negativo, che radicalmente si volge al positivo. La
distruzione annunciata non è altro che la rivelazione della novità che segue. Il
cuore dell’annuncio è che il Signore verrà! La distruzione non è altro che il
segno del disfacimento di ciò che è corrotto. Nella tenebra dell’errore brillerà
di straordinaria luce la venuta del Signore: «Allora vedranno il Figlio dell'uomo
venire su una nube con grande potenza e gloria».
È evidente la chiamata del Maestro a non fissare la propria certezza sulle cose
che passano. Il mondo con le sue ricchezze è provvisorio. Alla fine solo
l’Amore di Dio resta.
7
I discepoli a quel punto devono aver imparato ad alzare lo sguardo, perché «la
liberazione è vicina». La venuta del Cristo trasformerà radicalmente la storia
colorandola del suo amore.
*Opera di misericordia: consigliare i dubbiosi.
Di fronte ad un mondo dubbioso e sfiduciato, il cristiano è chiamato a vegliare
e a pregare in ogni momento (Lc 21,36), accogliendo la misericordia di Dio e
manifestandola nei confronti dei fratelli e delle sorelle che vivono nel dubbio
e nella paura.
La preghiera deve essere quella di impetrazione da Dio, perché mandi nel
cuore di ciascuno il dono della sua misericordia: L’antifona al canto al Vangelo
diventa l’invocazione che ci guida: “Mostraci, Signore, la tua misericordia e
donaci la tua salvezza”.
II Domenica di Avvento
“Preparate la via del Signore”
Nel vangelo della seconda Domenica di Avvento, la figura dominante è
Giovanni, figlio di Zaccaria, che in un preciso momento della storia, accoglie la
“parola di Dio scesa su di lui” e predica un battesimo di conversione per il
perdono dei peccati (Lc 3,1-6).
Nei primi capitoli del suo vangelo, Luca ci ha fatto incontrare Giovanni Battista
sempre in parallelo con Gesù. I due personaggi hanno molte cose in comune:
annunciati e nati per grazia di Dio in condizioni non favorevoli, rimangono
ambedue nascosti per la maggior parte della loro vita. Il loro ministero dura
poco tempo e ambedue moriranno di una morte ingiusta, violenta e crudele.
Giovanni è un personaggio emblematico e importante: la sua vita è tutta
orientata a Gesù, è venuto a preparare la via al Signore; è un uomo maturo,
perfettamente cosciente della sua missione.
Luca all’inizio si sofferma a lungo a presentare il contesto storico del suo
racconto. È sua volontà precisa mostrare come l’Avvento della Salvezza non
sia un evento mitico o fantastico, bensì un fatto storico preciso. Ecco allora la
citazione di tutti i personaggi del tempo. Molti di questi avranno un ruolo
importante in tutta la vicenda di Giovanni ma soprattutto in quella di Gesù.
Luca cita il potere politico e menziona anche le massime autorità religiose del
tempo.
Questo contesto raccontato da Luca, non ha solo lo scopo di mostrare la
storicità dei fatti narrati, ma di mettere in luce anche un senso più alto. Gesù il
Figlio di Dio è entrato nella storia, in questa storia travagliata e confusa, carica
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di divisione, di peccato e di incompiutezza come sono tutte le cose umane. E
l’evento che narrerà di lì a poco, interessa l’intera storia dell’uomo, sia essa
politica che religiosa. Ciò che sta per avvenire ha un valore altissimo che
coinvolge tutto e tutti. Ebbene ecco l’evento: «La parola di Dio venne su
Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto». Il soggetto non è Giovanni, ma la
Parola di Dio. È lei che viene. Ed è Dio l’autore di tutto. Dio opera in Giovanni
una chiamata come quella di altri profeti dell’Antico Testamento. Da questo
momento egli renderà noti i pensieri e la volontà di Dio. Egli diventerà il
predicatore di «un battesimo di conversione per il perdono dei peccati». È
l’invito a immergersi nell’acqua, non più in segno di purificazione cultuale
come era in uso tra i giudei, ma come impegno pubblico di migliorare la
propria condotta di vita e se necessario cambiare radicalmente. È l’impegno
alla conversione intesa come passaggio dalla mentalità mondana a quella
divina. Da uno sguardo basso sulle cose, come se esse non dovessero mai
finire, ad una visuale più alta che costringe a fare i conti con l’eternità di Dio.
