Il graffio della regina” di Enzo Natta, critico

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IL GRAFFIO DELLA REGINA
"Il graffio della regina” di Enzo Natta, critico cinematografico e
giornalista di lungo corso ((Iris 4 Ed.pag.148. € .15,00) è un poliziesco
solo nella forma. In realtà è un viaggio nel tempo e nello spazio
perduti, una galoppata sull’onda della memoria e una proiezione
fantastica nello stesso tempo perché i ricordi di ieri accendono la
fantasia di oggi per consegnarla al domani. Un “giallo” non è mai solo
un “giallo”, diceva Simenon, anche perché lo scenario e i personaggi
contano più dei delitti.
Lo scenario naturale, ancor prima dell'intreccio e della psicologia dei
quattro protagonisti (che indagano sul caso di presunto omicidiosuicidio), é il personaggio vero, non dichiarato della vicenda. Pilastro
ed "architettura dello spazio" (interiore ed esteriore) sui quali, secondo
Georges Simenon, deve poggiare la struttura architettonica della
letteratura poliziesca.
Lo scenario del “”Graffio della regina”, il “locus criminis” è Rivamare, località immaginaria della
Riviera dei Fiori dietro la quale si potrebbe intravedere Oneglia, il cui nome medioevale era Ripa
Maris (Riva del mare). Ma in questo stesso scenario sono presenti Porto Maurizio (che insieme a
Oneglia forma Imperia, città astratta e pianificata, proprio come Dostoevskij diceva di San
Pietroburgo), Sanremo e la Costa Azzurra. Il sole, il mare, gli ulivi e le palme, i fiori compongono
lo scenario di sogno che si rivela in tutta la sua magnificenza nei versi di Camillo Sbarbaro (“Scarsa
linea di terra che orla il mare”) e di Giovanni Boine (“E noi fummo tra gli ulivi/ come un popolo
antico nella sua cattedrale”) .
Carlo Lucarelli diceva non molto tempo fa che, per criticare il “giallo”, negli anni ’30 Alberto
Savinio sosteneva che “le piazze italiane rinettate al sole” mal si adattano a far da sfondo al delitto.
Meglio la Svezia, silenziosa e fredda. Ma che dire, allora, di “Delitto in pieno sole” di René
Clement, con un solare Alain Delon assassino, tratto da quel “Talento di Mr. Ripley” di Patricia
Highsmith, portato sullo scherno dall’Anthony Minghella del “Paziente inglese”, o di “Delitto sotto
il sole” di Agatha Christie? Il sole, il mare, il cielo terso e azzurro sono il contrappunto, il contrasto,
la contraddizione di cui si nutrono il “giallo” e il “noir”. E non è un caso se Doug Liman, il regista
di “The Bourne Identity”, faccia iniziare il primo film della serie dedicata all’agente della Cia che
ha perso la memoria (interprtato da Matt Damon) nel porto di Oneglia con il duomo di Porto
Maurizio sullo sfondo. Enzo Natta, forte delle sua scrittura tersa, impressionista, sospesa tra
disincanto e nostalgia (dei suoi luoghi natali) perviene alla costruzione d'un mosaico, alla soluzione
di un mistero con gli strumenti a lui peculiari: lo sguardo del critico, l'associazione dei dettagli
come in sala di montaggio, e una certa (fantasiosa?) fuga in quel "mondo di ieri" (l'Irlanda, il Nord
Europa) ove, fra mitologia e scientifiche certezze, la gente di Liguria pone i suoi avi, progenitori,
numi d'ingegno e tutela.
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