APPENDICE:
TRASFERIBILITÀ DEI RISULTATI AI POLICY MAKERS REGIONALI
Il progetto permette di rispondere ad una serie di importanti quesiti utili alla definizione delle
politiche regionali ambientali:
 Quali sono le condizioni reali dei livelli di ozono in Lombardia in riferimento alle
normative vigenti?
Tutto il territorio regionale eccede in modo preoccupante i livelli critici di esposizione
all’ozono per la protezione della vegetazione, fissati dalla normativa in termini di indice
AOT40. Se consideriamo infatti la direttiva europea 2002/03 che fissa tale livello critico
di esposizione a 10.000 ppb.h nell’arco temporale dei sei mesi (aprile-settembre),
osserviamo in Lombardia eccedenze su quasi tutto il territorio, con valori di AOT40 che
vanno da 10.000 ppb.h. fino ad oltre 30.000 ppb.h nelle prealpi occidentali e nella pianura
occidentale (province di Milano e Pavia). In ciascuno dei due anni di ricerca condotti a
Curno, il valore misurato di AOT40 stagionale si è attestato sempre poco al di sotto dei
30.000 ppb.h.
Le mappe di AOT40 su scala regionale, prodotte nell’ambito del PRQA, evidenziano una
situazione critica già a partire dal 1994 e non segnalano significativi miglioramenti negli
anni successivi. Appare perciò difficile ipotizzare entro il 2010 il rispetto dell’obiettivo a
medio termine fissato a 9.000 ppb.h (come media quinquennale per la vegetazione
forestale), previsto dalla suddetta direttiva.
 Quali sono le cause primarie di tali livelli?
Le cause primarie responsabili di tali preoccupanti livelli possono essere ricondotte
principalmente a due problematiche:
1. Innanzitutto si registra la presenza in troposfera di un livello eccessivo di precursori
primari dell’ozono (che, come noto, è un inquinante secondario), ovvero di Composti
Organici Volatili (COV) e ossidi di azoto (NOx) dovuti essenzialmente a forti
emissioni antropogeniche (traffico veicolare, combustioni civili e industriali)
2. In secondo luogo, le condizioni climatiche estive e la particolare conformazione del
bacino aerologico della Pianura Padana favoriscono la sintesi abbondante di inquinanti
fotochimici secondari come l’ozono e ne limitano la dispersione geografica.
Spesso inoltre anche le zone più rurali e remote si trovano a sperimentare concentrazioni
di ozono molto elevate per la mancanza di emissioni gassose in grado di distruggere
l’ozono formatosi in loco o trasportato dalle aree urbane sottovento.
 E’ possibile tracciare una tendenza o un andamento dei livelli di ozono in Lombardia
sulla base dei dati già a disposizione?
Negli ultimi 10 anni si è assistito sul territorio regionale ad una generale diminuzione
degli episodi acuti di ozono, accompagnata però da un innalzamento consistente dei
livelli di fondo dello stesso.
Se da un alto questo può essere considerato un elemento positivo per la popolazione
umana, che manifesta una maggior sensibilità per gli episodi acuti, dall’altro costituisce
un ulteriore fattore di rischio per la vegetazione che risulta più sensibile alle esposizioni
croniche, in grado di causare effetti più nocivi ed erosivi sulla stabilità degli ecosistemi
forestali e seminaturali e sulla loro biodiversità.
 È possibile valutare le eccedenze dei parametri inerenti l’inquinamento da ozono e
previsti dalla normativa, attraverso l’analisi delle statistiche storiche e tendenziali,
almeno sulle più significative aree territoriali della Regione?
(Tale risposta era di competenza A.R.P.A., in quanto responsabile dell’attività di ricerca
inerente alla produzione di mappe regionali di AOT40 ed analisi delle serie storiche.)
Per quanto riguarda i dati di concentrazione di ozono raccolti a Curno durante l’attività di
ricerca, si possono evidenziare le eccedenze registrate dei valori soglia stabiliti per la
protezione della popolazione umana. Nel periodo 1° Aprile-30 Settembre del 2005 si
sono osservati 31 superamenti orari della soglia di allarme (240 g/m3) per un totale di 7
giorni e ben 308 superamenti orari della soglia di attenzione (180 g/m3) per un totale di
32 giorni. Per lo stesso periodo nel 2004 si sono osservati 16 superamenti orari della
soglia di allarme (240 g/m3) per un totale di 8 giorni e 122 superamenti orari della
soglia di attenzione (180 g/m3) per un totale di 26 giorni.
