Nr. 4 - Settembre 2009 Periodico del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Dir. Resp. Avv. Oreste Morcavallo Sommario Periodico dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Anno III - nr. 4 - settembre 2009 DIRETTORE RESPONSABILE AVV. ORESTE M ORCAVALLO COMITATO DI REDAZIONE AVV. GIOVANNI SPATARO AVV . CLAUDIO DE LUCA AVV . GIANCARLO GENTILE AVV . ROSSELLA MASI AVV . ANGELO PUGLIESE REDAZIONE AVV. VINCENZO BELVEDERE AVV. C ARMELO BOZZO AVV. GAETANO CATERA AVV. V ITTORIO GALLUCCI AVV. GIUSEPPE GIUDICEANDREA AVV. MARIO GUARNIERI AVV. G IUSEPPE LEPERA AVV. FRANCO VINCENZO LOCCO AVV. FILIPPO MANCINI Gli articoli non firmati sono del Direttore. 35 anni di attività dei T.A.R. Convegno Nazionale a Cosenza Avv. Oreste Morcavallo 6 Borsa di studio “William Manes” Avv. Nicola Conforti 7 Sulla riforma dell’ordinamento professionale Avv. Giuseppe Magarò 8 Deontologia e procedimenti disciplinari Avv. Ernesto d’Ippolito 9 Opportunità di assumere incarichi professionali pleonastici Limiti e deontologia Avv. Spiro Nicastro 10 Istituita l’Associazione Matrimonialisti Italiani a Cosenza Avv. Margherita Corriere 10 Codice di deontologia per il trattamento dei dati personali effettuato per la difesa in giudizio: nuovi obblighi per gli avvocati Avv. Ivana Diquattro 11 La distrazione ex art. 93 c.p.c. Avv. Gaetano Bruni 12 lll Tutti gli iscritti possono collaborare con l’invio di scritti, note a sentenza, segnalazioni, ecc. lll Gli scritti dovranno pervenire al Comitato di redazione a mezzo l’ e-mail: [email protected] lll Il Comitato di Redazione si riserva la facoltà di decidere sulla opportunità di pubblicazione degli scritti e/o di modificarli. lll Tutte le collaborazioni sono gratuite. lll Il presente Notiziario viene diffuso gratuitamente agli iscritti negli Albi degli Avvocati ed agli altri operatori del settore. Ordine degli Avvocati di Cosenza Uffici di Segreteria: Orario: 10,30-12,30 da lunedì a venerdì Telefono: 0984 33869 - Fax: 0984 32688 [email protected] www.ordineavvocaticosenza.it Nr. 4 - settembre 2009 Registrazione: Tribunale di Cosenza - nr. 816 del 31-10-2007 ASEmit - Cosenza - [email protected] Pagina 4 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza - Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Biennio 2008 - 2009 PRESIDENTE SEGRETARIO TESORIERE CONSIGLIERI avv. Oreste Morcavallo avv. Giovanni Spataro avv. Angelo Pugliese avv. Vincenzo Belvedere avv. Carmelo Bozzo avv. Gaetano Catera avv. Claudio De Luca avv. Vittorio Gallucci avv. Giancarlo Gentile avv. Giuseppe Giudiceandrea avv. Mario Guarnieri avv. Giuseppe Lepera avv. Franco Vincenzo Locco avv. Filippo Mancini avv. Rosa Masi RAPPRESENTANZA NEGLI ORGANISMI DELL’AVVOCATURA Consiglio Nazionale Forense: avv. Antonio Baffa O.U.A.: avv. Eugenio Bisceglia Unione Ordine Forensi della Calabria: avv. Oreste Morcavallo avv. Gaetano Catera avv. Filippo Mancini Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense: avv. Mario Rosa avv. Nicolino Zaffina Osservatorio Giustizia Civile e Penale: avv. Mario Guarnieri avv. Vincenzo Belvedere avv. Franco Vincenzo Locco avv. Rosa Masi avv. Angelo Pugliese ASSOCIAZIONI FORENSI - PRESIDENTI Camera Penale - Avv. Marcello Manna (f.f.) A.I.G.A. - Avv. Aurelia Zicaro Camera Civile - Avv. Giuseppe Lepera Camera Tributaria - Avv. Rosario Fortino Unione Giuristi Cattolici - Avv. Carmine Nicotera Associazione Forense Brutia - Avv. Eugenio Scarpelli Camera Minorile - Avv. Monica Allevato Comitato Pari Opportunità - Avv. Rosa Masi U.I.F. (Unione Italiana Forense) - Avv. Serafino G.Lio AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori) - Avv. Teresa Politano - Coord. prov. IUS NOVUM - Avv. Angelo Nicotera U.D.A.I. (Unione degli Avvocati d’Italia - Sez. di Cosenza) Avv. Francesco Canino A.M.I. (Associazione Matrimonialisti Italiani) Avv. Margherita Corriere ISTITUITE LE COMMISSIONI CONSILIARI Con delibera consiliare n.6 del 13/03/2008 sono state istituite le seguenti Commissioni consiliari con compiti di istruttoria e di approfondimento delle varie tematiche e problematiche inerenti i vari settori del diritto, con particolare riguardo sia alle modalità di svolgimento della attività giudiziale sia alle novità legislative-giurisprudenziali: COMMISSIONE PENALE Presidente - Enzo Belvedere Componenti - Nicola Carratelli, Francesco Chiaia, Giuseppe Cipparrone, Giovanni Maria Cirio, Antonio Feraco, Franco Locco, Elisa Sorrentino COMMISSIONE GIOVANI AVVOCATI Presidente - Carmelo Bozzo Componenti - Massimiliano De Rose, Fabio Gardi, Fabio Scarpelli, Fabio Vercillo, Fabiana Vigna, Aurelia Zicaro COMMISSIONE GRATUITO PATROCINIO Presidente - Giuseppe Giudiceandrea Componenti - Carmelo Bozzo, Giancarlo Gentile, Giuseppe Lepera, Filippo Mancini COMMISSIONE FORMAZIONE Presidente - Giuseppe Giudiceandrea Componenti - Antonio Artusi, Vincenzo Belvedere, Tiziana Broccolo, Giovanni Caglianone, Silvana Guglielmo, Franco Vincenzo Locco, Nicola Piluso, Domenico Quaglio, Amalia Talarico, Massimo Urso COMMISSIONE CIVILE Presidente - Gaetano Catera Componenti - Federica Conforti, Francesco Filicetti, Patrizia Roberti, Francesca Santelli, Vittorio Vercillo, Maurizio Via COMMISSIONE FALLIMENTARE Presidente - Mario Guarnieri Componente - Pietro Caracciolo, Ugo Celestino, Alfonso Cosentino, Vincenzo Feraudo, Gianpaolo Raia, Massimo Spadafora COMMISSIONE LAVORO Presidente - Giuseppe Lepera Componenti - Anania Roberta, Luciano Cuozzo, Raffaella Mazzotta, Franca Naccarato, Gianluca Rubino, Maria Donata Tortorici, Oreste Via COMMISSIONE PRATICANTI Presidente - Gaspare Aiello Componenti - Danilo Aloe, Elvira Ammirato, Vincenzo Belvedere, Cristian Bilotta, Domenico Caputo, Ilaria De Pascale, Francesca Maria Di Matteo, Valentina Gagliardi, Simona Imbrogno, Caterina Mazzitello, Antonella Muglia, Raimonda Paci, Pierluigi Pulice, Paola Sia COMMISSIONE CORTE D’APPELLO Presidente - Eugenio Scarpelli Componenti - Laura Carratelli, Carlo d’Ippolito, Stanislao de Santis, Alba Bianca Mazzotta, Ornella Nucci COMMISSIONE INFORMATICA Presidente - Vittorio Gallucci Componenti - Antonello Bisceglia, Fabio Cundari, Massimo De Luca Annunziato, Ivana Diquattro, Giuseppe Farina, Flavio Greco, Rosa Masi, Francesco Molinari, Mario Ossequio, Walter Perrotta Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 5 Ordine degli Avvocati di Cosenza STATISTICHE ISCRITTI AL 6/07/2009 STATISTICHE ISCRITTI (IN FORZA) Ordinari CASSAZIONISTI 390 Speciali 20 AVVOCATI 1783 44 6 0 1833 TOTALE 2173 64 9 0 2246 428 432 860 PRATICANTI SEMPLICI PRATICANTI ABILITATI TOTALE Stranieri 0 Totali 413 CASSAZ. E AVVOCATI PRAT. SEMPL. E ABILITATI TOTALE ISCRITTI STATISTICHE ISCRITTI PER SESSO (IN FORZA) Ordinari Speciali 2246 860 3106 Professori Stranieri M - F M - F 14 - 6 3 - 0 0 - 0 316 - 97 811 - 972 23 - 21 4 - 2 0 - 0 838 - 995 1110 - 1063 37 - 27 7 - 2 0 - 0 1154 - 1092 M - F M - F CASSAZIONISTI 299 - 91 AVVOCATI TOTALE Professori 3 M - F M - F PRATICANTI SEMPLICI PRATICANTI ABILITATI TOTALE Totali M - F 170 - 258 162 - 270 332 - 528 CASSAZ. E AVVOCATI PRAT. SEMPL. E ABILITATI TOTALE ISCRITTI 1154 - 1092 332 - 528 1486 - 1620 Attività del Consiglio dal 6 marzo 2008 al 30 giugno 2009 Riunioni 41 Presenze dei Consiglieri alle adunanze Iscrizione Albo Avvocati Iscrizione Avv. Elenco Speciale Cancellazione Avvocati Cancellazione Praticanti Iscrizione Registro Praticanti Compiuta Pratica Pareri Gratuiti Patrocini Esposti e Disciplinari 175 5 57 140 226 254 520 1039 74 avv. Oreste Morcavallo avv. Giovanni Spataro avv. Angelo Pugliese avv. Vincenzo Belvedere avv. Carmelo Bozzo avv. Gaetano Catera avv. Claudio De Luca avv. Gallucci Vittorio avv. Giancarlo Gentile avv. Giuseppe Giudiceandrea avv. Mario Guarnieri avv. Giuseppe Lepera avv. Franco Vincenzo Locco avv. Filippo Mancini avv. Rosa Masi 41 39 38 36 39 38 33 19 24 39 35 41 40 38 38 Pagina 6 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza - 35 ANNI DI ATTIVITA’ DEI T.A.R. Convegno Nazionale a Cosenza Tra gli eventi “storici” del Foro Cosentino e della città di Cosenza, deve annoverarsi certamente il recente Convegno di diritto amministrativo sul tema: “35 anni di Giustizia Amministrativa: l’esperienza del TAR Calabria”. La splendida cornice del Palazzo del Governo e della Sala degli Specchi è stata un degno scenario per un Convegno di altissimo valore giuridico. La considerazione unanime è che rare volte, a livello nazionale, si è riusciti a riunire i vertici della Giustizia amministrativa ed i maggiori studiosi del diritto amministrativo. Il Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, dr. Pasquale De Lise, che tra breve sarà il Presidente del Consiglio di Stato, il dott. Alberto De Roberto, Presidente emerito del Consiglio di Stato, il Presidente del TAR Calabria, dr. Cesare Mastrocola, il Presidente del TAR Sezione di Reggio Calabria, dr. Italo Vitellio, il Consigliere di Stato della V Sez., dr. Eugenio Mele, il Consigliere del TAR Salerno, dr. Nicola Durante, i consiglieri del TAR di Reggio Calabria, dr. Giuseppe Caruso e dott.ssa Caterina Criscenti, il Consigliere del TAR di Catanzaro, dr. Giovanni Iannini; e poi ancora i proff. Scoca, Clarizia, Zanino, Satta, Sandulli. Un incontro di grande importanza, quindi che rappresenterà, al pari dei convegni storici tenutisi nel corso degli anni, un punto di riferimento certo per tutte le tematiche trattate, per gli orientamenti espressi, per le soluzioni giuridiche prospettate. Il primo immediato riscontro del successo, del Convegno è la testimonianza di tantissimi Colleghi, che, direttamente od attraverso la registrazione televisiva diffusa in quattro Regioni, hanno assistito ai lavori; ma, ancor piu, un attestato formale di grande riconoscimento del valore e del significato del convegno, è venuto direttamente dal Presidente del Consiglio di Stato, dr. De Lise, che ha voluto per iscritto manifestare il suo vivo apprezzamento per l’iniziativa di Cosenza. Di grande rilievo, pure, l’alto patrocinio concesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed il messaggio del Presidente della Repubblica in apertura dei lavori. L’Ordine di Cosenza e Cosenza sono sempre piu al centro dell’attenzione nazionale, per eventi ed iniziative di grande spessore giuridico e /o professionale. Il ns. impegno va proprio in questa direzione, di difendere ed arricchire il prestigio dell’Ordine e dell’Avvocatura cosentina; di riaffermare la grande dignità del Foro, la sua tradizione, il suo ruolo; di rinverdire l’impegno dell’Avvocatura per il progresso della società calabrese. L’istituzione della Fondazione Scuola Forense, la pubblicazione della Storia dell’Avvocatura cosentina, il Notiziario, i rapporti creati con i Magistrati, con l’UNICAL, con gli Enti, con le Associazioni Forensi, gli eventi formativi, i Convegni, le borse di studio, i corsi di preparazione agli esami di abilitazione, la Convenzione con la Banca Carime per l’anticipazione di fatture, l’informatizzazione dell’attività giudiziale: sono questi atti concreti dello sviluppo dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, impegnato oggi e sempre a dare voce ad una categoria professionale indispensabile, fondamentale e costituzionalmente riconosciuta per lo sviluppo della società moderna. Il Presidente Avv. Oreste Morcavallo Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 7 Borsa di studio “William Manes” Con una suggestiva manifestazione commemorativa svoltasi a Palazzo Falcone-Sanseverino – ad Acri L’Ordine intitolerà a William Manes una borsa di studio per i giovani praticanti, a dieci anni dalla sua scomparsa. A dare notizia dell’iniziativa il presidente dell’Ordine, avv. Morcavallo, nel corso di una cerimonia con la quale è stata ricordata la figura del compianto avv. Manes, a dieci anni dalla sua morte . La manifestazione ha visto la partecipazione di amici, parenti e politici e di numerosi cittadini acresi che hanno seguito con attenzione i diversi interventi dei relatori. La relazione introduttiva è stata tenuta dall’avv. Nicola Conforti il quale ha tratteggiato i ruoli svolti dall’avv. William Manes nell’ambito delle istituzioni e della professione: da leader indiscusso del socialismo acrese nell’arco di quarant’anni di attività politica a sindaco di Acri, presidente della unità sanitaria locale, vice presidente della comunità montana sino all’impegno come vice presidente del comitato regionale di controllo di Cosenza, sino alla sua dipartita avvenuta nel giugno del 1998. Citando una frase di Einstein sul senso della vita, Conforti si è detto sicuro che l’eredità politica e professionale di William Manes è stata degnamente raccolta dal figlio dello scomparso, avv. Walter, ma, nello stesso tempo la cittadinanza tutta ne conserverà imperituro il ricordo, proprio in virtù dell’impegno profuso dallo scomparso in direzione della crescita civile di Acri. Il sindaco di Acri, prof. Elio Coschignano ha definito William Manes “uno dei giganti“ della politica acrese, inquadrando la figura dello scomparso nel contesto di un’epoca caratterizzata da scontri ideologici e politici, ma destinata a far crescere la società. Il primo cittadino di Acri ha evidenziato che il tempo dedicato dall’avv. Manes alla società veniva “rubato” alla famiglia . Il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, avv. Oreste Morcavallo ha messo in evidenza la figura professionale di Manes, che il compianto avv. Achille Morcavallo annoverava fra i più prestigiosi esponenti del foro della provincia cosentina. Secondo il presidente dell’ Ordine, l’ ars horatoria di cui William Manes era dotato, lo avvicinava naturalmente alla politica spingendolo ad interpretare i bisogni della gente, forte come egli era di una ideologia politica impregnata dei valori della giustizia e della solidarietà . L’avv.Morcavallo ha comunicato che l’Ordine degli Avvocati di Cosenza intitolerà a William Manes una borsa di studio destinata ai giovani praticanti del circondario. Molto toccante l’espressione usata dall’avv. Morcavallo per concludere il suo intervento: “William Manes rappresenta un testimone del presente e del passato, ma soprattutto del futuro!