le stomatiti pediatrica

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LE STOMATITI
IN ETÀ
PEDIATRICA
ARIESDUE Sri
SUPPLEMENTO AL M. 2-FEBBRAIO 1996 DI DOCTOROS
(UNICA
LE STOMATITI
IN ETÀ
PEDIATRICA
Eipidio Mincione
Università degli Studi di Modena
Cllnica Odontoiatrica
Direttore: pmfessorB. Ve mo/e
Sergio Cinelli
Libero pmfessionista
a sempre i i cavo orale è ritenuto lo specchio di molte malattie di ordine generale che trovano, tuttavia, espressione
a
livello
delle
mucose.
Se a volte tali manifestazioni sono tipiche della patologia di base, molto spesso esse esordiscono in forme banali, espressioni, però, di
uno stato di debilitazione dell'organismo. Tuttavia, tali lesioni passano inosservate nonostante il
medico abbia l'opportunità di esplorare da vicino
il cavo orale, fonte di utili elementi diagnostici.
Nel bambino, in particolare, assume una importanza non secondaria, poiché lo stato di salute dei cavo orale e delle mucose in genere rispecchia lo
stato generale del piccolo paziente.
Il cavo orale, che alla nascita è praticamente sterile, al primo contatto con l'ambiente esterno, e
tramite la respirazione e la nutrizione, diviene sede, quanto mai favorevole, di una rigogliosa flora batterica. Nel primo periodo di vi-
(UNICA
la le condizioni ambientali favoriscono la crescita quasi esclusiva di batteri aerobi; infatti, già
entro 24 ore dalla nascita nel cavo orale sono presenti almeno
dodici diversi ceppi batterici e tale numero risulta almeno raddoppiato entro dieci giorni. Successivamente, con il ristagno di detriti alimentari e soprattutto per
la comparsa dei denti, e quindi per
le mutate condizioni del cavo orale, si insediano e cominciano a
comparire anche i germi anaerobi e la flora assume caratteri sovrapponibiìi a quelli dell'adulto.
In condizioni normali tali batteri
non producono però alcuna patologia, poiché l'integrità delle
mucose, la secrezione salivare e i
meccanismi immunitari rappresentano una valida barriera di difesa. Inoltre, l'epitelio del bambino, anche se meno cheratinizzato di quello deir adulto, possiede una spiccata capacità rigenerativa, in virtù dell'abbondante vascolarizzazione tissutale e della
ricca rete linfatica di cui dispone.
Anche la saliva ha un posto importante nell'equilibrio del cavo
orale: la sua secrezione e le
modificazioni del flusso combinate ai movimenti delle guance,
delle labbra e della lingua, contribuiscono alla detersione meccanica dei vari recessi presenti nella bocca.
La costante azione del sistema
tampone, inoltre, assicura un pH
costante nell'ambiente orale e allo stesso tempo la presenza attiva
di leucociti, lisozima e immunoglobine, specie del tipo A, svolge
una importante azione di difesa
4
nei confronti dei germi patogeni.
Allorquando tale equilibrio viene meno, si instaurano le condizioni ottimali per un processo
flogistico che, molto spesso, rappresenta una manifestazione locale di malattie di ordine generale
come ii morbillo o altre malattie
infettive, il diabete, le carenze
vitaminiche, gli squilibri ormo-
nali, o le alterazioni del sistema
gastroenterico o emopoietico.
Tutte queste malattie comportano
un'alterazione del normale trofismo della mucosa orale, esponendola così all'azione di fattori
irritativi e microbici.
La flora batterica può essere distinta in occasionale e abituale
(tab. 1).
FLORA BATTERICA DELLA CAVITA ORALE
Abituale
Cocchi gram-positivi
- streptococco (dei gruppo viridans emolitico)
- stafilococco (albus e aureus)
- micrococco tetrageno
- pneumococco pneumoniae
Occasionale
Meningococco
B. di Koch
B. di Loeffler
B. di Eberth
Cocchi gram-negativi
- neisseria catarrhalis
- micrococco Veilhonella
B. pyocianeus
Stafilococco citreus
Bacilli gram-positivi
- lattobacillo
Altri
Bacilli gram-negativi
- fusobacterio Vincenti
Spirochete
- leptotrichia buccale
- borrelia Vincenti
- treponema microdentium e macrodentium di Naguchi
Miceti
- candida albicans
- actinomiceti
Protozoi
- entoameba gengivale
- tricomonas buccale
Tabella 1
(UNICA
I germi, patogeni o non, ospiti abituali del cavo orale vivono normalmente in perfetto equilibrio
biologico grazie anche ai poteri di
difesa svolti soprattutto da parte
della mucosa integra e dai componenti salivari che ostacolano
lo sviluppo di germi particolarmente virulenti o la virulentazione di quelli che costituiscono la
flora abituale
RIFERIMENTI
ANATQMOFISIOLQGIGI
Nel bambino le mucose presentano un colorito piuttosto roseo per
la preponderanza di tessuto connettivaìe, tant'è vero che la tonalità del colore si avvicina più a
quella della cute che non a quella
delle labbra. Al contrario dell'adulto, non possiede il caratteristico
aspetto a buccia d'arancia, ma si
presenta liscia, di consistenza elastica, aderente ai processi alveolari dove termina, a livello
del colletto dei denti, con un margine arrotondato e rilevato, soprattutto in concomitanza della fase eruttiva.
Dopo l'eruzione dei denti le gengive si dispongono un po' al disotto del punto di contatto (1 mm
circa) e le papille tozze e grandi
riempiono, quasi a chiudere completamente, gli spazi interdentari. L'abbondante circolazione sanguigna e la ricca rete linfatica presente nella mucosa del bambino
favoriscono la notevole capacità
rigenerativa dell'epitelio.
Dopo i tre anni, la superficie, sof-
fice e vellutata, comincia a presentare minuscole elevazioni ombelicate, che le conferiscono la caratteristica punteggiatura a buccia d'arancia, dovute alla presenza di piccoli fasci di fibre collagene che si introducono nelle papille del derma.
EZIOPATOGENESÌ
E CARATTERISTICHE
DELLE STOMATOMUCOSITI
NEL BAMBINO
Nel bambino, così come nell'adulto, la patologia a carico delle
mucose del cavo orale viene definita gengivite o stomatite o, in altri casi, gengivostomatite, a seconda se vi è l'interessamento localizzato dei tessuti vicini ai denti (gengiva) o se il quadro comprende, invece, la mucosa di altre
sedi oppure entrambe le componenti allo stesso tempo.
Il normale colorito pallido delle
gengive assume ben presto il tipico aspetto dell'infiammazione
iniziale e si trasforma dapprima in
rosa pesca, per diventare poi rosso intenso per effetto della vasodilatazione. La superficie della
mucosa appare lucida, tesa ed edematosa e perde la caratteristica
punteggiatura a buccia d'arancia.
La papilla interdentale, anch'essa turgida, prende l'aspetto di un
nodulo rosso ciliegia.
Nell'eziologia delle mucositi il
momento patogenetico può riconoscere cause irritanti locali come la placca batterica da scarsa igiene orale, favorita, sovente, dal-
la presenza di apparecchi ortodontici fissi, o semplicemente da
anomalie dentarie di posizione.
