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LA STORIA di NAPOLI
Di Aniello Langella
Parte sttima
I Durazzo e gli Aragona
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LA STORIA DELLA CITTA’ DI NAPOLI
Piano generale del lavoro
Origini, storia, leggende
Prima parte
Introduzione
Le Origini della città di Nappoli
Seconda parte
Roma entra in città
Terza parte
Napoli diventa Ducato nel nome della libertà e dell’indipendenza
Quarta parte
Napoli diventa Normanna
Quinta parte
Il regno di Federico II
Sesta parte
Carlo d’Angiò re di Napoli
Settima parte
Napoli e gli Aragona
Testo e ricerca di Aniello Langella 2007 ©
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I Durazzo a Napoli
La dinastia dei Durazzo vede in Carlo III un nuovo re, che tuttavia resse il
potere in città per poco tempo afflitto dalle infinite problematiche di successione, di governo dei confini d’Ungheria e dalle gravi conseguenze
cittadine di una ennesima pestilenza. A lui si deve la costruzione del Castello del Carmine. Il 24 febbraio del 1386 Carlo muore a Visegard in Ungheria dove si era recato per il conferimento della corona di quella Regione. La prematura morte di questo re che meritò l’appellativo di “breve”, in
relazione al tempo di reggenza, trovò impreparato, incapace e poco più
che dodicenne. La reggenza infatti fu affidata alla madre Margherita di
Durazzo. Fino al 6 agosto del 1414 il neo re resse le difficili sorti della città contesa dagli Angiò ancora presenti nell’animo dei partenopei, sostenuti dalla famiglia Sanseverino e da Ottone di Brunswick vedovo di Giovanna I. A mostrare grande avversione contro il finto governo di Ladislao
I di Napoli detto anche il magnanimo, troviamo un accanito sostenitore e
discendente egli stesso della dinastia angioina: Luigi II d’Angiò. Nella città cominciarono così a formarsi due ideologie politiche. Una a favore di
Luigi e l’altra di Ladislao re fantoccio retto da Margherita. Dalla semplice
fazione e contesa politica si passò presto alla discordia concreta e la città
subì una vera e propria guerra civile con tantissimi lutti. In questo clima
infuocato e poco sicuro, Margherita, aveva a propria disposizione la guardia reale e l’appoggio della corte mentre la fazione opposta godeva di una larga maggioranza e del consenso della cittadinanza.
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Tra la gente comune capeggiata da ex comandanti d’esercito e di marina,
nacque una sorta di lega cittadina che venne detta la Lega del Buono Stato
e anche soprannominata la Lega degli Otto, nel cui ordinamento interno si
poteva riconoscere una magistratura composta da due rappresentanti per il
Sedile di Montagna, da due per il Sedile del Popolo e da uno per ciascuno
degli altri Sedili, che si propose di esercitare un severo controllo sugli atti degli ufficiali regi per prevenire e impedire ingiustizie.
Margherita di Durazzo venuta a conoscenza di questo potere parallelo e avverso alla corona, non potendo agire con pugno ferreo e imporre quindi il
proprio potere in quanto vi erano implicate le migliori famiglie della città, si
alleò in gran segreto con le fazioni di popolani e le spinse a porre d’assedio
il Tribunale di S. Lorenzo. Qui era consuetudine vi fossero le riunioni segrete
degli Otto. La missione che doveva avere il carattere di sommossa si trasformò in vera battaglia e si svolse presso il Largo delle Corregge. La famiglia
Durazzo uscì sconfitta da questa pugna violenta e inattesa.
La vita e la storia di Ladislao che regnò a Napoli come re fino al 6 agosto del
1414. Egli fu anche re di Gerusalemme e di Sicilia, Conte di Provenza, re di
Ungheria, e principe di Taranto.
Fu un uomo benevolo e intelligente che seppe regnare con grande indipendenza anche se nelle prime fasi dovette subire la tutela della madre . Fu un
uomo dotato di equilibrio tanto che oltre all’appellativo di magnanimo ereditò
anche quello di “Lancillotto il Liberale” a causa del grande amore con cui
trattò i propri sudditi.