“. L’onorevole Cesare Marini, dopo un riferimento alle fi- gure che avevano preceduto la leadership di Manes, ha sottolineato la particolare capacità di cui lo scomparso era dotato nel riuscire a portare – nel momento in cui i socialisti si contrapponevano fra di loro per assumere decisioni importanti – le sezioni del PSI di Acri su una unica posizione politica, nonché il ruolo fondamentale che William Manes ebbe per la crescita del socialismo acrese. L’ing, Pino Iacino, già sindaco di Cosenza e assessore regionale, ha ripercorso le tappe di un’antica amicizia e di una lunghissima stagione politica che lo legava a Manes, partendo dal ricordo degli studi fatti al liceo “Telesio” di Cosenza. Iacino ha rimarcato con forza l’esigenza di recuperare i “valori“ di cui William Manes era sostenitore, con particolare riferimento ad una fase storica come quella attuale caratterizzata da una caduta netta di ideali . Ha concluso la cerimonia commemorativa l’onorevole Francesco Principe presidente del Consiglio Provinciale di Cosenza, che ha posto l’accento sulla integrità morale e sulle doti eccelse di William Manes. Davvero vibrante l’ultima espressione: “Se fosse vivo William sarebbe qui e professerebbe la propria fede al socialismo! Il socialismo può morire come partito, non come idea! “ Avv. Nicola Conforti Pagina 8 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza - Sulla riforma dell’ordinamento professionale Dopo anni, nei quali sembrava essere in via di più compiuta realizzazione il progetto di eguaglianza (quantomeno formale) avuto in mente dai padri costituenti, ci si ritrova a vivere in una società sempre più divisa, frammentata, ingiusta. L’ Italia intera è tormentata dall’incertezza del futuro, da nuove povertà, da distanze sempre più abissali tra più abbienti e meno abbienti. L’Avvocatura vive dentro questa realtà sociale, ma, in gran parte, ha cessato di essere motore di cambiamento, momento di critica propositiva, luogo privilegiato di difesa dei più deboli contro ogni prevaricazione, per ritagliarsi - invece- un quieto ruolo di passiva spettatrice di fronte a tensioni e conflitti. Fin da piccoli, si è stati educati al rispetto di tutta una serie di valori, nei quali ancora taluni credono, ma che, oggi, sembrano essere negletti e pretermessi di fronte al nuovo/vecchio dio: il danaro. La moneta è diventata misura di tutte le cose ed anche metodo e mezzo di discrimine feroce fra le persone. Purtroppo, dopo aver preso visione del testo / proposta di riforma dell’ordinamento forense (approvato nella seduta del 27 febbraio 2009 del Consiglio Nazionale Forense ), sembra che la tendenza mercantilista trovi ormai piena cittadinanza anche nell’Avvocatura. Perché non è pensabile altra spiegazione, quando si legge la proposta in merito ai requisiti futuri per permanere nell’iscrizione all’albo professionale ( cfr. art. 19 ). Si stabilisce, in pratica, che il reddito diventerà il criterio per poter continuare a svolgere la professione forense. Insomma e per semplificare, soltanto chi è figlio di famiglia molto abbiente o di avvocato ricco e famoso potrà aspirare, in futuro, a diventare un professionista autonomo nel campo del diritto. Altrimenti, addio alle speranze ed agli entusiasmi. Di fatto, non è soltanto uno sfoltire gli albi prescindendo dal merito, ma l’introduzione di un numero chiuso, abilmente mascherato, che privilegia chi è già forte di suo, economicamente oppure per acquisita posizione sociale/professionale/familiare. Di fronte a ciò, non si può tacere. Perché è ormai evidente che i vertici dell’Avvocatura nazionale hanno intenzione di portare avanti un disegno di conservazione della casta, usando il reddito come criterio di discrimine. Il problema reale sta nel fatto che le classi dirigenti del nostro paese sono incapaci di abbandonare il criterio della cooptazione, come unico strumento di selezione, in palese contrasto con i principi della Carta costituzionale. Così facendo, difficilmente troveranno posto nell’avvocatura del futuro coloro che sono mossi da sincera passione, spirito critico ed autonomia di giudizio: invece, sarà la nascita, il ceto, l’appartenenza a determinare chi potrà esercitare o meno la funzione difensiva. La più antica professione liberale si affiderà, dunque, al parametro dell’incasso come strumento di espulsione dei soggetti più deboli oppure più autonomi rispetto alle logiche del potere, economico e/o politico. Ed allora, si discuta pure come regolamentare l’accesso alla professione, ma non si creino ulteriori momenti di rottura nel tessuto sociale. Infatti, adottare l’ impostazione cara ai vertici del C.N.F. significa, nei fatti, perpetuare l’esistenza di regole feudali. Viceversa, bisognerà accogliere con favore taluni elementi di novità, quale il recente bando INPS (per il reclutamento di domiciliatari e sostituti) ovvero le iniziative di taluni enti locali, i quali -lentamente- incominciano ad essere più trasparenti nella assegnazione degli incarichi. Così come è da apprezzare la delibera (del 10 novembre 2008) con la quale il Consiglio dell’Ordine di Cosenza esprime la non condivisione rispetto a progetti di modifica dell’Ordinamento professionale che non tengano conto delle specificità territoriali ed economiche. Ma, non bastano le semplici dichiarazioni di principio : si deve iniziare, dal basso e dalla periferia, una stagione di lotta, per far comprendere al Presidente del C. N. F. ed a quant’altri che non esiste un pensiero unico sull’avvocato del futuro. E ben vengano tutti i nuovi fermenti, i nuovi lieviti che possano consentire all’Avvocatura di crescere essa stessa e, nel contempo, far crescere la società. Cosenza, 19 marzo 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 9 Deontologia e procedimenti disciplinari È sotto gli occhi di tutti degli iscritti, quanto meno di quelli, interessati alla vita dell’Avvocatura, ai modi di essere della sua rappresentanza e dirigenza, ma anche della città, nei suoi terminali politicamente più sensibili ed attenti) il momento positivo che l’Ordine attraversa. Iniziative, capacità di interessarvi in notevole parte gli Avvocati, più impegnati nel quotidiano lavoro, rapporti soddisfacenti, con gli altri fori della Regione, con la Magistratura, con la rappresentanza politica negli, degli Enti Locali, l’organizzazione di corsi, tutto testimonia una capacità di raccordarsi con le esigenze più moderne della professione, utilizzando ogni opportunità, anche legislativa. E’ dunque, lecito esprimere un giudizio positivo del momento, che attraversiamo,. Naturalmente siamo ben consapevoli che si può (e quindi si deve) sempre fare di più e meglio. Ed in questa direzione è opportuno e utile essere di sprone, nel concetto più moderno ed arioso della “delega”, non concepibile come mandato, conferito una volta per tutte, ma come fervida collaborazione tra rappresentati e rappresentanza, collaborazione quotidiana ed attiva, fatta di proposte suggerimenti verifiche. Dimensione non secondaria di un compiuto “Governo dell’Ordine, la “disciplina”, espressa nella indispensabile sorveglianza costante della condotta degli iscritti, e, nei casi, certo eccezionali, ma pur sempre possibili di omissioni e deviazioni, l’intervento disciplinare. Sia consentito ad un vecchio Avvocato di esprimere poche, sintetiche considerazioni sull’argomento. Un buonismo paternalistico, un perdonismo cronico non ha giustificazioni e legittimità: denota scarsa sensibilità deontologica, sciatteria gestionale, quando non clientelismo elettoralistico deplorevole. Ma, attenzione! Se è ovvio ed evidente che una giurisprudenza equilibrata e serena deve rivolgersi ad ogni manchevolezza ed errore, ripristinando l’ordine turbato, un Ordine che si qualifica e caratterizza per le scelte, che opera la “scelta”, che ne caratterizza la “mira”. L’attualità politica vede accentuarsi il dibattito, in sede penale, sulla obbligatorietà dell’azione penale prevista dall’art. 112 della Costituzione. Pur in presenza della perentorietà della norma costituzionale, ed in attesa di un eventuale sua riforma, di fatto si è da più parti preso atto della impossibilità materiale che il “monopolista dell’azione penale” (così il grande processualista Girolamo Bellavista definiva il P.M.) dia corso, sempre, ovunque a tutti procedimenti, per i quali il suo Ufficio ha avuto impulso. Di qui la “scelta”, a quali procedimenti dare la precedenza, a quali fattispecie accordare primato.Io sono del parere che, anche per i procedimenti disciplinari professionali (per la professione forense), tra i due filoni, tra i due indirizzi (concernenti la condotta degli Avvocati, le loro azioni e/ o omissioni), sia qualificante che la “mira” dell’azione disciplinare sia tesa a colpire prevalentemente e stavo per scrivere esclusivamente) la condotta di quegli scritti, che, nei rapporti con il Colleghi, e soprattutto con i Clienti, vengono meno alla onestà più specchiata, al rigore morale più ineccepibile. L’Avvocato non esercita poteri, “Potere”. Anche quando l’altro termine della, nella, Amministrazione della Giustizia, l’organo d’accusa il P.M., non esorbita ed eccede, ha sempre la titolarità e la difesa del principio di libertà, contro quello della autorità. Per rappresentarla nella sua pienezza, è indispensabile che non abbia scheletri nel suo armadio. Perciò, una giurisprudenza che chiarisca rapidamente e perentoriamente che non c’è spazio per Avvocati disonesti, ma anche superficiali, pigri, disattenti, rafforza l’avvocatura, esaltandone la funzione di tramite ideale ineliminabile, tra chi chiede giustizia e gli organi istituzionalmente preposti ad amministrarla.L’ ”altra”, residuale materia, quella che concerne eventuali scontri, tra Avvocati e giudici, sovente dovuti più ad autoritarismi accentuati e residui borbonismi, ovvero a diversa interpretazione delle norme deontologiche delle rispettive funzioni, non attiene alla onestà scrupolosa del patrocinatore, al suo rigore morale, alla qualità solidaristica verso il Cliente. Desidero aggiungere che, in oltre 50 anni di esercizio professionale, numerosi iscritti mi hanno, in pendenza di procedimenti disciplinari a loro carico, onorato della loro fiducia perché li rappresentassi. Devo confessare che, quante volte alla base dell’addebito fosse una questione, anche se controversa, di somme trattenute, di gestione sciatta e grigia della lite, di informazioni non fornite o tardivamente o stancamente fornite, ho provato fastidio e mortificazione, ed ho sempre preteso che, prima della discussione finale della vertenza, venisse eliminato il contenzioso economico. Quando, di contro, ho difeso e rappresentato Avvocati, rei di “eccesso di fierezza”, ho avvertito l’orgoglio della missione, la condivisione della battaglia.Avv. Ernesto d’ Ippolito Pagina 10 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza - Opportunità di assumere incarichi professionali pleonastici - Limiti e deontologia Si discute se sia deontologicamente corretto, assumere incarico fiduciario nella consapevolezza che l’espletamento dello stesso risulti superfluo, pleonastico, del tutto privo di alcun effetto. Vi sono, infatti, fattispecie concrete ove il patrocinio di più avvocati risulta essere un esatto doppione difensivo o di assistenza in generale sempre dopo che si sia verificata la sufficiente nonché necessaria attività difensiva o di assistenza in capo al primo patrocinante anche assumendo “sommarie informazioni” presso il potenziale cliente - (si pensi al patrocino per il terzo trasportato). In costanza di tale surriferita ipotesi, la costituzione in giudizio è un atto del tutto privo di effetti sostanziali, tanto che imporrebbe l’astensione da parte dell’avvocato investito della questione di assumere qualsivoglia tipo di incarico professionale. Esiste, purtroppo, in natura, una categoria ontologica di colleghi la quale si costituisce in associazione (e non) anche un attimo prima che il processo civile venga assegnato a sentenza. Ciò si osserva soprattutto nei confronti di quella schiera di disinvolti avvocati, i quali, dopo aver aderito in toto alle richieste svolte ed alle conclusioni rassegnate – per altro ipocritamente magnificate essendo passate al vaglio della loro sovrintendenza - si riportano integralmente alle comparse conclusionali e di repliche, un istante dopo aver depositato le loro laconiche memorie conclusive. I più corretti fanno precedere la propria strimenzita costituzione, da una cortese telefonata finalizzata a scusarsi ed a manifestare tutto l’imbarazzo che il caso richiede; altri adducono improbabili parentele al punto di costituirsi ob torto collo, stante la pressante minaccia di qualche collaterale; altri ancora ignorano l’esistenza del primo patrocinante al quale, ovviamente, vanno i demeriti e non i meriti, nel caso di esito infausto. Ma anche i più scaltri e preparati colleghi, ove si sia espletata la totalità delle richieste istruttorie ammesse, laddove si sia dedotto e controdedotto tutto il controdeducibile – nel caso summenzionato anche avvalendosi di ctp medico legale e/o di perizia