BENEDETTO CROCE

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BENEDETTO CROCE
(Comunicazione per il convegno “L’oroLogio deL tempo”)
Parlare di Benedetto Croce ad un pubblico abbastanza eterogeneo e per uno spazio di
tempo limitato non è cosa semplice. Tale consapevolezza induce ad un rispetto ben
calcolato del tema del convegno.
Sui banchi del Liceo tutti gli studenti apprendono come Croce, insieme con Giovanni
Gentile, sia considerato l’esponente più rappresentativo del Neoidealismo italiano ed
europeo. Pertanto si ritiene che la filosofia di Croce si ispiri a quel movimento
straordinario del Romanticismo filosofico tedesco che è stato l’Idealismo e che ha avuto in
Hegel il suo massimo esponente. In verità si crede che i fatti, storicamente, non stiano
proprio così. Senza tema di smentita alcuna, si può affermare con sicurezza che l’Idealismo
è una filosofia tipicamente italiana, meridionale, napoletana. Quella visione della Metastoria
che – simile allo spirito divino ai tempi della creazione e alla Provvidenza di manzoniana
memoria – aleggia sui comportamenti umani, nella Scienza Nuova intorno alla comune
origine delle nazioni di Giambattista Vico, è la teorizzazione più vigorosa dell’Idealismo. E
prima ancora della filosofia di Vico c’è quella di Giordano Bruno, di Tommaso Campanella,
di Berardino Telesio e, principalmente, la Teosofia del grande dimenticato, Gioacchino da
Fiore (Concordia Novi ac Veteris Testamenti), al cui pensiero profetico si ispirerà Pietro
da Morrone, che tanta eco propagherà in tutto l’Abruzzo. Queste sono le origini
dell’Idealismo risorgimentale italiano da cui partirà Benedetto Croce, in un momento storico
di straordinaria proliferazione culturale nella città di Napoli, ex capitale del regno
borbonico in Italia. Sforzo del Croce è di far uscire la cultura e la filosofia italiane dalle
strettoie del provincialismo e collegarle ai più moderni movimenti europei, proprio come
avevano tentato Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini, richiamandosi ad una tradizione
quanto mai ricca e feconda che permea tutto il pensiero della cultura occidentale. Su
questo terreno fertile germoglierà il pensiero crociano, continuamente spronato da tanti e
diversi personaggi della cultura napoletana, i quali direttamente o indirettamente
influiranno sulla formazione del giovane studioso: i fratelli Spaventa, Labriola e, al di sopra
di tutti, Francesco De Sanctis. Dalla tradizione risorgimentale Croce erediterà il
Liberalismo, dalle lezioni del Labriola conoscerà il marxismo, dalla frequentazione del De
Sanctis e dalla lettura dei grandi scrittori europei la critica letteraria.
Come per Gentile, anche per Croce tutta la realtà è Spirito. Con questo termine bisogna
intendere non un ente trascendente ma la stessa creatività umana che si concretizza nella
storia al di là dei singoli individui. A questo punto il pensiero di Croce si lega
profondamente alla filosofia vichiana e si distacca da quella hegeliana. Giambattista Vico
sosteneva il verum ipsum factum , ossia verum et factum convertuntur, cioè il vero, oggetto
della conoscenza e della Filosofia, è dato dall’insieme dei fatti umani. L’uomo produce
Storia e, quindi, può conoscere solo la Storia, mentre Dio crea la natura, la quale è
conoscibile solo da Dio e non dall’uomo. D’altro canto Hegel dedica allo Spirito un’intera
opera nel 1806, la Fenomenologia dello Spirito, vero romanzo della coscienza che si eleva
dal sapere sensibile al sapere assoluto. La Storia per il filosofo di Stoccarda, non è altro
che il concretizzarsi, secondo un ritmo incessante di contraddizioni continuamente
superate, delle tappe (Logica, Filosofia della Natura, Filosofia dello Spirito) attraverso cui
lo Spirito realizza se stesso. Rispetto a Hegel, Croce rifiuta soprattutto la triade dialettica
dettata dall’opposizione e la filosofia della natura, poiché l’alienazione dello Spirito dal sé
produrrebbe non riconciliazione, attraverso l’opposizione, ma distruzione. Lo Spirito,
secondo Croce, si realizza mediante due forme: Teoretica (conoscere) e Pratica (agire,
azione). La prima, a sua volta, si determina come conoscenza del particolare o intuizione,
l’Estetica, e conoscenza dell’ universale o concetto, la Logica. La seconda, l’agire, si
distingue in: volizione del particolare (utile individuale o collettivo), l’Economia, e volizione
dell’universale (sommo bene), l’Etica. Ora le categorie che si volgono al particolare
(l’Estetica per la conoscenza e l’Economia per l’agire) logicamente precedono quelle che si
volgono all’universale (Logica ed Etica). Tutte, poi, sono distinte, ma si compongono
secondo una circolarità permanente e progressiva. Questi quattro momenti sono autonomi
tra di loro, ma si implicano reciprocamente e costituiscono il nesso dei distinti. A ciascuno
di essi risponde un valore o un disvalore: bello e brutto, utile e dannoso, vero e falso, bene
e male . Ciascuna coppia vale, però, solo per una determinata categoria, ad es. un’opera
d’arte può essere valutata solo secondo il canone bello-brutto e non secondo quello di
bene-male, che è proprio della morale.
Dalla concezione vichiana Croce deduce l’identità tra Storia e Filosofia, in quanto tutto
ciò che accade nella storia è intriso di razionalità e rappresenta un progresso rispetto a ciò
che era prima (Storicismo). La Storia, cioè, non giudica le azioni, ma le giustifica, poiché
essa coincide con la storiografia (ricostruzione razionale dei fatti) e, pertanto, essendo
conoscenza, non può utilizzare le categorie di bene e di male, che sono proprio della
Pratica, né può catalogare i fatti in buoni e cattivi (Etica). Il significato degli eventi va colto
all’interno del processo storico. L’oggetto della storia è sempre il positivo, poiché il
negativo non produce storia. L’analisi storica deve evidenziare la razionalità all’interno dei
fatti nella loro singolarità e totalità. La Storia è sempre contemporanea, poiché ciò che
spinge ad indagare il passato è la vita stessa che ha interesse solo per il presente, per cui
il passato è in funzione dei bisogni presenti. La Filosofia per Croce prende in
considerazione soltanto i fatti della storia, per cui i vari problemi vanno risolti
esclusivamente all’interno di essa. La Filosofia è una disciplina conoscitiva ed abbraccia
unicamente l’Estetica e la Logica, mentre le scienze realizzano conoscenze pratiche, basate
non sui concetti puri, cioè, universali, ma su pseudoconcetti (falsi concetti) che si
riferiscono al particolare. Da questa posizione deriverà quel giudizio negativo intorno alle
scienze della natura che caratterizzerà la cultura italiana almeno in tutta la prima metà del
Novecento. Certamente la visione di Croce è molto distante da quella dei grandi fisici
europei e della filosofia analitica inglese. Anche in Italia qualche voce dissidente si leva
non tanto contro la scienza quanto contro il tecnicismo, derivante dallo scientismo, come
farà Enrico Castelli Gattinara di Zubiena e anche Benedetto XVI in Spe salvi: il tutto con le
dovute distinzioni.
Michele Ciliberti
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