Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico Alfredo Givigliano Università della Calabria [email protected] Ma la nozione, che, dobbiamo dire, designa innanzi tutto un atteggiamento, o se vogliamo un habitus scientifico, cioè una certa maniera di costruire e di capire la pratica nella sua «logica» specifica, soprattutto temporale, ha anche la funzione di segnare una rottura rispetto a un’altra opposizione, altrettanto funesta, e senz’altro molto più difficile da superare: contro l’empirismo, la teoria della pratica afferma che gli oggetti della conoscenza sono costruiti e non passivamente registrati; contro l’idealismo intellettualistico, essa ricorda che il principio di questa costruzione non è il sistema delle forme a priori e delle categorie universali proprie di un soggetto trascendentale, ma quella sorta di trascendente storico che è l’habitus, sistema socialmente costituito di disposizioni strutturate e strutturanti, acquisito con la pratica e costantemente orientato verso funzioni pratiche. Bourdieu P., Wacquant L.J.D., 1992, p. 89. 0. Introduzione Oggetto di queste riflessioni è una descrizione di alcune caratteristiche epistemologiche e metodologiche che delineano quella che può essere individuata come Sociologia Processuale. Il ruolo che il linguaggio, che i linguaggi, e le formalizzazioni occupano all’interno di questo approccio non solo ne caratterizza le dinamiche, ma chiarifica anche cosa si può intendere con il termine forma. Termine frequentemente utilizzato all’interno del linguaggio della sociologia nelle differenti declinazioni che lo caratterizzano e che caratterizzano questo stesso linguaggio in relazione a quello ordinario. 1. Linguaggio teorico e linguaggio scientifico La distinzione fra linguaggio teorico e linguaggio empirico, tra 1 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. proposizioni teoriche e proposizioni empiriche è una falsa distinzione. Ogni proposizione teorica è una proposizione all’interno di un percorso di formalizzazione e ricerca che ha un proprio oggetto empirico; ogni proposizione empirica è una declinazione di un contesto teorico dal quale parte e che contribuisce a determinare. Prassi teorica e prassi empirica (Bourdieu) nascono all’interno di un unico linguaggio e sono la declinazione dello stesso linguaggio su dimensioni e in modalità differenti. Si dice che il compito della sociologia sia quello di studiare la «società». Ma non è affatto chiaro cosa si debba intendere con «società». Spesso, la sociologia stessa sembra una scienza in cerca del suo oggetto. Ciò lo si deve in parte al fatto che il materiale linguistico e gli strumenti concettuali messici a disposizione dal linguaggio per definire ed indagare questo oggetto non sono abbastanza flessibili; ogni tentativo di elaborarli in modo che corrispondano alla peculiarità di questo campo oggettuale causa problemi di comunicazione. (Elias N., 1970, p. 104.) La proposizione di N. Elias che abbiamo appena riportato è, sotto alcuni rispetti, ragione e possibile risultato delle istanze e delle modalità nelle quali si declina quello che è il nostro approccio, descritto nelle prime righe di queste riflessioni. Nel momento in cui ci troviamo di fronte al mondo di tutti i giorni, il mondo della vita quotidiana, e lo interroghiamo, la nostra non può che essere una domanda di conoscenza. Domanda che non ci vede coinvolti dall’esterno come semplici spettatori che cercano di interpretare un qualcosa del quale non fanno parte; allo stesso tempo non siamo l’origine unica di tutto ciò che ci circonda considerato come un qualcosa di derivato (da noi, dai soggetti sociali) e linearmente consequenziale(alle nostre azioni, alle azioni dei soggetti sociali). Elias lega tra loro linguaggio, scienza, oggetto e strumenti concettuali all’interno di una processualità che ruota attorno alla costruzione nel, per mezzo ed in funzione del linguaggio scientifico stesso. Il rapporto tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico all’interno della costruzione non solo dell’oggetto scientifico, ma della stessa disciplina che contribuisce a costruirlo (e dal quale è anche costruita) risulta essere, ancora una volta determinante come nodo cruciale da sciogliere per comprendere come conosciamo e cosa conosciamo. Il fatto che queste riflessioni si muovano all’interno del campo della sociologia, introduce ulteriori variabili, che ci permettono di descrivere, nei suoi tratti caratterizzanti, la costruzione di un percorso generale che tenga conto della mutabilità stessa del sapere scientifico come fondata su una estrema variabilità di modalità e costruzioni ontologiche. Se in effetti fosse possibile distinguere tra linguaggio teorico e linguaggio 2 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. empirico avremmo una situazione nella quale due differenti linguaggi scientifici, dotati di proprie caratteristiche, di