Altre volte, invece, possono essere espressione di malattie sistemiche o di affezioni acute, come
i comuni esantemi, frequenti nella prima infanzia.
Cofattori eziologici suggeriti più
volte, quali stati di debilitazione
organica generale, squilibri metabolici e ormonali e carenze vitaminiche, giocano probabilmente
un ruolo molto importante nella
produzione della malattia a carico delle mucose del cavo orale del
bambino. Tuttavia, la ricerca di tali alterazioni, anche se condotta
mediante accurate indagini e raffinati test di laboratorio, molto
spesso risulta negativa per la presenza di dati poco significativi.
Ciò probabilmente sta a significare che i fattori eziologici primari, ai momento della vaìutazione, non sono presenti o hanno
scarsa espressione.
Nel bambino le stomatiti hanno inizio già nel periodo dell'allattamento.
L'eruzione dei primi denti decidui può creare condizioni favorenti l'instaurarsi di gengivostomatiti legate proprio al mutare delle caratteristiche dell'ambiente orale. D'altra parte, tutti i pediatri
conoscono bene lo stato di irritazione del cavo orale che si accompagna alla comparsa dei
denti decidui e la cosiddetta perieoronarite del dente deciduo, cioè
la caratteristica infiammazione
che interessa i tessuti che ricoprono la corona dentale in fase di
eruzione.
(UNICA
È necessario, tuttavia, ribadire e
sottolineare che la maggior parte
delle stomatomucositi nei bambini è causata dalla viruientazione dei normali saprofiti, abituali
albergatori della cavità orale.
Uno stesso agente causale può, tuttavia, produrre lesioni di aspetto
molto diverso da individuo a
individuo, così come una stessa
lesione può riconoscere fattori diversi, dal momento che la mucosa orale ha limitate modalità di espressione. Per tali motivi sovente riesce difficile la diagnosi delle stomatiti, per lo meno da un punto di vista eziologico. Tuttavia, in
molti casi è possibile riconoscere, quali espressioni della malattia, le cosiddette lesioni elementari (vescicole, bolle, eccetera) che
troppo spesso vengono mascherate da altre manifestazioni legate a sovrainfezioni batteriche di
altri germi abituali, che però non
hanno prodotto la lesione primitiva. Questo fenomeno, purtroppo, riesce a "coprire" persine i test di laboratorio, che spesso non
riescono a mettere in evidenza il
vero responsabile della patologia.
CLASSIFICAZIONE GENERALE
La classificazione delle stomatiti
infantili ricalca, naturalmente,
quella degli adulti e segue un criterio eziologico, anatoraopatologico e topografico.
È bene distinguere le stomatomucositi in lesioni primitive e secondarie, tenendo presente la patologia che ha originato il quadro
morboso, poiché, come è stato già
detto, alcune lesioni della mucosa orale possono comparire associate, per esempio, ad alcune dermopatie o, più frequentemente, a
malattie a partenza da altri distretti, oppure a forme più generalizzate, come le malattie esantematiche, che danno espressione di sé
a livello del cavo orale.
Tra le forme primitive si distinguono: la stomatite catarrale, che
può essere eritematosa semplice
(quando è presente soltanto iperemia della mucosa) ed eritematosa
poltacea (quando, all'infiltrazione leucocitaria, sono associati edema, desquamazione della mucosa e risentimento dei linfonodi
satelliti); la stomatite ulcerosa, la
quale è suddivisa in semplice
(quando le lesioni ulcerose presentano bordi irregolari e fondo ricoperto da un essudato grigiastro,
ricco di leucociti, facilmente asportabile mediante un tampone,
a differenza delle pseudomembrane) e necrotica (quando le ulcerazioni sono profonde ed è presente necrosi; nei casi gravi si può
addirittura osservare una forma
gangrenosa,noma, con distruzione
dei tessuti e dell'osso sottostante);
aftosa ricorrente; da herpes simplex; da virus coxsakie (erpangina); da candida (mughetto).
Tra le secondarie si annoverano le
stomatiti in corso di malattie esantematiche; da medicamenti (difenilidantoina, antibiotici, D-penicillamina); da avitaminosi; in
corso di emopatie; da affezioni gastrointestinali; in corso di malattie metaboliche; associate a dermopatie e mesenchimopatie.
STOMATITE CATARRALE
È la forma più lieve e più comune delle stomatiti.
La gengiva dapprima, e successivamente la mucosa orale colpita,
appare arrossata, tumefatta, con
zone disepitelizzate, ricoperte da
un essudato sieroso e mucofibrinoso. La manifestazione può accompagnare malattie compromettenti lo stato generale (diabete, epatopatie, avitaminosi, TBC)
0 costituire l'espressione di una
flogosi sostenuta da cocchi, quali streptococchi, stafilococchi e,
soprattutto, diplococchi. Sono in
particolare questi ultimi a determinare alcune forme caratterizzate da presenza di essudato fibrinoso intimamente adeso alla
mucosa.
1 normali esami batteriologici e
microscopici riescono facilmente a mettere in evidenza i germi responsabili. La sintomatologia è
caratterizzata da dolore, particolarmente intenso durante l'ingestione dei cibi, talvolta così intenso da provocare, nel bimbo, il
rifiuto dell'alimento. Le papille
interprossimali e la gengiva, vivacemente arrossata, sono tumefatte e si ricoprono ben presto di
una pellicola biancastra dovuta a
desquamazione della mucosa. La
comparsa della febbre e l'interessamento delle ìinfoghiandole regionali portano il piccolo paziente, in breve tempo, a uno stato di
abbattimento generale.
La terapia deve mirare a combattere la malattia di base. Il trattamento locale, di valore più che
altro sintomatico, ha lo scopo di
detergere e controllare i ' infezione
delia mucosa mediante colìutori
antisettici, mentre, se prevale la
sintomatologia dolorosa, è opportuno somministrare anche soluzioni anestetiche per uso topico per facilitare l'alimentazione.
È utile anche l'assunzione di preparati poìivitaminici e di diete leggere, poco saporite e ricche di
sostanze nutritive.
STOMATITE ULCEROSA
OULCERONECRGTÌCA
Poco frequente nei bambini, è denominata anche malattia di PlautVincent perché, appunto, l'agente eziologico è il batterio fusospirillare di Vincent, a cui spesso però
si accompagna uno streptococco
emolitico. Si osserva spesso nei
giovani adulti, occasionalmente
tra i sei e i dodici anni, mentre è
rara in età prescolare.
Le gengive tumefatte, violacee e
facilmente sanguinanti per ìacomparsa di ulcerazioni, più o meno
estese, a fondo grigiastro, caratterizzano questa forma morbosa.
La presenza di alito fetido, scialorrea e facili emorragie caratterizza il quadro sintomatoiogico
della stomatite. Sono quasi sempre presenti febbre e interessamento ìinfonodale, mentre il dolore locale viene accentuato dalla masticazione, allorquando le ulcerazioni interessano i fornici gengivali o la mucosa della lingua.