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Monumento sepolcrale di Margherita di Durazzo
1412 . Cattedrale di Salerno. Immagine tratta da
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In alcuni testi figura anche come “Lancillotto il Vittorioso” per aver dimostrato in battaglia sangue freddo e certezza nelle azioni. Ebbe tra le tante
idee di democrazia, una in particolare: voleva conquistare l’intera Italia e
unificarla sotto la sua corona. Fu per questo che durante il periodo in cui
dominava Taranto, volle tentare la conquista di Roma, occupandola dal
1404 al 1409.
Napoli ebbe con Ladislao un re importante e saggio, docile e forte che
non ebbe eredi diretti e che a soli quarant’anni morì a causa della lue,
lasciando la corona alla sorella Giovanna. La nuova regina che venne
detta seconda per non confonderla con la prima, ereditò un regno traballante e insicuro e poco assunse del carisma del fratello, e volendo seguire le orme della Giovanna I non tardò a dimostrare il suo vero animo di
scandalosa e lussuriosa donna, passando da un amore ad un altro e da
un letto all’altro senza ritegno alcuno. .
Si deve a Giovanna II regina di Napoli l’aver ordinato la tomba monumentale eretta a memoria di Ladislao nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara.
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Chiesa di San Giovanni a Carbonara
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Ritratto di ladislao
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Gli Aragonesi entrano a Napoli
Non fu mai tenero il rapporto tra Giovanna di Durazzo e Alfonso V d’Aragona
sovrano della Sicilia e di Spagna. La causa di questo dissidio si deve ricondurre al periodo di massimo fulgore della regina a Napoli, quando vedendosi
minacciata da ribellioni continue chiese al sovrano un aiuto militare in cambio
della corona stessa. Ma come sappiamo dalla storia ciò non avvenne e Alfonso che non era certo avvezzo a voltafaccia imprevisti come questo, alla morte
di Giovanna I pose d’assedio la città e nel 1442 la conquistò con la forza.
Nuovamente Napoli cambiava padrone e questa volta erano spagnoli. I timori
della popolazione erano comprensibili e ancor di più dei vecchi fautori del dominio angioino. Ma questo periodo invece, si dimostrò pregno di valore culturale, commerciale, economico. Non fecero a tempo i partenopei, a riconoscere nella nuova gerarchia un governo amico che per certi versi aveva usanze,
modi e formazione squisitamente mediterranea. Altrettanto gli spagnoli non
stentarono molto a napoletanizzarsi, adottando addirittura il dialetto come lingua ufficiale a scapito del latino stesso. Dopo appena cinque anni non esistevano più conquistatori e conquistati, c’era un solo popolo. A Napoli spettò il
ruolo di capitale collocandola al centro di una singolare confederazione comprendente l'Aragona, la Catalogna, Valenza, le Baleari, la Corsica, la Sardegna e la Sicilia, nonché una serie di porti fortificati sulle coste della Toscana.
Buona parte del Mediterraneo centrale e occidentale ebbe come capitale Napoli arricchitasi per i grandiosi commerci e per le incredibili attività portuali. Gli
Aragona furono grandi guerrieri e fieri combattenti, ma nel contempo promossero le attività culturali e intellettuali agendo sulle grandi leve del mondo espressivo artistico, quali l’architettura, la pittura, la scultura e l’urbanistica. Divennero così nel meridione i veri precursori del Rinascimento.
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Alfonso V d’Aragona.
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Mai Napoli ebbe un re di tali grandiose vedute umanistiche e culturali. Qualche autore definisce il periodo in cui visse e governò di Alfonso I Re di Napoli alla stregua di Firenze al tempo di Lorenzo de Medici. Il sovrano che
aveva galvanizzato attorno alla città le attenzioni di mezza Europa fu il fondatore di una sodale fusione tra l’arte, la letteratura e le scienze. Fu proprio
in questo periodo che venne creata l’Accademia Pontaniana, che prese il
nome del suo sostenitore e raccolse attorno a questa fondazione culturale
le migliori menti creative d’Italia. Tra queste spiccano le figure di Jacopo
Sannazzaro, Pietro Summonte, Pietro Beccatelli (il Panormita), Lorenzo
Valli, Masuccio Salernitano (autore del Novellino). Alfonso, detto anche il
Magnanimo per le virtù di carattere eccezionale, si dedicò in maniera straordinaria ad abbellire la città ed a renderla una vera capitale. Durante il suo
regno che terminò nel 1458, tuttavia tre grandi terremoti (1446, 1450, 1456)
arrecarono non pochi danni, causando crolli e miseria. Poi nel 1461 un nuovo ed ulteriore flagello: la peste nera.
