Dietro ai mixer di Hollywood Matthew Iadarola è uno degli uomini al banco di missaggio più attivi e noti della East Coast. Usa, ovviamente, solo Mac nel suo lavoro. M agari Il suo nome non dirà molto se non agli addetti ai lavori. Però avete quasi certamente ascoltato la musica mixata dal personaggio che abbiamo intervistato, perché Matthew Iadarola è il nome dietro le colonne sonore di decine di film di successo. Per citarne qualcuno tra i più famosi: Il Corvo, Donny Brasco, Essere John Malkovich e, più recentemente, L’uomo che guarda le capre. Da quanto usi il Mac nelle tue produzioni? Anche se il mio primo Mac è stato un Mac Plus, ho iniziato a usare il Mac in produzione nel 1995. Mi occupo di mixing, editing e registrazione per film e show televisivi. Nel 1995 l’industria del cinema è passata dall’audio analogico a quello digitale e il Mac era la piattaforma scelta per Pro Tools, che era ed è l’applicazione principale per l’audio digitale. la prima produzione è stata il film First Knight, con Richard Gere e Sean Connery. Pensi che il Mac ti abbia aiutato a esprimerti meglio, più facilmente? Sì, di sicuro il Mac mi ha aiutato immensamente nella mia carriera. Il Mac è la piattaforma principale per le applicazioni audio professionali in campo cinematografico e televisivo, quindi c’è una grande comunità di utenti Mac. Dato che usiamo la stessa piattaforma, in un certo senso parliamo la stessa lingua, il che rende la comunicazione e lo scambio di idee migliori e più semplici. Ciò è vero anche per lo scambio dei dati. In che parte del tuo lavoro il Mac ti aiuta di più? Facciamo un esempio pratico con un progetto che ho terminato di recente: un documentario sulla band dei The White Stripes, che si chiama “The White Stripes, Under Great White Northern Lights”. Sono un utente MobileMe, quindi tutte le comunicazioni via e-mail sono state fatte usando l’account di posta Mac. Ho usato iCal per pianificare il progetto e Numbers per stimare i costi e presentare preventivi al cliente, preventivi che ho inviato in formato PDF usando la funzione di stampa PDF integrata nel Mac. Ho usato Rubrica Indirizzi per tenermi in contatto con i clienti, mentre i file digitali mi sono stati inviati usando la cartella pubblica MobileMe del sound editor. Ho mixato questi file nel mio studio personale usando Pro Tools sul mio Mac Pro quad-core con 10 GB di RAM e 2 Terabyte di storage. Quando ho terminato il mix, ho creato un DVD per i clienti con DVD Studio Pro. Non potrei fare a meno del Mac, anche se ammetto di averci provato. Anni fa ho comprato una macchina Windows XP per provarla e vedere come andasse. Sono andato a sbattere contro una specie di muro quando ho cercato di configurare una rete domestica, semplicemente per condividere una stampante. Era molto più complicato che con un Mac e ho rinunciato. Di recente ho anche seguito un corso per programmare l’iPhone. Sono un programmatore “novizio” e sono rimasto colpito dalle risorse e dagli strumenti che Apple fornisce gratuitamente per sviluppare applicazioni. Xcode è sorprendente e la documentazione presente sul sito per gli sviluppatori è davvero ben scritta e molto, molto dettagliata. Grazie Apple! Intervista raccolta da Otto De Togni Ospiti dagli USA Dalla East Coast californiana abbiamo ricevuto il contributo di altri due “grandi nomi” del music-making: Mark Cross (l’uomo dietro al mixer di Cars, che gli è valso un premio Grammy, e di ER) e Darryl Swann (compositore e produttore per Macy Gray). A entrambi abbiamo chiesto se il Mac li abbia aiutati a esprimersi meglio. “Sì - ha risposto Swann - e molto. L’interfaccia è intuitiva e il sistema operativo è solido. Anche se ‘dentro’ sono un tecnico, sono sempre stato più creativo che tecnico, ho una curva di apprendimento più lunga dei miei colleghi davvero tecnici, quindi qualsiasi macchina che richieda meno ‘testa’ è molto preziosa per me (...) Oggi faccio tutto con il Mac, non rie- mischia tutte e due le cose insieme. Oggi intanto si va molto più velocemente ed è più facile fare certe cose, come realizzare una produzione discografica. A me d’altro canto piace molto il suono analogico del passato, quando era più curato ma ci voleva anche più tempo per realizzarlo. In ogni caso non posso affermare che cosa sia meglio tra passato e presente anche se ho chiaramente nostalgia dei vinili, delle loro sonorità, dell’oggetto in se stesso perché sono appassionato. Però apprezzo anche la possibilità odierna di poter andare su dei siti Internet straordinari, dall’altra parte del mondo, e rice- sco a vedermi di fronte a qualcos’altro”. Mark Cross, utente più di vecchia data (dal 1986), ci ha spiegato che il suo background “È quello di un chitarrista di band. Usare il Mac mi ha aiutato ad arrivare alla tastiera a 88 tasti e a quella del computer... Questa combinazione mi ha permesso di correggere le mie performance e allo stesso tempo esprimere la musica che avevo in testa. Ora posso ascoltare una cosa, portarla nel computer e manipolarla elettronicamente per raggiungere il mio obiettivo, cosa che non mi era possibile prima... Ora non potrei proprio fare a meno del Mac (...) è uno strumento con cui mi è facile comunicare. Sono fortunato ad avere questa possibilità!” (odt). vere musica prima introvabile, in pochissimo tempo. E’ una immediatezza che facilita anche la mia vita da disc jockey, ad esempio per scovare informazioni. E per quanto riguarda il modo in cui si ascolta invece musica? Anch’esso è certamente cambiato, iniziando dalla qualità visto che abbiamo un suono molto più compresso, al quale l’orecchio dei giovani si sta abituando sempre di più, laddove prima era invece molto più aperto e caldo e si sentiva in modo diverso. Una cosa positiva di oggi è che possiamo creare una nostra playlist mentre prima questa era già preparata dall’artista. D’altro canto mi mancano proprio i progetti degli artisti, quando non si parlava solo di un pezzo: oggi i ragazzi si abituano a prendere solo una canzone mentre prima si presentava un progetto, un mondo dove entravi con otto/ nove canzoni collegate tra loro. Era un viaggio, era una storia mentre oggi tutto è concentrato I lettori: i Lowlands Definire la loro musica non è semplice: un po’ di Dylan, qualche influenza irlandese e l’eco delle ballate rock che richiamano le grandi pianure americane. Però stiamo parlando di un gruppo nato a Pavia: i Lowlands (www.lowlandsband. com), ancora sottotraccia per il grande pubblico italiano ma che ha già conquistato ottime recensioni in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Potenza della Rete, come il leader Edward Abbiati ha avuto modo di spiegare anche a Corriere.it. Dietro la loro attività c’è anche un Mac, usato per la produzione: ce lo ha spiegato il tastierista (e lettore di Macworld) Stefano Brandinali. per la maggior parte in una canzone della quale i ragazzi si innamorano... non si dice più “questo album mi fa morire!”. Purtroppo con la nuova tecnologia la musica oggi ha perso di importanza da un punto di vista culturale. I ragazzi si abituano ad averla facilmente e in modo non legale togliendo parecchio valore a quello che un artista crea e al lavoro che c’è dietro. Intervista raccolta da Paolo Morati 49