proprie modalità teoretiche ed euristiche (perché anche i linguaggi teorici hanno una declinazione empirica come i linguaggi empirici una costruzione teorica), dovrebbero trovare un punto in comune tra loro. Come si dovrebbe configurare questo punto in comune? Cosa sarebbe? Quale relazione tra questi linguaggi scientifici ed il linguaggio ordinario? L’approccio che descriviamo non è una scelta dell’una o dell’altra strada, a seconda della singola domanda in gioco, in modo tale da costruire una serie di biforcazioni vincolate che conducono alla costruzione della scienza e della sua metodologia su una precisa idea di linguaggio e del rapporto tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico. La prospettiva nella quale ci muoviamo, che co-costruiamo, ci vede inseriti contestualmente all’interno del linguaggio ordinario e del linguaggio scientifico, li usiamo tutti e due nel momento stesso in cui scriviamo queste considerazioni. Usiamo due linguaggi o un qualcosa che emerge dalla tensione tra di loro? Perché il materiale linguistico e gli strumenti concettuali che il linguaggio fornisce non soddisfano le istanze della sociologia? Quale linguaggio? Il problema può essere descritto anche nei seguenti termini, cosa fa la sociologia nella sua costruzione epistemologico-metodologica per rendere conto della tensione tra il linguaggio nel quale vivono i soggetti sociali, che costituisce una prima dimensione del dato sociologico e il linguaggio che costruisce il sociologo che costituisce la seconda (dalla interazione complessa tra le due emerge il linguaggio proprio della sociologia). Il linguaggio del quale parla Elias è quello teorico o quello empirico, le proposizioni sono quelle delle grandi teorizzazioni sociologiche o quelle delle costruzioni statisticoprobabilistiche applicate in maniera più o meno aderente ai soggetti sociali? E se vi fosse una strada differente da percorrere? 2. Processi e referenti Distinguere fra proposizioni teoriche e proposizioni empiriche vuol dire eseguire un processo di astrazione che non tiene conto della effettiva unitarietà e ricorsività del processo conoscitivo, un processo che non può che avere un unico proprio linguaggio che parte, usa e ritorna al linguaggio ordinario. Lingua, quindi, che è essa stessa oggetto all’interno della descrizione scientifica (sociologica) del processo di conoscenza. È possibile mettere in luce, nello studio delle unità sociali, qualcosa di interessante che non possa essere stabilito meglio e più chiaramente con 3 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. lo studio dei molti individui che compongono queste società? Si tratta di un argomento che emerge soprattutto nell’ambito delle astrazioni puramente teoretiche, ed è più facile confutarlo quando ci si riferisce a problemi empirico-teoretici. È agevole rendersi conto che non possiamo comprendere o spiegare la struttura degli stati e delle mansioni, delle professioni e delle lingue, e di molte altre cose simili, se ciascuno degli individui che con altri formano stati, esercitano mansioni, parlano lingue, viene da noi preso in considerazione soprattutto da solo come se fosse più o meno indipendente dagli altri. (Elias N., 1970, p. 81.) Processo di astrazione, quello cui fa riferimento Elias, che parte da considerazioni intorno alla stessa natura del sociale. Nel momento in cui il sociologo ricercatore si pone in maniera tale da non prendere in considerazione il problema dell’oggettivazione dell’oggettivato (Bourdieu) i meccanismi di astrazione vincolano a oggetti netti distinti, all’interno di un meccanismo causale lineare, descritti e costruiti all’interno di un linguaggio che sarà di volta in volta alternativo in maniera radicale a quello ordinario. Linguaggio (scientifico) per il quale prendere in considerazione e formalizzare il linguaggio ordinario sarà sempre e comunque una operazione di riduzionismo radicale. Lo stesso Elias presenta due di questi meccanismi di astrazione che delineeremo brevemente nel passaggio successivo, in aggiunta ad un terzo che segue, sotto alcuni rispetti, le indicazioni dello stesso Elias riguardo la soluzione di questa problematica. Costruzioni che nel momento in cui scindono proposizioni teoriche e proposizioni empiriche vanno alla ricerca continua e costante di un referente empirico che sia in grado di giustificare il motivo di questa distinzione. Referente empirico che viene di volta in volta cercato nel mondo cosiddetto reale. Siamo così di fronte ad un approccio costruito su una ontologia unica che si articola nel suo interno, ma sempre dentro i confini forniti da se stessa. Al contrario, se prendiamo in considerazione la raccomandazione di Elias, vediamo che il problema del referente, quindi, della tensione tra proposizioni teoriche e proposizioni empiriche, muta le proprie coordinate di riferimento. La tensione tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico va riconsiderata alla luce della problematizzazione dell’oggetto della sociologia, problematizzazione che segue dinamiche processuali e complesse di costruzione, descrizione ed analisi. Il tutto all’interno di un linguaggio proprio dimensione diagrammatica di quello ordinario. Emergono dimensioni ontologiche nella tensione tra il soggetto ed il reale. 