L’urbanistica della città pur restando negli schemi di un tempo, di abbellì di
monumenti di grandissimo valore architettonico quali ad esempio la chiesa
di S. Anna dei Lombardi, detta anche di Monteoliveto. Qui, tra queste mura
parte il Rinascimento Napoletano nelle grandi pagine della storia dell’arte.
La facciata adorna di decori architettonici di eccezionale valore si presenta
con un grande arco in stile catalano che incornicia le magnifiche porte lignee dell’ingresso. L'interno si apre su un volume modellato, composto e
raffinatissimo. Una grande navata con copertura a cupole. Ai lati le cappelle
laterali, nelle quali troviamo i sepolcri di famiglie nobili e aristocratiche della
città. Parteciparono a questo progetto insigni e famosi artisti. L’altare maggiore è di Giovanni da Nola. Il soffitto a cassettoni è di Mario Cartari e nella
sagrestia si conservano i dipinti del Vasari. Qui si possono ancora osservare tra i tanti capolavori, due statue in terracotta, a grandezza naturale, da
Guido Mazzoni. Sono in realtà statue ritrattistiche che riproducono Alfonso
II, Giovanni Pontano e Jacopo Sannazaro.
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Pianta della città del XVI secolo
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Sempre dello stesso periodo, ma di dimensioni più contenute la chiesa di
Sant’Angelo a Nilo, nei pressi della Piazzetta Nilo. Qui è custodita la tomba
del cardinale Brancaccio, eseguita a Firenze da Donatello e dai suoi allievi.
Il monumento fatto realizzare a Firenze venne trasportato a Napoli via mare.
Il fascino monumentale di questo periodo che attinge ispirazione dalla Spagna, dal sud d’Italia, trova a Napoli una vera palestra di sperimentazione.
Forse tra i tantissimi esempi di arte rinascimentale napoletana dobbiamo
soffermarci con maggiore attenzione su grande portale del Maschio Angioino a Piazza Municipio dove venne scolpito il Trionfo di Alfonso V d’Aragona
accanto a dignitari, generali e uomini illustri. Questa scultura che un vero
capolavoro ritrattistico mostra uomini in armi con arredi tipici dell’epoca che
costituiscono di per sé un esempio importante per lo studio e per la ricerca.
Alfonso con tutto il suo seguito viene collocato al centro delle due torri del
Maschio Angioino e così occupa una posizione centrale dominante e sicuramente regale mentre fa il suo ingresso nella città. Il fregio si articola su
quattro ordini architettonici distinti. Ogni ordine è decorato con bellissime
colonne classiche di stile corinzio.
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Sovrasta l’opera marmorea, la figura dell’Arcangelo Gabriele che scaccia il demonio dalla città e dai reali che la governavano.
Il 27 giugno del 1474 si spegne a Napoli il Grande re, lasciando il posto
al figlio Ferrante sul territorio partenopeo ed a Giovanni il governo della
Sicilia. In queste condizioni il mezzogiorno intero sembrava aver avuto
degna successione e pacifica convivenza. Ma nel 1476 Giovanni d'Angiò, volendo riunire sotto una sola corona l’impero mosse guerra al fratello Ferdinando che fu sconfitto nella battaglia del Sarno. Dopo questa
prima guerra intestina Ferdinando volle riscattare la città e intraprese
nuove ostilità contro il fratello che sconfisse nella battaglia di Troia. Intanto a Napoli infuriava la peste nuovamente e le epidemie decimavano
giovani e vecchi. Un ennesimo scontro si svolse nelle acque antistanti
l’isola di Ischia del 1465. Ferrante I detto anche Don Ferrante regnò dal
1458 al 1494 ed in tutto questo lasso di tempo, oltre che pensare a difendersi dai suoi stessi familiari, dovette anche fronteggiare le ostilità di
Firenze. Se da un lato questo nuovo nemico si presentava agguerrito e
determinato, altrettanto feroci erano le lotte interne che dovette sostenere contro i baroni locali del regno che reclamavano privilegi incompatibili
con la realtà dei tempi. Approntata una grandiosa armata si recò alla pugna nel 1478 scontrandosi con le forze fiorentine presso Poggibonsi.