Per quanto riguarda il quadro anatomopatologico, la lesione iniziale tipica è legata alla presenza
Fig. 1: una
gengivostomatìte
ulcerosa in bambino
di II anni e mezzo.
di ulcerazioni a livello delle papille interdentali. Quando queste
si approfondiscono, per un processo di necrosi, le papille appaiono decapitate. Nello stesso
tempo l'ulcera viene ricoperta da
una pseudomembrana di colorito
giallo grigiastro che, se rimossa,
mette allo scoperto una superficie
arrossata e sanguinante.
La diagnosi viene posta in base alle varie manifestazioni cllniche:
la presenza di ulcerazioni a livello delie papille interdentaìi e dei
margini gengivali, il dolore alla
masticazione e le facili emorragie
delle lesioni. L'eventuale studio
della flora batterica permette di
evidenziare, dapprima, la grande
proliferazione di bacilli fusiformi
e spirochete, associati, successivamente, a una sovrapposizione
poiimicrobica. Particolarmente
gravi, e per fortuna rare, sono invece le due forme denominate
noma e granuloma gangrenescens.
La prima, detta anche cancer oris
o cancro acquatico, è caratterizzata dall'insorgenza, in soggetti
particolarmente debilitati, di ulcerazioni e necrosi bruniccia delia zona compresa tra la commes-
sura labiale e il dotto di Stenone.
L'enorme perdita di sostanza comporta, in tali casi, ampie perforazioni dei tessuti molli e mutilazioni tali da rendere precaria la vita del paziente. È particolarmente frequente in Africa occidentale e nei paesi tropicali, è spesso associato al morbillo ed è favorito
probabilmente da malattie debilitanti o stati di malnutrizione
(Kwashiorkor). Non sembra però
che il noma possa essere una malattia contagiosa.
La seconda forma, invece (stomatite acuta necrotizzante o granuloma gangrenescens), è caratterizzata da un processo necrotico che interessa anche lo scheletro e i tessuti del massiccio facciale. La natura di tale malattia non
è tuttora ben chiara. Alcuni ritengono sia l'espressione di un processo allergico o di una coìlagenopatia, ma non si esclude neppure un interessamento del sistema reticoioistiocitario. È stata riscontrata una certa predisposizione nei pazienti diabetici.
La terapia delle forme lievi consiste nella toilette delle mucose
con soluzioni antisettiche e il mi-
7
(UNICA
glioramento delle condizioni generali è sufficiente a fare regredire la stomatite. Nelle forme più
gravi è necessario, invece, associare una terapia antibiotica, possibilmente mirata, senza perdere
di vista la malattia debilitante di
base eventualmente presente.
L'antibiotico inizialmente va somministrato ad ampio spettro. Ove
è possibile, è bene richiedere un
antibiogramma dopo tampone oraìe o striscio, al fine di istituire
una terapia antibiotica mirata. Nella maggior parte dei casi, la somministrazione di macrolidi, e
specialmente della spiramicina, è
particolarmente indicata per la
spiccata concentrazione salivare
e per la loro azione mirata sui batteri f usospirillari. Nelle forme con
spiccato dolore reca giovamento
l'applicazione di soluzioni anestetiche per uso topico, associata
a eventuali antiflogistici e analgesici per via generale.
STOMATITE AFTOSA
RICORRENTE (SAR)
Sebbene tale affezione sia probabilmente la più frequente fra le malattie che colpiscono la mucosa
orale, la diagnosi di aftosi orale
viene spesso formulata erroneamente e confusa con varie altre lesioni della bocca. In altre
parole, ia comparsa di una vescicola o di un'afta sporadica o isolata non deve essere considerata
un'aftosi.
• Definizione di SAR È basata esclusivamente su elementi clinici
8
obiettivi, dal momento che, a
tutt'oggi, non disponiamo di test
strumentali che ne consentono la
specifica individuazione.
Con il termine stomatite aftosa
ricorrente intendiamo la comparsa e il ripetersi di lesioni ulcerose e necrotiche della mucosa del
cavo orale, dolorose, singole o
multiple, non accompagnate di solito da febbre o da altri sintomi di
compromissione generale.
L'incidenza nella popolazione normale varia dal 10 al 40 per cento
con picco nell'età scolare. Mancano completamente studi di prevalenza nell'infanzia. Preferisce
il sesso femminile e l'esordio
viene indicato, nella maggior parte dei casi, fra i 10 e i 19 anni.
Di carattere spiccatamente doloroso, le afte possono presentarsi
isolate o diffuse, insolite o frequenti, producendo una stomatite lieve oppure severa.
La caratteristica fondamentale di
queste lesioni è comunque la recidività, per cui appare giustificata la terminologia ormai universalmente adottata di stomatite
aftosa ricorrente (SAR) sovrapponibile al termine di Aftosi di Fiore-Donno e collaboratori (1984)
quando le afte recidivano con relativa frequenza.
Fu probabilmente Ippocrate a coniare per primo la parola aphthai
nel iv secolo a. C.; in realtà egli
stava descrivendo il mughetto e,
fatto ancor più strano, a tutt'oggi
il dizionario inglese Oxford definisce erroneamente l'afta come il
mughetto infantile (24).
•Classificazione Solo recenti studi e approfondite indagini sulla
SAR hanno portato alla formulazione di alcune adeguate classificazioni. Proponiamo quelle di Sircus (1957), ripresa nel 1968 da
Lehner, e la più recente di FioreDonno ( 1984). La prima distingue
le afte minori, le afte maggiori e
le ulcere erpetiformi. La classificazione di Fiore-Donno riconosce
le afte volgari giganti (morbo di
Sutton), miliari; le aftosi (SAR propriamente detta) nelle afte che recidivano con relativa frequenza;
la SAR della sindrome di Behcet.
L'afta minore o volgare è la forma più comune di lesione e colpisce circa 1 ' 80 per cento della popolazione (Graykowski, 1966;
Hutcheon, 1978). Compare nel giro di 12-24 ore, dando luogo
dapprima a una o più vescicole
scarsamente rilevate e successivamente, per rottura di queste, alla formazione di ulcerazioni ovalari o rotondeggianti.
L'afta maggiore o gigante è, invece, una variante decisamente più
rara, ma più grave e molto dolorosa, caratterizzata da cronicità ed
esiti cicatriziali (Lehner 1968).
Descritte da Sutton nel 1911, le afte giganti sono state denominate
anche periadenite mucosa necrotica ricorrente, o più semplicemente morbo di Sutton perché probabilmente l'autore le aveva associate a torto all'infezione delle
ghiandole salivari accessorie
(Samson e collaboratori, 1983).
Taluni autori descrivono, tuttavia
il morbo di Sutton distintamente
dall'aftosi gigante (Montanari e
Quaranta, 1982). Le ulcere erpetiformi o afte miliari (Lehner,
1968) sono le meno comuni e al-
CIMA
esattamente dove comparirà l'afta, quando ancora non si vede
nulla. Ventiquattro ore dopo compare un piccolo punto giallastro
su di un' area eritematosa (fase vescicolare dell' afta). Dopo altre 2448 ore, l'afta si necrotizza (fase
di stato). Qualche giorno dopo,
l'ulcera comincia a detergersi, l'eritema circostante diminuisce e
l'afta così guarisce senza lasciare cicatrici nei giro di 7-8 giorni.