4 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. 3. Astrazioni Nello specifico, questo problema linguistico e filosofico (quello della tensione tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico), applicato alla sociologia può essere delineato nel seguente modo, a seconda delle differenti astrazioni che portano alla costituzione del sociale, che può sempre essere descritto come sociale simbolico, partendo dai singoli individui: 1. Società intesa come insieme di individui: Linguaggio della matematica. In questo modo il linguaggio degli insiemi è il referente naturale di questo meccanismo di astrazione. Il meccanismo di astrazione prevede che le caratteristiche della società vengano prodotte dai singoli individui in interazione, come una costruzione insiemistica di tipo estensionale. Il sociologo ricercatore astrae proprietà matematiche e le traduce in proprietà sociali; 2. Società intesa come oggetto in rapporto ad altri oggetti individuali: Linguaggio logico – filosofico. In questo modo il linguaggio logico e più in generale filosofico è il referente naturale del meccanismo di astrazione. Questo prevede di descrivere la società e gli individui come oggetti distinti. È vero la società è composta da individui, ma viene operazionalizzata come se fosse un oggetto indipendente, in interazione con i singoli soggetti, che non sono considerati sue parti nel momento in cui si innesca questa dinamica. La società viene reificata come entità naturale all’interno della dimensione ontologica del sociale. 3. Società intesa come processo strutturato e strutturante altri processi (i singoli individui): linguaggio della sociologia. Questo particolare tipo di astrazione non è una ricomposizione delle prime due, come d’altra parte, non è un tentativo di eliminare entrambe le prospettive. Il riferimento è alla distinzione tra conoscenza oggettivista, conoscenza fenomenologica e quella che declina questa particolare dinamica, la conoscenza prassiologica (Bourdieu). Meccanismo di astrazione che descriveremo nel passaggio successivo. 4. Linguaggi(o) della sociologia La posizione che qui sosterremo è la terza, anche perché: Il nostro scopo in questo contesto è prima di tutto di rendere più comprensibile il compito della sociologia. Non lo si può fare, se non si richiama l’attenzione sull’opacità e quindi sull’incontrollabilità delle reti di relazioni formate dagli individui. Uno degli obiettivi centrali che 5 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. la sociologia si pone è quello di renderle più trasparenti, affinché trascinino gli individui che le formano in modo meno cieco ed assoluto. Ciò vale soprattutto per le interconnessioni che si dispiegano spaziotemporalmente. (Elias N., 1970, p. 117.) Attraverso questa proposizione di Elias possiamo arrivare a comprendere come il problema della descrizione del sociale sia anche un problema di formalizzare l’opacità, la disposizionalità strutturale del sociale, non in termini netti e rigidi (sia lungo la dimensione teorica che lungo quella euristica), ma in termini vaghi e sfumanti (le due dimensioni si codeterminano). Nel momento in cui abbiamo descritto la scienza come costruzione di conoscenza scientifica abbiamo identificato una processualità continua, un flusso che vede coinvolta in maniera continua e costante la tensione tra soggetto ricercatore ed oggetto di ricerca. L’oggetto complesso scienza sociale può essere descritto come proprietà emergente (all’interno della dimensione ontologica propria, co-costruita dal ricercatore e dalla realtà esterna1: termini della tensione) da singole dimensioni che non ne costituiscono semplicemente le parti all’interno di una lettura di volta in volta olistica o riduzionista. Ponendo al centro le dinamiche stesse tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico, ciò che risulta in primo piano con carattere strutturante e strutturato è la complessità stessa del RealeSociale. Detto in altri termini, la scienza che indaga e l’oggetto indagato si co-determinano attraverso e per mezzo del linguaggio. In questo modo abbiamo risposto alla prima delle istanze rilevate da Elias nella proposizione precedente «rendere più comprensibile il compito della sociologia». Una analisi preliminare di questa dinamica processuale, la scienza come costruzione di conoscenza scientifica, ci porta ad identificare tre dimensioni (a loro volta processuali) per quanto riguarda l’oggetto scienza: 1. Costruzione: costruzione come processo che coinvolge il soggetto conoscente