Va tuttavia osservato che, nonostante una certa differenza nel numero di superamenti
delle soglie di protezione per la popolazione umana, le esposizioni cumulate per la
vegetazione, espresse come AOT40, si sono rivelate pressoché identiche: 28.481 ppb.h
nel 2004 e 27.407 ppb.h nel 2005.
 Le condizioni reali dell’ozono in Lombardia hanno un impatto reale sulla vegetazione
coltivata e naturale?
La presenza di elevate concentrazioni di ozono su gran parte del territorio regionale ha un
forte ed intenso impatto sulla vegetazione coltivata e naturale. L’ozono è riconosciuto
come il principale responsabile della formazione di macchie clorotiche e di lesioni
necrotiche sulle foglie (sintomi fogliari visibili), nonché di un calo generale di produttività
e resa agronomica rilevabile attraverso accrescimenti ridotti o diminuzioni nella
produzione di biomassa, per effetto di alterazioni a carico dei processi fisiologici,
biochimici e metabolici (sintomi cosiddetti “invisibili”).
Nel corso del progetto di ricerca condotto a Curno, sono state osservate lesioni fogliari
caratteristiche su faggio, pioppo e frassino, in entrambi gli anni di attività. Inoltre nel
corso di sperimentazioni parallele condotte nello stesso sito sono stati osservati danni
fogliari anche a carico di fagiolo e pomodoro.
Per quanto riguarda la riduzione di produttività sono stati osservati cali di accrescimento
radiale del 26% e del 41% rispettivamente in faggio e quercia, nonostante quest’ultima
specie non abbia mai manifestato lesioni fogliari visibili. L’assenza di sintomi fogliari
visibili quindi non sembra indicare necessariamente resistenza allo stress indotto
dall’ozono.
Riduzioni simili sono state registrate anche per le colture erbacee: per esempio nel 2006
l’erba medica ha mostrato cali di resa in foraggio fino al 25%.
 Come possiamo quantificare in termini economici tale eventuale impatto?
Una valutazione economica degli impatti dell’ozono sulla vegetazione può riguardare in
primo luogo le ripercussioni degli effetti negativi sul valore di mercato delle colture
orticole, che possono talvolta manifestare sintomi visibili estesi sulle foglie. In secondo
luogo, non sono da escludere variazioni delle qualità nutrizionali e organolettiche della
vegetazione agricola esposta ad ozono, un’area scientifica ancora da indagare a fondo.
Tali variazioni qualitative appaiono importanti dal punto di vista economico soprattutto se
si considerano le colture foraggiere largamente impiegate in attività di allevamento del
bestiame (ad es. l’erba medica).
Per quanto riguarda la vegetazione forestale, il fatto che una generale diminuzione
dell’accrescimento in biomassa e della produttività delle piante forestali costituisca una
riduzione netta del cosiddetto carbon-sink a livello regionale, assume notevole importanza
soprattutto in riferimento alla recente ratifica del protocollo di Kyoto da parte dell’Italia e
alle implicazioni economiche relative all’emissions trading (il mercato dei crediti di
emissione).
Uno studio relativo alle implicazioni economiche derivanti dall’effetto dannoso dello
stress da ozono sulla vegetazione è tuttora in fase di realizzazione, grazie anche
all’utilizzo dei dati raccolti presso il sito sperimentale di Curno. I risultati di tale studio
verranno consegnati alla D.G. Qualità dell’Ambiente entro il mese di luglio 2007, così
come concordato in sede di Comitato di Coordinamento del progetto.
 Ci sono sul territorio regionale aree critiche, ecosistemi e specie vegetali
particolarmente vulnerabili all’inquinamento da ozono in base agli indicatori di
esposizione attualmente disponibili?
Delle 4 specie forestali studiate nel corso della ricerca 3 hanno manifestato sintomi
fogliari visibili all’inquinamento da ozono con diverso grado di sensibilità ( in relazione
all’incidenza e all’estensione fogliare del danno). La quercia non ha avuto comparsa di
danno visibile, ma ha mostrato alterazioni a carico di processi metabolici e fisiologici (ad
es. fotosintesi) con ripercussioni sull’accrescimento stagionale.