modale di parte atta ad accertare la dinamica del sinistro - quali nuovi elementi, quale contributo così indispensabile si può produrre, stante l’impossibilità di formulare nuove richieste, di escutere altri testimoni, di controdedurre; quale utilità effettiva può discendere da un mandato inficiato di operatività sin dall’inizio? In tale ultima ipotesi, sarebbe forse il caso di astenersi dall’assumere incarichi del tutto inutili, privi di qualsivoglia effetto, davvero in limine con ogni regola non solo deontologica. Tali costituzioni, infatti, non possono che avere fini del tutto estranei rispetto alla preci- pua assunzione che l’incarico fiduciario impone il quale - si rammenta- è improntato a principi di fedeltà e buon adempimento nei confronti degli assistiti, a danno dei quali - nelle migliori delle ipotesi - si esige un doppio onorario – per aver speso un patrocinio solo di carattere formale del tutto ingiustificato. Altro che giuramento!! S.Giovanni in Fiore lì 27.05.2009 Avv. Spiro Nicastro Istituita l’Associazione Matrimonialisti Italiani a Cosenza Il direttivo distrettuale dell’AMI, Associazione Matrimonialisti Italiani, presieduta dal prof. Avv. Mario Alberto Ruffo, previa intesa con il presidente nazionale, prof. Gian Ettore Gassani, ha conferito incarico all’Avv. Margherita Corriere, quale presidente, e all’Avv. Daniela Mascaro, quale segretario, della istituzione della sede locale dell’associazione nella provincia di Cosenza. L’AMI è una associazione di giuristi , finalizzata a promuovere il dibattito sulle tematiche della famiglia e della condizione giovanile, con particolare riferimento alle esigenze di miglioramento e di riforma della legislazione familiare e minorile e quella concernente i diritti delle persone; Mira a incoraggiare, in una prospettiva multidisciplinare, il confronto e la collaborazione con le altre figure professionali che si occupano dell’età evolutiva, della famiglia in generale, dell’infanzia e adolescenza, della terza età, dei diversamente abili, della cittadinanza e dell’integrazione sociale e di tutto ciò che riguarda i diritti della persona in quanto tale, senza eccezioni di sorta. Favorisce, soprattutto tra le giovani generazioni di avvocati, l’acquisizione di una competenza adeguata alla complessità dei problemi della famiglia, dell’infanzia e dell’adolescenza, contribuendo di conseguenza al pieno rispetto dei diritti di ogni persona coinvolta in un procedimento giudiziario, anche attraverso corsi di formazione ed aggiornamento, nel rispetto delle norme deontologiche forensi. I Colleghi interessati potranno contattare la presidente per ulteriori informazioni. Avv. Margherita Corriere Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 11 Codice di deontologia per il trattamento dei dati personali effettuato per la difesa in giudizio: nuovi obblighi per gli avvocati Dal 1° gennaio 2009 è il vigore il “Codice di deontologia per il trattamento dei dati personali effettuato per svolgere indagini difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria” - Provv. del Garante per la Privacy n° 60 del 06/11/2008. Esso rappresenta un vademecum diretto agli operatori del diritto e agli investigatori privati volto a riassumere gli obblighi a loro carico in materia di privacy. In verità già il D. Lgs. 196/03 (Testo unico per il trattamento dei dati personali), ed ancor prima la L. 675/96, avevano sancito obblighi precisi a carico di molteplici categorie di soggetti, titolari del trattamento, diversificati per la natura dei dati personali trattati. Ne è discesa la bipartizione in due macro categorie. Da un lato quella di coloro che trattano dati sensibili (art. 4 lett. d D. Lgs. 196/03), vale a dire dati idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, politiche o di altro genere, l’adesione a partiti, sindacati o determinati tipi di associazioni, i dati relativi alla salute e alla vita sessuale e dati giudiziari (art. 4 lett. e) afferenti alcuni provvedimenti in materia penale, sanzioni amministrative dipendenti da reato o la qualità di indagato. Questa categoria, ben profilata dalla legge, obbliga all’adozione di misure di sicurezza “idonee”, individuate sulla base di una precisa analisi dei rischi cui è esposto il trattamento dei dati avuto riguardo alla sua pericolosità. Un medico, ad esempio, tratta dati sensibili particolarmente pericolosi per cui è prescritta, come misura di sicurezza idonea, la crittografia dei dati trattati in forma elettronica. Dall’altro lato si individua la categoria di coloro che trattano dati comuni, quindi residuale rispetto ai dati sensibili. In essa rientrano, ad esempio, i dati anagrafici, le immagini (se non riproducono informazioni di tipo sensibile), i suoni, i dati di reddito, ecc. . Per tale tipologia di dati, trattati tradizionalmente da aziende di produzione, commercianti, distributori, artigiani, ecc., è richiesta solo l’adozione di misure “minime”, queste ultime ulteriormente semplificate con il provvedimento del Garante per la Privacy del 24/05/2007 e con l’art. 29 del D. L. n° 112 del 25/06/2008. Ovviamente gli avvocati rientrano nella prima categoria trovandosi spesso a trattare dati sanitari, sindacali, attinenti la vita sessuale, ecc.. Pertanto il codice deontologico appena varato, che ben si coordina con il codice di deontologia forense, prescrive in modo specifico e puntuale tutti gli obblighi cui questi sono soggetti nell’esercizio dell’attività difensiva e di investigazione. In merito alle modalità del trattamento, è da segnalare l’obbligo di fornire istruzioni scritte (per il trattamento dei dati) al praticante, tirocinante o stagista, nonché ai CTP, ai periti o altri collaboratori ausiliari; l’adozione di cautele per prevenire l’ingiustificata raccolta , utilizzazione o conoscenza di dati nei specifici casi indicati, fra i quali lo scambio di corrispondenza telematica, l’utilizzo e la distruzione di dati riportati su dispositivi elettronici, l’uso di dati pubblici, la restituzione e distruzione della documentazione del fascicolo, la rinuncia e la revoca del mandato, i rapporti con la stampa, ecc. Restano ferme le prescrizioni generali già in vigore dal lontano 1996 tra le quali quelle di redigere e aggiornare annualmente il Documento Programmatico sulla Sicurezza, fornire l’informativa agli interessati, adottare le misure di sicurezza idonee (informatiche, logistiche, procedurali), nominare e formare gli incaricati e i responsabili del trattamento. E come ogni obbligo di legge, è prevista una sanzione in caso di inadempimento, tanto più che il trattamento dei dati personali è definito nel Testo Unico sopra citato “attività pericolosa” alla stregua di quella configurata nell’art. 2050 c.c., il quale, com’è noto, prevede l’inversione dell’onere della prova. I controlli, effettuati dalla Guardia di Finanza, affiancata da esperti nominati dal Garante per la Privacy, possono comportare la reclusione fino a due anni e l’irrogazione di sanzioni amministrative che potrebbero arrivare fino ad alcune centinaia di migliaia di euro. Per non parlare del rischio di condanna al risarcimento del danno nei confronti dell’interessato (cliente, dipendente, ecc) leso dall’illecito trattamento dei suoi dati o della possibilità attribuitagli di presentare una segnalazione o un reclamo al Garante per la Privacy al fine di prospettare l’esistenza di un trattamento non conforme alle prescrizioni normative. Pertanto, trascorsi più di dieci anni dall’emanazione della prima legge sulla privacy, oggi il rispetto delle sue prescrizioni, ormai estremamente articolate anche se qualche volta non ben coordinate, è da considerarsi oltre che un obbligo anche un’opportunità. L’attuale disciplina, infatti, invita il titolare del trattamento al rispetto di alcune regole che elevano certamente la qualità del lavoro, prevengono i rischi legati alla distruzione accidentale dei dati personali imponendo misure di sicurezza anche di tipo informatico, educano alla liceità dell’uso che di essi può farsi. E il nuovo codice di deontologia supporta e completa non solo quanto già imposto genericamente dal Testo Unico, ponendosi al rango di “norma di species”, ma intreccia egregiamente le sue maglie con le disposizioni del codice di deontologia forense. Avv. Ivana Diquattro Pagina 12 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza - La distrazione ex art. 93 c.p.c. L’On.le Consiglio, a mezzo del Nostro Presidente, Avv. Morcavallo, ha ritenuto di includere, tra i componenti della Sezione Diritto Civile, anche l’Avv. Gaetano Bruni. Di recente, nel peregrinare tra gli infiniti meandri del diritto, mi sono imbattuto in una tematica dell’apparente semplicità: (la distrazione ex art. 93 c.p.c.) Domanda: la distrazione, nei limiti della liquidazione operata dal Magistrato, è titolo esecutivo contro il cliente? Nei giorni scorsi ho effettuato una indagine demoscopica tra i Colleghi del Foro. La risposta, fatta debita eccezione, nell’immediato, è stata unanime: No!!! Stessa impostazione concettuale nella Magistratura Giudicante. La distrazione può essere azionata solo nei confronti del soccombente. Il provvedimento reso dal Magistrato, trova fondamento nella dichiarazione del difensore di aver anticipato le spese, senza riscuotere gli onorari. La testuale lettura dell’art. 93 c.p.c. non preclude l’azionabilità del credito in danno del cliente. Né limita l’eseguibilità unicamente in danno del soccombente. Se ciò non fosse il secondo comma dell’art. 93 c.p.c. (il cliente, una volta corrisposto il compenso, può chiedere la “revoca” del provvedimento, nelle forme dell’art. 288 c.p.c.) non avrebbe ragion d’essere. L’interpretazione della norma non è riferibile ad una possibile (ubi lex non distinguit nec nos distinguere potemus) ovvero inespressa volontà (ubi lex voluit dixit ubi noluit non dixit) del legislatore. Lo studio esegetico dell’Istituto, secondo dottrina e giurisprudenza, attribuisce all’avvocato distrattario un favor patrocinii, da cui deriva un rafforzamento del credito nei confronti dei debitori solidali. In dottrina (C. Mandrioli, Diritto Processuale Civile, I Torino, 2003, pag. 347. E.Redenti. M. Vellani, Lineamenti di Diritto Processuale Civile, Milano, 2005, 88 – 89) l’art. 93 configura una eccezione alla regola generale. Infatti, solitamente, il compenso al difensore è dovuto dal rappresentato salvo (se vittorioso) il diritto di quest’ultimo al rimborso nei confronti della parte soccombente. Le ragioni di tale eccezione si individuano nelle maggiori garanzie attribuite al difensore. Vale a dire conseguire il compenso, direttamente, dalla parte soccombente, eliminando così il tramite della parte vittoriosa. Sotto questo profilo, la distrazione introduce nell’originario rapporto processuale, il difensore antistatario, quale soggetto legittimato ad agire in danno del soccombente (Cass. 18 ottobre 2003 n. 15639 e Cass. 8 marzo 1986 n. 1580). La distrazione non rappresenta una cessione di credito fatta dal cliente al difensore ovvero una azione surrogatoria, esercitata dall’avvocato in rappresentanza del cliente. La distrazione rappresenta un diritto proprio ed autonomo del difensore (Cass. 18 ottobre 2003 n. 15639). La parte rappresenta, infatti, non è legittimata all’impugnazione avverso il capo della sentenza che abbia rigettato ovvero omesso di esaminare l’istanza di distrazione (Cass. 7 luglio 2000 n. 9097). Né tantomeno può censurare per cassazione il vizio di omessa pronunzia (Cass. 19 agosto 2003 n. 12104). Orbene se la distrazione rappresenta una deroga al rapporto di mandato (contratto privatistico) perché l’avvocato distrattario, nell’ipotesi di graduata compensazione delle spese ovvero nell’ipotesi di insolvenza della parte soccombente, dovrebbe “duplicare” un titolo già esistente? Il problema, nella quotidiana prassi dell’attività giudiziaria, è posto in riferimento al principio generale della soccombenza (art. 91 c.p.c). Il cliente vittorioso non è soccombente. Ergo non è soggetto escutibile. La distrazione non può azionarsi in danno dello stesso. Al contrario, per consolidato orientamento del Giudice di Legittimità (Cass. 26 settembre 1961 n. 2041, con nota di G. De Stefano, Giur. IT. 1963,I, 1, 124, ritrovata nel suo completo sviluppo, grazie alla collaborazione del prof. Mancini,insostituibile depositario dei tesori giuridici custoditi in biblioteca), il provvedimento riguardante la distrazione delle spese, può azionarsi anche in danno del cliente. Statuisce il Collegio: “il provvedimento di distrazione… ha per scopo di consentire al procuratore la possibilità di ottenere il soddisfacimento di quanto gli è dovuto dal proprio rappresentato (OMISSIS)”. In forza di tale provvedimento il debito del soccombente si affianca, in via alternativa , a quello del cliente, e rimane integra la facoltà del procuratore di rivolgersi a quest’ultimo se lo ritenga più conveniente (TESTUALMENTE RIPORTATO)”. Trattasi di un “corretto principio di diritto” richiamato, espressamente, nella motivazione di Cass. 19 ottobre 1988 n. 5678. Ripreso, incidente tantum, da Cass. 7 luglio 2000 n. 9097, già citata. Mi rimetto, con deferente ossequio, alle valutazioni degli Organismi preposti laddove venisse decisa la diffusione ed il contenuto della ricerca. Avv. Gaetano Bruni RASSEGNA DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA SEZIONE DI DIRITTO CIVILE Avv. Fernando BIANCHINO Avv.Gaetano BRUNI Avv. Domenico CAPUTI Avv. Rosaria CIRINO Avv. Lucia CLAUSI Avv. Maria Rosaria COSCHIGNANO Avv. Carlo d’IPPOLITO Avv. Giuseppe FARINA Avv. Salvatore FERRANTE Avv. Massimo FERRARO Avv. Angelo