in relazione con il reale a lui esterno. In questo modo descriviamo una relazione che costruisce dimensioni ontologiche che determinano la realtà (sociale) in tensione con quella esterna, nel momento in cui queste dimensioni sfumano le une nelle altre; 2. Conoscenza: conoscenza come processo che permette l’emergere di oggetti costruiti lungo le singole dimensioni ontologiche attraverso e per mezzo della tensione tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico; 1 Realtà esterna di primo e di secondo grado: quella naturale e quella sociale che emerge a sua volta dalla prima attraverso le interazioni tra mondo e soggetti. Anche i soggetti nel momento in cui vivono il loro mondo pongono domande di conoscenza. Realtà esterna di secondo grado che è a sua volta, quindi, dimensione ontologica di quella di primo grado. 6 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. 3. Scientifica: scientifica come processo che identifica un linguaggio che struttura e formalizza, la costruzione di conoscenza, quindi, di oggetti. Quest’ultima dimensione si pone a sua volta all’interno di una tensione (processuale) con la dimensione che possiamo individuare nel momento in cui consideriamo la modalità ontologica del sociale: sociale inteso come strutture di reti di relazioni (simboliche). Le reti sociali sono nello stesso tempo oggetto, linguaggio e strumento di analisi del sociale, anche nel momento in cui non si parla di una singola rete, né per quanto riguarda analisi di livello micro, né per quanto riguarda analisi di livello macro, ma di una relazionalità tra le reti che identifica ciò che descriviamo come StruttureSociali. Tensione che permette la relazionalità stessa e che si declina in un processo strutturato e strutturante altri processi: i SoggettiSociali, le StruttureSociali, le RelazioniSociali2. In questo modo possiamo vedere come i SoggetiSociali siano in RelazioneSociale con le StruttureSociali le costruiscono e ne sono costruiti. Opacità ed incontrollabilità delle reti sociali risultano essere caratteristiche fondamentali, irrisolvibili se trattate partendo dal singolo o dalla società come un qualcosa di esterno e autonomo tralasciando di prendere nello stesso tempo in considerazione, come terzo termine della relazione, le RelazioniSociali stesse all’interno di questa dinamica complessa di co-costruzione; dinamica che non può che essere descritta come prassi sociale. SoggettiSociali che possiamo descrivere nel loro essere e contestualmente tracciare traiettorie sociali all’interno dello spazio sociale. Il passaggio successivo permette di chiarificare la declinazione di forma che emerge all’interno di questa prospettiva. Nel momento in cui i SoggettiSociali sono e tracciano traiettorie sociali in termini processuali, attraverso una dinamica ben precisa arriviamo a descrivere la stessa disposizionalità strutturale del sociale. Non viviamo in un mondo deterministico, ma in un universo costituito da spazi di possibilità che diventano spazi di disposizioni, attraverso le pratiche dei soggetti che costituiscono habitus. La dinamica, il processo che porta dai singoli SoggettiSociali, in configurazione di rete sociale, all’emergenza della disposizionalità della struttura del sociale è quello che possiamo descrivere come forma. Nello stesso tempo il sociologo ricercatore nella costruzione della sua descrizione del sociale contribuisce alla determinazione della stessa disposizionalità strutturale attraverso e per mezzo di un processo che è quello di formalizzazione; l’opacità strutturale del RealeSociale trova la sua propria dimensione. Il processo complessivo è un processo di co-costruzione che 2 Oggetti propri della dimensione ontologica del sociale. 7 Givigliano A., 2010, Forme e linguaggi per il sociale: per una epistemologia metodologica del linguaggio scientifico, in Gola E., Storari G.P. (a c. di), 2010, Forme e formalizzazioni, CUEC, Cagliari, pp. 288-­‐295. porta alla descrizione stessa della disposizionalità strutturale del sociale, alla operazione di formalizzare in termini processuali la disposizionalità strutturale del sociale. 5 Conclusione Siamo partiti con la proposizione di P. Bourdieu in esergo. Le nostre considerazioni hanno avuto come compagno di viaggio e come linea conduttore alcune proposizioni di N. Elias. La conclusione che è nello stesso tempo dinamica e processuale, descrittiva di uno stato e di possibilità da delineare ulteriormente, espressione della tensione tra linguaggio ordinario e linguaggio scientifico e di quella tra linguaggio teorico e linguaggio empirico, la troviamo nelle parole di L. Wittgenstein. Una conclusione che apre e non chiude il cerchio: Die Form ist die Möglichkeit der Struktur (Wittgenstein L., 1921, § 2.033) Bibliografia Bourdieu P., 1980, Le sens pratique, Les Éditions de Minuit, Paris, trad. it. a c. di M. 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