Il pioppo è risultata la specie più sensibile con comparsa di danni fogliari già a livelli di
10.000 ppb.h.
 A quale valore di esposizione all’ozono (AOT40) e dose compaiono danni morfologici
(visibili) e fisiologici (invisibili) sulla vegetazione?
ANNO
2004
2005
Trattamento
H2O
Data di comparsa dei sintomi
irrigato
20/08/2004
24/07/2005
non-irrigato
12/09/2004
23
20/08/2005
27
giorni
irrigato
23.340
18.793
ppb h
non-irrigato
27.552
18%
24.446
30%
ppb h
irrigato
33,63
32,60
mmol O3 m
non-irrigato
35,56
5,7%
33,61
3,1%
mmol O3 m
Differenza fra irrigato e non-irrigato
AOT40 alla comparsa dei sintomi fogliari
Differenza fra irrigato e non-irrigato
Dose di O3 alla comparsa dei sintomi fogliari
Differenza fra irrigato e non-irrigato
Unità di misura
%
-2
-2
%
La tabella riporta i risultati relativi al faggio, pianta scelta in ambito UN-ECE come specie
modello per la valutazione del rischio sugli ecosistemi forestali.
Il confronto fra i valori di ozono alla data di comparsa dei primi sintomi nelle condizioni
di massima conducività all’ozono (piante irrigate) e nei due anni permette di stimare un
livello critico di flusso compreso tra 33,63 e 32,60 mmolO3 m-2. Un analogo livello
critico per l’AOT40 è difficilmente individuabile, poiché il valore oscilla tra 18.793
(2005) e 23.340 ppb.h (2004).
Rispetto all’AOT40, il flusso stomatico permette quindi di ridurre sensibilmente
l’incertezza nell’individuazione di una soglia critica per la comparsa dei sintomi fogliari e
si conferma in grado di tener conto efficacemente di tutti quei fattori ambientali, biologici
e fisiologici che mediano la risposta della pianta allo stress indotto dall’ozono.
Nonostante ciò permane nel nostro caso una seppur lieve incertezza residua sia tra i due
diversi anni di ricerca che tra i diversi trattamenti di irrigazione del suolo. In entrambi gli
anni di ricerca le piante non-irrigate presentano soglie critiche più elevate. Ciò può trovare
spiegazione nel fatto che generalmente le piante poste in condizioni di stress ossidativo
per cause naturali (nel nostro caso stress idrico) presentino livelli metabolici più elevati
rispetto a quelle poste in condizioni di assenza di stress e siano quindi più efficienti dal
punto di vista della detossificazione nei confronti dell’ozono.
I risultati relativi alle altre specie oggetto della ricerca (frassino, pioppo, quercia) sono
illustrati dettagliatamente nella relazione finale del progetto. In linea generale, per le
specie che hanno manifestato i sintomi fogliari visibili (frassino e pioppo) valgono le
stesse conclusioni tratte nel caso del faggio.
 È possibile individuare e stabilire relazioni empiriche facilmente applicabili in
condizioni di campo, fra esposizione all’ozono e parametri di risposta della
vegetazione?
Come già illustrato nella precedente risposta, è possibile stabilire un livello critico per la
dose che causa la comparsa di sintomi fogliari visibili in alcune specie come faggio e
pioppo. Un analogo livello critico come AOT40 è meno univocamente individuabile a
causa della grande variabilità di valori riscontrati.
Per una delle specie studiate (pioppo) è stato possibile individuare relazioni quantitative
tra l’andamento stagionale del flusso cumulato di inquinante (dose) e la progressione delle
lesioni fogliari visibili rilevate. Tali relazioni presentano un alto coefficiente di
correlazione soprattutto nel caso delle piante irrigate, lasciando ipotizzare un possibile
utilizzo di tale clone di pioppo come biondicatore affidabile relativo alle dosi di ozono e
non soltanto all’esposizione.
 I fattori meteo-climatici sono in grado di influenzare la risposta della vegetazione
all’inquinamento da ozono?