GENTILI Avv. Marisa GRANIERI Avv. Maria IAQUINTA Avv. Rosetta LAURA Avv. Lucia LE PIANE Avv. Franca MIGLIORESE CAPUTI Avv. Oscar MUSACCHIO Avv. Annunziata PAESE Avv. Verino PRINCIPATO Avv. Vincenzo PUGLIESE Avv. Rosamaria ROMANO Avv. Vittorio VERCILLO Avv. Alessandra VILLECCO SEZIONE DI DIRITTO DI FAMIGLIA Avv. Maria Teresa PALMIERI SEZIONE DIRITTO AMMINISTRATIVO Avv. Salvatore ALFANO Avv. Salvatore CALLEA Avv. Giuseppe CIPPARRONE Avv. Giuseppe LEPORACE Avv. Francesca LO FEUDO Avv. Alessandro MANGINI Avv. Fiorella PERNA Avv. Domenico PROVENZANO SEZIONE PENALE Avv. Cesare BADOLATO Avv. Carmine FURLANO Avv. Giorgia GRECO Avv. Marlon LEPERA Avv. Giuseppe MALVASI Avv. Antonella MASSIMILLA Avv. Pietro PERUGINI SEZIONE FALLIMENTARE Avv. Maria Maddalena GIUNCATO Avv. Marisa LOPEZ Avv. Margherita MADEO Sommario Decorrenza del trattenimento in servizio del Pubblico Dipendente Avv. Marilena Ricchiuti 14 Nullità o inesistenza della cartella di pagamento Dott. Alfio Pisani 18 La Ficta confessio nel rito societario alla luce della Sentenza Corte Costituzionale n° 340/07 Dott. Giampaolo Caruso 20 Responsabilità – amministrativa – danno erariale Avv. Mario Tocci 23 Pagina 14 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza - Tribunale di Cosenza sez. Lav. .Ordinanza n.2168 R.G. cron. n.9253/09 emessa nella procedura ex art. 669 terdecies c.p.c. Decorrenza del trattenimento in servizio del Pubblico Dipendente Il diritto potestativo riconosciuto dall’art. 16 del d.lg n. 503/92 vecchia formulazione e l’interesse legittimo riconosciuto dalla nuova normativa di cui all’art.72 comma 7 del d.l. n. 112/2008 attengono alla permanenza in servizio del pubblico dipendente oltre il compimento dell’età pensionabile, sicché la decorrenza del trattenimento in servizio non può che coincidere con il giorno successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età” Ordinanza n.2168 R. G. 2009 T R I B UN A L E D I C O S E N Z A Ufficio Controversie di Lavoro Il Tribunale di Cosenza, riunito in camera di consiglio, e così composto Dott.ssa S. F. Presidente Dott. V. L. F. Giudice Dott.ssa G. B. Giudice rel. est. letti gli atti ed esaminati i documenti; udito il giudice relatore; a scioglimento della riserva assunta al verbale di udienza dell’11.5.2009; ha pronunciato la seguente ORDIN ANZA ORDINANZA Nella procedura ex art. 669 terdecies iscritta al numero 2168 R.G. 2009 TRA S.E. rappresentato e difeso dall’avv.to R.M RECLAMANTE E R. C. , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. to A.T. RECLAMA RECLAMATTA Oggetto:trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di età Osser va e rile rilevv a Con ricorso depositato il 3.4.2009 S.E. proponeva reclamo avverso l’ordinanza del 20.3.2009 con la quale veniva rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. volto ad ottenere in via d’urgenza il riconoscimento del diritto al trattenimento in servizio fino al compimento del biennio successivo all’età pensionabile ex art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503/ 92, previa sospensione e/o disapplicazione della Delibera della Giunta Regionale n.34 del 29.1.2009 con la quale era stato confermato il collocamento a riposo del 5.11.2008 prot. n. 23290. Esponeva che era dipendente della R. C. con la qualifica di Dirigente 9° livello; che in data 10.10.2008 aveva presentato a domanda di proroga biennale (ex art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503/92 e succ. mod. art. 72 comma 8 e 10 del d.l. n. 112/2008), in quanto in data 8.12.2008 avrebbe raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo (artt. 25 e 26 del CCNL Regioni ed enti locali Area Dirigenza)con 38 anni di servizio; che la R. C. , ignorando la domanda di trattenimento in servizio, con provvedimento del 5.11.2008 gli aveva comunicato che con decorrenza dall’1.4.2009 sarebbe stato collocato a riposo per raggiungimento del limite di età; che aveva vanamente richiesto spiegazioni sul suo collocamento a riposo, che aveva successivamente impugnato con lettera racc. a.r. del 18.12.2008; che con nota n. 2.1.2009 gli era stato comunicato che la domanda di trattenimento in servizio era in corso di istruttoria e che in attesa di provvedimenti in merito veniva confermato il contenuto della nota del 5.11.2008; che, pertanto, aveva proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. , a seguito del quale il giudice designato con provvedimento del 2.2.2009 aveva fissato la comparizione per l’udienza del 2.3.2009, mentre nel frattempo con racc. a.r. del 7.2.2009 la R. C. aveva comunicato che con delibera del 29.1.2009 era stata rigettata la domanda di trattenimento in servizio con conferma del provvedimento di collocamento a riposo del 5.11.2008; che nella delibera in questione si motivava il rigetto della domanda, considerando che il ricorrente avrebbe dovuto essere collocato in quiescenza con decorrenza dall’1.4.2009 – prima finestra utile di uscita – per raggiunti limiti di età con anzianità di servizio di 38 anni e che non sussisteva un interesse pubblico diretto ed immediato al suo trattenimento in servizio oltre il 65° anno di età, tenuto conto della riorganizzazione strutturale del Dipartimento n. 4 “Bilancio e Patrimonio”. A sostegno del reclamo ribadiva le argomentazioni già sostenute nella prima fase del giudizio cautelare e in particolare deduceva che ai sensi del comma 8 dell’art. 72 del d.l. n. 112/2008, per come interpretato dalla circolare n. 10 del 20.10.2008 dal Ministero della Funzione Pubblica, le domande di trattenimento in servizio presentate nel periodo antecedente all’entrata in vigore del nuovo d.l. n. 112/ 2008, non ancora evase e quelle presentate entro i sei mesi successivi l’entrata in vigore del decreto stesso dovevano essere valutate a seconda della data di decorrenza del trattenimento;che, pertanto, se la decorrenza del trattenimento in servizio era precedente al Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza 31.12.2008 (compimento del limite di età di 65 anni entro il 3.12.2008)l’istanza dell’interessato doveva essere accolta, trovando applicazione il vecchio regime previsto dall’art. 16 del d. lgs. n. 503/92, secondo cui l’amministrazione non aveva alcuna discrezionalità nel concedere il trattenimento in servizio; che al contrario, se la decorrenza era successiva al 31.12.2008 (compimento del limite di età di 65 anni il 31.12.2009)allora la domanda di trattenimento in servizio doveva essere valutata palla p.a. in base a quanto previsto dall’art. 16 come modificato dal comma 7 dell’art. 72 del d.l. n. 112/2008 e cioè tenendo conto delle proprie esigenze organizzative e funzionali; che il reclamante aveva raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo in data 8.12.2008 e cioè prima del 30.12.2008, per cui la domanda di trattenimento in servizio inoltrata il 10.10.2008 (entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del nuovo regime) non doveva essere oggetto di alcuna valutazione discrezionale dal parte della R. C. , la quale avrebbe dovuto solo prendere atto della domanda e disporre contestualmente il trattenimento in servizio; che, al contrario, quest’ultima era intercorsa in un errore interpretativo delle norme che disciplinavano la fase transitoria del trattenimento in servizio stabilite negli art.. 8,9 e 10 del d.l. n.112/2008, in quanto aveva preso considerazione la decorrenza del pensionamento(1.4.2009) prevista dalle c.d. “finestre di uscita di cui alla l. n. 247/27 ovvero dei termini temporali in cui, maturati i requisiti, era consentito accedere alla pensione con conseguente applicazione della nuova normativa”. Lamentava che il giudice di prime cure aveva condiviso la interpretazione dell’amministrazione, applicando erroneamente l’art. 72 della l. n. 133/2008 comma 8. Chiedeva, pertanto, che fosse pronunciata la revoca dell’ordinanza reclamata e che fosse accolta la domanda cautelare volta ad ottenere il suo mantenimento in servizio fino al compimento del biennio successivo all’età pensionabile, rappresentando, sotto il profilo del periculum in mora, il danno irreversibile alla professionalità, considerato che avrebbe dovuto lasciare l’incarico - in scadenza nel 2012 – di dirigente del Servizio Tributi per andare in pensione con conseguente assegnazione dello stesso ad altro dirigente. Costituitasi in giudizio, la R. C. , ribadiva le difese già spiegate nella prima fase, deducendo il corretto operato dell’Amministrazione. Eccepiva, in particolare, che la espressione trattenimento in servizio doveva coincidere con la data stabilita dalla legge per il collocamento a riposo (c.d. finestre) e non con la data del compimento del 65° anno di età del dipendente per come sostenuto dal reclamante. Chiedeva, dunque, il rigetto del reclamo. All’udienza dell’ 11.5.2009 i procuratori delle parti illustravano oralmente le ragioni poste a sostegno delle proprie richieste e il Tribunale riservava la decisione. **** Il reclamo è fondato. A norma dell’art. 16 del d.lgs. n. 503/1992 è in facoltà dei dipendenti civili dello stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore dalla Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 15 legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. La S. C. ha piu volte affermato che in tema di collocamento a riposo d’ufficio al compimento delle età massime previste dai diversi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche, l’art. 16 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (vecchia formulazione) prevede il diritto potestativo del pubblico dipendente di essere trattenuto in servizio per un biennio oltre l’età normalmente prevista per il collocamento a riposo, che può essere esercitato dall’interessato in ogni tempo antecedente alla risoluzione automatica del rapporto per il compimento dell’età massima di servizio, assolvendo il solo onere del preventivo invio della comunicazione dell’opzione al datore di lavoro, che impedisce l’estinzione del rapporto (ex multis Cass. N. 1297/ 2006). L’art. 72 del d.l. n. 112/20008 conv. In l. n. 133/2008 – intitolato personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo – ha modificato l’art. 16 del d. lgs. N. 503/92, prevedendo al contempo un regime transitorio. In particolare il comma 7 recita: “ all’art. 16 comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: ” In tal caso è data facoltà all’amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all’amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.”. Il successivo comma 8 prevede che “ sono fatti salvi i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e quelli disposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Infine, il comma 9 prevede che: “ le amministrazioni di cui al comma 7 riconsiderano, con provvedimento motivato, tenuto conto di quanto ivi previsto, i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009”, mentre il comma 10 dispone che “ I trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al trattenimento sono tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al comma 7”. Nel caso di specie il reclamante, dipendente della R. C. con la qualifica di Dirigente di 9° livello, ha iinoltrato domanda di trattenimento in servizio fino al compimento del biennio oltre il limite di età, poiché in data 8.12.2008 (cfr data di nascita dell’8.12.1943) avrebbe raggiunto – con 38 anni di ser vizio (circostanza incontestata) – il limite di età per il collocamento a riposo ex art. 25 e 26 del CCNL Regioni ed Enti Locali, che prevedono al punto a), tra le cause di cessazione automatica del rapporto di lavoro, il compimento del limite di età (o il raggiungimento dell’anzianità massima di servizio) previsti dalle norme di legge e cioè 65 anni per gli Pagina 16 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza - uomini a decorrere dall’1.1.2002 giusta tabella A allegata al d.lgs. n. 503/1992. L’Amministrazione datrice di lavoro ha rigettato la domanda, sostenendo che non sussisterebbe un immediato interesse pubblico al trattenimento in servizio, tenuto conto, del processo di riorganizzazione strutturale del Dipartimento n. 4 Bilancio e Patrimonio. Ha, dunque, confermato il provvedimento di collocamento a riposo con decorrenza dall’1.4.2009 (prima finestra utile) per raggiunti limiti di età, con ciò ritenendo di dovere applicare il nuovo regime introdotto dall’art. 72 del d.l. n. 112/2008 che subordina l’accoglimento dell’istanza del dipendente alla comparizione con l’interesse pubblico da parte dell’Amministrazione. La tesi della R. si fonda sulla interpretazione dell’espressione trattenimento in servizio, usata dal legislatore, nel senso che la stessa dovrebbe coincidere necessariamente con la data di collocamento a riposo. In sostanza - sostiene la reclamata – prima della data di collocamento a riposo non può parlarsi di trattenimento in servizio dal momento che il pubblico dipendente ha l’obbligo di continuare l’attività lavorativa fino alla data del collocamento a riposo previsto ed imposto dalla l. n. 247/2007, che ha fissato le c.d. finestre di uscita per la decorrenza del diritto alla pensione. Pertanto, considerato che nel caso del reclamante la c.d. finestra d’uscita è quella dell’ 1.4.2009 la sua posizione rientrerebbe nell’alveo applicativo della nuova normativa con conseguente discrezionalità dell’Amministrazione nell’accoglimento della istanza. La tesi sostenuta dalla reclamata e condivisa dal giudice di prime cure appare contraria alla ratio della proroga biennale, che è quella di consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il compimento dell’età pensionabile e non già oltre il momento