Tutto questo per dare risposta ad una esigenza profonda di attesa di qualcosa
di nuovo che è in ogni uomo.
L’azione profetica di Giovanni è confermata
dalla citazione di Isaia contenuta negli ultimi
versetti del nostro testo (cfr Is 40,3-6).
Giovanni è la voce che grida di preparare la
novità attesa da Israele. E la novità è grande:
«Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». La
Speranza è per tutti i popoli del mondo, per
ogni uomo ed ogni donna. Si accende una luce
che rimanda tuttavia ad una più grande.
Giovanni è solo il precursore: Gesù sarà la vera
novità della storia.
*Opera di misericordia: insegnare agli ignoranti.
Ogni discepolo di Gesù è chiamato ad accogliere la “parola di Dio”, a imparare,
a fare esperienza viva del suo amore misericordioso che perdona, e a dare
testimonianza ai fratelli, insegnando con la propria vita, con gesti di amore e
di misericordia.
Per fare questo occorre un cuore convertito, pronto a “raddrizzare i suoi
sentieri”, ad operare dei cambiamenti, a lasciarsi raggiungere da quella Parola
viva. L’esortazione che ci deve guidare deve essere: “Preparate la via del
Signore” (Lc 3,4).
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III Domenica di Avvento
“Rallegratevi sempre nel Signore”
Questa domenica di Avvento è caratterizzata dall’annuncio gioioso a
“rallegrarsi perché il Signore è vicino” (Antifona d’inizio), il Vangelo di Luca ci
presenta alcuni aspetti concreti di conversione nella predicazione di Giovanni,
il Battezzatore, che rende testimonianza a Gesù.
Il testo é suddivisibile in due parti: nella prima, Giovanni risponde ad alcune
categorie di persone preoccupate di come concretamente mettere in pratica
la sua chiamata alla conversione; nella seconda il Precursore dà una bella
testimonianza di Gesù Cristo come colui che veramente bisognerà seguire.
La domanda che emerge è di tutti coloro che si sono messi sulla via della
conversione e chiedono concretamente cosa fare. Ricordiamo che prima di
questo nostro testo era risuonato un vigoroso appello alla conversione.
La prima domanda è posta dalla folla. Essa viene dalla gente e alla gente è
rivolta la risposta. Giovanni non gira tanto attorno ai discorsi. La sua risposta è
concreta. La conversione esige la carità! E la carità consiste nel considerare
ogni altra persona come un fratello: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne
ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Se tuo fratello ha freddo e tu hai
due cappotti non puoi e non devi stare tranquillo. Il passaggio della tua
conversione è quello di dare a lui il tuo secondo cappotto. “Senza se e senza
ma!”. La conversione, cioè il volgersi verso Dio, deve necessariamente passare
dall’accorgersi della povertà del fratello e dal fare qualcosa di concreto. E la
proposta di Giovanni non è solo per i ricchi ma per tutti. Ricordiamo che la
folla che seguiva Giovanni non era certo composta da ricchi. Quello del
precursore, è un sistema di carità che non ha come fondamento di vita, il
possedere solo il necessario. Il resto è dei poveri, di coloro che non hanno
nulla. Per Giovanni non basta una teorica presa di posizione di cambiare vita.
Solo le scelte concrete di libertà dalle cose conducono ad una vera
conversione.