L'evoluzione può essere molto capricciosa, con forme subentranti
quando una nuova poussée si
produce ancora prima che i segni
precedenti siano scomparsi.
Queste afte compaiono anche
due volte al mese. Nell'adolescenza hanno di solito una frequenza molto distanziale, aumentando via via con l'età.
Le afte giganti o maggiori producono ulcerazioni molto dolorose;
hanno un'ampiezza che varia da
10 a 30 rnm, recidivano molto più
speso delle afte volgari, sono più
infiltrate, sopraelevate e circondate da una larga areola eritematosa. Possono persistere più di due
mesi e, quando guariscono, lasciano sempre cicatrici deturpanti sulla mucosa (elemento molto
importante che le differenzia
AFTE
Afte volgari i-5 piccole ulcerazioni di forma arrotondata od
ovale da 1 a 8 mm di diametro, che colpiscono la
parte non cheratiaizzata della mucosa
fondo depresso a cupola, necrotico, di colore bianco
grigiastro
areola eritematosa
base infiltrata
non emorragica
Afte miliari
elementi molto piccoli (del diametro approssimativo
di millimetri), generalmente numerosi (da 50 a 100
elementi o più)
raggnippati e spesso confluenti piani a sede su un
nappo eritematoso
Afte giganti (periadenite mucosa necrotica ricorrente di Sutton)
1-S ulcerazioni molto dolorose, da 1 a 3 cm di
diametro, che spesso recidivano
molto infiltrate, in rilievo, circondate da una larga
areola eritematosa e da edema
possono persistere anche per due mesi; guariscono
lasciando cicatrici.
Tabella 2 (da J. Samson, G. Fiore-Donno, IR Bernard, 1983) (56).
10
rispetto alle afte volgari).
Le afte miliari (ulcere erpetiformi degli autori anglosassoni), estremamente rare, sono elementi
molto piccoli, come una capocchia di spillo, di 2 mm di diametro, generalmente numerosissime,
talvolta confluenti, piane e senza
infiltrazioni; si sviluppano su un'area eritematosa e possono localizzarsi su tutta la mucosa, comprese le gengive, e alternarsi con
afte volgari. Possono interessare
mucose di altri distretti; la presenza di afte miliari nel cavo orale e a livello dei genitali è descritta
come sindrome di Neumann.
La sindrome di Behget, invece, è
un'aftosi orogenitale con interessamento anche di altri organi, come cute, articolazioni, occhio, vasi, sistema nervoso, a livello dei
quali produce però una vasculite
(tab. 2). L'eziopatogenesi di questa malattia sistemica è sconosciuta.
Si presenta con elevata incidenza
nella parte orientale del bacino mediterraneo e nell'arcipelago giapponese. Nei 1967 sono stati descritti
11.000 casi di sindrome di Behcet.
In Giappone è talmente frequente
da essere considerata come malattia di interesse sociale (Barnes,
1981 ); sembra strano, ma non esiste alcun caso di sindrome di Behcet
nei giapponesi residenti negli Stati Uniti. Nell'80 per cento dei pazienti affetti è presente l'antigene
HLA B5 di istocompatibilità. Nella
popolazione sana questo fattore
(HLA B5) è più frequente in Giappone (30 per cento) rispetto agli
USA (10 per cento), dove la malattia non è frequente.
L'aftosi buccale è sempre presen-
CLIMCA
te; la totalità dei malati affetti da
sindrome di Behcet ha un'aftosi
boccale che è esattamente sovrapponibile all'aftosi volgare. A
volte addirittura è presente un'aftosi volgare associata a un'afta
gigante. Le ulcerazioni genitali si
trovano, in vece, nell" 80 per cento
dei malati e nel maschio si localizzano molto più frequentemente sulla cute dello scroto. Si tratta
di ulcerazioni molto dolorose che
E4TTORI EZIOLOGICI INVOCATI NELLA SAR
Genetici
famigliarità
sistema HLA leucocitario
Nutrizionali
carenza di Fé
carenza di folati
carenza di vitamina B12
Malattie sistemiche
sindrome di Reiter
gastrointestinali
leucopenie
morbo di Crohn
rettocoìite ulcerosa
morbo celiaco
Endocrini, specialmente
fase premestruale
ginecologici
menarca
menopausa
gravidanza
ipotiroidismo
Stress psicofisici
affaticamento
distonie neuro vegetati ve
stipsi e disturbi digestivi
Traumi orodentali
automorsicamento
chinirgia orodentale
spazzolamento dentale
cure dentali
anestesie locali
protesi
Allergie
asma e pollinosi
alimentari
da farmaci
Infezioni da virus e batteri Herpes simplex virus (non dimostrato)
Streptococco sanguis (forma L)
Disordini immunologie!
anticorpomediati
autoimmunitari
cellulomediati
Tabella 3
lasciano cicatrici. È un segno molto importante per la diagnosi, soprattutto se si tiene conto che il paziente può non presentare afte a
livello della mucosa orale.
Nella sindrome di Behcet è presente anche uno spiccato fenomeno di iperreatti vita cutanea (Haim
e collaboratori, 1976). Per provocare questa ipersensibilità, a scopo diagnostico, basta una semplice iniezione sottocutanea di soluzione fisiologica. 24 ore dopo,
nel punto di iniezione si può notare la presenza di una papuìa,
che successivamente diventa una
papuìa pustola, il cui aspetto ricalcaquello della follicolite pseudonecrotica; tuttavia, il segno più
peculiare della sindrome di Behcet
è l'uveite-ipopion (60 per cento
dei casi) che, associata alle lesioni orogenitali, permette di porre la
diagnosi clinica. Si tratta di una
raccolta asettica di pus nella parte inferiore della camera anteriore dell'occhio; il quadro ha breve
durata e scompare di solito in poco tempo. A volte, però, esita con
formazioni a tipo sinechie nell'iride e degenerazioni retiniche
che possono compromettere seriamente la vista (Dowling, 1961 ).
• Eziopatogenesi «Se è abbastanza chiaro il come si sviluppa
l'ulcera, molto meno chiarito è il
perché». Infatti, allo stato attuale
delle conoscenze, l'eziologia della SAR non è nota con precisione.
Tuttavia emerge l'orientamento
generale a considerarla malattia
multifattoriale (Burgio, 1984; Nally, 1984) (24), oppure una manifestazione comune di malattie differenti (Pizzul e Pocecco, 1983).
11
(UNICA
I fattori eziologici invocati nella
patogenesi sono riassunti nella tabella 3 e appaiono innumerevoli.
* i fattori genetici sono stati per
lungo tempo considerati tra ìe cause più importanti nell'eziologia
della SAR (Sircus e collaboratori,
1957;Ship, 1960). Il ruolo dei fattori genetici è stato valutato tenendo presente tre parametri: incidenza tra i membri della famiglia; tipologia dell'HLA; isolamento dell'HLA.