stabilito dalla legge per la decorrenza del diritto alla pensione. Invero, le c. d. finestre d’uscita costituiscono uno scaglionamento dei pensionamenti per ragioni legate alla finanza pubblica ed hanno incidenza sulla decorrenza del diritto alla prestazione pensionistica, una volta raggiunti i requisiti contributivi ed anagrafici. Viceversa il diritto potestativo riconosciuto dall’art. 16 del d. lg. n. 503/92 vecchia formulazione e l’interesse legittimo riconosciuto dalla nuova normativa di cui all’art. 72 comma 7 del d. l. n. 112/2008 attengono alla permanenza in servizio del pubblico dipendente oltre il compimento dell’età pensionabile, sicchè la decorrenza del trattenimento in servizio non può che coincidere con il giorno successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età. La circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica, in realtà, ha carattere esplicativo di un dato normativo di indubbio riferimento al compimento del limite di età. In particolare viene chiarita la portata applicativa del comma 8 in combinato disposto con il successivo comma 9 dell’art. 72, facendo esplicito riferimento alla data di compimento del limite di età e concludendo che , oltre ad essere fatte salve le domande presentate prima del 25.6.2008 (data di entrata in vigore del decreto) e che non siano state ancora esaminate, rientrano nel regime transi- torio del comma 8 dell’art. 72 e, dunque, nella vecchia normativa anche i casi in cui la decorrenza del trattenimento è precedente al 31.12.2008, mentre rientrano nella nuova i casi in cui la decorrenza del trattenimento è successiva al 31.12.2008. In sostanza tale data individua il giorno successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età avvenuto il 30.12.2008 e segna il momento ultimo per l’applicazione della vecchia disciplina, ma a condizione che la domanda di trattenimento in servizio sia stata già acquisita dall’amministrazione ovvero inoltrata dal dipendente entro il 25.12.2008, ossia entro sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto legge. In tal senso si è espressa la nota informativa dell’I. , che – pur non essendo vincolante per il Collegio giudicante – è pienamente condivisibile, in quanto in linea con la ratio della proroga biennale. Alla luce di quanto esposto appare sussistente in capo al reclamante il diritto potestativo al trattenimento in servizio in applicazione del vecchio regime di cui all’art. 16 del d. lgs. n. 112/2008, in quanto egli ha raggiunto il limite di età dei 65 anni in data 8.12.2008 (cfr data di nascita del 8.12.1943) ed ha inoltrato la domanda di trattenimento in servizio il 10.10.2008 e cioè entro i sei mesi dall’entrata in vigore della nuova normativa. L’Amministrazione datrice di lavoro, dunque, avrebbe dovuto solo prendere atto di tale domanda e disporre il trattenimento in servizio del reclamante, senza compiere alcuna valutazione discrezionale. Ritiene il Tribunale che sussiste anche il periculum in mora , da ravvisarsi nella lesione di un diritto di contenuto non patrimoniale e pertanto non ristorabile a posteriore per l’equivalente, quale quello alla professionalità, irreversibilmente pregiudicata dalla perdita dell’incarico di dirigente del Servizio Tributi, che verosimilmente sarà assegnato ad altro dirigente nel tempo occorrente all’accertamento in via ordinaria della illegittimità del collocamento a riposo. Per i motivi suesposti, in accoglimento del reclamo proposto, deve essere sospeso in via cautelare il collocamento a riposo del reclamante con ordine alla R. C. di provvedere alla riammissione in servizio dello stesso fino al raggiungimento del biennio successivo all’età pensionabile. Le spese di lite, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P. Q. M. Visto l’art. 669 terdecies c.p.c. : Accoglie il reclamo proposto da S. E. avverso l’ordinanza del 20.3.2009 e, per l’effetto, sospende il collocamento a riposo ed ordina alla R.C. la riammissione in servizio del reclamante fino al raggiungimento del biennio successivo all’età pensionabile condanna la R.C. alla rifusione, in favore del reclamante delle spese di lite, liquidate in complessivi E 1.200.00, oltre cpa ed iva come per legge. Si comunichi. Così deciso in Cosenza il 25/5/2009 Il giudice est. Il Presidente Dott.ssa G.B. Dott.ssa S.F. *** Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza Nell’ ordinanza in commento il Tribunale di Cosenza è stato chiamato a decidere su un caso riguardante l’applicazione dell’art. 72 (commi da 7 a 10) della L. n.133/ 2008 che, come è noto, ha innovato la disciplina contenuta nell’ art. 16 1° comma prima parte del D.lgs n. 503/92. In particolare si è trovato a dover affrontare una delle prime applicazione del comma 8 dell’ art. 72 della L. n.133/2008; la norma in esame regola la fase transitoria dall’entrata in vigore della legge. In argomento giova evidenziare che l’art. 16 comma 1, D.lgs n. 503/92 (come modificato prima dall’art. 1 quater, D.lgs. N. 136/2004, nel testo integrato alla relativa legge di conversione e poi dall’art. 33 Dl n. 223/200), in assenza di norme contrarie anche regionali, riconosceva ai dipendenti civili dello stato e degli enti pubblici non economici la facoltà di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo. In particolar modo la norma attribuiva un “diritto potestativo” esercitabile in ogni tempo antecedente alla risoluzione automatica del rapporto e tale da fondare, una volta azionato, un vero e proprio diritto alla prosecuzione dello stesso, passibile di caducazione solo a opera di una manifestazione di volontà uguale e contraria ( Cons. di Stato, IV 7.12.2006 n.7210). Con il Decreto legge n.112 del 2008, convertito con modifiche in legge n.133 del 2008, sono state previste importanti innovazioni in materia di trattenimento in servizio per un biennio oltre il limite di età prevista per il collocamento a riposo dei pubblici dipendenti. In particolare, i comma da 7 a 10 dell’art. 72 della L. n.133/2008 hanno innovato la disciplina contenuta nell’ art. 16 1° comma prima parte del D.lgs n. 503/92. L’art. 16, cosi come modificato, prevede: “E’ facoltà dei dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data facoltà all’amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all’Amministrazione di competenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. Pertanto, mentre secondo la disciplina previgente, in caso di domanda, l’amministrazione non era titolare di discrezionalità nel disporre il trattenimento, dovendolo in ogni caso accordare, in base al nuovo regime l’istanza di trattenimento in servizio è soggetta a valutazione discrezionale e quindi può non accordarla. Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 17 Il nuovo regime legale ha, tuttavia, previsto con i comma 8, 9 e 10 dell’art. 72 delle condizioni di salvaguardia per quei soggetti che hanno già in corso il trattenimento in servizio ed introdotto una fase transitoria per coloro i quali sono prossimi al raggiungimento del limite di età. In particolare, il comma 9 dispone che: “le amministrazioni di cui al comma 7 riconsiderano, con provvedimento motivato, tenuto conto di quanto ivi previsto, i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dall’ 1.01.2009 al 31 dicembre 2009.” Il successivo comma 10 prevede invece che: “i trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al trattenimento sono tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al comma 7.” Il comma 8 recita: “sono fatti salvi i trattenimento in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto (25.06.2008) e quelli predisposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto),” Con la circolare n. 10 del 20.10.2008, il Ministro Brunetta ha dettato le disposizioni applicative dell’art 72 e, in particolare, con riferimento al comma 8 ha chiarito: “che l’interpretazione dello stesso va compiuta tenendo conto della complessiva disciplina e, quindi, la disposizione deve essere considerata in relazione a quanto previsto dal precedente comma 7 e dai successivi comma 9 e 10…. e ancora: “Le domande presentate entro la data del 27.12.2008 sono soggette ad un regime differenziato a seconda che la decorrenza del trattenimento sia precedente o successiva al 1 gennaio 2009. Infatti, il comma 8 in esame deve essere letto in connessione con il successivo comma 9, il quale, come visto, prescrive alle amministrazioni di riconsiderare i trattenimenti già disposti con decorrenza 1 gennaio 2009 alla luce della nuova disciplina (di cui al comma 7). In tale contesto, il regime applicabile alle domande di trattenimento con la medesima decorrenza deve essere analogo. Quindi, le domande presentate nel periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto legge non ancora evase e quelle presentate entro i sei mesi successivi l’entrata in vigore del decreto stesso debbono essere valutate a seconda della data di decorrenza del trattenimento: - se la decorrenza del trattenimento è precedente al 31.12.2008 l’istanza dell’interessato deve essere accolta e il trattenimento deve essere disposto; in tal caso, infatti, trova applicazione il precedente regime, di cui all’art. 16 1° comma prima parte del D.lgs n. 503/92 prima della modifica operata con il Dl. n. 112/2008, secondo il quale l’amministrazione non aveva discrezionalità nel concedere il trattenimento; - se invece la decorrenza del trattenimento è suc- Pagina 18 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 cessiva al 31.12.2008 allora la domanda di trattenimento va valutata in base a quanto previsto dall’art. 16 1° comma prima parte del D.lgs n. 503/92 come modificato dal comma 7 dell’art 72 del d.l. n. 112.” Il Collegio al fine di stabilire la disciplina applicabile al caso sottopostogli ha dovuto stabilire esattamente quale fosse la decorrenza del trattenimento in servizio del dipendente, ed in merito, accogliendo le ragioni del reclamante, così ha statuito: “..il diritto potestativo riconosciuto dall’art. 16 del d.lg n. 503/92 vecchia formulazione e l’interesse legittimo riconosciuto dalla nuova normativa di cui all’art. 7 del d.l. n. 112/2008 attengono alla permanenza in servizio del pubblico dipendente oltre il compimento dell’età pensionabile, sicché la decorrenza del trattenimento in servizio non può che coincidere con il giorno successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età” All’uopo è utile evidenziare che il G.d.L nel primo procedimento( ex. art. 700 c.p.c.), con ordinanza n. 5087/09, aderendo alla tesi della resistente, aveva negava il diritto al dipendente ritenendo che la decorrenza del trattenimento coincidesse esattamente con la decorrenza del pensionamento prevista dalle c.d. “ finestre di uscita” (L.247/2007), ovvero dei termini temporali in cui, maturati i requisiti, è consentito accedere alla pensione, all’uopo così argomenta: “Per stabilire la decorrenza del trattenimento in servizio, è dunque, sufficiente accertare quale sia la data stabilita per il collocamento a riposo del pubblico impiegato”. ….E’ il caso del ricorrente , per il quale infatti, è pacifico che sia proprio il 1° aprile 2009 il giorno fissato per il proprio collocamento a riposo. In conclusione, non può dubitarsi che al ricorrente si applichi la nuova normativa, con conseguente potere discrezionale della P.A di accogliere o meno la richiesta di permanenza in servizio, in base ai criteri valutativi indicati al 7° comma dell’art. 72, l. 133/08. Potere che la convenuta ha esercitato con la delibera di Giunta n. 34 del 2009, con la quale rigettava la domanda di trattenimento in servizio” Quanto affermato nell’ordinanza sopra menzionata non trova alcun riscontro nel testo della legge e men che meno nella circolare n. 10 del Ministro Brunetta; la corretta interpretazione della norma in esame impone di considerare la modifica anche nel suo significato nominalistico e letterale dei termini utilizzati nel testo della legge. A tale proposito si osserva che al Ministro Brunetta era ben nota la L.247/07 pertanto se avesse voluto intendere una decorrenza diversa (non coincidente con il raggiungimento del limite di età) avrebbe utilizzato il termine “decorrenza della pensione” o, in alternativa, “decorrenza del collocamento a riposo”. Avv. Marilena Ricchiuti Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza Nullità o inesistenza della cartella di pagamento Come è noto la Legge 7 Agosto n° 241 del 1990 disciplina la trasparenza dell’azione amministrativa nei rapporti intercorrenti tra le Autorità e gli utenti. E’ una Legge rivoluzionaria se si considera che per la prima volta si costruisce un contraddittorio nella formazione di un atto amministrativo che può degenerare in un contenzioso. Con la riforma di tale provvedimento ad opera della Legge n°15 del 2005 viene inserito l’art 14 al capo 6° bis che dopo l’art 21 definisce con l’art 21 septies 1°comma: “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali…” La Legge n. 212 del 27/07/2000 meglio conosciuta come “Statuto del Contribuente”contiene invece i principi generali dell’ordinamento tributario come peraltro affermato dalla Corte di Cassazione (sentenze n. 17576/03 e 7080/04), sia in termini di chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie sia in termini di motivazione degli atti. Infatti l’art 7 dispone che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare il responsabile del procedimento. L’avverbio “tassativamente” è di per sè imperativo, la disposizione è ordinata in modo certo e categorico, pertanto va considerato a pena di nullità la mancanza di uno degli elementi essenziali. La conseguenza