Diversi fattori meteo-climatici possono influenzare l’entità e l’efficacia della risposta della
vegetazione allo stress indotto dall’ozono. Spesso questi fattori possono agire direttamente
come fattori di stress (ad es. alte temperature) dando luogo ad effetti additivi o sinergici
che rendono le piante più o meno suscettibili alla presenza dell’inquinante atmosferico.
Inoltre alcuni di essi possono agire indirettamente favorendo o inibendo l’apertura
stomatica e quindi gli scambi gassosi con l’atmosfera. Il fattore più importante da questo
punto di vista è senza dubbio la disponibilità idrica nel suolo, in grado di influenzare
molto intensamente la conduttanza stomatica e dunque la velocità di accumulo della dose
di ozono nella pianta. Questa azione si ripercuote sulla comparsa dei sintomi fogliari
visibili da ozono che ritardano la loro comparsa nelle piante soggette a stress idrico.
E’ stata inoltre osservata una dipendenza della conduttanza stomatica da altri fattori
meteorologici che agiscono entro certi intervalli di valore. Il modello di conduttanza
stomatica ricavato dalle misure in campo rispecchia infatti una dipendenza oltre che dalla
disponibilità idrica anche dalla temperatura, dalla radiazione luminosa e dall’umidità
dell’atmosfera (espressa come deficit di pressione di vapore).
 L’indicatore di esposizione (AOT40) adottato dalla recente normativa europea e
nazionale è davvero efficace e utile per la valutazione del danno potenziale da ozono?
Le osservazioni di monitoraggio dello stato della vegetazione (quali ad esempio gli
inventari forestali) condotte dagli organismi preposti hanno evidenziato che il danno
realmente osservato sulla vegetazione, rispetto a quello potenziale stimato sulla base
dell’indicatore AOT40, è superiore nei paesi dell’Europa settentrionale, ed inferiore nei
paesi dell’area mediterranea. In altre parole l’indicatore di esposizione dell’attuale
normativa tende a sottostimare il rischio nel Nord Europa a sovrastimarlo nei paesi
dell’Europa meridionale come l’Italia. La divergenza tra danno stimato e danno osservato
tende poi a essere fortemente influenzata da tutte quelle condizioni ambientali che
influenzano la fisiologia della pianta.
Le regioni subalpine sono perciò sfavorite dall’utilizzo di tale indice che tende ad
assumere valori molto elevati (notevolmente eccedenti i livelli critici stabili dall’UE)
anche prima che il danno sulla vegetazione diventi evidente. Va però ricordato che alcuni
importanti effetti dannosi, come la riduzione di crescita e produttività, si manifestano in
modo silente anche a basse esposizioni ed in assenza di sintomi fogliari visibili.
 Esistono altri indicatori correlabili con l’andamento osservato del danno e più efficaci
per la valutazione del danno potenziale?
Come già illustrato in precedenza il flusso stomatico (cioè il calcolo della dose assorbita)
è un indicatore molto efficace in grado di ridurre le incertezze evidenziate nell’AOT40.
Va tuttavia ricordata e sottolineata la complessità di calcolo di tale indicatore che lascia
aperti ancora molti dubbi circa la facilità di impiego su scala regionale e la sua possibile
adozione a livello normativo. A livello metodologico e pratico infatti tale approccio di
valutazione richiede agli operatori competenze sia di chimica dell’atmosfera che di
fisiologia vegetale rendendo perciò le procedure tecnico-applicative meno accessibili e più
esposte all’errore umano.
 Esistono indicatori precoci di risposta per la valutazione degli effetti sulla
vegetazione?
La comparsa di un sintomo fogliare visibile è solo la manifestazione più estrema dei danni
causati dall’ozono. Prima di arrivare al danno fogliare l’ozono causa una serie di squilibri
metabolici e fisiologici complessivamente indicati come sintomi non visibili.
Tra gli effetti non visibili più importanti ci sono gli squilibri a carico del processo
fotosintetico che si traducono a livello immediato in una perdita della produttività
primaria dell’intera pianta (calo di biomassa). Tali effetti, se valutati su scala temporale
più lunga, si traducono spesso in una variazione della stabilità degli ecosistemi forestali,
con la scomparsa delle specie più sensibili ed una rilevante perdita di biodiversità.
