DELLE www.corrierecomunicazioni.it n°17. 18 ottobre 2010 [email protected] 21 Aziende & Mercati NEWBUSINESS STRATEGIE FINANZA IT security in azienda. Punto e a capo Hiidenheimo (Stonesoft): «Nuove tecniche di attacco impongono una svolta nei sistemi di protezione» delle nostre appliance. Perché secondo voi questa vicenda rappresenta una svolta nella storia della sicurezza IT? Con la possibilità di realizzare attacchi Aet, cadono una serie di pericolose illusioni oggi radicate nelle aziende utenti. Da un lato, si dimostra ancora una volta che per rispondere a tecniche di attacco che possono modificarsi profondamente nel giro di poco tempo bisogna disporre di sistemi di sicurezza flessibili. Questi devono essere basati su soluzioni software e non sull’integrazione a livello di silicio di strumenti che rimangono immutati nel tempo. Dall’altro, che RUGGEROVOTA Appalti La prima smart city cinese la farà Nsn ILKKA HIIDENHEIMO presidente e Ceo di Stonesoft ’ Secondo Stonesoft il 18 ottobre 2010 rimarrà una data da ricordare nella storia della sicurezza IT. In questi giorni la società insieme alle autorità preposte e altri vendor IT renderà pubblica la scoperta di una nuova serie di tecniche di attacco alle reti e ai sistemi aziendali. Ne parliamo con Ilkka Hiidenheimo, fondatore, presidente e Ceo di Stonesoft. Cosa sta succedendo sul fronte della sicurezza IT aziendale? I nostri laboratori hanno scoperto e studiato una nuova serie di tecniche di attacco - che abbiamo denominato Advanced evasion techniques (Aet) - non riconoscibili dagli attuali sistemi di controllo del traffico di rete in entrata sui sistemi aziendali. Senza inutile allarmismo, possiamo dire che se i server aziendali sono stati adeguamente aggiornati con le ultime patch di sicurezza, le aziende non rischiano nulla, ma è una consolazione temporanea. Facciamo un passo indietro, come avete scoperto queste nuove tecniche? Il nostro team di ricerca e sviluppo ha voluto mettere sotto pressione i nostri sistemi di intrusion prevention studiando dei nuovi meccanismi di attacco che agiscono più in profondità, fino al livello dello stack Tcp/IP. Le Aet sono tecniche potenzialmente molto pericolose volte a costruire dei “falsi negativi”, ovvero attacchi malevoli che le appliance di sicurezza non riescono a riconoscere. A oggi però non sappiamo se i cyber criminali siano in grado di sfruttare le Aet, o se invece non siano già state implementate. Perchè le Aet sono potenzialmente pericolose? Un attacco che non viene rilevato, anche se non va a buon fine in quel momento, rimane sempre attivo nel tempo. Se il livello di protezione dei sistemi scende l’attacco può avere successo, anche dopo anni di attesa. Come mai le Aet sono così insidiose? Queste tecniche non sono basate su un singolo elemento malevolo, ma la loro forza nasce dalla combinazione anche molto articolata di metodi e exploit esistenti. E la possibilità di creare queste combinazioni è praticamente illimitata. Una volta individuate le Aet, cosa avete fatto? Abbiamo subito informato le autorità, ovvero il Cert finlandese, e coinvolto nei nostri studi anche l’Icsa Labs, entità di primaria importanza nel campo dei test di sicurezza su reti e sistemi. Siamo stati poi autorizzati a informare tutti i vendor di sistemi di network security a cui abbiamo fornito dei pattern digitali esemplificativi di attacchi Aet, mettendoli così in grado di predisporre le soluzioni di contrasto adatte a proteggere i loro sistemi. Naturalmente abbiamo sviluppato un nuovo algoritmo di protezione reso disponibile gratis a tutti i clienti il cosiddetto virtual patching è una pia illusione. I nostri test dimostrano che le Aet riescono a non essere individuate dal 99% delle appliance oggi attive nel mondo. Cosa deve fare un Cio o un Cso per assicurare la protezione dei propri sistemi? Assicurarsi che tutti i sistemi aziendali siano aggiornati alle più recenti patch di sicurezza. Aggiornare tutte le appliance con i nuovi algoritmi anti Aet predisposti dai vari vendor. In caso non esistessero ancora queste soluzioni, se fossi un Cio non escluderei il fatto di “staccare” per qualche giorno da internet i server più mission critical. «Gli attacchi di nuova generazione sono invisibili nel 99% dei casi» Ci sarà la tecnologia di Nokia Siemens networks dietro la prima smart city cinese. Il vendor di attrezzature