L’allora papa Sisto IV volle intervenire nel conflitto e promosse personalmente le trattative di pace
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Napoli uscita vittoriosa dal conflitto in terra “straniera” obbligò
Lorenzo il Magnifico a chiedere l'armistizio. Il grande Principe
fiorentino fu così obbligato a recarsi a Napoli dove venne accolto
con grandiosi onorificenze e così nel 1479 vennero siglate le
condizioni di resa con pesanti oneri da parte di Firenze a favore
della città di Napoli.
La lotta contro i baroni, ed i dissensi politici nei loro confronti si
conclusero definitivamente con un ignobile atto nel 1486. Il re
fece convocare tutti i baroni in un grande salone del Maschio Angioino che oggi è detto “Sala dei Baroni”. Qui sedette assieme a
tutti i convenuti e dopo astute e preliminari trattative diede ordine
ai suoi armigeri di arrestare tutti i baroni e di renderli inoffensivi
definitivamente. Tale atto di antidemocratica reggenza ancora
oggi viene aspramente condannato da moltissimi storici.
Il re tuttavia, ereditando dal padre astuzia, saggezza e doti di
grand condottiero fu sicuramente anche un grande legislatore. A
lui si deve infatti la creazione di una prammatica del 1479, con la
quale regolò i criteri per l'acquisizione della cittadinanza napoletana da parte dei “forestieri”. In città infatti questo era divenuto
una vera emergenza. Ma poi nel 1483 costruì, elaborò e quindi
promulgò una normativa, che nella storia di Napoli è più nota come “Prammatica del re Ferrante d'Aragona”. Questo documento
divenne per molti altri regnanti un po’ la guida legislativa e politica, fonte inesauribile di spunti di studio fino al Rinascimento.
Erano gli anni delle grandi imprese militari, delle grandiose scoperte architettoniche che preparavano la storia artistica italiana,
erano gli anni in cui Cristoforo Colombo scopriva le nuove terre
d’oltre oceano.
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Il 28 gennaio del 1493, Ferdinando I d’Aragona muore a Napoli
lasciando il trono nelle mani del figlio Alfonso II detto anche Ferrante. La nomina avvenne il 25 gennaio dello stesso anno. Ma il
governo di questo re fu veramente brevissimo e meno di un anno dopo abdicò in favore del figlio Ferdinando II detto anche Ferdinandino, che dovette confrontarsi con l’avanzata delle reali
truppe francesi al comando di Carlo VIII re di Francia. Napoli fu
presa dalle truppe francesi il 28 febbraio del 1495. Ferrandino
lasciata la città di gran fretta con le sue guarnigioni si rifugiò ad
Ischia. Accadde quindi che lo stesso re Carlo vedendosi tagliata
la via del ritorno in patria con la nascente coalizione tra Pisa, Genova e Venezia, vide di buon grado una ritirata strategica verso
Parigi, lasciando a Napoli una guarnizione di soldati. Fu quello il
momento atteso da Ferdinando II d’Aragona che acclamato dal
popolo fece rientro nei propri palazzi, svuotando la città di quelle
guarnigioni nemiche e straniere che pochi mesi prima lo avevano
detronizzato. A soli ventisei anni, morì compianto dalla sua città
che tanto aveva amato e che tanto poco tempo aveva retto e governato. A lui successe lo zio Federico d’Altamura e detto anche
Federico I re di Napoli, oppure IV d’Aragona. Era il 1496.
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Carlo VIII
Federico d’Altamura
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LA STORIA DI NAPOLI
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