Sono poi due categorie di persone a porre la stessa domanda di concretezza a
Giovanni: i pubblicani e i soldati, due categorie particolarmente odiate dal
popolo. I primi, esigendo le tasse, aumentavano le aliquote per poter
guadagnare personalmente diventando talora veri e propri strozzini. I secondi,
mercenari, abusando del loro potere, erano violenti e depredavano quello che
trovavano. In entrambi i casi si tratta di guadagni illeciti. Ad ambedue
Giovanni dà una parola di conforto: anche per loro è possibile la via della
conversione. È chiesto di vivere la loro professione senza esigere di più. Ogni
professione può diventare tentazione di abuso di potere a discapito degli altri.
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E Giovanni non pretende da questi uomini l’abbandono della loro professione,
bensì un’etica professionale e una responsabilità che consideri gli altri come
fratelli. La conversione a Dio perciò non si realizza in astratto ma nel concreto
di scelte esplicite nel proprio contesto di vita che non va rifiutato.
La bellezza di questo atteggiamento di Giovanni mostra come la salvezza è un
dono di Dio e come tale è possibile a tutti. È espressione di un amore che
sorprende e che come tale richiede una risposta concreta e libera: la gente
deve imparare a condividere, i pubblicani ad essere equi e i soldati ad avere
umanità. Giovanni sa che il suo messaggio viene da Dio, per questo non
tergiversa. Va al concreto delle cose. Il tempo è poco e il Messia è alle porte.
Nella seconda parte del nostro testo il Battista distoglie lo sguardo da sé per
porlo su colui che deve venire. Molti erano impressionati dalla vita e dalla
parola di Giovanni. Ma lui dichiara apertamente di non essere il Messia e con
umiltà profonda, annuncia la sua venuta.
È con un’immagine della vita delle case patrizie del tempo, che egli mostra
tutta la sua piccolezza. Era infatti compito degli schiavi più vecchi e inutili,
sciogliere i lacci delle calzature e lavare i piedi delle persone che entravano in
casa. Ebbene Giovanni non si sente di essere nemmeno degno di questo
umilissimo servizio nei confronti di Gesù. Il Messia infatti avrà il potere di
comunicare il dono più grande del Padre, lo Spirito Santo, e sarà il giudice
supremo di Dio.
*Opera di misericordia: ammonire i peccatori.
“Che cosa dobbiamo fare” (Lc 3,10) è la reazione degli ascoltatori di Giovanni
Battista. Ognuno deve convertire il
proprio cuore e la propria vita a Dio.
Una volta ricevuta, la misericordia di
Dio va trasmessa ai propri fratelli e
sorelle, con gesti concreti di amore, di
giustizia e di solidarietà. Questa è
l’ammonizione più potente e feconda:
dimostrare con i fatti che sei amato
dal Signore. Dimostrare la gioia che
viene dall’essere amati da Dio. La
Parola guida di questa domenica
dovrebbe essere: “Rallegratevi sempre
nel Signore”.
11
IV Domenica di Avvento
“Benedetto il frutto del tuo grembo”
Oggi è Maria di Nazareth a prenderci per mano e ad accompagnare i nostri
ultimi passi verso la grotta di Betlemme.
L’evangelista Luca ci racconta come Maria, dopo aver ricevuto l’annuncio
dell’Angelo, si metta in viaggio per far visita alla cugina Elisabetta. Potremmo
definire questo testo un ampliamento dell’Annunciazione: il “segno”
prospettato dall’Angelo a Maria che dubitava, diventa realtà. È la conferma
che Maria cercava e che farà scaturire in lei il canto del Magnificat.
La scena descrive l’incontro delle due madri e stabilisce un’unità tra le due
“annunciazioni”, e ancora di più tra Gesù e Giovanni. Attraverso sua madre il
precursore saluta e rende testimonianza a Gesù, il Messia e Signore atteso da
Israele.