L’analisi e la quantificazione di tali effetti invisibili con misure strumentali di fotosintesi
netta (gas-exhange) e di efficienza dei fotosistemi (fluorescenza della clorofilla a),
costituiscono spesso un utile mezzo di diagnosi precoce di stress.
Nelle tre specie considerate per queste analisi (faggio, quercia e pioppo) sono state
osservate, in conseguenza alla loro esposizione nei confronti dell'ozono, variazioni nella
funzionalità fotosintetica indipendentemente dalla comparsa o meno di sintomi visibili. Le
risposte fisiologiche, sia in termini di fotosintesi netta che di funzionalità dei fotosistemi,
sono molto forti in pioppo (la specie più sensibile), ed appaiono più ampie nella quercia
(non sintomatica) che in faggio (sintomatica). D'altra parte la quercia, pur non mostrando
sintomi specifici, va incontro ad un ingiallimento aspecifico precoce delle foglie (perdita
di clorofilla) verso la tarda estate. I risultati ottenuti suggeriscono che la sensibilità verso i
sintomi fogliari sia relazionata alla struttura della foglia stessa (con particolare riferimento
alla densità fogliare), mentre le risposte fisiologiche siano correlate all'intensità dei flussi
di ozono e perciò alla dose di inquinante assorbito.
I nostri dati, a causa della scansione temporale mensile e della loro intrinseca variabilità,
non consentono di individuare condizioni precoci di stress, ovvero marker previsuali. Le
condizioni di stress evidenziate sono sempre risultate più pronunciate nelle foglie
sintomatiche rispetto a quelle non sintomatiche. Tale differenza però si è manifestata
generalmente sempre dopo la comparsa del sintomo fogliare visibile.
Si ritiene perciò che la risposta fotosintetica non sia necessariamente legata all'insorgere
ed al diffondersi dei sintomi fogliari, ma segua percorsi specie-specifici previsuali,
indipendenti rispetto ai sintomi visibili stessi, ma che sono determinati dalla strategia
difensiva complessiva della pianta nei confronti dello stress da ozono.
 È possibile utilizzare sistemi economici di biomonitoraggio per la stima preliminare
del rischio per la vegetazione?
L’impiego di bioindicatori per monitorare i livelli di ozono troposferico sta suscitando un
crescente interesse poiché permette di costituire una rete di monitoraggio in grado di
coprire ampie zone di territorio senza che siano richieste particolari esigenze tecnologiche
e logistiche (strumentazioni ed elettricità).
La particolare sensibilità del clone di pioppo utilizzato nella ricerca e la buona
correlazione individuata fra le evoluzioni stagionali del sintomo fogliare visibile e della
dose di ozono assorbita, suggeriscono un possibile impiego di tale clone in programmi di
biomonitoraggio mirati ad individuare aree critiche per la stima del rischio sulle aree
forestali. Inoltre alcuni esperimenti in Open-Top Chambers condotti con piante selvatiche
di pomodoro (Lycopersicon pimpinellifolium) hanno evidenziato la buona affidabilità di
questa specie come possibile bioindicatore; esso infatti non richiede particolari tecniche
colturali, è molto resistente ai climi secchi e alla salinità e manifesta forte sensibilità
all’ozono già nei primi stadi di sviluppo.
 È possibile alla luce dei risultati conseguiti con tale progetto individuare degli
indicatori relativi al danno economico, ecologico ed estetico che permettano di
quantificare tale tipo di danno?
L’individuazione di indicatori affidabili relativi al danno economico, ecologico ed estetico
sugli ecosistemi appare tuttora molto difficile e laboriosa. Le variabili che giocano un
ruolo importante nella risposta degli ecosistemi allo stress indotto dall’ozono sono
molteplici e dagli effetti spesso contrastanti, sia dal punto di vista qualitativo che
quantitativo. Inoltre, in condizioni naturali, le pressioni esercitate anche dagli altri
possibili fattori di stress (primo fra tutti lo stress idrico) aumentano l’incertezza nella
valutazione del rischio, poiché sono spesso in grado di mascherare o mimare gli effetti
specifici dovuti al solo ozono.
Tuttavia, come già accennato in precedenza, studi relativi a possibili indicatori economici
del danno sono tuttora in corso sui dati ottenuti dal progetto di ricerca concluso.