telecom nato dalla joint venture tra finlandesi e tedeschi ha reso noto di essersi aggiudicato il contratto per fornire le attrezzature che trasformeranno la città di Zhenjiang in un grande centro “high-tech” dotato di servizi intelligenti. Il valore della commessa, assegnata dall’amministrazione locale di Zhenjiang, non è stato rivelato. Nokia Siemens networks ha spiegato che questa metropoli di nuova concezione usufruirà, grazie al supporto delle comunicazioni wireless, di servizi quali la sanità remota e i trasporti intelligenti. In particolare, sarà la piattaforma machine-to-machine del gruppo a rendere possibili il controllo medico remoto e le applicazioni di monitoraggio dei taxi tramite Gps. Apps, in arrivo lʼemporio Amazon Store. La company di Bezos pronta a scendere nell’arena. La sfida è sui pagament sicuri ENZOLIMA Anche Amazon pronta a scendere nell’arena delle apps con un negozio in proprio. Secondo le notizie rimbalzate sui giornali anglosassoni l’azienda capitanata da Jeff Bezos sta per aprire uno store per i programmi destinati agli quello delle mobile apps è un mercato in rapida espansione. Si prevede che le revenue generate dal loro download crescerà su scala mondiale dai 4,2 miliardi di dollari dello scorso anno ai 29 miliardi e mezzo entro la fine del 2013. Sono lontani i tempi in cui il primo Apps Store della storia veniva JEFF BEZOS Il fondatore e ceo di Amazon punta sui programmi destinati agli smartphone basati su sistema operativo Android smartphone che girano su sistema operativo Android, in concorrenza con l’Android Market di Google (che conta una vetrina di circa 80mila apps). La notizia indica quanto stia riscaldandosi la competizione sul nuovo mercato. Secondo Gartner visto dalla stessa Apple non tanto come business a sé quanto un servizio a valore aggiunto per l’iPhone. Apple aveva ribadito più volte che i suoi negozi, compreso l’App Store, riuscivano a malapena a ripagarsi. Oggi la già vasta gamma di contenuti e servizi disponibili sono destinati a moltiplicarsi ed è probabile che in un vicino futuro saranno sempre di più le applicazioni in grado di generare ricavi anche periodici, come gli abbonamenti ai quotidiani, piuttosto che pagamenti una tantum. L’apertura di un proprio negozio per le apps potrebbe essere per Amazon una scelta obbligata, soprattutto ora che molti libri e giochi cominciano a essere venduti sotto forma di applicazioni. A meno di tre anni dal lancio del suo Kindle, il sito di e-commerce vende quasi il doppio di ebooks rispetto ai libri con copertina rigida (negli Usa le prime edizioni), e il suo servizio di download per Mp3 (il music store di default sulla maggior parte di telefonii Android) rappresenta il 12% del mercato musicale digitale. Inoltre Amazon porta alla tavola delle apps un ricco asset rappresentato dalla vasta rete di rapporti intessuta con 80mila clienti e dalla lunga esperienza di vendite online, oltre ad avere una buona reputazione sul fronte dell’assistenza clienti. Di contro, Google non ha mai dimostrato una grande vocazione alle vendite online: l’Android Market si è fatto più volte notare per disorganizzazione oltre ad aver fallito miseramente il tentativo di vendere il Nexus One online. Ma soprattutto Amazon ha le carte in regola per diventare l’iTunes di Android sul fronte della semplicità di utilizzo e della sicurezza nel sistema di pagamento. Accetta pagamenti da un numero di Paesi maggiore rispetto a Google e riesce ad attrarre ogni mese oltre 71 milioni di visitatori unici, gran parte dei quali con i dati della propria credit card già depositati nell’account. Android Market utilizza invece Google Checkout: sistema di pagamento che ha spesso mostrato alcuni punti deboli, e oltretutto non particolarmente gradito dagli sviluppatori di applicazioni. Un sondaggio Appcelerator/Idc condotto tra gli sviluppatori ha scoperto che il 48% vuole usare PayPal all’interno delle prossime applicazioni, contro il 49% che “tifa” per Apple e solo il 18% per Amazon. Ma non è detto che Google non metta qualche bastone fra le ruote di Amazon. Per esempio potrebbe decidere, se Checkout non ottiene sufficienti risultati, di accordarsi con PayPal (che già gestisce il piccolo negozio di applicazioni su Blackberry ed è una delle opzioni di pagamento su iTunes) per farne opzione principale di pagamento per il suo Android Market.