Maria dopo la stupenda esperienza di Nazareth si mise in viaggio. Dal nord,
dalla Galilea, scende fino a una città della Giudea che una tradizione del IV
secolo identifica con Ein Karem, una cittadina di campagna che si trova a
metà strada tra Gerusalemme e Betlemme, a 150 chilometri da Nazareth. È
un viaggio lungo per una ragazza del tempo. Tuttavia è un viaggio necessario,
per trovare conferma all’annuncio dell’Angelo. Maria si fa pellegrina. È un
viaggio pesante e disagevole. Un viaggio di fede animato dalla parola di Dio
che le era stata annunciata e che condurrà alla gioia che proromperà nella
lode.
Il saluto di Maria produce in Elisabetta un sussulto tanto che grida di gioia,
esultando con il figlio che porta in grembo. A voce alta, grida, come il popolo
dell’Antico Testamento che con forti acclamazioni accolse l’arrivo dell’arca
della presenza di Dio (1 Cr 15,28; 2 Cr 5,13). Maria è ora la nuova arca che
reca la presenza salvifica del Signore in mezzo al suo popolo.
Elisabetta è la prima persona a comprendere veramente cosa è accaduto a
Maria nell’Annunciazione e lo rivela a tutti. Tale comprensione è opera di Dio
nella forza del suo Santo Spirito. È Lui il vero soggetto della situazione, perché
è Lui che ha compiuto in Maria l’Incarnazione di suo Figlio. Elisabetta è solo la
voce che esprime nella gioia questo straordinario mistero. Essa esprime ciò
che Dio ha fatto per Maria, e come Maria ha accolto il messaggio di Dio.
Maria è la «Benedetta» in un modo tutto particolare. La potenza creatrice di
Dio le ha permesso di trasmettere la vita umana a Gesù, il Figlio di Dio. Lei
porta nel mondo Colui che è il Signore delle vita, che vince la morte e dona
l’eternità. Alla luce di tutto ciò il grido di Elisabetta diventa allora una
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preghiera di lode a Dio per la sua opera, ma anche un’espressione di
profondo stupore per Maria, scelta tra tutte le donne.
Elisabetta riconosce Maria come la madre del suo Signore e nello stesso
tempo manifesta tutta la sua indegnità. Si scopre non essere sullo stesso
piano di Maria. Tuttavia non mostra lontananza o risentimento. Anzi la
differenza non allontana ma avvicina. Le due madri condividono in una
comunione cordiale il mistero racchiuso in loro. Elisabetta si accorge che il
sussulto del figlio, che porta in grembo, non è un normale movimento del
grembo di una donna incinta. L’uso del raro verbo ‘sussultare’ fa pensare più
ad una danza che ad un movimento usuale. Non è solo l’incontro delle due
donne, ma anche dei due figli.
A questo punto Elisabetta esprime non solo la benedizione di Dio ma anche la
beatitudine, la santità di Maria: «E beata colei che ha creduto
nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Ella non è solo la
destinataria di un privilegio particolare di Dio ma è anche la donna che ha
saputo dire Sì al suo progetto, è la donna che ha ascoltato la Parola. E la
Parola in lei si è fatta carne. È una creatura libera che ha liberamente scelto
di aderire ad una chiamata. È perciò beata perché ha creduto.
Maria allora è la Donna che si è fidata della parola del Signore, e che a Lui si è
affidata. Ha preso sul serio le parole dell’Angelo e ha creduto fino in fondo
alla fedeltà di Dio. È la Donna che si è lasciata rivestire dell’Amore come
sposa feconda, umile e totalmente abbandonata all’azione dolce e potente di
Dio.
*Opera di misericordia: consolare gli afflitti.
Giovanni rappresenta tutti noi: esultanti di gioia
per la venuta del Salvatore, del Redentore
dell’uomo, che cura e guarisce le nostre anime e
i nostri corpi, proprio perché è entrato nella
nostra carne per salvare la nostra carne ferita.
Una gioia incontenibile, che non possiamo
tenere gelosamente solo per noi, ma che deve
saper toccare la carne ferita del fratello che
soffre e che piange.
Lasciamo che risuoni nei nostri cuori la lode di
Elisabetta: “Benedetto il frutto del tuo grembo”.
Lui il Signore Gesù viene per consolare gli afflitti.
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