di tale affermazione è la nullità di tutti gli atti consequenziali alla notifica. Peraltro sia l’Avvocatura Generale dello Stato,che ha precisato che l’omessa o insufficiente indicazione del responsabile del procedimento è un dovere sanzionabile con la declaratoria di illegittimità,sia la stessa Corte Costituzionale con l’ordinanza 377 del 9/ 11/2007 riconoscono che l’indicazione del responsabile del procedimento è requisito fondamentale della cartella esattoriale. Il punto di diritto sul quale si dibatte in dottrina è se la cartella sia nulla o inesistente? L’Agenzia delle Entrate nel costituirsi sostiene l’annullabilità della stessa tentando così di sminuire la valenza dello Statuto del contribuente ritenendo una mera irregolarità formale la mancata indicazione del Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza responsabile. Appare di dubbia e singolare fattura la circolare inviata agli uffici periferici con la quale si dispone “di osservare scrupolosamente tutte le prescrizioni dello Statuto del Contribuente, ivi compresa quella recata dall’art 7, comma 2, della Legge n. 212/ 2000, concernente l’indicazione nei propri atti del responsabile del procedimento”. Si richiama qui di proposito la sentenza della C.T.P. di Bari che è rivoluzionaria poiché considera nulle non solo le cartelle sprovviste dell’individuazione del responsabile del procedimento, ma anche quelle che non recano la sottoscrizione del funzionario responsabile che assume la paternità del provvedimento che è stato formato secondo legge. La stessa C.T. ha osservato che l’art 36 comma 4 ter della Legge 31/08, con la quale viene imposto il responsabile del procedimento a partire dal 1° giugno 2008, ha natura interpretativa e non innovativa ciò perché il limitare la nullità delle cartelle a partire da una certa data violerebbe i principi fondamentali sanciti dalla Carta costituzionale. In verità la nullità può generare effetti giuridici e come notava Ascarelli “la nullità è una sanzione dettata dalla norma in relazione ad una fattispecie che si suppone perciò esistente”. L’atto inesistente al contrario non produce alcun effetto giuridico. Tale affermazione trova conforto nelle decisioni della Corte di Giustizia Europea che non conosce situazioni intermedie tra l’inesistenza di un atto e il suo annullamento. Secondo la Corte il sistema di invalidità degli atti vede configurarsi l’inesistenza in caso di vizi gravi ed evidenti (sentenza n. 227/92). Secondo Vipiana Perpetua (pag. 472 e ss.) si deve distinguere tra inesistenza giuridica ed inesistenza materiale; la prima si risolve nella nullità, la seconda si configura come inesistenza materiale dell’atto. In conclusione, la mancanza di uno degli elementi essenziali di cui all’art. 7, l. n. 212/2000, determina l’inesistenza della cartella. Altro elemento di nullità della cartella è rappresentato dalla relata di notifica. Sul punto è opportuno richiamare due elementi: A) Equitalia notificava e notifica la cartella esattoriale con la relata di notifica “immacolata”; anche in questo caso la cartella è da considerarsi radicalmente nulla per mancanza di elementi essenziali. Non vi è alcun dubbio infatti che la relata è un elemento essenziale della cartella di pagamento che ne costituisce parte integrante come previsto con Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 13/02/2007. Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 19 L’art. 60 del D.P.R. n. 600/73 stabilisce: “la notifica degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme del c.p.c.” Ne deriva che le notifiche inviate al contribuente devono essere compilate sia sull’originale sia sulla copia (Commissione Tributaria Centrale, sentenza n. 385/03); in sostanza il notificatore compilando la relata attesta l’esatta corrispondenza tra l’originale e la copia spedita ciò perché le risultanze di dette relazioni non possono essere interpretate o integrate successivamente (Cassazione 11315/2000). Pertanto la notifica della cartella a mezzo posta non si sottrae all’obbligo della compilazione della relata di notifica, in questo caso ci troveremmo di fronte all’assoluta nullità e o inesistenza della cartella stessa (C.T.P. Cosenza sentenza n° 262/06). La C.T.P. di Treviso, con sentenza n. 5 del 6/02/06 chiarisce la differenza tra la notifica a mezzo posta e la spedizione a mezzo del servizio postale che non può qualificarsi notificazione. L’ufficio postale deve unicamente certificare la spedizione della raccomandata e non può sostituire la relata di notifica sull’atto che deve essere esclusivamente certificata da un pubblico ufficiale designato, quale ufficiale giudiziario o persona equiparata. B) Equitalia pone la relata di notifica sul frontespizio: anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un mancato rispetto della formalità dell’atto; non offre alcuna garanzia che la consegna dell’atto sia avvenuta nella sua integralità e di conseguenza non comporta il prodursi di alcun effetto giuridico pertanto la stessa è nulla in quanto manca dei requisiti formali per il raggiungimento dello scopo (Cassazione Civile, sentenza n. 6750/07). La normativa vigente vuole che la relata di notifica sia apposta solo in calce alla copia dell’atto notificato e non in qualsiasi altra sede topografica del documento. La logica della succitata sentenza va ricercata nella funzione garantistica della notifica, che posta in calce deve dare la certezza dell’integrità dell’atto. Ecco perché la notifica sul frontespizio comporta la nullità della medesima e l’inesistenza giuridica dell’atto. L’art 60 del D.P.R 600/73 richiama infatti, esplicitamente, ai fini della notificazione le norme del c.p.c. Dott. Alfio Pisani Pagina 20 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza - La ficta confessio nel rito societario alla luce della Sentenza Corte Costituzionale n° 340/07 In tema di processo c.d. «societario», è costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, l’art. 13, comma 2, d. lgs. n. 5 del 2003, nella parte in cui stabilisce che «in questo ultimo caso i fatti affermati dall’attore, anche quando il convenuto abbia tardivamente notificato la comparsa di costituzione, si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa». . Al fine di verificare cosa sia mutato nel D.lgs n° 5/03, è doveroso spendere alcune precisazioni che facciano da linee guida lungo la lettura del - seppur breve – lavoro 1 . Dal 1° gennaio 2004 il rito societario è una realtà concreta, destinata ad entrare nella vita professionale di ogni giurista2 . La riforma mirava (in teoria) a diminuire il carico di lavoro dei Tribunali e di ridurre i tempi del processo, sperimentando nuove strade; il Legislatore in questa ottica, affidava alla classe forense un ruolo importante ed ulteriori responsabilità 3 . Il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, intitolato “Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia” ha dato attuazione alla delega di cui all’art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366, introducendo una normativa autosufficiente e suscettibile di integrazione da parte del codice di rito in via del tutto residuale4 . Come spesso accade, l’iter legislativo della riforma del processo societario è stato alquanto tormentato. Il testo originario della proposta di legge si era posto, infatti, al centro di un acceso dibattito. Non mancavano allora (e non certamente oggi) argomenti per dubitare sulla conformità della normativa introdotta con il d.lgs. n.5/2003 ai principi e ai criteri direttivi della Legge delega, risalenti ai lavori della Commissione Mirone e della Commissione Rovelli. È il caso di considerare che l’intero corpus normativo, del d.lgs n. 5 del 2003, è spinto da una finalità “decodificante”. Ciò, però, aveva suscitato alcune polemiche, giacché, la legge delega non aveva immaginato l’adozione di un “minicodice” di diritto processuale societario. E’ da osservare che, però, la legge delega non imponeva, ma nemmeno vietava, un’operazione normativa di tipo decodificante 5 , piuttosto essa espressamente consentiva, una scelta: l’individuazione, da parte del legislatore delegato, di Corte Costituzionale 13 Ottobre 2007 n 340. un sistema normativo capace di regolare l’intero contenzioso societario. Quella che poi fu la scelta del Governo di allora è ancora storia di oggi. In circa sei anni di applicazione sul “campo” il corpus normativo del d.lgs 5/03 ha subito (inevitabilmente) adeguamenti in vista di una applicazione più idonea ai principi vigenti del nostro sistema normativo processuale [ sino alla sua recentissima abrogazione] . . In particolare destava perplessità come “regola del gioco” la disposizione cui all’art. 13 comma 2 d.lgs 5/03. Veniva previsto che la non comparizione o la non tempestiva notifica della comparsa di risposta del convenuto acquistava, nel corso del procedimento, un significato di ficta confessio. La non comparizione d’entrambe le parti determinava, invece, la cancellazione della causa dal ruolo, senza bisogno di fissare una nuova udienza, come, invece, prevedono gli articoli 181 e 309 del codice di rito. La presente trattazione non ha alcuna pretesa di risolvere i numerosi e complessi problemi ermeneutici posti dalla normativa in oggetto, problemi che spetterà alla giurisprudenza di merito e di legittimità affrontare di volta in volta. Ci si limiterà, pertanto, a fornire una sintetica panoramica sulla Pronuncia in commento che pare ( perlomeno a chi scrive) di aver intaccato una delle peculiarità del procedimento societario, anche se non lo ha snaturato, ma che poneva vantaggi ingiustificati, sul piano processuale, all’attore6 . . Risulterà cosa ovvia l’affermazione che la ricerca della verità è tendenzialmente infinita. Ciò ovviamente è un principio che non può trovare accoglimento all’interno del processo, per evidenti conseguenze. Quello che però deve trovare accoglimento all’interno del sistema processuale è consentire al Giudice di individuare una verità “processuale”, che non sia Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza distorsiva della legge sostanziale, prevedendo delle forme di preclusioni7 che mettano le parti in posizione di parità ed il Giudice stesso in condizioni di poter individuare una verità che si ponga su fondamenti attendibili, o quanto meno che sia ricavata in maniera accettabile per una società che voglia dirsi civile. Appariva non conforme a quanto tutto fino ad ora dettato ed ancora di meno conforme alla dottrina – ben più autorevole di chi scrive - il disposto cui all’art. 13 comma 2 D.lgs 5/03. Nel testo rubricato: “Contumacia dell’attore e del convenuto: rilevabilità dell’inammissibilità di allegazioni, istanze istruttorie e produzioni documentali” veniva previsto (prima dell’intervento della Corte Cost. con la Sentenza in commento) che se il convenuto non si costituiva od ometteva di notificare tempestivamente la comparsa di risposta ( ex art. 4 d.lgs 5/03 ) i fatti posti dall’attore a fondamento della sua domanda si intendevano non contestati ed il Giudice accoglieva la domanda nei limiti della sua concludenza. Ciò avveniva anche nel caso il cui il convenuto non si fosse costituito e dunque il procedimento proseguiva in sua contumacia. Sicchè risulterà anche banale osservare che l’effetto della ficta confessio era da collegare, non tanto alla mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore nell’atto introduttivo, ma alla sola mancata notifica della comparsa di risposta nei termini di giorni 60 giorni, o alla non costituzione nei termini del convenuto. . Uno spunto comparatistico può essere d’aiuto. L’istituto della ficta confessio è mutuato dal sistema processuale tedesco dove la concludenza (gründlichkeit) delle affermazioni allegate dall’attore assume rilevanza in tanto in quanto il convenuto svolga o meno l’attività difensiva, colà non esiste infatti (poiché figura non contemplata) l’onere della costituzione in giudizio. Nel processo contumaciale tedesco (dovuto alla mancanza totale di difesa si rinviene la sanzione della ficta confessio per la mancata cooperazione nel processo) la parte rimasta contumace può proporre opposizione contro la sentenza (versäumnisurteil) ed ottenere un pieno riesame nel merito in primo grado della pretesa, senza bisogno di dimostrare l’involontarietà della contumacia8 . . L’idea di fondo che ispirava l’ Italia (cosi come la Germania) ad introdurre nell’ordinamento giuridico l’ istituto della ficta confessio era semplice: veniva punito il convenuto che mostrava disinteresse nel coltivare la causa nel merito. Si presumeva, in altri termi- Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 21 ni, fino a prova contraria (e solo in questo caso rimettendo in termini il convenuto che dimostrava l’involontarietà e la non imputabilità della decadenza in cui era incorso) che la parte avesse scelto di non difendersi poiché era la stessa a poter valutare la fondatezza della proprie ragioni. Sicchè tale disinteresse sarebbe stata la prova che il convenuto si fosse reso reo e pertanto meritevole di condanna9 . . Con la pronuncia in commento la Corte Costituzionale ha recepito le indicazioni di larga parte della dottrina10 , sconfessando tale istituto e disponendo che “la disposizione censurata detta una regola del processo contumaciale in contrasto con la tradizione del diritto processuale italiano, nel quale alla mancata o tardiva costituzione mai è stato attribuito il valore di confessione..implicita”. A destare maggiore perplessità ed a porre seri dubbi di legittimità era il fatto che, mentre il convenuto contumace, od anche ritualmente costituito, che non notificava nei termini la comparsa di risposta veniva assoggettato alla ficta confessio, nessuna disposizione analoga veniva invece prevista per l’attore quando lasciava spirare inutilmente il termine di giorni 10 per costituirsi o quando il convenuto proponeva domanda riconvenzionale, potendo l’attore notificare in questi casi direttamente l’istanza di fissazione udienza.11 Le conseguenze sul piano processuali pertanto erano le seguenti: il convenuto contumace o costituto ma che non aveva tempestivamente notificato la comparsa di risposta era soggetto alla ficta confessio (nel senso fino ad ora ad essa attribuito di finta confessione); l’eventuale non costituzione nei termini cui all’art. 3 D.lgs 5/03 dell’attore consentiva (consente tutt’oggi) al convenuto di optare per la richiesta di estinzione del processo o per la prosecuzione del processo al fine di ottenere una pronuncia nel merito (quindi il Legislatore mancava di considerare la non curanza dell’attore nel coltivare nel merito la causa il valore di una confessione). E’ plateale, in questi termini, la differenza sul piano processuale dell’attore e del convenuto, una “svista tecnica” che ha portato inevitabilmente ad un intervento adeguatore da parte della Corte Costituzionale sul punto. Le conseguenze nel complesso sono state senza dubbio quello di rendere “parità di armi” alle parti e di sottrarre all’attore del procedimento societario un vantaggio del tutto ingiustificato. Pagina 22 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 1 Questo lavoro è stato scritto nell’autunno del 2008 quando il dibattito sul rito societario era ancora acceso. Epifanie di modificazione della realtà giuridica impongono tuttavia di pubblicarlo ugualmente, senza ulteriori indugi. 