Nonostante il riscontro di una certa famigliarità, non è mai emersa
alcuna modalità di trasmissione
mendeliana (Miiler e collaboratori, 1980). Di recente in Inghilterra (Chalìacombe e collaboratori, 1977) e negli USA (Wray, Rubenstein e collaboratori, 1981) è
stata mostrata un'associazione di
rilievo tra la SAR e i portatori di
HLA A2 e Bl2. Questi dati indicano tuttavia più che altro una maggiore suscettibilità all'ulcerazione e pertanto soprattutto i fattori
ambientali giocherebbero un
ruolo di massimo rilievo.
• Relativamente ai deficit nutrizionali, sono state riscontrate deficienze di ferro, acido folico o
vitamina BÌ2 nel 20 per cento dei
pazienti affetti da SAR (Wray e collaboratori, 1975; Wray, 1982). La
terapia di sostituzione porta, di solito, a una remissione o a un miglioramento notevole dell'aftosi.
Queste condizioni carenziali influenzano probabilmente la soglia
dell'ulcerazione in individui geneticamente predisposti. Studi
recenti segnalano pure una relazione tra casi di ulcere aftose concomitanti a malattie gastrointe-
12
Fig. 4: afta da stress in
una bambina di sei anni,
da lesioni e insorta nel
punto di infissione
dell'ago da anestesia.
stinali (Rybakov, 1974;Fergusson
e collaboratori, 1980), come il morbo celiaco, la malattia di Crohn e
la rettocolite ulcerosa.
• Molti pazienti correlano la presenza di afte con periodi di stress.
Tuttavia, misurazioni del livello
di ansietà non riescono a rivelare
alcun cambiamento per quel che
riguarda l'inizio dell' ulcera (Heft
e Wray, 1982).
Il traumatismo orodentario, le manovre odontoiatriche (estrazioni,
protesi) sono state per lungo tempo considerate come causa di afte. Uno studio recente ha dimostrato che i traumi minori della
bocca possono indurre ulcere in
pazienti affetti da SAR e non nei
controlli (Wray. Graykowski e collaboratori, 1981). Si pensa che
questo effetto sia mediato dall'istamina. Infatti, si è visto ugualmente che i cibi che possono indurre un rilascio di istamina dai
basofiìi del sangue periferico in
pazienti con afta possono determinare ulcerazioni (Wray e collaboratori, 1982); tra questi ricordiamo i cereali contenenti glutine. Indipendentemente dal meccanismo allergico, si pensa però
che il cibo possa agire anche con
una irritazione diretta.
• Per quanto riguarda l'ipotesi
dell'eziologia da infezioni da virus e batteri, i tentativi da implicare virus, specialmente herpes
simplex virus, nella patogenesi
della SAR non hanno avuto successo (Wray, 1982), anche se a
tutt'oggi è diffusa l'idea dell'implicazione dello HSV tipo i in questa stomatite. Anche una forma L
di Streptococcus sanguis è stata
isolata da lesioni aftose (Barile e
collaboratori, 1963; Stanley e collaboratori, 1964) e molti studi indicano che questo microrganismo
è attaccato dal sistema immunitàrio del paziente in modo anomalo, innescando così un meccanismo autoimmune (Dònatsky,
1976).
•Infine, relativamente ai disordini immunologie!, la zona attorno
all'ulcera è l'area più appropriata per uno studio immunologico
in termini di infiltrati cellulari
dell'ulcera aftosa. La deposizione di immunoglobine igG o igM
nello strato cellulare spinoso
(Lehner, 1969; Dònatsky e Dabelsteen, 1977) e l'infiltrazione
CONICA
linfocitaria sono segni patognomonici nell'ulcera della SAR. In
definitiva, però, lo squilibrio immunologico necessario a iniziare
il danno della mucosa orale, come
l'effetto e l'attivazione di cellule
immunocompetenti, viene effettuato dall'istamina, che come abbiamo visto può essere rilasciata
in risposta al trauma o ad allergia.
• Terapia della SAR Le varie ipotesi sull'eziologia della SAR
spiegano il gran numero dei trattamenti proposti. I casi devonoessere comunque considerati in base ai tipo di lesione e alla sintomatologia; il carattere ricorrente
pone, però, alcune indicazioni terapeutiche.
L'ipotesi infettiva ha indotto a
somministrare vari antibiotici (tetracicline, CAF. eccetera) sia per
uso topico che per via generale.
Recenti indagini, però, hanno
smentito la loro efficacia.
Nelle forme dolorose è indicato
un trattamento iniziale con anestetici locali, in questi casi risultano molto efficaci le applicazioni locali di 20 mg di disodiocromoglicato sciolti in acqua o impastati nel miele rosato, da utilizzare eventualmente prima dei pasti. Il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre il dolore e la
durata degli episodi, soprattutto
in quei pazienti in cui, in base a
criteri clinici e di laboratorio, era
sospettabile un'allergia alimentare (Pizzul, Procecco, 1983).
In genere è bene somministrare vitamine del gruppo B e e ed eliminare nel contempo eventuali fattori locali che possono favorire le
sovrainfezioni.
Nelle forme più gravi è giustificato un trattamento corticosteroideo associato a farmaci immunomodulatori (levamisolo). Il cortisone, per uso topico o per via
generale, è in grado di migliorare
sia la durata che la gravita delle
lesioni: non influisce sul numero
delle ricadute. Il levamisolo, in
qualità di immunomodulatore, deve essere somministrato (150
mg/die per tre somministrazioni
consecutive alla settimana, per
quattro settimane) solo nei casi ribelli, tenendo sotto controllo la
conta e la formula leucocitaria per
il rischio di eventuale leucopenia.
STOMATITE ERPETICA
Vi sono pochi dubbi sul fatto che
la stomatite erpetica sìa la più
frequente malattia sostenuta
dall'herpes simplex virus tipo 1
(HSV 1), ma anche Ì'HSV 2 viene
riconosciuto in causa sempre più
spesso (Burgio, 1984). La frequenza è senza dubbio legata in
gran parte ali ' ubiquitarietà del virus e alla diversa resistenza presente nei vari strati delia popolazione. L'età più colpita è quella
che va da 1 a 5 anni: è eccezionale nei primo semestre di vita, anche se non è stata accertata una
protezione transplacentare.
Nel 1938. Dodd. Buddinch e Jhuston isolarono il virus dell'herpes simplex dal cavo orale di bambini che soffrivano di una stomatite ulcerativa febbrile.
• i virus erpetici II gruppo comprende numerosi virus; quelli cor-
relati con forme morbose dell'uomo sono i seguenti: herpes virus
hominis, agente delle forme di
herpes simplex: herpes virus varicella zoster, agente della varicella e dell'herpes zoster; herpes
virus simiae. raro agente di encefalite nell'uomo; cytomegalovirus. responsabile di una linfoadenite benigna e di altri sintomi;
virus di Epstein e Barr. correlato
con affezioni neoplastiche e con
la mononucleosi infettiva: gli herpes virus sono relativamente grandi (120-180 nm) con un capside
centrale contenente DNA e una
membrana esterna derivata dalla
cellula ospite: sono sensibili all'etere.
Questi virus si sviluppano in seno al nucleo della cellula ospite e
possono migrare in modo silente
nel citoplasma e abbandonare la
cellula senza necessariamente
distruggerla. Molti virus di questo gruppo mostrano una spiccata tendenza a rimanere latenti e a
ritornare attivi quando i poteri immunitari dell'ospite sono compromessi.
Dell'herpes virus simplex hominis (HSV hominis) si possono distinguere, in base alle caratteristiche biologiche e alle differenze antigeniche (Cohen, 1979), in
due tipi. Il tipo i è stato isolato, di
solito, dal cavo orale, da lesioni
cutanee, dalla congiuntiva oppure dal cervello di adulti colpiti da
encefalite. Tutti i ceppi del virus
si moltiplicano facilmente in embrione di pollo. Le lesioni indotte sono più piccole (<0,5 mm),
ma più numerose di quelle provocate dal tipo 2 e sono anche più
13
CLINICA
superficiali. Il tipo 2 è stato isolato generalmente dalle vie genitali, ma anche dall'encefalo e da
altri organi nelle infezioni neonatali.
La divisione per quanto riguarda
la localizzazione delle infezioni
non è però assoluta.
Le infezioni erpetiche causate
dall'herpes simplex sono distinguibili in primarie, ricorrenti e
recidivanti. Descriveremo in particolare l'infezione erpetica primaria orale o gengivostomatite
acuta, la stomatite erpetica primaria, e l'infezione erpetica ricorrente o herpes labiale, la stomatite erpetica recidivante.
• Latenza dell'infezione II fenomeno della latenza e della riattivazione dell'HSv nei tessuti, caratteristica peculiare del virus, oggi viene meglio compreso. Si è
visto, infatti, che le radici sensoriali, prossime al ganglio centrale del trigemino, se sezionate, non
producono forme erpetiche facciali (Keily e collaboratori, 1973).
Da ciò si deduce che il virus, durante l'infezione primaria, migrerebbe centralmente a livello del
ganglio dove rimarrebbe latente
fino alla sua riattivazione, quando cioè ritorna alla periferia per
infettare nuovamente le cellule
epiteliali (Baringer e Swoveland,
1973). Questa permanenza nel tessuto neurale viene anche suggerita dalla costanza dei siti di ricorrenza e dalla parestesia prodromica osservata nella stomatite
erpetica recidivante.
Vari fattori hanno un ruolo nella
riattivazione dell'HSv che causa
lesioni ricorrenti (malattie feb-
14
brili, esposizione ai raggi uv, interventi a livello dei tessuti orali,
anestesia locale, immunodepressione, eccetera) e agiscono probabilmente attraverso un meccanismo comune la cui natura non è
del tutto chiara
• Quadro clinìco UHSV di tipo i
nel bambino attacca la mucosa orale per produrre, nella forma
primaria di infezione, una gengivostomatite acuta.
Sia nelle lesioni primarie che in
quelle ricorrenti sono le cellule
epiteliali della mucosa o della pelle a essere infettate.
Le infezioni primarie, tipiche dei
primi anni di vita, in genere producono forme subcliniche o lievi
e solo occasionalmente scatenano una malattia più grave. L'incubazione è di 2-14 giorni. Dopo
un breve stato prodromico caratterizzato da sintomi generali di
malessere, compaiono febbre alta, dolore locale al cavo orale e
alla gola ed estrema irritabilità,
qualche volta alternata con sonnolenza, cefalea, nausea e vomito. Questo quadro può precedere
di uno o due giorni la caratteristica eruzione.
L'esame obiettivo mette in evidenza numerose ulcere piatte,
dolorose di tipo aftoso, sparse sulle mucose della bocca, della lingua e dell'orofaringe (Vernole,
1974). Le gengive appaiono edematose e sanguinano facilmente
dal margine dentale. I linfonodi
regionali sono palpabili e dolenti. La febbre e il dolore di solito
persistono per 6-8 giorni, mentre
le ulcere gradatamente spariscono nella settimana seguente.
• Stomatite erpetica recidivante Si localizza di solito a livello
labiale e colpisce soggetti sieropositivi per THVS; è pertanto caratteristica nei giovani adulti. È
un' eruzione circoscritta costituita
da vescicole raggruppate, a parete sottile, su base eritematosa. Ha
tendenza a comparire ripetutamente sulla stessa zona e preferisce il tratto di transizione mucocutanea della commessura labiale. L'eruzione esordisce con lieve
senso di prurito o di bruciore: rapidamente compaiono papule e vescicole che, passando attraverso
uno stadio di essiccamento, si
trasformano in croste. L'intero
processo dura da 3 a 14 giorni e di
solito non è accompagnato da febbre, linfoadenopatie regionali o da
altri segni di malattia generale. Le
vescicole perciò sono l'elemento
tipico della stomatite erpetica e
ogni zona della mucosa orale può
essere colpita. Non sono risparmiati neppure il velo pendulo, le
tonsille o i pilastri, tanto da costituire spesso un problema diagnostico differenziale con l'herpangina (virus Coxsackie).
•Decorso clinico e reperti di laboratorio Quando la malattia è
al culmine della sua espressione
e l'eruzione è intensa, il senso di
tensione locale avvertito precedentemente si trasforma in intensa sofferenza dolorosa a carattere
cruento che comporta serie difficoltà nell'alimentazione.
La febbre in genere regredisce nel
giro di 3-5 giorni e le ulcere riparano in una o due settimane.
Lo striscio citologico di mucosa
orale o di cute può rivelare la pre-
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senza di cellule giganti o di degenerazione balloniforme tra le cellule epiteliali, purché l'esame sia
effettuato nelle prime fasi della
malattia, durante lo stadio vescicolare o subito dopo la rottura delle vescicole stesse. Nelle infezioni primarie si potrà dimostrare, infine, un aumento nel titolo degli
anticorpi neutralizzanti specifici
(RatnereSmith, 1980).
All'inizio si assiste alla formazione di anticorpi antiherpes virus della classe igM, mentre in seguito e stabilmente ì'anticorpopoiesi è igc (Burgio, 1984).
• Quadro anatomopatotogico La
vescicola, tipica lesione deH'herpes simplex, è il risultato della degenerazione e successiva necrosi
Fig. 5: citologìa
esfogliativa del cavo
orale in corso di
stomatite erpetica
primaria. Al centro
cellula con nuclei
multipli con la
tipica disposizione
cromatinica
marginale e il
caratteristica
aspetto omogeneo a
"vetro smerigliato"
(Papamcolaoii, 500 x).
Fig. 6: stomatite
erpetica primaria.
Colture cellulari
infettate da HSV. Si
nota scomparsa del
nucleolo, l'emarginazione della
cromatina nucleare
e la presenza di
grosse inclusioni
nucleari eosinofile.
dell'epitelio malpighiano.
Il quadro è dominato da una degenerazione reticolare, in cui il citoplasma degli elementi epiteliali si riempie di vacuoli via via confluenti che conferiscono un tipico aspetto reticolato (degenerazione reticolare). Altre volte l'epitelio presenta una degenerazione cosiddetta "palloniforme" o
"globiforme" a causa del caratteristico rigonfiamento delle cellule malpighiane che perdono così i loro processi spinosi e si allontanano dalle cellule viciniore.