2 Con buona pace di chi riteneva il rito societario ridondante, si segnala che il Senato ha definitivamente approvato il 26 maggio 2009 il Ddl 1441 bis – b- recante “Disposizioni per lo svilupo economico, la semplificazione, la competitività nponchè il materia di processo civili” collegato a L. Finanziaria 2009 con il quale viene abrogato il D.lgs 5 del 2003. Il Governo, inoltre, è stato delegato, con il medesimo provvedimento legislativi, ad emanare uno o più decreti legislativi volti a ridurre e semplificare i procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale. 3 Le linee generali delle nuove forme procedurali sono prevalentemente ispirate, alle maggiori facoltà delle parti in causa di dibattere tra loro (pre-trial), il procedimento dovrebbe procedere in modo concentrato verso la fase probatoria e decisoria, questa concentrazione si realizza mediante la riduzione dei tempi processuali, la semplificazione degli atti (la Relazione faceva notare un favor ,addirittura, per la standardizzazione di alcuni atti, immaginati come veri e propri moduli) e delle notifiche, facendo decorrere i termini riservati all’avversario, dal momento in cui effettivamente gli si comunica l’atto. A tal proposito la Relazione osserva che ciascuna parte è capace di determinare l’accelerazione degli adempimenti rimessa all’altra parte ed i tempi di maturazione della causa per la decisione. Relazione Governativa al Decreto Legislativo 5/2003, in Guida al Diritto, aprile 2003, dossier mensile n. 4, pp. 109 e ss 4 I contenuti della riforma del diritto societario, corrispondono all’idea secondo cui l’economia è sostenuta non soltanto con interventi di carattere materiale, ma anche attraverso la predisposizione di strumenti giuridici più flessibili ed agili e quindi si sono ritenuti opportuni ritocchi alle vigenti norme di procedura civile. FERRI “Relazione all’incontro di studio del CSM”– Roma - 27-30 gennaio 2003. Nonostante questo complesso di nuove norme, la procedura applicabile alle controversie resta affidata, per ciò che concerne le disposizioni generali o il sistema di impugnazione, in molta parte alle disposizioni del codice di procedura civile. 5 Di tale opinione ARIETA DE SANTIS, “Diritto processuale societario” Padova, 2004, pag. 2 6 La notificazione della comparsa di costituzione e risposta tardivamente effettuata (in quanto spiegata oltre il termine stabilito ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c, oppure, in presenza di più convenuti, entro il termine massimo di cui all’art. 3, comma 2, d. lgs. n. 5, cit.) infatti comportava per il convenuto, ai sensi del combinato disposto degli art. 10, comma 2, e 13, comma 2, d. lgs. n. 5, cit. (ove sia stata tempestivamente proposta dall’attore apposita istanza di fissazione dell’udienza), la preclusione al valido compimento delle attività difensive contemplate dall’art. 4, comma 1, d. lgs. n. 5/03 Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza 7 Anche mediante un sistema di pene giudiziali a condizione che valgano tanto per il convenuto quanto per l’attore. 8 PRÜTTING, “La preparazione della trattazione orale e le conseguenze delle deduzioni tardive nel processo civile tedesco” (trad. it. di E. MERLIN) in Rivista di diritto processuale, 1991, pag 414 ss. 9 Ovviamente il Giudice rimaneva vincolato rispetto al mero fatto allegato in citazione dall’attore ma non al diritto. Per regola generale: Iura novit Curia 10 Ad evidenziare le prime inefficienza del rito societario rispetto a quello tradizionale Cfr TRISORIO LIUZZI, Il nuovo rito societario: il procedimento di primo grado davanti al tribunale; COSTANTINO, Il nuovo processo commerciale: la cognizione ordinaria in primo grado, in Riv. dir. proc., 2003, 421; TARZIA, Interrogativi sul nuovo processo societario, ivi, 642; CARRATTA, Il nuovo processo societario a cura di CHIARLONI, Bologna 2004, sub art. 13, 370. 11 Cio veniva già rilevato in dottrina alla fine del 2003. Cfr PROTO PISANI, Foro It , 03, V, 11; BALENA, Prime impressioni sulla riforma dei procedimenti in materia societaria. La fase introduttiva del processo di cognizione. In www.judicium.it , Costantino in Riv. Dir. Proc. 03, 421. AULETTA SASSANI, L’illegittimità costituzionale per «contrasto con la tradizione»: in materia di una (buona) «regola del processo». MINICHIELLO La «contumacia» del convenuto e l’effetto di ficta confessio in Giur. merito, 2006, 371. Dott. Giampaolo Caruso Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 23 Responsabilità – amministrativa – danno erariale R E P U BB L I C A I T A L I A N A 283/2009 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA Composta dai seguenti magistrati: Maria Teresa Arganelli Presidente Rossella Scerbo Giudice Domenico Guzzi Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA n. 283/2009 nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 16630 del registro di Segreteria, nei confronti di M. R., nata a Cosenza il 22 ottobre 1952, rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. L. P. e domiciliata in Catanzaro, via T. C. n. 186/3, presso lo studio dell’avv. M. T. M. Uditi, nella pubblica udienza del 22 aprile 2009, il giudice relatore Domenico Guzzi, la dott.ssa Cristina Astraldi de Zorzi, Procuratore regionale e l’avv. L. P.. Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa. Ritenuto in FATTO Con atto di citazione depositato il 6 dicembre 2007, la Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha convenuto la sig.ra M. R. per sentirla condannare al risarcimento della danno di euro 11.103,11, oltre a rivalutazione monetaria interessi legali e spese di giudizio in favore del Comune di Cosenza. L’asserito danno trarrebbe origine da un procedimento amministrativo avviato su istanza del dipendente comunale V. G. per il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione ad alcune patologie ritenute dipendenti da causa di servizio. Dagli atti emerge che il sig. V. ha prodotto a tal fine domanda il 28 febbraio 2002 e sottoposto a visita collegiale presso la Commissione Medico Ospedaliera di Catanzaro, con verbale n. 1138 del 12 novembre 2002, veniva riconosciuto affetto da un complesso di patologie ascrivibili alla 5^ categoria tabella A ai fini dell’equo indennizzo. In esito a detto accertamento medico-legale, con determinazione n. 4 del 10 gennaio 2003 la convenuta M., nella sua qualità di dirigente del servizio personale, dava atto che la predetta Commissione medica aveva riconosciuto la dipendenza delle infermità riscontrate e con successiva determinazione n. 128 del 27 maggio 2003 liquidava l’equo indennizzo nella misura di euro 11.103,11. L’impiegato comunale veniva successivamente sottoposto a visita presso il Comitato di Verifica per le cause di servizio, che con verbale n. 340 del 3 novembre 2004 escludeva qualsiasi dipendenza causale tra le patologie accertate dalla C.M.O. e il servizio prestato. Conseguentemente, con nota del 16 novembre 2004 la M. comunicava all’interessato che a seguito di detto parere tecnico si sarebbe dovuto procedere al recupero di quanto in precedenza liquidato. La vertenza aveva un sbocco legale dinanzi al giudice del lavoro presso il Tribunale di Cosenza, che con sentenza n. 1780 del 2 luglio 2007 respingeva le istanze del V. Veniva così adottato il provvedimento n. 1177 del 21 agosto 2007 con il quale il dirigente pro-tempore del servizio personale del Comune di Cosenza avviava l’azione di recupero mediante trattenute mensili sullo stipendio in godimento del dipendente. Stando così le cose, la Procura regionale ha ritenuto di agire nei confronti della M., ritenendola responsabile di danno erariale per avere liquidato l’equo indennizzo sulla scorta del solo verbale della CMO e senza attendere il parere della Comitato di Verifica, mostrando così grave ed inescusabile negligenza nell’applicazione delle norme disciplinanti la materia del riconoscimento delle cause di servizio nei confronti di pubblici dipendenti, norme che appunto attribuiscono esclusivamente ai Comitati di Verifica la competenza ad accertare l’eventuale nesso di causalità tra la patologia e il servizio. La convenuta si è costituita con una memoria depositata l’1 aprile 2009 dall’avv. L. P., nella quale, dopo aver fatto presente il mero errore di interpretazione dell’art. 18 del D.P.R. n. 461/2001 in cui sarebbe incorsa con la determina di liquidazione dell’equo indennizzo, ha pure sostenuto l’inesistenza del requisito dell’attualità e della esigibilità del danno erariale in quanto, a seguito del provvedimento di ripetizione disposto dal dirigente del personale, risulta da tempo in corso la trattenuta di euro 107,74 mensili sullo stipendio in godimento del V., il che avrebbe consentito di recuperare una somma pari ad euro 2.160,58. Pagina 24 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Nel corso dell’odierno dibattimento, il Pubblico Ministero ha insistito per l’integrale accoglimento della domanda, sostenendo che nel caso di specie ricorrono tutti gli elementi fondanti l’asserita responsabilità erariale dalla convenuta. Di contrario avviso si è invece mostrato il difensore, il quale, facendo riferimento alle argomentazioni svolte nella memoria di costituzione ed insistendo sull’inesistenza del danno erariale, ha chiesto che la propria assistita sia dichiarata esente da responsabilità amministrativa. Dichiarato chiuso il dibattimento, il Presidente ha disposto che la causa venga trattenuta per la decisione. Considerato in DIRITTO Da quanto esposto in narrativa, emerge che la causa petendi dell’odierno giudizio attiene ad una non corretta applicazione delle disposizioni di legge disciplinanti il procedimento per l’attribuzione ad un pubblico dipendente del cosiddetto equo indennizzo. Più precisamente, la vicenda attiene alla condotta della dott.ssa R. M., che in qualità di dirigente del servizio personale del Comune di Cosenza ha disposto la liquidazione di detto beneficio per l’importo di euro 11.103,11 in favore dell’impiegato comunale sig. V. G. Contesta la Procura regionale che la liquidazione dell’equo indennizzo venne decisa sulla scorta del solo parere formulato dalla Commissione Medica Ospedaliera di Catanzaro con il verbale n. 1138/02 del 12 novembre 2002, ma senza attendere che sul requisito della dipendenza tra le patologie e il servizio si esprimesse anche il Comitato di Verifica, il cui parere, risultato di segno contrario alle istanze del dipendente, venne poi assunto nell’adunanza collegiale n. 340/2004 del 3 novembre 2004. In relazione a tali fatti, considerato “il ruolo e la funzione rivestita” nonchè “il tenore delle determinazioni” adottate, ritiene il requirente che la M. abbia tenuto una “condotta macroscopicamente difforme dal paradigma normativo di riferimento”, tanto più ove si consideri che per “motivare il proprio operato”, nei suoi provvedimenti l’interessata ha asserito “la diversa natura dei pareri degli organi preposti nell’ambito del procedimento di riconoscimento della dipendenza delle cause di servizio…..al fine della concessione dell’equo indennizzo, onde invertire il valore dei pareri nonché di procedere, in assenza del parere vincolante (ritenuto tale dallo stesso dirigente) del Comitato….così eludendo i più elementari principi che presiedono al corretto esercizio dell’azione amministrativa e omettendo, tra l’altro, una volta pervenuto il parere del Comitato, di assumere una determinazione, nell’esercizio del potere di autotutela, volta all’annullamento della determina di liquidazione della somma a titolo di equo indennizzo” (cfr. pag. 12 dell’atto di citazione). Stando dunque al tenore della contestazione, più che la colpa grave (che pure si potrebbe desumere dalle parole che la stessa Procura usa sempre a pag. 12 della domanda, in cui ha definito la condotta della M. “connotata da Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza negligenza inescusabile determinante una sequela di comportamenti illeciti comportanti un grave danno all’erario comunale”), l’elemento soggettivo che sembra emergere dal libello introduttivo è quello del dolo o si osservi che per il requirente la convenuta ha agito con la intenzione di violare le norme e con la consapevolezza degli effetti che ne sarebbero derivati. Orbene, alla luce delle disposizioni disciplinanti la materia del riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio e dall’esame dei provvedimenti che la M. ha assunto nella vicenda de qua, la domanda di parte attrice risulta senz’altro fondata per i motivi di seguito esposti. Com’è noto, con il D.P.R. 20 ottobre 2001, n. 461 è stato approvato il “Regolamento recante la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie”. Tale nuova normativa, nel riordinare la materia, ha previsto che sulla riconducibilità causale delle patologie diagnosticate dalle Commissioni Mediche Ospedaliere (art. 6) al servizio prestato, sia tenuto a pronunciarsi un nuovo organismo denominato Comitato di Verifica per le cause di servizio (art. 11) con un parere finalizzato ad esprimere un “accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo” (art. 12). Tale disciplina è stata palesemente ed intenzionalmente violata dalla dott.ssa M. con una condotta senz’altro foriera di responsabilità amministrativa. Risulta in atti che una volta ricevuto il verbale n. 1138/ 02 della C.M.O. di Catanzaro, l’interessata ha adottato un primo provvedimento, precisamente la determinazione n. 4/2003 del 10 gennaio 2003 (cfr. fascicolo del Tribunale di Cosenza – Sezione Lavoro nella causa n. 2114/05 decisa con la sentenza n. 1780/07), di presa d’atto del parere medico-legale ove si afferma che la “cardiopatia ischemica post-infartuale” di cui è risultato affetto il V. è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio dalla Commissione medica ospedaliera. Tale affermazione è del tutto falsa, in quanto, attenendosi alle disposizioni del citato regolamento, la Commissione ha formulato il prescritto giudizio diagnostico, si è pronunciata sulla idoneità del dipendente al servizio e sull’ascrivibilità tabellare della patologia accertata, ma non ha certo formulato parere in ordine al requisito della dipendenza. Alla determinazione n. 4/2003, la M. ha poi fatto seguire il provvedimento di liquidazione dell’equo indennizzo con la determina n. 128/2003 del 27 maggio 2003 e anche nelle premesse di tale atto ha ribadito l’affermazione che la patologia riscontrata è stata giudicata dalla Commissione ospedaliera “sì dipendente da causa di servizio”, ciò pur dimostrando di ben conoscere le disposizioni recate dal D.P.R. n. 461/2001, visto che nel prosieguo della stessa determina riconosceva al Comita- Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza to di Verifica il compito di accertare la “riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesioni, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o la lesione”. Di tale parere endoprocedimentale occorre, però, osservare che al momento della determina in rassegna non poteva esservi comunque traccia nel fascicolo amministrativo riguardante il V., in quanto la richiesta del Comune era pervenuta al Comitato solo il 24 luglio 2003 (cfr. quanto riportato nella delibera n. 340/2004 dello stesso Comitato), ma ciononostante la M. si è determinata per la liquidazione dell’equo indennizzo con una motivazione che, considerate le premesse, risulta del tutto priva di qualsiasi fondamento giuridico. Sostiene, infatti, la convenuta nel provvedimento n. 128/ 2003, che pur in assenza del parere spettante al Comitato di Verifica sarebbe stato comunque possibile attribuire l’equo indennizzo sulla scorta del solo verbale della Commissione medica in quanto il Comitato avrebbe dovuto pronunciarsi entro un anno dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 461/2001 e quindi entro il 23 gennaio 2003. La disposizione a cui la convenuta ha fatto riferimento nelle motivazioni della propria determinazione e che a suo avviso avrebbe fissato detto termine sarebbe costituita dall’art. 18 ma così non è, dato che detto termine annuale riguarda esclusivamente le domande pendenti al momento della sua entrata in vigore e cioè alla data del 22 gennaio 2002, posto che la normativa in rassegna è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 5 del 7 gennaio 2002. Conseguentemente, la domanda del sig. V. G., proposta il 28 febbraio 2002, non poteva all’evidenza essere considerata tra quelle pendenti; semmai, trattandosi di domanda nuova, il parere avrebbe dovuto essere espresso nel termine di sessanta giorni decorrenti dal “ricevimento degli atti” (art. 11, comma 2), che però, come già notato, al Comitato sono pervenuti solo il 24 luglio 2003, ben dopo l’adozione della determina di liquidazione dell’equo indennizzo. In ogni caso resta il fatto che nelle motivazioni del suo provvedimento la M. abbia voluto fare riferimento ad una disposizione che non poteva all’evidenza fornirle alcuna valida ragione giuridica per superare l’assenza di un parere tecnico necessario al perfezionamento procedimentale dell’istanza di equo indennizzo, una disposizione, quella contenuta nell’art. 18, dall’inequivocabile tenore letterale e dalla conseguente agevole interpretazione soprattutto per un dirigente amministrativo, ossia per un soggetto dotato di elevata qualificazione professionale. Va pertanto disatteso l’argomento difensivo della convenuta secondo cui il tutto sarebbe da ricondurre ad un mero errore di interpretazione dell’art. 18 (tesi sostenuta nelle già controdeduzioni all’invito a dedurre e riproposta nell’atto di comparsa) e del termine previsto dall’art. 11 del D.P.R. n. 461/2001 (cfr. memoria di Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 - Pagina 25 costituzione in giudizio), giacchè alla luce delle notazioni sin qui fatte e della reiterata non veritiera affermazione (contenuta nelle determine n. 4/2003 e n. 128/ 2003) secondo cui la Commissione medica ospedaliera si era anche pronunciata sul punto della dipendenza, è ragionevole affermare e ribadire che non tanto di un’erronea interpretazione si sia trattato ma piuttosto di una ben più grave, distorta applicazione delle norme di settore, il che non può trovare altra spiegazione se non nella volontà della M. di adottare il provvedimento di liquidazione pur nella consapevolezza che si trattasse di un atto contra legem. Una volta acquisito il parere negativo del Comitato di Verifica (deliberazione n. 340/2004 del 3 novembre 2004), la convenuta ne ha comunicato l’esito al V. con la nota n. 6056 del 16 novembre 2004, nella quale ha pure fatto presente che detto parere avrebbe annullato “automaticamente il diritto alla liquidazione dell’equo indennizzo, per cui si dovrà necessariamente procedere al recupero della somma liquidata”, ma a tale posizione, che a quel punto non poteva non essere assunta visto il giudizio del Comitato, considerata la gravità della condotta che l’ha preceduta, il Collegio non ritiene di poter attribuire la valenza di un ravvedimento operoso tale da escludere o quantomeno limitare la responsabilità della M.. La convenuta ha inoltre contestato l’esistenza dei requisiti di certezza, attualità ed effettività del danno in quanto, a seguito della sentenza n. 1780/07 del Tribunale di Cosenza – Sezione Lavoro che ha visto soccombente il Vanni nella vertenza intentata contro il Comune, l’amministrazione ha disposto la trattenuta mensile di euro 107,74 sullo stipendio in godimento dell’interessato. La circostanza, ancorchè provata dall’attestazione del dirigente del Settore personale allegata alla memoria di costituzione della M., dalla quale emerge che alla data del 9 marzo 2009 è stata riscossa la somma di euro 2.160,58, non può tuttavia escludere il danno erariale. Al riguardo è infatti agevole osservare che nei casi in cui risulti avviata un’azione di ripetizione nelle more del giudizio contabile, o all’atto del giudizio risulta che l’iniziativa ha consentito di recuperare l’integrale credito erariale, sì da creare le condizioni affinchè sia dichiarata l’intervenuta cessazione della materia del contendere; oppure, quando il credito erariale non risulta integralmente soddisfatto, continuano senz’altro a sussistere i requisiti di attualità ed effettività del danno quantomeno per la parte non recuperata. A tal proposito valga la considerazione che l’integrità erariale della pubblica amministrazione, la cui tutela è rimessa all’esercizio di un’azione pubblica con i caratteri della officiosità in quanto propria di un organo, la Procura regionale, che agisce nell’interesse della legge, rappresenta un bene della vita che l’ordinamento costituzionale fa rientrare nella sfera di competenza di un organo giurisdizionale proprio per conseguire quella tutela finale che l’amministrazione non potrebbe assicurare, giacchè tutti i suoi atti e quindi Pagina 26 - Nr. 4 - Cosenza, 30 Settembre 2009 Notiziario Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza - anche quelli diretti al recupero di un credito, non vantano le connotazioni che l’ordinamento ha inteso riservare solo ai provvedimenti giudiziali e cioè la definitività e l’ esecutività delle decisioni assunte. In concreto, il provvedimento amministrativo rimane nella disponibilità dell’amministrazione, la quale può sempre annullarlo d’ufficio con efficacia ex tunc per via di una diversa valutazione attinente alla sua legittimità, ovvero revocarlo, ancorchè con efficacia ex nunc, per il sopravvenire di situazioni di fatto che inducono ad una nuova configurazione dell’interesse pubblico originario, tanto più quando, come nel caso di specie, la determina dirigenziale n. 1177 del 21 agosto 2007 adottata per il recupero del credito non ha assunto le connotazioni dell’ingiunzione disciplinata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639, sebbene anche con riferimento a tale tipologia di provvedimento, la giurisprudenza costante afferma trattarsi di un atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, ma è tuttavia insuscettibile di acquisire efficacia di cosa giudicata pur in caso di omessa opposizione nei termini (cfr. Corte Suprema di Cassazione n. 2279 del 24 febbraio 1993 e n. 12263 del 25 maggio 2007). Né si può diversamente ritenere alla luce della sentenza n. 1780/07 emessa dal Tribunale di Cosenza, in quanto trattasi di un pronunciamento che, nel negare il diritto del V. all’equo indennizzo, ha avuto un’efficacia dichiarativa e non anche costitutiva del credito comunale a soddisfacimento del quale l’ente ha poi adottato il provvedimento di recupero sullo stipendio dell’interessato. Ovviamente, la contestualità tra la condanna al risarcimento erariale e l’azione amministrativa di ripetizione è da ammettersi nella misura in cui si possa correlativamente escludere il rischio di locupletazione a vantaggio dell’amministrazione, ma a tal proposito il sistema assicura ogni possibile rimedio per risolvere le controversie che dovessero eventualmente insorgere, attribuendo, infatti, ad un apposito organo giurisdizionale, il giudice dell’esecuzione, esclusiva competenza al riguardo. In conclusione, tenendo conto di quanto recuperato alla data del giudizio, la convenuta va riconosciuta responsabile di un danno erariale per la differenza e quindi per il definitivo importo di euro 8.942,53 (11.103,11 – La connotazione punitiva della responsabilità erariale Il contributo muove dalla tesi di recente affrontata in una sentenza di merito della Corte dei Conti e si propone di fornire alcuni spunti di riflessione sulla qualificazione del danno punitivo come danno erariale Avv. Mario Tocci La responsabilità erariale ha una connotazione punitiva. È la singolare tesi affermata dalla sezione giurisdizionale calabrese della Corte dei Conti con la sentenza 283 dell’11 giugno 2009. Secondo i giudici contabili di Catanzaro, in particolare, il danno erariale si verifica a cagione della mera posizione in essere di una condotta, sia pure oggettivamente, pregiudizievole per la Pubblica Amministrazione nonostante e benché il soggetto agente abbia fattivamente iniziato ad operare onde neutralizzare la lesione. Se ne evince, quindi, che la responsabilità erariale compendia, accanto a quella ricuperatoria, la funzione punitiva. Ne consegue pacificamente la qualificabilità del danno erariale come danno punitivo, il cui risarcimento non tende esclusivamente (nel caso di specie, affatto) alla reintegrazione del patrimonio leso ma mira altresì a scongiurare il ripetersi di determinati comportamenti. Il danno erariale nella sua connotazione punitiva permetterebbe di ridurre sensibilmente i rischi di condotte non informate ai criteri ispiratori dell’azione amministrativa pubblica di cui all’articolo 97 della Carta Costituzionale. La vicenda da cui è scaturita la pronuncia in commento riguardava l’avvenuta emissione, da parte del pubblico funzionario poi condannato, di un provvedimento di liquidazione di equo indennizzo sulla base delle risultanze del verbale della commissione medica ospedaliera di prima istanza e senza attendere gli esiti, peraltro di segno contrario, del procedimento di grado successivo innanzi alla commissione di verifica, come richiesto dalla normativa di riferimento dettata dalle disposizioni del D.P.R. 461/2001. Innegabile la colpa grave del funzionario, la cui successiva attuazione di iniziative finalizzate al recupero forzoso dell’esborso determinato non è stata considerata produttiva di alcun effetto.