Nel derma papillare si riscontrano
note di fìogosi, per la presenza di
infiltrazione linfocitaria, accompagnata da dilatazione vasale.
• Terapia Nei casi lievi ci si av-
vale di una terapia iocale consistente in toccature con soluzioni
contenenti 5-iodo-2-desossiuridina che sembra interferire nella
sintesi del DNA virale.
Nelle forme più severe risultano
vantaggiosi trattamenti con immunomodulatori come il metisoprinolo (50-100 mg/Kg/die) associati ad applicazioni locali di
acyclovir topico in crema.
Nei casi molto gravi è bene invece utilizzare l'acyclovir per infusione venosa per alcuni giorni (5
mg/Kg/die).
Sono da evitare i corticosteroidi
in quanto favoriscono lo sviluppo del virus, mentre l'apporto dei
cibi prediligerà quelli meno saporiti, poco aspri e poco dolci.
L'applicazione di luce laser biostimolante sembra accelerare la
guarigione delle vescicole.
STOMATITE DA VIRUS
COXSACKIE
Di natura assolutamente benigna
l'herpangina è una malattia contagiosa, sostenuta dal virus a RNA
coxsackie del gruppo A. Colpisce
prevalentemente i lattanti e i bambini da 1 a 7 anni fra i quali si
diffonde spesso con carattere epidemico. Si presenta di preferenza in estate o in autunno.
Dopo un periodo di incubazione
asintomatico della durata di 3-5
g i o r n i , l'esordio può essere
preoccupante, con febbre alta, intensa faringodinia e disfagia che
sovente si associa a cefalea, vomito e coliche addominali. Nel si-
15
(UNICA
ro di brevissimo tempo compaiono le lesioni della mucosa orale,
che sono evidenti soprattutto sui
pilastri anteriori, sul velo pendulo, sull'ugola e solo raramente
sul dorso e sulla punta della lingua. Le lesioni, di numero variabile da 5 a 10, sono costituite da
minute macule e successivamente papulo-vescicole di colore bianco grigiastro, circondate da un alone eritematoso e che nel giro di
alcuni giorni raggiungono un
diametro di 2-3 mm. Alla rottura
delle vescicole residuano piccole
ulcerazioni a stampo, poco profonde, di colore giallo grigiastro che
guariscono nel giro di 2-5 giorni.
Data la benignità dell'affezione,
la diagnosi viene posta in base
ali' esame clinico, o eventualmente
ricercando e isolando il virus dalle vescicole.
Sempre dovuta a virus coxsackie,
è la cosiddetta malattia mani,
piedi e bocca che colpisce in forma epidemica specialmente comunità infantili. Dopo una incubazione di 5-7 giorni si evidenzia
con malessere, febbre (lieve) e cefalea seguiti dall'eruzione di vescicole cutanee. A livello del cavo orale le vescicole ricordano
quelle dell'herpangina; colpiscono di preferenza il palato, la mucosa vestibolare, le gengive e la
lingua. Le lesioni rapidamente si
trasformano in ulcerazioni che
provocano dolore ed edema.
Nei piccoli pazienti assumono
però particolare importanza le lesioni cutanee localizzate ai lati delle dita, intorno alle unghie, nelle
regioni palmoplantare e sul tallone. Appaiono come vescicole o-
16
valari, poco numerose, di colore
grigio perla e circondate da un alone eritematoso. Guariscono senza esiti nel giro di 7 giorni circa.
All'herpangina segue una immunità permanente per il ceppo virale responsabile, ma non sono escìusi altri episodi provocati da altri tipi di virus.
Il trattamento terapeutico è puramente sintomatico. A livello del
cavo orale si interviene utilizzando collutori ad azione antiflogistica e antisettica per ridurre la flogosi e l'eventuale sovrainfezione
batterica. In caso di febbre e quando la sintomatologia è spiccatamente dolorosa, si somministrano analgesici, evitando nel contempo l'assunzione di cibi troppo
duri che, traumatizzando la mucosa malata, provocherebbero una
sintomatologia urente.
STOMATITE DA CANDIDA
Detta comunemente mughetto o
moniliasi del cavo orale, è la stomatite che colpisce con maggiore frequenza il neonato e il bambino piccolo. La candida albicans è l'agente eziologico di questa malattia. Pur essendo un comune saprof ita del cavo orale, può
in determinate condizioni (stati
carenziali, ipovitaminosi B, terapie antibiotiche incongrue, eccetera) viralentarsi prevalendo sulla flora microbica normalmente
presente. In ambiente esterno questi miceti si trovano soprattutto
negli alimenti di uso quotidiano
quali té, frutta, prodotti del latte.
Il fattore che determina l'insorgenza della malattia è certamente la carica micotica. Perché questa sia significativa, deve esservi
appunto una netta prevalenza
della candida sulla flora normalmente presente. Ed è proprio l'effetto di terapie antibiotiche indiscriminate che spesso agiscono
neutralizzando la normale flora
batterica, favorendo così lo sviluppo di altre specie, sovente anche patogene, e di miceti.
Altro fattore di notevole importanza nell'instaurarsi della malattia è rappresentato dalle condizioni fisiche generali dell'ospite.
È il caso di molte candidosi insorte
in organismi malnutriti o affetti da
TBC, neoplasie, emopatie, disvitaminosi e da grave deperimento
organico. Una candidosi resistente al trattamento o con recidive subentranti in relative buone condizioni di salute può essere l'espressione di un diabete non ancora diagnosticato (Gallo-Vianzone, 1984). Nel lattante, invece,
la malattia è favorita da una scarsa secrezione salivare che facilita il ristagno, nel cavo orale, di piccole quantità di latte che, per un
processo fermentativo, crea un
ambiente acido favorevole allo
sviluppo del micele.
• Quadro clinico Inizia con un
segno prodromico rappresentato
da una lesione di tipo eritematoso, cui segue la caduta dell'epitelio superficiale. Su questa base
successivamente si sovrappongono macchie biancastre che tendono a confluire, formando una pseudomembrana più o meno aderente alla mucosa sottostante.
CINGA
Fig. 7: la lingua di questo
bambino dì dieci anni è
ricoperta da chiazze
biancastre, tipica
espressione di stomatite
acuta da candida.
La gravita del quadro è in rapporto alla localizzazione e alla
profondità delle ife immerse
nell'epitelio orale. L'interessamento dello strato epiteliale profondo da luogo a manifestazioni
di tipo ulceroso, ricoperte da essudato sierofibrinoso e circondate da un alone eritematoso.
Le macchie biancastre, che somigliano a latte cagliato, si localizzano normalmente sulla faccia interna delle guance e sul dorso
della lingua, dove determinano
placche scarsamente rilevate, con
margini irregolari a forma di stella o di foglia.
• Sintomatologia La sintomatologia è in rapporto all'estensione
e alla profondità delle lesioni, in
presenza di lesioni superficiali prevale un senso di fastidio che si
trasforma in bruciore o dolore
durante l'ingestione di cibo o la
masticazione se invece sono più
profonde. Nel bambino tale infezione può ostacolare facilmente
l'assunzione del cibo per il notevole disagio che provoca. Se vengono interessate le ghiandole salivari, si ha una notevole diminuzione della produzione di saliva,
che è resa vischiosa e di aspetto
biancastro.
La diagnosi differenziale va posta
con le altre cosiddette lesioni bianche (leucoplachie, lichen, eccetera). A differenza di queste, le
macchie del mughetto possono essere rimosse da una garza umida
con una certa facilità. Nei casi dubbi, il materiale prelevato può essere esaminato al microscopio
ottico per evidenziare forme vegetative rotondeggianti e pseudoife.
• Quadro anatomopatoìogieo
II quadro è caratterizzato dalla presenza di membrane biancastre,
rilevate sulla mucosa e circondate da un alone eritematoso.
Le placche sono costituite da cellule sfaldate, da un essudato fibrinoso e dalle ife dei miceti. Queste ultime invadono lo strato spinoso dell'epitelio interessando il
derma sottostante dove obliterano i vasi sanguigni. La rimozione
delie placche mette allo scoperto
l'epitelio eroso ed emorragico.
• Terapia II trattamento mira a
ristabilire un ambiente sfavorevole
per la candida, alcalinizzando il
cavo orale. In tal senso sono effi-
caci le penneilature con violetto
di genziana ali' 1 per cento o con
soluzioni contenenti bicarbonato
di sodio al 20 percento. Anche la
nistatina e il miconazolo trovano
particolare indicazione nei trattamento delle candidosi del cavo
orale. Le compresse, e la sospensione orale in particolare, prima
di essere ingerite possono essere
sciolte in bocca in modo da rimanere a contatto, anche se per breve tempo, con le aree infette.
STOMATITI SECONDARIE
• Stomatiti in corso di malattie
infettive Le malattie infettive, in
particolare quelle esantematiche
dell'infanzia, danno quasi sempre
interessamento della mucosa orale e della lingua; le manifestazioni rientrano nel quadro anatomopatoìogieo di stomatite eritematosa catarrale e bollosa.
È importante rilevare precocemente queste lesioni, dato che
avvengono in un distretto che rappresenta la prima barriera tra
l'organismo e il mondo esterno e
orientano molto spesso nella diagnosi in un periodo prodromico,
dal momento che costituiscono segnali di grandissimo valore patognomonico.
Tra le stomatiti secondarie più frequenti e con criteri diagnostici particolari vi sono quelle in corso di
morbillo, varicella, scarlattina e
rosolia.
Nei morbillo è caratteristica la presenza, nei 4-5 giorni precedenti
la comparsa dell ' esantema, di una
17
CLLMCA
stomatite aspecifica con eritema
diffuso, la cui componente peculiare è data dalle macchie di Kòplik. caratteristiche per essere di
piccole dimensioni e di colore
bianco, circondate da un alone eritematoso "a sprazzo di calce".
Presenti in genere in numero di tre
o quattro, si localizzano preferibilmente sulle guance in prossimità del dotto di Stenone. Alla manifestazione del cavo orale si accompagna di frequente una irritazione delle mucose oculopalpebrali che comporta fotofobia, lacrimazione e arrossamento congiuntivale. Successivamente nei
cavo orale la mucosa diventa fortemente arrossata e ricoperta di
muco, tipica di una stomatite eritemato-poltacea (Gallo-Vianzone, Silvestre, 1984). Compaiono
così febbre, tosse, anoressia e il
paziente assume un aspetto fortemente raffreddato. A distanza di
5 giorni dai primi segni, compare l'esantema.
In corso di scarlattina vi è la presenza di un eritema particolare intenso sul faringe, dove sono presenti edema e formazione di pseudomembrane. Le localizzazioni
principali nel cavo orale sono la
volta palatina e la lingua. Quest'ultima assume un colore rosso
vivo così intenso da essere denominata "lingua a lampone" per la
rilevatezza delle papille. Un segno patognomonico, molte volte
trascurato, della scarlattina è il cosiddetto "colpo d'unghia" (o fenomeno di Schultz). Il faringe e il
palato molle, fortemente iperemici
ed edematosi, mettono in risalto
una delimitazione netta tra pala-
18
to duro e palato molle.
Nella varicella, in concomitanza
con l'esantema, sul palato e sulle
mucose delle guance e della lingua compaiono piccole vescicole
che rompendosi provocano la fuoriuscita di un essudato bianco giallastro, lasciando scoperta l'ulcerazione sottostante. Le lesioni
sono sempre concomitanti a un diffuso esantema.
In corso di rosolia vi è una forte
congestione di tutte le fauci, con
comparsa nel palato molle di piccole macchie rosso cupo a mo' di
petecchie (macchie di Forscheimer), che vengono considerate il
segno patognomonico della malattia.
• Stomatiti da farmaci Tali manifestazioni possono essere la conseguenza delle modificazioni ambientali esercitate dal farmaco o
l'espressione di una ipersensibilità da parte del paziente. Sono soprattutto gli antibiotici come la
penicillina e la streptomicina
(ma anche altri farmaci come acido acetilsaliciìico, sulfamidici,
barbiturici) a rivelarsi allergeni,
capaci cioè di sensibilizzare il
paziente e di scatenare reazioni
di diversa entità. La mucosa orale viene interessata con manifestazioni che vanno dal semplice eritema alle vescicole, alle bolle e
alle ulcerazioni. Anche la penicillamina, somministrata come
terapia di fondo dell'artrite reumatoide. è spesso responsabile di
una stomatite di tipo ulceroso
con essudato fibrinoso. Più caratteristica è la stomatite provocata
da antiepilettici del tipo difem'lidantoina o valproato di sodio. I
due farmaci comportano sovente
la comparsa di una iperplasia gengivale sulla base della quale si instaurano processi flogistici e infettivi.
È noto che l'iperplasia dipende
dalla dose, ma il meccanismo patogenetico è tuttora sconosciuto,
anche se in alcuni di questi pazienti
è stata riscontrata una diminuzione di igA nella saliva.
• Stomatomueositi carenziaii
Tra i fattori che alterano il trofismo della mucosa orale, le avitaminosi e la malnutrizione proteica hanno un posto di primaria importanza. Senza arrivare al quadro catastrofico del Kwashiorkor,
la carenza di acido nicotinico può
dare luogo a una glossite o a una
gengivostomatite.
Le alterazioni più caratteristiche
comunque interessano la lingua,
che si presenta priva di papille, intensamente arrossata e così tumefatta da evidenziare lungo i propri margini le impronte dei denti.
Nei bambini la carenza di vitamina B 12 provoca una stomatite angolare e la cosiddetta "lingua a carta geografica" per effetto della desquamazione e della distruzione
delle papille filiformi e dell'ipertrofia di quelle fungiformi.
L'avitaminosi C colpisce invece
prevalentemente le gengive, che
si rigonfiano a livello del colletto
del dente e hanno tendenza alle emorragie probabilmente per
un'aumentata fragilità capillare.
Sofferenze e alterazioni della mucosa orale sono note anche in corso di alcune emopatie.
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